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Full text of "Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell' Oriente francescano"

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i 


P.  Girolamo  Golubovich  O.  F.  M. 


BIBLIOTECA  BIO  -  BIBLIOGRAFICA 

DELLA  TERRA  SANTA 

DELL'  ORIENTE  FRANCESCANO 

— Q^^Bt^' — 

Tomo  I. 

(1213-1300) 


QuARACXJHi  presso  Firenze 
Tipografia  del  CJollegio  di  S.  Bonaventura 

1906. 


Proprietà  riservata 


JAN     91960 


AL  POVERELLO  DI  DIO 

FRANCESCO  D'ASSISI 

CHE  PSDiO  PREDICÒ  L'  UMILE  CRISTO 

"  NELLA  PRESENZA  DEL  SOLDAN  SUPERBA  „ 

QUESTE   PAGINE   LE    QUALI   ILLUSTRAN   LA   GENTE   POVERELLA 

IfANDATA  DA  LUI  IN  ORIENTE 

CONSACRANO  DEVOTI 

ISTEIi    SETTIIMiO    OE3SrTEISr-A.iaiO 

DELLA  SUA  CONVERSIONE 

(1206-1906) 

I  MINORI  DI  TERRA  SANTA 

—  ■^t»-- 


PREFAZIONE 


A  Sua  Eccellenza 

MoNs.  AURELIO  BRIANTE 

GIÀ  CUSTODE  DI  TERRA  SANTA 

ED  ORA  ARCIVESCOVO  DI  CIRENE 

VICARIO  E  DELEGATO  APOSTOLICO  D'EGITTO  ED  ARABIA 


Eccellenza  Reverendissima, 

A  Vostra  Eccellenza,  meglio  che  ad  ogni  altra  persona, 
si  conviene  la  presentazione  di  questo  libro,  monumento  in- 
signe di  quanto  hanno  operato  in  Oriente  i  Minori,  nel  primo 
secolo  della  lor  vita.  Ella,  Custode  di  Terra  Santa,  pose  l' oc- 
chio sopra  il  P.  Girolamo  Golubovich,  allora  giovane  ed 
oscuro  operaio  nella  vigna  del  Signore,  e  diedegli  il  primo 
impulso  a  questi  studi,  commettendogli  il  libro,  Serie  crono- 
logica dei  Reverendissimi  Superiori  di  Terra  Santa,  ossia  dei 
Provinciali,  Custodi  e  Presidenti  della  medesima  (Gerusalemme, 
tipografia  del  Convento  di  San  Salvatore,  1898);  libro  degna- 
mente onorato  di  medaglia  d'oro  alla  mostra  universale  di 
Torino,  dell'anno  medesimo.  A  proseguire  in  questo  genere 
di  studi,  a  cui  lo  splendido  saggio  mostrava  nell'autore 
l'ingegno  e  la  volontà  felicemente  disposti,  incoraggiavalo 
con  autorità  amorevole  e  con  quella  larghezza  di  mezzi  che 
la  povertà  francescana  poteva  consentire.  Le  pubblicazioni 
posteriori  attestarono  indovinata  la  designazione  dell'  erudito 
ed  operoso  illustratore  dei  fasti  serafici  di  Terra  Santa;  ed 
oggi  il  volume  che  egli,  memore  di  quel  moltissimo  che  deve 


VI  PREFAZIONE 


alla  Vostra  Eccellenza,  Le  presenta  per  mezzo  mio,  è  il  frutto 
maturo  e  sostanziosissimo  di  tante  e  sudate  ricerche,  e  raduna 
in  tal  copiosa  abbondanza  il  materiale  per  la  storia  gloriosa 
dell'antichissima  fra  le  missioni  cattoliche,  che  ormai  poco 
manca  più  che  distenderla.  A  rilevarne  il  merito  veramente 
non  ordinario,  basti  notare  che  non  sono  or  molti  anni,  un 
dotto  palestinografo,  vissuto  in  Terra  Santa,  Religioso  nostro, 
potè  per  la  scarsezza  e  ambiguità  di  documenti  veduti,  con- 
cepir dubbi  se  San  Francesco  avesse  visitato  i  Luoghi  Santi; 
e  i  dotti  al  dubbio  e  al  dubitatore  fecero  plauso.  Mettiamo 
pure  a  conto  il  risveglio  quasi  miracoloso  degli  studi  pale- 
stinesi e  francescani  di  questi  ultimi  anni  ;  ma  non  è  da  ma- 
ravigliare la  raccolta  di  ventisette  testimonianze.  De  adventu 
Divi  Francisci  ad  partes  Cypri,  Syriae  et  Aegypti,  che  in  fitta 
stampa,  si  leggono  disposte  per  ordine  in  quasi  cento  pagine 
di  questo  volume  ?  E  di  quanta  luce  s' illumina  la  storia  stessa 
del  Serafico  Patriarca,  cronologicamente  ordinata!  Quanti 
nomi  e  quanti  fatti  ora  pigliano  rilievo  e  vita,  e  acquistano 
per  la  storia  dell'Ordine  e  della  Chiesa  importanza  per  lo  in- 
nanzi non  sospettata!  Quanti  nomi,  quanti  fatti  o  ignorati 
del  tutto,  e  avuti  per  leggendari,  oggi  qui  ricompariscono 
vestiti  e  corredati  dì  que' sussidi  senza  dei  quali  il  nostro 
secolo  miterino  sdegna  tenerli  in  qualche  considerazione  !  Ep- 
pure nel  secolo  decimoterzo  correvano  per  le  bocche  di  tutti, 
e  fornivano,  con  colori  presi  dal  vero,  materia  a  sermoni,  con- 
forme si  vede  nella  raccolta  dello  stesso  Serafico  Dottore  San 
Bonaventura  da  Bagnorea.  Certamente  non  tutti  i  documenti 
hanno  lo  stesso  valore,  e  fra  le  molte  gemme  v'  ha  dello  scarto  : 
ma  anche  questo  scarto  non  si  poteva,  né  si  doveva  trascu- 
rare da  un  erudito  coscienzioso,  il  quale  sa  che  anche  dalla 
fanghiglia,  che  gli  scioli  schifiltosi  getterebbero  via,  potrà 
il  diligente  storico  cavare  il  glutine  che  leghi  le  perle.  Ne 
chiameremo  raccolta  completa,  quella  a  cui  lo  stesso  racco- 
glitore arrivato  in  fondo  al  volume,  apri  un  paragrafo  di  ad- 
denda molto  importante,  e,  seguitando,  aggiungerà  i  corrigenda. 
Chi  in  tali  materie  esigesse  la  compiutezza  e  l'infallibilità, 
darebbe  a  vedere  di  non  aver  idea  di  questo  genere  di  stadi. 


PREFAZIONE  VH 


Il  raccolto  però  è  già  moltissimo,  scelto  e  ricco;  tale,  da  co- 
stituire un  vero  tesoro  per  la  Storia  della  Palestina  e  del- 
l' Ordine  nostro. 

Altri  eseguirà  la  parte  che  fino  da  antico  giudicavasi  fa- 
cile, cioè  inventis  addere.  Intanto  io  non  temo  di  errare  asse- 
rendo, che  questo  volume,  del  quale  la  compiacenza  del- 
l' amico  autore,  ha  voluto  dare  a  me  l' onore  grande  e  dav- 
vero non  meritato  di  esserne  all'Eccellenza  Vostra  presenta- 
tore, formerà  la  pietra  angolare  degli  studi  nostri  d' Oriente, 
e  sarà  indispensabile  a  quanti  vorranno  occuparsi  di  queste 
materie.  Esso  è,  in  gran  parte,  cosa  di  Vostra  Eccellenza,  che 
son  certo  s'allieterà  di  riceverlo,  e  plaudendo  all'opera  ed 
all'  autore,  avrà  un  benigno  riguardo  al  poverello,  travagliato 
da  tanti  dolori,  che  previo  il  bacio  del  sacro  anello,  implora 
la  pastorale  benedizione, 

Livorno  9  Settembre  1906. 

P.  Teopilo  Domenichelli  dei  Minori 

COUMISSABIO  DI  TeBBA  SaNTA 


Al  Lettore.  —  Presentando  al  pubblico  anche  questa  mia  modesta  compila- 
zione, son  Inngi  dal  pretendere  di  aver  raccolto  e  indicato  per  la  nostra  storia  del  sec.  XIII 
in  Oriente  tatto  quanto  il  materiale  noto  o  ignoto  fin  qui;  mi  lusingo  però  di  aver  non 
poco  contribuito  a  schiarire  e  correderò  molti  fotti,  e  aggiunte  molte  pagine  o  ignote  o 
trascurate  da  altri. 

Chiunque  getti  una  semplice  occhiata  su  queste  pagine,  tosto  ne  comprenderà  il  piano 
da  me  seguito  e  V  utilità,  e  fors'  anco  le  lacune  e  i  molti  difetti  a  me  sfuggiti  ;  ma  del 
buono  e  utile  mi  dispenso  qui  dal  farne  io  il  rilievo,  per  naturale  timore  di  esagerare  il  me- 
rito delle  mie  povere  fatiche.  Noterò  soltanto,  che,  nelle  prime  pagine  (1-104),  ho  raccolte 
e  vagliate  tutte  le  fonti  de' secoli  XIII-XV  che  trattano  del  viaggio  di  S.  Francesco  in 
Oriente,  senza  trascurare  i  racconti  anche  puramente  leggendari;  perchè,  se  non  altro,  belli 
di  poesia  popolare.  —  In  un  abbondante  articolo  a  parte  (n.  20  p.  85-104),  ho  rifetio  un 
Regesto  cronologico  de 'principali  fatti  della  vita  di  S.  Francesco  e  specialmente  del  suo 
itinerario  in  Oriente,  persuaso  di  aver  chiarito  alquanto  meglio  questo  punto  quasi  trascu- 
rato dagli  storici  del  Santo.  —  Dopo  questi  articoli,  come  preliminari  al  mio  libro,  entro 
nel  campo  della  storia  bio-bibliografica,  etn(^rafica  e  geografica  dell'  Oriente  francescano  pel 
secolo  Xm,  ove,  sempre  cronologicamente,  principiando  dal  primo  Minorità  che  percorse 
l'Oriente,  il  6.  Egidio  (1215-19),  dispongo  e  dilucido  tutte  quelle  notizie  e  documenti  che 
ho  potuto  trovare  in  molti  Codici  e  in  più  di  500  autori  da  me  consultati. 

Quaracchi  (Firenze)  18  Sett.  1906. 

P.  G.  GOLUBOTICH  0.  F.  M. 


PR.  DIONYSIUS  SCHULER 

MINISTER  GENERALIS  TOTIUS  ORDINIS  FRATRUM   MINORUM 


DECRETUM. 

Cum  Opus,  cui  titulus  Biblioteca  Bio-hihliografica  della 
Terra  Santa  e  delV  Oriente  Francescano j  a  V.  A.  P.  Hieronymo 
Golubovich,  Missionario  Apostolico  Custodiae  Terrae  Sanctae, 
concinnatum,  revisor  cui  id  commissum  fuit  examinaverit, 
omnique  commendatione  judicaverit  dignum,  Nos,  vigore 
praesentium,  libenter  concedimus  facultatem  ut  praelaudatum 
opus,  servatis  de  jure  servandis,  typis  mandetur. 

Datura  Romae,  e  Collegio  S.  Antonii,  die  4  Septembris 
1906. 


Fr.  losEPHUs  Kaufmann 
Delegatus  Generalis. 


IMPRIMATUR 

Dat.  Florentiae  ex  Curia  Archiepiscopali 
die  17  Septembris  1906. 


Can.  Alex.  Ciolli    Vie.  Gen. 


lir<i!y<ièM»ti  <i  n  i»  <i  w  <»  »i  i»  <»  <»  i>  <i  »>  <i  <»  <>  M  <i  <»i t»  <i  ti  <i  t 


Biblioteca  Bio-bibliografica 

DELLA  Terra  Santa  e  dell'Oriente  Francescano. 


Testimonia  Historica  de  adventu  Divi  Prancisci  ad  partes  Oyprl,  Syriae 
et  Aegypti,  ordine  chronologico  disposita  ab  anno  1220  ad  an.  1608  no- 
tisque  illustrata. 

Con  questo  articolo  preliminare,  che  illnstra  il  viaggio  di  S.  Francesco  in  Oriente,  noi 
apriamo  la  numerosa  serie  delle  fonti  storiche  sulle  gesta  dell'  apostolato  evangelico  e 
civile  di  S.  Francesco  e  di  migliaia  de'  suoi  discepoli,  sparsi  per  tutto  1'  estesissimo  Oriente, 
e  specialmente  nella  pr  ivincia  della  Terra  Santa,  d'  onde,  come  da  prima  stazione  d'  origine, 
si  diramarono  ed  ebbero  vita  le  altre  numerosissimo  stazioni  sparse  successivamente  per  tutto 
il  resto  dell'  Oriente  greco  e  maomettano. 

Da  Francesco,  che  fti  il  primo  tra  gì'  italiani,  e  primo  tra  i  santi  fondatori  di  Ordini 
religiosi  che  ideò,  fondò  ed  ingiunse  le  missioni  tra  gV  infedeli  dettando  uno  speciale  capitolo 
nella  Begolà  De  euntihus  Inter  saracenos  et  alios  infideles  (cap.  12);  da  Francesco,  che 
fa  anche  il  primo  a  darne  1'  esempio,  ritentando  per  ben  tre  volte  il  viaggio  nel  1212, 
nel  1213-14,  e  nel  1219  quando  infatti  toccò  1'  Oriente,  noi  iniziamo  uno  studio  speciale 
sulle  varie  fonti  che  ci  parlano  di  lui  e  delle  sue  azioni  in  Oriente. 

Alle  sìngole  fonti  storiche,  cronologicamente  disposto,  premetteremo  alcuni  dati  critici 
suir  epoca  e  valore  de'  rispettivi  scrittori  che  ci  parlano  del  viaggio  del  Santo  in  Oriente. 
Daremo  quindi  il  testo  genuino  del  racconto,  che  noi  cercheremo  di  illustrare  con  delle  note 
ed  osservazioni  opportune,  per  viepiù  far  risaltare  e  coordinare  certe  particolarità  dai  più 
degli  storici  antichi  e  moderni  trascurate,  e  da  molti  ignorate.  E  dallo  studio  serio,  e  .dalla 
disposizione  cronologica  e  critica  de'  singoli  documenti,  risulterà  più  chiaro  il  racconto  delle 
primarie  fonti  contemporanee  e  del  sec.  XIII  ;  risulterà  quanto  1'  uno  o  l' altro  degli  storici 
volle  0  seppe  raccontare  de  visu  o  per  relazione  avuta  ;  e  risulterà  puR^diiara  per  le  fonti 
del  sec.  XIV  la  successione,  la  dipendenza  e  le  relazioni  di  una  fonte  con'  altra,  sì  che  la 
storica  verità  spunterà  nella  vera  sua  luce,  spoglia  della  leggenda  che  un  popolo  e  un  secolo 
meravigliosi  rivesti  la  fama  del  più  grande  eroe  del  secolo  XIII. 

Per  esempio  :  il  dotto  bollandista  Suyskens  (e  dopo  lui  altri),  stentò  a  credere  al  Sanuto 
che  il  Santo  siasi  fermato  a  Damiata  sino  alla  caduta  di  questa  città  (5  nov.  1219);  e  pre- 
feri dirlo  partito  per  l' Italia  verso  la  fine  del  1219,  senza  Curio  rivedere  la  Siria,  per  farlo 

BibUot.  —  Tom.  I.  1 


BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTOEICA 


1 


intervenire  a  tempo  ad  un  preteso  capitolo  generale  de'  17  maggio  1220,  capitolo  gen.  non 
mai  esistito  (1).  Dal  Waddingo  risulterebbe  che  il  Santo  era  già  ritornato  nei  primi  mesi 
del  1220,  poiché  ce  lo  fe  percorrere  le  principali  città  superiori  dell'  Italia,  e  intervenire 
in  un  altro  preteso  cap.  gen.  che  si  dice  celebrato  parimenti  in  Assisi  il  29  sett.  1220  (2). 
E  il  Sabatier,  basato  su  più  plausibili  ragioni,  protrasse  1'  assenza  del  Santo  dall'  un'  estate 
all'altra:  giugno  1219  -  luglio  1220  (3).  Laddove  noi  vedremo  passo  passo,  con  più  pre- 
cisione, che  Francesco,  dopo  aver  visitato  il  Soldano,  cui  e  alla  cui  corte  predicò  per 
dies  aliquot  (Yitry  Histor.)  ;  e  dopo  aver  fatto  lo  stesso  negli  accampamenti  saraceni  muUis 
diebm  (id.  Epist),  vedremo  che  ^11  si  fermò  in  Egitto,  non  solo  fino  alla  caduta  di  Damiata 
(5  nov.  1219),  ma  fino  all'ingresso  solenne  che  vi  fecero  i  Crociati  n«l  2  febbraio  1220. 
Da  lì  lo  rivedremo  ritornare  in  Siria,  e  ivi  fermarsi  per  un  pezzo  di  tempo  (Éracles), 
prima  di  far  vela  per  l' Italia  col  famoso  fr.  Elia  e  con  altri  compagni  ;  lo  vedremo  quindi  in 
Oriente  certo  fino  quasi  alla  fine  del  1220,  .e  cx)n  tutta  probabilità  indicheremo  il  suo  ritorno 
in  Italia  entro  il  marzo  o  entro  1'  aprile  del  1221  ;  sì  da  v-eder  prolungato  il  suo  soggiorno 
in  Oriente  per  molti  mesi  più  che  non  gli  dettero  altri.  —  Vedremo  inoltre  con  quanta  certezza 
storica  abbiamo  potuto  asserire  che  Francesco  predicò  non  solo  alla  presenza  del  famoso 
Melek-el-Eamel  soldano  d'  Egitto,  ma  ben  ancora  alla  presenza  del  fratello  suo  Corradino, 
il  terrìbile  soldano  di  Damasco,  e  degli  altrì  magnati  saraceni  scesi  a  tempo  colle  loro 
truppe  per  soccorrere  il  pericolante  trono  d' Egitto.  —  Vedremo  se  con  fondamento  storico 
abbiamo  potuto  sostenere  che  Francesco,  alla  squisita  accoglienza  avuta  dal  Soldano,  dovette 
aver  chiesto  ed  ottenuto  facilmente  un  indispensabile  rescrìtto  sovrano,  per  avere  quella 
libertà  che  lui  e  i  suoi  ebbero  nel  predicare,  percorrere  e  stabilirsi  nelle  terre  de'  saraceni.  — 
E  per  non  dilungarci  qui  più  del  dovere,  lo  studioso  vedrà  in  ultimo,  che  la  pretesa  decantata 
conversione  e  battesimo  del  soldano  Eamel,  per  opera  di  due  frati  Minori,  non  è  altro  che  una 
graziosa  leggenda  popolare  che  ebbe  il  suo  fondo  vero  nella  munifica  ed  eccezionale  bontà 
che  quel  maomettano  monarca  avea  usata  in  modo  sì  straordinario  col  Poverello  di  Crìsto. 
Dodici  saranno  i  documenti  storici  del  sec.  XIII  che  noi  studieremo  ed  interrogheremo 
con  preferenza;  dieci  quelli  del  sec.  XIV,  di  rispettabile  autorità,  e  tre  soli  del  sec.  XV, 
senza  curarci  de'  più  recenti  che  non  sono  in  grado  di  illuminarci  sur  un  passato  troppo 
remoto.  In  calce  poi  a  questi  documenti  aggiungiamo  un  distinto  articolo  che  diremo  Begresto 
Oronologioo  de' principali  fatti  della  vita  e  del  viaggio  del  Santo  in  Oriente,  il  quale  ci 
servirà  come  g^ùda  per  seguire  passo  passo  Francesco  lungo  la  sua  vita  e  tracciare  vie 
meglio  la  serie  cronologica  del  suo  itinerario  orientale. 

TESTIMONIA   SAEOULI  XIII. 

1220-21.  —  lacobi  de  Vitriaco.  —  Libri  duo  quorum  prior  Oiientalis  alter 
Ocddentalis  historiae  nomine  insoribitur,  stadio  Fr.  Moschi.  Duaci  ex  officina  Balthazaris 
Bellori  1597,  in  16.  pp.  480. 

Il  primo  nella  serie  degli  storici  contemporanei  che  conobbero  il  Santo  Patriarca,  è  il 
celebre  lacobus  de  Vitry  o  de  Vitriaco,  cosi  denominato  dal  luogo  natale  Vitry-sur-Seine, 
boi^o  situato  sulla  riva  sinistra  della  Senna.  Fu  egli  parroco  in  Àrgenteuil,  presso  Parigi, 


(1)  Acta  SS.  4  oct.  t.  II  p.  619  n.  384-87.  In  seguito  citeremo  quanti  e  quali  siano  stati 
i  Capitoli  generali  autentici  ai  quali  non  mancò  mai  d' intervenire  il  Santo. 

(2)  Wadding  Annales  ad  an.  1220. 

(3)  Vie  de  8.  Franf.  1894,  p.  258-272;  Speculum  PerfecHonii  p.  71  in  nota. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


e  canonico  di  Oignies  nella  diocesi  di  Namur.  Venne  a  Perugia  nel  luglio  del  1216,  ove  trovò 
morto  Papa  Innocenzo  III  ;  e  poco  dopo  dal  successore  di  lui  Onorio  III  fu  consacrato  ve- 
scovo di  Tolemaide  o  Acri.  Partì  quindi  presto  per  la  sua  diocesi,  d'onde  accompagnò  i  Crociati 
all'  assedio  di  Damiata  (mag.  1218),  restandovi  sino  alla  conquista  della  città  (5  nov.  1219), 
come  pure  sino  alla  perdita  della  medesima,  e  allo  sgombro  totale  dall'  Egitto,  effettuato  dai 
Crociati  nell'  ottobre  del  1221.  Subito  dopo  questi  infausti  disastri  egli  ritornò  a  Roma  per 
domandar  soccorsi  al  Papa,  e  poi  di  nuovo  rivide  la  sua  diocesi.  Nel  1225  lo  rivediamo  a 
Eoraa,  e  nel  1228  promosso  al  Cardinalato  e  vescovato  di  Frascati  (1). 

Quando  era  ancora  in  Oriente,  o  meglio  dire  quando  era  a  Damiata  (nov.  1219  — 
giug.  1221),  principiò  e  probabilmente  quivi  terminò  di  scrivere  i  suoi  tre  libri  sulla 
storia  d'  Oriente  e  d'  Occidente.  Nella  Prefazione,  omessa  dall'  editore  de'  suoi  libri,  e  più 
tardi  pubblicata  dai  Canisio-Basnage  (2)  e  Bongars  (3),  dopo  aver  egli  decantata  la  conquista 
di  Damiata,  e  lamentato  che  i  Crociati  si  davano  all'  ozio  «  non  valentes  pauci  contra  multos 
ad  ulteriora  procedere,  nec  audentes  relinquere  civitatem  » ,  egli,  per  uccider  1'  ozio,  e  «  causa 
recreationis  » ,  si  mise  al  lavoro,  approfittando  dei  Codici  latini,  greci  ed  arabi,  i  quali,  ei 
dice  «  casu  in  manus  nostras  devenerunt  » ,  Divise  la  sua  storia  in  tre  libri  : 

«  Opus  tribus  conclusi  libellis.  In  primo  libro  Historiam  Hierosolymitanam  breviter 
perstringendo...  In  secundo  libro  modernam  Occidentalium  historiam  snt)  compendio  per- 
transiens,  de  bis  quae  Dominus  in  partibus  Occidentis  diebus  istis  novissimis  operatus  est, 
et  praecipue  de  diversis  tam  regularium  quam  saecularium  Ordinibus  pertractavi...  In 
tertio  libro  ab  Occidente  in  Orientem  regrediens,  de  his  quae  post  generale  Concilium 
Lateranense  Domijius  in  populo  suo  et  in  exercita  Christianorum  nsque  ad  captionem  Da- 
mlatae  operari  dignatus  est,  sicut  propriis  oculis  vidi,  tractare  coepi...  » . 

Il  I  e  II  libro  videro  la  luce  prima  a  Helmstadt  nel  1587,  e  poi  a  Donai  nel  1597 
editi  dal  Mosche  senza  la  citata  prefazione;  e  il  III  fu  pnblicato  dal  Bongars  (4).  Un 
terzo  libro  edito  dai  Martene  «  Dnrand  (5)  è  meritamente  detto  spurio  dagli  Orientalisti 
e  critici  moderni. 

H  Sabatier(6)  e  gli  editori  degli  Analecta  Franciscana  (IH.  23  n.  1)  con  altri, 
basandosi  sulla  vita  premessa  dal  Moscbo  alle  Historiae  del  Yitriaco,  lo  dissero  morto  ai 
30  apr.  1244;  ed  altri  con  Eubel  (7)  nel  1241.  Il  Papebrochio  invece  prova  che  il  Vi- 
triaco  morì  il  1  maggio  1240  (8).  La  stessa  data  tiene  il  Potthast  (9),  il  Kirclienlexikon 
(VI.  1176),  come  pure  il  Du  Cange-Rey  (10)  ;  questi  però  erra  nel  dire  il  Vitriaco  appar- 
tenuto all'  Ordine  de'  Predicatori,  indotto  forse  in  errore  dal  saperlo  esser  egli  stato  pre- 
dicatore neir  esercito  de'  Crociati. 

n  Vitriaco  dunque  ci  lasciò  le  più  belle  pagine  che  cronisti  estranei  all'  Ordine  ab- 
biano scritte  su  S.  Francesco.  Anzi,  come  si  esprime  il  Sabatier  sni  racconto  del  Vitriaco 


(1)  Wetzer  et  Welte,  KircJienlexikon  VI.  1176. 

(2)  Thesaur.  Monum.  IV.  27-28. 

(3)  Gesta  Dei  per  Franco»  p.  1047. 

(4)  In  Gesta  Dei  per  Francos  p.  1125-1145. 

(5)  Thesaur.  nov.  Anecdot.  III.  267  ss. 

(6)  Vie  de  S.  Frani;.  1894,  p.  CXXU. 

(7)  Hierarchia  Cath.  I.  6.  66. 

(8)  Acta  SS.  t.  IV  lun.  p.  635,  ed.  1-. 

(9)  Bm.  Hist.  I.  633. 

(10)  FamiUes  d^outre-tner  779. 


BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 


«  il  n'est  pas  un  seul  passage  chez  les  biographes  franciscains  qui  donne  une  idée  plus 
vivante  de  V apostolat  du  Poverello  (1)  ». 

Più  volte,  e  in  più  luoghi,  ebbe  il  Vitry  l' occasione  di  scrivere  di  Francesco  e  del 
suo  Ordine  allor  nascente. 

I,  —  La  prima  volta  ricorda  l' institnzione  de'  Minori  in  una  sua  lettera  scritta  da 
Genova  (1216)  agli  amici  di  Francia,  nel  momento  che  stava  per  imbarcarsi  alla  volta  di 
Tolemaide.  La  lettera,  pubblicata  prima  dal  marchese  De  S.  Genois  (2),  poi  dal  BOhricht  (3) 
e  testé  dal  Sabatier  (4),  è  senza  dubbio  il  più  antico  e  il  più  prezioso  documento  sulle 
origini  francescane;  e  comunemente  i  critici  la  vogliono  datata  nell'ottobre  del  1216(5). 
Merita  quindi  riportarne  tutto  il  brano  ove  il  Vitry  parla  de'  primordii  dell'  Ordine  fran- 
cescano (A). 

II.  —  La  seconda  volta,  e  questa  volta  dall'  Oriente,  parla  il  Vitry  del  Santo  in  una 
lunga  lettera,  scritta  dagli  accampamenti  dell'  esercito  cristiano  (che  già  si  era  imposses- 
sato di  Damiata),  e  diretta  agli  amici  suoi  di  Lotaringia  o  Lorena.  H  citato  Sabatier 
(Ice.  cit.)  la  disse  scritta  «  au  lendemain  de  la  prise  de  Damiette,  novembre  1219  » . 
Ma  in  realtà  dessa  lettera  fu  scritta  da  Damiata  non  prima  del  2  febbraio  1220,  e  non 
più  tardi  dei  23  giugno  1221.  Non  prima  del  2  febbraio  1220,  perchè  in  essa  il  Vi- 
triaco  ricorda  l' ingresso  solenne  de'  Crociati  nella  conquistata  città,  nel  di  sacro  alla  Pu- 
rificazione della  Vergine,  lui  presente,  coi  prelati  e  et  universo  clero  acconensi  » .  ^è  meno 
fu  scritta  più  tardi  de'  23  giugno  1221,  epoca  in  cui  i  Crociati  si  misero  in  marcia  alla 
volta  del  Cairo,  cui  seguirono  i  disastri  dell'  agosto,  la  restituzione  di  Damiata  al  Soldano 
li  8  settembre  (presente  lo  stesso  Vitriaco  con  altri  spedito  al  Soldano  per  la  pace)  (6), 
e  finalmente  il  ritorno  de'  Crociati  ai  loro  paesi  nell'  ottobre  dello  stesso  anno  1221  ;  av- 
venimenti questi  non  punto  narrati  dal  Vitriaco,  perchè  senza  dubbio  posteriori  alla  sum- 
montovata  lettera  e  né  tampoco  sognati  dal  venerando  prelato.  Se  la  lettera  agli  amici 
di  Lorena  fosse  stata  scritta  da  Acri,  e  dopo  1'  ottobre  del  1221,  non  si  comprenderebbe 
perchè  il  Vitriaco  avrebbe  taciuto  gli  avvenimenti  cosi  tragici  e  già  divulgati  pel  mondo 
cristiano  in  un  baleno.  Quindi  crediamo  di  non  errare  se  ammettiamo  come  data  della 
lettera  ai  Lorenesi  la  prima  decade  del  febbraio  1220  (B). 

m.  —  Una  terza  volta,  e  più  diffusamente,  il  Vitriaco  parla  dell'Ordine  Minoritico 
e  di  S.  Francesco  ancor  vivente,  consecrando  loro  l'intero  capitolo  32°  della  sua  Orien- 
talis  et  Occidentalis  Historia,  edita  per  la  seconda  volta  dal  Moscho  nel  1597.  «  Ces 
«  pages  vibrantes  d'eothusiasme  (osserva  il  Sabatier  loc.  cit.)  furent  écrites  du  vivant  méme 
«  de  Fran90is.  Cela  parait  ressortir  du  passage  :  vidimus  primum  ordinis  fundatorem  ma- 
*  gistrum  cui  tanquam  sumnlo  Priori  suo  omnes  alu  obediunt*.  Questo  giudizio  del  Sabatier 
verrebbe  inoltre  convalidato  dal  silenzio  del  Vitriaco,  il  quale  tace  ivi  affatto  della  canoniz- 
zazione di  Francesco  (1228),  cui  né  dà  il  titolo  di  Santo,  né  ricorda  la  morte  (1226),  né 
il  prodigio  delle  stimmate  (1224).  Laddove  tutti  questi  avvenimenti  egli  li  ricorda  in  un 
sermone  morale  tenuto   ai   Frati  qualche    anno  dopo  la  morte  del  Santo  :  «  Pater  enim 


(1)  Vie  de  S.  Frang.  1894,  p.  CXXII. 

(2)  Mémoires  de  VAcad.  de  Bruxelles,  t.  XXIII  p.  29-33. 

(8)  Zeitschrift  fur  Kircheng.  di  Brieger  (Gotha  1893)  t.  XIV  p.  97  s. 

(4)  Speculum  Perfectionìs,  p.  295-301. 

(5)  La  troviamo  per  intero  anche  negli  Analekten  zur  Geschichte  dea  Franàscus  von  Assisi 
di  H.  Boehpier  (Leipzig  1904)  p.  94-101.   «  Epistola  I  data  lanuae  an.  1216  Oct.  » . 

(6)  Mlchaad  Storia  delle  Crociate,  libr.  12. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


«  noster  spiritùalis  ftiit  sanctus  Franciscns,  qni  vero  nomine  dici  potest  lonadab,  filius  Re- 
«  chab.  lonadab  enim  «  spontaneus  Domini  »  interpretatur  ;  Kechab  «  quadriga  »  vel  «  ascen- 
«  sio  » .  Et  Franciscns  quadriga  quatuor  evangeliorum  et  quatuor  virtù tum  cardinalium, 
«  semper  de  virtute  in  virtutem  ascendit,  et  ita  expresse  sequutns  est  Crucifixum,  quod  in 
«  morte  eius  in  pedibus,  manibus  et  latere  vestigia  vnlnerum  Christi  apparuerunt.  Unde 
«  et  filii  eius  ita  multiplicati  sunt  in  universo  mundo,  quod  in  eis  impletum  est  spirituali- 
«  ter  id,  quod  per  leremiam  Dominus  ait  :  non  deficiet  vir  de  stirpe  lonadab  filii  Rechab, 
«  stans  in  conspectu  meo  cunctis  diebus.  In  conspectu  enim  Domini  assistunt,  qui  semper 
«  oculum  ad  Deum  habent  etc.  (1)  » . 

Puossi  quindi  senza  alcuna  difficoltà  asserire  che  il  Vitriaco  scrisse  la  sua  Hisioria 
non  più  tardi  del  1225,  data  del  suo  ritornò  in  Italia.  Anzi,  se  dobbiamo  stare  al  tenore 
della  citata  Praefatio  dobbiamo  senz'  altro  asserire  che  il  Vitriaco  abbia  e  cominciato  e 
terminato  1'  opera  sua  nei  lunghi  ozii  agli  accampamenti  di  Damiata,  dai  5  novembre  1219, 
presa  di  Damiata,  fino  ai  23  giugno  1221,  epoca  in  cui  i  Crociati  si  misero  in  marcia 
verso  il  Cairo.  Tanto  almeno  risulta  dalla  sua  Prefazione. 

Secondo  noi  dunque,  la  lettera  del  Vitriaco,  scritta  da  Damiata  agli  amici  di  Lorena, 
daterebbe  dal  febbraio  1220:  e  V  Hisioria  del  medesimo  dai  primi  mesi  del  1221,  vi- 
vente S.  Francesco  (O). 

A)  —  Ex  Epìstola  lacobi  de  Vitriaco,  data  lanuae  anno  1216  Od.  (Boehmer 
Analékten  cit.  p.  94  s). 

«  ...  Post  hoc  vero  veni  in  civitatem  quamdam  Medioianensem  scilicet,  qnae  fovea 
est  haereticorum,  ubi  per  aliquot  dies  mansi  et  verbum  Domini  in  aliquibus  locis  prae- 
dicavi...  Post  hoc  veni  in  civitatem  quae  Perusium  nun  cupa  tur,  in  qua  papam  Innocen- 
tium  inveni  mortuum  [f  16  Itigl.  1316],  sed  necdum  sepultnm...  Sequente  autem  die, 
elegerunt  cardinales  Honorium  bonum  senem  et  religiosum,  simplicem  valde  et  benignum, 
qui  fere  omnia,  quae  habere  poterat,  pauperibus  erogaverat.  Ipso  autem  die  dominica  post 
electionem  eius  in  summum  pontificem  consecratus  est.  Ego  autem  proxima  sequento  do- 
minica episcopalem  suscepi  consecrationem.  JSonorius  autem  papa  satis  familiariter  et  be- 
nigne me  suscepit,  ita  quod  fere  qnotiescumque  volui,  ad  eum  ingressum  habui  et  inter 
alia  ab  ipso  obtinui,  quod  tam  in  partibus  orientalibus  quam  occidentalibus,  ubicumqne 
vellem,  verbum  Dei  praedicarem  auctoritate  eius... 

«  Quum  autem  aliquanto  tempore  fuissem  in  curia,  multa  inveni  spiritui  meo  con- 
traria: adeo  enim  circa  saecnlaria  et  temporalia.  circa  reges  et  regna,  circa  lites  et  iurgia 
occupati  erant,  quod  vix  de  spiritualibus  aliquid  loqui  permittebant.  —  Unum  tamen  in 
partibus  illis  (Italiae)  inveni  solatium:  multi  enim  utriusque  sexus,  divites  et  saecnlares, 
omnibus  prò  Christo  relictis  saeculum  fugiebant,  qui  Fratres  Minores  vocabantur.  A  do- 
mino papa  et  cardinalibus  in  magna  reverentia  habentur.  Hi  autem  circa  temporalia  nul- 
latenus  occupantur,  sed  fervente  desiderio  et  vehemente  studio  singulis  diebus  laborant, 
ut  animas,  quae  pereunt,  a  saeculi  vanitatibus  retrahant  et  eas  secum  ducant.  Et  iau  per 
gratiam  Dei  magnum  fructum  fecerunt  et  multos  lucrati  sunt,  ut  qui  audit  dicat:"  veni, 
et  cortina  cortinam  trahat.  —  Ipsi  autem  secundum  formam  primitivae  ecclesiae  vivunt, 
de  quibus  scriptum  est:  multitudiuis  credentium  erat  cor  unum  et  anima  una  (Act.  IV.  32). 
De  die  intrant  civitates  et  villas,  ut  aliquos  lucri  faciant,  operam  dantes  actione;  nocte 
vero  revertuntur  ad  eremum  vel  loca  solitaria  vacantes  contemplatone.  Mulieres  vero  iuxta 
civitates  in  diversis  hospitiis  simul  commorantur,  nihil  accipiunt,  sed  de  labore  manuum 
vivunt.  Valde  autem  dolent  et  turbantar,  quia  a  clericis  et  laicis  plus  quam  vellent  hono- 
rantur. 

«  Homines  autem  illius  religionis  semel  in  anno  cura  mnltiplici  lucro  ad  lo:um  deter- 
minatum  conveniunt,  ut  simul  in  Domino  gaudeant  et  epulontur,  et  Consilio  honorum  vi- 


(1)  lacobi  Vitriac.  Sermones  ad  FF.  Minores  p.  34-35,  Romae  1903. 


BIBLIOTECA   —  TESTIMONIA  HISTORICA 


rornm  suas  faciunt  et  promnlgant  institationes  sanctas  et  a  Domino  papa  confirinatas. 
Post  hoc  vero  per  totum  annum  dispergali tnr  per  Lombardiatn  et  Tusciam  et  Apuliam 
et  Siciliana.  Frater  a,xxUm  Nicolaus,  domini  papae  provincialis,  vir  sanctus  et  religiosns, 
relieta  caria,  nuper  ad  eos  conftigerat,  sed  quia  valde  necessarius  erat  domino  papae,  re- 
vocatus  est  ab  ipso.  Credo  antera,  quod  in  opprobriam  praelatorum,  qui  quasi  canes  sunt 
muti  non  valentes  latrare,  Dominns  per  huiusmodi  simplices  et  pauperes  homines  mnltas 
animas  ante  finem  mundi  vult  salvare.  —  Quum  vero  recessi  a  praedicta  civitate,  iter 
arripui  versus  lanuam...  ut  navigio  devenirem...  Postquam  vero  applicui  lanuae...  verbum 
Dei  multis  mulieribus  et  paucis  hominibus  frequenter  praedicavi...  Vos  autem  instanter 
orate  prò  me  et  prò  meis,  ut  Deus  perducat  nos  ad  portum  Acconensis  civitatis,  et  inde 
ad  portum  aeternae  beatitudini»». 

B)  —  Incipit  Epistola  Magni  lacóbi  Acconensis  Episcopi,  \fébr.  1220]  missa 
ad  Beligiosos,  familiares  et  notos  suos  in  Lotharingia  existentes,  de  captione  Damiatae. 
—  Bilectissimis  in  Christo  fidelibus,  fratribus,  magistro  lohanni  de  Nivella,  et  caeteris  : 
lacobus  divina  permissione  Acconensis  Ecclesiae  minister  humilis.  —  (In  Bongars  Gesta 
Bei  etc.  Hanoviae  1611,  tom.  I  pag.  1146-1149). 

«  ...  Igitur  nonis  Novembris,  Salvatore  mundi  regnante,  domino  Petro  Albanensis 
Episcopo,  Apostolicae  Sedis  Legato,  solemniter  vigilante,  anno  gratiae  MCCXIX  capta  est 
Damiata,  absque  deditione,  sine  defensione  seu  violentia,  sine  depraedatione  vel  tumultu, 
ut  soli  Filio  Dei  evidens  adscribatur  Victoria  :  qui  populo  suo  ingressum  in  Aegyptum 
aspiravit  et  ibidem  vires  instaura vit;  gloriam  suam  alteri  non  dedit;  triuraphum  vero 
sanctae  Romanae  ecclesiae  contulit.  Quidam  vero  ex  nostris  qui  propriam  gloriam  quaere- 
bant,  et  iam  contentiose  de  spoliis  et  partitione  civitatis  inter  se  agebant^suo  more,  glo- 
ria Dominus  eos  privavit.  Illucescente  namque  die,  videns  Soldanus,  et  exercitus  eius, 
vexilla  nostra  super  tnrres,  et  moenia  civitatis  erecta,  ingenti  terrore  concussus,  cum  moe- 
rore  fugiens,  castrum  cum  ponte,  quem  super  fluvium  fecerat,  combussit;  certissime  sciens, 
quod  Deus,  reprobatis  et  confusis  Saracenis,  prò  nobis  miraculose  pugnasset.  Cum  enim 
mense  Februario  [1219],  in  die  S.  Agathae  Virginis,  fluvium  Nili  (qui  alio  nomine  dicitur 
Gion)  fugientibus  Saracenis  transiremus;  et  undique  ante  Damiatam,  tam  per  terram, 
quam  per  utramque  insulam,  cingeremus,  plusquam  soxaginta  Saracenorum  millia  intra 
muros  civitatis  remanserunt  inclusi.  Post  novera  vero  menses,  ipsis  nonis  videlicet  mensis 
Novembris,  capta  civitate,  vix  tria  ex  eis  millia  invenimus  :  inter  quos  vix  centum  reman- 
serant  sani  qui  possent  defendere  civitatem.  Dominus  enim  pestilentia  percutiens  advjer- 
sarios,  gladium  evaginavit  post  eos;  adeo  quod  cum  ingrederemur  civitatem,  tot  invene- 
riraus  mortuorum  cadavera  super  terram,  quod  pauci  qui  remanserant  vivi,  ob  intolera- 
bilem  foetorem,  tot  mortnos  sepelire  non  poterant.  Purgata  autem  civitate,  dominus  Le- 
gatus  (1)  cum  Patriarcha  (2)  et  universo  clero  Acconensi,  cum  candelis  et  luminaribus, 
cum  hymnis  et  canticis,  cura  laudibus  et  gratiarum  actione,  in  die  Purificationis  beatae 
Mariae  [2  feb.  1220]  processionaliter  ingressus  est  civitatem.  Fecerat  antera  dominus  Le- 
gatus  parari  magnam  basilicam,  in  qua  ad  honorem  beatae  Virginis  cum  magna  populi 
devotione  celebravit:  in  qua  etiam  sedem  Archiepiscopalera  instituit,  multis  etiam  aliis 
intra  civitatis  ambitum  constitutis  ecclesiis,  eiecto  perfido  Machometo,  divinum  of&cium, 
diebus  ac  noctibus,  ad  honorem  Dei  et  Sanctòrum  eius  iugiter  adimplevit.  Invenimus  an- 
tera in  civitate  panca  valde  victualia;  aurum  vero  et  argentum,  pannos  sericos  cura  vé- 
stibus  pretiosis,  et  aliara  multam  suppellectilem  reperimus...  Nisi  eam  Dominus  mira- 
culose populo  suo  tradidisset  Christiano,  nec  solum  istam,  sed  civitatem  Thaneos,  cum 
castro  adiacente,  octo  turres  inexpugnabiles  habente,  quod  ex  nulla  parte  posset  obsideri, 
non  minori,  u;t  dicitur,  miraculo,  nobis  Deus  subiecit.  Civitas  autem  Thaneos,  cum  sua 
dioecesi,  sub  Damiata  metropoli  continetur. 


(1)  n  famoso  Card.  Pelagio  spagnuolo. 

(2)  Bodolfo  o  Raoul,  patriarca  di  Gerusalemme  (1214-25)  e  principe  vescovo  dì  Sidone; 
è  lui  che  portava  la  santa  Croce  nell'esercito  crociato.  Eey-Du  Cange  Familles  d'outre-mer 
p.  727. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


«  Sed  ne  trinmphom  viribus  nostris,  vel  nostrae  multitadini  possemns  adscribere,  ut  1 
homiliaremar  et  cnm  propheta  confiteremnr:  non  in  arcu  meo  speremo,  et  gladius 
meus  non  salvabit  me:  Dominus  est  qui  hwmliat  et  sublevat:  mnltis  tribulationibus 
ad  pargationem  peccatorum,  et  maiorem  coronam  electortim,  anteqnam  traderet  civitatem, 
populnm  suum  permisit  affligi.  Dum  enim  multitodine  magna,  tam  equitum  quam  pedi- 
tnm,  dio  qnodam  [29  ag.  1219]  nostri  centra  Soldanum  exirent  ad  pngnam,  tanquam 
nil  timentes,  sed  in  sua  fortitudine  confidentes  :  non  proponentes  Deum  ante  conspectum 
suum:  non  cum  humilitate,  sed  cum  superbia  et  elevatione,  multi,  propter  lucrum  tem- 
porale, centra  hostes  perrexerunt.  Soldanus  qui  primus  per  experientiam  didicerat,  quod 
pauci  de  nostris  dura  ponunt  Deum  adiutorem  ^uum,  multos  ex  suis  absque  magna  dif- 
ficultate  superassent,  non  est  ausus  nostrum  exercitum  expectare:  sed  paulatim  nostris 
subsequentibus,  cum  omni  supellectili  sua  fugiendo  cedebat.  Cum  autem  intra  fossatum, 
quo  Soldanus  castra  sua  cinxerat,  exercitus  noster  pervenisset,  paulisper  tanquam  fessi 
ex  tunc  nostri  subsistentes  pausa verunt;  inimicis  vero  tum  insequentibus,  nostrorum 
quidam  terga  vertentes  non  fugati  fugerunt;  quod  videntes  quidam  ex  nostris  militibus, 
corde  constantes,  et  de  fuga  suorum  admirantes,  et  nimium  dolentes,  ut  a  posteriori  exer- 
citum custodirent,  ordinati,  consertis  aciebus  secundum  ordinem,  et  militarem  disciplinam 
subsequebantur  :  ut  scilicet  absque  magno  damno  rev^i'ti  posset  exercitus  ;  ubi  quidam  ex 
nostris  impetum  subsequentium  Saracenorum,  qui  nostrorum  equos  sagittis  yulnerabant, 
sustinere  non  yalentes,  relictis  sociis,  evaserunt  Saracenos.  Ex  quo  factum  est,  ut  primo 
die  priusquam  ad  castra  nostra  peryeniremus,  plnsquam  mille  e  nostris  amitteremus  :  qui- 
busdara  gladio  interfectis,  quibusdam  captis,  equis  eorum  vùlneratis,  vel  prae  calore  defi- 
cientibus  ;  multis  etiàm  ex  peditibus  propter  aestum  solis  extinctis  :  quidam  ex  solo  timore, 
insto,  sed  occulto  Dei  iudicio,  in  insamam  conversi,  exspiraverunt  etc...  Yos  autem  sine 
intermissione  orate  prò  exercitu  lesu  Christi,  ut  in  terra  Promissionis  vinea  propagetnr, 
Ecclcsiae  reparentur,  infìdeles  eiiciantur,  fides  restautetur  :  ut  aedificentur  muri  Hiem- 
salem,  quos  inimici  nostri  snbverterunt.  Salutant  vos  socii  et  amici  nostri  Ioannes  de 
Dionanto,  Johannes  de  Cameraco,  cantor  noster;  Henricus  Senescallus  ecclesiae  nostrae. 

«  Dominus  (1)  Reinerus  Prior  sancti  Michaèlis  (2)  tradidit  se  religioni  Minorum  fra- 
trum  ;  quae  religio  valde  multiplicatur  per  universum  mundum,  eo  quod  expresse  imitatur 


(1)  Da  questo  punto  il  testo  del  Codice  edito  dal  Eohricht  (in  Zeitschri/t  fwr  ^rchen- 
gesch.  16  p.  72)  e  riprodotto  in  parte  dal  Boehmer  (in  Analekten  zur  Getchichte  dea  Fr.  von 
Assisi  p.  101-2)  notabilmente  varia  per  tutto  il  brano  che  segue.  Notevole  è  poi  un  periodo 
importante  che  manca  nel  nostro  testo  Bongarsiano.  Riportiamo  per  intero  questa  parte, 
segnando  in  corsivo  i  brani  e  le  varianti  che  mancano  nel  testo  di  Bongars  :  —  <  Raine- 
rius  prior  sancti  Michaèlis  reddidit  se  religioni  firatrum  Minorum,  que  religio  valde  multi- 
plicatur per  universum  mundum,  eo  quod  expresse  imitatur  formam  primitive  ecclesie.  Hec 
autem  religio  valdè  pericolosa  twbis  videtur,  eo  quod  non  solvm  perfecU,  sed  etiam  iuvenes  et 
imperfecU  qui  sub  conventuali  disciplina  aliquo  tempore  artari  et  probari  debuissent,  per  uni- 
versum mundum  bini  et  bini  dividuntur.  Magister  illornm,  qui  Ordinem  iUum  insOtuit,  cum 
venisset  in  exercitum  nostrum,  zelo  fìdei  accensus,  ad  exercitum  Sarracenorum  pertransivit, 
et,  cum  multis  diebus  Sarracenis  verbum  Dei  predicasset,  modicum  profecit.  Soldanus  autem, 
Rex  Àegypti,  ab  eo  petiit  ut  Domino  supplicaret,  quatenus  religioni,  que  magìs  Dèo  pia- 
cerei, divinitus  inspiratUs  adhereret.  Eidem  predicte  religioni  tradidit  se  Colinns  Ànglicus 
clericus  noster  et  alii  duo  de  sociis  nostris,  scilicet  mugister  Michael  et  dominus  Mattheus, 
cui  curam  ecclesie  Sancte  Crucis  commiseram.  Cantorem  et  Hericum  et  alios  quosdam  vix 
retineo...  » .  —  Tutto  11  periodo  in  corsivo  «  Hec  autem  reUgio  ||  Mrw  dividuntur  »  ha  tutti 
gì'  indizi  d' una  postilla  o  nota  marginale,  scritta  da  qualche  monaco,  quale  poi  per  ignoranza 
dell'  amanuense  passò  nel  testo  di  Vitry.  Del  reito  esso  stona  evidentemente  con  tutto  quanto 
scrisse  il  Vitry  in  più  luoghi  sull'Ordine  novello  e  su  Francesco. 

(2)  Priore  della  Chiesa  di  S.  Michele  in  Acri,  come  notano  il  Rohricht  e  il  Boehmer; 
Rainerio  era  dunque  monaco  e  abate.  Un  altro  simile  esempio  si  ha  nel  fatto  di  Antiochia 
ove  (in  questo  tempo  o  più  tardi)  1'  abate  con  tutti  i  suoi  monaci  si  resero  francescani,  come 


8  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

formam  primitivae  Ecclesiae,  et  per  omnia  vitam  Apostolornm.  Magister  vero  illorum  fra- 
tram,  fra  ter  Franciscus  nominatar  :  qni  adeo  amabilis  est,  ut  ab  omnibus  hominibus  ve- 
neretur;  cum  venisset  ad  exercitum  nostrum,  zelo  fidei  accensus,  ad  eiercitum  hostium 
nostrorum  ire  non  timuit;  et  cum  miiltis  diebus  Saracenis  verbum  Domini  praedicasset, 
et  cum  parum  profecisset,  tunc  Soldanus  Rex  Aegypti  ab  eo  in  secreto  petiit,  ut  prò  se 
Dwnino  supplicasset,  quatenus  religioni,  quae  magis  Deo  placeret  divinitus  inspiratus 
adhaereret.  Eidera  religioni  tradidit  se  CoUntis  Anglicus,  clericus  noster,  et  alii  duo  de 
sociis,  scilicet  Michael  (1)  et  dominus  Matthaeus,  cui  curam  Ecclesiae  sanctae  (2)  com- 
miseram  :  Cantorem,  et  Èeinricium,  et  alios  tìx  retineo.  Ego  autem  debilis,  et  contractus 
corde,  in  pace  et  tranquillitate  vitam  meam  desidero  finire.  Misimns  vobis  duos  parvulos, 
de  incendio  Babilonis  extractos,  cum  quibusdam  pannis  serìcis,  et  literis  aliis.  Ostendite 
literas  Abbati  de  Villari,  et  aliis  amicis  nostris.  Valete  (3)  » . 

0)  —  De  Ordine  et  praedicatione  Fratrum  Minorum.  (Ex  Historia  Orientali  (4) 
lacobi  de  Vitriaco,  edit.  Doaci  1597,  cap.  32.  pag.  349-54). 

«  Praedictis  tribus  Eremitarum,  Monacorum,  et  Canonicorum  religionibus,  ut  regulariter 
viventium  quadratura  fundamenti  in  soliditate  sua  firma  subsisteret,  addidit  Dominus  in 
diebus  istis  quartam  religionis  institutionem,  ordinis  decorem  et  regulae  sanctitatem.  Si 
tamen  ecclesiae  primitivae  statum  et  ordinem  diligenter  attendamus,  non  tam  novam  addidit 
regulam,  quam  veterem  renovavit,  relevavit  iacentem,  et  paene  mortuam  suscitavit  religionem 
in  vespere  mundi  tendentis  ad  occasum,  imminente  tempore  filii  perditionis:  ut  contra 
Antichristi  periculosa  tempora  novos  athletas  praepararet,  et  ecclesiam  praemuniendo  fulciret. 
Haec  est  religio  vere  pauperum  crucifixi  et  ordo  praedicatorum,  quos  fratres  Minores  ap- 
pellamus.  Vere  minores,  et  omnibus  huius  temporis  regularibus  in  habitu,  et  nuditate,  et 
mundi  contemptu,  hurailiores.  Habent  autem  unum  summum  Priorem,  cuius  mandatis  et 
regularibus  institutis  reverenter  obediuat  minores  priores,  caeterique  eiusdem  ordinis  fratres, 
quos  per  diversas  mundi  provincias  causa  praedicationis,  et  salutis  arimarum,  ipse  trans- 
mittit.  Adeo  autem  primitivae  ecclesiae  religionem,  pauportatem,  et  Ixnmilitatem  in  se  re- 
formare diligenter  procurant,  puras  evangelici  fontis  aquas  cum  siti  et  ardore  spiritus 
haurientes,  quod  non  solum  evangelica  praecepta,  sed  et  Consilia,  vitam  apostolicam  ex- 
pressius  imitantes,  modis  omnibus  adimplere  laborant,  omnibus  quae  possldent  renuntian- 
tes,  seipsos  abnegantes,  crucem  sibi  tollendo,  nudi  nudum  sequentes,  relinquentes  pallium 
cum  loseph  et  hydriam  cum  Samaritana,  expediti  currunt,  ambulant  ante  faciem  snam  et 


vedremo  in  seguito.  A  proposito  di  questo  priore  Rainerio  (nome  raro  tra  i  Minori  del 
sec.  XIII)  non  sarebbe  egli  quel  desso  che  nel  1234-37  e  in  seguito  troviamo  quale  cappel- 
lano e  penitenziere  di  Gregorio  IX?  (cfir.  Sbaral.  Bull.  t.  I  p.  121  e  seg.  cfr.  ib.  index).  Nel 
1255  un  Bainerio  di  Pavia  é  creato  vescovo  di  Maina  in  Licaonia  (Sbaral.  ib.  t.  II  p.  56  e  116). 

(1)  Nel  testo  di  Ròhricht  e  Boehmer  è  detto  magister  Michael,  quindi  uno  de'  perso- 
naggi più  distinti  della  chiesa  Acconense. 

(2)  Il  testo  di  Ròhricht  e  Boehmer  ha  «  ecclesiae  sanctae  Crucis  »  parimenti  chiesa  della 
città  di  Acri,  come  notano  i  citati  autori.  Osserva  qui  bene  il  Suyskens  {Acta  SS.  1.  e.  p.  617 
n.  374)  :  «  Haec  verba  iusinuant,  dominum  Matthaevm  fuisse  ipsius  Vitriaei  episcopi  in  eccle- 
sia Acconensi  vicarium,  ac  reliquos  eiusdem  ecclesiae  clericos,  atque  alios  denique  ecclesia- 
sticos  ministros  suos  vix  ab  ilio  potuisse  detineri:  facili  coniectura  assequi  licet,  ingentem 
fuisse  numerum,  qui  cum  in  castris  in  Aegypto,  tum  in  Palaesf'na  S.  Francisci  Ordinem 
tunc  amplexi  fiierunt  > . 

(3)  Osserva  giustamente  il  Sabatier  (  Vie  cìt.  p.  261  n.  1)  :  «  Jacque  de  Vitry  ne  parie 
ici  de  Francois  qu'  incidemment,  au  milieu  des  salutations,  ce  qui  au  point  de  vue  critique 
ne  fait  qu'  augmenter  la  valeur  de  ces  paroles  » . 

(4)  Diamo  il  testo  dell'  ediz.  Duacense,  in  calce  però  vi  aggiungiamo  alcune  piccole  va- 
rianti del  Cod.  Vatic.  lat.  Reginae  n.  504  (lib.  2,  cap.  32,  fol.  32 v.)  che  porta  il  titolo: 
lacobi  de  Vitriaco  Grientalis  Historia,  come  pure  le  varianti  del  testo  datoci  dal  Eohricht 
e  dal  Boehmer  in  Analekten  cit. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


non  revertuntnr,  posteriornm  obliti  in  anteriora  seraper  et  passibns  continnis  eitenduntnr, 
Tolantes  ut  nubes,  et  sicut  columbae  ad  fenestras  snas,  ne  mors  per  ipsain  intrare  valeat, 
cura  omni  diligentia  et  cautela  providentes.  Regnlam  autem  ipsorum  Dominus  Papa  con- 
firmavit,  et  eis  anctoritatem  praedicandi  ad  quascumqne  veniunt  (a)  ecclesias  concessit, 
Praelatornm  tamen  loci  ob  reverentiam  requisito  consensu.  Mittuntur  autem  bini  ad  prae- 
dicandum  tamquam  ante  faciem  Domini  et  ante  secundnm  oius  adventum.  Ipsi  autem 
Christi  panperes,  ncque  sacculum  in  via  portant,  neqne  poram,  neque  panem,  ncque  aes 
sive  pecuniara  aliquara  in  zonis  suis,  non  possidentes  aurnm,  ncque  argentum,  nec  cal- 
ciamenta  in  pedibus  suis  habentes:  nulli  eo'm  huius  ordinis  fratri  licet  aliquid  possidere. 
Non  habent  monasteria  vcl  ecclesias,  non  agros  vcl  vineas,  vel  animalia,  non  domos  vel 
alias  possessiones,  neque  ubi  caput  reclinent  [Lue.  9.  58].  Non  utnntur  pellibus  neque 
lineis  (6),  sed  tantummodo  tunicis  laneis  caputiatis,  non  cappis,  vel  palliis,  vel  cucullis, 
neque  aliis  prorsns  induuntur  vestimentis.  Si  quis  eos  ad  prandium  vocavorit,  manducant 
et  bibunt  quae  apud  illos  sunt.  Si  quis  eis  aliquid  misericorditer  contalerit,  non  rescrvant 
in  posterum.  Semel  autem  vel  bis  in  anno,  tempore  certo  ad  locum  determinatnm  gene- 
rale capitulum  celebraturi  conveniunt,  exceptis  bis  qui  nimio  tractu  terrarum,  vel  mari 
interposito  separantur.  Post  capitulum  iterum  ad  diversas  regiones,  provincias,  et  civitates 
duo  vel  plures  pariter  a  superiori  suo  mittuntur.  Non  solum  autem  praedicatione,  sed  et 
eiemplo  vitae  sanctae,  et  conversationis  perfectae,  multos  non  solum  inferioris  ordinis 
horaines,  sed  generosos  et  nobiles  ad  mundi,  contemptum  invitant,  qui  relictis  oppidis,  et 
casalibus,  et  amplissimis  possessionibns,  temporales  divitias  et  spiri tuales  (e)  felici  com- 
mercio commutantes  (d),  habitum  fratrum  Minorum,  id  est  tunicam  vilis  pretii  qua  in- 
duuntur, et  funem  quo  cinguntur,  assumpserunt.  Tempore  enim  modico  adeo  multiplicati 
sunt,  quod  non  est  aliqua  Christianorura  provincia  in  qua  aliquos  de  fratribus  suis  non 
habeant,  qui  in  seipsis  velut  in  speculo  mundissimo  mundanae  vanitatis  contemptum  oculis 
respicientium  (e)  repraesentant,  praesertim  cum  nulli  ad  religionem  suam  transeunti  gre- 
mium  claudant,  nisi  forte  matrimonio,  vel  aliqua  religione  ftierit  obligatus.  Tales  enim 
sine  licentia  uxorum  vel  praepositorum  suorum,  sicut  ratio  exigit,  nec  volunt,  nec  debent 
recipere.  Alios  autem  omnes  in  amplitudine  religionis  suae  tanto  confidentius  absque  ulla 
contradictionis  molestia  suscipiunt,  quanto  divinae  munificentiae  et  providentiae  sese  com- 
mittentes,  unde  eos  Dominus  sustentare  debeat,  non  formidant.  Ipse  (f)  enim  funiculum 
cum  tunica  venientibus  ad  se  largientes,  quod  reliquum  est  supernae  procurationi  relin- 
quunt.  Adeo  autem  ministris  suis  Dominus  in  hoc  saeculo  centuplum  restituit,  et  in  via 
hac  qua  gradiuntur,  firmat(^)  super  ipsos  oculos  snos,  quod  in  eis  ad  litteram  compie- 
tum  agnovimus,  quod  scriptum  est:  Dominus  amat  peregrinum,  et  dat  ei  victum  et  ve- 
stitum.  [Deut.  10,  18].  Felices  enim  se  reputant  a  quibus  hpspitalitatis  obsequium  vel 
oleemosynas  servi  Dei  suscipere  non  recusant. 

«  Non  solum  autem  Christi  fideles,  sed  etiam  Saraceni  et  obtenebrati  homines,  eorum 
humilitatem  et  perfectionem  admirantes,  quando  causa  praedicationis  ad  ipsos  intrepidi 
accedunt,  grato  animo  necessaria  providentes,  libenter  eos  recipiuut.  Vidimus  primnm 
huius  ordinis  fundatorem  et  magistrum,  cui  tanqnam  summo  Priori  suo,  omnes  alii  obe- 
diunt,  virum  simplicem  et  illiteratum,  dilectum  Deo  et  hominibus,  fratrem  Francinum  (sic) 
nominatum  (h),  ad  tantum  ebrietatis  excessum  et  fervorem  spiritus  (i)  raptum  fnisse,  quod 
cum  ad  exercitum  Christianorum  ante  Damiatam  in  terra  Aegipti  devenisset,  ad  soldanì 
Aegypti  castra  intrepidus  et  fidei  clypeo  communitus  accessit.  Quem  cum  in  via  (k)  Sa- 
raceni tenuissent:  «•  Ego  sum  Christianus,  inquit,  ducite  me  ad  Dominum  vestrùm*. 
Quem  cum  ante  ipsum  pertraxissent,  videns  eum  bestia  crudelis,  in  aspectu  viri  Dei  in  man- 
suetudinem  conversa,  per  dies  aliquot  ipsum  sibi  et  suis  Christi  fidem  praedicantem 
attentissime,  audivit.  Tandem  vero  metuens  ne  aliqui  de  exercitu  suo  verborum  eias  effi- 


(a)  Hóh.  Boeh.:  venerint.  —  (b)  R'óh.  Boéh.  :  Uni'tjeis.  —  (e)  Cod.Beg.:  temporales  prò 
spirittMlìbus ;  Roh.  Boeh.  :  in  spirituales.  —  {d)  Cod.  'Reg.:  felici  commutatìone  commutan- 
tes. —  (e)  Cod.  Reg. :  insipientium ;  Ròh.  Boeh.:  inspicientium.  —  (/)  Corrige:  Ipsi,  come 
hanno  Ròh.  e  Boeh.;  ovvero  *Spei»  come  ha  il  Cod.  Reg.  —  (g)  Roh.  Boeh.:  firmando. 
—  (A)  Cód.  Reg.:  Franciscum,  nomine;  Roh.  Boeh.:  Franciscum  nominatum.  —  (t)  Cod. 
Reg.  e  Roh.  Boeh.  :  saepe  raptum  fuisse.   —   (k)  Ròh.  Boeh.  :  in  via  capttim. 


10  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTOEICA 


cacia  ad  Dominnm  conversi  ad  Christianorum  exercìtnm  pertransirent,  cum  omni  revereri- 
tia  et  secnritate  ad  nostrorura  castra  reduci  praecepit,  dicens  ei  in  fine:  *  Ora  prò  me, 
ut  Deus  legem  illam  et  fidem,  quae  magis  sibi  (a)  placet,  michi  dignetur  revelare*. 
Saraceni  antera  omnes  praedictos  fratres  Minores  tam  din  de  Christi  fide  et  evangelica 
doctrina  praedicautes  libenter  audiunt,  quonsque  Mahometo,  tanquam  mendaci  et  perfido 
praedicatione  (6)  sua  manifeste  contradicunt.  Ex  tunc  autem  eos  impie  verberantes,  et,  nisi 
Deus  (e)  Diirabiliter  protegeret,  pene  trucidantes,  de  civitatibus  suis  expellunt.  Hic  est 
fratrum  Minoruin  sanctus  ordo,  et  apostolicorum  virorum  admiranda  et  imitanda  religio, 
quos  Dominuoi  centra  perditionis  fiìium  Antichristum  et  oius  profanos  discipulos,  credi- 
mus  in  diebns  novissimis  suscitasse.  Qui  lectuluui  Salomonis  tanquam  fortes  Christi  mili- 
tes  arabiendo,  et  de  porta  ad  portam  cum  gladiis  transeundo,  super  muros  Hierusalem 
[Car^t.  3.  7  s."]  constituti  sunt  custodes,  diebus  ac  noctibus  a  divinis  laudibus  et  sanctis 
exhortationibus  non  cessantes,  vocem  suam  quasi  tubam  in  fortitudine  exaltantes,  et  fa- 
cientes  vindictam  in  nationibus,  increpationes  in  populìs,  et  gladios  suos  non  prohibentes 
a  sanguine,  [ler.  48, 10]  mactantes,  circumeuntes  civitatem,  et  famem  patientes  nt  canes, 
qui  tanquam  sai  terrae  cibos  suavitatis  et  salutis  condientes,  carnes  desiccant,  vermium 
putredinem  et  vitiorum  foetorem  amoventes,  et  tanquam  lux  mundi  multos  ad  scientiam 
veritatis  illuminant,  et  ad  fervorem  charitatis  accendunt  et  inflammant.  Hic  autem  per- 
fectionis  ordo  et  spatiosi  claustri  amplitudo  infirmis  et  imperfectis  congruere  non  videtnr, 
7ie  forte  descendentes  mare  in  navibus,  et  facientes  operationem  in  aquis,  multis  fluctibus 
procellosis  involvantur,  nisi  soderint  in  civitate,  donec  induantnr  virtute  ex  alto  ». 

C.  1227-29  —  Emoni -Bernard.  —  Ohroniqne  d'  Emoni  et  de  Bernard  le 
Trésorier,  pnbliée  ponr  la  première  fois  d'  après  les  mannsorits  de  Sruzelles,  de  Paris  et 
de  Seme,  avec  un  essai  de  classifioation  des  Oontinnatenrs  de  Qnillanme  de  Tyr,  ponr  la 
Sociétè  de  1'  Histoire  de  France:  Par  M.  L.  De  Mas  Latrie.  —  Paris,  Eenouard,  1871,  in  8" 

Ernoul  è  considerato  come  l' immediato  e  il  principale  continuatore .  di  Guglielmo  di 
Tiro.  Guerriero  in  Oriente,  e  scudiere  di  Baliano  d' Ibelino,  egli  scrisse  o  fé'  scrivere  le 
gesta  dei  Crociati,  per  lo  meno  dal  1183  al  1227  o  29.  Ernoul  verosimilmente  passò 
tutta  la  sua  vita  in  Oriente,  e  sappiamo  che  assistette  alla  disfatta  de'  Crociati  presso 
Tiberiade,  e  all'  assedio  e  capitolazione  di  Gerusalemme  (1187).  Quindi  egli  conobbe  e 
fatti  e  persone  colle  quali  ebbe  a  trattare,  e  ci  descrive  con  semplicità,  ma  con  profonda 
emozione,  fatti  di  cui  egli  stesso  n'ebbe  a  provare  le  dolorose  impressioni.  Il  candore  e 
la  sincerità  del  cronista  si  attira  la  stima  e  la  fede  de'  più  severi  critici.  Perciò,  a  dif- 
ferenza degli  altri.  Emoni  è  il  più  degno  e  veridico  de'  continuatori  di  Guglielmo.  Di- 
sgraziatamente il  suo  racconto  s'interrompe  nel  1227  o  29  (anno  forse  della  sua  morte?); 
e  i  Codici  che  ci  rimangono  abbondano  di  considerevoli  varianti,  L'  edizione  curata  dal- 
l'Accademia delle  Inscrizioni  e  Belle  lettere  di  Francia  su  i  due  Codici  di  Berna  e  di  Pa- 
rigi (1)  non  ci  dà  preciso  il  testo  di  Ernoul.  Quella  pure  dataci  con  più  abbondante  cri- 
tica dall'  illustre  Conte  di  Mas  Latrie,  sul  Codice  di  Bruxelles  e  snmmentovati,  non  può 
ancora,  dice  un  dotto  scrittore  (2),  sfidare  impune  le  pretese  della  critica  odierna.  Lo 
stesso  Mas  Latrie  ne  è  convinto  per  quel  che  riguarda  l' integrità  del  testo  di  Ernoul,  e 
ripetutamente  asserisce,  non  senza  prove,   che  il  testo  attuale  non  è  che   un   compendio 


(a)  Roh.  Boeh.  :  Uli.  —   (i)  R5h.  Boeh.  :  in  praedicatione.   —   (e)  Ròh.  Boeh.  :  Deus  eo». 


(V)  RecueU  des  Historiens  des  Cfroisades  —  Historiens  Oceidentaux  tom.  II  p.  1-393.  Il  cap. 
che  tratta  di  S.  Francesco  in  Oriente  é  ibid.  a  pag.  346-50,  in  calce  al  testo  della  cronaca 
detta  d' Éracles. 

(2)  Gaston  Dodu:  Histoire  des  InstOuiions  Monarchiques  dans  le  Royaume  Latin  de 
Jéruaalem  (Paris  1894)  pag.  17^20. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  U 

di  una  più  ampia  cronaca  scritta  da  Emoni,  compendio  poi  propagato  con  una  breve  con- 
tinuazione (1229-31)  da  Bernardo  il  Tesoriere,  sotto  il  cui  nome  venne  citata  dagli  an- 
tichi cronisti,  specialmente  dal  Pipino  il  quale  non  fece  altro  che  tradurre,  modificare  in 
parte,  ed  anche  abbreviare  il  compendio  di  Ernoul  che  egli  credette  opera  esclusiva  di 
Bernardo  il  Tesoriere.  D'  onde  1'  errore  del  Muratori  che  pubblicò  sotto  il  nome  di  Ber- 
nardo il  XXV"  libro  di  Pipino  intitolato  Historia  acquisiiionis  Terrae  Sanctae  (1). 

Due  sarebbero  i  Codici,  secondo  il  Mas  Latrie,  che  contengono  la  prima  redazione 
e  la  più  ampia  della  cronaca  di  Ernoul.  Il  1",  il  cosi  detto  Ms.  di  Fontainebleau  della 
Nazionale  di  Parigi  (N.  8316  ant.  fondo  frane.,  oggi  segnato  col  n.  2634),  citato  nel- 
l'edizione dell'Accademia  (Becueil  des  Histor.  des  Croisades-Hist.  Occ.  i.  II)  con  la  let- 
tera A.  —  Il  2",  sarebbe  il  Ms.  Colhert  272,  parimenti  nella  Nazionale  di  Parigi  (N.  8314-3, 
fond.  frane.,  oggi  num.  2628),  e  citato  nell'  edizione  dell'Accademia  colla  lettera  B.  *  Ce 
précieux  volume,  que  nous  appellerons  Ms.  de  Colhert,  renferme  seul  avec  le  Ms.  Fontaine- 
bleau la  grande  continuation  de  Guillaume  de  Tyr,  plus  développée,  iusqu'à  l'année  1231, 
que  le  texte  du  ms.  de  Noailles  ou  de  Martène  (2)  et  que  nous  supposons  étre  la  première 
rédaction  d' Ernoul.  Le  Ms  de  Colhert,  plus  ancien  et  plus  correct  encore  que  le  Ms.  de 
Fontainebleau,  nous  semble  avoir  été  écrit  en  Orient  méme  »  {Mas  Latrie  p.  484  e  486). 

Il  Mas  Latrie  al  cap.  37  di  Ernoul  premette  questo  sommario:  «  1219.  Deux  clercs 
de  l' armée  chrétienne  se  rendent,  avec  la  permission  dxi,  légat,  auprès  de  Coradin,  sul- 
TAN  DE  Damas  (sicl),  Ils  lui  démontrent  la  fausseté  de  la  loi  de  Mahomet.  Les  Imans 
demandent  au  sultan  de  leur  fair  trancher  la  téte,  au  lieu  de  discourir  avec  eux.  Le 
suUan  les  traite  avec  égard  et  les  fait  reconduire  chez  les  Chrétiens».  —  Qui  l'illustre 
storico  cadde  in  un  abbaglio  indottovi  senza  accorgersene  dal  domenicano  Pipino  (citato 
ivi  in  nota  a  p.  341)  che  confuse  il  soldano  d' Egitto  Melek-el-Kamel,  col  suo  fratello 
Corradino  o  Melek-Moaddam  soldano  di  Gerusalemme,  di  Damasco  e  della  Siria.  Infatti, 
Ernoul  ogni  qualvolta  nomina  il  monarca  d'  Egitto  lo  chiama  semplicemente  il  Soldano, 
laddove  Corradino  è  sempre  chiamato  o  per  nome  o  col  titolo  di  soldano  di  Damasco.  Lo 
stesso  modo  usano  anche  gli  altri  storici  delle  Crociate.  Del  resto,  come  vedremo  a  suo 
luogo,  Corradino,  soldano  della  Siria,  verosimilmente  fu  presente  all'udienza  che  Fran- 
cesco si  ebbe  da  Melek-el-Karael  soldano  d'Egitto,  in  aiuto  del  quale  Corradino  era  già 
sceso  dalla  Siria  in  Egitto  dal  febbraio  del  1219,  e  quindi  non  poteva  ignorare  né  la  ve- 
nuta del  Santo  negli  accampamenti  saraceni,  né  l'accoglienza  che  si  ebbe  per  vari i  giorni 
dal  fratello  Kamel  e  meno  poi  le  solenni  dispute  di  Francesco  alla  presenza  del  Soldano 
e  de'  Magnati  del  clero  e  popolo  musulmano.  Facile  quindi  che  qualche  cronista  abbia  per 
ciò  confuso  r  un  soldano  con  l' altro. 

Il  seguente  capitolo  37  di  Ernoul,  riportato  anche  dal  Eohricht  (3),  é  tale  quale  ce 
lo  dà  il  testo  edito  dal  Mas  Latrie  ;  rileghiamo  a  pie  di  pagina  alcune  tra  le  più  notevoli 
varianti  dei  Codd.  usati  dagli  editori  del  Becueil,  e  quelle  del  Cod.  edito  dai  Marténe  e 
Guizot,  contrassegnato  con  la  lettera  G. 


(1)  Muratori  Script.  Ber.  Hai.  tom.  VII  Bernardi  Thesaurarii  historia;  Cfr.  tono.  IX 
Chronicon  fr.  Francisei  Pipini. 

(2)  Ms,  della  Nazion.  di  Parigi  (N.  104  ancien  mpplém.  fran^.,  oggi  n.  9082)  datato 
da  Roma,  maggio  1295.  Di  questo  Ms.  si  servirono  il  Marténe  (Amplissima  GoUectìo  t.  V. 
ove  si  ha  la  continuaz.  di  Guglielmo)  e  il  Guizot  (Continuation  de  l'hist.  des  Croisades  par 
Bernard  le  Trésoricr,  nel  tom.  XIX  della  Collection  des  Mémoires  relatifs  à  l'hist.  de  France. 
Paria  1824).  L'ediz.  dell'Accademia  francese  cita  questo  Cod.  colla  lett.  G. 

(3)  Testim.  minora  de  quinto  bello  sacro  p.  302-304. 


12  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

Chapitre  XXXVII.  De  IL  clers  qui  alerent  preeschier  au  Soudain  (Mas  Latrie 
Chron.  d' Emoni  cit.  p.  431-35). 

Or  vous  dirai  de  II.  clers  qui  estoient  en  l'ost  à  Damiete.  Il  yinrent  au  cardenal, 
si  disent  qn'il  voloient  aler  al  soudan  prejier,  et  qu'il  n'i  voloient  mie  aler  sans  [son  (a)] 
congié.  Et  li  cardenals  lor  dist  que  par  son  congié  ne  par  son  commandement  n'iroient 
il  pas,  car  il  ne  lor  voloit  mie  donner  congiet  à  essient  d'aler  en  tei  liu  où  il  fnissent 
ocis;  car  il  savoit  bien  s'il  i  aloient,  il  n'en  revenroient  ja.  Il  disent,  s'il  i  aloient,  qu'il 
n'i  aroit  point  de  pecié,  car  il  nes  i  envoioit  pas,  mais  soufrist  tant  qu'il  i  alaissent. 
Moult  l'on  proierent  (6).  Quant  li  cardenal  vit  qu'il  estoient  en  si  grant  [volente  d'aler  (e)], 
si  lor  dist  :  «  Signor,  je  ne  sai  quel  vo  cuer  ne  vos  pensées  soient,  ne  s'eles  sont  bonnes 
«  ou  malvaises,  et  se  vous  i  alés,  gardés  que  vo  cuer  et  vos  pensées  soient  toujours  à 
«  Dame  Din  {d)  ».  Il  disent  qu'il  n'i  voloient  aler  se  por  grant  bien  non,  se  i  pooient  esploi- 
tier.  Dont  dist  li  cardenals  que  bien  i  pooient  aler,  s'il  voloient,  mais  ce  n'estoit  mie  par 
son  congiet. 

Atant  se  partirent  li  clerc  de  l'ost  as  Crestiens,  si  s'en  alerent  vers  l'ost  as  Sarra- 
sins.  Qnant  li  Sarrasins  qui  escargaitoient  lor  ost  les  virent  venir,  si  cnidierent  qu'il  ve- 
nissent  en  message  ou  por  renoier.  Il  alerent  encontre,  si  los  prisent,  si  les  enmenerent 
devant  le  soudant.  Qnant  il  vinrent  devant  le  soudant,  si  le  saluerent;  li  soudans  les 
salua  anssi,  puis  lor  demanda  s'il  voloient  estre  sarrasin,  ou  il  estoient  venu  en  message. 
Et  il  respondirent  que  sarrasin  ne  seroient  il  ja;  mais  il  estoient  venu  à  lui  en  mes- 
sage, de  par  Dame  Diu,  et  por  s'ame  rendre  à  Din  {e).  «  Se  vous  ne  volós  croire,  [disent 
«  il  (/*)  ],  nona  renderons  vostre  ame  à  Diu,  car  nous  vous  disons  por  voir  que  se  vous 
«  morós  en  ceste  loi  où  vous  estes,  vos  estes  perdus,  ne  Dius  n'ara  mie  vostre  ame.  Et 
«  por  90U  somes  nous  venu  à  vous.  Se  vous  nous  volés  oir  et  entendre,  nous  vos  moster- 
«  rons  par  droite  raison,  voiant  les  plus  preudommcs  de  vostre  tiere,  se  vous  les  mandés, 
«  quo  vostre  lois  est  noiens  {g)  ». 

Li  soudans  lor  respondi  qu'il  avoit  de  sa  loi  archevesques  et  vesques  et  bons  clers, 
et  sans  aus  ne  pooit  il  mie  oir  {h)  [ce  (i)]  qu'il  disoient.  Li  clerc  li  respondirent:  «  De  (V) 
«  ce  sommes  nous  moult  liet  ;  mandés  les,  et  se  nous  ne  les  poons  mostrer  par  droites 
«  raisons  que  c'est  voirs  que  nous  vos  disons,  que  vostre  lois  est  niens,  s'il  nous  veulent 
«  oir  et  entendre,  iaites  nos  les  testes  coper  » .  Li  soudans  les  manda  [querre  (m)]  et  il 
vinrent  à  lui  en  se  tente.  Et  si  ot  des  plus  haus  homes  et  des  plus  saiges  de  se  tiere, 
et  li  doi  cler£  i  furent  ensement. 

Quant  il  furent  tot  asamblé,  si  lor  dist  li  soudans  por  coi  il  les  avoit  mandés,  et  si 
lor  conta  90U  por  coi  il  estoient  àsanlé,  et  90U  que  li  clerc  li  avoient  dit,  et  por  coi  il 
estoient  venu.  Et  il  li  respondirent:  «  Sire,  tu  es  espée  de  le  loi,  et  si  dois  le  loi  main- 
«  tenir  et  garder.  Nous  te  commandos,  de  par  Diu,  et  de  par  Mahon,  qui  le  loi  nos  donna, 
«  que  tu  lor  faicos  les  tiestes  colper,  car  nous  n'orrions  cose  qu'il  dient  ;  et  si  vous  def- 
«  fendons  que  vous  n'oés  cose  qu'il  dient,  car  li  lois  deffent  que  on  n'en  n'oie  (n)  nul  preeche- 
«  ment.  Et  s'il  est  nus  qui  veuille  preecer  ne  parler  contro  le  loi,  li  lois  commande  c'on 
«  li  colpe  le  teste.  Et  por  90U  te  commandomnes,  de  par  Diu  et  de  par  le  loi,  que  tu  lor 
«  faices  les  testes  colper,  car  ensi  le  commande  li  lois  » . 


(a)  Le  parentesi  quadre  sono  giunte  di  altri  Codici;  e  questa  è  dei  Codd.  A  e  B,  se- 
condo il  Mas  Latria.  —  (6)  Cod.  C  (Rectieil  II.  347)  :  «  Totes  voies  li  prìerent  moult  qu'il 
les  i  laissast  aler».  —  (e)  Cod.  J.  —  (d)  Cod.  C.  (Recueil.  II.  347):  e  Seignor,  je  ne  conois 
mie  voz  cueurs  ne  voz  pensers,  mes  gardez,  se  vos  i  alez,  que  voz  cuers  soient  tot  joint  a 
Dame  Deu.  Il  disrent...  ».  —  (e)  Il  Cod.  G.  «  pour  sa  vie  sauver».  —  (/)  Codd.  F.  0. 
—  (^r)  Cod.  C.  {Recueil.  IL  348  9)  :  «  ...  Et  se  nos  vos  volez  croire  et  oir  et  entendre,  nos  voa 
monstrerons  par  droite  raison  par  devant  les  plus  sages  homes  de  votre  terre  que  vos 
estes  perdu  et  que  vostre  loi  est  neienz  » .  Li  soudans...  —  (A)  Cod.  C:  *  ne  pooit  on  muele 
oir  » .  —  (»)  Codd.  .4.  e  jB.  —  (l)  Cod.  C.  {Recueil.  II.  349)  :  «  Sire,  de  ce  somes  moult 
lié,  et  volons  hien  que  vos  les  envoiez  querre».  —  (m)  Cod.  G.  —  (n)  Codd.  C.G.  e  J: 
e  que  l'en  ne  croie  » . 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  13 

Atant  prisent  congiet,  si  s'en  alerent,  ne  n'en  volrent  plus  oir.  Et  li  soudans  demora.  2 
et  li  doi  clerc.  Lors  lor  dist  li  soudans:  «  Signor  (a),  il  mont  dit,  de  par  Diu  et  de  par 
«  le  loi,  que  je  vos  face  les  testes  colper,  car  ensi  le  commande  li  lois  ;  mais  je  irai  I. 
«  poi  contro  le  commanderaent,  ne  je  ne  vons  ferai  mie  les  testes  colper,  car  malvais 
«  gnerredon  vous  renderoie  de  90U  que  vous  vos  estes  mis  en  aventure  de  morir  ponr 
«  m'ame,  à  vos  esciens,  rondre  à  Dame  Diu  (6)  » .  Apriès  si  lor  dist  li  soudans  que  s'il 
voloient  demorer  avoec  lui,  qu'il  lor  donroit  grans  tiere  et  grans  possessions;  et  il  li  di- 
sent  qu'i  n'i  demorroient  mie,  puis  que  on  ne  les  voloit  entendre,  ne  escouter;  in  s'en 
riroient  arriere,  en  l'ost  as  Crestiens,  se  ses  commandomens  i  estoit. 

Atant  lor  dist  li  soudans  que  volontiers  les  feroit  conduire  en  l'ost  sauvement.  Après 
si  lor  fist  aporter  et  or  et  argent  et  dras  de  soie  à  grant  piente,  et  commanda  qu'il  pre- 
sissent  90U  qu'il  volroient.  Il  disent  qu'il  ne  prenderoiont  noient,  puis  qu'il  ne  pooient 
avoir  l'ame  de  lui  avoec  Dame  Diu  ;  que  plus  cier  [aroient  l'ame  de  Ini  avec  Dame  Diu  (e)] 
qu'il  n'aroient  quanque  il  avoit  valissant  à  lor  eus;  mais  fesist  lor  doner  à  mangier,  puis 
si  s'en  iroient,  puis  c'autre  cose  nen  pooient  faire.  Li  soudans  lor  fist  donner  à  mangier 
assés,  si  prisent  congie  au  soudan,  et  il  les  fist  conduire  salvement  dusqu'à  l'ost  dea 
Crestiens  » . 

1229-30  —  Bernardi  Thesaurarii.  —  Libar  de  Acquisitione  Terrae  Sanctae 
ab  an.  1095  nsque  ad  an.  circiter  1230,  gallice  scriptns,  tnm  in  latinam  lingnam  conversus 
oiio.  an.  1320  a  &.  Francisoo  Pipino  Sononiensi  Ord.  Fraed.  Ex  Ood.  Biblioth.  Estensis 
—  (in  Muratori,  Scripfores  tom.  VII  (Mediol.  1725)  cap.  208,  col.  84648). 

H  capitolo  208,  che  è  anche  l' ultimo  dell'  opera,  porta  questa  intestazione  :  De  obiiu  3 
Conradini  Soldani  Damasci.  Come  abbiamo  notato  più  sopra,  alla  Chroniqtie  d'Ernoulj 
Pipino  qui  confonde  Corradino  (=  Melek-Moaddam)  soldano  di  Damasco,  col  fratello  Melek 
el  Kamel  soldano  d'Egitto:  a  questo  e  non  a  quello  si  diresse  principalmente  Francesco 
e  da  questo  si  ebbe  l'amorevole  accoglienza  e  quanto  ci  riferiscono  gli  storici:  quantun- 
que con  tutta  verità  si  possa  asserire,  che  il  santo  non  mancò  di  presentarsi  anche  a 
Corradino  venuto  a  tempo  in  aiuto  del  fratello,  come  vedremo. 

Eiportiamo  questo  testo  del  Pipino  non  per  altro  se  non  perchè  è  un  compendio  del 
racconto  di  Ernoul,  e  non  privo  d' interesse  per  la  storia  delle  fonti. 

Ex  libro  de  acquisitione  Terrae  Sanctae,  cap.  208  (Muratori  loc.  cit.  supra). 

«De  humanitate  autem  et  clementia  eiusdem  Conradini  (!)  Soldani  idem  Bernardus 
tale  refert  exemplum:  Erant  in  obsidione  Damiatae,  dum  eam  Christiani  tenerent,  viri 
duo  literati,  qui  zelo  fidei  snccensi  proposuerunt  Soldannm  adire,  fidem  praedicaturi.  Et 
cura  licentiam  peterent  a  Legato,  respondit  eis  :  «  Ignoro  quidem,  quo  zelo  ducamini, 
«  an  videlicet  Dei  Spiritu  movemini,  an  Satanae  tentafio  vos  apprehendat.  Qu^d  autem 
*pergatis,  nec  hortor,  ncque  dissuadeo.  Si  tamen  contingat  vos  proficisci,  satagite,  ut 
«  actiones  vestrae  fructifècent  apud  Deum  ».  Quum  autem  ad  castra  Saracenorum  venis- 
sent,  ducti  snnt  ante  conspectum  Soldani;  et  dum  sciscitaretur  ab  eis,  an  haberent  lega- 
tionem  explere,  an  vellent  Saraceni  fieri  :  «  Nos,  inquiunt.  Domini  Nostri  lesu  dir  isti 
«  sumus  Legati,  qui  prò  animarum  salute  advenimus,  parati  verissimis  rationibus  de- 
«  monstrare,  quod  nisì  in  óbservatione  legis  christianac  poterit  quis  salvari  » .  Et  prò 
hac  lege  dispositi  erant  mortis  subire  discrimen.  Soldanus  ut  erat  corde  mitis,  benigne 
eos  audiens,  convocat  archiepiscopos,  episcopos  et  alios  legis  suae  peritos,  aliosque  exer- 
citus  sui  Primates;  et  quum  causam,  cur  in  unum  convocati  erant,  narrasset  Soldanus, 
unus  vice  omnium  ait:  «  Imprudenter  actum  esse,  ut  qui  propu^nator  esse  legis  eorum 
«  tenébatur,  et  se  cantra  adversarios  gladium  ultionis  opponere,  passus  fuerat  profana- 


(o)  Cod.  C.  {BecueU  II.  349):  «  Biau  Seignor,  il  m'ont  comande...».  —  (i)  Cod.  J: 
«por  m'ame  sauver».  —  (e)  Cod.  F.  e  0;  e  il  Cod.  C.  {BecueU  II,  350):  t  Car  mieuz 
amassent  il  l'ame  de  lui  a  Deu...  > . 


14  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 


«  tionibus(l)  legis  eorum  audientiam  dare  in  conspectu  iantorum-».  His  dictis  adiura- 
verunt  enm  sub  obtestatione  legis  suae,  ut  eos  sententiae  capitali  submitteret,  et  sic  disces- 
serunt.  Soldanus  vero  ad  Christianos  ait:  «.  Absit,  ut  vos  morti  subiiciam,  qui  prò  mea 
€  vita  venistis».  Et  qnum  illis,  si  morari  vellent,  magtìos  reditus  se  esse  assignaturum 
esset  poUicitus,  et  in  praesenti  auri  et  argenti  laminas  proferri  coram  eis  mandasset,  sin- 
gola abdicarurit,  dicentes,  se  non  temporalia  sed  spiritualia  quaerere,  et  accepto  a  Soldano 
comitatu  re  versi  sunt  ad  castra  suorum  ». 

C.  1229-31  —  Éracles.  —  L'estoire  de  Eraclea  empereur  et  la  oonqueete  de  la 
terre  d' outremer,  e'  est  la  translation  de  l' estoire  de  Guillaume  arcevesque  de  Sur  (in  Se- 
cucii  des  Historiens  des  Croisades  —  Hist.  Occid.  t.  Il  p.  348). 

Uno  de'  molti  continuatori  e  traduttori  dell'  opera  di  Guglielmo  di  Tiro  è  anco  nn 
anonimo  francese,  comunemente  citato  Éracles,  dalla  priiha  parola  dell'opera  che  princi- 
pia da  Eraclio  imperatore.  La  prefazione  premessa  alla  citata  edizione  dell'accademia  fran- 
cese, tratta  a  lungo  delle  varie  traduzioni,  continuazioni  e  compilazioni  francesi  dell'  opera 
del  Tirense.  A  noi  basta  constatare,  per  il  breve  estratto  che  qui  sotto  riportiamo,  che 
il  traduttore  e  continuatore  dell'  Estoire  de  Éracles  scriveva  tra  il  1229-31  (2),  e  che  la 
sua  testimonianza  quantunque  concisa,  è  però  di  somma  importanza,  narrandoci  egli  circo- 
stanze particolari  trascurate  da  tutti  gli  altri  storici.  Egli  è  il  solo  che  ci  dice  espressamente 
che  il  Santo  si  fermò  in  Egitto  «  sino  alla  presa  di  Damiata  »,  e  che  quindi,  disgustato 
della  mala  vita  de'  Crociati,  se  ne  parti  per  la  Siria,  ove  restò  «  per  un  peezo  di  tempo  » 
prima  di  ritornarsene  in  Italia.  A  questo  storico  quindi  dobbiamo,  se  ora  possiamo  asse- 
rire storicamente  esser  vero  che  Francesco  visitò  la  Siria,  e  la  città  di  Acri,  unico  ba- 
luardo e  porto  posseduto  allora  dai  Crociati,  ove  necessariamente  Francesco  dovette  ap- 
prodare al  suo  ritorno  dall'Egitto;  come  pure,  con  tutta  probabilità,  ivi  stesso  approdò 
venendo  d'  Ancona  alla  volta  dell'  Oriente.  Ecco  ora  il  brano  d' Éracles. 

Ex  €  Estoire  d'Éracles  »  loc.  cit.  supra. 

«  Cil  hom,  qui  comenca  l'ordre  des  Freres  Menors,  si  ot  nom  frere  Frere  Francois, 
qui  puis  saintefia  et  fu  mis  en  auctorité,  si  que  l'en  l'apele  saint  Francois,  vint  en  l'oste 
de  Damiate,  et  i  fist  moult  de  bien,  et  demora  tant  que  la  vile  fu  prise.  H  vit  le  mal 
et  le  pechè  qui  comenca  a  creistre  entre  les  gens  de  1'  ost,  si  li  desplot,  por  quo!  il  s'en 
parti  et  fu  une  piece  (3)  en  Surie,  et  puis  s'en  rala  en  son  pais». 

1229  e  1247  —  Pr.  Thomas  de  Celano.  —  S.  Francisci  AssisienBis  Vita 
prima,  et  Vita  secunda  :  anctore  b.  Thoma  de  Gelano  eius  discipulo  (ool  testo  latino  e  ita- 
liano) Yulgarizzate  per  la  prima  volta  dal  can.  Leopoldo  Amoni.  —  Boma  1880  voi.  2  in  8*. 

Nulla  abbiamo  da  aggiungere  o  da  osservare  sul  valore  storico  incontestato  di  frate 
Tommaso  da  Celano,  primo  biografo  e  discepolo  del  Santo;  che,  come  tale,  fu  a  fondo 
vagliato  e  studiato  dai  severi  critici  che  fin  qui  scrissero  sulla  vita  di  Francesco  e  del  suo 
Ordine.  —  Tommaso  entrò  nell'  Ordine,  ricevuto  dallo  stesso  santo  fondatore,  verso  il  1215. 


(1)  Più  tosto  <  profanatoribus  ». 

(2)  Ròhricht  TeaUm.  minora  de  qmnto  bello  sacro  p.  311  —  Potthast  Bibl.  M.  Aevi  I.  661. 

(3)  «  Un  piece*  =  capace  de  tempa  spiega  il  Du  Gange  (Gloaaarium.  ed.  Paris,  Didot  1850, 
tomo  VII  p.  260),  espressione  che  equivale  ad  un  tempo  notabile  e  che  non  può  intendersi 
per  un  po'  di  tempo  ;  essa  equivale  perfettamente  all'  espressione  italiana  <  un  pezzo  »  che 
esprime  un  notabile  tratto  di  tempo. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  15 

Nel  1221  fa  compagno  del  b.  Cesario  di  Spira  in  Germania,  ed  ivi  Custode  nel  1223.  Il 
16  di  loglio  del  1228,  data  della  canonizzazione  di  Francesco,  Tomaso  doveva  essere  in 
Assisi,  ove  ebbe  l' ordine  da  Gregorio  IX  di  scrivere  la  vita  del  Santo  ;  e  scrisse  la  così 
detta  «  Vita  Prima  * ,  nella  quale,  come  ei  dice  nel  Prologo  :  «  quia  omnia  quae  fecit, 
et  docuit,  nullorum  ad  plenum  tenet  memoria,  ea  saltem,  quae  ex  ipsius  ore  audivj,  vel 
a  fidelibus  et  probatis  testibus  intellexi,  iubente  domino  et  glorioso  Papa  Gregorio,  prout 
potui,  verbis  licet  imperitis,  studui  esplicare  » .  Un  Cod.  della  Nazionale  di  Parigi  (1) 
porta  questa  interessante  nota  dalla  quale  veniamo  a  sapere  che  dopo  soli  6  mesi  il  Cela- 
nese aveva  terminata  la  Vita  Prima  :  «  Apud  Perusium  felix  domnus  "papa  Gregorius 
nonus,  gloriosi  secando  pontificatus  sui  anno,  quinto  Kal.  martii  (25  feb.  1229)  legen- 
dam  hanc  recepii,  confirmavit  et  censuit  fore  tenendam  » .. 

Circa  venti  anni  dopo  (124647)  il  Celanese  scriveva  la  Vita  secunda  sul  materiale 
raccolto  per  ordine  del  Cap.  Gen.  del  1244,  basandosi  specialmente  sulla  leggenda,  o  me- 
glio dire  sulle  memorie  compilate  dai  tre  compagni  del  Santo  (cioè  frati  Leone,  Angelo  e 
Bufino),  memorie  da  questi  presentate  al  Generale  Crescenzio  con  la  nota  lettera  accom- 
pagnatoria degli  11  agosto  1246.  Mancandoci  fin  qui  il  testo  originale  e  integro  delle 
memorie  de'  tre  Compagni,  dobbiamo  rassegnarci  alle  ben  poche  cose  che  il  Celano  ci  ri- 
ferisce della  missione  del  Santo  in  Oriente. 

Per  la  data  della  compilazione  di  questa  Vita  Seconda,  si  ha,  che  dall'  agosto  del 
1246  sino  ai  13  luglio  1247,  fine  del  Generalato  di  Crescenzio,  il  Celano  dovette  averla 
terminata  e  presentata  allo  stesso  Crescenzio  (2). 

Oltre  il  racconto  del  viaggio  del  Santo  in  Oriente,  riporteremo  due  altri  capitoli  del 
Celano  ;  in  una  de'  quali  narra  un  atto  di  umiltà  del  ò.  Barbaro  in  Cipro,  e  nell'  altro 
il  martirio  di  fr.  Eletto  in  Oriente.  Al  testo  di  questi  due  capitoli  del  Celanese  daremo 
anche  quelli  dello  Speculum,  nota  compilazione,  la  quale  in  massima  parte  contiene  le  me- 
morie che  i  suddetti  tre  Compagni  del  Santo  scrissero  e  presentarono  nel  1246  al  Crenerale 
Crescenzio,  e  delle  quali,  come  abbiamo  notato,  si  è  servito  il  da  Celano.  Daremo  anche 
un  capitolo  del  Celano  sul  b.  Leonardo  d'Assisi,  perchè  compagno  del  Santo  in  Oriente. 

A)  —  De  desiderio,  quo  ad  stiscipiendum  martyrium  ferebatur,  Hispaniam  primo, 
deinde  Syriam  deambulane  (3)  ;  et  quomodo  Deus  per  ewm  nautas  de  periculo,  multi- 
plieatis  cibariis,  liberavit.  (Vita  Prima,  par.  I.  cap.  20). 

«  Amore  divino  fervens  beatissimus  pater  Pranciscus  stndebat  semper  ad  fortia  mit- 
tere  manum,  et  dilatato  corde  viam  mandatorum  Dei  ambulans,  perfectionis  summam  at- 
tingere cupiebat.  Scxto  namque  conversionis  suae  anno  sacri  martyrii  desiderio  flagrans 
maxime  ad  praedicandum  fìdem  christianam,  et  poenitentiam  Sàracenis,  et  ceterìs  infide- 
libus  ad  partes  Syriae  voluit  transfretare.  Qui  cum  navem  quamdam,  ut  illuc  ten- 
deret,  intravisset,  et  ventis  contrariis  flantibus  in  partibus  Sclavoniae  cum  ceterìs  narì- 


(1)  Fondi  iat.  n.  3817  ap.  Sabatier,  Vie  p.  LII. 

(2)  Alcuni  anni  più  tardi,  sotto  il  generalato  di  Giovanni  di  Parma  (1247-1257)  il  Ce- 
lano ebbe  ordine  di  completare  la  Vita  seconda  aggiungendovi  un  trattato  speciale  su!  mi- 
racoli del  Santo;  trattato  testé  rinvenuto  e  per  la  prima  volta  edito  dal  dotto  bollandista 
P.  Van  Ortroy  S.  I.  negli  Analecta  BoUandiana  t.  XVIII  p.  81-176. 

(3)  Questa  espressione  Syriam  deamòulans  ed  altre  simili  che  trovansi  in  tatti  i  codd. 
consultati  dal  Rosedale  {Legenda  S.  Frane,  auct.  Th.  de  Celano  London  1904,  e.  21  p.  46) 
dice  quanto  basta  per  accertarci  che  il  da  Celano  sufficientemente  accenna  all'  arrivo  e  per- 
manenza del  Santo  nelle  regioni  della  Siria,  oltre  alla  visita  fatta  al  Soldano  n^li  accampa- 
menti di  Damiata  in  Egitto. 


16  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

gantibus  se  invenit.  Videns  autem  a  tanto  desiderio  se  fraudatum,  facto  modico  temporis 
intervallo,  nautas  quosdam  Anconam  tendentes,  ut  eum  secum  dncerent  exoravit,  qnoniam 
ilio  in  anno  vii  ulla  (a)  navis  (6)  potnit  transmeare.  Vernm  illis  hoc  agere  pertinacius 
recosantibus  propter  defectum  expensarnm,  sanctus  Dei  confidens  plurimum  de  Dei  boni- 
tate  navera  latenter  ccm  socio  introivit.  Adfuit  divina  providentia  tunc  quidam,  omnibus 
ignorantibus,  secum  necessaria  victus  ferens,  qui  quemdam  Deum  timentem  de  navi  ad  se 
vocavit,  et  ait  ad  eum:  «Tolle  tecum  haec  omnia,  et  pauperibos  bis  in  navi  latitanti  bus 
necessitatis  tempore  fideliter  exhibebis  ». 

Sicque  fectom  est,  ut,  eum  tempestate  nimia  exorta  per  multos  dies,  laborantes  in 
remigando  cibaria  omnia  consumpsissent,  sola  pauperis  Francisci  cibaria  superessent.  Quae 
tantum  divina  gratia  et  virtute  multiplicata  sunt,  ut,  eum  adhuc  dierum  plurium  forent 
navigantibus  itinera,  ex  sui  copia  usque  ad  portum  Anconae  omnium  necessitatibus  pie- 
nissime subvenirent.  Videntes  itaque  uautae  se  per  servom  Dei  Franciscum  maris  pericula 
evasisse,  gratias  egerunt  omnipotenti  Deo,  qui  semper  in  servis  suis  mirabilem,  et  ama- 
bilem  se  ostendit. 

Servus  Dei  excelsi  Franciscus  relinquens  mare,  terram  deambnlabat,  eamque  verbi 
vomere  scindens,  seminans  semen  vitae,  fructuin  proferens  benedictum.  Statim  namque 
quamplures  boni  et  idonei  clerici  viri,  et  laici  fhgientes  mundura,  et  diabolum  viriliter 
elidentes  gratia  et  voluntate  Altissimi  vita  et  proposito  eum  devote  secuti  sunt.  Sed  licet 
electissimorum  fructuum  evangelicus  palmes  copiam  ex  se  producat,  martyrii  tamen  sublime 
propositum,  et  desiderium  ardens  in  eo  nullo  modo  frigescit.  Post  non  multum  vero  tem- 
poris versus  Marochium  iter  arripuit,  ut  Miramamolino  (e),  et  complicibus  suis  Christi 
evangelium  praedicaret. 

Tanto  namque  desiderio  ferebatur,  ut  peregrinationis  suae  quandoque  relinqueret  co* 
mitem,  et  ad  exequendum  propositum  spiritu  ebrius  festinaret.  Sed  bonus  Deus,  cui  mei 
et  multorum  sola  bonitati  placuit  recordari  (1),  eum  iam  ivisset  versus  Hispaniam  in  fa- 
ciem  restitit;  et  ne  ultra  procederet,  aegritudine  intentata  eum  a  coepto  itinere  revocavit. 
Bevertente  quoque  ipso  ad  ecclesiam  sanctae  Mariae  de  Portiuncula,  tempore  non  multo 
post  quidam  litterati  viri,  et  quidam  nobiles  ei  gratissime  adhaeserunt.  Quos  ipse,  ut  erat 
animo  nobilissimus,  et  discretus,  honorifice  atque  digne  pertractans,  quod  suum  erat  uni- 
cuique  piissimo  impendebat. 

Revera  discretione  praecipua  praeditus  considerabat  prndenter  in  omnibus  cunctorum 
gradnum  dignitatem.  Sed  nondum  valet  quiescere,  quin  beatum  imperium  animi  sui  adhuc 
ferrentius  exequatnr.  Nam  tertiodecimo  anno  conversionis  suae  ad  paxtes  Syriae  per- 
£rens,  eum  quotidie  bella  inter  christianos  et  paganos  fortia,  et  dura  ingruerent,  assumpto 
secum  socio  conspectibus  Soldani  Saracenorum  se  non  timuit  praesentare. 

Sed  quis  enarrare  snfficiat,  quanta  coram  eo  mentis  constantia  consistebat,  quanta 
illi  yirtute  animi  loqueretur,  quanta  facundia  et  fiducia  legi  christianae  insultantibus  re- 
spondebat?  Nam  primo  quam  (d)  ad  Soldanum  accederet,  captus  a  complicibus,  contume- 
liis  affectus,  attritus  verberibus  non  terretur,  comminatis  suppliciis  non  veretur,  morte 
intentata,  non  expavescit. 

Et  quidem  licet  a  mnltis  satis  hostili  animo,  et  mente  aversa  exprobatus  fnisset,  a 
Soldano  tamen  (e)  honorifice  est  susceptus.  Honorabat  eum  prout  poterat,  et  oblatis  mu- 
neribus  multis,  ad  divitias  mundi  animum  eius  inflectere  conabatur.  Sed  eum  vidisset  eum 
strenuissime  omnia  velut  stercora  contemnentem,  admiratione  maxima  repletus  est,  et 
quasi  virum  omnibus  dissimilem  intuebatur  eum,  permotus  valde  verbis  eius,  et  eum  liben- 
tissìme  andiebat.  In  omnibus  his  Dominus  ipsius  desiderium  non  implevit,  praerogativam 
illi  reservans  gratiae  singularis. 


(a)  I  Codd.  Lond.  e  Oxf.  (in  Rosedale)  :  Ula  invece  di  uUa.  —  (b)  Il  Cod.  Oxf.  omette 
navis.  —  (e)  Codd.  Ixmd.  e  Osseg:  «  Miramolino  > .  —  (d)  Cod.  Oscf.:  «  prius  qnam  ».  — 
(e)  Cod.  Montpellier:  «  tandem  ». 


(1)  L' Amoni  traduce  :  «  Ma  il  pietoso  Iddio,  al  qaale  per  sola  bontà  piacque  di  ricor- 
darsi di  me  e  di  molti  altri,  gli  si  parò  davanti,  quando  ^li  era  già  ito  inverso  la  Spa- 
gna». » .  Qui  il  Celano  ci  indica  chiaramente  1'  epoca  del  suo  ingresso  all'  Ordine. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  17 

B)  —  Quomodo  apud  Damiatam  Christianorum  futuram  stragem  praedixit.  (2  Gel.    6 
par.  Il  cap.  2). 

«  Tempore  quo  Damiatam  Christianorum  exercitus  obsidebat,  aderat  sanctus  Dei  cum 
sociis  suis(l);  siquidera  fervore  martyrii  mare  transierant.  Cum  igitnr  ad  diem  belli  nos- 
tri pararentur  in  pugnara,  audito  hoc,  sanctus  vehementer  indoluit,  dixitque  socio  suo  (2): 
«  Si  tali  die  congressus  fiat,  ostendit  mihi  Dominus,  non  prospere  cedere  Christianis. 
«  Verum  si  hoc  dixero,  fatuus  reputabor,  si  tacuero  con^cientiam  non  evadam.  Quid 
«  ergo  tihi  videtur?  »  Respondit  socius  eius  dicens:  «  Pro  minimo  tibi  sit,  ut  ab  homi- 
«  nihus  iudiceris,  quia  non  modo  incipis  fatuus  reputari.  Exonera  conscientiam  tuam, 
«  et  Deum  magis  time,  quam  homines  » . 

Exiit  (3)  ergo  sanctus,  et  salutaribus  monitis  Christianos  aggreditur  prohibens  bellum, 
denuntians  casuig.  Fit  veritas  in  fabulam,  indura verunt  cor  suum,  et  noluernnt  adverti. 
Itur,  committitur,  bellatur,  et  de  nostris  dimicatur  ab  hostibus.  In  ipso  vero  pugnae  tem- 
pore, suspensus  animo,  sanctus  socium  surgere  ad  intuendum  facit,  nihilque  primo  et  se- 
cundo  videntem,  tertio  iubet  inspicere  ;  et  ecce  tota  in  fugam  versa  militia  Christiana,  finom 
belli  opprobrium  regerens,  non  triumphum.  Tanta  vero  strage  nostrorum  imminutus  est 
numerus,  ut  sex  millia  fuerint  inter  mortuos,  et  captivos.  Urgebat  ergo  sanctum  de  ipsis 
compassio,  nec  minhs  eos  poenitudo  de  facto  ;  verum  praecipue  Hispanos  plangebat  (4), 
quorum  promptiorem  in  armis  audaciam  cernebat  pauculos  reliquisse  » . 

0)  —  De  fratre  cuius  cordis  abscondila  scivit.  (2  Gel.  par.  Il  cap.  3). 

«  Eo  tempore  cum  reverteretur  sanctus  de  ultramare  socium  habens  fratrem  Leonar- 
dum  de  Assisio  (5),  contigit  eum  itinere  fatigatum,  et  lassum  parumper  super  asinum 
equitare.  Subsequens  autem  socius,  et  ipse  non  modicum  fessus,  coepit  dìcere  intra  se  hu- 
manum  aliquid  passus  :  «  Non  ludébant  de  pari  parenfes  huius  et  mei.  JEn  autem  ipse 
«  equitat,  et  ego  pedester  asinum  eius  duco  * .  Hoc  ilio  cogitante,  protinus  de  asino  de- 
scendit  sanctus,  et  ait  :  «  Non,  frater,  non  convenit,  inquit,  ut  ego  equitem,  tu  v&%ias 


(1)  Anche  il  testo  edito  dal  Bosedale  {Legenda  Antiqua  p.  23)  ha  :  e  aderat  sanctus  Dei 
eum  sociis  suis  > .  Questa  espressione  del  Celano  può  con  ragione  farci  supporre  che  dopo 
r  arrivo  di  Francesco  in  Egitto  col  solo  frate  Illuminato,  vi  fossero  poi  arrivati  altri  com- 
pagni che  il  santo  aveva  lasciati  in  Siria.  Vedi  più  sotto  Regesto  cronol.  an.  1219  e.  med.  lui. 

(2)  Cioè  a  frate  Illuminato,  ricordato  come  vedremo  da  S.  Bonaventura. 

(3)  Testo  del  Rosedale:  «Etilit». 

(4)  L'  ab.  Le  Monnier  {Hist.  de  S.  Frang.  Paris  1889,  t.  I  p.  400  n.  1)  volle  trascurare 
questa  particolarità  della  presenza  di  spagnoli  nel  campo  cristiano  come  fosse  un  abbaglio 
del  Celano,  e  perciò  dice;  «  Je  n'  ai  pas  retate  ce  détail,  parce  que  les  historiens  de  la  cin- 
quième  croisade  ne  font  aucune  place  aux  Espagnols  dans  V  énumération  des  troupes  qui  com- 
posaient  V  expédition  * .  Dato  pure  che  gli  storici  delle  crociate  non  parlassero  punto  di  spa- 
gnoli (nel  che  la  sbaglia  il  Le  Monnier)  non  perciò  egli  poteva  porre  in  dubbio  la  testi' 
monianza  del  Celano.  Del  resto  le  Gesta  obsidionis  Damiatae  an.  '1219  edite  dal  Muratori 
{Script,  t.  Vili  col.  1095)  e  dal  Ròhricht  {Quinti  belli  sacri  scriptores  minores,  Genevae  1879) 
dan  piena  ragione  al  Celano,  poiché  ricordano  la  presenza  di  spagnoli  nel  campo  cristiano, 
venuti  forse  col  legato  card.  Pelagio,  spagnolo  egli  pure.  Abbiamo  inoltre,  che  quando  mori 
Corradino  Soldano  di  Damasco  (1227  nov.)  un  cavaliere  spagnuolo  era  precettore  de'  suoi 
figli  (Mas  Latrie  Ernoul  e.  40  p.  458).  Vedi  più  sotto  il  nostro  Regesto  cronologico  al 
1219  lugl.  20,  e  al  1227  nov. 

(5)  Di  fr.  Leonardo  d^ Assisi,  compagno  del  Santo  nel  ritomo  dall'  Oriente,  dice  il  Wadd. 
(ad  an.  1210  n.  39):  t  hunc  elegit  sibi  socium  b.  Franciscus  prima  vice,  quando  martyrii  de- 
siderio transfiretare  tentavit».  Poi  realmente  segui  il  Santo  nel  1219  in  Oriente  (Wadd.  ad 
1219  n.  55,  t.  I.  p.  321).  Di  Leonardo  nuli'  altro  si  sa,  neppur  il  luogo  dì  sua  morte.  — 
Questo  capitolo  su  £r.  Leonardo  colle  identiche  parole  del  Celano  è  riportato  nella  Leg- 
genda maggiore  di  S.  Bonav.  cap.  IX,  §  8. 

Bibliot.  —  Tom.  I.  8 


18  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTORICA 

6  «  pedes,  quia  noMlior  et  potentior  in  saeculo  me  fuisti  *.  Et  stnpuit  illieo  frater,  et 
rubore  suffasns  deprehensns  se  cognoYit  a  sancto.  Procidit  ad  pedes  eins,  et  lacryrais  irri- 
gatus  nudum  cogitata  m  exposnit,  reniamque  poposcit  » . 

D)  —  Deiis,quibonumelvnialumexem-  De  modo  quem   tenehant  fune  omnes 

pìum  praebent:  et  primo  ponitur  cuiusdam  fratres  in  reconciliando  se  invicem  quando 

fratris  bonum  exemplum  dantis,  de  more  unus  turhdbat  alterum.  (Spec.  Perf.  cap.  51 

patrum  antiquorum  in  hoc  ipsum,  et  he-  ed.  Sabatier). 
nedictionibus  sancti.  (2  Cel.  par.  UIcap.92). 

«  Affirmabat   [S.  Franciscns]   Minores  «  Affirmabat  sanctus  Franciscns  fratres 

fratres    novissimo    tempore    idcirco   a  Deo  Minores,  hoc  novissimo  tempore  a   Domino 

missos,  ut  peccatorura  obvolutis  caligine  In-  missos,  ut  peccatorum  obvolutis  caligine  exem- 

cis  exempla  raonstrarent.  Suavissimis  dice-  pia  vitae  monstrarent.   Suavissimis  dicebat 

bat  se  repleri  odoribus,  et  unguenti  pretiosi  se  repleri  odoribus  et  unguenti  preciosi  vir- 

virtute  liniri,  cum  sanctorum   fratrum   per  tute  liniri,    qnum  sanctorum   fratrum   qui 

orbem  distantium  audiebat  magnalia.  Acci-  erant  per  orbem  dispersi  audiebat  magnalia. 

dit  fratcem  quemdam  Barbarum  (1)  nomine,  Accidit  quadam  die  fratrem   quemdam  co- 


(1)  Da  Assisi,  e  il  decimo  fra  i  dodici  primi  discepoli  del  Santo,  e  uno  dei  socii  del 
medesimo  nel  viaggio  di  Oriente  (Wadd.  ann.  1219  n.  57).  Nulla  altro  sappiamo  di  lui. 
I  nostri  Cronisti  (Mariano,  Wadd.  an.  1232  n.  23,  ed  altri)  lo  dicono  morto  nel  1232,  e  se- 
polto in  S.  Maria  degli  Angeli  (Cfr.  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  252  nota  11).  L'  Umbria  Sera- 
fica (in  MiscéU.  frane.  II.  83)  lo  dice  morto  il  17  maggio  1229.  —  Fr.  Giacomo  Oddi  di 
Perugia,  che  nel  1480  finiva  la  sua  opera  detta  Franceachina  o  Specchio  dell'Ordine  Minore 
(di  cui  sappiamo  un  ms.  in  S.  Maria  degli  Angeli  e  un  altro  nel  monastero  di  Monteluce 
presso  Perugia),  ha  questi  pochi  cenni  su  fr.  Barbaro  (in  libr.  3):  —  •  Del  b.  Barbaro, 
uno  delli  primi  compagni  del  nostro  P.  S.  Francesco.  —  Dapoichè  havemo  descripta  la  po- 
verella et  angelica  vita  del  glorioso  N.  P.  S.  Francesco,  et  quanto  fu  ad  essa  fidelissimo  et 
cordiale  sposo,  vediamo  ora  come  é  stato  seguitato  evangelicamente  dalli  veri  suoi  figlioli 
franceschini  observatori  della  povertà  sanctissima,  come  fu  el  b.*  f.  Barbaro  uno  delli  primi 
12  compagni  de  S.  Francesco.  Questo  fu  perfecto  in  ogne  vertù,  et  spetialmente  nella  virtù 
della  s.  povertà,  la  quale  da  principio  l'abbracciò  con  molto  zelo  et  fervore,  lassando  et 
distribuendo  ogne  cosa  che  possedeva  alli  poveri  per  amor  de  Dio,  come  dice  lo  S.  Evan- 
gelo ;  et  intrato  nell'ordine,  fu  de  tanto  zelo,  et  amore  cordiale  in  verso  de  questa  madonna, 
et  sanctissima  povertà  che  mai  sotto  el  cielo  volse  avere,  né  possidère  alcuna  cosa,  anze 
sempre  se  studiò  puramente,  et  semplicemente  de  observarla  come  la  intendeva  et  observava 
S.  Francesco,  allo  exemplo  del  quale  lui  si  era  totalmente  vestito  di  questa  virtù  sanctis- 
sima, et  questa  predicava,  magnificava  et  exaltava  con  opere,  et  con  parole  come  quella 
vera  margarita,  et  quello  vero  thesoro  reposto  in  Cielo  alli  frati  Minori;  questo  non  volse 
mai  usare  altro  in  tutta  la  vita  sua  nel  tempo  che  fu  frate,  se  non  che  l'abito,  la  corda, 
et  le  mutande,  secondo  che  predicava  et  ammoniva  continuamente  S.  Francesco  alli  frati, 
et  quello  era  tanto  rappezzato  che  era  lo  rotto  più  che  lo  sano,  da  ogne  altra  cosa  era 
si  alieno,  (he  pareva  un  homo  dell'altro  mondo.  Questo  era  de  humile,  et  mansueta  conver- 
satione,  di  carità  viscerosa,  fervente  et  solecito  allo  studio  della  oratione  et  contemplatione, 
era  molto  austero  del  corpo  suo,  el  quale  continuamente  castigava  con  digiuni,  vigilie,  disci- 
pline et  altre  macerationi,  reducendo  sotto  1'  obedientia  dello  spirito  con  lo  ezercitio  delle  s. 
vertude.  La  vita  et  conversatione  de  questo  b.  era  molto  grata  a  S.  Francesco  et  maxima- 
mente  perchè  tanto  amava  la  povertà  sposa  sua  santissima.  Finalmente  infirmò  questo  b.  nel 
luogo  de  8.  M.'  delli  Angeli,  et  de  essa  infirmità  passò  da  questa  vita  presente  da  sancto, 
lassando  dopo  se  odore  soavissimo  de  sanctità.  Et  quella  felice  anima  andò  a  godere  el  magno 
thesoro  che  è  reposto  in  Cielo  alli  veri  amatori,  et  observatori  della  povertà.  Lo  corpo  suo 
se  reposa  nel  ditto  luoco  de  S.  M."  delli  Angeli  a  laude  de  lesu  Cristo.  Deo  gratias.  Amen  ». 


DE  S.  FRANCISCO   IN  ORIENTE. 


19 


coram  qnodam  milite  (1)  de  insula  Oypri  (2), 
semel  in  fratrem  alium  verbnm  iactare  iniu- 
riae,  qoom  cum  ex  eo  torbatnm  aliquantu- 
lum  cerneret  fratrem,  asinino  stercore  sumpto, 
in  suimet  accensus  rindictam  ori  proprio  con- 
torendum  immittit  dicens:  «  Siercus  com- 
masticet  lingua  quae  in  fratrem  meum 
iracundiae  venenum  effudit  » .  Aspiciens  hoc 
miles,  stupore  attonitus  nimium  aodificatus, 
et  ex  tunc  se,  et  sua  liberaliter  fratrum 
voluntati  exposnit. 

Hoc  omnes  fratres  infallibiliter  ex  more 
servabant,  ut  si  quis  eorum  alteri  verbnm 
quatidoque  turbationi  inferret,  protinus  in 
terra  prostratus  laesi  pedem  vel  inviti  beatis 
osculis  demulceret.  Exultabat  Sanctus  in  ta- 
libus,  cum  suos  filios  audiebat  ex  se  ipsis 
exempla  sanctitatis  educere,  benedictionibus 
omni  acceptione  dignissimis  fratres  illos  ac- 
cumulans,  qui  verbo  vel  opere  ad  Christi 
amorem  inducerent  peccatores.  Animarum 
zelo,  quo  perfecte  repletus  erat,  volebat  sibi 
filios  vera  similitudine  respondere  » . 

E)  —  De  commendatione  regulae  fra- 
trum, et  primo  ponitur  exemplum  fratris  (3) 
qui  fuit  martyr  (2  Gel.  par.  Ili  cap.  135). 

«  Communem  professionem  et  regnlam 
ardentissime   zelabatur,  et  illos   qui  circa 


ram  uno  nobili  viro  de  insula  Oypri  in  fra- 
trem alium  iactare  verba  iniuriae.  Qui  quum 
cerneret  ex  hoc  fratrem  suum  aliquantulum 
perturbatum,  statim  in  suimet  vindictam 
accensus,  assumpsit  stercus  asini  et  ori  pro- 
prio dentibus  conterendum  immisit  dicens  : 
«  Stercus  mascito  lingua  quae  in  fratrem 
meum  iracundiae  venenum  effudit-».  Aspi- 
ciens autem  haec  vir  ille  stupore  attonitus 
valde  aedificatus  abscessit,  atque  ex  tunc  se 
et  omnia  sua   voluntati  fratrum   exposuit. 

Hoc  itaque  ex  more  fratres  omnes  serva- 
bant, ut  si  quis  eorum  alii  verbum  iniuriae 
vel  turbationis  intulisset,  statim  protinus  in 
terram  prostratus  pedem  fratris  turbati  oscu- 
labatur  et  humiliter  veniam  postulabat.  Exul- 
tabat sanctus  pater  in  talibus  quum  filios 
suos  audiebat  ex  se  ipsis  sanctitatis  exem- 
pla educere,  atque  benedictionibus  omni  ac- 
ceptione dignissimis  illos  fratres  accumula- 
bat  qui  verbo  vel  opere  ad  Christi  amorem 
inducerent  peccatores,  nam  in  animarum 
zelo  quo  ipse  erat  perfecte  repletus,  volebat 
filios  suos  sibi  vera  similitudine  respondere  » . 

Qualiter  laudabat  regulae  professio- 
nem {Speculum  Perfectionis  Cap.  76,  ediz. 
Sabatier). 

e  Perfectus  zelator  et  araator  observan- 
tiae  sancti  evangelii  beatus  Franciscus  com- 


k 


(1)  II  Cod.  usato  dal  Bosedale  {Leg.  Antiq.  p.  79)  omette  la  parola  milite,  ed  egli  ve  la 
aggiunse  in  parentesi  quadra. 

(2)  Il  Papini  {Star,  di  S.  Frane.  I.  75  ;  II.  35),  tenendosi  alla  lezione  del  testo  edito  dal 
Rinaldi  (Roma  1806)  pretese  correggere  il  Waddingo  ed  altri  che  lessero  instila  Cypri  sur- 
rogandovi insula  Cipii,  col  quale  nome  volle  intendere  Bastia,  borgo  prerso  Assisi,  cosi  de- 
nominata da  una  certa  famiglia  de'  Cipi  o  Scifi.  Anche  il  P.  Panfilo  {Storia  di  S.  Frane.  I. 
415)  senza  tanto  badarvi,  segui  il  criterio  del  Papini.  Il  Sabatier  {Spec.  Perf.  p.  88  n.  2) 
invece  osserva  che,  lungo  il  sec.  XIII  Bastia  fu  si  denominata  or  insula  romana,  or  insula 
vetus,  ma  che  fin  qui  non  sì  ha  traccia  che  a  que'  tempi  avesse  mai  avuto  il  nome  datole  dal 
Papini  dì  insula  Cipii.  Del  resto,  il  Cod.  686  Assìsano  della  Celanese,  come  il  testo  edito 
dal  P.  Lemmens  (Docum.  antiqua  frane.  III.  n.  54)  non  che  ì  Mss.  conosciuti  e  le  edizioni 
dello  Speculum,  tutti  hanno  chiaramente  Cypri  o  Cipri,  e  non  Cipi.  —  Che  poi  il  fatto 
narrato  sia  realmente  accaduto  in  Cipro,  nota  isola  del  Mediterraneo,  é  regno  allora  dei 
Crociati,  lo  dicono  Mariano,  il  Waddingo  (ad  an.  1219  n.  57)  e  il  citato  Sabatier  tanto  nella 

Vie  de  S.  Fraìig.  e.  XIII  p.  259,  come  nell'  edizione  dello  Speculum  Perfect.  p.  88.  Dal  con- 
testo infatti  risulta  molto  verosimile  che  il  fatto  sia  avvenuto  lungi  dall'  Italia,  dicendovisi 
che  il  Santo  gioiva  «  cum  sanctorum  fratrum  per  orbem  distantium  audiebat  magnalia  » ,  o 
come  si  esprime  il  capitolo  dello  Speculum  (in  massima  parte  una  delle  fonti  del  Celanese)  : 

«  quum  sanctorum  fratrum  qui  erant  per  orbem  dispersi  audiebat  magnalia  ;  »  e  quindi, 
come  un  esempio  de'  fatti  lontani,  segue  il  caso  accaduto  <  coram  quodam  milite  de  insìda 

Cipri,  (qui)  ex  tunc  se  et  sua  liberaliter  fratrum  voluntati  exposuit  » . 

(3)  La  Cronica  de'  XXIV  Generali  {Anal.  frane.  III.  224)  afferma  che  questo  santo 
martire  chiamavasi  Eletto,  e  che  subì  il  martirio  sotto  il  generalato  di  ir.  Elia  (1233-39).  Lo 


20 


BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 


eam  zolatores  erant,  singolari  benedictione 
ditavit.  Hanc  enim  snis  dicebat  libnim  vi- 
tae,  spein  salotis,  medullam  evangelicam, 
viam  perfectionis,  clayem  paradisi,  pactum 
aetcrni  foederis.  Hanc  volebat  haberi  ab 
omnibus,  sciri  ab  omnibus,  et  ubiqne  in 
alleviationem  taedii,  et  memoriam  praestiti 
iuramenti  cum  interiori  homine  confabu- 
lari. 

Docnit  eam  semper  in  commonitionem 
agendae  vitae  portare  prae  oculis,  quodqae 
plus  est,  cura  ipsa  mori  debere. 


Cuios  instituti  non  immemor  quidam 
laicns  frater,  quem  intra  martyrum  numeram 
credimus  esse  coicndum,  palmam  assecutus 
est  gloriosae  victoriae:  nam  cum  a  Saracenis 
ad  martjrium  peteretor,  snmmis  manibus 
regulam  tenens,  genibus  hnmiliter  incuryatis 
sic  socio  dixit:  <  De  omnibus,  guae  con- 
«  tra  sanctam  islam  \regulam\  feci,  frater 
«.  citar issime,  ante  oculos  [divinae]  maie- 
€siatis  et  coram  te  culpabilem  me  prò- 
«  clamo  » .  Successit  brevi  confessioni  gladius, 
quo  martyrio  yitam  finivit,  signisque  ot  pro- 
digiis  postmodnm  claruit. 

Hic  iuvenculus  intraverat  Ordinem  adeo, 
ut  ferre  vix  posset  ieiunium  regulare,  cum 
tamen  loricam  ad  carnem  sic  puernlus  defe- 
rebat.  Felix  puer,  qui  feliciter  incoepit,  ut 
felicins  censummaret  x . 


munera  professionem  regulae  nostrae,  quae 
non  est  aliud  quam  perfecta  evangeli!  obser- 
vantia,  ardentissime  zelabat,  et  cos  qui  sunt 
et  erunt  veri  zelatores  ipsius  siiignlari  be- 
nedictione dotavit.  Hanc  enim  professionem 
nostram  suis  imitatoribus  dicebat  es.se  librum 
vitae,  spem  salutis,  arrham  gloriae,  niedul- 
lam  evangelii,  viam  crucis,  statura  perfe- 
ctionis, clavem  paradisi  et  pactum  aeterni 
foederis.  Hanc  volebat  haberi  ad  omnibus  et 
sciri,  et  volebat  fratres  in  collocutionibus 
centra  taedium  de  ipsa  saepius  conferre,  et  in 
memoriam  praestiti  iuramenti  cum  interiori 
homine  de  ipsa  saepius  fabulari.  Docuit  etiam 
semper  eam  prae  oculis  portari  in  commemo- 
rationem  et  memoriam  vitae  agendae  et  debi- 
tae  observantiae  regularis,  et  quod  plus  est, 
voluit  et  docuit  fratres  debere  mori  cum  ipsa. 

De  sancto  laico  qui  fuit  martyrizatus 
tenendo  regulam  in  manibus  (ib.  Gap.  77). 

Huius  ergo  sancti  documenti  et  instituti 
beatissimi  patris  non  immemor  quidam  frater 
laicus,  quem  ad  chorum  martyrum  indubitanter 
credimus  esse  assumptum,  dura  esset  inter 
infideles  oh  zelum  martyrii,  et  a  Saracenis 
tandem  ad  martyrium  duceretur,  cum  magno 
fervore  ambabus  manibus  regulam  tenens,  ge- 
nibus humiliter  flexis,  dixit  socio  suo  :  «  De 
«  omnQyus  quae  contra  istam  regulam  feci, 
«  frater  charissime,  coram  oculis  Divinae 
«  Maiestatis  et  coram  te  culpabilem  me 
«  confiteor  » .  Successit  huic  brevi  confessioni 
gladius,  quo  vitam  finiens  coronam  martyrii 
est  adeptus.  Hic  itaque  iuvenculus  intraverat 
Ordinem  ut  ieiunium  regulae  vix  ferre  posset, 
quum  tamen  sic  puerulus  loricam  portavit 
ad  carnem.  Felix  puer,  qui  feliciter  incepit, 
et  felicitar  consummavit». 


stesso  asserisce  il  Waddingo  {Annoi,  an.  1219  n.  35).  Il  Pisano  invece  {Conf.  8.  £bl.  70  v.  2. 
ed.  1513)  dice  :  *b.  Francìsci  tempore  fr.  Electus  laicus  martyrium  passus  est,  sed  ubi  non  reperi  > . 
Vari  cataloghi  sanctorum  FF.  Min.  compilati  verso  il  1335  (Lemmens  Fragmenta  p.  40; 
Spec.  Vitae  fol.  206  v.;  Anal.  frane.  1. 257)  convalidano  l'asserzione  del  Pisano  riguardo  al  tempo 
del  martirio  :  /.empore  b.  Francisci.  Parimenti  il  Cod.  Canon.  Miscel.  525  della  Bodleiana  di 
Oxford,  scritto  nel  1384-85  (Little,  in  Opusc.  de  critiq.  histor.  I.  251  e  285),  asserisce  lo  stesso,  ma 
come  luogo  del  martirio  gli  assegna  la  Vicaria  di  Tunisi  :  *  De  beatis  fratribris  in  vicaria  Tu- 
ntn»  (fuiescentibus,  cap.  38  :  Vicaria  haec  est  in  Marocbio,  in  qua  fuit  martyrizatus  b.  fr.  Electus 
generalante  b.  Francisco,  qui  adeo  parvtdus  ordinem  ingressus  est,  ut  ieiunia  regulae  vix  ferrei, 
tiad  habetur  parte  V*  Speculi  perfectionis  cap.  2"».  Data  quindi  la  testimonianza  più  antica, 
più  autorevole  e  più  concorde  coi  cataloghi  Sanctoì'um  Fratrum,  compilati  verso  il  1335,  è  facile 
corr^gere  ed  accordare  l' epoca  assegnata  dal  Chron.  24  Gen.  ponendo  il  martirio  di  fr.  Eletto 
non  sotto  il  generalato^  ma  sotto  il  vicariato  di  fr.  Elia  (1221-27),  vivente  S.  Frane.  In  quanto  poi 
al  ln(^o  del  martirio,  la  questione  resterà  ancor  dubbia  non  bastandoci  il  solo  Cod.  Ozfordiano, 
compilato  da  un  frate  Dalmata  a  Ragusa  (nel  1384-85),  laddove  il  Pisano  che  scriveva  nello  stesso 
tempo  (1885)  in  Italia,  e  dopo  ricerche,  non  seppe  indicarci  il  luogo  :  <  sed  ubi  non  reperi  » . 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  21 

H  Celano,  oltre  le  mentoTate  due  leggende  maggiori  e  il  trattato  de'  miracoli,  scrisse  6 
una  terza  leggenda  breve  per  uso  del  Coro,  compilandola  sulla  prima  yita,  indottovi  dal 
b.  Benedetto  di  Arezzo  che  ne  lo  aveva  pregato.  Di  questa  leggenda  breve  il  Papi  ni  (1) 
conobbe  sole  le  prime  quattro  lezioni  ;  ed  ora  la  possediamo  nella  sua  integrità  edita  dal 
nostro  P.  Lemraens  (2).  Il  Celano  la  compilò  certamente  dopo  il  1230  e  prima  del  1247, 
e  probabilmente  allora  Benedetto  era  ritornato  per  breve  tempo  dall'  Oriente.  Essa  non 
contiene  nulla  di  particolare,  tuttavia  monta  che  ne  riportiamo  il  brano  ove  parla  di 
Francesco  in  Oriente. 

F)  —  Ex  Legenda  brevi  8.  P.  Francisci,  anctore  Tìioma  de  Celano  (Lemmens  Vi- 
tae  tres,  p.  82-83). 

«  Ad  summum  perfectionis  apicem  sanctus  iste  pertingens  columbiaa  simplicitate  ple- 
nus  omnes  creaturas  ad  Creatoris  hortatur  amorem.  Praedicat  avibus,  auditur  ab  cis,  tan- 
guntnr  ab  ipso,  pec  nisi  licentiatae  recedunt.  Garriunt  hirundines  nec  sinunt  eam  populo 
loqui,  silentium  indicit  et  statim  quiescunt.  Silvestres  bestiae  fugatae  ab  aliis  ad  ipsum 
confugiunt,  experiuntur  ab  eo  pietatis  amorem  et  inveniunt  apud  eum  in  tribulatione  so- 
latium. 

Quo  amore  erga  salutem  hominum  vir  Dei  flagrat,  qui  bestiis  sic  compatitur?  Nam 
frcquenter  agniculos  liberat  et  oves  a  nece,  propter  naturae  simplicioris  gratiain;  vermicn- 
los  colligit  de  via,  ne  praeterenntiura  vestigiis  laederentur.  Miro  et  ineffabili  gaudio  re- 
plebatur  ob  Creatoris  amorem,  cum  solem  et  lunam  intueretur  et  stellas.  Rovera  terram 
et  coelum,  ignem  et  aerem  sincerissima  puritate  ad  divinum  monebat  amorem.  Mello  dul- 
cius  nomen  Domini  in  ore  suo  supra  hominum  intellectum  nominando  affluit  ;  fastidit  pro- 
pterea  mundum,  martyrii  gratta  dissolvi  cupit  et  esse  cum  Christo.  Versus  Marrochium 
arripit  iter,  ut  Miraroolino  regi  et  Saracenis  Christi  evangelinm  praedicot;  sed  ad  Ita- 
liam  revocatus  voluntate  divina,  tertio  decimo  conversionis  suae  anno  ad  partes  Syriae 
pergit,  festinat  ad  Soldanum,  atteritur  verberibus,  lacessitnr  iniuriis,  praedicat  Chri- 
stum,  reraittitur  tamen  ab  infidelibus  ad  fideles. 

Magoificatur  ab  omnibus,  crescit  quotidie  in  eo  devotio  populi.  Concurrit  omnis  homo 
ad  videndum  eum,  obtruncat  quandoque  vestimentum  eius  ob  devotionis  amorem.  Fit  con- 
versio  multorum  ad  Dominum,  augetur  quotidie  numerus  immensus  fratrum,  procednnt 
obviam,  et  cum  arborum  ramis  solemniter  eum  recipiunt,  pulsatis  campani»;  et  confun- 
ditur  haeretica  pravitas  et  catholica  fides  extollitur.  De  puritate  cordis  facit  sibi  secu- 
ritatem  dicendi  sermonem;  eadem  mentis  constantia  multos  et  paucos  alloquitur.  Offe- 
runt  ei  panes  ad  benedicendum,  quibus  longo  tempore  conservatis  ad  eorum  gustum  infirmi 
sanantur  ». 

C.  1229-30  —  Vita  versificata.  —  Vita  S.  Francisci  versificata,  Gregorio 
Fono  dicata  :  H  più  antico  poema  della  vita  di  S.  Francesco  d'  Assisi  scritto  innanzi  al- 
l' anno  1230,  ora  per  la  prima  volta  pubblicato  e  tradotto  da  Ant.  Oristofani,  bibliotecario 
della  Comunale  d'  Assisi.  —  Prato,  E.  Guasti  1882,  in  8»  di  pp.  287. 

La  Vita  prima  del  Celanese  fu  messa  in  versi  esametri   da  un  Minorità  di   nome    6 
Enrico  che  il  Dr.  Novati  congettura  sia  frate  Enrico  da  Pisa  celebrato   dal  Salimbene 
come  predicatore,   musicista,   poeta,  pittore   e    miniatore   di  codici  (3)  :  il  quale  «  multis 
annis  stetit»  in  Oriente  con  Alberto,  Patriarca  di  Antiochia   dal  1226  fino   al   luglio 


(1)  Notizie  sicure  239-43. 

(2)  Neil'  opuscolo  Vitae  Tres  S.  Patris    Francisci  saeculo  XIII  compositae,  ad  Claras 
Aquas  1901,  pag.  73-90. 

(3)  Cfr.  Cirezza-Domenichelli  Leggenda  di  S.  Frane,  p.  LVIII  e  p.  LXX-IV.  —  Novati 
in  Misceli,  francescana  V.  p.  3-4.  —  Salimbene  Chroìi.  p.  64-67. 


22  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

1246,  e  quindi  fa  Custode  in  Siena  nel  1241,  ed  in  ultimo  mori  Provinciale  di  Eomania 
0  di  Terra  Santa  nel  1247,  nella  città  di  Corinto  (1). 

Checché  ne  sia  dell'  autore,  questa  vita  versificata,  scritta  certamente  poco  dopo 
quella  del  Celanese,  verso  il  1229-30,  e  dedicata  a  Gregorio  IX,  fu  messa  in  bei  versi 
italiani  e  pubblicata  per  la  prima  volta  nelle  due  lingue  dal  noto  prof.  Ant.  Cristofani, 
il  compianto  bibliotecario  della  Comunale  di  Assisi  (2). 

Il  Sabatier  (3)  pone  questa  Vita  versificata  tra  le  fonti  storiche  secondarie  perchè 
condotta  su  quella  prima  del  Celano  e  perchè  non  ci  somministra  indicazione  alcuna  no- 
tabile sulla  vita  del  Santo.  Il  Cristofani  invece  coi  PP,  Marcellino  e  Donienichelli  (4)  le 
danno  una  notevole  importanza  storica  su  vari  punti,  e  specialmente  perchè  non  ispirata  da 
Frate  Elia,  di  cui  tace  1'  elogio  e  la  nota  benedizione  avuta  dal  Santo  che  si  ha  nel  Celanese. 
Ma  sopra  tutto  è  importante  e  rispettabile  per  la  sua  antichità.  In  essa  troviamo  un  in- 
dizio certissimo  per  dirla  condotta  a  termino  innanzi  al  1230,  conchiudendovisi  il  rac- 
conto con  la  sepoltura  del  Santo  nella  chiesa  di  S.  Giorgio  (1226),  con  la  canonizzazione 
del  medesimo  seguita  nel  1228,  senza  far  punto  parola  né  della  edificazione  della  Basilica 
incominciata  quell'anno,  né  della  solonnissima  traslazione  del  sacro  corpo  al  nuovo  sepolcro, 
avvenuta  l'  anno  1230.  Il  poema  quindi,  diremo  coi  PP.  Marcellino  e  Domenichelli,  ga- 
reggia di  antichità  col  Celanese,  e  dalle  particolarità  che  V  autore  aggiunge  qua  e  là  si 
dimostra  pratico  conoscitore  delle  cose  che  narra,  e  forse  prima  di  scrivere  era  stato  in 
Oriente  (5),  E  in  Oriente  di  fatti  fu  frate  Enrico,  se  pur  lui  fu  1'  autore  della  presente 
vita  versificata.  Notevole  è  la  parti  col  ari  t;i  che  egli  solo  ci  narra,  come  S.  Francesco  an- 
dando al  campo  del  Soldano  traversasse  sopra  una  barchetta  il  Nilo:  «  Cimba  transvectus 
modica.,,  fluviumqiic  rapaccm  transit...^  (e.  107)  (6).  Ricorda  la  disputa  del  Santo  coi 
dottori  maomettani  tacciuta  dal  Celano  (e.  108);  e  notevoli  poi  sono  i  seguenti  tre  versi 
che  in  bella  concisione  poetica  alludono  alle  immunità  o  privilegi  ottenuti  dal  Santo  e 
al  suo  frequente  abboccamento  col  Soldano  :  particolarità  più  tardi  narrateci  dal  compilatore 
degli  ActìÀS,  dal  Clareno  e  dal  Pisano: 

Philosophos  regemque  movet,  nullusgm  nocete 
Audet  ci,  praeconis  enim  sic  voce  iubetur; 
Itque  reditgue  frequens  (e.  108). 

Data  quindi  l' importanza  storica  e  letteraria  di  questo  primo  poema  francescano, 
noi  non  possiamo  fare  a  meno  di  dar  qui  per  intero  i  seguenti  otto  paragrafi  o  capitoli 
del  Canto,  aggiungendovi  a  lato  la  bella  traduzione  del  Cristofani. 


(1)  Salimb.  1.  e.  —  Sbaralea,  Supplem.  pu  339.  —  Cfir.  Serie  Cronolog.  de'  Superiori  di 
T.  S.  p.  5  n.  5.  —  A  suo  luogo,  in  questa  BibUotPca,  parleremo  più  a  lungo  di  frate  Enrico. 

(2)  Il  P.  Eduardo  d'  Alen9on  trovò  nella  bibliotheca  di  Versailles  un  altro  esemplare 
della  Vita  versificata,  ma  interpolato  con  giunte  prese  della  Leggenda  di  S.  Bonaventura, 
e  scritto  verso  la  fine  del  sec.  XIII.  Il  Cod.  dì  Versailles  ha  molte  ed  importanti  varianti  e 
giunte,  ma  sfortunatamente  è  mutilo  e  non  contiene  che  i  primi  capitoli  della  Vita  sino  al 
viaggio  del  Santo  in  Oriente  esclusive  (Cf.  Misceli,  francese.  An.  IV  et  V).  Quindi  noi  non 
potemmo  giovarcene  per  le  varianti  che  avremmo  voluto  dare  in  nota  al  testo  del  Cristofani. 

(3)  Vie  de  S.  Frane,  p.  LXXIX. 

(4)  Leggenda  cit.  p.  LXX-III. 

(5)  Leggenda  1.  e. 

(6)  II  severo  e  critico  Papini  (Storia  di  S.  Frane.  1.  102)  non  lesse  bene  questi  versi 
quando  scrisse  che  «  nella  storia  in  versi  si  dà  la  notizia,  che  Francesco  per  andare  al 
campo  de'  Saraceni  passò  sopra  una  barchetta  il  settimo  ramo  del  Nilo  senza  navichiere  > 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


23 


Vita  S.  Francisci  versificata,  Gregorio  Nono  dicata,  p.  168-93,  capp.  CI-CVIII.     6 


CI.  Proponit  transire  ad  Saracenos. 

Martyrio  cupiens  ita  consumare  labores, 
Parthorum  partes  proponit  adire;  sed  intua 
Ecclesiae    flagrante    domo,    quid    quaereret 

[extra 
Qui  custodit  eam?  Fidei  doctore  diserto 
Plus  Italus  quam  Parthus  eget,  de  plebe  lo- 

[quertdo, 
Non  dico  de  nobilibus.  Fallacia  Parthum 
Unica  seducit,  Italum  non  una,  sed  omnis: 
Parthus  ab  antiquo  susceptum  scisma  tuetur, 
Ytalus  admissae  fldei  praecepta  repellit: 
Unius  hereseos  inventae  tutor  habetur 
Parthus,  adinventor  Italus  triginta  duarum: 
£^tque  quid  hos  faciat  peccare  licentius  illis. 
Servi  sunt  Syrii;  libertas  est  Italorum: 
Non  ìpsi  vel  primitias  in  lege  statutas, 
Vel  decimas  debere  Deo,   sine   indice   pec- 

[cant. 
Nam  si  sanctus  eos  patef  excomunicet  aut  si 
Iracundus  eis  Augustus  bella  minetur, 
Inde  nihil  curant,  neutrum  reverentur,  ntmm- 

[que 
Àddixere  iugo,  praescripseruntque  tributum. 
Plebis   enim   tot   ibi    rant  millia,  quot  nu- 

[merare 
Nemo  queat,  miles  qui  'is  et  rusticus  idem, 
Yim  quia  miles  habet,  dominos  quia  rusticus 

[odit. 
Sed  taceo;  quaedam  narrari  vera  verentur. 
Sed  pia  simplicitas  Francisci  sustinet  omnes, 
Nullius  vitti,  nuUius  conscia  culpae, 
Àstutosque  videns,  credit  quia  sint  sapientes 
Italiae  cives,  nec  credit  egere  magistro. 


CU.  Ing^essos  navem  eontrario  vento  nvoeatnr. 

Quo  circa  Syrios  cupiens  convertere,  navim 
Ingreditnr:  ventos  sùrgit  contrarius,  aeqnor 
Incipit  esse   fretum,  via  desinit   esse   salu- 

[bris, 
Aura  fatigatos  geticas  appellit  ad  horas. 
Praestolatus  ibi  zephyrum,  detentns  ab  euro 
Tandem  Pranciscus  boream  insargere  sehtit, 
lamque    redire    parat,   cura    nec    procedere 

[poesit. 


Propone  di  passare  tra' Saraoini. 

Or  col  martirio  coronar  bramando 
Tante  fatiche,  di  passar  propone 
Nelle  terre  de" Siri.  Ahi!  ma  bruciando 
Della  casa  di  Dio  V  intima  parte. 
Che  mai  cerca  di  fuor  chi  n'  è  custode  f 
D' un  eloquente  insegnator  di  Fede 
Ha  più  bisogno  V  Italo  che  il  Siro, 
Del  volgo,  non  de'  nobili  già  parlo. 
Seduce  i  Siri  un  solo  efror:  lìon  uno 
Bensì  tutti  seducono  d' Italia 
Gli  abitatori.  In  uno  scisma  antico 
S' ostina  il  Siro  :  a  quella  Fé  che  ammette. 
Obbedienza  V  Italo  rifiuta. 
Sola  introdotto  ha  il  Siro  tm'  eresia, 
L' Italiano  trentadue.  V  ha  poi 
Cagùm  che  fa  costar  vie  più  sfrenati 
Che  non  quelli,  al  peccar  :  sudditi  i  Siri 
Liberi  son  gV  italiani.  Indarno 
Gridan  le  leggi  eh'  essi  denno  a  Dio 
Le  primizie  e  le  decime  pi'escritte  : 
Griudice  alcun  non  è  che  ve  li  stringa. 
Perchè,  se  gV  interdice  il  pastor  santo 
E  se  Cesare  a  lor  minaccia  guerra, 
Non  li  curan  per  questo,  e  all'  uno  e  all'  altro 
Irreverenti  han  loro  imposto  il  giogo, 
E  s'  hanno  dal  tributo  ornai  per  franchi. 
Cm  ciò  sia  che  di  popolo  minuto 
Tante  migliaia  v'  ha  che  niun  potrebbe 
Noverarle,  e  ciascuno  ivi  è  ad  un  tempo 
Cavaliere  e  villano:  villano 
Perchè  disdegna  signorie.  Ma  taccio  : 
V  ha  di  tai  veri  che  tacere  è  bello. 
Pure  in  sua  pia  semplicità  Francesco 
Di  vizi  e  colpe  ignaro,  ognun  sopporta, 
'E  veggendo  di'  Italia  i  cittadini 
Così  scaltriti,  giudica  che  savi 
Essi  di  niun  maestro  abbian  mestieri. 

Messosi  in  mare,  è  rickiamato  da  vento  contrario. 

Onde  Soria  di  convertir  bramoso 
Entra  egli  in  nave;  ma  contrario  vento 
Levasi,  a  r^oUir  comincia  U  mare, 
Cessa  la  via  d' esser  salubre  e  V  aura 
Li  fa  stanchi  approdar  de'  Geti  al  lido. 
Là  zefiro  aspettando  e  trattenuto 
Dal  vento  orientai,  sente  Francesco 
Pur  finalmente  V  aquUon  destarsi, 
E  s' accinge  a  tornar,  poi  che  gU  è  tolto 


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BIBLIOTECA   —   TESTIMONIA  fflSTORICA 


6    Christus  enim  servi  votum  licet  utile,  propter 
Utilius  revocat,  Evangeliique  magistrum 
Eloqui  Parthis  negat,  Ausoniisque  remittit. 


Cni.  Itenun  tenUt  tr&nsiie  mare,  et  ingreditui 
nayem  &pnd  Anoonam,  nescientibas  nautis, 
poitans  seeam  aliqnot  panes,  qui  postea 
ceteris  yìotaalibas  consamptis,  suffeceiant 
omnìbos  usque  ad  exitum. 

Vota  retardari  non  absque  gravamine  summo 
Passus  et  infectis  dementa  resistere  coeptis, 
Navim  Franciscns  ventis  dare  vela  paran- 

[tem 
Cemit  et  Anchonam  'nautas  properanter  itu- 

[ros. 
Poscentem  revehi  renuunt  admittere  nautae, 
Non  prò  defectu  nauli,  prò  pondere  navis, 
Pro  feritate  virùm,  sed  prò  defectibus  escae, 
Quae  vix  sufficiat  ip^is  in  puppe  vehendis. 
Ille  nihil  metnens,  Christo  praestante  duca- 

[tum, 
Et  navitn  tacite  nautis  absentibns,  intrans, 
Inferius  latet  inter  equos,  ubi  dives  egenis 
Danda  recondiderat  alimenta,  suoque  clienti 
Dìzerat,  ut  quoties  vescendi  tempus  adesset, 
Assignaret  eia  quod  cumque  requireret  usua. 


GIY.  Deseribit  tempestatem  qaam  passi  faerant, 
et  qnaliter  in  poitam  anchonitanum  levo- 
eati  sant  per  yiolentiam  maiis. 

Pontilegae  redeunt,  avellitur  anchora,  tractis 
Funibus  extoUunt  depressi  vela  rudentes  : 
Prima  locum  pnppi  cedit  ratis,  ultima  prorae. 
Ingentes    replet    aura    sinus,    sub    pondere 

[malus 
A  crescente   gemit,    detrimentumqne    mina- 

[tur. 
Bemigii  puppis  moderamine  recta  volantem 
Consequitur  proram,  velocior  alite  navis 
Sulcat  aquas,  propriosque  fere  perit  obruta 

[vento. 
lamque  videbantur  leucas  peragrasse  ducen- 

[tas, 
Cam  totns  subito  tenebris  obducitur  aer. 
Incipit  undarum  fieri  collisio,  nusquam 


Zy'  andar  più  oltre.  Però  che  V  Etemo 
IL  disegno  di  lui  revoca,  ancora 
Ch'  utile  eia,  per  un  miglior  disegno, 
E  lui  predicator  dell'  Evangelo 
Dinega  ai  Siri  e  agi'  Itali  U  rimanda. 

Tenta  di  ripassare  il  mare  e  ad  Ancona  entra 
in  nave  senza  che  se  ne  accorgano  i  noc- 
cliieri,  portando  seco  dei  pani,  che  poi,  con- 
sumata la  vettovaglia,  bastarono  a  tutti 
sino  alla  fine. 

Non  sema  estrema  ancoscia  sofferendo 

Di  veder  ritardato  il  suo  disegno 

E  che  contrarii  fosser  gV  elementi 

Al  cominciar  dell'  opra,  un  legno  scorge 

Francesco,  apparecchiato  a  scior  le  vele, 

E  i  nocchier  presti  a  muover  per  Ancona. 

D'  esserne  rimenato  egli  pregando. 

Ricusano  di  raccoglierlo  i  nocchieri 

Non  per  difetto  di  noleggio,  o  tema 

Che  aggravata  ne  sia  troppo  la  nave. 

Né  ferità  di  cor,  ina  per  difetto 

Di  vettovaglia,  che  bastante  è  appena 

A  quei  che  deve  tragittare  il  legno. 

Ma  di  nulla  temendo  egli  die  Cristo 

Sa  per  duce  d'  aver,  tacitamente 

Mentre  assente  è  la  ciurma,  entra  nel  legno 

Rimpiattandosi  al  fondo  intra  i  cavalli, 

Dove  riposte  avea  le  provvisioni 

Da  darsi  ai  poverelli  un  ricco  ignoto, 

E  comandato  aveva  a  un  su    famiglio 

Che  quante  volte  al  di  giugnesse  il  tempo 

Del  prender  cibo,  a  lor  desse  U  bisogno. 

Si  descrive  la  tempesta  ch'ebbero  a  soffrire  e 
come  per  la  violensa  del  mare  furono  stretti 
di  tornare  in  Ancona. 

I  naviganti  riedono:  si  leva 
A  un  trar  di  funi  V  ancora,  e  le  sarte 
Tirate  in  giù  Épingon  le  vele  in  alto. 
Cede  il  legno  alla  poppa  il  primo  luogo 
E  V  ultimo  alla  prora:  empie  già  V  aura 
U  ampio  sen  delle  vele,  e  V  arbor  geme 
Sotto  il  peso  crescente,  e  par  minacci 
D' infrangersi  e  cader.  Pinta  la  poppa 
Dai  remiganti  seguita  la  prora. 
Che  dritto  vola;  più  che  augel  veloce 
Solca  V  acqua  la  nave,  e  la  diresti 
Per  la  foga  a  sommergersi  vicina. 
E  già  sembrava  di  dugento  leghe 
Aver  corsa  una  via,  quando  si  copre 
Subitamente  V  aria  <f  ogni  parte 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


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Aequor,  ubique  fretum,  fluctus  ardere  viden- 

[tur; 
Curritur  ad  funes,  dirnittunt  carbasa  nautae, 
Sed  malo  circumpositìs  ìnsibìlat  aura 
Funibus,  et  vento  ruit  impetuosior  anda: 
Eìiciuntur  aquae,  proieetaque  mordet  arenas 
Ancora,  sed  navem  venti  nihilomìnus  unam 
Exagitant  omnes,  et  nunc  impellitur  euri 
Tarbìne,  nunc  zepbiri,  nnnc  austri,  nunc  aqui- 

[lonis: 
Nunc  super  nubes  exurgit,  nunc  in  abyssum 
Decidit,  et   portum  cupit  unum,  sed   timet 

[omnem. 
Ille   nec   ad    tempus   mare   turbat   et   aera 

[densa  t, 
Et  nautas  terret,  et  navim  girat  in  orbes 
Turbo  procellarura  :  sed  donec  nulla  supersit 
Repressura  famem  toti  substantia  navi, 
Quid  faciant?  restat  via  longa,  viatica  nulla, 
Naufragium  prope,  terra  procul,  mors  undique 

[certa, 
Naufragiique  timor,  licet  intentantia  mortem 
Detrimenta  famis  facit  apparere  minora. 
Mortis  enim  quanto  genus  ecce   propinquius 

[instat, 
Maior  co  timor  incutitur,  totumque  cor  ad  se 
Convertens,  alias  iubet  evanescere  curas. 
Nulla   tamen  posset  tempestas  tam  diutur- 

[nam 
Dissimulare  famem  ^  sed  adhuc  ibi  sola  super- 

[stes 
Francisco  firatrique  suo  data  portio  rictus 
Omnes  substentat,  omnes  alit,  omnibus  unam 
Distribuit  Franciscus  eam:  tantillaque  tan- 

[tas 
Sufficiens  relevare  fames,  mirantibus  illis, 
Persistit  nec  in  assiduo  consumitur  usu. 
Quomodo  provenit  divinitns  ut  satiaret 
Millia  quinque  Jesus,  panes  tantummodo  quin- 

[que 
Apponens  piscesque  duos,  partesque  Stupente 
Geometra,  totis  maiores  esse  probaret. 
Dura  tredecim  sportas   replerunt   firagmina, 

[nuUam 
Vero  duo  pisces,  et  panes  quinque   reples- 

[sent; 
Sic  facit  eiusdem  divino  gratia  signo. 
Ut  multis  divisa  sui  substantia  servi 
Inconsumptibilis  maneat,  maiorque  supersit. 
lam  compressa  silent  ventorum  iurgia,  nubes 
Praetereunt,   nebulae   subsidunt,  nubìla   ce- 

[dunt: 


Di  tenèbre,  s^  allargano  le  nubi 
Rapide  e  i  venti  sfrenanti  a  battaglia. 
Prendono  a  cozzar  V  onde,  e  non  più  giace 
In  luogo  alcuno  il  mar  piano:  dovunque 
S' agita  e  ribollir  sembrano  i  flutti. 
Alle  sarte  si  corre,  a  basso  in  furia 
Le  vele  si  raggruppano,  ma  il  vento 
Sibila  tuttavia  tra  sarta  e  sarta 
Tesa  all'  albero  intorno,  e  fa  che  intanto 
Con  impeto  maggior  «'  avventi  il  flutto. 
Si  cacciano  fuor  V  acque,  e  in  mar  gittata, 
Tenacemente  V  ancora  s'  appiglia 
All'  arenoso  fondo;  e  nondimeno 

I  venti  tutti,  congiurati  a  danno 
Di  queir  unica  nave,  un  incessante 

TjC  dan  travaglio,  ed  or  V  agita  il  turbo 
D'euro,  or  quello  di  zefiro,  or  bersaglio 
È  d'  austro  al  soffio  irato,  or  d'  aquilone, 
Or  levasi  alle  nubi,  ora  ricade 
In  un  abisso,  e  desiando  un  porto 
Li  teme  tutti.  Né  per  breve  spazio 

II  procelloso  turbine  sconvolge 

n  mar,  V  aere  condensa  ed  atterrisce 
I  naviganti,  ma  sinché  non  resti 
Ivi  sostanza  da  quietar  la  fame; 
Or  che  faranno  ?  Lunga  via  rimane. 
Viatico  nessun:  presso  è  il  naufragio, 
iMngi  la  terra,  certa  da  ogni  lato 
La  morie:  ed  il  timor  d'andar  sommersi 
Fa  parer  lievi  deUa  fame  i  danni. 
Benché  anch'  essi  minaccino  la  morte. 
Però  elle  quanto  un  genere  di  morte 
Ci  sta  più  presso,  tanto  più  e'  incute 
Terrore  e  dileguar  fa  ogni  altra  cura 
Traendo  forte  a  sé  V  animo  tutto. 
Ninna  tempesta  nondimen  sì  lunga 
'Può  la  fame  attutir;  ma  quella  parte 
Di  vettovaglia  che  a  Francesco  e  al  suo 
Frate  fu  data  e  die  unica  rimane. 
Tutti  sostenta,  tutti  pasce,  a  tutti 
Francesco  la  dispensa,  e  cosi  poca 
Tanti  affamati  a  satollar  bastando. 
Con  maraviglia  di  ciascun  pur  dura. 
Né  V  uso  cotidian  punto  la  scema. 
Come  giìi  per  divina  opra  interveìinei 
Che  Gesù  satollasse  i  cinquemila. 
Soli  imbandendo  cinque  pani  e  due 
Pesci,  e  al  mortai  geometra  provasse 
Che  maggiori  del  tutto  eran  le  parti. 
Tredici  sporte  riempiute  avendo 
Ciò  che  poi  n'  avanzò,  ninna  i  due  pesci. 
Tredici  i  cinque  pani;  in  simU  guisa 


6 


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BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTORICA 


6    Prosperior  nautis  datur  aura,  serenior  aer, 
Certior  ars,  levius   moderameli,   amicius  ae- 

[quor  : 
Vela  tument,  mare  detumuit,  citiusque  pu- 

[tato 
Anconae  portus  infixa  nave  tenèntur. 
Gaudent  appulsi  terria  quos  longa  procella 
Terruerat,  victusque  breves  et  uiramque  sa- 

[lutem 
Francisci  meritis  ascribunt.  Hunc  animarum 
Custodem  recolunt,  servatoremque  fatentur, 
Seque  recognoscnnt  per  eum  subsistere  sal- 

[vos. 
Crebrescit  totam  Francisci  fama  per  urbem  : 
Yisuri  faciem  facientìs  signa  per  orbem 
Conveniunt  cives  auditurìque  loquentem, 
E  quibus  ipse  suis  multos  insignibus  armat. 
Sed    noe    amor   populi,    nec    consolatio   fra- 

[trum, 
Nec  dulcor  patriae  facit  evanescere  votum 
Martjrii,  quo  tota  flagrai  devotio  mentis. 


GY.  Iteiam  tentai  transire  Marrofiliiain,  s«d  di- 
vlna  Tolontate  leroestnr  Asisiom. 

Marrochiam  transire  parans,  iter  arripit  in- 

[gens: 
Impedit  inceptnm,  licet  approbat,  et  qui  mul- 

[tis 
Rectorem  providit  eum  ferale  salubri 
Febre  retardat  iter,  indignantemque  rererti 
Cogit  et  invitum  divina  potentia  servat. 
Compulsus  redit  Asisium,  Chrìstique  coaptat 
Militiae  quoscumque  potest,  certoque  ducatu 
Dirigìt  ad  bravium  cunctos  sua  signa  feren- 

[tes. 


evi.  Qaarta  viee  t«ntaTÌt  transire,  et  transivit 
ad  Damiatam. 

Sed  necdum  propter  haec  omnia  mortis  hone- 


Refrigescit  amor  quem  praeconcepetat,  immo 
Se  navi,  navim  ventis  committit  et  undis. 
Et  ventos  undasqae  Dee,  moderamine  coins 


Per  divino  miracolo  la  grazia 

Del  medesimo  fa,  che  la  sostanza 

Del  servo  suo  tra  molti  scompartita 

Non  si  consumi,  e  alfin  maggiore  avanzi. 

Già  tace  la  compressa  ira  de'  venti, 

Gftà  le  nubi  oltrepassano,  le  nebbie 

Cedono,  e  si  dilegua  V  addensato 

Vapor  ;  piò,  favorevole  ai  nocchieri 

Aura  è  concessa,  vie  piò,  limpid'  aere, 

Arte  sicura,  facile  governo. 

Placido  mar:  si  gonfiano  le  vele, 

Sgonfiansi  l'onde,  e  pria  che  alcun  se  'l  pensi. 

Nel  porto  anconitano  entra  la  nave. 

Nel  prender  terra  esultan  gli  atterriti 

Dalla  lunga  procella,  e  il  poco  vitto 

E  V  uno  e  l'alloro  salvamento  ascrive 

Ciascuno  ai  merti  di  Francesco,  e  lui 

Salutano  dell'  anime  custode, 

Lui  salvator  confessano,  e  da  lui 

Bipetono  la  vita.  In  tutta  quanta 

La  città  suona  di  Francesco  il  gìido: 

Traggon  gli  abitatori  a  mirar  V  uomo 

Meraviglioso  e  ad  ascoltarne  i  detti, 

E  atta  milizia  suo,  molti  ei  n'  ascrive. 

Ma  né  amore  di  popoli,  né  gaudio 

Di  frati  o  carità  del  patrio  nido 

Gli  ammorzano  nel  cor  la  sete  ardente 

Che  lo  fiammeggia,  di  morir  per  Cristo. 

Tenta  on'  altra  Tolta  d' andare  al  Marooeo  ma 
Dio  lo  rioMama  ad  Ascesi. 

A  passar  preparandosi  in  Marocco, 

Intraprende  un  lunghissimo  viaggio; 

Ma  la  divina  potestà  n'  approva, 

E  n'  impedisce  tuttavia  V  impresa 

E  a  molti  destinandolo  per  duce, 

Ne  ritarda  V  andata  altrui  funesta 

Con  febre  salutìfera  e  il  costringe 

A  tornar  disdegnoso,  e  mal  suo  grado 

Dalla  morte  U  sottrae.  Toma  costretto 

EgU  ad.  Ascesi,  e  quanti  puòy  di  Cristo 

Scrive  nella  milizia,  e  per  sicura 

Strada  al  palio  incammina  ognun  che  l'arma 

Cinse  di  Cristo  sotto  il  suo  stendardo. 

Tenta  la  quarta  volta  di  passare  e  passa  a 
Damiata. 

Né  già  per  tutto  ciò  spenta  è  la  brama 
Del  bel  morir  che.  divisato  avea, 
Anzi  ad  un  legno  egli  s'affida  e  il  legno 
Ai  venti  e  all'  onde,  e  i  venti  e  V  onde  a  Dio  : 
E  guidato  da  Dio,  salvo  U  raccoglie 


DE   S.   FRANCISCO  IN   ORIENTE. 


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Excipit  incolumen  portu  Damìata  cupito. 
Christicolis  centra  gentiles  et  vicerersa 
Magnus  ibi  conflictus  erat,  Damiataque  sta- 

[bat 
Belli  causa  movens  pretiumque  fiittìra  trium- 

[phi: 
Nec  saevas  miscere  manus,  vel  cominus  ense 
Erecto  poterant  pugnare,  sed  eminus  arcu; 
Funda,  balista,  plagae  quasi    grande   plue- 

[bant. 
Neve  suas  poasent  conferre  propinquis  iras 
IlHus  intererat  fluvii  pars  septima,  cuius 
Vel  penitus  non  est,  vel   inesplorabile  red- 

[dit 
Torrida  zona  caput,  oculis  impervia  nostris. 
Haec  exercituum  medìatrix  unda  iluebat, 
Telaque  suscipiens  ab  utraque  pluentia  parte 
Motus  aquae  nullos  dìlatabatur  in  orbes. 
Et  moraentorum  dimensor  circulus  unquam 
Non  poterai  .fieri,  quia  punctus  ubique  fie- 

[bat. 

CVII.  Qaam  coastantei  transivit  flamen  parva 
navicala  abi  erat  oonflictas,  et  quod  maltis 
ietibns  fait  attiitas  ante  qaam  perveniret 
ad  Soldanam. 

0  virtus  animosa  viri,  qui  flumine  tanto 
Cimba    transvectus    modica,    tot    solus    ad 

[hostes 
Àrmatos  et  inermis  adit  per  tela,  per  ignes 
Non  extinguibiles,  per  mille  pericola  mortis  ! 
Praetendit  via  metus  mille,  plus  meta  mina- 

Itur, 
Sed  neutras  tìmet  ille  minas,  fluviumque  ra- 

[pacem 
Transit,  et  intrepidus  medio  seffertur  in  hostes. 
Ante  tamen    qnam   per   grediens  pertingere 

[possi  t 
Ad  faciem  regis  Persarum,  cuius  ad  aures 
In  primis  verbum  Domini  deferrc  volebat, 
Saevitias  plures  expertus,  fiiste  cruento 
Vapulat  exterius,  livet  caro,  sanguis  ab  in- 

[tus 
Profluit  exterior,  violas  violentia  pingit 
Interiorque  rosas,   nec  mens  dolet  ipsa  do- 

[lore 
Arcubus  arcatis  quos  utraque  purpura  vesti  t. 
Hostis  enim  cum  sit    animae  caro,   cur   ea 

[laesae 
Compateretur  ei  ?  Qui  plus  corroborai  ho- 

[stem 


Alfin  Damiata  nel  bramato  porto. 
Là  tra  cristiani  e  tra  pagani  ardea 
Terribil  guerra,  e  ne  porgea  cagione 
Damiata  che  in  premio  era  2)romessa 
Al  vincitore.  Né  poteano  a  stretta 
Mischia  venir  gli  eserciti  o  da  presso 
Intra  loro  ferir  colpo  di  spada, 
Ma  pugnar  solo  di  lontan  coli'  arco  : 
E  di  pietre  una  grandine  piovea 
Da  fionde  e  da  balestri.  Impedimento 
Air  accozzarsi  di  quelV  ire  crude, 
Tra  due  campi  la  settima  correa 
Parte  del  fiume,  la  cui  fonte  ignota 
È  inesplorabil  per  se  stessa,  a  tale 
A  noi  la  zona  torrida  la  rende, 
Ove  giunger  non  puote  occhio  mortale. 
Quest'  onda  le  nimiche  osti  partiva. 
Ne  la  corrente,  ricogliendo  V  armi 
Che  da  dritta  piovevano  e  da  manca. 
In  giri  dilatavasi,  ne  cerchio 
Vi  si  scorgea  misurator  d'  istanti. 
Che  in  ogni  dove  si  scorgean  sol  punti. 

Come  passò  il  flame  sa  piccola  barca,  ove  si 
combatteva,  e  come  fa  malconcio  per  molte 
percosse  prima  di  giangere  al  soldano. 

O  animosa  virtù  d'  uom  che  passando 

Su  piccol  navicello  un  ^  gran  fiume. 

Sol  muove  incontro  a  cotanV  oste  armata 

Ed  inerme  sen  va  jìer  mezzo  a  dardi 

E  a  fuochi  inestinguibili,  affrontando 

Mille  rischi  di  morte!  A  lui  la  via 

Mille  cagioni  di  timor  presenta, 

Più  ancor  la  meta  ne  minaccia,  ed  egli 

L' une  e  V  altre  non  cura,  ed  il  rapace 

Fiume  trapassa  e  intrepido  si  reca 

Infra  i  nemici:  e  pria  die  giunger  possa 

Innanzi  al  re  de'  Persi  al  qual  voleva 

Annunziar  pria  che  agli  altri  il  divin  vei'bo. 

Assai  strazi  soffrendo,  è  fuor  battuto 

Con  baston  sanguinoso.  Illividita 

N'  è  la  carne  e  di  fuor  sangue  ne  spiccia, 

Viole  fuor  la  violenza,  e  rose 

Dentro  gli  pinge.  Né  però  la  mentii 

S'  addolora  al  dolor  de'  tondi  segni 

Che  V  una  e  l'altra  porpora  riveste, 

Perchè,  essendo  tra  V  anima  e  la  carne 

Perpetua  nimistìi,  come  potrebbe 

Tm,  prima  compatire  alla  seconda 

AUoì'  eh'  è  offesa  ?  Sé  medesmo  fiacca 

Chi  fa  cuore  al  nemico.  Indi  Francesco 


6 


28 


BIBLIOTECA  —   TESTIMONIA  HISTORICA 


6     Et  sesc  plus  dcbilitat.  Franciscus  ob  inde 
Interior  nullum  cupit  exterioris  honorem; 
Cuius  namscisci  rult  perditione  salutem, 
Pressuris   apices,   damnis   lucra,  funere   vì- 

[tam, 
Poenis  delicias,  animamque  molestia  carnis 
Exhylarat,  gemitus  confortant,  lesio  sanat, 
Probra  probant,  nocumenta  iuvant,  angustia 

[solvi t. 

CVIII.  Soldanns  honorifioe  sasoepit,  praedicantem 
aadivit,  et  dona  obtulit. 

Sancii  fama  viri,  quem  nulla  domare  flagella 
Sufficiunt,  postquam  Persarum  castra  reple- 

[vit, 
Tantos  admirans  animos  clementia  regis, 
Magnifìce  suscepit  eum,  pretiosaque  dona 
Obtulit:  ilie  suis  contentus  dona  refiitat 
Regis,  et  audirì  prò  summo  muncre  poscit. 
Auditurus  eum  rex  ipse  silentia  turbis 
Indicit,  totosque  iubet  cessare  tumultus. 
Et  famulis  :  Mihi  phylosophos  accersite,  dìxit, 
ludicio  quorum  docear  ne  fideliter  iste 
Constet  sin  intendat  potius  seducere  turbas. 
CoUectis  ergo  sapientibus,  ille  loquendo 
Phylosopbum  sapiens,  probat  ex  quo   fonte 

[sophyam 
Hauserit,  et  totas  rapit  in  coelestia  mentes, 
Sermoucsque  novos  edisserit,  et  quasi  sen- 

[sum 
Trascendens   horainis,    nìhii    ignorare   vide- 

[tur  : 
Sillogizat  enim  mortalibus  agnita  paucis, 
Aut  soli  manifesta  Dee  primordìa  rerum, 
Ex  quibus  insinuet  primae  perpendia  causae, 
Perrersamqae  scolam  Machomecti  damnat,  et 

[unum 
Esse  Deam,  tnrbamque  probat  non  esse  Deo- 

[rum: 
Qualiter  ex  uno  sint  omnia  :  qnomodo  primi 
Sit  mora  principii,  simplex  substantia,  sim- 

[plex 
Instanti  mora,  simplicior  substanctia  puncto, 
Qnam  mirabiliter  essentia  talis  ubique 
Tota  sit  absque  loco  semper  sine  tempore 

[praesens  : 
linde  superbierit,  et  quando  qui  fuit  olim 
Lucifer  est  lacifer  (1),  qaantoqne  redemptio 

[mundi 


Interiore  ninno  onor  desia 
Di  Francesco  esterior,  la  cui  salvezza 
Vuoi  procurar  con  la  rovina,  il  lucro 
Col  danno,  col  deprimerlo  V  altezza, 
Col  lutto  il  gaudio,  col  morir  la  vita: 
E  V  alma  allieta  della  carne  U  duolo. 
La  confortano  i  gemiti,  le  offese 
La  sanano,  la  provano  gli  scherni, 
Giovanle  i  danni  e  h  distrette  affrancano. 

Il  soldano  r  accolse  onoratamente,  V  adì  predicare 
e  gli  offerse  ricchi  doni. 

Poiché  dell'  uomo  portentoso  il  grido, 

Cui  non  basta  a  domar  verun  flagello, 

Empiè  de'  Persi  il  campo,  il  re  benigno 

Maravigliato  di  cosi  gran  cuore, 

A  lui  fece  magnifiche  accoglienze 

E  ad  esso  offerse  preziosi  doni. 

Ma  i  reali  presenti  egli,  del  suo 

Pago,  rifiuta  e  per  supremo  dono 

Cliiede  d'esserne  udito:  ad  ascoltarlo 

Pronto,  lo  stesso  re  silenzio  indice 

Alle  turbe  vietando  ogni  bisbiglio, 

E  vólto  a'  servi  suoi:  Fate,  lor  disse, 

Che  a  me  vengano  i  savi  acciò  che  intenda 

Consonato  da  lor,  se  lealmente 

Costui  si  porti,  o  se  tenti  più  tosto 

Di  sedurmi  le  turbe.  Ora,  adunati 

I  savi,  egli  filosofo  dimostra 

Ragionando  ai  filosofi,  a  qual  fonte 

Attinto  abbia  il  sapere  e  al  del  sublima 

Ogni  intelletto,  e  svela  arcane  cose, 

E  quasi  trascendendo  il  senno  umano 

Fa  ognuno  accorto,  come  ei  nulla  ignori. 

Imperocché  le  origini  del  mondo 

Ei  sillogizza,  a  pochi  de'  mortali 

Note,  o  soltanto  manifesto  a  Dio: 

Per  le  quali  indi  scorga  altri  a  por  mente 

Alla  prima  cagione^  e  V  empia  scuola 

Danna  di  Maometto  e  prova,  un  solo 

Esser  Dio  né  poteì-vi  esser  più  Dei: 

Come  dall'  un  tutto  proceda,  quale 

Sia  la  durata  del  principio  primo. 

Come  semplice  sia  la  sua  sostanza, 

Semplice  il  suo  durar  senza  confine, 

Semplice  più  che  punto  la  sostanza  : 

Quanto  mirabilmente  essenza  tale 

Sia  tutta  ovunque  senza  luogo,  e  sempre 

Sema  tempo,  presente  :  onde  in  superbia 


(1)  Cosi  nel  testo;  ma  crediamo  debba  correggersi:  «  Lucifer  est  necifer,..*,  come  infatti 
traduce  il  Cristo&ni. 


DE  S.  FRANCISCO   IN  ORIENTE. 


29 


Constìterit    pretio:    quibus   incarnatio    cau- 

[sis; 
Qualiter  antiquus  serpens  seduxerit  Evarn: 
Eva  prothoplaustum,  prothoplaustus  posteri- 

[tatem, 
Posteri  tas  Christum,  serpentem  Christus,  in 

[ipsuin 
A  quo  prodierat  compulsa  morte  reverti  ; 
Quomodo    non    solum    caro    glorificata,    sed 

[ipsa 
Glorìficans  alias,  Christi  caro  vivida  dotes, 
Excelleus  simul  et  semel  undique  tota 
Diversis  sit  in  ecclesiis,  et  qualiter  unam 
Christus    in    Ecclesiam    sanctos    confoederet 

[omnes  : 
Quomodo  baptismus  sit  spirituale  lavacrum, 
Emundans  animas  a  primi  labe  parentis. 
Articulos  fidei  dum  sic  docet  ore  diserto, 
Phylosophos  regemque  movet,  nuUusque  no- 

[cere 
Audet    ei,    praeconis    enim    sic    voce   iube- 

[tur; 
Itque  reditque  fcequens.  Sed   tot  convertere 

{Persas 
Cum   per  se  non   snfficìat,  desintque  mini- 

[stri, 
Propositum  qoibus  eius  eget,  desistere  coe- 

[ptis 
Cogitur,  et  reduci  fertur  super  aequora  vento. 


Salse  e  come  ribelle  a  Dio  ȓ  fece 
Colui  che  in  prima  apportator  di  luce 
Ora  è  cagion  fatto  di  morte:  quanto 
Prezzo  costò  redimere  i  viventi; 
Perchè  mai  s'  incarnò  V  eterno   Verbo  : 
Come  il  serpente  antico  Eva  sedusse, 
Eva  V  uomo  primiero,  e  V  uom  primiero 
La  progenie  infelice,  e  la  progenie 
Cristo,  e  Cristo  il  serpente,  onde  la  morte 
Ebbe  a  tornar  colà  dond'  era  uscita  : 
E  come  la  vital  carne  di  Cristo 
Non  pur  glorificata,  ma  V  altrui 
Carne  glorificando,  in  ogni  tempo 
Ed  ogni  volta  si  ritrovi  intera 
Nelle  diverse  chiese:  e  come  Cristo 
Confederi  nelV  unica  sua  Chiesa 
I  santi  tutti,  e  come  sia  lavacro 
Spirituale  il  battesimo  che  purga 
U  anime  dal  fallir  del  primo  padre. 
Mentre  così  con  eloquenti  labbra 
Della  fede  gli  articoli  dichiara, 
I  filosofi  insieme  e  il  re  commuove, 
E  nivno  ardisce  nuocergli,  che  a  tutti 
Ne  fa  comandamento  un  banditore  : 
E  spesso  ei  riede  e  va.  Ma  non  bastando 
A  convertir  da  sé  tanti  Persiani, 
E  mancando  i  ministri  onde  abbisogna 
n  proposito  suo,  smetter  gli  è  forza, 
E  reduce  per  mar  ne  'l  porta  U  vento. 


6 


C.  1232-35  —  Pr.  luliani  de  Spira.  —  Vita  Sanoti  Franoisoi  (in  Anakcta 
BoUandiana  an.  1902,  t.  XXI  pp.  160-202). 

Qnesta  vita  pubblicata  prima  a  brani  dal  Sayskens  nei  commentari  alla  Vita  di 
S.  Francesco  (1),  ora  ci  è  data  nella  sua  integrità  dal  bollandista  Yan  Ortroy  nei  citati 
Analecta,  rivendicandone  la  paternità  al  celebre  fr.  Gialiano  da  Spira  (2),  sulla  testimo- 
nianza di  fr.  (riordano  da  Giano  (3),  dì  fr.  Bernardo  da  Bessa  (4),  e  specialmente  di  fr.  Ni- 
colò Glassberger  che  ne  dà  V  incipit  (^).  Frate  Giuliano  lodato  dai  citati  cronisti  come 
«  theologus  scientia  et  sanctitate  conspicuus  *  scriveva  questa  Vita  tra  il  30  mag.  1232 
e  il  4  ott.  1235,  tenendo  per  norma  la  Vita  prima  del  Celanese. 

Gap.  VII.  —  Quomodo  martyr  esse  desideràbat,  nautas  a  maris  periculo  liberavit, 
et  qualiter  coram  Soldano  comparuit. 

«  Ardentissimo  martyrii  desiderio  ferrens  beatus  Franciscus,  sexto  conversionis  suae 
anno  ad  partes  Siriae  voluit  proficisci,  ut  ibidem  Sarracenis  annunciaret  evangelium  lesu 


(1)  Acta  SS.  t.  II  Oct.  die  4. 

(2)  Cfr.  Anal.  BoU.  t.  XIX  (1900)  p.  32140. 

(3)  Analecta  franciscana  t.  I  p.  16. 

(4)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  666. 

(5)  Anal.  frane,  t.  II  p.  46. 


30  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA   HISTORICA 

Christi.  Igitnr  ad  eundum  quidern  in  Siriam  iter  arripuit;  sed  ventis  contrariis  flantibus 
in  Sclavoniae  partes  navis,  in  qua  dacebatnr,  applicuit.  Audiens  autem  a  nautis  eo  anno 
navem  illam  in  Siriam  transire  non  posse,  voto  suo  fraudatns  in  aliam,  qaae  Anchonam 
tcndebat,  a  nautis  expensarum  defectura  timentibus  vix  pennissus  intravit  ;  in  qua  et  I)o- 
nn'nus  per  eum  mirabilium  suorum  memoriam  fecit.  Gravi  namque  et  diutina  maris  tem- 
pestate suborta,  iara  demum  post  longos  labores  ipsis  nautis  cibaria  deerant,  dum  cui  prius 
introitum  navis  defectus  victualium  timore  negaverant,  illius  tunc  subsidio  mortis  evasere 
iacturam.  Nani  quaedam,  ctsi  non  tanta  ut  multis  quoquo  modo  sufficerent,  beatus  Fran- 
ciscus.  Domino  sibi  providente,  latenter  intulerat:  quae  tnnc  ad  ipsius  merita  tantum 
sumpsere  divinitus  incrementum,  ut  abundanter  usque  ad  portum  Anchonae  necessitatibus 
omnium  subvenirent,  quamvis  plures  adhuc  dics  itineris  superessent.  Quod  nautae  videntes, 
immensas  agebant  omnium  Salvatoris  cleraentiae  gratias,  qui  de  mortis  eos  per  famulum 
sunm  Franciscum  periculo  liberarat. 

Ut  autem  vir  sanctus  in  terram  a  mari  descendit,  divini  rursum  verbi  semina  lacere 
coopit,  frnctumque  ex  iUis  de  sequentibus  ipsum  plurimis  viris  idoneis  recollegit.  Verum 
adhuc  in  ipso  martyrii  fervor  non  tepnit,  quin  ad  fidem  Christi  Miramolino  (1)  suisque 
complicibus  praedicandam  versus  Marrochium  non  multo  post  iter  arripiens,  tanto  ad  hoc 
aliquociens  impetu  festinaret,  ut  etiam  peregrinationis  suae  comitem  prae  spiritus  ebrietate 
solus  porcurrendo  desereret.  Sed  cum  iam  usque  ad  Hispaniam  ferventissime  processisset, 
Domino  ad  aliorum  multorum  salutem  aliud  ordinante,  eique  per  gravissimas  corporis 
aegritudincs  occursantc,  rursus  in  Italiani  rediit.  Veniensque,  aliquantulum  apud  Sanctam 
Mariam  de  Portiuncula  moram  fecit.  Eo  quoque  tempore  quosdam  litteratos  ad  Ordinem 
nobilesque  reoepit,  quibus  discretione  praecipua,  qua  in  alios  mirabiliter  ipse  pollebat, 
curam  digne  et  decenter  adhibuit. 

Porro  vir  sanctus,  quamvis  suum  cogeretur  vel  invitus  protelare  propositum^  tamen 
a  coepto  martyrii  fervore  non  destitit,  donec  tandem  tertiodecimo  conversionis  suae  anno 
ad  partes  Siriae  transmeavit.  Et  licet  cotidiana  tunc  inter  christianos  et  infideles  prae- 
lia  gererentur,  ipse  tamen  in  Domino  confisus,  adire  Soldanum,  nec  cum  evidenti  periculo, 
verebatur.  Unde  et  multis  gravibusque  verberibus  et  iniuriis,  antequam  perveniret,  afifectns, 
tandem  ipsius  Soldani  conspectu  personaliter  est  potitus.  Sed  narratui  longum  foret,  in 
quanta  mentis  constantia  coram  ilio  perstiterit,  quanta  facundia  fidei  christianae  oblatran- 
tium  verba  retuderit.  Soldanus  vero  cum  ingenti  illum  honore  suscepit,  pluraque  sibi  et 
preciosa  valde  doiiaria  protulit.  Quae  sancto  Dei  veluti  quasdam  immunditias  vilipendente, 
ipse  Soldanus  tanquam  de  viro  cunctis  dissimili  magis  obstupuit,  et  illius  eo  diligentius 
verbis  intendit.  Sed  nimirum  in  hiis  omnibus  suum  vir  beatus  desiderium  non  implevit  ; 
cui  mirabilius  in  singularis  gratiae  praerogativam  gerenda  suorum  Dominus  insignia  stigma- 
tum  reservavit  » 

c.  1250-60  —  Anonymus  saec.  XTTT.  —  Vita  S.  P.  Francisoi  ab  anctore 
ignoto  saeculo  XTTT  composita  (P.  L.  Lemmens  Vitae  Tres  S.  P.  Frane,  saec.  XIII 
compositae:  ad  Claras  Aquas  1901  p.  1-73). 

Per  la  prima  volta  edita  dal  citato  nostro  P.  Lemmens.  L'autore  di  questa  Vita  è 
sconosciuto  ;  ma  verosimilmente  è  un  Minorità.  Egli  si  servì  della  prima  e  della  seconda 
del  Celano,  collegandone  il  racconto  egregiamente;  conobbe  anche  quella  di  fr.  Giuliano 
da  Spira  della  quale  si  servì  qualche  rara  volta;  laddove  non  si  ha  traccia  che  abbia 
utilizzata  la  leggenda  Bonaventuriana,  sia  forse  perchè  a  lui  sconosciuta,  sia  più  verosi- 
milmente perchè  compilò  la  sua  qualche  tempo  prima  di  Bonaventura.  Basati  su  queste 
ragioni  le  assegniamo  per  tempo  di  compilazione  l'anno  circa  1250-60. 

Cap.  XVI.  —  Christum  in  corde  semper  gerii.  —  Summum  eius  studium  pracci- 
puumque  desiderium  atque  excellentissima  philosophia  sanctum  Evangelium  observarc,  sequi 
doctrinara  Domini  lesu  Christi  eiusque  vestigia  imitari.  Singulariter  incarnationis  eius  hu- 


(1)  Un  altro  Cod.  <  Miramomelino  > . 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  31 

militas  et  passionis  ipsìns  supereminens  caritas  mentem  eins  ita  assidue  occnpaverat,  ut 
vix  alind  cogitaret.  Mos  eius  erat  tempus  impeiisum  sibi  ad  promerendam  gratiam  divi- 
dere et  aliud  proxiraoruin  profectibus,  aliud  sanctae  conteinplationis  quieti  utiliter  deputare. 

Martyrii  fervor.  —  Super  omnia  autem  cupiebat  dissolvi  et  esse  cnm  Christo.  Ibi 
enim  finis  omnis  desiderii  eius  solummodo  quiescebat.  Quod  ut  celerius  posset  assequi  sacri 
martyrii  flagrans  desiderio  ad  partes  Saracenorum,  ut  eis  fidem  catholicam  praedicarct, 
tertio  transmigrare  tentavit.  Quadam  vero  vice,  cum  propter  victualium  inopiam  nautae 
eum  in  navem  recipere  recusarent,  confidens  de  omnipotentis  Dei  clomentia  navera  laten- 
ter  intravit.  Statim  providente  Domino  quidam  occulte  venit  victualia  ferens  et  uni,  qui 
erat  de  navi,  commisit  ea  dicens  :  «  Ista  pauperibus  in  navi  latentibus  necessitatis  tem- 
«  pore  exhibete  ■» . 

A  periculo  maris  per  eum  liberaniur.  —  Tempestate  autem  pluribus  diebus  oborta, 
cum  omnia  cibaria  consumpta  essent,  sola  pauperis  Francisci  victualia  divina  largitas  in 
tantum  multiplicavit,  quod  usque  ad  portum  omnibus  navigantibus  diebus  pluribus  suffe- 
cernnt.  Videntes  ergo  nautae,  quod  per  beatum  Franciscum  maris  pericula  evasernnt,  Deo 
gratias  egerunt,  qui  in  servis  suis  mirabilem  et  amabilem  se  ostendit. 

Tandem  Soldani  se  cunspectibus  praesentavit,  cum  tamen  inter  Christianos  et  Sara- 
cenos  eo  tempore  ingruerent  quotidie  saeva  bella.  Quantis  autem  laboribus  attritus  sit, 
quantisque  iniuriis  et  verberibus  affectus  et  minis  deterritns,  antequam  ad  Soldani  prae- 
sentiam  perveniret,  quanta  etiam  fiducia  coram  eo  locutus  fuerit,  quamque  constanter  in- 
sultantibus  legi  christianae  responderit  et  fidem  defenderit,  longum  foret  per  singula  expli- 
caro.  Sed  in  bis  omnibus  desiderium  eius  Dominus  non  implevit,  ut  ab  illis  coronam 
martyrii  exciperet,  praerogativam  ei  reservans  gloriae  singnlarìs,  qua  eum  prae  ceteris 
martyribus  voluit  passioni  mortis  suae  expressius  configurare,  sicut  sacra  ipsius  stigmata 
in  eius  corpore  expressa  patenter  ostendunt. 

Gap.  XXIV.  —  Propheiia.  —  Tempore,  quo  Damiatam  Christiaiiorum  obsedit  cxercitus, 
aderat  et  sanctus  Franciscus  cum  sociis  snis  ;  siquidem  desiderio  martyrii  mare  transierat. 
Cum  ad  diem  belli  se  Christiani  pararent,  hoc  audito  vir  Dei  vehementer  doluit,  dixitquo 
socio  suo  :  «  Si  congressus  nunc  fiet,  ostendit  mifai  Dominus,  non  prospere  Christianis  ces- 
«surum;  vernm  sì  hoc  dixero,  fatuus  reputabor;  si.  tacuero,  conscientia  me  remordet  ». 
Eespondit  socius  :  «  Exonera  conscientiam,  et  prò  minimo  tibi  sit  ab  hominibus  fatuus 
«iudicari».  Monitis  ergo  salntaribus  sanctus  Franciscus  Christianos  a  bello  prohibet,  ca- 
snm  denuntians  mox  futurum.  Fit  veritas  utramque,  quod  sanctus  praedixerat,  quia  et 
consiliam  eius  despicitur  et  in  bello  Christiani  succumbunt,  ita  ut  sex  millia  de  ipsis  capti 
fderint  et  occisi.  Urgebat  ergo  sanctam  prò  illis  compassio  nec  minns  eos  poenitudo  de 
Consilio  eins  spreto. 

1260-63  —  S.  Bonaventura.  —  Seraphioi  Doot.   S.  Bonaventurae  Legendae 

dnae  de  vita  S.  Francisci  Seraphici,   editae  a  FF.   Oollegii  S.  Bonav.    Ad   Claras  Aquas 

(Quaracchi  1898)  in  8  pie.  pp.  VIII-270.  E  nelle  Opera  omnia  (ibid.  1898)  t.  VIH 
p.  504-79. 

Le  vite  di  S,  Francesco  fin  qui  scritte  da  altri,  e  specialmente  le  due  del  Celanese, 
non  soddisfacevano  pienamente  il  desiderio  de'  più  :  sia  per  le  molte  lacune  che  vi  erano 
in  esse,  sia  perchè  i  compilatori  dell'  una  o  dell'  altra  sembrassero  inclinare  al  partito  dei 
più  0  meno  zelanti.  Per  toglier  quindi  ogni  disturbo  tra'  Frati,  il  Capitolo  (Generale,  ce- 
lebrato a  Narbona  nel  1260,  commise  al  santo  e  dotto  Generale  Bonaventura  l' incarico 
di  compilarne  una  di  comune  soddisfazione,  la  quale  dovesse  riascire  la  preferita  su  tutte 
e  la  leggenda  officiale  dell'Ordine.  E  tale  di  fatto  riuscì. 

Tre  anni  dopo,  nel  Gap.  Gen.  di  Pisa  convocato  nel  1263,  l'Ordine  approvava  la 
leggenda  di  Bonaventura;  e  tre  anni  più  tardi,  solennemente  veniva  riapprovata  nel  Ca- 
pitolo Gen.  di  Parigi  (1266)  ad  esclusione  di  tutte  le  altre:  m  Item,  praecipit  generale 
capiiulum  per  obedientiam  quod  omnes  Legendae  de  B.  Francisco  olim  factae  deleantur, 
et  uòi  inveniri  poterunt  extra  Ordinem  ipsas  fratres  studeant  amovere,   cum  iila  le- 


32  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

9  genda  quae  facta  est  per  Generàlem,  sit  compilata  prout  ipse  hahuit  ah  ore  illorum 
qui  cum  B.  Francisco  quasi  semper  fuerunt,  et  cuncta  certitudinaliter  sciverint,  et 
omnia  ibi  sint  posita  diligenter  (1)  ». 

Come  ognuno  vedrà,  il  racconto  di  Bonayentara  sol  viaggio  del  Santo  in  Oriente  è 
senza  dubbio  più  abbondante  in  particolarità  del  Celano;  e  il  dialogo  che  ci  riferisce 
avvenuto  tra  il  Santo  e  il  Soldano,  lo  ebbe  certamente  dalla  bocca  di  fr.  Illuminato  da 
Rieti  teste  e  compagno  di  Francesco  negli  accampamenti  del  Soldano.  Frate  Illuminato, 
mentovato  come  teste  nella  nota  lettera  de' Tre  Compagni,  datata  alli  11  agosto  1246,  è  per 
due  volte  ricordato  con  lode  da  Bonaventura  nella  presente  leggenda  scritta  tra  il  1260-63: 
la  prima  volta  come  compagno  del  Santo  in  Oriente:  «.socio  fratre  Illuminato  nomine, 
viro  utique  luminis  et  virtutis  »  {Leg.  mai  cap.  9);  e  più  sotto  (al  cap.  13)  lo  dice: 
«  gratta  Uluminatus  et  nomine  »  ricordandolo  compagno  al  Santo  durante  il  prodigioso 
avvonimonto  delle  stimmate  sulla  Verna.  Come  vedremo  in  una  nota  seguente,  frate  Illu- 
minato viveva  ancora  sin  circa  il  1266,  nel  quale  anno  vari  cronisti  dell'Ordine  pon- 
gono la  sua  morte,  e  al  di  5  di  maggio.  Bonaventura  avrà  potuto  anche  consultare  le 
memorie  de'  continuatori  di  Guglielmo  di  Tiro,  i  quali  van  ben  d' accordo  col  racconto 
del  santo  e  dotto  Generale. 

Quasi  contemporaneamente,  Bonaventura  compilò  anche  una  leggenda  minore  ad  uso 
del  coro:  arabe  furono  con  diligente  cura  ristampate  dai  nostri  PP.  di  Quaracchi  nel 
tomo  VIII  delle  opere  del  s.  Dottore  e  in  un  volume  a  parte. 

A)  —  De  fervore  caritatis  et  desiderio  martyrii  (ex  Legenda  majore  cap.  IX): 

n.  2  —  Christus  lesus  crucifixus  intra  suae  mentis  ubera  ut  myrrhae  fasciculus  iu- 
giter  morabatur,  in  quem  optabat  per  excessivi  amoris  incendium  totaliter  transformari.,.. 
Tarn  fervido  quidem  in  Christum  ferebatur  affectu,  sed  et  dilectus  illi  tam  familiarem 
rependebat  amorem,  ut  videretur  ipsi  famulo  Dei  quasi  ignem  prae  oculis  ipsins  Salva- 
toris  sentire  praesentiam,  sicut  aliquando  sociis  familiariter  revelavit.... 

n.  5  —  Ferventi  quoque  caritatis  incendio  gloriosum  sanctorum  Martyrum  aemula- 
batur  triumphum,  in  quibns  nec  amoris  fiamma  exstingui,  nec  fortitudo  potuit  infirmari. 
Desiderabat  propterea  et  ipse,  Illa  perfecta  carità  te  succensus,  quae  foras  mittit  timorem, 
per  martyrii  flammam  hostiam  Domino  se  offerre  viventem,  ut  et  vicem  Christo  prò  nobis 
morienti  rependeret  et  ad  divinum  amorem  ceteros  provocaret.  Sexto  namque  conversionis 
suae  anno  (2),  desiderio  martyrii  flagrans,  ad  praedicandam  fidem  christianam  et  poeni- 
tentiam  Saracenis  et  aliis  infidelibus  ad  partes  Syriae  transfretare  disposmt  (3).  Cumque 
navem  quandam,  ut  llluc  tenderet,  conscendisset  ;  ventis  contrariis  flantibus  compulsus 
est  in  Sclavoniae  partibus  applicare.  Cum  igitur  moram  aliquandiu  contraxisset  ibidem, 
nec  invenire  posset  navem  tunc  temporis  transfretantem,  fraudatum  se  a  suo  desiderio 
sentiens,  nautas  quosdam  Anconam  tendentes,  ut  amore  Dei  eum  secum  ducerent,  exoravit. 
Verum  illis  propter  expensarum  defectum  pertinaciter  recnaantibus,  vìr  Dei  plurimum  de 
Domini  bonitate  confisus,  navem  cum  socio  latenter  conscendit.  Affuit  quidam  a  Deo,  ut 
creditur,  prò  paupere  suo  missus,  qui  secum  ferens  necessaria  victus,  quemdam  timentem 
Deum  de  navi  ad  se  vocatum  sic  allocutus  est:  «  Haec  omnia  prò  pauperibus  Fratribus 
«  in  navi  latitantibtis  conserva  fideliter,  ac  necessitatis  tempore  amicabiliter  subministra  » . 
Sicqne  factum  est,  ut  nautis  propter  vìm  ventornm  per  dies  plurimos  nusquam  applicare 


(1)  Cfr.  Rinaldi  Vitae  diiae  p.  XI,  Romae  1806.  —  Sabatier  Vie  cit.  p.  LXXXIV  ss.  — 
Cìvezza-Domenichelli  Leggenda  p.  XIII'  ss.  —  Wadding.  Annal.  1260  n.  18.  —  Lemmens 
Documenta  antiq.  frane.  II.  p.  10-13. 

(2)  Cioè  l'an.  1212,  come  ormai  è  fuor  d'ogni  dubbio.  —  Cfr.  Analecta  franciscana 
tom.  Ili  pag.  9. 

(3)  Facciamo  risaltare  queste  espressioni,  dalle  quali  ci  risulta  la  volontà  del  Santo  fin 
dal  1212  di  recarsi  nella  Siria,  quindi  nella  Terra  Santa  propriamente  detta. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  33 

valentibus,  omnia  ipsorum  con  some  reiittir  cibaria,  et  sola  panperi  Francisco  collata  de- 
super eleemosyna  snperesset.  Qnae  cum  esset  permodica,  tantum  divina  virtute  suscepit 
augmentum,  ut  diebus  pluribus  in  mari  propter  tempestatem  continoam  contrahentibus 
moram,  usque  ad  portum  Anconae  omnium  necessitatibus  plenarie  subveniret.  Videntes  ita- 
que  nautae,  per  servum  Dei  multa  se  mortis  cvasisse  discrimina,  tanquam  qui  maris  hor- 
renda  pericula  senserant  et  miranda  opera  Domini  viderant  in  proJÉundo,  gratias  egerunt 
omnipotenti  Deo,  qui  semper   in  suis  amicis  et  servis  mirabilem  et  amabilem  se  ostendit. 

n.  6  —  Cum  autem,  relieto  mari,  terram  perambulare  coepisset,  iactato  in  eam  sa- 
lutis  semine,  reportabat  manipulos  fructuosos.  Verum  quia  martyrii  fructus  adeo  cor  eius 
allexerat,  ut  pretiosam  prò  Christo  mortem  super  omnia  virtutum  merita  poroptaret, 
versus  Marrochium  iter  arripnit,  ut  Miramolino  et  genti  eius  Ohristi  Eyangelium 
praedicarot,  si  quo  modo  ad  concupitam  palmam  valeret  attingere  (1).  Tanto  namque  de- 
siderio ferebatur.  ut,  quamvis  imbecillis  esset  corpore,  peregrinationis  suae  praecurreret 
comitem  et  ad  exsequendum  propositum  festinus,  tanquam  spiritu  ebrius  advolaret.  Sed 
cum  iam  usque  in  Hìspaniam  peroxisset,  divina  disposinone,  quae  ipsum  reservabat  ad  alia, 
gravissima  ei  snpervenit  infirmitas,  qua  praepeditus,  quod  cupiebat  adimplere  nequivit. 
Sentiens  igitur  vir  Dei,  quod  necessaria  erat  adhuc  proli,  quam  genuerat,  ipsius  vita  in 
carne,  quamvis  mortem  sibi  lucrum  esse  pataret,  rediit  ad  pascendnm  oves  suae  sollici- 
tudini  commendatas. 

n.  7  —  Verum  caritatis  ardore  spiritum  ipsius  ad  martyrium  perurgente,  tertia  adhuc 
vice  prò  fide  Trinitatis  effusione  sui  sanguinis  dilatanda  versus  infideles  profìcisci  ten- 
tavit.  Tertiodecimo  namque  conversionis  suae  anno  (2)  ad  partes  Syriae  pergens,  raul- 
tis  se  pericnlis  constanter  exposuit,  ut  Soldani  Babyloniae  posset  adire  praesentiam.  Inter 
Christianos  enim  ac  Saracenos  tunc  guerra  tam  implacabilis  erat,  exercituum  castris  liinc 
inde  in  campo  cominus  ex  adverso  locatis,  ut  via  mutui  transitus  sine  mortis  discrimine 
non  pateret.  Exierat  siquidem  a  Soldano  edictum  crudele,  ut  quicumque  caput  alicuius 
Christiani  afferret,  byzantiura  aurcum  prò  mercede  reciperet.  At  intrepidus  Christi  miles 
Pranciscus,  sperans  in  proximo  suum  adipisci  posse  propositum,  definivit  iter  arripere, 
mortis  pavere  non  territus,  sed  desiderio  provocatus.  Oratione  namque  praemissa,  confor- 
tatus  a  Domino,  confid>nter  illud  propheticum  decantabat:  Nam  et  si  ambulem  in 
medio   umbrae  mortis,    on   timebo   mala,  quoniam  tu  mecum  es  (Ps.  22,  4). 

n.  8  —  Assumto  ij  itur  socio  Fratre  niumtnato  nomine  (3),  viro  utique  Inminis  et 
virtntis,  cum   iter   coepisset,   obvias  habnit  ovicu.as  duas;  quibus  visis  exhilaratus,    vir 


(1)  Cfr.  Anal.  frane,  tom.  Ili  p.  9.  —  Wadding.  ad  ann.  1212  n.  36;  an.  1213  n.  6;  et 
an.  1214  n.  4. 

(2)  Cioè  nel  1219,  secondo  quelli  che  pongono  l'anno  di  sua  conversione  il  1206;  e  que- 
sta è  ormai  la  data  certa  come  risulta  dai  documenti  contemporanei,  p.  e.  dal  Vitriaco  e 
dagli  altri  storici  delle  Crociate. 

(3)  É  lodato  da  Bonav.  anche  al  13  :  €  gratia  lUuminatua  et  nomine  > .  Ogni  ragione 
vuole  che  questi  sia  il  fr.  lUum.  ab  Arce  ricordato  come  teste  della  vita  di  Francesco  nella 
nota  lettera  de'  Tre  Compagni  data  da  Greccio  agli  11  ag.  1246.  Ivf  é  detto  ab  Arce,  ossia 
da  Bocca  Antica  o  da  Boccd  Sinibalda,  villaggi  a  21  chilom.  a  S.  0.  da  Rieti;  perciò  dal 
capoluogo  fu  detto  più  comunemente  da  Rieti  o  Reatinus.  Di  lui  il  Waddingo  ha  quanto 
segue:  e  Bis  [discipulis]  accesserunt  beatus  lUuminattis  Reatinus,  B.  Francisci  ad  Solda- 
nnm  postea  proficiscentis  socius,  latentiumque  in  eius  corpore  vulnerum  ante  omnes  con- 
scins:  ac  beatus  Augustinus  Assisias,  ob  egregias  animi  dotes  primus  creatus  Terrae  La- 
boris  Provincialis  Minister....  Simplices  et  imperiti  erant,  si  humanam  spectes  scientiam, 
si  divinam,  non  mediocriter  doeti.  quippe  res  caelestes  adeo  callebant,  ut  semper  bis  intenti 
terrenas  flocci  penderent,  et  feliciter  consummato  huius  vitae  cursu  ad  Deum  transmigrarint, 
ille  Assisii  plenus  dierum,  hic  Neapolì,  eodem  quo  Franciscus  die  et  hora....  Ab  lilaminato 
isto,  quem  nobili  gente  Castella  ad  rupem  Accharinam  prope  Interamnam  (Temi)  ortum, 
et  ab  initiationis  loco  Reatinum  cognominari  quidam  volunt,  alium  putaverìm  Illumìnatum, 
qui  apud  Septempedanos  in  Piceno,  nunc  Santoseverinates  nuncupatos  iacet  sub  altari  ma- 

Bibliot.  —  Tom.  I.  8 


34  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

g  sanctus  dixit  ad  sociam  :  «  Confide,  Frater,  in  Domino,  nam  in  nobis  evangelicum  iliud 
*impletur:  Ecce,  ego  mitto  vos  sicut  oves  in  medio  luponnn*.  Cam  antem  processissent 
nlterìns,  occnrrorant  ei  satellites  Saraceni,  qui,  tanqnam  lupi  eelerius  occarrentes  ad  oves, 
servos  Dei  feraliter  comprehensos  crndeliter  et  contemptibiliter  pertractarnnt,  afficientes 
couTiciis,  affligentes  verberibus  et  Tinculìs  alligantes.  Tandem  afflictos  multi  plici ter  et 
attrìtos  ad  Soldanum,  divina  disponente  providentia,  inxta  viri  Dei  desiderium  perduxe- 
nint.  Cam  igitur  princeps  ille  perquireret,  a  quibus,  et  ad  quid,  et  qualiter  missi  essent, 
et  quomodo  advenissent,  intrepido  corde  respondit  Christi  servns  Franciscus,  non  ab  no- 
mino, sed  a  Deo  altissimo  se  fnisse  transmissum,  ut  ei  et  populo  suo  viam  salutis  osten- 
deret  et  annuntiaret  Evangelium  yeritatis.  Tanta  vero  mentis  constantia,  tanta  yirtote 
animi,  tantoque  fervore  spiritus  praedicto  Soldano  praedicavit  Deum  trinum  et  unum,  et 
Salvatorem  omnium  lesum  Christum,  ut  evangelicum  illud  in  ipso  claresceret  veraciter 
esse  completum  :  Ego  dato  vobis  os  et  sapientiam  cui  non  poterunt  resistere  et  contra- 
dicere  omnes  adversarii  vestri  (Lue.  21,  13).  Nam  et  Soldanus  admirandnm  in  Tiro  Dei 
fervorom  spiritus  conspiciens  et  virtutem,  libenter  ipsum  audiebat  et  ad  moram  contra- 
hendam  cum  eo  instantius  invitabat.  Christi  vero  servns  superno  illustratus  oraculo  :  «  Si 
«  vis,  inquit,  converti  tu  cum  populo  ad  Christum,  oh  ipsius  amorem  vobiscum  libentis- 
«  sime  commorabor.  Quod  si  ìuxesitas  propter  fìdem  Christi  legem  Mahumeti  dimittere, 
«  iuhe,  ignem  accendi  permaximum,  et  ego  cum  sacerdotibus  tuis  ignem  ingrediar,  ut  vel 
«  sic  cognoscas,  quae  fides  certior  et  sanctior  non  immerito  tenenda  sit  ■».  Ad  quem  Sol- 
danus: «  Non  credo,  qu^d  aliquis  de  sacerdotibus  meis  se  vellet  igni  propter  fidem  suam 
«  defensandam  exponere,  vel  genus  aliquod  subire  tormenti  ».  Vìderat  enim,  statim  quen- 
dam  de  presbyteris  suis,  virum  authenticum  et  longaevum,  hoc  audito  verbo,  de  suis  con- 
spectibus  aufagisse.  Ad  quera  vir  sanctus  :  «  Si  mihi  velis  promittere  prò  te  et  populo, 
«  quod  ad  Christi  cultum,  si  ignem  illaesus  exiero,  veni-atis;  ignem  solus  intrabo;  et  si 
«  combustus  fuero,  impuietur  peccatis  meis;  si  autem  divina  me  protexerit  virtus,  Chri- 
«  stimi.  Dei  virtutem  et  sapientiam,  verum  Deum  et  Dominum  Salvatorem  mnnium  agno- 
«  scatis  » .  Soldanus  autem  optionem  hanc  accipere  se  non  audere  respondit,  quia  seditionem 
populi  formidabat.  Obtulit  tamen  ei  munera  pretiosa,  quae  vir  Dei,  non  mundanamm  re- 
rum, sed  salutis  anìmarum  avidus,  sprevit  omnia  quasi  lutum.  Soldanns,  videns  virum 
sanctum  tam  perfectnm  rerum  mnndialium  contemptorem,  admiratione  permotus,  maiorem 
erga  ipsum  devotionem  concepii.  Et  quamvis  ad  fìdem  christianam  transire  noUet,  vel 
forsitan  non  auderet;  r<^vit  tamen  devote  &malam  Christi,  ut  praedicta  snsciperet  prò 


iorì  Monasterii  S.  Catharìnae  monialium  S.  Benedicti  etc>..  >  —  Daate  (Par.  12  v.  43)  fa- 
cendo parlare  Bonaventura,  questi  gli  fa  vedere  vicino  a  sé  in  paradiso  i  frati  lUmninato 
ed  Agostino  discepoli  di  Francesco  : 

Io  fui  la  vita  di  Bonaventura  Illuminato  et  Augustìn  san  quinci, 

Da  Bagnorea,  ohe  ne'  grandi  offici  Che  fur  de'  primi  scalzi  poverelli. 

Sempre  postposi  la  sinistra  cura.  Che  nel  capestro  a  Dio  si  fero  amici. 

Molti  scrittori,  antichi  e  moderni,  confusero  fr.  Illuminato  discepolo  del  Santo  e  suo 
compagno  in  Oriente,  con  frate  Illuminato  segretario  ed  cibante  scrittore  del  generale 
fr.  Elia  nel  1238,  lodato  da  Salimbene  (Chron.  p.  11-12)  che  con  esso  lui  dimorò  di  famiglia 
nel  convento  di  Siena  entro  gli  anni  1240-41,  e  poi  fu  fatto  Minister  in  provincia  S.  Francisci, 
e  in  ultimo  episcopus  Assisinas  factus,  uUimum  diem  clausit  ibidem.  Questi,  vescovo  di  Assisi 
(1273-82),  in  due  lettere  papali  è  detto  fr.  lUuminatus  de  Theate  e  Theatinus,  ossia  da 
Chieti  (Sbaral.  Bull.  t.  HI  p.  206,  215-16,  483.  —  Ughelli-Coleti  Italia  sacra  I  coL  480.  — 
Eubel  Hierarch.  I.  114.  —  Cristofani  Storia  d'Assisi  2«  ed.  t.  I  p.  190);  é  quindi  diverso 
da  fr.  Illuminato  da  Rieti,  compagno  di  S.  Francesco,  qualifica  questa  che  il  Salimbene, 
secondo  il  suo  solito,  non  avrebbe  trascurato  di  notare,  se  il  fr.  Illuminato  segretario  di 
Elia  e  vesc.  di  Assisi  fosse  stato  realmente  anche  discepolo  del  Santo.  L' errore  provenne 
probabilmente  dagli  amanuensi  o  scrittori  che  confusero  Beate  con  Theate,  e  Rieti  e  Chieti, 
Di  fr.  Illuminato  da  Rieti,  compagno  del  Santo,  vedi  anche  l'articolo  seguente  sotto  il 
nnm.  10  Verba  fratris  Illuminati  ete. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  35 

salate  ipsius,  Christianis  panperibua  vel  ecclesiis  eroganda.  Ipso  vero,  ^uia  pondns  fngie-  9 
bat  pecuniae  et  in  animo  Soldani  verae  pietà tis  non  videbat  radicem,  nullatenus  acquievit. 
n.  9  —  Videns  ctiam,  se  non  proficere  in  conversione  gentis  illins,  nec  asseqni  posse 
propositnm,  ad  partes  fidelinm,  divina  revelatione  praemonitns,  remeavit.  Sic  itaqne  Dei 
ordinante  clementia,  et  sancti  viri  promerente  virtute,  misericorditer  et  mirabiliter  factum 
est,  qnod  Christi  amicus  mortem  prò  ipso  viribus  totis  exqnireret,  et  tamen  nullatenns 
inveniret,  ut  et  merito  non  careret  optati  martyrii  et  insigniendus  servaretur  in  posterum 
privilegio  singolari.  Sic  atique  factum  est,  ut  ignis  ille  divinus  adhoc  perfectius  ipsius 
aestuaret  in  corde,  ut  post  patentius  evaporaret  in  carne.  0  vere  beatum  virum,  cuius 
caro,  etsi  tyrannico  ferro  non  caeditur,  occisi  tamen  Agni  similitudine  non  privatur  !  0, 
inqnam,  vere  ac  piene  beatum,  cuius  animam  etsi  gladius  persecutoris  non  abstulit,  pal- 
mam  tamen  martyrii  non  amisit  I 

B)  —  De  spiriiu  prophetiae  (1)  (Leg.  maj.  cap.  XI)  : 

n.  3  —  Adeo  etiam  in  ipso  claruit  spiritus  prophetiae,  ut  et  praevideret  futura  et 
cordium  contueretur  occulta,  absentia  quoque  velut  praesentia  cerneret,  et  se  praesentem 
absentibus  mirabiliter  exliiberet.  Tempore  namque,  quo  Damiatam  Christianorum  obsidebat 
exercitus,  aderat  vir  Dei,  non  armis,  sed  fide  munitus.  Cum  igitur  die  belli  Christiani  para- 
rentur  ad  pugnam,  hoc  audito,  Christi  servus  vehementer  ingemuit  dixitque  socio  suo  : 
«  Si  belli  fuerit  attentaius  congressus,  ostendit  mihi  Domintts  non  prospere  cedere  Chri- 
«  stianìs;  verum,  si  hoc  dixero,  fatuus  reputàbor  ;  si  tacuero,  comcientiam  non  evadam. 
€  Quid  ergo  Ubi  videtur  »  ?  Eespondit  socius  eius  dicens  :  «  Frater  prò  minimo  Ubi  sii, 
<  ut  ab  hominibus  iudiceris,  quia  non  modo  incipis  fatuus  reputati.  Ezonera  conseien- 
«  tiam  tuam,  et  Deum  magis  time  quam  homines  » .  Quo  audito,  exiliens  Christi  praeco 
salntaribus  monitis  Christianos  aggreditur,  prohibet  bellum,  denuntiat  casum.  Fit  veritas 
in  fabulam,  induraverunt  cor  suum  et  noluerunt  reverti.  Itur,  committitnr  et  bellatnr, 
totaque  in  fugam  convertitur  militia  Christiana,  finem  belli  opprobrinm  regerens,  non 
triumphum.  Tanta  vero  strage  Christianorum  ìmminutus  est  numerus,  ut  circa  sex  millia 
fuerint  inter  mortuos  et  captivos.  In  quo  evidenter  innotuit,  quod  spernenda  non  erat  sa- 
pientia  pauperis;  cum  anima  viri  insti  enuntiet  aliquando  vera,  quam  septem  circum- 
spectores  sedentes  in  excelso  ad  speculandum.  —  Eccli.  37,  18. 

0)  —  De  profectu  Ordinis  sub  manu  ipsius  [Saracenorum  pietas  erga  FF.  Minores] 
{Leg,  maj.  cap.  IV): 

n.  7  —  Multi  etiam  non  solum  devotione  compuncti,  sed  et  perfectionis  Christi  desiderio 
infiammati,  omnì  mundanorum  vanitate  comtempta,  Francisci  vestigia  sequebantur,  qui  quoti- 
dianis  succrescentes  profcctìbus,  usque  ad  fines  orbis  terrae  celeriter  pervenerunt.  Faciebat 
namque  sancta  paupertas,  quam  solam  deferebant  prò  sumtibus,  ipsos  ad  omnem  obe- 
dientiam  promptos,  robustos,  ad  labores  et  ad  itinera  expeditos.  Et  quia  nihil  terrenum 
habebant,  nihil  amabant  nihilque  timebant  amittere;  securi  erant  ubique,  nullo  pavore 
suspensi,  nulla  cura  distracti,  tanquam  qui  absque  mentis  turbatione  vivebant  et  sine  sol- 
licitudine  diem  crastinum  et  serotinum  hospitium  exspectabant.  Multa  quidem  eis  in  di- 
versìs  partibus  orbis  inferebantur  convincia  tanquam  personis  despicabilibus  et  ignotis; 
verum  amor  Evangeli!  Christi  adeo  ipsos  patientes  effecerat,  ut  quaererent  potius  ibi  esse, 
ubi  persecutionem  paterentur  in  corpore,  quam  ubi,  cognita  sanctitate  ipsorum,  mundano 
possent  gloriari  favore.  Ipsa  quoque  rerum  penuria  superabundans  eis  videbatnr  nbertas, 
dum  iuxta  consilium  Sapientis  prò  magno  ipsis  minimum  complacebat.  Ecclì.  29.  30.  — 
Sane  cum  ad  infidelium  partes  aliqui  ex  Fratribus  pervenissent,  contigit,  ut  quidam  Sa- 
racenus,  pietate  commotus,  pecuniam  eis  offerret  prò  necessario  victu.  lUis  autem  recusan- 
tibus  accipere,  admiratus  est  homo,  cernens  quod  inopes  essent.  Intellecto  tandem,  quod 
amore  Dei  pauperes  effecti,  pecuniam  possidere  nolebant,  tanta  est  eis  affectione  coninnctus, 
ut  offerret  se  ad  ministrandum  necessaria  omnia,  qiiamdiu  facultatum  sibi  aliquid  super- 
esset.  0  inaestimabilis  pretiositas  paupertatis,  cuius  miranda  virtute  mens  ferìtatis  barba- 
ricae  in  tantam  miserationis  est  immutata  dulcedineml  Horrendum  proinde  ac  nefarìum 


(1)  Vedi  lo  stesso  fotto  in  2.  Cel.  II.  2,  riportato  sopra  a  pag.  17. 


36  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

0    scelns,  ni  hanc  margarìtam  nobilem  Tir  christianns  concnlcet,  qnam   tanta  veneratione 
extalit  Saraceims. 

D)  —  Ei  Legenda  min.  eiusdem  :  De  praerogativa  virtutum  : 

Lect.  9  —  Caritatis  quoque  porfectae  ferYorem,  quo  Spensi  amicns  ferebatur  in  Deum,  ex 
hoc  potissimum  qnis  valet  advertere,  qnod  per  martyrii  flammam  so  ipsum  ut  hostiam  vivam 
Domino  peroptabat  oflFerre.  Tribus  namque  vicibus  ob  hoc  versus  partes  infidelium  iter 
aggressus,  sed  bis  divina  dispositione  prohibitus,  tertia  tandem  vice  post  multa  opprobria, 
vincula,  verbera  et  labores  innumeros  ad  conspectum  Soldani  Babyloiiiao,  Domino  dodu- 
cento,  perductns,  in  tam  efficaci  ostensione  spiritus  et  virtutis  evangelizavit  losum,  ut 
admirarotur  ipse  Soldanus,  et  iiutu  divino  in  mansuetndinem  versus,  benignum  ei  praebe- 
ret  auditum.  Cernens  quidcm  in  eo  fervorem  spiritus,  constantiam  animi,  contemptnm 
vitae  pracsentis  efficacianique  divini  sermonis,  dcvotionem  tantam  concepit  ad  ipsum,  ut 
magno  eum  honore  dignum  ducerot,  munera  pretiosa  offerrct,  et  ad  secum  trahendum  mo- 
ram  instanter  invitaret.  At  vcrus  mundi  suique  contemptor,  oblata  omnia  spernens  ut 
lutum,  seque  conspiciens  assequi  snum  non  posse  propositum,  postquam  ad  id  obtinendnm 
sine  fìctione  peregit  quod  potuit,  ad  partes  fidclium,  revelatione  praomonitns,  roraeavit. 
Sicque  factum  est,  ut  Christi  amicus  mortem  prò  ipso  viribus  totis  exquireret  et  tamen 
nnllatenus  inveniret,  quo  et  merito  non  carerei  optati  martyrii,  et  insigniendus  servaretnr 
in  posterum  privilegio  sìngulari. 

C.  1260-63  —  Pr.  Illuminatus.  —  Verba  fratria  Lltiimnati  sodi  b.  Tran- 
cisci  ad  partes  Oiientis  et  in  oonspeota  Soldani  Aegypti  (Ex  Cod.  Yatic.  Ottob.  lat.  n.  522). 

Il  Co4.  Vaticano  Ottoboniano  lat.  membranaceo  n.  522,  del  sec.  XIV,  contiene  tra  i 
10  fogli  142-306  un'  abbondante  raccolta  di  fatti  edificanti,  spigolati  da  qualche  Minorità 
predicatore  fra  le  memorie  del  secolo  Xm.  Tra  i  miracoli  e  fatti  da  esso  raccolti  tro- 
viamo alcuni  non  privi  di  qualche  valore  storico,  come  i  due  seguenti  che  qui  riportiamo  (1). 
Notiamo  che  il  compilatore  di  queste  memorie  cita  Bonaventura  come  quegli  che  conobbe 
frate  Illuminato  compagno  del  Santo  (2)  e  dalla  bocca  del  quale  ebbe  quanto  qui  si  riferisce: 
memorie  tramandate  poi,  sia  per  iscritto,  sia  per  tradizione  di  bocca  in  bocca  fino  al  nostro 
compilatore  che  è  fin  qui  la  prima  fonte  conosciuta  di  quanto  ci  si  racconta.  Chi  quindi 
vaglia  bene  i  &tti  constatatici  per  istoricamente  veri,  dell'  accoglienza  cioè,  famigliarità  e 
singolare  bontà  usata  dal  Soldano  al  Santo,  non  dirà  favolose  le  qui  riferiteci  puerili  ar- 
guzie del  Soldano.  Del  resto,  non  è  improbabile  di  trovare  un  giorno  le  tracce  o  la  pri- 
mitiva fonte  anche  di  questi  racconti,  tra  le  tante  altre  memorie  che  si  desiderano  del 
sec.  xm. 

Ex  Verbis  fratris  lUuminati  etc.  ubi  supra. 

fol.  243  r.:  e  Beferebat  Generalis  Minister  (3)  quod  socius  beati  Prancisci  [fr.  Ulu- 
minatus]  qui  eum  comitatus  fnit  quando  ivit  ad  Soldanum  Babyloniae,  talia  narrare  con- 
sueverat.  Cnm  esset,  inquit,  in  Curia  Soldani,  tali  experimento  probare  volnit  fidem  et 
devotionem  quam  beatus  Franciscus  ad  Dominnm  nostrum  crucifixum  se  habere  monstra- 
bat.  Fecit  ante  se  stemi  pnlchrum  tapete  variatnm  crucis  signaculis  quasi  per  totum,  et 


(1)  cGod.  Ottob.  522  praebet  multas  et  genuinas  traditiones  saecoli  XIII»,  Lemmens 
Docum.  aniiq.  francisc.  t.  Ili  p.  17. 

(9)  Di  frate  Illuminato,  vedi  quanto  abbiamo  detto  più  sopra  (an.  1260-63)  sotto  la 
fonte  storica  di  S.  Bonaventura,  pag.  33  n.  3. 

(3)  Nei  precedenti  fogli,  ex  gr.  foli.  227  r.,  230  r.,  231.  etc.,  spesso  riporta  dei  fatti 
coir  incipit:  «  Befert  fr.  Bonaventura  Generalia  Miniater  »  ;  qui  pure  dobbiamo  intendere  per 
relatore  il  Santo  generale. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  37 

dixit  astaiitibns  :  «  Nunc  vocctur  homo  iste  qui  verus  christianus  videtor  :  et  si  vcniens  ad  10 
«  me  in  tapeti  sigila  crucis  calcarerit,  dicemus  ei  quod  Domino  suo  iniuriam  fecit.  Si  autem 
«transire  noluerit,  dicam  ei  cur  ad  me  contemnit  accedere  ».  Vooatus  autem  Vir  Dee  plenus, 
et  ex  ipsa  plenitudine,  tam  in  agendo,  quam  in  rcspondendo  bene  instructns,  transiens 
per  tapete,  ultro  ad  Soldannm  accessit.  Tunc  Soldanus  eausam  ratus  qua  viro  Dei  oxpro- 
braret,  quasi  iniuriam  Domino  Christo  fecisset,  ait:  «  Vos  Christiani  adoratìs  Orucem, 
«  velili  singulare  Dei  vestri  signum;  cur  ergo  non  es  verifus  crucis  signa  calcare?  »  Be- 
spondons  beatus  Pranciscus,  «  debctis,  inquit,  scire,  quod  cum  Domino  nostro  crucifixi 
«  fuerunt  et  latrones;  ver  ani  crucem  Domini  et  Salvator  ts  nostri  Ihesu  Christi  nos  habe- 
«  mus  et  illam  adoramus  totaque  devotione  complectimur ;  data  igitur  nobis  sancta  Domini 
«  erme,  vobis  latronum  cruces  relictae  sunti  et  ideo  super  latronum  signacula  non  sum 
«  veritus  transire.  Ad  vos  enim  aut  inter  vos  nichil  de  sancta  cruce  * . 

fol.  250  v.  :  «  Aliam  quaestionem  idem  Soldanus  fecit  ei  dicens  :  «  Dominus  vestcr 
«  docuit  in  Evangeliis  siiis  malum  prò  malo  vos  non  debere  reddere,  nec  dccndere  pai- 
«  lium  etc,  quanto  magis  non  debent  Christiani  terras  nostras  invadere?  et  e.  —  Vos, 
inquit  beatus  Franciscus,  non  videmini  totum  legisse  Christi  Domini  nostri  Evangclium; 
«  alibi  enim  dicit:  Si  oculus  tuus  scandalizat  te,  erue  eum  et  proiice  a  te  etc.  ;  per  quod 
«  quidem  docere  nos  voluit  nullum  hominem  esse  ita  carum  nobis  vel  ita  propinquum, 
«  etiam  si  carus  nobis  fuerit  quasi  oculus  capitis,  quin  separare,  eruere  et  penitus  era- 
«  dicare  debemus,  si  nos  a  fide  et  amore  Dei  nostri  conetur  avertere.  Unde  propter  hoc 
«  Christiani  vos  et  terram  quam  occupatis,  iuste  invadunt,  quia  blasphematis  nomen  Christi 
«.  et  ab  eius  cultura  quos  potestis  averfitis.  Si  autem  velletis  creatorem,  et  redemptorem 
«  cognoscere,  confiteri  et  colere,  diligerent  vos  quasi  se  ipsos.  —  Mirantibus  quoque  astaiitibus 
in  responsìonibus  eins  ». 

1262  —  Pr.  Jordani  a  Jane.  —  Ohrcnica  Ordinis  Fratrum  Minornm  (in  Ana- 
lecta  Franciscana,  tom.  I  pag.  1-19). 

Le  Chronica  di  frate  Giordano  da  Giano  sono  una  delle  più  importanti  fonti  storiche    U 
del  secolo  XIII,  e  massime  tra  le  più  autorevoli  per  la  storia  dei  primordii  dell'  Ordino  (1). 
Il  racconto  veridico  di  frate  Giordano,  tutto  che  breve  e  disgraziatamente  mutilo,  ronde 
ormai  chiaro  o  ordinato  tutto  un  processo  di  fatti  che  nella  storia  di  S.  Francesco  e  del- 
l' Ordine  fu  mirabilmente  turbato  (2). 

Giordano,  giovanotto,  vesti  l'abito  Minoritico  prima  del  1219,  nel  quale  anno  egli 
intervenne  a  quel  Capitolo  Generale  di  Assisi.  Nel  1221  fu  da  frate  Cesario  di  Spira  con- 
dotto con  altri  26  frati  in  Germania,  ove  passò  tutta  la  sua  lunga  vita.  Egli  dettò  le  suo 
memorie  nel  1262,  dandoci  un  compendio  di  storia  francescana  dai  primordi  dell'Ordino, 
1207,  continuandolo  sino  al  generalato  di  frate  Buonagrazia  (eletto  nel  1279)  ;  compendio 
che  per  isventura  della  storia  nostra,  ci  pervenne  mutilo  col  racconto  soltanto  fino  al  1238. 
Non  disperiamo  che,  anche  questa  fonte,  un  giorno  o  l' altro,  sgorghi  da  qualche  caverna 
di  libri  inesplorati  e  nascosti  in  qualcuna  delle  biblioteche  ancora  inaccessibili  (3). 


(1)  Cf.  Analecta  BoUandiana  t.  XVIII  p.  81.  —  Sabatier,  Vie  de  S.  Frang.  aources, 
pag.  XCV-VII. 

(2)  R.  Bonghi,  Francesco  d'Assisi  studio  p.  81.  —  II  citato  Bonghi  accusa  di  questa 
confusione  nella  storia  il  Waddingo,  il  Chavin  de  Melan,  il  Palomes  ed  altri;  e  dice  forse 
il  vero.  Eppure,  il  prof.  Bonghi,  che  pur  aveva  i  documenti  ignorati  da  quelli  e  pretese  di 
scrivere  da  critico  veggente,  misconosce  e  verità  e  critica  nel  nome  delle  quali  volle  darci 
un  Francesco  che  non  è  certo  il  Francesco  di  Assisi. 

(3)  Cosi  scrivevamo  l'anno  scorso  ;  ed  ora  veniamo  a  saper  di  certo  che  il  Boehmer  ha 
scoperto  il  testo  integro  della  Cronaca  del  Giordano  e  che  entro  quest'anno  (nel  marzo  1905) 
vedrebbe  la  luce  in  uno  dei  volumi  della  Collection  d'études  del  Sabatier. 


38  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA   HISTORICA 


11  Ex  cit.  Chronicis  fratris  Jordani  a  Jano: 

1.  —  Anno  Dni.  1207  Franciscns....  in  habita  eremitico  modam  poenitentiae  est  ag- 
gressns.... 

2.  —  Anno  Dni.  1209,  anno  conversionis  saae  tertio,  andito  Evangelio....  habitnm, 
mutavit  et  enm  quem  fratres  nane  portant,  assumpsit,  imitator  evangelicae  paupertatis 
cfffctus,  ot  sedalas  Evangelii  praedicator. 

3.  —  Anno  vero  Domini  1219,  et  anno  conversionis  eius  decimo  (1),  frater  Franciscns 
in  capitolo  habito  apud  sanctam  Mariam  de  Portiuncnla  misit  fratres  in  Pranciam,  in 
Thcutoniam,  in  Hnngariam,  in  Hispaniam  et  alias  provincias  Jtaliae  ad  qnas  fratres  non 
pervcnerant.... 

7.  —  De  fratribns  vero,  qui  in  Hispaniam  transiernnt,  qninqne  sunt  martyrio  coro- 
nati (2).  Utrnm  antera  illi  quinqne  fratres  dò  isto  eodem  'capitalo  [cioè  del  1219],  vel 
do  precedenti  [cioè  1217],  et  frater  Hélias  cnm  sociis  sais  nltra  mare  missi  ftieront,  vel 
non,  dubitamns  (3). 

8.  —  Cura  autem  fratrum  praedictorum  martyrinm,  vita  et  legenda  ad  beatum  Fran- 
cìscnm  delata  fuisset,  aadiens  se  in  ea  commendari,  et  videns  fratres  de  eornm  passiono 
gloriari,  cnm  esset  sai  ipsias  maximns  contemptor  et  landis  et  gloriae  aspernator,  legen- 
dam  respnit  et  eam  legi  prohibnit  dicens:  Unusquisque  de  sua,  et  non  de  aliena  pas- 
sione glorietur.  Et  ita  tota  illa  prima  missio  (4),  quia  forte  tempus  mittendi  adhac  non 
veiicrat,  cnm  omnis  rei  tempus  sit  sub  coelo,  ad  nibilum  est  deducta. 

9.  —  Frater  autem  Helias  minister  provincialis  est  institutns  ultra  mare  a  beato 
Francisco.  Ad  cuius  praedicationem  quidam  clericus,  nomine  Caesarius,  ad  Ordinem  est  re- 
ccptns.  Iste  Caesarius.  vir  theutonicus  de  Spira  iiatus,  et  subdiaconus,  magistri  Conradi 
do  Spira,  praedicatoris  crucis  ot  post  Hildesiensis  epìscopi,  in  theologia  discipulus  fuit. 
Hic  adhuc  saocularis  existens  magnus  praedicator  et  evangelicae  perfectionis  imitator  fuit. 
Ad  cuius  praedicationem  dura  in  civitate  sua  matronae  qnacdam,  deposito  ornato,  humiliter 
inccderent,  viri  autem  indignati  ipsum  quasi  haereticum  incendio  tradere  voluerunt.  Sed 
per  magistram  Conradum  ereptns,  Parisins  est  reversus,  et  post,  solemni  &cto  passagio, 
mare'transiens,  ad  praedicationem  fratris  .Be^/oé,  ut  dictum  est,  ad  Ordinem  est  con  versus 
et  vir  magnae  doctrinae  et  exempli  est  effectus  (5). 

10.  —  His  itaque  dispositis,  animadvertens  Pater  beatus,  quod  filios  suos  ad  pas- 
siones  miserit  et  labores,  ne,  aliis  laborantibus  propter  Christum,  ipse  quietem  snam  quae- 


(1)  Qui,  o  per  un  errore  di  Codice,  o  per  abbaglio  incorso  dal  cronista  Giordano,  si 
deve  correggere  un  duplice  evidente  errore  e  cronologico  e  storico.  L'anno  1219  (che  è  il 
precìso  anno  dell'andata  del  S.  Patriarca  in  Oriente)  corrisponde  non  al  decimo,  ma  al  de- 
ctmoterzo  anno  della  conversione  del  Santo,  come  risulta  dagli  altri  cronisti  e  da  quanto 
più  sopra  e  sotto  (ai  nn.  2  e  10)  asserisce,  correggendosi,  lo  stesso  fr.  Giordano.  L' altro 
errore  è  lo  assegnare  il  1219,  come  anno  del  primo  Capitolo  o  della  prima  missione  de'  Frati 
per  le  indicate  provincie  e  regni  d'Europa;  poiché  ora  si  è  fuori  d'ogni  dubbio  che  detta 
prima  missione  fu  decisa  nel  precedente  e  primo  Capitolo  del  1217,  convocato  dal  Santo 
nello  stesso  luogo  di  S.  Maria  degli  Angeli.  Cf.  Analecta  francisc.  t.  II  pp.  XXVI-XXXVI. 

(2)  I  Santi  Berardo  e  4  compagni  martiri  uccisi  in  Marocco  il  16  gen.  1220. 

(3)  Vedi  la  1'  nota  precedente  e  gli  .Anal.  frane,  ivi  citati  ;  d'onde  risulta  doversi  asse- 
gnare parimenti  l'anno  1217  per  la  missione  di  Frate  Elia  e  compagni  in  Oriente.  Più  sotto, 
il  da  Giano  ci  dice  che  fr.  Elia  era  Ministro  di  Siria  o  di  Terra  Santa. 

(4)  Cioè  quella  del  1217,  che  fu  la  prima  missione,  come  si  è  di  già  notato.  Dal  frate 
Giordano  sappiamo  che  le  varie  missioni  de'  frati  spediti  nel  1217  per  l' Europa  riuscirono 
a  poco  0  a  nulla,  laddove  frate  Elia,  recatosi  in  quel  tempo  in  iS^irtd,  lo  troviamo  tuttavia 
colà  sino  all'arrivo  del  Santo,  cor  quale  poi  riprese  la  via  d'Italia  verso  la  fine  del  1220, 
o  al  più  tardi  verso  il  marzo  del  1221. 

(5)  Di  fr.  Cesario  parliamo  in  un  art.  a  parte  sotto  gli  anni  1217-20  di  questa  Bt- 
blioteca. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  39 

rere  videretnr,  cQm  ossei  gloriosus  animo  et  nollet  aliqaem  so  praecellere  in  via  Christi,  U 
sed  magis  prae  omnibus  praecellens  esse,  cnm  filios  ad  incerta  pericnla  miserit  et  inter 
fideles,  ipso  amore  passionis  Christi  fervens  eodem  anno,  qao  alios  fratres  misit,  videlicet 
anno  conversionis  XIII  [1219]  ad  certa  maris  pericola  transions  ad  infideles,  se  ad  Sol- 
dannm  contnlit.  Sed  anteqaam  perveniret  ad  ipsum,  mnltis  iniuriis  et  contnmeliis  est 
affectas,  et  lingnam  ipsornm  ignorans,  inter  rerbera  clamabat  :  «  Soldan,  Soldan  »  /  Et 
sic  ad  ipsam  perductns,  gloriose  est  ab  ipso  receptns  et  in  infirmitate  humane  pertracta- 
tns.  Et  cum  apnd  ipsos  froctom  {acero  non  posset  et  redìre  disponeret,  per  Soldanum 
armata  mana  ad  Christianoram  exercitnm,  qui  lunc  Damiatam  obsedit,  est  perdactns. 

11.  —  Beatns  autem  Franciscns,  cnm  boato  Petra  Cathaniae  (1),  inris  perito  et 
Domino  legnm,  mare  transiens,  reliqnit  dnos  yicarios,  fratrem  Matheum  de  Narnio  et 
fratrem  Gregorium  de  Neapoli  (2).  Mathenm  vero  institnit  ad  S.  Mariam  de  Fortiuncnla, 
at  ibi  manens  recipiendos  ad  Ordinom  reciperet,  Gregorinm  antom  nt  circnmenndo  Italiam 
fratres  consolaretnr.  Et  quia  socnndnm  primam  regalam  fratres  feria  quarta  et  sexta,  et 
per  licontiam  beati  Francisci  feria  secunda  et  sabbato  ieionabant  et  omni  carnali  feria 
carnos  comedebant,  isti  Ticarii  cum  quibusdam  fratribus  senioribus  Italiae  unum  capitulum 
celebrarnnt,  in  quo  statuernnt,  ut  fratres  diebus  carnalibus  carnibus  procnratis  non  ute- 
rentor,  sed  sponte  a  fidelibus  oblatas  manducarent.  Et  insuper  statnerunt,  ut  feriam  sc- 
cundam  ieinnarent  cum  aliis  duobus  diebus,  et  ut  feria  secunda  et  sabbato  sibi  lacticinia 
non  procuraront,  sed  ab  eis  abstinorent,  nisi  forte  a  devotis  fidelibus  offerrentur. 

n.  12.  —  Super  quibns  constitutionibns,  eo  qnod  praesumpserant  aiiqnid  adderò  rc- 
gnlae  sancti  Patris,  quidam  frator  laicus  indignatus  (3),  assumptis  secum  illis  constitu- 
tionibns, sino  licentia  vicariorum  transfretavit.  Et  ad  beatum  Franciscum  venions  inprimis 
culpam  snam  coram  ipso  dixit,  voniam  petens  super  eo,  quod  ad  ipsum  sino  licentia  accos- 
sisset,  hac  necessitate  ìndnctus,  quod  Ticarii,  qnos  rcliqnerat,  super  suam  regulam  novas 
leges  adiicere  praesnmpsissont,  insuper  adiicien8,.qnod  Ordo  per  totam  Italiam  turbaretnr 
tam  per  ricarios  qoam  per  alios  fratres  nova  praesnmentes.  Constitutionibns  perlectis, 
cum  beatus  Franciscns  esset  in  mensa  et  carnes  appositas  ad  manducandnm  coram  se 
haberet,  dixit  fratri  Petro  :  «  Domine  Petre,  quid  facimus  »  ?  Et  ilio  respondit  :  «  Ha,  do- 
«  mine  Francisce,  quod  vobis  placet,  quia  potestatem  habetis  vos  » .  Et  quia  frater  Petras 
▼ir  litteratus  erat  et  nobilis,  beatns  Franciscns  proptor  suam  urbanitatem  ipsum  hono- 
rando  dominnm  appellavit.  Et  haec  mutua  reverentia  fnit  inter  ipsos  tam  ultra  mare 
qnam  in  Italia.  Et  sic  tandem  beatus  Franciscus  intnlit:  «  Comedamus  ergo  secundum 
«  Evangelium  quae  nóbis  apponuntur  ». 


(1)  Sul  Catatù  redi  quanto  diciamo  nel!' articolo  a  parte  sotto  l'anno  1219-20. 

(2)  Fr.  Gregorio  di  Napoli,  nipote  di  papa  Gregorio  IX  e  amico  di  fr.  Elia,  fu  poi  prò- 
▼ineiale  in  Francia  1224  {Eccleston  in  Aned.  frane,  t.  I  p.  218)  ove  ricevette  nell'  Ordine 
fr.  Aimone  da  Faversfiam  (ib.  p.  229).  Questi  poi  generale  dell'Ordine  (1240-44)  e  fratrem 
Chegorium  de  Neapoli,  ministrum  Franciae,  merìtiB  suis  exigentibus,  a  ministerio  fécit  amo- 
veri,  iusto  Dei  iudicio,  solutis  bis  quos  ipse  iinmerito  incarceraverat,  fecit  incarcerari.  Fratrem 
quoque  Heliam,  qui  ministcr  generalis  erat  [1232  39],  propter  Mandala  quae  fiecit,  et  tyran- 
nidem,  quam  in  zelatores  Ordinis  ezercuit,  in  praesentia  patris  nostri  papae  Gregorii, 
appellantibus,  procurante  eo,  contra  ipsum  plurìmis  provinciis,  miro  Dei  favore  deiecit. 
Quia  vero  [esclama  qiÀ  V  Eccleston]  de  sais  mentis  pracsumere,  quis  de  se  tutus  esse  possit, 
cum  tales  personas  ad  tantam  calamitatem  pervenisse  cognoverit?  Quis  enim  Gregorio  in 
praedicatione  vel  praelatione  in  Universitate  Parisius  vel  clero  totius  Franciae  comparabilis? 
Quis  in  universo  ehristianitatis  orbe  vel  gratiosior  vel  famosìor  quam  HeUatf  Et  tamen 
unus  in  fine  meruit  perpetuum  carcerem,  alius  propter  inobedientiam  et  apostasiam  suam 
summi  Pontificis  excommunicationem.  (Jtrumque  tamen,  licet  sero,  poenituit  > .  {Anal.  frane. 
tip.  230).  Altre  notizie  sulla  vita  di  fr.  Gregorio,  morto  vescovo  di  Bayeux  nel  1276, 
vedi  Sabatier  Spec.  Perf.  p.  332-33. 

(3)  E  questi  fr.  Stefano,  detto  da  alcuni  dt  Nami,  del  quale  parliamo  nel  presente  vo- 
lume sotto  l'anno  1220. 


40  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

U  13.  —  Eodem  tempore   fait   ultra  mare  pythonissa  qaacdam,  qnae  multa  vera  prae- 

dixit,  ondo  et  lingua  illa  veridica  est  appellata....  (1).  «  Iledite,  redite,  quia  per  abscn- 
«:tiam  fratria  Francisci  Or  do  turbatur  et  scinditur  et  dissipatur».  Et  hoc  verum  fnit. 
Nam  frater  Philippiis,  qui  erat  zelator  dominarnm  pauperum,  coutra  voluntatem  beati 
Francisci,  qui  omnia  per  humilitatem  maluit  vincere  qnam  per  indicii  potcstatem,  impc- 
travit  litteras  a  Sedo  apostolica,  quibus  dominas  defenderet  et  tnrbatores  earum  excom- 
mnnicaret.  Similiter  et  frater  Johannes  de-  Conpello  (2),  collecta  magna  multitudine  le- 
prosorum  et  virorum  et  mulierum,  Ordini  se  subtraxit  et  fundator  novi  Ordinis  esse  voluit. 
lìegulam  quandam  conscripsit  et  prò  ipsa  confirmaiida  se  cum  suis  Sedi  apostolicae  prae- 
sentavit.  Et  praeter  haec  quaedam  alia  turbationum  exordia  in  beati  Francisci  absontia, 
sicut  illa  veridica  praedixerat,  sunt  oxorta. 

14.  — -  Beatus  Franciscus,  assumptis  secum  fra  tre  Helia,  et  fratre  Petra  Cathaniae 
et  fratre  Caesario,  quem  frater  Helias  minister  Syriae,  ut  dictum  est  supra,  receperat, 
et  aliis  fratribus,  rediit  in  Italiam  (3).  Et  ibi  causis  turbationum  plenins  intellectis,  non 
ad  tnrbatores,  sed  ad  dominum  papam  Honorium  se  contnlit.  Ad  fores  ergo  domini  Papao 
Pater  humilis  iacens,  cubiculnm  tanti  principis  perstrependo  pulsare  non  audebat,  sed 
eins  spontaneum  egressum  longanimiter  exspectabat.  Quo  egresso,  beatus  Franciscus,  facta 
ai  reverentia,  dixit:  «  Pater  Papa,  Deus  dei  tibi  paceni  ».  At  ille:  «  Benedicat  te  Deus, 
«  fili  ».  Et  beatus  Franciscus:  «  Domine,  eum  sis  magnus  et  magnis  sa^e  praepeditus 
*  negotiis,  pauperes  ad  te  accessum  habere  saepe  non  possunt,  nec  tibi  loqui,  quoties  ne- 
«  cesse  hdbent.  MuUos  miJii  papas  dcdisti,  da  umim,  cui,  cum  necesse  habeo,  loqui  pos- 
<i  sim,  qui  vice  tua  c^usas  meas  et  Ordinis  mei  aucliat  et  discutiat».  Ad  quem  Papa: 
«  Quem  vis,  ut  dem  tibi,  fili  »  ?  Et  ille:  «  Dominum  Ostiensem  * .  Et  concessit.  Cum  ergo 
beatus  Franciscus  domino  Ostiensi,  papae  suo,  causas  turbationis  suae  retnlissot,  litteris 
fratris  Philippi  in  continenti  revocavit,  et  frater  lohannes  cum  suis  cum  verecundia  a 
Curia  est  repulsus, 

15.  —  Et  sic  tnrbationibns,  Domino  favente,  subito  sedatis,  Ordinem  secundnm  sua 
statuta  reformavit.  Et  videns  beatus  Franciscus  fratrem  Caesarium  sacris  litteris  erndi- 
tum,  ipsi  commisit,  ut  regnlam,  qnam  ipse  simplicibus  verbis  conceperat,  verbis  Evan- 
gelii  adornarci.  Quod  et  fecit.  Et  quia  fratres  de  divorsis  rnmoribns,  quos  de  beato  Fran- 
cisco andierant,  aliis  dicentibus  ipsum  mortuum,  aliis  occisum,  aliis  snbmcrsum,  plurimi 
turbati  fnerant,  intelligentes  quod  viveret  et  quod  iam  rediisset,  prae  gaudio  nova  lux 
cis  oriri  visa  est.  Beatus  autem  Franciscus  statim  ad  Sanctam  Mariam  de  Portiuncula 
indixit  capitnlum  generale, 

16.  —  Anno  ergo  Domini  1221,  decimo  kalendas  lunii  (4)  indictione  14,  in  sancto 
die  Pentecostes  beatus  Franciscus  apud  Sanctam  Mariam  de  Portiuncula  celobravit  capi- 
tulum  generalo,  ad  quod  capitulum  secundum  consuetudinem  Ordinis,  quae  tunc  crai, 
tam  professi  quam  novitii  convenerant.  Et  aestimati  sunt  fratres,  qui  tane  conveneraut, 
ad  tria  millia  fratrum  etc....*. 

Sec.  Xm-XIV.  —  Anonyme,  Prisonnier  au  Ohatelet.  —  Oronique 
de  Franco  et  dea  Oroisades.  (Cod.  memb.  sec.  XIV  in  fol.  della  Nazionale  di  Parigi, 
frane.  352.  Cfr.  Rolir.  Testim.  min.  Praef.  n.  88.  e  pag.  133). 

Questo  compilatore  anonimo  compendia  il  continuatore  di  Guglielmo  di  Tiro   che  va 
12   sotto  il  nome  di  Ernoul  edito  dal  Mas  Latrie,  e  da  noi  più  sopra  riportato  al  num.  2. 
Il  racconto  dell'Anonimo  è  come  segue: 


(1)  Qui  nel  codice  manca  qualche  parola,  come  notano  gli  editori. 

(2)  Comunemente  detto  de  Capella. 

(3)  Alla  partenza  del  Santo,  ritornato  in  Italia  coi  mentovati  suoi  compagni,  restavano 
senza  dubbio  non  pochi  in  Terra  Santa,  ormai  provincia  dell'Ordine  dal  1217,  come  ab- 
biamo visto,  e  come  vedremo  di  seguito. 

(4)  Piuttosto  «  tertio  KeU.  lumi*,  cioè  ai  30  di  Maggio  1221,  come  correggono  gli  Edi- 
tori degli  Analécta  franciscana  al  tomo  II. P;  18  nota  4. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  41 

«  Il  y  avoit  ij  clers  en  Damiate  qui  alerent  par  condait  au  sondant  et  li  disent  12 
qn'  il  vonoient  a  lui  pour  Ini  sauver  s'  arme  s' il  Ics  voloit  bien  croìre.  Li  soudans  lor 
dist  qu' il  avoit  de  boins  olers  de  sa  loy  qne  il  manderoit.  Mandós  fnrent;  si  distrent  au 
soudant:  «  Sire,  tu  es  expiex  de  la  loi,  si  la  dois  garder.  Nous  te  commandons  de  par 
«.  Maìiomet  que  tu  a  ces  ij.  faces  les  txistes  cauper.  Car  ensi  Vensaigne  la  lois».  Il 
respondi  que  non  feroit,  mes  dist  as  clers  :  <f  Ou  cas  que  vous  estes  venus  pour  m' ante 
«  sauver,  se  volés  demourer  o  moi,  te  vous  donrré  grans  possessions  ».  Gii  disent  quo 
non,  ne  il  ne  vaudrent  prendre  nus  presens  que  on  lor  vout  faire.  Lors  les  fist  racon- 
duire  on  l' est  des  crestiens  »  (Ms.  cit.  fol.  169  b.). 

TESTIMONIA    SAEOULI   XIV. 

C.  1318  —  La  Leggenda  Antica:  nuova  fonte  biografica  dì  S.  Francesoo 
d'Assisi,  tratta  da  un  Oodice  Vaticano  e  pubblicata  da  Salvatore  Minooohi  con  un'  Intro<- 
duzione  storica.  —  Firenze  1905,  di  pp.  XXXII-184  in  8  gr. 

Con  questa  leggenda  apriamo  dunque  la  serie  delle  memorie  su  S.  Francesco  compi-  13 
late  nel  secolo  XIY.  Tuttoché  il  compilatore  di  questa  e  simili  leggende  non  possa  dirsi 
teste  tanto  autorevole  quanto  i  precedenti,  e  specialmente  quanto  i  biografi  detti  officiali  ; 
ciò  non  pertanto  la  critica  seria  non  può  disconoscere  il  valore  storico  d'una  qualunque 
compilazione  redatta  però  su  memorie  ben  più  antiche;  e  tal  è  appunto  la  presente  leg- 
genda, compilata  si  verso  il  1318,  ma  sulle  memorie  scritte  da' così  detti  Tre  Compagni 
del  Santo,  e  presentate  al  generale  Crescenzio  nel  1246. 

Ma  poiché  siamo  nel  campo  delle  leggende  compilate  nel  sec.  XlV,  e  poiché  dob- 
biamo esaminare  questa  leggenda  é  le  altre  simili  fonti  a  lei  coeve  (come  la  Cronaca  delle 
Tribolazioni,  gli  Actus  o  Fioretti  ecc.),  crediamo  opportuno  di  riportare  qui  quello  stesso 
giudizio  da  noi  espresso  altrove  a  proposito  di  queste  fonti,  giudizio  motivato  appunto 
dalla  presente  nuova  pubblicazione  del  eh.  prof,  Minocchi  (1). 

Il  nostro  esame  si  verserà:  —  1"  sulla  Leggenda  umbra  di  Mons.  Paloci  e  sulla 
Leggenda  del  Cod.  Capponiano  edita  dal  Minocchi,  —  2"  sulle  relazioni  di  questa  colla 
Oronaca  delle  Tribolazioni,  —  3°  chi  sia  l'autore  della  legg.  Capponiana,  e  —  4"  se 
sia  mai  esistita  una  vera  e  propria  legenda  antiqua. 

1.  —  Dopo  i  Nuovi  Studi  sulla  Legenda  3  Sociorum,  dopo  un  dotto  lavoro  sulla 
Questione  francescana^  e  dopo  un  gioiello  della  lingua  toscana  Le  Mistiche  nozze  di 
S.  Francesco  e  Madonna  povertà,  l'instancabile  Minocchi  ci  regalò  quest'altro  cimelio 
francescano  che  egli  battezza  col  lusinghiero  titolo  di  Leggenda  antica  (2).  Senza  fare 
sfog^o  di  critica  pedante  o  meschina,  noi  senz'  altro  salutiamo  (se  non  la  scoperta,  per- 
chè in  parte  nota)  la  comparsa  di  questa  leggenda  ;  la  salutiamo  e  perchè  fin  qui  inedita, 
e  perchè  getterà  non  poca  luce  sulle  fonti  francescane  del  secolo  XIII  e  XIV.  Già  il  Faloci 
(in  Misceli,  francese.  Vili,  81-119)  nel  1901,  aveva  pubblicata  parte  di  questa  leggenda, 
cioè  i  soli  84  primi  capitoli,  quali  trovò  in  un  cod.  incompleto  di  Todi  (manoscritto  del 
sec,  XV),  giudicandola  opera  meschina,  di  nessun  valore  storico,  e  redatta  (egli  crede)  da 
qualche  frate  umbro  e  nel  dialetto  umbro.  Ora  invece  il  Minocchi,  più  fortunato,  ce  la 
presenta  nella  sua  pretesa  o  supposta  integrità  di  78  capìtoli  (o  meglio  80,  computati  i 


(1)  Vedi  il  periodico  fiorentino  Ltice  e  Amore  anno  II  (1905)  p.  255-64. 

(2)  Im  Leggenda  antica:  Nuova  fonte  biografica  di  S.  Frane.  d'Assisi....  pubblicata  aà 
Salv.  Minocchi  ecc. 


42  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

13  capp.  13  e  57  che  son  bis)  quale  ce  la  conservò  il  cod.  Vaticano-Capponiaiio  num.  207, 
scritto  nel  sec.  XVI. 

Il  Minocchi  non  si  cara  punto  del  testo  tnntilo  del  Faloci;  o  col  silenzio  assoluto 
mostra  in  proposito  di  non  far  caso  de'  criteri  storici  del  dotto  francescanofilo  di  Foligno. 
Noi  non  lo  imiteremo;  ma,  senz' alcuna  preoccupazione,  esporremo  il  criterio  di  ambedue 
e  ci  atterremo  alla  verità  ovunque  ella  si  trovi. 

Il  Faloci  battezza  la  sua  leggenda  col  titolo  di  Vita  di  S.  Francesco  e  de'  suoi  com- 
pagni, testo  inedito  di  volgare  umbro  del  XIV  secolo.  Nel  titolo  vero  della  leggenda 
che  è  Incomenza  la  vita  del  povero  et  humile  servo  di  Dio  Francesco....  la  quale  scrip- 
sero  quattro  solemne  persone  ec,  egli  vi  scorge  soltanto  l'identità  del  titolo  con  quello 
della  Cronaca  delle  Sette  Tribolazioni  del  Clareno,  e  «  lunghi  brani  »  di  questa  trascritti 
dall'  umbro  nella  sua  leggenda  (1).  H  resto  sarebbe  tutta  roba  tolta  alla  Leg.  3  Socio- 
rum,  allo  Speculum  Perfectionis  e  ai  pretesi  scritti  di  fr.  Leone.  Il  compilatore  umbro 
l'avrebbe  compilata  in  Umbria  verso  il  1320,  forse  all'ombra  della  Porziuncola  (che  il 
Faloci  si  compiace  di  chiamare  rocca  sacra  degli  Spirituali,  o  fanatici),  e  forse  forse 
compilata  su  i  monti  di  Collefiorito,  al  nord  di  Foligno,  ove  proprio  allora  si  maturava 
l'antico  ideale  de'  ianatici  abitatori  della  rocca  sacra;  ideale  che  finalmente  in  forma 
canonica  smembrò  l'Ordine  là  nel  convento  di  Brogliano  per  opera  del  B.  Paolo  Trinci. 
La  Vita  0  leggenda,  secondo  il  Faloci,  non  è  punto  una  traduzione  dal  latino,  ma  un  puro 
tosto  originale  di  volgare  umbro  del  trecento,  «  questo  cosi  <  puro  e  splendido,  al  quale 
se  uno  volesse  togliere  le  forme  dialettali,  difficilmente  troverebbe  altra  scrittura  da  egua- 
gliare all' infuori  de'  Fioretti  di  S.  Francesco». 

In  quanto  alla  lingua  dell'umbro,  lasciamo  la  questione  ai  cruscanti  ;  ma  la  leggenda 
per  noi  non  può  esser  un  testo  originale,  sibbene  una  barbara  versione  d'un  testo  origi- 
nale latino  oggi  nella  sua  integrità  sconosciuto.  —  Il  compilatore  umbro  fu  certamente 
uno  degli  Spirituali,  uno  della  rocca  sacra,  ma  «Dio  sa  (esclama  il  Faloci)  se  fu  sin- 
cero nello  scrivere,  se  fu  onesto  I  »  E,  se  questa  leggenda  serviva  abilmente  a  gabbare 
il  prossimo,  «  noi  dobbiamo  (dice)  biasimare  chi  fu  la  mente  direttiva  che  fece  pullulare 
questa  fioritura  partigiana,  fondandosi  scientemente  sopra  racconti  e  sopra  prodigi  desti- 
tnti  di  fondamento  » .  In  altri  termini  e  più  chiari,  il  Faloci  sospetta  nella  leggenda  del- 
l' umbro  una  buona  dose  di  menzogne,  di  disonestà  e  d' imposture  ;  e  perciò  storica  impor- 
tanza non  ne  ha  nessuna  ;  e  se  1'  umbro  cita  fr.  Leone,  il  Faloci  rimbecca  :  «  noi  gli 
crederemo,  ma  quando  avreino  letto  gli  scritti  genuini  di  fr.  Leone  !  *  Poi,  quasi  pentito 
di  questo  cosi  severo  giudizio  lanciato  contro  l' autore  della  leggenda,  il  Faloci  nota  in 
lui  una  grande  perizia  di  studi  biblici  e  teologici;  e  nella  legenda  una  «  vera  dottrina 
de'  santi,  e  un  complesso  di  verità  e  di  consigli  evangelici,  secondo  la  più  perfetta  orto- 
dossia cattolica  »  ;  e  per  tutto  ciò,  non  ostante  abbia  messa  in  dubbio  la  sua  onestà,  teme  di 
affibbiatali  apertamente  il  titolo  di  falsario,  e  preferisce  crederlo  ingannato  da  qualche  falso 
zelante  che  gli  die  a  bere  tante  corbellerie.  Il  Faloci  non  vide  e  non  pubblicò  che  i  soli 
34  capitoli  del  cod.  di  Todi;  ciò  non  pertanto  egli  si  dice  convinto  che  chi  si  prenderà 
la  pena  di  pubbli^re  l'altro  testo  integro  del  Cod.  Capponiano,  vedrà  con  lui  esser  vero, 
che  detta  leggenda  ntdla  contiene  da  cui  si  avvantaggi  la  storia.  Di  più,  il  Faloci  non  si  ò 
accorto  che  al  suo  testo  todino  mancava  non  solo  la  maggior  parte  del  corpo,  ma  anche 


(1)  Il  Faloci  dice  compilata  la  leggenda  <  verso  il  1320  o  in  quel  tempo  >  ;  come  dunque 
poteva  il  compilatore  di  esca  servirsi  della  Cronaoa  ddle  Tribokasioni  scritta  certo  non 
prima  del  1323? 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  43 

il  capo.  Di  fatti  il  Cod.  di  Todi  è  mutilo  in  principio  di  ben  tre  fitte  pagine  in  ottavo,  13 
e  principia  monco  così:  «  Cognohhe  adunque  et  recevette  questo  Francesco....  »  ;  laddove  il 
Capponiano  principia  :  «  Queste  quattro  scripture  overo  storie  chi  le  legerà,  ec.  » .  In  ul- 
timo, il  Faloci,  che  conosce  la  Crovuica  delle  Tribolazioni  del  Clareno  e  che  vide  «  lun- 
ghi brani  »  di  essa  riportati  nella  leggenda  di  Todi,  non  vide  che  quasi  tutti  i  34  capi- 
toli del  suo  Codice  (0  meglio  venVotto  su  trentaquattro)  sono  integralmente  e  verhotenus 
nella  Cronaca  Clarenitana. 

Ed  ora  veniamo  al  Minocchi  in  piena  antitesi  col  Faloci.  H  dotto  critico  fiorentino,  non 
curandosi  del  Cod.  monco  di  Todi,  preferì  di  studiare  invece  il  Cod.  Capponiano,  e  subito 
intuì  che  la  leggenda  meritava  di  veder  la  luce  non  in  soli  34  capitoli,  ma  nella  sua  integrità 
di  ben  80  capitoli  quali  si  hanno  nel  Cod.  indicato.  Vide  egli,  con  perspicacia  rara  di 
critico  emuncta^  naris,  la  reale  importanza  storica  dì  essa  leggenda  e  la  molta  luce  che 
può  faire  (e  la  fora  certamente)  intorno  al  grave  problema  delle  fonti  francescane,  pro- 
blema (come  egli  ben  preconizza)  che  «  ormai  felicemente  si  approssima  alla  sua  soluzione  ». 
Egli,  battezzandola  (sia  pure  con  qualche  esitanza)  col  nome  di  leggenda  antica,  le  diede 
proprio  il  nome  che  più  le  conveniva,  nome  che  le  fa  dato  da  autori  contemporanei  che 
la  citarono,  e  perciò  meritamente  la  potè  dire  anco  «  nuova  fonte  biografica  di  S.  Fran- 
cesco d'Assisi  » . 

n  Minocchi  (contrariamente  al  Faloci)  giudica  il  testo  della  Inonda  Capponiana 
una  traduzione  volgare  d' una  compilazione  (1)  originale  latina  detta  legenda  antiqua, 
originale  non  ancora  potuto  trovare  ;  e  la  traduzione,  persistile  e  lingua  la  dice  um,  po'  bar- 
bara, e  opera  di  qualche  pio  frate  cà)ruzeese  0  marchigiano,  poiché  vi  abbondano  le  forme 
abruzzesi  andò  per  hanno,  stando  per  stanno,  daendo  per  dando,  e  simili  ;  forme  dialet- 
tali che  probabilmente  mancano  nell'altro  testo  di  Todi  se  il  Faloci  non  le  rimodernò, 
poiché  ci  previene  di  aver  ridotta  alla  forma  moderna  l'ortografia  e  la  punteggiatura 
del  suo  manoscritto;  cosa  forse  che  non  garberà  a  molti,  sian  essi  dialettologi  umbri  0 
non  umbri. 

2.  —  Al  testo  del  Cod.  Capponiano,  soggiunge  il  Minocchi,  «  ho  dato  il  nome  di  Leg- 
genda antica.  Questa  designazione  gli  è  propria,  senza  dubbio,  per  giusti  motivi  » .  Ma, 
quali  sarebbero  questi  giusti  motivi  ?  Pochi  a  dir  vero,  anzi  uno  soltanto  ;  e  questo  tenne 
assai  per  chi  non  si  contenta  di  poco.  Il  vero  motivo  che  indusse  il  Minocchi  a  battez- 
zare la  sua  leggenda  per  quella  detta  antica,  sarebbe  a  rigore  e  soltanto  l'accordo  ma- 
gnifico che  vi  corre  tra  le  prime  pagine  della  leggenda  e  il  quasi  prologo  0  le  prime 
dieci  carte  della  fomosa  Cronaca  delle  Sette  Tribolazioni  del  Clareno  (2)  ;  il  quale  prò- 


(1)  Il  Minocchi  la  chiama  compUazione,  e  con  tutta  ragione.  E  difatti,  la  leggenda  ci 
si  presenta  in  una  forma  non  biografica,  né  puiito  redatta  in  forma  ordinaria  delle  leggende 
anteriori,  ma  si  nella  forma  di  simili  compilazioni  del  sec.  XIV.  Il  compilatore,  non  ostante 
abbia  riportati  fedelmente  lunghi  brani  o  capitoli  di  fonte  Leonina,  spesso  qua  e  là  ripete 
in  forma  più  compendiata  i  medesimi  racconti,  il  che  é  una  prova  più  che  evidente  che 
r  autore  della  leggenda  si  limita  a  compilare  una  raccolta,  e  perciò  le  ripetizioni  s' incon- 
trano spesso.  Cosi  per  es.  identici  fatti,  con  quasi  identiche  espressioni  sono  ripetute  nei 
capp.  11=63,  12=52,  18=52,  24=62,  40=64,  40=74,  42=70,  48=63  ecc. 

(2)  Ms.  lat.  delia  Laurenziana  PI.  XX  Cod.  7,  membr.  in  4»  picc.  di  73  fogli,  scritto 
nel  1381  da  un  fr.  Matteo,  Minorità,  probabilmente  tedesco,  poiché  scrive  lingwa,  sangwis  ecc., 
ms.  in  gran  parte  edito  dal  P,  Ehrle  S.  I.  in  Archiv  jur  LUt.  und  Kirckengesch.  nei  tomi  I 
e  IL  Un  altro  Cod.  latino  (ma  senza  il  cosi  detto  prologo  ricavato  de  legenda  antiqua)  è 
nell'  arch.  di  S.  Isidoro  di  Boma,  ambo  studiati  dall'  Ehrle,  che  col  Waddingo  non  dubita 


44  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

logo  0  le  10  prime  carte  (fol.  1-lOa)  portano  nel  margino  superiore  la  nota  o  indicazione 
de  legenda  antiqua,  e  questo  certamente  per  indicarci  la  provenienza  del  materiale  con- 
tenuto nelle  dette  carte  (1)  ;  laddove  il  resto  della  Cronaca  porta  passo  passo  le  semplici 
indicazioni  di  prima  trUtulaUo  (fol.  lOa),  sectmda  tribulatio  ec.  opera  originale  di  fr.  An- 
gelo Clareno. 

L'accordo  infatti  vi  è,  e,  più  che  un  accordo  magnifico,  v'è  (secondo  noi)  la  vera 
dipendenza  tra  l'una  e  l'altra:  dipendenza  che  il  Minocchi  non  ardisce  concedere  e  pre- 
ferisce tenere  che  ambe  dette  fonti,  la  leggenda  e  la  Cronaca,  dipendano  da  una  e  me- 
desima origine,  che  sarebbe  precisamente  la  legenda  antiqua  citata  nelle  dette  10  carte 
della  Cronaca  Clarenitana.  Ma  supposta  l' ipotesi  della  dipendenza,  egli  si  domanda,  chi 
da  chi  dipenderebbe?  La  Cronaca  dalla  Capponiana  o  viceversa?  L'ipotesi  d'una  vera 
dipendenza  della  leggenda  dalla  Cronaca,  non  è  punto  probabile,  egli  dice.  E  congettura 
bene,  anzi  perspicacemente  coglie  nel  vero,  sebbene  le  ragioni  che  arreca  non  passin  oltre 
la  probabilità;  ma  poi  si  lascia  ricadere  del  dubbio  quando  si  propone  la  questione  vice- 
versa :  <  Dunque  diremo  (soggiunge  il  Minocchi)  che  il  Clareno  dipende  proprio  dall'  ori- 
ginale dell'anonimo  Capponiano?  Le  varianti,  che  sussistono  fra  le  due  diverse  opere, 
non  ci  consentono  di  fare  conclusione  così  recisa;  ma  però  abbiamo  ai^omonti  a  suffi- 
cienza per  concludere  che  la  fonte  di  Angelo  Clareno  fìi,  se  non  proprio  quella,  una  so- 
migliantissima, per  ispirito  di  compilazione  e  per  pratica  redazione,  all'originale  latino 
dell'  anonimo  Capponiano  » .  A  nostro  giudizio,  le  varianti  (che  poi  son  minime  o  di  nes- 
sun conto,  massime  quando  si  sa  che  non  abbiamo  ancora  il  testo  originale  latino  della 
Capponiana)  non  dovevano  sgomentare  l'ardita  mente  del  Minocchi,  né  lasciarlo  indeciso 
e  titubante.  Gli  argomenti  poi  invocati  per  conchiudere  ad  un'altra  fonte  somigliantis- 
sima al  Capponiano,  della  quale  si  sarebbe  servito  il  Clareno  nelle  sue  Tribolazioni,  sono 
argomenti  troppo  vaghi  e  si  basano  sullo  spirito  e  pratica  di  compilazioni  simili  alla  Cap- 
poniana. Questa  fonte  somigliantissima  sarebbe,  secondo  il  Minocchi,  e  quella  miscela  di 
raccolte  e  documenti  separati  da  cui,  circa  gli  anni  medesimi,  nacquero  le  compilazioni 
maggiori  dello  ticchio  di  perfezione,  il  testo  latino  de'  Fioretti,  ed  altre  che  concorsero, 
più  0  meno  rifatte  e  disfatte,  a  formare  i  manoscritti   intitolati  :  Legenda  antiqua  » .  È 


dirla  opera  del  celebre  Clareno,  contro  il  Prof  Tocco.  Delle  versioni  italiane  conosciamo  il 
Cod.  della  Nazion.  di  Firenze  CI.  37,  n.  28,  cart.  in  4<>  di  344  ff.,  sec.  XYII,  monco  e  de- 
turpato dal  traduttore  o  copista;  e  nn  altro  Riccardiano  usato  dall' Ehrie.  Un  terzo  Cod. 
ital.  è  qnello  di  Siena  (che  ci  favori  gentilmente  I'  amico  P.  Razzoli,  acciocché  ci  fosse  di 
sussidio  nei  nostri  studii),  cod.  già  studiato  dall'  A£Fò  (  Vita  di  Fr.  Elia,  ed.  1783,  pag.  18-19), 
e  che  perfettamente  combina  col  testo  originale,  anzi  lo  completa  in  certe  lacune  o  sbagli 
dell'  amanuense  del  Cod.  Laurenziano.  (Ne  parleremo  in  un  art.  seg.).  Un  quarto  testo  ita- 
liano sappiamo  essóre  nella  biblioteca  de'  Marchesi  di  Soragna  a  Milano  (Via  Manzoni  u.  40) 
col  titolo  di  Oronaca  delle  VII  Tribolazioni  e  coli'  ezplicit  identico  a  quello  di  Siena  :  «  Fi 
niace  la  clanica  deìlordine  deUi  frati  Minori  adgli  anni  MCCCXXXIIII.  Dea  gratiaa  amen, 
amen,  amen  > .  Ci  fii  detto  esser  questo  un  Cod.  membranaceo  illustrato  con  miniature  di 
frati  maltrattati,  percossi  ecc.  Il  eh,  prof.  Tocco  che  sta  preparando  una  critica  edizione  del 
testo  latino  Laurenziano,  necessariamente  dovrà  ricorrere  anche  a  questi  ultimi  Codd.  italiani, 
che,  vogliamo  sperare,  gli  saranno  gentilmente  favoriti. 

(1)  La  massima  parte  della  materia  contenuta  nelle  10  Carte  del  Cod.  Laur.  e  indicata 
come  proveniente  de  legenda  antiqua,  trovasi  spezzata  entro  i  cap.  1-13  bis  della  leggenda 
Capponiana,  eccetto  i  capp.  8  e  11  che  sono  stati  omessi  dal  compilatore  della  Cronaca 
delle  Tribolazi(HLÌ. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  45 

verissimo  ;  ma  da  tutte  queste  fonti  la  critica  non  è  ancora  arrivata  a  discernere  e  schia-  13 
rire  la  fonte  somigliantissima  cui  allude  il  Minocchi  ;  non  possiamo  quindi  da  essa  trarre 
r  accordo  o  dipendenza  della  Cronaca  Clarenitana.  La  critica  oggettiva  deve  limitare  le 
nostre  ricerche  su  elementi  che  possediamo  lasciando  le  congetture  troppo  vaghe  e  incon- 
cludenti. Se  il  Minocchi  vide  nella  Capponiana  un  testo  della  leggenda  antica;  se  credè 
bene  di  darle  questo  nome  basandosi  sulla  nota  citazione  marginale  della  Cronaca  delle 
Tribolazioni  (1)  ;  se  per  conseguenza  giudicò  la  leggenda  ben  anteriore  di  tempo  (dicendola 
compii,  e.  1325)  a  quella  delle  Tribolazioni  (secondo  lui  compii,  e.  1335);  e  se  vi  scorse 
tanta  intimità  e  accordo  fra  esse  due,  interrotto  soltanto  da  poche  varianti,  non  comprendiamo 
come  abbia  cangiata  la  sua  prima  opinione,  negando  ora  una  vera  e  immediata  dipendenza 
dflla  Cronaca  dalla  leggenda,  ed  escogitando  invece  un'  altra  fonte  affatto  sconosciuta  (2). 
L' indubbia  dunque  anteriorità  della  leggenda  sulla  Cronaca,  concessa  anche  dal  Mi- 
nocchi  (3)  ;  r  accordo  magnifico  non  solo,  ma  la  riproduzione  verbotenUs  di  interi  capitoli, 


(1)  La  nota  marginale  de  legenda  antiqua  posta  nelle  prime  10  carte  del  ms.  Laurenziano, 
é  certamente,  come  ci  assicura  1'  Ehrle  e  come  abbiamo  constatato,  di  mano  diversa  e  forse 
più  recente;  tuttavia  essa  vale  sempre  come  una  testimonianza  dell'  anteriorità  della  leggenda 
e  della  dipendenza  della  Cronaca  da  quella. 

(2)  Noi  stiamo  dunque  col  Minocchi  del  1900  che  scriveva:  «  la  hg.  ant.  del  Cod.  Vatic. 
Cappon.  207  è  la  fonte  del  Clareno  »  (La  Leg.  3  Sodar,  pag.  116);  e  più  chiaramente  «  il 
Clareno,  verso  1330,  si  fé'  lecito  di  riprodurne  i  primi  capitoli  ed  altri  ancora,  a  lettera,  da 
lei  dipendendo  come  da  fonte  autorevole  »  (ibid.  pag.  125). 

(3)  Secondo  il  grave  giudizio  del  P.  Ehrle  (^Arclùv  cit.  tomo  II  pag.  116)  la  Cronaca 
delle  Tribolaz.  fu  compilata  non  prima  del  1323,  e  con  tutta  probabilità  in  detto  anno  ;  la 
leggenda  quindi  Capponiana  daterebbe  verso  il  1318-20,  contemporanea  allo  Spec.  Perf.  del 
1318,  dal  quale  però  non  dipenderebbe  immediatamente,  ma  1'  uno  e  1'  altro  da  una  fonte 
comune.  Anche  il  Minocchi  (Leg.  ant.  pag.  XXIII)  vede  tredici  capitoli  nella  leggenda  Cap- 
poniana di  un  -testo  prk  ampio  e  preciso  che  non  nei  corrispondenti  dello  Specidum,  e  gli 
paiono  la  fonte  di  questo  ;  ma  poiché  vi  scorge  due  (cap.  46,  47)  che  egli  dice  abbreviati  e 
derivati  dallo  Speculum,  non  si  decide  sentenziare  chi  da  chi  dipenda,  e  preferisce  supporre 
varie  redazioni  dello  Speculum.  Ma  in  questo  caso  a  noi  sembra  più  logico  ammettere  che 
r  uno  e  r  altro  de'  compilatori  ebbero  gli  originali  documenti  Leonini  del  1246,  piuttosto 
che  supporre  varie  redazioni  di  Speculum  che  non  conosciamo  ancora.  Citiamo  solo  un  brano, 
perchè  il  lettore  vegga  come  la  legg.  Cappon.  si  accosti  più  fedelmente  alla  fonte  genuina  e 
primaria  di  fr.  Leone  e  compagni: 

Legg.  Cappon.,  e.  64,  pag.  135:  Spec.  Perf.,  e.  22,  pag.  45,  lin.  17: 

«  AUi  quali  esso  (Francesco)  rispondeva:  «  Cui  respondit  (Franciscus):  Ego  nolo 

Io  non  voglio  lassare,  né  abbandonare  la  mia  dimittere  dignitatem  meam  regalem  et  heredi- 
dignità  regale  et  la  heredità  et  professione  mia  tatem  et  prof essionem  meam  etfratrummeorum, 
et  delti  miei  frati.  Et  io  fui  compagno  et  viddi  videlicet  ire  prò  eleemosyna  ostiatim.  Et  ali- 
con  li  miei  occhi  andare  per  la  helemosyna  ad  quando  ibat  cum  eo  ipse  qui  invitaverat  et 
uscio  ad  uscio.  Ad  laudem  Domini  Christi,  eleemosjnas  quas  acquìrebat  b.  Franciscus  ille 
Amen  » .  accipiebat  et  propter  eius  devotìonem  prò  reli- 

quiis  retinebat.  Qui  scripsit  haec,  vidit  hoc 
multoties  et  testimonium  perhibet  de  his  > . 
Lo  studioso  troverà  che  nella  leggenda  Capponiana  molti  sono  i  capitoli  assai  più  ori- 
ginali, più  ampli  e  più  precisi  che  non  i  corrispondenti  dello  Speculum,  e  quindi  più  fedeli 
al  testo  Leonino  (ai  cosi  detti  rotuli  di  fr.  Leone)  o  de'  Tre  Compagni  ;  e  i  più  de'  capitoli 
terminano  colla  originale  clausola  Ad  laude  de  Chritto,  amen;  clausola  che  manca  affatto 
nei  capitoli  spezzati  dello  Speculum  1318. 


46  BIBLIOTECA   —  TESTIMONIA  HISTOEICA 

13  di  mezzi  capitoli,  di  longhi  sqnarci,  che  dalla  leggenda  passarono  nella  Cronaca,  con  o 
senza  la  nota  di  provenienza  de  legenda  antiqua;  le  stesse  ragioni  che  una  volta  indus- 
sero il  Minocchi  a  riconoscere  la  dipendenza  della  seconda  Celanese  dallo  Speculum  pri- 
mitivo de' Tre  Compagni  (1246),  le  stesso  e  più  forti  ragioni  inducono  noi  a  concedere 
alla  Cronaca  maggior  accordo  e  maggior  dipendenza  dalla  leggenda  ;  e  per  ultima  ragione 
(non  sospettata  dal  Minocchi,  ma  che  a  noi  pare  certa)  verrà  l' identità  del  compilatore  di 
ambe  queste  opere,  come  vedremo  più  sotto.  Dunque,  buona  parte  della  Cronaca  delle  Tri- 
bolazioni non  solo  concorda  (1),  ma  dipende  immediatamente  dalla  Capponiana  (ben  inteso 
dal  suo  testo  originale  latino);  e  fino  a  tanto  che  non  avremo  sotto  gli  occhi  gli  origi- 
nali Leonini  da  cui  questa  e  lo  Speculum  1318  dipendono,  essa  è  per  ora,  e  sarà,  per  la 
parte  che  le  compete,  la  sola  fonte  genuina  della  Cronaca  Clarenitana. 

3.  —  Ma  e  chi  sarebbe  il  compilatore  della  leggenda  Capponiana?  Tanto  il  Faloci 
che  il  Minocchi  si  limitano  a  dircelo  uno  dei  zelanti  o  degli  spirituali  senza  curarsi  punto 
di  ricercarne  il  nome  credendolo  forse  sepolto  in  un  eterno  oblio,  come  appunto  il  nome 
d^li  altri  suoi  confratelli  contemporanei  compilatori  dello  Speculum,  degli  Aetus,  e  dei 
Fioretti,  giace  ancora  nascosto  a  maggior  tormento  degli  inconsolabili  francescanofili.  Noi 
non  pretenderemo  di  risuscitare  dall'oblio  un  nome  ormai  da  566  anni  morto  e  sepolto; 
egli  è  troppo  noto,  ma  nessuno  fin  qui  ce  lo  disse  anche  autore  o  compilatore  di  una  leg- 
genda su  S.  Francesco.  Il  compilatore  dunque  della  leggenda  Capponiana  non  sarebbe  altri 
che  il  troppo  noto  frate  Angelo  Clareno,  l'autore  stesso  della  ormai  celebre  Cronaca  delle 
Tribolagioni  !  Questo  indubbiamente  ci  sembra  risulti  dal  confronto  specialment  de'  capp.  17, 
28  e  29  della  leggenda  coi  relativi  brani  della  detta  Cronaca,  d'onde  evidentemente  ap- 
pare uno  e  stesso  esser  l' autore  delle  due  opere  (2).  Il  confronto  pure  della  Cronaca 
con  tutta  quella  poca  parte  della  leggenda  che  non  dipende  dagli  scritti  Leonini,  ma  che 
è  una  compilazione  su  memorie  più  recenti:  tutto  il  contesto,  lo  scopo  principale  e  forse 
unico  del  compilatore  zelante,  di  presentare  cioè  Francesco  come  specchio  e  modello  ai  frati 
di  perfezione  evangelica:  la  rigorosa  osservanza  del  Testamento:  le  profezie,  le  tribolazioni 
future,  le  rivelazioni,  perfino  il  costrutto,  termini  e  frasi  intere,  tutto  ci  tradisce  la  mente, 
fl  cuore  e  la  penna  del  Clareno.  Gli  studiosi  ne  giudichino  dal  s^uente  confronto.  H 
testo  latino,  in  certi  punti  più  abbondante  e  particolareggiato,  tradirà  ad  evidenza  l'autore 
di  ambedue  le  opere.  Là  ove  non  abbiamo  staccato  il  periodo  coi  puntini,  è  segno  che  esso 
corre  legato  colla  parte  che  precede. 

Chbon.  Tbibulat.  foL  13  a.  {Arcfiiv  tomo  Legoenoa  Cappon.  e.  17  :  Come  S.  Frane. 

II  pag.  110):  (3)  non  volse  intrare  m  un  locho  che  era  contro 

la  8.  povertà. 

«  Vidi  efiro  fratrem,  qui   audivit  eum  «  Viddi  io  ano  frate  che  udì'  predicare 

[b.  Francùcum]  Bononie  predicantem,  et  qui      ad  Bologna,  et  quelli  che  questo  havevano 


(1)  Il  Minocchi  in  una  nota  a  pag.  XV-XVI  tocca  brevemente  dell'  accordo  e  dello  stcUo 
preciso  che  egli  vi  scorge  tra  la  leggenda  e  le  Tribolazioni;  e  trova  l'  accordo  tra  le  due 
opere  nei  seguenti  capp.  della  leggenda:  1-4,  7,  9, 10, 12,  13  e  13  bis,  14, 18, 19,  21-27.  A  questi 
noi  aggiungiamo  anche  i  capp.  5,  6,  15,  16,  17,  20,  28  e  29  che  pure  trovansi  verbalmente 
riprodotti  nelle  Tribolazioni  ;  i  più,  sono  nel  cosi  detto  prologo  e  prima  tribolazione,  il  cap.  28 
nella  quarta,  e  il  29  nella  quinta  tribolazione, 

(2)  Anche  il  titolo  o  la  rubrica  principale,  quasi  eguale  in  tutte  le  due  opere  «  La  quale 
vita  scripsero  quattro  solemne  persone  ecc.  > ,  tradirebbe  alquanto  la  comune  loro  origine. 

(3)  Il  Sabatier  {Spec.  pag.  15-16)  e  il  Minocchi  fan  corrispondere  questo  brano  al  cap.  6 
dello  Spec.  (=2.  CSel.  3,  4),  quando  invece  si  tratta  di  due  fatti  ben  distinti. 


DE  S.   PKANCISOO  IN  ORIENTE. 


47 


hoc  videbant  et  referebant,  qui  intrans  civi- 
tatem,  cum  voluisset  ad  suorum  fratrum  de- 
clinare locum,  audit  ibi  domam  edificatam 
promissos  paupertatis  terminos  excedentem 
et  retrocedens  ivit  ad  domum  fratrum  Pre- 
dicatorum,  qui  cum  magno  gaudio  receperunt 
eum....  etc.  » . 

Chbon.  Tbibdlat.  fol.  37  b.-41  a  {Archiv 
tomo  II  pag.  278-87): 

<  ....  Nam  excepUs  hiis  qtie  auperius  data 
8unt,  Sanctus  Franciscus  tara  distincta  pre- 
dixit  mala  post  eum  suis  imitatoribus  in  re- 
ligione intra  et  ab  extra  ventura,  quod  eciam 
excommunicaciones  contra  eos  ab  aliquo  sum- 
mo  Pontifice  fiendas  prophetaverit,  et  quod 
beatus  esset,  qui  in  tribulacionibus  et  con- 
tradictionibus  superrenturis  et  suscitaturis 
sectatoribus  vie  et  vite  sibi  a  Domino  reve- 
late a  demoniis  et  hominibus,  non  scandali- 
zaretur  et  fixus  in  fide  et  pacientia  perma- 
neret. 

Sanctus  Egidius  revelationibus  certis  et 
clarissimis  illustratus  denunciabat  omnibus 
dicens  :   <  DebeUatio  facta  est....  » . 

Frater  Bemardus....  ait:  •  De  gradu  in 
gradum....  » . 

lacobus  de  Auximo....  Frater  lacobus  al- 
ter de  Massa  cui  Deus  apperuit  hostium  se- 
cretorum  suorum,  quo  frater  Egidius  de  As- 
sisio  (2)  et  Marcus  de  Montino  (3)  nuUum 
cognoscebant  nec  oppinabantur  in  mundo  ma- 
iorem,  cum  quibus  fr.  luniperus  et  Lucidus 
id  ipsum  senciebant,  quein,  dirigente  me 
lohazme  socio  fratria  prefati  Egridii,  vi- 
dero laboravi.  Hic  enim  fr.  lobannes,  cum 
de  quibusdam  hedificationis  causis  eum  in- 
terrogarem,  dixit  mihi  :  *  Si  vie  in  apiritucUibtu 
erudivi,  festina  cvm  fratte  lacobo  de  Ma^sa 
habere  coUoquium....  » ....  nec  est  homo  super 
terram,  quem  egro  tantum  videre  desidera- 
rem  (4). 


veduto,  el  recevevano  (1)  •  che  intrando  esso 
S.  Francesco  in  nella  cipt4,  e  volendo  andare 
de  li  frati  soy,  ivi  vedde  edificata  una  casa, 
che  trapassava  li  terminj  della  povertade  pro- 
messa :  retornò  indietro  et  andòsene  ad  locho 
delj  Predicatori,  li  quali  lo  recevettero  con 
grande  alegreza....  ecc.*. 

Leggenda  Cappon.  c.  28  :  Come  S.  Frane, 
et  alcuni  detti  suy  compagni  predixero  multe 
cose  che  dovevano  advenire  nella  Religione. 

«  Sancto  Francesco  predixe  tanto  distin- 
tamente li  mali  che  dentro  nella  Religione  et 
dalla  parte  de  fope  dovevano  sopravenire  alli 
soy  sequitatorì,  che  etiam  dio  prophetò  che 
serriano  facte  contro  de  loro  le  excommuni- 
tioni  de  alcuno  Papa.  Et  che  beato  serria 
chi  perseverasse  nella  patientia  et  nella  fede 
evangelica,  et  non  se  scandalìzasse  nelle  trì- 
bolationi  et  contradictioni  che  dovevano  so- 
pravenire,  et  essere  mosse  dalli  homini  et  dalle 
demonia  contra  delli  sequitatori  della  via  et 
vita  che  Dio  li  h  aveva  monstrata. 

Il  beato  frate  Egidio,  illustrato  de  chia- 
rissime et  certe  revelationi,  annuntiava  ad 
tucti  :    €  La  sconficta  è  facta....  * . 

Frate  Bernardo....  diceva:  t  De  grado  in 
grado....  » . 

Frate  lacobo  da  Osimo....  L'  altro  frate 
lacomo  da  Massa,  al  quale  Dio  apri  l'uscio 
delli  soi  secreti,  del  quale  fr.  E^dio  da  Pe- 
roBcia,  et  fr.  Marco  da  Motino  non  credevano, 
né  cognoscevano  ninno  maiure  nel  mundo,  et 
cosi  credevano  fr.  lonipero  et  fr.  Lucido. 


13 


(1)  Meglio  il  ms.  delle  Tribolazioni  (Cod.  di  Siena)  fol.  24  ▼.:  e  Io  viddi  uno  fratre  chel- 
ludi  predicare  ad  Bologna  et  quelli  che  questo  avevano  veduto  et  recitavano  che  entrando  ecc.  » . 

(2)  Il  Cod.  di  S.  Isidoro:  Egidius  de  Perusio;  cosi  pure  il  Cod.  di  Siena:  Egidio  da  Pe- 
rugia, fol.  68  r. 

(3)  Ms.  di  Siena,  frate  Marcilo  damonOno,  fol.  68  r. 

(4)  n  ms.  di  Siena,  qui  e  dappertutto  va  daccordo  col  Laurenziano  :  <  al  quale  io  mi- 
sforzai  di  venire  et  vedere  essendo  io  menato  alluj  da  fra  lohannì  compagno  del  sopra  decto  frate 
Egidio... 4  et  non  è  hnomo  sopra  la  terra  lo  quale  io  tanto  desiderassi  di  vedere  »,  foL  68  r-v. 


48 


BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTOEICA 


13  Iste  fr.  lacobus  circa  inicinm  ministra- 

cionis  fratria  lohannis  de  Parma,  semel  raptus 
tribus  diebus  insensibilìs  mansit  in  tantum, 
quod  fratres  dubirare  ceperunt,  ne  mortuus 
essct.  Huìc  scientta  et  intelligentia  scripta- 
raram  et  futurorum  cognitio  divinitua  data 
est.  Hvinc  rosavi  dicens  (1):  *  Si  verìim  est 
quod  avdivi  de  te,  non  abscondaa  a  me.  Audivi 
enim,  quod  eo  tempore,  quando  tribus  diebua 
quasi  mortuus  iaeuisti,  inter  alia  Deus  ea, 
que  in  religione  ventura  sunt,  demonstravit 
tibi*....  qui  fr.  lacobus  inter  alia  manifestavit 
mihi  et  dizit  rem  valde  stupendam.... 

Frater  vero  Bonns  Romeus  (2),  qui  pre 
multis  lacrimis  et  senio  visum  perdiderat, 
quem  ipse  fr.  Bonaventura  libenter  audiebat, 
sub  enigmate,  quod  egro  scienter  omitto 
caiisa  brevitatìs,  tres  partes  de  ordine 
fiendas  in  fine  predicebat.  Prima,  ut  dicebat, 
erat  paucorum....  etc. 

Frater  Johannes  (3)  tria  principalitei-  pro- 
nunciabat....  etc.  Et  [fr.  Johannes]  accepta 
ab  eis  licentia  et  obedientia,  elegit  sibi  Eo- 
roanam  provinciam,  et  in  Romana  provincia 
locum  Grecii,  aptissimum  ad  spiritualem  quie- 
tem....  quo  loco....  vacavit  annis  XXX...  tantis 
in  morte  corruscans  miraculis,  quod  non  so- 
lum  civitatem  illam,  sed  omnes  villas  circum- 
adiacentes  et  castra...  etc.  > 


CuBON.  Tbibulat.  fol.  62  a.  {Archiv  tomo 
IIpag.311): 

«,...  Hic  vero  [Jr.  CTmnradu^']  miraculose 
de  mundo  vocatns  et  doctus  Christi  spiritus 
unctione  et  Ghristo  et  eins  fidei  totus  vizit; 
et  ita  vestigiis  S.  Franciuci  cordaliter  ad- 
hesit  et  se  totum  eins  morìbus  conformavit, 
ut  omnea  soci!  S.  Francisci  videntes  eum, 
quasi  alterum  Franciscum  se  videre  fateren- 
tur.  Quinquaginta  quinque  annis  et  amplius 
una  tantimi  tiinica  de  veteri  et  vili  panno, 
repeciata  de  sacco  et  aliis  peciis  contentus, 
nudia  pedibua  aemper  incedens,  preter  tu- 
nicam  et  cordam  numquam  in  vita  sua  aliquid 
habere  voluit;  nuda  humus  paleis  strata  vel 


Quisto  frate  lacomo  nel  principio  della 
ministratione  de  Johanni  da  Palma  stette  tre 
di  rapto  insensibile,  intanto  che  li  frati  co- 
menzaro  ad  dubitare  che  non  fosse  morto.  Ad 
costui  fo  dato  da  Dio  la  scientia  delle  scri- 
pture  et  lo  spiritu  della  prophetia. 


Frate  Borromeo,  el  quale  per  le  multe 
lacrime  et  vecchiezza  haveva  perduto  el  ve- 
dere, el  quale  Bonaventura  odiva  voluntieri, 
costui  adnuntiava,  che  finalmente  se  dove- 
vano fare  tre  parte  dell'  ordine  :  e  La  prima, 
secondo  che  esso  diceva,  sarrà  de  pochi....  ecc. 

Fra  Johanni  da  Palma,  tre  cose  princi- 
pali adnuntiava....  ecc.  Quisto  fr.  Johanni  de 
Palma,  havendo  ià  havuta  licentia  dallj  pre- 
lati, se  elegesse  la  provintìa  de  Roma  et  ad 
essa  andò.  Et  demorò  nel  locho  de  Breccia 
(Greccio)  el  quale  è  actissimo  alla  contem- 
platione....  nel  qual  locho....  servendo  Dio 
trenta  anni....  et  resplendette  alla  morte  de 
tanti  miracoli,  che  non  solamente  fé'  stupire 
de  meraviglie  nella  ciptà,  ma  tucte  le  castella 
et  ville  che  erano  circumstante,  ad  laude  de 
Cristo,  amen  > . 

LiEOOENDA  Cappon.  c.  29  :  De  fr.  Conrado 
de  Offida. 

<  Frate  Conrado  de  Offida,  easendo  chia- 
mato dal  mundo  miraculosamente,  et  admae- 
strato  dalla  untione  dello  spiritu  sancto,  vi- 
vette  tucto  ad  Christo  et  alla  sua  fede.  Et 
tanto  se  accostò  alle  vestigia  de  s.  Francesco 
et  conformòse  alli  sui  costumi,  che  tucti  li 
compagni  de  s.  Francesco,  quando  lo  vede- 
vano, dicevano,  che  pareva  ad  loro  vedere 
uno  altro  s.  Francesco.  Costui  cinquantacinque 
anni  et  piò  portò  una  tonicha  de  vecchio  et 
vile  panno,  repezzata  de  sacco  ed  de  altre 
pezze,  non  portandone  più,  andando  sempre 
scalzo.  Et  excetto  la  tonicha  et  la  corda  et 


(1)  Ms.  di  Siena,  fol.  68  v.:  e  Costui  io  pregai  dicendo....»  ecc. 

(2)  Ms.  di  Siena,  fol.  70  v.  :  e  fr.  Buonromeo  » . 

(3)  Ms.  di  Siena,  fot  71v.:'  cfr.  lohanni  de  parma  tre  cose  principali... 


>  ecc. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  49 

storicio  vel  tabula  lectus  eius  erat  ;  ab  ora-  le  mutanne,  non  volse  mai  bavere  altro  nella    13 

cione,  rigìliìs  et  ieiuniis  continuis  numquam  sua  vita.  La  terra  nuda  con  una  pocha  de 

cessans;  omnes  quadragesimas,  scilicet  Epy-  paglia  era  el  lecto  suo,  overo  con  una  stoya. 

fanie,  Apostolorum,  Domine  et  Angelorum  ad  Et  non  cessava  mai  de  orare,  de  vegliare  et 

exemplum  S.  Francisci  devotus  et  quantum  deiunare  continuamente.  Tucte  le  quadrage- 

poterat  ab  omni  colloquio  et  tumultu  seque-  sime,  cioè  della  Epiphanja,  et  delli  Apostoli, 

stratus  ieiunabat.  In  iuventute  sua  magnis  a  et  della  Dompna,  et  delli  Angeli  deiunava 

Deo  preventus  graciis,  sepe  in  aere  corpore  devotamente,  quanto  poteva  sequestrato  da 

sublevatus  a  terra,  dum  oraret,  inventus  est,  ogni  colloquio  et  tumulto,  come  faceva  sancto 

sicut  ego  ab  hiis,  qui  euin  Bursiun  la-  Francesco  nella  sua  iuventude.  Et  essendo  ri- 

tum  et  raptuiu  videnint,   firequenter  pieno  da   Dio  de  multe  gratie,   fo  veduto 

audivi  (1).  Fratres  lohannes  de  Parma  et  spesse  volte,  mentre  cbe  orava,  levato  con  lo 

Petrus  lobannes  eum  in  tanta  habebant  re»  corpo  in  aere,  si  corno  udi'  dire  più  volte 

verencia,  ut  eum  loquentem  magis  audire  de-  da  quelli  ohe  lo  viddero  rapto  et  levato 

siderarent,  quam  eo  presente  loqui.  Nam  fra-  ,da  terra.  Fratre  lohanni  da  Palma  et  frate 

tribus  in  persecucione  et  tribulacione  positis  Pier  lobanni  lo  bavevano  in  grande  e  tanta 

quos  ipse  ezemplo  vite....  etc.  » .  reverentia,   che  multo  piò   desideravano  de 

ascoltarlo,  che  parlare  in  sua  presentia.  Ad 
laude  de  Chriato,  amen  » . 

4.  —  Trovato  l' autore  della  Capponiana,  si  domanda:  le  compete  si  o  no  il  nome 
di  leggenda  antica  che  le  diede  il  Minocchi  basandosi  snlla  nota  citazione  del  cod.  Lan- 
renziano  delle  Tribolazioni?  Ma  e  che  cosa  è  questa  benedetta  legenda  antiqua  cotanto 
citata  dal  sec.  XIY  in  poi  ?  È  ella  mai  esistita  in  un  corpo,  in  un  tutto,  in  forma  di  una 
propria  e  vera  leggenda  e  col  proprio  nome  di  antica?  A  queste  domande  che  ci  siamo 
fatti,  dopo  un  serio  esame  delle  leggende  note  e  delle  varie  opinioni  in  proposito  dubbie 
e  contradittorie,  siamo  arrivati  ad  una  conclusione  piuttosto  negativa  in  fatto  di  una  vera 
e  propria  leggenda  detta  antica.  E  cioè,  che  la  secunda  del  Celano,  lo  Spec.  Perfectionis 
(sia  quello  ipotetico  ancora  del  1246,  o  quello  d'  Ognissanti  181 8)^  la  monca  e  tradizio- 
nale leg.  3  Sociorum,  la  massima  parte  degli  Adita  (e.  1322-28  ed.  Sabatier),  e  presen- 
temente la  massima  parte  anche  della  leggenda  Capponiana  del  Minocchi  (e  se  qualche 
altra  raccolta  simile  sorgesse  dall'  oblio)  :  tutte  queste  raccx>lte  o  compilazioni  della  prima 
metà  del  sec.  XIY,  compresa  la  Celanese,  provengono  in  complesso  da  una  e  medesima 
fonte,  dagli  scritti  ("o  rotuli)  cioè  Leonini  o  de'  Tre  Compagni  (Leone,  Angelo  e  Rufino)  : 
vale  a  dire  da  quegli  scritti  compilati,  come  sappiamo,  non  per  modum  Ugendae,  conti- 
nuatam  ystoriam  non  sequentes,  e  presentati  nel  1246  al  generale  Crescenzio.  Ai  quali 
scritti  Leonini,  sia  sparsi  in  brani,  sia  raccolti  come  nelle  varie  compilazioni  suddette, 
potrà  senza  dubbio  loro  competere  (e  fu  loro  realmente  dato)  il  nome  o  di  legenda  3  So- 
ciorum, 0  quello  se  volete  di  Specuhtm  Perfectionis,  o  quello  anche  più  comune  di  legenda 
antiqua.  Tutti  questi  nomi  non  indicano  che  una  e  medesima  primaria  fonte,  tramandataci 
più  0  meno  genuina,  e  fatta  e  rifatta  con  giunte  a  scopo  pio  dai  vari  compilatori  della 
prima  metà  del  sec.  XIV,  dalla  quale  epoca  datano  anche  le  denominazioni  suddette.  Sic- 
come ormai  la  critica  più  illuminata,  pare  abbia  a  sufficienza  dimostrato  non  esser  mai 
esistita  una  vera  e  propria  leg.  3  8oc.  *  per  modum  legendae  (2)  »,  cosi,  in  base  delle  stesse 

(1)  Ms.  di  Siena,  fol.  94  r.  :  €  come  io  udij  dire  ispesse  volte  da  quelli  chello  avevano 
veduto  rapito  et  levato  da  terra.  Fratre  lohanni  de  parma,  et  fratre  Pietro  lohanni  lo  ave- 
vano in  tanta  reverentia....  >  ecc. 

(2)  Yeggansi  le  serie  ragioni  del  P.  Van  Ortroy,  Leg.  3  Soc.  in  Anal.  BoUand.  tomo  XIX 
pag.  119  s.   Cfr.  P.  Lemmens,  Docwnenta  antiqua  tomo   I  pag.  26  s.  —  Il  Minocchi  (La 

Bibìkft.  -  Tom.  I.  4 


50  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTORICA 

13  ragioni,  non  possiamo  credere  all'  esistenza  d'  una  vera  e  propria  legenda  antiqita,  diversa 
dalla  Celanese,  diversa  dallo  Spec.  Perf.  e  dagli  scritti  dei  Tre  Compagni.  Il  nome  qnindi 
.  di  leg.  ant.  e  piuttosto  un  nome  generico,  dato  spessissimo  volte  dagli  scrittori  del  sec. 
XIV  al  materiale  contenuto  nello  Spec.  Perf.,  negli  Acius,  nella  leggenda  Capponiana  e 
in  altro  raccolte  note  o  ignote  ;  e  non  già  un  nome  specifico  d'  una  data  leggenda  non  mai 
esistita  (1).  Il  nome  dunque  di  kg.  ani.,  fu  dagli  scrittori  del  sec.  XIV  usato  nel  senso 
lato  e  generico  per  indicarci  precisamente  le  fonti  comuni  ed  eguali  di  tempo,  Celanese  e 
de'  Tre  Compagni  (1246),  e  fu  detta  antica  in  opposizione  di  solo  nome,  o  meglio  in  di- 
stinzione di  quella  di  S.  Bonaventura  detta  nova,  perchè  più  recente  (1263). 

Le  note  quindi  compilazioni  (la  leg.  3  Soc.  tradizionale,  lo  Spec.  Perf.,  gli  Actus  o 
FioretU  e  la  leggenda  Capponiana)  non  sono  altro  che  qnattro  rivoli,  pili  o  meno  in- 
torbidati nel  lungo  percorso,  provenienti  però  da  una  e  medesima  fonte,  detta  de'  Tre 
Compagni,  fonte  che  oggi  nella  sua  genuina  originalità  crediamo  irreparabilmente  perduta. 

A  tutte  queste  compilazioni  del  sec.  XIV,  preso  sia  individualmente  sia  collettiva- 
mente, compete,  oltre  il  proprio  nome  datolo  dai  codici,  anche  quello  più  comune  di  le- 
genda antiqua  dato  loro  dal  Pisano  e  da  altri.  Cosi,  per  le  ragioni  predette,  competerà 
alla  leggenda  Minocchiana  il  nome  di  antica,  a  condizione  però  di  non  attribuirlo  esclu- 
sivamente a  lei  questo  nome  che  è  comune  anche  alle  altre  compilazioni  dipendenti  dai 
Tre  Compagni.  Cosi  pure  il  Sabatier  potò  benone  apporre  allo  Speculum  il  nome  del  suo 
principale  autore  fr.  Leone  e  battezzarlo  leg.  antiquissima:  cosi  meglio  forse  fecero  i  PP. 
Marcellino  e  Domenichelli  tentando  di  ricostruirci  il  racconto  de'  Tre  Compagni  e  dandogli 
il  nome  più  proprio  di  leg.  3  Socìorum  ;  salvo  però  che  il  nome  non  s' intenda  dato  esclu- 
sivamente a  questa  o  quella  determinata  materia. 

In  conclusione,  saremo  dunque  arrivati  in  una  questione  di  puro  nome?  Il  risultato 
di  tanti  studi,  di  tante  ricerche,  di  tante  pubblicazioni  che  fecero  lambiccare  le  più  elette 
menti  per  ridarci  chi  la  Ug.,  3  Soc,  chi  la  leg.  antiqua  ecc.,  si  risolverebbe  in  una  que- 
stione di  puri  nomi  arbitrariamente  applicati  ad  un  materiale  già  noto?  Ad  altri  lasciamo 
r  ardua  sentenza.  E  sia  pure  che  a  questo  negativo  risultato  venga  a  condurci  l' inevitabile 
forza  della  critica  serena,  esso,  per  quanto  negativo,  nulla  però  avrà  demolito. 

Vista  comunque  l'importanza  della  Leggenda  Capponiana,  essa  è  per  noi  in  modo 
speciale  una  fonte  autorevole,  come  quella  che  è  la  prima  a  dirci  che  Francesco  coi  suoi 
fu  alla  visita  del  S.  Sepolcro  di  Gerusalemme.  H  caso  di  fr.  Barbaro  ci  è  dato  come  oc- 
corso realmente  nell'isola  di  Cipro,  ove  ci  dà  presente  anche  Francesco. 


leg.  3.  Soc.,  pag.  132-M)  chiama  temeraria  ed  assurda  questa  opinione  del  dotto  Bollandista 
che  cosi  venne  a  distruggere  l' ipotesi  creata  e  sostenuta  dal  critico  fiorentino,  che  cioè  la 
tradizionale  Leg.  3  Soc.  sia  opera  del  Ceperano.  Senza  entrare  giudici  nell'  ardua  questione, 
osserviamo  che  le  serie  ragioni  del  P.  Van  Ortroy  non  possono  venir  menomate  da  pure 
ipotesi;  e  presto,  crediamo,  la  sua  opinione  sarà  un  cànone  storico. 

(1)  Pel  Pisano  Io  Spec.  Perf.  e  la  legenda  antiqua  è  indubbiamente  tntt'  una  fonte,  come 
abbiamo  ccmstatato  in  più  di  trenta  luoghi  delle  sue  conformità  ;  p.  e.  cfr.  Pisano  ed.  1510, 
pag.  101  a.  {=Sp€c.  e.  71  bis=Z*5'5'.  Capp.  e.  35);  pag.  135  (==Spec.  ce.  8,  16);  pag.  142-44 
{=Spec.  co.  10,  53,  55)  e  molti  altri  citati  entro  i  capp.  14-96  dello  Spec.  di  Sabatier.  Gli 
Actus  parimenti  sono  dal  'Pisano  detti  leg.  ant,,  p.  e.  Confor.  pag.  143  b.  2=Acius  e.  17  — 
pag.  174  b.  l=.4c^  e.  28  —  pag.  207  a.  l.=Act,  e.  20;  cosi  pure  la  leggenda  Capponiana, 
nota  al  Pisano,  è  qualificata  per  leg.  ant.\  p.  e.  Confor.  pag.  28  a.  2=legg.  Capp.  e.  31  — 
pag.  168  b.  'À^degg.  Capp.  e.  27. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  51 


Como  Sancto  Francesco  andò  in  Terra  Sancta  (Legg.  antica  cìt.  cap.  13  bis):         13 

«  Ordinato  che  hebbe  Sancto  Francesco  et  pienamente  informati  ià  li  Frati,  et,  quanto 
era  in  sé,  conformatili  et  assodati^  con  divini  exemplj  et  parole  ad  observare  puramente 
et  fedelmente  et  ad  reverire  la  perfectione  della  vita  impromessa;  menato  adunque  et 
tracto  dal  fervore  della  caritade  seraphica,  per  la  quale  tucto  era  tirato  in  Christo,  de- 
siderando de  offerire  se  medesmo  hostia  viva  ad  Dio,  per  fiamma  de  martirio,  tre  volte 
se  mise  ad  andare  tra  li  infedeli]*.  Ma  day  volte  per  dispositione  divina  fu  impedito,  acciò 
per  provare  più  pienamente  la  fiamma  del  suo  fervore,  et  per  proponerla  in  ezemplo  ad 
qnilli  che  doveriano  venire. 

La  terza  volta,  dopo  multe  vergogne  et  dopo  multe  bactoture,  essendo  preso  et  le- 
gato, con  mnlt^  fatighe,  ordinò  Christo  che  fosse  menato  al  Soldano  de  Babilonia.  Et  stando 
nella  presentia  sua,  tucto  ardente  del  foco  dello  Spiritu  Saneto,  li  predicò  lesu  Christo 
et  la  sua  fede,  con  tanta  virtude,  et  con  tanta  viva  et  efficace  predicatione,  che  se  ne 
maravigliò  esso  Soldano,  et  li  altri  che  erano  presenti.  Peròche  alla  virtude  delle  parole, 
che  Christo  parlava  in  luj,  el  Soldano  convertito  fo  in  mansuetudine,  et  ascoltava  le  sue 
parole  multo  volnnteri,  centra  el  decreto  della  abominabile  legge  de  Maccoraetto.  Et  in- 
vitòlo  stantemente  a  demorare  nella  terra  sua,  et  ooznandò  che  esso  et  tuoti  li  Prati 
suoi  potessero  andare  al  Sepuloro  senza  pagrare  tributo.  —  A  laude  de  Christo. 
Amen  » . 

De  fratre  Barbaro  [in  Cipro].  (Legg.  cit.  cap.  59). 

«  Una  altra  volta  uno  certo  frate,  el  cui  nome  se  chiamava  frate  Barbaro,  el  quale 
staendo  et  demorando  nella  ysola  de  Òipry  (1)  ;  costui  si  dixe  una  certa  parola  al  suo 
compagno  non  multo  esemplare  né  edificatoria.  Della  quale  parola  quillo  suo  compagno 
alquanto  ne  fo  tribolato  et  scandalizato,  et  maxime  che  ce  era  presente  (2)  uno  nobile 
cavalliere  seculare.  Et  in  loro  presentia  quìsto  frate  Barbaro;  et  ritornando  poi  in  se, 
si  andò  et  prese  lo  sterco  dell'  asino  et  nella  sua  propria  bocca  se  lo  mise,  dicendo  ad  se 
medesimo:  «  Lingua  iniqua,  tollj  sterco  de  asino  et  magna,  perochè  nel  frate  mio  tu 
«  hay  decto  parola  de  iniuria  et  de  iracundia  » .  La  qual  cosa  vedendo  quello  nobile  ca- 
valliere et  quello  frate  offeso,  furono  assay  bene  edificatj.  Et  poi  quillo  nobile  cavalliero  se 
converti,  et  ogni  cosa  promesse  et  dette  ad  sancto  Francesco  et  alli  soy  frati,  etc.  (sic)  » . 

c.  1323  —  Fr.  Angeli  Clarenì.  —  Ohronioa  seu  Historia  septem  Tribnlatio- 
num  Ordinis  Minomm  (Cod.  memb.  Florentiae  Laurent.  FI.  20  cod.  7). 

Abbiamo  visto  nel  precedente  articolo  (pag.  46)  con  quanta  probabilità  abbiamo  attri-  14 
buita  al  Clareno  la  paternità  della  cosi  detta  leggenda  antica  edita  dal  Minocchi,  e  quale 
e  quanto  sia  1'  accordo  tra  essa  e  la  presente  Cronaca  dello  stesso  Clareno.  —  Ora  do- 
vremmo trattare  di  qnest'  altra  fonte  Clarenitana,  cui  dobbiamo  particolari  e  importanti 
notizie  su  S.  Francesco  in  Oriente;  ma,  dopo  i  dotti  studi  del  più  volte  citato  P.  Ehrle 
S.  J.,  ci  basterà  soltanto  di  constatare,  che  la  testimonianza  del  Clareno  ha  pei  critici  quel 
valore  storico  che  compete  a  testimoni  coevi  e  quasi  contemporanei,  o  suppari  agli  scrittori 
e  testimoni  già  riportati.  —  Il  P.  Ehrle  (3),  e  dopo  di  lui  il  Sabatier  (4)  han  dimostrato 
che  il  Clareno  vesti  1'  abito  francescano  poco  dopo  il  1260,  e  che  quindi  dovette  conoscere 
frate  Leone,  che  morì  10  anni  dopo,  e  i  più  anziani  frati  dell'  Ordine,  alla  testimonianza 


I 


(1)  Vedi  più  sopra,  a  pag.  18-19,  io  stesso  racconto  nel  testo  del  Celano  e  dello  Spec. 
Perf. 

(2)  Il  Minocchi  lesse  pure  invece  di  presente,  come  ebbe  a  constatare  il  Rev.  Le  Grelle 
nella  Rev.  d'hist  écclés.  Louvain,  An.  VI  (1905)  p.  379. 

(3)  Archiv  cit.  t.  I,  p.  509-520. 

(4)  Speculum  Perfectionis  p.  LXXIX  e  CXXXVII  s.  -  Gir.  Vie  de  S.  Frang.  p.  CI  a. 


52  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

dei  quali  egli  spesso  fa  appello  in  conferma  de'  fatti  che  narra.  Così  per  es.  in  queste 
Chronica  de  sepiem  tribulationibus  (Cod.  Laurenziano)  a  fol.  13  r.  dice:  «  Vidi  ego  fra- 
trem  qui  audivit  eum  [S.  Franciscum]  Bononiae  praedicantem  »;  a  fol.  24  r.:  «  Supererant 
adhue  multi  de  sociis....  de  quibus  ego  vidi  et  ab  ipsis  audivi  qune  narro,  qui  ex  toto 
corde,  revelata  eorum  patri  fideliter  et  pure  servare  satagebant  »;  a  fol.  27  v.:  «  Qui 
passi  sunt  eam  [tribulationem  tertiam  an.  1244-48]  socii  fundatoris  fratres  Aegiditis  (1) 
et  Angelus  (2),  qui  supererant,  me  audiente,  referebant  ».  E  cita  spesso  gli  scritti  di  fr. 
Leone;  così  a  fol.  12  v,:  *  Sicut  fr.  Leo  scribit»;  a  fol.  13  v.:  «  mì  fr.  Leo  refert  de 
capitulo  paupertatis  (3)  » . 

Tra  le  varie  opere  lasciateci  dal  Olareno,  notevoli  sono  per  la  storia  nostra:  1»  la 
Epistola  excusatoria  diretta  a  Papa  Giov.  XXII,  scritta  a  sua  difesa  tra  il  1317-18,  e 
pubblicata  prima  dal  nostro  P.  Flaminio  a  Latera  (4),  e  recentemente  dal  P.  Ehrle  (5)  con 
note  ed  ossarvazioni  critiche  ;  2»  il  presente  Chronicon  o  Historia  de  septem  Tribulationibus 
Ordinis,  edita  in  gran  parte  dal  ricordato  Ehrle  (6),  ma  nella  massima  parte  restata 
inedita  nel  Cod.  della  Laurenziana  (PI.  20  cod.  7),  che  attende  tuttora  V  ediziohe  completa 
promessaci  dal  Sabatier  con  note  e  introduzione  del  dotto  francescanofilo  Prof.  Felice 
Tocco  (7).  Il  Clareno  principiò  questa  Historia  poco  dopo  il  1318,  protraendone  il  rac- 
conto fin  quasi  il  1323  (8),  sotto  il  pontificato  di  Giov.  XXXII.  Del  Clareno  è  anche  la 
Expositio  super  Begulam,  di  cui  un  esemplare  trovasi  nel  nostro  archivio  di  S.  Isidoro 
a  Koma,  quale  presto  vedrà  la  luce  per  cura  del  noto  boUandista  P.  Van  Ortroy. 

In  ambedue  queste  opere,  nell'  Historia  e  nella  Expositio,  il  Clareno  parla  del  viaggio 
del  Santo  in  Oriente.  Da  lui  pel  primo  abbiamo  la  testimonianza  esplicita  che  il  Santo  si 
recò  realmente  nella  Terra  Santa  propriamente  detta,  cioè  in  Gerusalemme  e  nei  Luoghi 
Santi.  Dopo  l'accoglienza  avuta  dal  Soldano  ecc.,  il  Clareno  dice:  «  Soldanus....  ipsum 
et  omnes  fratres  suos  libere  ad  Sepulchrum  et  àbsque  tributi  solutione,  accedere  posse 
mandavit  ».  Poi  ricorda  come  nacquero  i  turbamenti  de'  frati  in  Italia  *post  Sancii  Fran- 
cisci  peregrinacionem  ad  ultra  marinas  partes  ad  vìsitandum  loca  sajiota,  et  Christi 
fidem  infidelibus  praedicandam  »;  e  in  ultimo,  dopo  aver  predicato  al  Soldano,  e  dopo 
avergli  il  Signore  manifestati  i  disordini  d' Italia,  il  Santo  «  Septdchro  Domini  visitato, 
festinus  ad  Chrisiianorum  terram  reversus  est  * .  Così  il  Clareno,  in  un  breve  racconto, 
per  ben  tre  volte  tocca  il  viaggio  del  Santo  in  Gerusalemme.  Lo  stesso  asserì  più  tardi 


(1)  B.  Egidio  d'  Assisi  mori  il  23  aprile  1261. 

(2)  B.  Angelo  da  Bieti,  presente  alla  morte  di  S.  Chiara  11  ag.  1253,  non  sappiamo 
quando  mori. 

(3)  Cfr.  Sabatier  Vie  cit.  p.  ClV-V. 

(4)  In  Supplem.  ad  Bullarium  (Romae  1780)  p.  153-64,  ove  con  una  splendida  difesa  il 
da  Latera  purga  il  Clareno  e  compagni  dalla  calunnia  di  eresia  che  con  poca  lealtà  storica 
gli  attacca  lo  Sbaralea,  seguito  in  ciò  con  indicibile  leggerezza  dal  moderno  Palomes  ;  il  quale 
per  giunta  mostra  tutta  la  sua  bile  contro  i  primitivi  zelanti  che  chiama  ^a^ìceJ^t  eretici,  e 
precursori  e  fondatori  della  Kegolare  Osservanza! 

(5)  In  Archiv  fiir  Liti.  u.  Kirch.  t.  I.  515  ss. 

(6)  In  Archiv  cit.  t.  II  p.  125-55,  256-327. 

(7)  Un  altro  esemplare  del  Chron.  de  septem  Tribtdat.  trovasi  nell'  Arch.  di  S.  Isidoro 
a  Eoma:  Cod.  cart.  in  8°  picc.  del  sec.  XY,  segnato  1/67,  ancora  in  buono  stato,  sebbene 
in  alcuni  luoghi  i  caratteri  sieno  sbiaditi. 

(8)  Anche  il  Boehmer  {Anaiekten  v.  Fr.  von  Assisi  p.  LXVIII)  le  OBBegaa,  Y  epoca  dì 
compilazione  dal  1314-23. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  53 

il  Pisano,  ma  la  sua  testimonianza  su  questo  punto  si  disse  tenue,  sola,  e  troppo  lon-  14 
tana  di  tempo,  come  quegli  che  scriyeva  nel  1385,  cioè  165  anni  dopo;  ora  invece,  data 
la  testimonianza  del  Clareno,  autore  snppare,  anzi  coevo  ai  fatti  (nato  e.  1240,  vestito 
e.  1260,  e  morto  più  che  nonagenario,  il  15  giugno  1337),  nulla  havvi,  crediamo,  che 
possa  menorare  la  sua  autorità  in  proposito,  e  cosi  esplicita.  Le  regole  della  sana  critica, 
debbono  valere  anche  per  questo  fatto  particolare  tramandatoci  dal  Clareno,  checché  ne 
sia  della  sua  troppa  buona  fede  che  gli  fa  scorgere  dappertutto  rivelazioni  e  prodigi  in 
sostegno  del  suo  troppo  fervido  zelo  per  la  regolare  osservanza. 

Premessa  una  breve  descrizione  di  3  Codd.  della  Historia  Trihulationum,  daremo  il 
brano  che  e'  interessa  dal  Cod.  lat..  Laurenziailo  con  a  fianco  la  traduzione  italiana  d'  un 
altro  Cod.  del  Convento  di  Siena.  In  ultimo  vi  aggiungeremo  quanto  il  Clareno  ripete 
nella  sua  Esposizione  della  Eegola  sul  viaggio  del  Santo  in  Oriente. 

a)  Cod.  lat.  della  Laurenziana  di  Firenze,  PI.  20  cod.  7.  —  Ms.  membr.  in  4  picc. 
di  73  fogli,  copiato  nel  1381  da  un  Minorità  di  nomo  frate  Matteo,  probabilmente  tedesco 
poiché  scrive  sangwis,  Ungwa,  manswetudo  ecc.  Sul  margine  superiore  delle  prime  10  carte, 
una  mano  diversa,  pose  questa  nota:  De  legenda  antiqua  hti.  Francisci.  Nella  carta  1* 
principia  :  In  nomine  Dni.  nri.  ihu.  xi.  am.  et  gloriose  Virginis  Marie.  —  Vitam  pau- 
peris  et  humilis  viri  Dei  Francisci,  trium  Ordinum  fundatoris,  quatuor  solempncs  per- 
sone scripserunt,  fratres  videlicet  scientia  et  sanctitafe  preclari  Johannes,  et  TJiomas  de 
Celano,  fr.  Bonaventura  Villi s  (1)  post  hm.  franciscum  generalis  ministcr,  ac  vir  mire 
simplicitatis  et  sanctitatis  fr.  Leo  eivisdem  sci  francisci  socius  :  has  IlIIor.  descriptiones 
seu  istorias  qui  legerit  ecc.  » . 

La  Prima  tribulatio  sive  persecutio  Ord.  B.  Francisci  principia  dal  foglio  10  r;  ter- 
minano al  fol.  73  r.  coli'  «  Expliciunt  Cronice  Ordinis  minorum.  —  Iste  libellus  scriptus  est 
sub  Anno  dni.  M'  CCO'  LXXXI",  X  VII  die  mensis  fébruarii  per  manus  fratris  Matìtei  » . 
H  nome  del  copista  frate  Matteo,  cassato  con  un  tratto  di  penna,  è  appena  leggibile. 

b)  Cod.  Hai.  della  Nazionale  di  Firenze.  —  È  la  versione  italiana  di  dette  cro- 
nache, segnato  Classe  XXX  VII  cod.  28,  cart.  in  4»  dì  344  carte  del  sec.  XVII.  Dopo 
r  indice,  che  precede,  ha  questo  titolo  in  rosso  :  «  Alcune  Croniche  del'  Ordine.  Inco- 
minciano alcune  Croniche  del' ordine  franciscano.  —  Come  la  vita  del' povero  et  humile 
servo  di  Dio  Francesco  fondatore  del  Minoritico  Ordine  fu  scripta  da  san  Bonaventura 
et  da  quattro  altri  (!)  frati  ».  L'  Incipit  è:  «  Qtteste  poche  (!)  scripture  o  veramente  hy- 
storie,  quello  il  quale  diligentemente  le  leggiera,  cxpeditamente  potrà  cognoscere  per 
le  cose,  le  quali  si  narrono  in  epsa,  la  vocatione,  la  conversatione,  la  sanctità,  la  in-^ 
nocentia,  et  la  vita  di  san  Francesco,  et  la  prima  et  ultima  intenzione....:».  Explicit: 
«  il  loro  maestro  sarà  Dio,  Christo  lesu,  et  lo  Spirito  Sancto  in  secula  saecidorum 
Amen.  U  fine  » . 

Dal  confronto  che  ne  facemmo,  ci  risultò  che  questa  versione  italiana  è  molto  difet- 
tosa e  in  più  luoghi  monca  ed  imperfetta. 

e)  Cod.  iial.  del  convento  di  Siena.  —  Ms.  già  noto  all'  Affò  (  Vita  di  fr.  Elia 
ed.  1783  p.  18-19),  appartenuto  al  conv.  dell'  Osservanza  di  Siena,  ed  oggi  presso  il  P. 
Razzoli  che  ce  lo  esibì  pei  nostri  studi.  L'  Affò  erra  dicendolo  mancante  della  settima  tri- 
bolazione. —  È  un  bel  cod.  cartaceo  in  8"  (di  centim.  20X14)  nitido,  tutto  d'  una  mano, 
e  ben  legato  in  cartapecora,  di  carte  scritte  151.  Nella  prima  carta  di  guardia,  una  mano 


(1)  Leggi  :  VII-US  =  septimue,  e  non  untts,  come  per  isvista  lesse  il  Sabatier,  Vie  p.  CV, 
e  Spec.  Pèrf.  p.  CXXXVUI. 


54  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

14  recente  scrisse  :  Della  Biblioteca  del  convento  dell'  Osservanza  di  Siena,  e  sul  dorso 
Chronicae  Vulg.  manuscriptae  ah  initib  Ord.  Min.  usque  ad  1334.  La  Cronaca  dolio 
sette  Tribolazioni  occupa  tutte  le  carte  lr.-134r.  del  codice,  e  combina  perfettamente  col 
testo  latino  della  Laurenziana,  di  cui  ò  anche  supcriore  in  più  luoghi,  ove  il  copista  latino 
non  riprodusse  il  testo  fedelmente  o  saltò  alcune  parole. 

Il  ms.  al  fol.  1  r.  ha  questo  titolo  in  rosso  :  «  Incommincia  le  croniche  Dellordinc 
Adbreviate  Et  persecutionj  overo  tribulationi,  la  vita  del  povero  et  humilc  servo  di  dio 
SCO.  Francescho  fondatore  delti  tre  ordinj  la  scrisseno  quafro  solemne  persone  preclari 
di  scientia  et  di  santitade.  Cioè  frate  iohi....  (1)  et  frate  Tommaso  da  celano,  et  Mi- 
sere SCO.  Bonaventura  da  bagnoreggio  scptimo  generale  Ministro  dopo  sco.  Francescho 
Et  luomo  di  mirabile  simplicitade  et  santitade  frate  Leone  compagno  di  sco.  Fran- 
cescho Capitulo  Primo  —  Principia  :  «  Queste  quattro  iscripture  overo  istorie  chi  le  leg- 
gerà et  isguarderà  diligentemente  potrà  cognioscere  spartitamente  per  le  cose  che  si  nar- 
rano in  esse,  la  vocatione,  la  conversatione,  la  santitade,  la  innocenza,  et  la  vita  dello 
seraphico  Francesco,  et  la  sua  prima  et  ultima  intentione....  ». 

A  foglio  134  r.  terminano  le  cronache  con  questa  rubrica  in  rosso:  «  Forniscie  la  cro- 
nicha  déllordine  delli  frati  minorj  dal  principio  che  cominciò  lordine  per  insino  agli 
Anni  del  singniore  Mille  trecento  trentaquatro  (nel  margine:  MCCCXXXIIIT).  Poi 
immediatamente  segue  :  Manciù»  laltra  croniche  che  segue  questa  di  sopra  :  Et  comincia 
net  Mille  trecento  trenta  quatro  et  va  per  insino  al  di  presente.  Dea  gratias.  Amen. 
Questo  libro  fu  fornito  di  scrivere  per  me  frate  Girolamo  luti  da  Siena  (2)  di  mia 
mano  nel  Mille  CCCCC5.  a^t  25  del  mese  di  magio  nel  luogo  overo  romitorio  di  bei- 
verde  * .  Dopo  le  7  Tribolazioni  Tiene  il  seguente  (fol.  135-37)  trattatello  :  <  InconUncia 
una  bella  doctrina  e  amaestramento  della  patienUa  secondo  che  diffenimo  et  dichiaromo 
dodeci  maestri  di  sachra  theologia  Imparise  :  <  Dice  sco.  lacobo  che  la  patientia  ||  loffensione 
sosteremo  voluntieri  per  satisfare  li  nostri  peccati.  A  lui  sia  gloria.  Amen  ».  Negli  ultimi 
fogli  (138-151)  un  bel  dialogo:  Incomincia  La  disputatione  fra  il  zelatore  della  povertà 
et  lo  suo  inimico  domestico.  «  Non  solamente  alle  ricchezze  temporale  o  renuntiato  ||  che 
solevano  dire  molte  parole,  sono  facti  mutoli.  Adunque  atte  miser  yhu.  xpo.  dolcissimo 
sieno  mandate  le  mie  parole.  Amen,  deo  gratias  ». 

La  prima  (fol.  1-42)  Tribolazione,  (cosi  chiameremo  tutta  quella  parte  che  precede 
la  seconda)  è  suddivisa  nel  cod.  in  più  capitoli  rubricati  e  numerati  sino  al  capitolo  tò^ 
cui  seguono  altri  quattro  lunghi  articoli  rubricati  ma  non  numerati,  poiché  l' amanuense, 
sotto  le  rubriche  di  questi  articoli  osserva  che  tutti  e  quattro  fan  parte  del  cap.  19.  — 
La  seconda  Tribolazione  (f.  42  r.-51  v.),  è  suddivisa  in  cinque  capitoli  o  articoli  rubricati 
ma  non  numerati.  —  La  terza  (f.  51  v.-61  v.)  in  tre  capitoli  o  art.  rubricati  ma  non  nu- 
merati. —  La  qttarta  (f.  61  V.-75  r.)  in  dodici  articoli,  la  quinta  (t  75  r.-106  r.)  in  altri 
dodici,  e  la  sesta  (f.  106v.-115r)  in  soli  tre  articoli  o  capitoli,  c(Hne  sempre,  non  nume- 
rati. Questa  infatti  termina  :  «  Liberati  delle  sei  tribolationì,  preghiamo  iddio  che  nella 


(1)  Due  centim.  di  spazio  in  bianco.  Ma  a  fol.  8r.  si  ha  «scrìve  nella  sua  leggenda  il 
sco.  frate  Iohi.  da  celano  » . 

(2)  Queste  parole  Crirolamo  luti  da  Siena  nel  codice  vennero  cassate  con  un  tratto  di 
penna  d' inchiostro  nero,  che  col  tempo  corrose  la  carta  da  render  difficile  la  lettura  del 
nome  del  frate  amanuense.  Girolamo  Luti  ricorda  qui  una  Cronaca  che  continuava  il  rac- 
conto del  Clareno  dal  1334  sino  al  1505.  Di  questa  cronaca,  noi  non  abbiamo  traccia  al- 
cuna, né  sappiamo  dire  se  sia  o  no  diversa  da  quella  di  fr.  Mariano  il  quale  scriveva  le  sue 
opere  dal  1480  fin  quasi  alla  sua  morte  20  luglio  1523. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


55 


sepfima  liberi  noi  damalo.  Amen.  Et  ecco  Carissimo  che  per  la  parola  tua  la  quale  poi- 
molte  ragioni,  et  per  debito  è  da  essere  reverita  da  me,  sicomo  tu  adomandasti,  ò  ricordato 
et  commemorate  le  tribulationi  passate  nella  religione:  Secondo  che  io  lo  udito  da  coloro 
che  queste  tribulationi  sostennero:  Et  ancora  commemorate  alcuno  chose  di  quello  che  io 
ò  trovate  nelle  quattro  leggende  le  quali  io  ò  lette  et  vedute:  Posto  che  non  così  bene 
et  ordinatamente  et  convenevolmente  chome  si  conviene  io  labbia  tractate:  Perchè  io  non 
ò  scientia  né  modo  di  parlare,  né  ò  imparato:  Nientedimeno  fedelmente  et  veramente, 
lassando  stare  più  chose  scientemente;  Adciò  che  «tu  che  sai  meglio  le  chose,  che  tu  da 
me  addimandi,  correggi  et  supplisci,  et  distingui  le  cose  che  per  ignorantia  sonno  dette 
impropriamente  et  difectuosamente  :  Concio  sie  chosa  che  tu  abbi  ricevuta  da  dio  escellen- 
temente  la  memoria,  la  scientia,  la  intelligentia  et  il  modo  di  dire  et  di  scrivere  ».  —  La 
settima  tribolazione  (f.  115  r.-134r.),  divisa  in  otto  capitoli  rubricati  e  non  numerati,  ter- 
mina come  il  testo  latino:  «....  et  sarà  illoro  maestro  Iddio  et  Christo  yhesu  et  lo  spirito 
sancto  in  secula  seculorum.  Deo  gratias.  Amen  » . 

A)  —  Ex  Chron.  seu  historia  Septem  Tribulat.  fr.  Ang.  Clareni: 

Ood.  Laurenziano  di  Firenze,  PI.  20,  CJod.  dell'  Osservanza  di  Siena, 

cod.  7. 


14 


[Nel  Codice  latino  della  Laurenziana 
mancano  affatto  i  titoli  in  rosso,  supplen- 
dovi brevi  rubriche  lungo  i  margini  di  esso 
Codice}. 

«...  (fol.  9.  v:)  Ordinatis  itaque  et  piene 
informatis  iam  fratribus  in  quantum  in  se 
erat  divinis  sermonibus  et  exemplis  ad  reve- 
rendam  et  pure  et  fideliter  servandara  pro- 
misse  perfectionis  vitam,  sol  datis  et  confir- 
matis  ;  caritatis  seraphice,  quf  totus  succensus 
ferebatur  in  Xpm.,  actus  sarmone  (1),  se 
hostiam  vivam  per  martirij  flammam  Deo 
peroptans  oflferre,  tribus  vicibus  ad  partes 
infideliura  iter  agressus  est;  sed  bis  ad  sui 
fervoris  flammam  plenius  comprobandam,  dis- 
posinone prohibitus...  (2) 

(Nota  marginale.  Itemi  Quomodo  B. 
franciscus  ivit  ad  Soldànum): 

«  Tercio  post  multa  obprobria,  vincula, 
verbera  et  labores  ad  Soldànum  Babilonie, 
Xto.  ordinante,  perductns  est.  Stansque  in 
conspectu  eius,  igne  Spiritus  Sancti  totus 
ardens,  in  tanta  virtute,  et  viva  et  efficaci 
predicatione  Xtum.  Yhesum  et  eius  sanctam 
fidem  evangelii  predicavit  eidem  ut  amira- 
retur  Soldaiius,  et  omnes  pariter  qui  asta- 
bant.  Nam  ad  virtutem  vorborum  que  Xtus. 
loquebatur  in  eo,  Soldanus  in  mansnetudinem 


Come  gli  aparve  langélo  nello  spedilo 
di  SCO.  Vrbano  et  rivelogli  le  grandi  cose 
che  erano  da  dio  concedute  adgli  veri  po- 
vri  evangelici  di   Yhu  Xpo.  Capitulo  XI. 

«....  (fol.  18  r.:)  Ordinato  adunque  che 
ebbe  sco.  Francesco  et  pienamente  informati  li 
frati  et  in  quanto  allui  fu  possibile  conferma- 
togli et  sondatogli  con  divini  essempli  et  ar- 
dentissime  parole  ad  osservare  puramente  et 
fedelmente  et  ad  reverire  la  perfectione  della 
promessa  vita  ;  et  menato  et  tracto  dal  fer- 
vore delia  serafica  carità,  per  la  quale  era 
trasformato  in  Xpo.,  desiderando  dofferire 
semedesimo  hostia  viva  addio,  per  fiamma  di 
martirio  tre  volte  si  misse  ad  andare  tra  gli 
infedeli  ;  ma  due  volte  per  dispensatioue  di- 
vina fu  irapedimentito  per  provare  pm  pie- 
namente et  interamente  la  fiamma  del  suo 
fervore,  et  per  proponerla  in  esemplo  ad 
quelli  che  dovevano  venire  doppo  lui. 

La  terza  volta,  doppo  molte  vergognie 
et  molte  bactiture,  et  essendo  legato,  et  con 
molte  factighe  preso,  ordinò  la  divina  pro- 
videntia  che  fiisse  menato  al  Soldano  di  Ba- 
bilonia. Et  istando  per  desiderio  il  martire 
Francesco  nella  presentia  sua,  tucto  ardente 
del  fuocho  dello  Spo.  Sco.,  predicavagli  Yhu. 
crocefixo  et  la  sua  sca.  fede,  con  tanta  virtù 
et  con  tanto  vive  et  heficace  parole,  che  ne 
fu  admirato  et  stupefacto  il  Soldano  et  tncti 


(  l)  Sic  sermone,  prò  fervore. 

(2)  Qui  r  amanuense  tralasciò  per  dimenticanza  un  rigo  che  doveva  compiere  il  periodo, 
cfr.  il  testo  italiano. 


56 


BIBLIOTECA   —  TESTIMONIA  HISTOEICA 


14  conversus,  anditum  vorbis  eins  contra  sue 
nephande  legis  decretnm  libenter  prebebat, 
et  ad  moram  contrahendam  in  terra  sua  in- 
stanter  invitavit,  et  ìpsum  et  omnes  flra- 
tres  suos  libere  ad  Sepulcrum  et  absque 
tributi  solutione  accedere  posse  man- 
davit  {fol.  10  r.:) 

(Nota  marginale.  Quomodo  absenie  pa^ 
store  b.  Francisco,  grex  divisus  est): 

«  Intorea  pastore  absente,  temptat  lupus 
rapax  suum  rapere  et  dispergere  gregem  ;  et 
ab  illis  ei  hostium  aperitur,  qui  eius  insultui 
se  opponcre,  et  eius  insidias  precavere  plus 
ceteris  tenebantur  .         


gli  circumstanti  chelludivano  intanto  che  per 
la  virtù  delle  parole  che  Xpo.  parlava  in  lui, 
il  Soldano  convertito  in  mansuetudine,  ascol- 
tava le  sue  parole  molto  volentieri  facondo 
contro  al  dicreto  della  habominabile  legge 
di  Macuraecto;  et  invitavalo  instan tornente 
adimorare  nella  terra  sua:  Et  comandò 
che  esso  et  tucti  li  frati  suoi  potesseno 
andare  al  Sepolcro  senza  paghare  tri- 
buto. 

In  questo  mezzo,  essendo  dilungato  il 
pastore  Francesco,  il  lupo  rapace  tenta  di 
dispergere  e  di  rapire  la  evangelica  gregio, 
ed  aprendogli  Inscio  coloro  chel  dovevano 
serrare  et  avere  cura 


Et  in  tantum  eorum  presumpcio  et  audientia 
[audacia]  venit  quod,  post  Francisci  pe- 
regrinacionem  ad  ultra  marinas  partes 
ad  visitandum  loca  sancta  et  Xti  fldem 
infidelibus  predicandam  et  promeren- 
dam  martirii  coronam,  ut  dictum  est, 
in  pluribos  provinciis  ita  dure  et  crudeliter 
inherentes  tractavertint,  quod  non  solum  pe- 
nitcnciis  iniustis  affligebant  eos,  sed  tam- 
quam  male  sencientes,  ab  eorum  consorcio 
et  communione  pellebant.  Ex  hoc  plurimi, 
et  presertim  ferventes  spiritn,  non  recipie- 
bantur  ab  eis  quasi  inobedientes  preceteris  ; 
qui  cedentes  furori  hinc  inde  dispersi  pere- 
grinabantur,  sancti  pastoris  eorum  et  dire- 
ctoris  plorantes  absenciam  cum  multis  la- 
crimis,  et  orationibus  continuis  suum  reditum 
a  Dno.  postulantes.  Quorum  [fol.  10  vi\  ob- 
secraciones  et  vota  Deus  ex  alto  prospiciens, 
et  eorum  afflictionibus  condescendens,  sancto 
Tranci  sco,  post  illam  predicacionem  quam 
Soldano  et  eius  principibus  fecerat,  ap- 
paruit  dicens:  «Francisce,  revertere,  quia  grex 
pauperum  fratrum  tuorum,  quem  et  meo  no- 
mine congregasti,  iam  dispersus  incedit  per 
devia,  et  eget  tuo  ducatu  ut  uniatur,  robo- 
retur  et  crescat.  Jam  enim  a.  via  perfectionis, 
quam  tradidisti  eis,  declinare  ceperant,  et 
in  cariiatis,  hnmilitatis,  et  paupertatis  san- 
cte  amore  et  operacione,  et  innocencia  sim- 
plicitatis,  in  quibus  piantasti  ecs,  et  fundasti, 
non  permanent. 


Et  in  tanto  crebbe  la  loro  presumtiono  et 
audacia  che,  da  poj  che  sco.  Francesco 
andò  in  pellegrinaggio  oltre  a  mare  ad 
visitare  la  terra  sancta,  et  ad  predi- 
care la  fede  di  Xpo.  adgli  infedelj,  et 
acquistare,   come  decto  è,  la  corona 
del  martirio:  in   molte   Provincie,    tracta- 
rono  tanto  crudelmente  quelli  sancti  frati 
che  resistevano  alle  loro  false  doctrine  et 
isforzaraenti,  et  chissivoleva  adcostare  cor- 
dialmente alle  vestigie  et  doctrine  del  padre 
loro,  che  non  solamente  gli  afliggevano  con 
penitentie  et  pene  ingiuste  :  ma  etiandio  gli 
discaciavano  dalla  comunione  et  compagnia 
loro,  come  hominj  chessentissero  male  della 
cattolica  fede.  Per  la  qual  cosa  molti  di  loro, 
et  specialmente  quelli  che  erano  più  ferventi 
nello  spirito,  sicome  più  disubidienti  che  gli 
altri  non  erano  ricevuti  da  quelli  prelati  et 
savj  di  prudentia  humana.  Ma  per  dar  luogo 
al  furore,  questi  sancti  poverelli  et  legictimi 
figliuolj  dello  appostolico  et  evangelico  pa- 
dre, andavano  dispersi  or  di  qua  or  di  là, 
et  piangendo  lamentabilmente  la  absentia  et 
partimento  del  loro  sancto  pastore  et  diri- 
zatore  Francesco,  et  addimandando  adio  con 
molte  lagrime  et  continue  orationj  la  sua 
ritornata.  Intese  iddio   in  cielo  loratione  et 
le  voci  dell'  evangelici  poveri  frati  ;  et  con- 
discendendo alla  loro  afféctioni  (!)  et  deside- 
ri!, apparve   esso  iddio  ad  sco.  Francesco, 
doppo  quella  ardente  predicatione  che 
lui  fece  al   Soldano   et  adgli  principi 
suQj,  et  si  gli  dixe  :  «  Francesco,  ritornatene, 
però   chella  greggio   di  quelli  poveri  tuoi 
frati,  che  tu  ai  nel  mio  nome  ragunati,  si 
vanno  dispergendo  et  isviando,  et  anno  bi- 
sognio  del  tuo  ducato  et  guidamente,  adcio 
chessi  unisca  et  riconforti  et  cresca  :  pero  che 
gli  anno  già  incominciato  adeclinare  dalla 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  57 

via  della  perfectione,  la  quale  tu  ai  loro  data    14 

et  mostrata  che  debbino  andare,  et  nonne 

istanno  fermi  nellamore  et  nella  operatione 

della  carità  et  della  humilità  et  della  sca. 

povertà,  ne  ancliora  vogliono  seguitare  la 

innocentia  della  pura  semplicità  nella  quale 

sono  piantati  et  fondati  » . 

«  Post  qiiain  apparicionem,  Sepvilcro  '  Doppo  le  quali  parole  sco.  Pran- 

Domini  visitato,  festanus  ad  Ohristia-      cesco  visitò  il  Sepolcro  di  Xpo.  et  pro- 

nonun  terram  reversus  est,  et  gregem      stamente  ritornò  alla  terra  deiy  Xpiani. 

suum,  ifixta  Domini  verbum,  dispersum  in-     Et  secondo  la  parola  del  signiore  andò  cer- 

veniens,  quom    nnitum   derelinquerat,  cum     cando  con  molte  fatighe  et  lacrime,  et  ra- 

multo  labore  requirens  et   lacrimis,  congre-     gunò  la  greggie  delle  sue  pecorelle  che  era 

gavit.  Cuius  reditum  ut  senserant  aJBflicti,     dispersa,  la  quale  esso  aveva  lasata  tucta 

cum  festinancia,  et  multo  desiderio,  et  im-     hunita.  La  chui  tornata  quando  sentirono 

menso  cordis  gaudio,  accedebant  ad  eum,  et     quelli  sancti  poverelli  che  erano  afflicti,  con 

gracias  agentes  Deo,  provoluti  ad  pedes  eius,      molto  desiderio  et  con  molta  festinanza  ot 

pastoris  diu  dobiderati  amplectuntur  vesti-     con   ismisurata  letitia  et  gaudio  di  cuore 

già  ».  correvano  et  andavano  al  dilecto  loro  padre, 

et  rendendone  prima  gratie  addio,  et  gi- 
ctandosi  in  terra  basciavano  li  piej  del  de- 
siderato già  longo  tempo  padre  et  pastore  » . 

B)  —  Expositio  bti.  fris.  Angeli  Clarini  super  Regulam  (Ex  Cod.  membr.  sec.  XIV, 
di  80  fol.  in  8"  picc.  nell'  Archivio  di  S.  Isidoro  di  Boma,  segnato  V„). 

(fol.  Iv.:)  «  Tertiodecimo  anno  conversionis  sue  ad  Christum,  desiderio  martyrii  totus 
accensus  ad  predicandum  fidem  christianam  Saracenis  ultra  mare  transivit.  (ToZ.  .8  r.J:  Mi- 
nistri vero  aliqui  cum  quibusdam  fratribus,  qui  de  sua  scientia  et  prudentia  non  modicnm 
confidebant,  sancto  Francisco  in  nltramarinis  partibus  existente,  presumpserunt  de  regula 
aliqua  subtrahere,  et  consuetudines  introducere  non  paucas,  dissonas  et  discordes  a  tradi- 
tionibus  fnndatoris.  Fratribus  vere  contradicentibus  eis,  et  prò  pura  r^n^le  observatione 
zelantibns,  amaras  persecutiones  et  iniurias  inferro  cepernnt,  et  tanto  securius  quanto  de 
sua  sufficientia  confidentes,  simplicitatem  et  rectitudinem  eis  resistentem  aspernabant.  Non 
sperabant  sanctum  Franciscum  de  cetero  ad  partes  Ytalie  reversurum,  sed  putabant  eum 
per  martyrii  palmam,  animi  ipsius  propositum  et  ignitum  fervorem  scientes,  cito  migra- 
turum  ad  Christum.  Sed  clementi  Dei  ordinatione  mirabtliter  factum  est,  quod  mortem 
quam  prò  Christo,  et  sue  fìdei  testimonio  totis  viribus  exquirebat  nullatenns  inveniret,  ut 
et  merito  non  careret  optati  martyrii  et  opem  necessariam  suo  gregi  cum  cumulo  me- 
ritorum  impenderst,  et  Christo  conformis  factus,  perfectione  transformationis  in  ipsum, 
posteris  plenius  viam  ostenderet,  et  hostium  aperiret.  Christus  vero  servo  suo  fideli,  prò 
gloria  sui  nominis  laboranti,  pericula  sui  gregis  revelare  dignatus  est,  et  quod  ad  partes 
Ytalie  celeriter  redire  studerei  ammonuit,  et  iam  a  vivifica  perfectionis  regula  declinan- 
tibus  quam  citius  subvenire,  ac  ducatum  prebere  mandavit...  (fol.  2v.:)  Igitur  sanctus 
Franciscus  post  suum  reditum  de  partibus  nltramarinis,  Christi  revelatione  premonitus,  et 
fratrum  quorumdam  presumptionibus  motus,  qui  secnndum  prndentiam  sui  sensus  alios  re- 
gere  volebant,  parvipendentes  vivere  secundum  illam  vite  formam  quam  sibi  revelaverat 
Christus,  hanc  secundam  regulam  Domino  inspirante  conscripsit....  ipsamque  Summo  Pon- 
tifici Honorio....  presentavìt,  et  sicut  optaverat,  ipsius  confìrmationem....  obtinuit  ». 

1322  —  Marini  Sanuti.  —  Secreta  fidelium  Orucis  (in  Gesta  Bei  per  Francos 
ed.  Bongars  1611,  t.  n  lib.  3,  pari  11,  capp.  7-8). 

n  Sanuto  compilò  i  suoi  tre  libri  in  tre  epoche  differenti.  H  Simonsfeld  (1)  con  di-    16 
ligente  ed  acurata  critica,  riconobbe  tre  recensioni  o  compilazioni  del  lavoro  del  Sanuto: 

(1)  Studien  zu  Mariti  Satmt.  in  N.  Archiv  t.  VII.  p.  43-72. 


58  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTOKICA 

la  prima,  scritta  tra  gli  anni  1306-1309,  la  qnalo  conteneva  il  I  libro  àv>'  Secreta;  la 
seconda,  negli  anni  1318-1321,  che  conteneva  il  III  libro,  ma  più  breve  che  nell'edizione 
Bongarsiana  ;  la  terza  compilazione  ed  ultima,  dell'  opera  completa,  fa  elaborata  dal  Sanato 
tra  il  seti  1321  —  nov.  1322,  quale  l' abbiamo  nel  Bongars. 

Alla  fine  di  Settembre  del  1321,  Papa  Giovanni  XXII  affidava  1'  esame  dell'  opera 
Sanutiana  «  lacoho  de  Camerino  Ord.  fr.  Min.  qui  portat  barbam,  qui  ad  Cariam  venerat 
prò  Fratribus  de  Perside  :  Matheo  de  Cipro  et  Paulina  Veneto  eius  penitentiario  utroquo 
similiter  Minorum  Ordinis....  Predicti  fratres  simul  in  domo  predicti  fratris  Paulini  librum 
diligentissime  et  fideliter  examinarant,  et  de  pari  concordia  fecerunt  relationem  con- 
scribi etc.  (1)  ». 

Kel  I  lib.  il  Sanato  espone  i  mezzi  come  danneggiare  i  Saraceni;  nel  U  lib.  espone 
r  ordine  e  la  condotta  che  debbono  usare  i  Crociati;  e  nel  III  lib.  tratta  della  conquista 
di  Terra  Santa  e  come  conservarla:  e  ne  dà  una  descrizione  con  la  storia  di  essa  e  dei  suoi 
popoli.  In  molti  luoghi  parola  per  parola  segue  il  Vitriaco  ;  e  quello  che  ci  racconta  de'  Tar- 
tari lo  trascrive  dal  Belovacense.  Così  nella  conquista  di  Damiata  segue  il  cronicon  d'JSra- 
cles  :  e  quel  che  ci  racconta  di  Francesco,  letteralmente  compendia  dalla  leggenda  maggiore 
di  S.  Bonaventura.  Kulla  quindi  ci  tramandò  di  nuovo;  fuorché  dal  suo  racconto  pare 
risulta  che  il  Santo  parti  dall'  Egitto  qualche  tempo  dopo  la  presa  di  Damiata,  come 
abbiamo  dal  cronicon  d' Èracles.  Evidentemente  cadde  in  una  svista  l' eruditissimo  Rohricht 
quando  notò  che  il  Sanuto  «  solus  narrat  sanctum  Franciscum  cladem,  qnam  Christian! 
29  die  augusti  1219  acceperunt,  praenunciavisse  (2)  ;  il  dotto  critico  non  si  accorse,  che 
anche  qui  il  Sanuto  segui  letteralmente  la  leggenda  di  Bonaventura  cap.  XI  n.  3,  come 
questi  segui  il  Celano  II*,  par.  2,  cap.  2. 

Ex  op.  Secreta  fidelium  Cmcis  Ice.  supra  cit. 

«  Profecturus  in  Egyptum  exercitus  christianns,  apud  Castrum  peregrinorum  convenìt 
HCCXVin  de  mense  Madii,  illic  paratis  navigiis,  et  multi  qnidem  naves  ascendentes, 
prosperis  ventis  ad  Damiatae  portum  die  tertia  pervenerunt;  quidam  vero  capitanei,  et 
capitales,  in  dicto  castro  tardantes  et  qui  Ptolomayde  remanserant,  mutato  tempore,  eos 
sequi  minime  potuerunt.  Interim  exercitus  capitaneum  sibi  elegit  comitem  de  Saroponte, 
et  ad  portum  Damiate  applicans,  hostilem  terram  invadit  ante  regis  et  ceterorum  adventum, 
et  fecit  Dominus  aquam  fluminis  dulcem,  que  mari  iangebatur.  Tane  multi  barones  de 
Francia  magnusque  populus  coepit  confluere.  Kex  etiam  cum  reliqua  parte  exercitus  venit 
ad  locum.  Supervenit  et  legatus  Pelagius,  et  cum  rege,  qui  prius  exercitui  dominabatur, 
colloquium  sue  auctoritatis  habuit  allegans,  quia  ipse  deberet  exercitui  praeesse,  quia  et 
passagium  esset  per  Ecclesiam  ordinatum,  et  crucesignati  ad  suum  regimen  pertinerent. 
Rex  verba  dissimulans,  prò  domino  se  gerebat.  Ad  haec  exercitus  divisus  est:  in  consiliis 
quoque  unusquisque  non  veritatem,  sed  aflfectionem  sui  principis  sequebatur.  Obsidentibus 
aatem  christianis  civitatem  liber  quidam  christianis  apparuit,  arabice  scriptus,  cuius  autor 
christianum,  iadaeum,  vel  saracenum  se  esso  negat  ;  in  quo  et  que  Saladinus  centra  chri- 
stianos  gessit,  et  quod  capienda  esset  Damiata  continebatur  :  dicebat  etiam,  quendam  chri- 
stianorum  regem  Nubiarum  Mecham  civitatem  decere  destrucre  et  ossa  Mahumeti  dispersa 
proicere. 

«  Puit  et  in  obsidione  angelicus  vir  Franciscus,  qui  gratia  predicandae  fidei  et  desiderio 
martyrii  ad  partes  infidelium  iam  tertio  festinabat.  Dum  igitur  se  christiani  pararent  ad 
pugnam,  Christi  servus  vehementer  ingemuit,  dixitque  socio  :  «  Si  belli  fuerit  attemptatus 
«  congressus,  non  cedet prospere  chistianis  ».  Ille  cognoscens  in  sancto  vere  spiritum  pro- 


(1)  Secr.  Fidel.  Oruc.  foL  102  r.  Cod.  memb.  dell'  Ambrosiana  in  nitidÌBaimo  carattere, 
aec.  XIV,  di  carte  105  in  fol.  segnato  D.  203  Inf. 

(2)  Testimonia  minora  de  quinto  hello  sacro.  Praef.  p.  63. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  59 

photiac,  suadot,  nt  exponat  perìcalnm  christianis.  Ttinc  exiliens  Christi  preco,  salutaribus    15 
monitis  christianos  aggreditnr,  prohibet  bellnm,  denuntiat  casnin;  fit  veritas  in  fabalam, 
conteranitnr  prophotia  :  indnraverunt  cor  sunm  et  nolnerant  reyerti.  Igitur  pugna  committitnr 
et  bellatur;  tota  in  fagam  convcrtitar  acies  Christiana,  finem  belli  opprobriam  regerens, 
non  trininphum. 

«  Eodem  anno  Hago  rex  Cypri  in  ciTitate  Tripolitana  defanctas  est,  relinqnens  par- 
Tulam  filium  Henricnm,  noTom  mensinm,  et  dnas  filias;  una  nnpsit  Gualtcro  corniti  Bre- 
ncnsi,  altera  Isabella,  filio  principis  Antiochiae. 

«  MCCXIX.  A  Coradino  lernsalem  capitar,  mari  et  omnia  prosternuntnr,  oxcopto  tempio 
Domini  et  torri  David.  De  sepnlchro  Domini  destrnendo  Saraceni  consiliam  habnerant,  et 
littcris  comminati  snnt,  qnas  civibos  Damiate  ad  solatiam  eomm  transmiserant  ;  nemo 
tamen  ponere  mannm  presampsit,  propter  reverentiam  loci.  Unde  et  in  Alcorano  continetar, 
qaod  credunt,  lesnm  Cbristam  de  Maria  Yirgine  conceptam  et  natam,  prophetam  et  plns- 
qnam  prophetam,  sine  peccato  vixi'sse,  cecos  illuminasse,  leprosos  mundasse,  mortuos  su- 
scitasse, Verbum  et  Spiritum  Dei  et  vivum  ad  celos  ascendisse.  Unde  et  sapientes  eoruni, 
quando  tempore  treguarnm  ascendunt  in  lerusalem,  codicem  Evangeliorum  sibi  postulant 
exhiberi,  et  osculantes  venerantur,  propter  Evangelium  illud  :  «  Missus  est  Gabriel  an- 
gelus etc.  »  (op.  cit.  t.  II,  lib.  3,  part.  11,  cap.  7  ed.  Bongars  pag:  207-8). 

«....  Inlravit  plenitudo  gentium,  et  civitas  (Damiatae)  capta  est  Nonis  Novembris 
MCCXIX,  per  annum  et  septem  menses  prius  obsessa.  Utinam  attendissent  possessores  potius 
quam  victores,  ut  victoriam  soli  ascriberent  Creatori:  quia  non  affuit  deditio;  non  cum 
tumultu  violenta  praedatio:  sed  et  Soldanus  castra  sua  comburens  quam  confnsus  absccs- 
serit,  einsque  spoliis  ditatus  sit  populus  Chrìstianns.  Capti  quoque  faerunt  usque  ad  XXX 
millia  Agarenorum,  et  innumeri  pestilentia  et  fame  consumpti.  Missis  quoque  quasi  mille 
viris  ad  explorandum  Tampnis,  Saraceni  sponte  castrum  dimiserunt,  quo  nullum  posset 
securins  iiiveniri. 

«  Sed  qui  talia  munera  receperunt  de  mano  Domini,  cito  obliti  sunt  mandatornm  eius, 
et  recesserunt  de  via  quam  ostenderat  eis  Deus.  Ita  ut  sanctissimus  Pater  Francisctis, 
multiplicari  cemens  homicidia,  adulteria,  iurta,  inde  recesserit,  quia  nollent  ad  Deum  con- 
verti eius  monitis  et  exemplis.  Libet  huius  sancti  praeconio  modicum  immorari.  Ut  enim 
Soldani  Babyloniae  posset  adire  praesentiam,  multis  se  periculis  constanter  exposuit.  Exierat 
enim  a  Soldano  crudele  edictum,  ut  qui  Christiani  caput  afferret,  bizantium  aureum  prò 
mercede  reciperet;  at  intrepide  Christi  miles  in  castris  bine  inde  in  campo  locatis,  iter 
arripuit,  mortis  pavore  non  territus,  sed  desiderio  provocatus.  Procedente  itaque  eo  cum 
fratre  Jlhiminato,  viro  ntique  luminis  et  virtutis,  occurrerunt  satellites  Saraceni,  et  servos 
Dei  feraliter  comprehensos,  crudeliter  et  contemptibiliter  contractarunt,  afficientes  convitiis, 
affligentes  verberibus,  et  vinculis  alligantes  :  adductos  quoque  coram  se  Soldanus  intcrrogat, 
a  quibus,  ant  ad  quid,  aut  qualiter  missi  essent.  At  Christi  servus  Franciscus  intrepido 
corde  respondit:  se  missum  non  ab  homine,  sed  a  Deo;  nt  ei  et  populo  suo  viam  salutis 
ostenderet,  et  annuntiaret  Evangelium  veritatis.  Tanta  vero  mentis  constantia,  tantoque 
fervore  Spiritus  praedicto  Soldano  praedicavit  trìnum  unicumque  Deum,  et  Salvatorem 
omnium  lesum  Christum,  quod  Soldanus  admirandum  in  viro  Dei  fervorem  conspiciens  et 
virtntem,  libenier  ipsum  audiebat,  et  ad  moram  secum  contrahendam  instantius  invitabat  : 
at  ille  superno  illustratus  miraculo  :  «  Si  vis,  inquit,  cum  tuo  converti  populo  ad  Christum, 

*  oh  ipsius  amorem  vobiscum  libentissime  commorabor:  quod  si  haesitas  propter  fidem 
«  Christi  legem  dimittere  Mahumeti,  iube  ignem  accendi  permaximum,  et  ego  cum  Sacer- 
€  dotibus  tuis  ignem  ingrediar:  ut  vel  sic  cognoscas,  quae  fides  verior  et  certior  sit  te- 
«  nenda  * .  Ad  quod  Soldanus  :  «  Non  credo  quod  aliquis  de  Sacerdotibus  meis,  se  vellet  igni 
«  propter  fidem  suam  defensandam  exponere,  vel  genus  aliquod  subire  tormenti  * .  At  vir 
Sanctus  subintulit  :  «  Si  conversionem  promittis,  ignem  solus  intrabo  :  et  si  combustus 
«  fuero,  meis  ascribatur  peccatis  :  sin  autem,  Christum,  Dei  virtutem  et  sapientiam  verum 

*  Deum,  et  Dominum  cognoscatis  » .  Soldanus  obtionem  hanc  accipere  se  non  audere  re- 
spondit, quia  seditionem  populi  formidabat.  Obtulit  autem  ei  multa  munera  pretiosa,  quae 
paupertatis  amator  sprevit  omnia  quasi  Intum:  ex  quo  Soldanus  admiratione  permotus, 
maiorem  erga  ipsum  devotionem  concepì t:  rogavitque  £Eimulum  Christi  ut  praedicta  su- 
sciperet,  prò  salute  ipsius,  Christianis  pauperibus  et  Ecclesiis  eroganda.  Ipse  vero,  quia 
pondas  fi^ebat  peconiae,  et  in  animo  Soldani  verae  pietatis  non  yidebat  radicem,  nulla- 


60  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTORICA 

15  tenus  acquievit  :  Et  cum  ad  conversionem  gentis  illius  nihil  proficeret,  ad  partes  fidelium, 
Divina  revelatione  commonitas,  remeavit:  privilegiato  consccrandus  Martyrio  passionis  et 
volnernm  lesn  Christi  ».  (Op.  cif.  t.  II  lib.  3,  part.  11,  cap.  8  ed.  Borgars  pag.  208-9). 

1322-28  —  Actus  Beati  Francisci  et  Sociomm  eins  (ed.  Pani  Sabatier,  Paris  1902. 
in  Collection  d'études  et  de  documents  sur  l'hìst  du  Moyem  dge  t.  IV). 

Gli  Actus,  come  ormai  tutti  sanno,  non  formano  già  un  composto  organico,  ma  una 

16  raccolta  bizzarra  di  racconti  senz'  ordine  e  senza  coesione  alcuna  tra  loro.  Il  loro  carattere 
è  nettamente  biografico,  contenendo  alcuni  fatti  sulla  vita  di  S.  Francesco  e  de'  suoi  primi 
compagni,  quali  Bernardo,  Masseo,  Leone,  Egidio,  Bufino  :  e,  poiché  gli  Actus  successiva- 
mente si  accrebbero,  vi  si  parla  anche  di  Corrado  di  Offida  e  di  Giovanni  della  Verna, 
che  non  conobbero  il  santo  Patriarca  (1).  Gli  Actiis  sono  anche  la  fonte  primitiva,  ossia 
il  testo  originale  latino  de'  famosi  Fioretti.  Tuttavia  gli  Actus  e  i  Fioretti  sono  ben  lon- 
tani di  andar  d'  accordo  sia  nel  numero,  sia  nella  successione  de'  capitoli  ;  poiché  sembra 
che  il  gusto  del  traduttore  italiano  si  fu  soltanto  di  spigolare  qua  e  là  il  testo  latino,  e 
darci  i  più  bei  fiori  degli  Actus,  d' onde  anche  il  nome  de'  suoi  Fioretti  quasi  scelti  in  un 
ricco  giardino. 

Chi  poi,  0  quanti  siano  stati  gli  autori  di  questa  raccolta:  di  quanti  capitoli  i  pri- 
mitivi Actus  si  componevano  :  e  da  chi  precisamente,  e  dove,  e  quando  vennero  essi  com- 
pilati, ancora  la  severa  critica  non  riusci  a  darci  la  soluzione  di  tutte  queste  domande. 

Di  certo  però  puossi  tenere  che  i  primitivi  Actus,  quali  tuttavia  si  desiderano,  non 
sono  altro  che  delle  memorie  sparse,  le  quali  i  successivi  discepoli  de'  primi  Compagni  del 
Santo  raccolsero  e  tramandarono  fino  a  noi,  e  che  ci  pervennero  più  o  meno  ritoccate 
dalla  fervida  mente  dei  zelanti  frati  delle  Marche  e  dell'  Umbria.  Il  titolo  infatti  di  tutti 
quasi  i  Codici  è  questo  :  «  Incipiunt  Actus  sanctorum  Sociorum  beati  Francisci,  prout  ab 
eisdem  fuit  successoribus  eorum  revelatum  » .  Nel  cap.  9  intitolato  De  inventione  montis 
Alvernae,  il  compilatore,  cosi  termina  appellando  alla  testimonianza  de' seguenti:  *  Hanc 
historiam  habuit  fr.  lacóbus  de  Massa  ab  ore  fratris  Leonis  [f  1270],  et  fr.  Hugolinus 
de  monte  Sanctae  Mariae  ab  ore  dicti  fratris  lacóbi,  et  ego  qui  scripsi,  ab  ore  fratris 
Hugolini  viri  per  omnia  fède  digni.  Ad  laudem  Dei  (2)  » . 

Dal  riportato  brano  del  cap.  9  si  avrebbe  dunque  per  prima  fonte  e  immediata  d' una 
parte  degli  Actus,  il  mentovato  cioè  frate  Ugolino  di  monte  S.  Maria  (8),  ed  un  suo 
discepolo  che  li  raccoglie  dalla  bocca  di  fr.  Ugolino.  Al  capitolo  poi  69%  Ugolino  parla  in 
prima  persona:  «  Omnia  praedicta  retulit  mihi  Mugolino  ipse  frater  Johannes  \de 
Penna]  ».  Ma  in  tutti  gli  altri  capitoli  1'  autore  parla  in  prima  persona,  senza  però  tra- 
dirsi se  è  Ugolino  o  il  suo  discepolo;  o  qualche  altro  anteriore  o  posteriore  ad  essi. 

In  quanto  poi  all'  epoca  della  compilazione  degli  Actus,  potrebbonsi  assegnare  due. 
La  compilazione  de'  primitivi  Actus,  ossia  delle  memorie  più  antiche  contenute  in  essi, 


(1)  Cfr.  la  dotta  critica  augii  Actu*  del  Sabatier  nella  recensione  che  ne  dà  il  P.  Van 
Ortroy  in  Aneti.  Bollandiana  t.  XXI  p.  443-47. 

(2)  Sabatier,  Actus  cap.  9,  pag.  39  n.  71  —  Speculum  Vitae  fol.  96. 

(3)  Dal  Sabatier  (Actus  p.  XX-XXI)  qualificato  per  fr.  Ugolino  de'  nobili  Bmnforte  dì 
monte  Giorgio  (nelle  Marche),  e  probabilinente,  secondo  lai,  forse  il  solo  autore  de'  primitivi 
Actus -Fioretti.  Ugolino  da  papa  Celestino  V,  suo  amico,  venne  preconizzato  al  vescovato  di 
Teramo,  ma  poco  dopo  fa  rigettato  da  Bonifacio  Vili,  12  Dee.  1295  (Sbaralea  Bull.  IV  p.  276), 
perché  partigiano  de'  zelanti.  —  Cfr.  Anal.  frane.  Ili  p.  67  n.  5. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  61 

potrebbero  rimandarsi  agli  aitimi  del  secolo  XIII,  cioè  verso  1280-1300;  e  quella  quale    16 
ora  ce  la  presenta  il  Sabatier,  verso  il  1322-28.  Tuttavia,  come  giustamente  osserva  il 
dotto  P.  Van  Ortroy  (1),  è  ben  discuttibile  ogni  data  posta  come  certa  in  una  simile  fa- 
raggine  di  memorie  d'  incerta  data  e  d' incerti  autori. 

Scorgendovisi  dunque  tante  incertezze  e  tanti  dubbi  nella  compilazione  degli  Adus,  è 
un  compito  ben  difficile  determinare  il  valore  storico  di  tutte  e  singole  le  sue  parti.  Non 
erraremo  però  se  ci  atteniamo  in  proposito  al  savio  giudizio  datoci  in  generale  dai  critici 
moderni  e  specialmente  dal  citato  P.  Van  Ortroy.  Gli  Adus,  e  bisogna  confessarlo,  egli 
dice,  godettero,  ingiustamente  fino  ai  nostri  giorni,  d'  una  riputazione  storica  non  buona  ; 
e  quindi,  senza  parteggiare  egli  coli'  eccessivo  ottimismo  del  Sabatier  e  del  Lempp  per  gli 
Adus,  soggiunge  esser  critica  temeraria  il  rilegarli  nel  dominio  delle  favole  ;  poiché  gran 
parte  di  ossi  non  sono  altro  che  1'  evoluzione  leggendaria  di  fatti  e  scene  storicamente 
vere;  e  perciò  gli  Adus  rimarann'  ognora  un  tesoro  di  verità  morali  e  religiose  che  ci 
svelano  in  gran  parte  1'  animo  umbro  de'  secoli  XIII  e  XIV  (2). 

Il  capitolo  27  degli  Adus,  che  noi  riportiamo  per  intero,  e  che  trovasi  tale  in  tutti 
i  Codd.  conosciuti,  tratta  della  visita  del  Santo  al  Soldano.  Esso  in  modo  particolare  deve 
attirare  1'  attenzione  dello  storico  e  sceverarne  il  fevoloso  o  leggendario,  frammisto  ai  fatti 
storicamente  veri.  —  Lasciato  da  parte  il  racconto  della  famosa  tentazione  della  turpe 
saracena,  ivi  narrato  con  dialoghi  e  modi  che  stonano  troppo  in  bocca  e  nei  modi  di  Fran- 
cesco quale  ce  lo  dipinge  la  storia  veridica;  così  pure,  rigettata  tra  le  pie  leggende,  la 
pretesa  conversione  del  Soldano  Melek  el  Eamel,  morto  qual  visse  da  vero  maomettano  (3), 
noi  ci  fermeremo  un  tantino  su  di  un  solo  particolare  della  visita  del  Santo  al  detto  Sol- 
dano. —  L' autore  di  questo  capitolo,  narrata  fedelmente  l' accoglienza  che  il  Santo  si 
ebbe  dal  Soldano,  soggiunge  :  «  Et  insuper  Uberaliter  sibi  et  sociis  suis  concessit  (Sol- 
danus)  guod  quocumque  velimi  libere  possent  ire,  et  ubique  per  totum  imperium  suum 
libere  praedicare.  Et  dedit  illis  quoddam  signaculum  quo  viso  a  nemine  laedebantur. 
Habita  igitur  hac  liberari  licentia,  sanctus  Franciscus  illos  suos  sodos  binos  hinc  inde 
transmisit  in  diversis  partibus  paganorum  *.  Noi,  e  con  noi  qualsivoglia  altro  critico  im- 
parziale dovrà  scorgere  in  questo  passo  non  un  racconto  leggendario,  ma  una  partico- 
larità storica  tutta  consentanea,  naturale  e  coerente  al  fatto  ed  alle  circostanze  storicamente 
vere  della  più  che  straordinaria  accoglienza  e  bontà  usata  dal  monarca  maomettano  al- 
l' umile  Poverello  di  Cristo.  Francesco  dunque  per  sé  e  pei  suoi  frati,  presenti  e  venturi 
in  Oriente,  avrebbe  ottenuto  da  Melek  el  Kamel  un  «  Signaculum  » ,  ossia  un  decreto,  un 
rescritto,  o  un  Firmano  come  oggi  si  direbbe  in  Turchia,  una  specie  di  Bulla  regia  o 
salvacondotto  in  iscritto,  per  la  tutela  de'  suoi  già  stabilitisi  in  Oriente  in  regolare  prò- 


(1)  Anal.  BoUandiana  t,  XXI  p.  446. 

(2)  Anal.  Boll.  l.  cit.  —  <  Un'  attenta  lettura  d^li  Actus  ci  persuaderà  facilmente,  che 
attraverso  la  molta  nebbia  leggendaria,  specialmente  manifesta  nel  dare  ai  fatti  un  colorito 
prodigioso  che  nella  realtà  non  ebbero,  il  carattere  sostanziale  è  schiettamente  storico». 
Minocchi  la  Legenda  3  Sociorum  p.  127. 

(3)  Melek  el  Kamel  succedette  al  padre  nel  1218;  egli  poco  tempo  dopo  essersi  impa- 
dronito di  Damasco  mori  in  questa  città  nel  marzo  del  1238,  in  età  di  anni  70.  Cfr.  Art  de 
verifica  datei  ed.  1770  p.  405.  —  I  nostri  Cronisti  (cfr.  Wadd.  an.  1219  n.  62)  che  credet- 
tero alla  conreisione  del  Soldano,  verosimilmente  confusero  questo  principe  con  quello  di 
Iconio  dell'  Asia  Minore,  di  cui  il  Vitriaco  nella  sua  Hiat.  Jerosol.  scrisse  «  Mortuus  est 
Soldanus  Iconii,  qui  creditur  baptìzatìia  futsae  ».  Di  nessun  altro  Soldano  si  ha  memoria  certa 
che  sia  morto  battezzato.  Vedi  più  sotto  il  Begesto  cronologico  all'au.  1238. 


62  BIBLIOTECA  —  TESTIMONU  HISTORICA 

vincia  (1).  Questo  sarebbe  il  primo  Firmano  e  forse  dello  stesso  tenore  de'  mille  altri 
emanati  più  tardi  in  favore  de'  Frati,  dai  tempi  ancora  del  famoso  Zaher  Bibars  I,  detto 
Bendokdar  (24  ott.  1260  —  1  lagl.  1277),  fino  all'  ultimo  monarca  egiziano  Eansu  el 
Gury,  vinto  da  Selim  I  nel  1517  (2). 

Questa  particolarità  d' un  rescritto  sovrano  dato  a  Francesco  e  ai  suoi,  ha  inoltre  una 
più  antica  conferma  nella  testimonianza  del  surriferito  Clareno,  autore  più  contemporaneo 
ai  fatti,  come  quegli  che  vesti  V  abito  verso  il  1260  e  conobbe  molti  de'  compagni  del 
Santo.  Egli  chiaramente  allude  ad  un  rescritto  sovrano  quando  asserisce  che  il  Soldano 
«  ipsum  (b.  Franciscum)  et  omties  fratres  suos  libere  ad  Sepulchrum  et  absque  tributi 
solutione  accedere  posse  mandavit  * .  Questo  fatto  inoltre  deve  risultare,  secondo  noi,  dal 
contesto  autorevole  del  Vitriacense  e  de'  Continuatori  di  Guglielmo  di  Tiro,  autori  fuor 
d' ógni  sospetto  e  testimoni  presenti  al  luogo  de'  fatti  che  ci  narrano.  —  Francesco,  al 
Soldano  e  alla  sua  corte,  per  vari  giorni  predicò  ascoltato  con  viva  attenzione  :  «  SoU 
danus....  per  dies  aliquot  ipsum  sibi  et  suis  Christi  fidem  praedicantem  attentissime 
audivit  » .  La  stessa  libertà  ebbe  il  Santo  negli  accampamenti  nemici,  ove,  «  multis  diebua 
saracenis  verbum  Domini  praedicavit  ».  Di  più:  Francesco  più  e  più  volte  vede  e  rivede 
il  Soldano  (cfr.  n.  6  pag.  22)  :  ricusa  la  generosa  offerta  che  gli  &  di  ricchi  doni  con- 
sistenti in  oro,  argento  o  drappi  di  seta  in  abbondanza:  ricusa,  la  proferta  del  monarca 
di  rimanersi  seco  lui  nei  suoi  stati,  che  gli  promette  *  gran  fiere  et  grans  possessions  » , 
(cfr.  n.  2  pag.  13):  ricusa  il  Santo,  perchè  ricusa  o  teme  il  maomettano  di  convertirsi. 
Francesco  finalmente,  richiamato  in  Italia,  si  congeda  dal  Soldano  per  recarsi  prima  in 
Siria  (ove  di  fatti  fu)  ;  e^  sappiamo  che  non  ricusò  di  assidersi  all'  abbondante  desco  offer- 
togli dal  magnanimo  Soldano;  il  quale  in  un'ultima  udienza  privata,  forse  commosso,  <m 
secreto  petiit  »  al  Santo  perchè  gli  ottenga  da  Dio  la  grazia  della  vera  fede.  H  riferito 
Yitriaco,  che  scriveva  la  sua  storia  orientale  precisamente  a  Damiata  nel  1221,  ci  assi- 
cura che  non  minore  accoglienza  era  fatta  anche  ai  figli  di  Francesco  sparsi  fra  i  popoli 
saraceni  :  «  Etiam  saraceni,  obtenebrati  homines,  quando  causa  praedicationis  ad  ipsos 
intrepidi  (Fratres  Minores)  accedunt,  grato  animo  necessaria  pTovidentes,  libenter  eoe 
recipiunt....  Saraceni  omnes  praedictos  Fratres  Minores  tam  diu  de  Christi  fide  et  evan- 
gelica doctrina  praedicantes  libenter  audiunt,  quousque  Mahometo,  tanguam  mendaci 
et  perfido,  praedicatione  sua  manifeste  contradicunt.  Ex  tunc  eos  impie  verberantes  et, 
nisi  Deus  eos  mirabiliter  protegeret,  pene  trucidantes,  de  civitatibus  suis  expeUunt  » .  Ora 
tutto  ciò,  a  nostro  credere,  è  ben  difficile  comprendere  senza  un'  ampia,  generale  o  solenne 
licenza  emanata  dal  Soldano  in  grazia  e  a  richiesta  di  Francesco  per  sé  e  pei  suoi:  li- 
cenza tanto  più  necessaria  in  quei  tempi  e  luoghi,  quanto  più  erano  sconvolti  da  continue 
guerre  tra  i  Saraceni  e  i  Crociati  della  Siria.  Cosi  Francesco,  che  aveva  già  in  quelle  parti 
fondata  una  regolare  provincia  nel  1217,  e  nella  regola  aveva  dettato  un  capitolo  De 


(1)  A  proposito,  r  illustre  orientalista  Conte  Riant,  fondatore  della  società  storica  de- 
r  Orient  Latin ,  cosi  si  esprìmeva  in  una  sua  lettera  de'  28  feb.  1886,  diretta  al  celebre  fr. 
Lavinio  :  e  le  suis  convaincu,  et  je  crob  que  tous  les  savants,  méme  les  protestants  d'  Al- 
lemagne  l'accordent  aussi,  que  la  Province  Franciscaine  de  T.  S.  remonte  &  S.  Francois 
lui-méme  qui  a  dù,  rapporter  de  son  voyage  un  Firmam  general.  Cent  bulles  de  papes  men- 
tiounent  cette  Province  aux  XIII*  et  XIV*  siécles  » .  Cfr.  nostra  Serie  Cronologiefi,  p.  X  n.  2. 
Veggasi  anche  la  testimonianza  della  Vita  versificata  n.  6  pag.  22,  che  esplicitamente  ricorda 
r  immunità  proclamata  dal  Soldano  per  il  Santo. 

(3)  Su  questi  Pirmani  cfr.  U  cit.  Serie  Oronol.  pag.  XVIH-XIX,  XXVIII  b,  e  pp.  128-187. 


DE  S.   FRANCISCO  IN  ORIENTE.  63 

euntibìis  inter  Saracenos,  appianò  ai  suoi  figli  la  scabrosa  via  con  un  rescritto  sovrano    la 
«  quo  viso,  a  nemine  laedébantur  (1)  ». 

QtiaUter  sanctus  Francisciis  [ivit  et]  convertii  ad  fidem  Soldanum  Bahyloniae 
(Actus  cit.  cap.  27,  p.  89-92). 

<  Sanctissimns  pater  noster  Franciscas,  zelo  Dei  et  desiderio  martyrii  incitatas,  cum 
duodecim  sanctissimis  fratribus  altra  mare  transivit,  proponens  recto  tramite  pergere  ad 
Soldannm. 

«  Qaum  antem  pervenisset  ad  partes  qaasdam  infidelium,  in  qnibns  tara  crudeles  homines 
cnstodiebant  itinera,  qnod  nullus  christianns  illinc  transiens  poterat  mortem  evadere,  Deo 
disponente,  mortem  quidem  evaserunt  ;  tamen  capti  et  multipliciter  afflicti  et  ligati  duris- 
sime ad  Soldanum  ducti  sunt.  In  cuius  conspectu  sanctus  Franciscus  a  Spiritu  Sancto 
edoctus,  tam  divine  de  sancta  catholica  fide  praedicavit,  quod  per  ignem  hanc  probare  se 
obtulit.  Propter  quod  Soldanus  magnam  devotionem  in  ipso  concepit,  tam  prò  constantia 
fidei,  quam  prò  contemptu  mundi.  Qui  nihil  ab  ipso  recipere  voluit  quum  esset  pauper- 
riraus,  quam  etiam  prò  fervore  martyrii.  Et  ex  tunc  eum  libentissime  audiebat:  et  rogavi t 
quod  ad  ipsum  frequenter  accederet.  Et  insuper  liberaliter  sibi  et  sociis  suis  concessit 
quod  quocumque  vellent  libere  possent  ire,  et  ubique  per  totum  imperium  suum  libere  prae- 
dicare.  Et  dedit  illis  quoddam  signaculum,  quo  viso,  a  nemine  laedébantur. 

«  Habita  igitur  hac  liberali  licentìa,  sanctus  Franciscus  illos  suos  socios  binos  bine 
inde  transmisit  in  diversis  partibus  paganorum.  Ipse  vero  cum  uno  socio  ad  quamdam 
partem  vadens  cum  pervenisset  ad  quoddam  bospitium  ubi  erat  sibi  prò  quiete  necessarium 
comraorari,  invonit  ibidem  quamdam  mulierem  speciosam  quidem  facie,  sed  turpissimam 
mente.  Quae  ipsum  de  actu  nefario  requisì vit.  Cui  S.  Franciscus  respondit:  «  Si  tu  vis 
«  quod  ego  sibi  assentiam,  volo  quod  tu  etiam  mihi  consenfias  ».  Ait  illa:  «  Accepto  quod 
«  dicis:  Eamus  ergo  et  lectum  paremus  ».  Sanctus  vero  Franciscus  ait:  «  Venias  mecum 
«  et  ego  ostendam  tibi  lectum  pulcherrimum  » .  Et  duxit  illam  ad  magnam  ignem  qui  tunc 
in  illa  domo  fiebat;  et  in  fervore  spiritus  expolians  se  et  in  lare  ilio  ignito  nudum  tan- 
quam  in  lecto  locavit.  Et  vocans  illam  dicebat:  «  Expolia  te,  et  festina  fruì  hoc  lecto 
«  splendido,  florido,  ac  mirando,  quia  Me  oportet  te  esse  si  tu  vis  ohedire  mihi  » .  lUe 
autem  ignis  nihil  sanctum  Franciscum  laesit,  sed  super  larem  illuni  ardenter  ignitum,  quasi 
super  florcs  hilariter  decubabat.  Illa  vero  mulier  tam  mira  cernens,  et  stupens,  non  solum 
a  stercore  peccati,  sed  etiam  a  tenebris  infidelitatis  conversa  est  a  Dominum  lesum  Christum. 
Et  effecta  est  tantae  sanctitatis  et  gratiae  qaod  iuvantibus  meritis  sancti  patris  multas 
animas  Domino  in  illis  partibus  acquisivit  (2). 

«  Videns  autem  sanctus  Franciscus  quod  fructum  quem  desiderabat  ibidem  facere  non 
valebat.  Domino  sibi  revelante,  disposuit,  recongregatis  sociis,  redire  ad  partes  fidelium. 
Et  rediens  ad  Soldanum  suum  propositom  de  reditu  indica  vit.  Cui  Soldanus  dixit  :  «  Frater 
«  Francisce,  ego  libenter  ad  fidem  Christi  converterer,  sed  timeo  modo  hoc  facere:  quia 
«  isti  Sarraceni  me  et  te  ùum  tuis  sociis,  si  sentirmi,  statim  occiderent.  Et  quum  tu  adhuc 
«  multum  possis  proficere,  et  ego  quaedam  magna  negotia  prò  salute  animae  habeam 


(1)  In  questa  libertà  che  godevano  i  Minoriti  fra  i  Saraceni,  dobbiamo  senza  dubbio 
cercare  le  ragioni  che  inducevano  i  Pontefici  a  prescieglier  questi  per  ambasciatori  ai  mo- 
narchi Saraceni  :  come  nel  1233  a  Melek  el  Asceraf  Soldano  di  Damasco  e  al  Califa  di  Bagdad 
El  Monstanser  (Wadd.  an.  cit.;  Sbaral.  I.  93;  Civezza  Storia  I.  219).  Più  tardi,  nel  1246,  il 
Soldano  d'  Egitto  inviava  ad  Inn.  IV  per  suo  ambasciatore  un  Minorità.  (Wadd.  1246,  n.  & 
—  Stadensis  an.  cit.). 

(2)  Il  Pisano  in  due  Conformità  (10*  e  13*)  registra  due  fatti  quasi  identici  di  Francesco 
tentato  da  donne.  Il  primo  sarebbe  accaduto  in  Oriente  per  opera  d'  una  saracena;  e  il  se- 
condo in  Italia  per  opera  di  Federico  imp.  e  dei  suoi  cortigiani,  i  quali  introdussero  una 
donna  nella  stanza  del  Santo,  quando  questi  trovavasi  a  predicare  «  in  regno  Apuliae  prope 
Barulum  *  come  ha  pure  il  Cod.  Collegii  S.  Ani.  di  Roma  (memb.  saec.  XIV  fol.  68  v). 
Cfr.  Wadding.  an.  1219  n.  64,  e  an.  1221  n.  16. 


64  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

«  expedire,  et  ideo  nollem  Ubenter  mortem  meam  et  tuam  ita  inopinatam  inducere:  sed 
«  indica  mihi  modum  quo  salver^  et  ego  sum  paratus  tibi  in  omnibus  obedire  * .  Dixit 
ei  sanctus  Franciscus:  «Domine,  ego  quidem  modo  recedam:  sed  postquam  ad  partes 
«  meas  rediero,  et  ad  coelvm,  Domino  vocante,  transiero,  post  mortem  meam  secundum 
«  dispositionem  divinam,  mittam  tU)i  duos  de  fratribus  meis,  a  quibus  baptismum  re- 
«  cipies,  et  salvus  eris,  sicut  mihi  revelavit  Dominus  meus  Jesus  Ghristus.  Tu  autem 
«  interim  ab  omni  negotio  te  dissolve,  ut  cum  gratia  Christi  venerit,  inveniat  te  fide  et 
«  devotione  paratum  » .  Cai  Soldanns  gandenter  assentiens  fìdeliter  obedivit.  Sanctns  autem 
Franciscus  yalefaciens  ei,  rediit  ad  partes  fidelium. 

e  Post  aliquot  autem  annos,  praedictus  Soldanus  infirmatus  est:  et  eipectans  proraissum 
sancti  qui  iam  ad  vitam  beatam  migraverat,  posuit  exploratores  in  portarum  exitibus,  ut 
si  quando  duo  fratres  in  habitu  sanctì  Francisci  apparerent,  ipsos  ad  eum  festinanter  tra- 
ducerent.  In  ilio  autem  tempore  apparuit  beatus  Franciscus  dnobns  fratribus  suis  et  prae- 
cepit  illis,  ut  sine  mora  pergerent  ad  Soldanum,  et  eius  salutem  sicut  eidem  promiserat 
procurarent.  Qui  perfecerunt  devote  mandatum  ;  et  mare  transeuntes  ad  Soldanum  per  ex- 
ploratores praedictos  adducti  sunt.  Quos  ut  vidit  [Soldanus]  gavisus  est  gaudio  magno 
valde  dicens  :  «  Nunc  scio  vere  quia  misit  Dominus  servos  suos,  sicut  sanctus  Franciscus 
*promisit,  Domino  revelante,  ita  mihi  servavit prò  salute  mea  sollicite  transmittendo  ». 
Becipiensque  ab  ipsis  fratribus  Mei  documenta  et  sanctum  baptismum,  in  ipsa  ìnfìrmitate 
regeneratus,  in  Domino  migravit  ad  gaudia  sempiterna,  et  salva  facta  est  anima  eius 
mentis  sanctissimi  patria  Francisci,  ad  laudem  lesu  Christi.  Amen  ». 

C.  1340  —  Pr.  Paulinus  Venetus  ©P'  Puteolanus.  —  Vita  Beati  Francisci: 
(ex  Polycronicon  eiusdem  edid.  Faloci  Pulignani  in  Miscellanea  Frane.  Vili  pag.  49  ss). 

Frate  Paolino  da  Venezia  (di  cui  daremo  alcuni  cenni  in  altro  luogo  di  questa  opera) 
inseri  una  lunga  vita  di  S.  Francesco  nel  suo  Polj/cronicon  (Cod.  Vaticano  n.  1960),  che 
va  dalla  creazione  del  mondo  fino  al  1340.  Egli,  o  chiunque  sia  l' autore  di  essa  vita, 
non  fece  altro  che  compendiare  fedelmente  e  letteralmente  la  leggenda  maggiore  che  ci 
lasciò  S.  Bonaventura.  Onde  crediamo  cosa  inutile  ripetere  lo  stesso  racconto  colle  stesse 
parole  che  abbiam  già  riportate  più  sopra  dalla  leggenda  Bonaventuriana. 

1346  —  Anonymi.  —  Ohronioon  de  Lanercost  (Bannatyne  Club,  Edinburgi  1839, 
in  4'  p.  27). 

«  Chronicon  de  Lanercost  prò  maxima  parte  sequitur  Vincentium  Bellovacensem  ;  pugna 
qua  circiter  VI  millia  christianorum  pcriìsse  dicuntur,  intelligenda  esse  videtur  ìUa  quae 
29  dio  augusti  1219  facta  est.  Quae  auctor  de  S.  Francisco  in  castris  Damiatinis  constituto 
breviter  narrai,  in  aliis  chronicis  copiosius  exposita  sunt  (1)  ».  Il  Cronista  però  è  confuso, 
e,  come  si  vede,  ammassa  e  confonde  più  fiitti  in  poche  parole.  Biportiamo  il  brano  perchè 
ricorda  Francesco. 

Ex  Chronicon.  de  Lanercost  loc.  cit. 

«  Hoc  etiam  anno  [5  Nov.  1219]  capta  est  a  christianis  Damiata,  die  S.  Leonardi 
abbatis;  sed  dum  negligenter  et  remisse  agerent  ac  nomen  sanctum  vita  deturparent  ; 
iterum  ab  hostibus  ad  bellum  provocati,  non  solum  quesita  {sic)  perdidemnt,  sed  et, 
agminum  snorum  circa  sex  millia  (2),  prohibente  tamen  congressum  tunc  sancto  Francisco, 


(1)  Rdhricht,  Testimonia  minora  p.  88  in  praef. 

(2)  Sul  vero  numero  de'  morti  in  questa  battaglia  é  molto  discorde  l' asserto  de'  cronisti. 
Le  Gesta  obsidionis .p.  103,  danno  il  nnmero  di  più  di  5  mila;  il  Vitry,  £p.  III.  p.  300,  di 
circa  2  mila,  e  nell'^.  IV  p.  305,  di  circa  mile  e  ducente;  altri  dan  mille  soltanto.  Cfr. 
fidhricht,  I.  cit.  n.  2. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  65 

qui  presens  aderat,  et  eis  eventam  dennnciante.  Hoc  innotescere  po&rit  per  qnerelosas  li-    18 
teras,  qnas  saper  hoc  domìnns  papa  Honorìns  direxit  dirersìs  provinciis,  totnm  impntans 
peccatis  nosirornm  ». 

1374  —  Anonymì.  —  Epitome  bellorom  saoronun  (Canisiiis  in  Antìguae  U- 
òtiones,  ediz.  Basnage  lY.  p.  438.  et  BOhr.  Testim.  minora  p.  185). 

Questo  Cronista  non  ci  dice  nulla  di  nuovo;  anzi  pare  che  confonda  ^li  pure  due    19 
&tti  in  uno.  Egli  dice  che  S.  Francesco  si  trovava  in  Damiata  quando  i  Cristiani  la  do- 
vettero ridare  ai  Saraceni!  Ma  la  cessione  di  Damiata  avenne  li  8  di  Settembre  del  1221, 
quando  il  santo  Patriarca  era  già  in  Italia. 

«  Anno  Domini  milleno  ducenteno  decimo  nono,  christianus  exercitus  cepit  Damiatam 
quinta  die  novembris  ;  sequenti  anno  eandem  civitatem  perdiderunt,  et  multi  de  christianis 
fìierunt  capti,  prò  quorum  redemptione  restituta  est  civitas  Saracenis,  tunc  temporis  beato 
Francisco  in  ea  existente  » . 

1374  --  Ohronica  XXIV  Generalium  Ordinis  Minomm  (in  Analect  francisc. 
t.  Ili,  ad  Claras  Aquas  1897). 

n  compilatore  di  queste  Cronache  (un  Minorità  francese,  e  probabilissimamente  fr.    20 
Arnaldo  de  Serano  Provinciale  di  Aquitania)  le  aveva  già  scritte  nella  massima  parte 
verso  il  1360,  continuandole  poi  sino  al  1374,  anno  in  cui  cessano,  interrotte  forse  dalla 
morte  dell'  autore.  —  Egli  ben  poca  cosa  e  nulla  di  nuovo  registra  sul  viaggio  del  Santo 
in  Oriente. 

Sempre  fedelissimo  compilatore  o  raccoglitore  di  men*  orie,  più  che  cronista,  il  nostro 
Arnaldo  inserì  in  queste  Cronache  una  leggenda  o  un  racconto  importante,  che  riguarda 
due  nostri  antichi  eonvi  nti  situati  entro  e  fuori  della  celebre  Antiochia:  legenda  che  noi 
dobbiamo  riportare  e  da  le  queir  importanza  che  le  si  deve  da  uno  storico.  Egli,  non  sempre 
preciso  in  cronologia,  iserisce  il  racconto  sotto  il  generalato  del  b.  Giov.  da  Parma 
(1247-57)  entro  1'  anno  1255,  senza  però  precisarci  né  1'  anno  della  fondazione  de'  men- 
tovati conventi,  nò  quello  tampoco  della  rivelazione  che  si  dice  avvenuta  colà.  Con  la  frase 
troppo  vaga  *  Erat  tunc  in  part&>u8  uUramarinis»,  il  cronista,  secondo  il  suo  solito, 
volle  probabilmente  alludere  al  tempo  di  quel  g^eralato,  o  all'  anno  poco  più  sopra  da  lui 
espresso,  cioè  1255,  come  anno  della  rivelazione  ivi  narrata.  Chechò  ne  sia,  il  racconto  parla 
da  so,  e  specialmente  dalla  clausnla  che  riporta  i  nomi  dei  testimoni  vìventi,  i  quali  certa- 
mente riferirono  o  scrissero  il  fatto  non  più  tardi  del  1268,  anno  in  cui  Antiochia  cadde  in 
potere  delle  orde  del  soldano  Bibars,  e  i  due  mentovati  conventi  perirono  distrutti  (1). 

L' identico  racconto  è  riportato  anche  nelle  Conformità  (1385)  del  Pisano  e  nello 
Speculum  Vitae  (ed.  1504)  i  quali  usarono  una  fonte  o  testo  quasi  identico,  ma  che  ben 
differisce  dal  testo  datoci  dal  Chron.  XXIV  Generalium.  Data  questa  notabile  differenza 
di  testi,  crediamo  utile  riportarli  ambedue,  non  essendoci  possibile  per  ora  determinare 
con  qualche  probabilità,  a  quale  de'  due  testi  da  noi  conosciuti  si  debba  l' originalità  o 
priorità  di  tempo  o  di  compilazione,  non  ostante  che  il  testo  del  Chronicon  sembri  van- 
tare l'originalità  poiché  cita  i  testimoni  del  fatto  ecc. 

Ora  ci  resta  a  premettere  alcune  notizie  suU'  epoca  dello  stabilimento  de'  francescani 
nella  città  Antiochena  e  sulla  vicina  Montagna  Nera. 


(1)  C£r.  nostra  Sene  Cronologica  eie.  p.  222  n.  1-2. 
BibUo*.  —  Tom.  L 


66  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

H  greco  Giovanni  Focas,  nel  1185,  percorrendo  la  Siria  e  la  Terra  Santa,  ci  descrive  la 
magnificenza  di  Antiochia,  e  la  dice  celebre  anche  per  la  vicina  Montagna  Ammirabile 
(6auti(x<jTÒv  opos)  abitata  nel  IV  secolo  dal  prodigioso  penitente  S.  Simeone  Stilìta.  A  questa 
montagna,  egli  soggiunge,  confinano  la  Montagna  Nera  (xò  Maupov  5po«)  e  il  Monte  Sco- 
pultis  (ó  SxóiceXo;):  nei  quali  monti  db  antiquo,  molti  servi  di  Dio,  cercando  Dio  lo  tro- 
varono :  ed  oggi  ancora,  dice,  sopravivono  de'  monaci  che  abitano  le  selve  di  questi  monti, 
attrattivi  dalla  loro  bellezza  (1).  Lo  stesso  ci  narra  anche  Guglielmo  di  Tiro  (2).  Il  Yi- 
triaco,  che  scriveva  nel  1220,  ricorda  pure  la  Montagna  Nera  popolata  da  conventi  di 
monaci  greci  e  latini  di  ogni  nazione,  situata  a  settentrione  di  Antiochia  (3).  Pietro  II, 
già  abbate  Cisterciese,  poi  vescovo  d*  Ivrea,  indi  Patriarca  di  Antiochia,  concesse  nel  1214 
ai  suoi  monaci  Cisterciesi  il  monastero  dì  S.  Giorgio  detto  altrimenti  de  Jubino  situato 
sulla  Montagna  Nera  e  vicino  ad  Antiochia  (4).  Più  tardi,  nel  1235,  troviamo  che  Gre- 
gorio  IX  concesse  ad  un  certo  Ministro  et  Eremitis  de  Montagna  Nigra  Antiochensis 
dioecesis  di  professare  la  regola  di  S.  Benedetto  (5).  Cosi  molti  monasteri  e  conventi,  oltre 
i  romiti  di  vari  riti  e  di  varie  nazioni,  popolavano  la  Montana  Nera,  e  tra  questi  molti 
monasteri  di  monaci  greci  partegiavano  per  1'  unione  delle  due  chiese  (6). 

Su  questa  dunque  Montagna  Nera,  poco  lungi  dalla  città  di  Antiochia,  ebbero  pure 
i  Frati  Minori  un  convento  già  de'  Benedettini,  ed  un  secondo  nella  città  stessa  di  An- 
tiochia. In  mancanza  di  dati  certi,  non  possiamo  indicare  V  epoca  precisa  della  fondazione 
0  principio  di  questi  due  conventi  francescani,  se  non  approssÌL.ative  tra  gli  anni   1220 

(1)  Migne,  Patr.  Gr.  Lat  t.  133  col.  929.  —  Cfr.  Pachìm.  ibid.  Patr.  Gr.  t.  143  col. 
727  e  857. 

(2)  «  Qui  vero  a  septentrione,  verbo  valgari  et  consueto  Montana  nigra  dicitur,  mona 
videtur  pinguis  et  aber  fontibns,  et  rivìs  ìrrigaus,  in  sylvis  et  pascois  multas  snis  habita- 
toribns  praebens  commoditates  :  ubi  et  priscis  temporibus  malta  tradnnt  fuisse  virorum  re- 
ligiosorum  monasteria:  et  usqae  in  praeaens,  Deum  tìmentiam  loca  plura  fovet  et  nutrìt 
venerabilia  > .  Historia  lib.  IV  e.  10  (p.  687  ed.  Bongars). 

(3)  «  Habet  (Antiochia)  a  septentrionali  parte  montem  qnemdam,  qui  vulgarìter  Monr 
tana  nigra  dicitar,  in  quo  sant  malti  Eremitae  ex  omni  genere  et  natione,  et  plara  mona- 
steria tam  Graecoram,  qaam  Latinorum  monachoram.  Et  quoniam  fontibas  et  rivis  totus 
est  irrigaas,  Mons  Nero,  idest  aqaosas  nuncupator.  Neros  enim  graece,  aqaa  latine.  Simplices 
autem  et  laici  Noire  idest  nigra  exponunt  in  valgari  sermone  >  Hist.  Iherosol.  lib.  I  cap.  32 
ed.  Bongars  pag.  1069.  Il  Vitriaco  evidentemente  erra  suU' etimologia  del  nome,  e  dopo  lai 
il  Sanato  (1.  3,  par.  5,  e.  4)  ed  altri. 

(4)  e  Coenobiam  S.  Georgii  de  montana  nigra,  alias  de  Jubino  prope  Antiochiam,  evo- 
catis  monachis  saia  Cisterciensibas  e  monasterio  Firmitatis  (Cabilanenais  dioecesis)  Ordini 
tradidit  anno  1214  >.  Ughellus-Coletti,  ItaUa  Sacra  IV  col.  1072. 

(5)  Il  documento  è  riportato  dal  Waddingo  (Annales  an.  1219.  n.  66,  1. 1  p.  328);  ^li 
però  ignorando  l' esistenza  di  altri  conventi  latini  snlla  famosa  montagna,  si  fa  nna  difficoltà 
Ball'  epoca  di  qae'  certi  Benedittini  i  quali,  come  vogliono  le  nostre  legende,  colà  avrebbero 
ricevuto  r  abito  dallo  stesso  S.  Francesco  nel  1219-20.  La  difficoltà  però  non  è  seria  data 
r  esistenza  certa  di  vari  monasteri  latini  sulla  Montagna  Nera  ;  e  fra  questi  è  ovvio  ammet- 
tere che  siano  pure  esistiti  colà  monaci  di  varie  congr^azioni  Benedettine,  prima  ancora 
che  i  mentovati  Eremiti  abbracciassero  la  r^ola  di  S.  Benedetto  nel  1235.  Cosi  prima  o 
dopo  di  questi,  poteano  altri  Benedettini  aver  abbracciata  la  regola  di  S.  Francesco.  Il 
Mariano  (cronista  nel  1480)  come  vedremo,  invece  di  Benedettini  quelli  che  abbracciarono 
la  r^ola  di  S.  Fxaneesco,  li  dice  monaci  di  S.  Basilio!  f 

(6)  £.  Bey  Bevue  de  V  Orient  Latin  t.  VIII  p.  149  —  Cfr.  BOhrieht  Syria  Sacra  in 
Zeitgekr.  de»  Deutsch.  Palaest.  Verting  t.  X  p.  36. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  67 

e  1230  come  diremo.  Il  Bey,  nella  pregiata  saa  operetta  delle  Colonie  Franche  in  Siria,  20 
scriTe  quanto  segue  sui  Minoriti  stabiliti  sulla  Montc^na  Nera,  montagna  che  ^11  però 
confonde  con  quella  detta  Ammiràbile  e  distinte  dal  Pocas  :  «  Dans  la  Montagne  Noire, 
«  nommée  alors  par  les  historiens  orientaux  la  montagne  Sainte  ou  la  montagne  Admirable 
«  se  trouvaient  encore  plusieurs  monastères  de  religieuz  armèniens,  greca  et  syriens,  ainsi 
«  que  de  nombreaux  anachorètes.  Ce  fui  là,  dans  des  cellules  tailUes  dans  le  roc,  non  loin 
«  du  coment  de  Saint  Georges  (1),  qtie  s' étcMirent,  en  1210  (2),  les  premiers  disciples 
«  de  Saint  Francois,  venus  en  Terre  Sainte;  pendant  plusieurs  années,  ils  y  menèrent 
«  la  vie  érémitique  avant  d'  étre  réunis  en  communauté  (3)  » .  Il  dotto  Falestinografo 
non  cita  le  fonti  d' onde  ebbe  queste  notizie,  quindi  non  sappiamo  che  valore  possano  avere. 
Checché  ne  sia  della  precisa  epoca  della  fondazione  de'  conventi  Antiocheno  e  della 
Montagna  Nera,  il  certo  si  è  che  dai  primordi  dell'  Ordine  son  ricordati  i  Minoriti  nella 
diocesi  Antiochena.  Se  ci  mancano  antiche  ed  esplicite  testimonianze  per  porre  lo  stabili- 
mento de' Minoriti  in  Antiochia  durante  il  viaggio  del  Santo  in  Siria  (1219-20),  possiamo 
però  assegnarvi  come  epoca  certa  la  terza  decade  del  sec.  XUI,  cioè  qualche  anno  prima 
del  1230;  poiché  in  detto  anno  Gregorio  IX  dirigeva  un  Breve  al  Patriarca  Antiocheno 
ed  agli  altri  gerarchi  dell'  Oriente,  dal  tenore  del  quale  risulta,  che  i  Minoriti  eran  di  già 
stabiliti  nelle  loro  diocesi  e  che  ad  essi  si  ponevano  degli  ostacoli  nel  loro  ministero  apo- 
stolico, ostacoli  che  il  Pontefice  vuole  sian  tolti  (4).  In  esso  breve  è  ricordato  anche  il 
Ministro  Provinciale,  che  d' altronde  sappiamo  essere  stato  il  celebre  B.  Benedetto  di 
Arezzo,  che  appunto  dalla  città  di  Antiochia  si  denominava  Minister  Antioóhiae  (5)  o 
Antiochiae  et  Somaniae  Minister  (6),  probabilissimamente  per  avervi  fissata  la  sede  pro- 
vincialìzia  in  quei  tempi  in  uno  de'  due  conventi  Antiocheni.  In  una  città  quale  Antiochia, 
sede  patriarcale  e  uno  de'  principali  centri  della  Siria  latina,  non  potevano  tardare  a  sta- 
bilirvisi  i  Minori.  Dal  1220-30  in  poi,  sino  alla  distruzione  di  Antiochia  (1268),  vedremo 
i  Minoriti  disimpegnare  vari  e  delicati  uffici  nelle  continue  relazioni  tra  Antiochia  e  Boma,  e 
vari  Minoriti  collaborare  e  accompagnare  i  Patriarchi  Antiocheni  nell'  interesse  delle  crociate. 

A)  —  Ex  Chron.  XXIV  GeneraUum: 

e  Anno  Domini  1219,  a  prima  conversione  sancti  Francisci  anno  XTTI,  in  capitnlo 
generali  apud  S.  Mariam  de  Portiuncnla  celebrato,  iterum  (7)  electis  Ministris,  de  volun- 


(1)  Monastero  dato  ai  Certosini  nel  1214,  come  ha  il  succitato  Ughelli. 

(2)  Forse  errore  dì  stampa  invece  del  1217  ovv.  1220. 

(3)  Bey  Lea  Colomes  Frangues  de  St/rie  p.  325. 

(4)  Sbaralea  Buttar,  francise,  t.  I  p.  58  —  Quaresmius .  lib.  1  —  Cfr.  nostra  (Serte 
Cronologica  p.  XVI  e  nota  3.  Il  breve  -S^»  Ordinia  Fratrum  Minorum  (1  feb.  1230)  è  diretto 
cYenerabilibus  Fratribus  Antiocbensi  et  lerosolymìtano  Patriarchis  Apostolicae  Sedis  Legatis, 
ac  universis  Archìepiscopis  etc.  > . 

(5)  Wadding  ad  an.  1232  n.  42,  t.  II  p.  308  —  Pisanus  Conform.  8  fol.  56  r.  ediz.  1513. 

(6)  Pisanus  loc.  cit.  fol.  72  v.  —  cfr.  Wadd.  ad  an.  1233  n.  11,  t.  II  p.  326,  ove  é  detto 
Minister  Bomaniae,  come  dal  Salimbene  {Chron.  p.  16-17)  è  chiamato  Minister  Grraeciae;  de- 
nominazioni varie  che  ci  indicano  1'  estensione  della  provincia  di  T.  S.  che  si  est^ideva, 
sino  al  1260,  per  tutto  1'  orientale  impero  greco-romano. 

(7)  Dice  egregiamente  iterum,  poiché  i  primi  Ministri  Provinciali  furono  instituiti  nel 
pruno  Capitolo  Generale  celebrato  nello  stesso  Inogo  l'anno  1217,  nel  quale  anno  fa  decisa 
e  inviata  la  prima  missione  de'  frati  per  1'  Europa  e  di  frate  Elia  con  altri  in  Oriente: 
come  abbiamo  osservato  e  documentato  più  sopra  riportando  il  racconto  di  fr.  Giordano  da 
Giano  a  pag.  38. 


BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 


tate  Dei  faernnt  missì  fratres  per  totnm  fere  mandom  cnm  lìtteris  Domini  Papae  missis 
nniyersis  ecclesiarnm  praelatis  et  rectoribns  tenoris  sabseqnentis....  (1)  [p.  14]. 

In  ìUa  antem  Fratrnm  dispersione,  beatns  Franciscns  ob  fervorem  martjrìi  ad  paries 
Syriae  cnm  XII  fratrìbns  aliia  transfretarit,  et  assnmpto  fr.  Illuminato,  ad  Soldanam 
pergens,  ab  insidiis  Saracenorom  tenti,  ]ìgati  et  crndeliter  verberati,  ad  ipsnm  Soldannm 
finaliter  adducnntar.  linde  lacobas  de  Vitriaco  Cardinalis  in  Historia  Éierosolymitana 
sic  ait:  «  Vidimus  prìmnm  Ordinis  fratrnm  Minornm  fondatorem  etc...,  (2)  »   [p.  22-23]. 

Aliter  etiam  legitnr,  qnod  (Soldanns)  fait  per  beatnm  Franciscnm  conversns,  et  post 
sancti  mortem  per  dnos  fratres,  qnos  Sanctus  ad  eom  misit,  fnit  in  fine  dieram  suoram 
baptizatns  (3)  [p.  23]. 

Anno  Domini  [1268]  Soldanns  Babyloniae  (4)  Antiockiam,  nnam  de  famosioribns  ci- 
Titatibos  orbis,  cepit  et  Christianis  abstnlit,  omnibus  tam  viris  qaam  mnlierìbus  captis 
vel  interfectis  et  ipsam  in  solitndinem  redegit  et  tane  conventos  Antiochiae  et  Moniana,e 
nigrae  snpradicti  faernnt  pariter  dissipati  [Chron.  cit.  p.  331]». 

B)  —  Quomodo  monachi  8.  Benedicti  in  uno  monasterio  degentes  [in  Montana 
Nigra  Coelesyriaé]  omnes  pariter  facti  sunt  fratres  Minores;  et  etiam  de  alia  visione 
mirabili  facta  (5). 

TestodelGftron.ZXrrCren.p.  281-83.  Testo  dello  /SEpecitium  F»te«  (8). 

«  Erat  tnnc  in  partibns  nltramarinis  pro<  «  In  civitate  Antiochia,  erat  qnoddam 

pe  Antiochiam  ad  octo  milliaria  (6)  qnidam  monasterinm  monachorom  bti.  Benedicti,  in 

conventos  in  loco,  qni  dicitar  Montana  Nigra  loco  qnì  dicitar  Montana  Nigra,  a  civitate 

(eo  qaod  densissima  silva  bene  lata  ad  duo  ipsa  distans  per  octo  miliaria:  caias  abbas 

milliaria  cingebator),  sanctis  fratrìbns  pò-  et  monachi  vitam  bti.  Prancisci  et  fratram 

palatns,  caias  principiam  fait  tale.  Erat  ibi  Minornm,  quando  ad  illos  caasa  predicandi 

enim  antea  ab  antiquo  monasterìom  mona-  transibant  (9)  attendentes,  divino  spinta  in- 

chornm  Ordinis  Sancti  Benedicti,  caias  Ab>  flati,  possessiones  monasterii  Patrìarche  tra- 

bas  et  monachi  mores  et  vitam  (7)  Fratram  dentes,  et  locam  prò  habitatione  retinentes 


(1)  Di  Onorio  lU,  data  li  11  Giagno  1219;  il  testo  é  anche  nel  Waddingo,  Sbaralea,  ecc. 
<  Ciim  ddlecH  filU  fr.  Francùcus  et  sodi  ejits...  >  Il  Pontefice,  comanda  aUe  autorità  eccle- 
siastiche di  ricevere  Francesco  e  i  suoi  «  sietU  eatholicos  etfideles,  eis....  vos  exhibeatia  favo- 
rabUes  et  henignos  ■» . 

(2)  Al  suo  luogo  (a  pag.  9)  abbiamo  riportato  per  esteso  il  racconto  del  Vitriaco. 

(3)  Allude  alla  leggenda  degli  Actua  da  noi  riportata  più  sopra  a  pag.  63. 

(4)  Il  famos  Bibars  I  Bendokdar,  soldano  d'  Egitto  (1260-1277).  %U  assali  Antiochia 
e  e  absque  uUo  belli  tumultu  coepit  [29  Mali],  et  post  captionem  usqne  ad  XYII  millia 
personarum  interfecta  sunt  > .  Sanato  Secr.  fid.  crucis  lib.  3.  par.  12,  e.  9. 

(5)  Questa  rubrica  è  de'  Codd.  Leopolitano  e  Viennese  del  Chron.  XXIV  Cren. 

(6)  In  margine  del  Codice  Leopolitano:  «  Qumqne  et  alicubi  qitatuor  italica  faeiunt  no- 
strum wnum  mUliare  » . 

(7)  Quattro  altri  Codd.  hanno  <  vita»  > . 

(8)  Speculum  viiae  beati  Francisci  et  Sociorum  eius  —  VenetOs  (expensis  domini  lordani 
de  Dinslaken)  per  Simonem  de  sucre  30  lan.  1504.  ■ —  Il  testo,  senza  alcuna  rubrica  o  titolo,  è 
a  foli.  184  T.-186  r.  —  Esso,  con  qualche  piccola  variante,  è  riprodotto  dal  Pisano  nella 
Conform.  IX  par.  2  (fol.  94  t.  col.  2  —  95  r.  col.  1.  ed.  1513). 

(9)  Pisanus:  «  ....  vitam  bti.  Francisci  et  Fratrum  suorum,  quando  ad  illas  partes  pre- 
dicandi gratia  transierat  > .  Conform.  9  fol.  94  T.-95  r.  Salvo  questa  piccola  variante  e  qualche 
parola  insignificante,  il  testo  del  Pisano,  come  abbiamo  notato,  è  tutto  conforme  al  testo 
dello  Speculum  Vitae.  —  Il  Pisano,  e  qui  e  nella  conformità  10*,  attribuisce  a  S.  Francesco 
in  persona  e  ai  suoi  compagni  la  conversione  di  questi  monaci,  durante  il  suo  viaggio  in 
Siria  (1219-20). 


DE  8.  FRANCISCO  IN  ORIENTE. 


69 


Minornm,  qai  ad  illas  partes  venerant,  con- 
templantes,  divino  spirita  infiammati,  omnes 
possessiones  ipsios  monasterii  Fatriarchae 
Antiocheno  resignantes,  monasterio  tantam 
prò  saa  et  alioram  fratrom  habitatione  re- 
tento, Fratram  Minornm  omnes  habitnm  et 
Ordinem  assnmpsernnt. 

Onmqae  aliqQibns  annis  iam  transactis, 
fratres  ex  diversis  Provinciis  ibidem  devote 
Domino  deservirent,  et  patria  illa  tane  esset 
Cbristianis  et  sab  Christianornm  dominio 
popolata,  Oaardianas  einsdem  loci  qaadam 
nocte  post  completoriam  extra  ostinm  causa 
orationis  egrediens,  vidit  lacem  miri  splen- 
doris  centra  se  radiantem  et  cnm  ipsa  mal- 
titodinem  personarnm,  indatarnm  rabeis  ve- 
stimentis  et  cereos  in  mànibas  gestantiam, 
coram  eo,  inclinatis  capitibas,  facta  sibi  re- 
verentia,  pertransire. 

Qaod  factom  admirans,  dam  se  circam- 
spiceret,  ecce  alia  tarba  vestibas  delicatis- 
simis  glaaci  sive  galbi  coloris  indata;  et 
post  illam  alia  transibat  indomentis  sabde- 
corata,  qaam  decem  viri  nimio  splendore 
fnlgentes,  vestiti  rabeis,  omnes  gestantes 
cereos,  et  &cta  sibi  modo  praedicto  reve- 
rentia,  priores  seqnebantar.  Et  post  hos 
appamit  sibi  qaaedam  domina  maltam  de- 
cora et  splendida,  daobas  viris  honorabilibas 
Gomitata,  qaoram  alter  senior  et  alter  invenis 
videbator,  [qai]  cam  cereis,  fecta  sibi  reve- 
renda, procedebant. 


Qaam  dominam  dictas  Gaardianas  totas 
attonitas  allocotas  est  dicens  :  «  0  domina, 
«  adinro  te  per  eam  qai  prò  nobis  mortem 
«  sastinnit,  at  mihi  dicere  digneris,  qaae  tu 
«  sis  et  hi  qai  tecam  sant,  et  qnid  tarbae,  qaae 
«  praetereant  significent,  et  qao  vadant  » . 
Qaae  gratioso  valta  aliqaantalam  matare 
sabridens  dixìt  :  «  Ego  -som  mater  Ghristi, 
«  et  hic  senior  qai  mecam  est,  Petrus  Apo- 
«  stolas,  et  iunior  est  Evangelista  Ioannes  : 
«  prima  turba  qaam  vidisti,  vestimentis  rabeis 
«  indutam,  sunt  Martyres,  seconda  Confesso- 
«  res,  tertia  Virgines;  et  decem  viri,  quos 
«  quarto  loco  vidisti,  sunt  alii  Apostoli  Chri- 
«  sti.  Et  omnes  vadimus  Antiocbiam  prò 
«  aninìa  cuinsdam  fratris  de  Ordine  tuo,  qnam 
«  cras  prope  horam  tertiam  de  corpore  egre- 
«  dientem  assnmemus  et  ad  coeli  gaudia  in- 
«  simul  perducemus.  Et  post  octo  dies  re- 
«  vertemur  ad  i^tum  locum  et  animam  coius- 


Ordinem  Fratrum  Minorum  pariter  assum-    20 
pserunt. 


Et  cnm  in  dicto  loco  tam  ipsi  quam 
fratres  ex  diversis  partibus  venientes  Domino 
servierunt,  Gfuardianus  dicti  loci  de  sero, 
cum  esset  tarda  bora,  extra  locum  causa 
meditationis  et  orationis  egressus,  quia  locas 
erat  extra  habitationem  hominum  positus, 
lucem  celitus  saperfusam  prospexit  :  et  cum 
luce  multitudinem  honOrabilium  sanctorum, 
rubeis  vestimentis  indutos,  ac  cereos  ardente» 
in  manibus  gestando,  coram  se  capitibus  in- 
clinati sibi  reverentiam  exhibentes  pertrans- 
ierunt. 

Et  cam  hoc  miraretur,  ecce  alia  turba 
prime  similis,  valde  honorabilibus  vestimentis 
albi  coloris,  capitibas  inclinatis,  reverentiam 
exhibentibus,  cum  candelis  in  manibus,  et 
ipsi  pertransibant.  Post  quos  et  alii  similes 
prioribus  albissimis  indumentis  decorati  cum 
£aculis  et  predictis  turbis  prooesserunt.  Hec 
dnm  nimis  attonitus  miraretur  secum,  ecce 
decem  viri  nimio  fulgore  Incentes,  vestiti 
rubeis  iam  dictis  et  candelis,  priornm  ve- 
stigia seqnebantur.  Quibus  pertransitis,  quia 
Gnardianus  nuUum  illoram  interrogaverat, 
cepit  seipsnm  arguere.  Et  dum  intra  se  ta- 
citus  cogitaret,  apparuit  mulier  quedam,  de- 
cora nimis,  claritate  circnmfalta,  duobns  viris 
comitata,  quorum  unus  senior,  alter  iuvenis 
videbatur,  cereos  gestando  in  manibus:  qui 
sibi  more  priorum  reverentiam  exhibuerunt. 

Quod  cernens  Gnardianus,  post  Domi- 
nam cepit  clamare  dicens  :  «  0  domina,  ad- 
«  iuro  te  per  eum  qui  prò  nobis  in  cruce 
«  mortem  sitstinuit,  mihi  dicere  digneris  que 
«  sis,  et  Mi  qui  tecum  sunt  :  et  quid  turbe 
«  precedentes  significent,  et  quo  vadant  » . 
Que  gratioso  vultu  et  maturo  subridens  dixit  : 
«  Ego  sum  mater  Salvatoris  Christi  :  et 
*  hic  senior  qui  mecum  est,  Petrus  apo- 
«  stolus,  Johannes  evangelista  iunior.  Prima 
«  turba  quam  vidisti,  rubeis  indutam,  mar- 
«  tyres  sunt,  seeunda  Confessores,  tertia 
«  Virgines.  Et  decem  viri,  qu>os  vidisti 
«  quarto  loco,  decem  Apostoli  sunt;  et  ibi- 
«  mus  Antiochiam  prò  anima  cuiusdam 
«  fratris  Ordinis  tui,  quam  [eros]  prope 
«  horam  dici  tertiam  de  corpore  egredientem 
«  assumemu^,  et  cum  hac  decora  societate 
«  od  celum  deducemns.  Et  statim,  aliis  octo 
«  didnts  transactis,  huc  ad  locum  tuimi, 


70 


BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  mSTORICA 


«  dam  fràtrìa  hìc  moritarì,  honore  simili 
«  condncendo,  ano  repraesentabìmus  Crea- 
<  tori  ».  Et  bis  dictis  tìsìo  disparnit. 


Ipse  vero  post  Matatinnm  statim  daos 
fratres  misit  Antiochiam,  ut  diligenter  ex- 
plorarent,  si  frater  aliquis  ibi  esset  infirmas, 
nallo  dato  indicìo  praefatae  visioilis.  Qai  ce- 
leriter  imperantis  inssa  complentes,  in  loco 
fratrum  de  Antiochia  quendam  fratrem  in- 
venerant  in  extremis  laborantem,  qni  circa 
mediam  tertiam,  eia  praesentibns,  debitam 
hnmanitatis  exsolvit. 


Qni  cnm  reyersi  Gaardiano  omnia  reto- 
lissent,  idem  Gnardianns,  omnibus  fratribns 
convocatis,  serìem  eia  retulit  praefatae  vi- 
sionis,  et  qnae  Virgo  de  fratre  aliqno  illios 
loci  promiaerat,  post  dies  octo  morituro  et 
ad  coeli  gaudia  honorifice  translaturo.  «  Ergo, 
«  inqnit,  fratres  carissimi,  cnm  pura  confes- 
«  sione  et  devotione  nos  omnes  praeparemns, 
«  quia  ex  nobis  quis  morìturus  sit,  penitus 
«  non  accepi  ».  Qui  cum  omnes  se  ad  morien- 
dum  cum  devotione  maxima  praepararent, 
ecce  octavo  die  Guardianus,  dieta  Missa, 
dixit  se  gravem  capitis  sentire  dolorem;  et 
crescente  infirmitate,  circa  horam  sextam  diei 
spiritnm  reddidit,  cum  societate  ostensa  coeli 
ianuam  ingressarus. 

Haec  recitaverunt  fratres  lacóbus  et 
Baynerins  de  MonU  Politiano,  qui  ibi  con- 
ventuales  fnerunt  et  erant  homines  per  omnia 
fide  digni  (1)  ». 


«  cum  iam  monstrata  societate,  revertemur, 
«  et  animam  cuiusdam  fratris  hic  morituri, 
«  simili  honore  conducendo,  suo  presenia- 
«  Umus  creatori,  aetemaUter  iocundantem*. 
His  dictis,  statim  tìsìo  disparnit. 

Ipse  rero  Guardianus  in  ecclesiam  re- 
diens,  cnm  desiderio  [tempns]  matntinalis 
officii  expectabat.  Quo  expleto,  duos  fratres 
advocans,  eis  per  salutarem  inianxit  obe- 
dientiam,  ut  statim  irent  Antiochiam,  ut 
yideront  si  aliquis  frater  esset  infirmus,  rei 
in  brevi  morìturus,  nullo  eis  dato  indicìo 
Tìsionis.  Et  si  quem  invenirent,  statim  re- 
dirent  et  dicerent  ei  sine  mora.  Qui  statim 
pergen[tes]  de  mane  Antiochiam  iverunt, 
fratremque  iam  in  morte  laborantem  inve- 
nerunt.  Cuius  cum  finem  expectarent,  ecce 
in  ìpsorum  oculis,  quasi  circa  horam  tertiam, 
debitum  humanitatis  exolvit. 

Quo  &cto,  qui  misi  fuerant  ad  suam 
locum  revertuntur,  Guardiano  suo  aingula 
retulerunt.  Qui  mox  fratribus  omnibus  con- 
vocatis, serìem  retulit  visionis  prefete.  Et 
adiecit  quomodo  ipsa  mater  Salvatorìs  sibi 
dixerat,  quod  in  octava  die,  animam  uuius 
fratris  in  hoc  loco  morituri,  simili  cum  ho- 
nore et  reverentia  ad  amena  gaudia  perdu- 
ceret  paradisi  :  «  Fratres  itaque  mei,  cum 
«.pura  confessione  et  reverentia,  nos  pre- 
sparare  debemus  in  hiis  diebus,  quia  ex 
«  nobis  quis  moriturus  sit  non  accepi  ». 
Quibus  intellectìs  et  reverenter  auditis,  omnes 
fratres  una  cum  Guardiano,  pura  confessione 
et  cum  summa  devotione  et  multarum  la- 
crimarum  effusione,  vigiliia,  orationibus,  ain- 
gultibus  et  ieiuniis  ad  mortem  se  prepara- 
bant.  Et  ecce  cunctis  fratrUrns  sanis  et  in- 
columibua  exìstentibus,  ita  quod  aliqui  pre- 
dictam  vìsionem  iam  quasi  illusionem  puta- 
bant,  octava  diea  advenit,  in  qua  Guardianus 
predictns,  cum  devotione  missa  celebrata, 
dixit  se  capitis  gravem  sentire  dolorem;  ac 
infirmitate  crescente,  circa  horam  diei  sex- 
tam, Inter  manus  fratrum  reddidit  spirìtum 
Deo  :  cum  societate  premonstrata  celi  ianuam 
ingressus  ». 


(1)'  Kel  testo  usato  dal  Waddingo,  che  egli  chiama  Legenda  Antìqtui,  tre  sono  i  testi- 
moni del  fatto:  «  huins  (Legendae  Antiquae)  auctor  accepit  a  fratribus  lohannino,  lacóbo 
et  Megnerio  de  Monte  Politiano,  illius  conventus  (MontaiMc  Nigrae)  incolis,  et  rei  testibus 
oculatis  ut  habet  Legenda  >.  Ad  an.  1219  n.  68,  t.  I.  p.  329.  —  Lo  stesso  racconto  trovasi 
in  un  Cod.  della  biblioteca  dei  principi  Chigi  di  Roma  (segnato  J.  VII.  262  a  fol.  94  r.): 
Istoria  miraculoaa  de  tanctis  fratribtis  Minoribus  (in  Montana  Nigra)  con  questa  clausola  : 
«  Frater  lacobus....  haec  omnia  supradicto  fratri  Raynerio  de  Monte  Politiano  ista  devote 
recitavit,  et  ^o  a  fratre  Raynerio  audivi  et  ad  utilitatem  l^entium  praesentiom  et  futu- 
rorum  rescripsi,  anno  Domini  MCCCXII.  Vili  idns  fèbmarii  » . 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  71 


1383  —  lohannes  de  Ypra.  —  Ohronioon  S.  Berlini  (in  Becueil  des  hist  de    21 
la  France  t.  XVHI  p.  607-8)  (1). 

Qaesti  ricorda  pare  la  presenza  di  S.  Francesco  in  Damiata.  In  poche  parole  compendia 
le  parole  di  S.  Bonaventura  (Legenda  mai.  e.  XI.  n.  3)  copiate  anche  dal  Saimto  che  ab- 
biamo riportato  più  sopra. 

Ex  Chron.  S.  Bertini: 

«  Anno  MCCXVni,  lohanes  rei  lenisalem,  dnx  Aostrie,  fratres  militie  Templi,  fratres 
Hospitalis  et  fratres  domas  Alemannoram  cnm  christianornm  exercitn,  dominns  etiam  Pc- 
lagius  cardinalis  episcopas  Albanensis,  apostolico  sedis  legatns,  natione  Hispanns,  Damiatam 
Egypti  nobilem  civitatem  obsidione  vallaverunt.  Hec  civitas,  ab  uno  latere  flumine  Nili, 
ex  alio  muris,  turribus  et  fossatis,  arte  et  ingenio  premunita,  piena  erat  gentibus  et  divitiis 
infinitis  :  in  qua  obsidione,  predictus  legatns  cum  rege  lohanne  predicto,  qui  prius  exercitui 
dominabatur,  colloquium  sue  auctoritatis  habuit,  allegans  se  exercitui  debere  preesse,  et 
crucesignatos  ad  snum  regimen  pertinere,  quia  per  ecclesiam,  cuius  ipso  legatus  erat,  passa- 
gium  fuerat  ordinatum.  Rcx  tamen,  verba  dissimulans,  prò  domino  se  gerebat.  Exercitus  ita- 
que,  per  hoc  in  se  divisus,  non  veritatem  proprie,  sed  affectionem  sui  principis  quisque  seque- 
batur.  Erat  in  hac  obsidione  beatus  Franciscm,  qui  videns  christianos  se  contra  Sarracenos 
ad  pugnam  preparare,  quasi  prophetice  dixit  eia  quod,  si  foret  attemptatus  congressus,  non 
cederet  prospere  christianis  :  cuius  spreta  prophetica,  statim  pugna  committitur,  totaque  in 
fngam  vertitur  acies  Christiana.  In  hac  obsidione  inventus  est  liber  arabico  scriptus,  cuius 
autor  se  christianum,  iudeum  ac  sarracenum  negat,  in  quo  inter  alia  continebatur,  quod  Da- 
miata caperetur  a  christianis,  et  quidam  rex  Knbie  christianus  Mecham  civitatem  destrueret, 
et  ossa  Mahometi  dispersa  proiiceret.  Cuius  prophetie  prima  pars  nunc  adimpletur  ;  nam  post 
annum  et  septem  menses  obsidionis,  Dominus  tradidit  eam  in  manus  christianornm  sine 
belli  strepitu  vel  tumultu  anno  MCCXIX,  nonis  novembris.  Nocte  quodam  modo  tempestuosa 
et  tenebrosa,  quidam  christianornm,  per  scalas  civitatem  intrantes,  portas  apernerunt,  et 
sic  multitudo  christianornm  intravit,  et  spoHis  infinitis  sunt  ditati.  Capti  fuerunt  in  ea 
civitate  triginta  millia  Sarracenorum,  innumeri  vero  perempti:  de  christianis  antem  (quod 
miraculosum  creditur)  nullus  omnino  periit;  nam  Nilns  fluvius  sic  inundavit,  quod  ad 
castra  christianornm  nomo  sarracenorum  accedere  poterai,  etiamsi  omnino  voluisset». 

1385  —  Fr.  Bartholomaei  de  Pisis  3rd.  Min.  —  Opus  de  Oonfomitate 
vitae  beati  Franoisoi  ad  vitam  Domini  lesa  Ohristi  Bedemptoris  nostri:  editam  anno  Dni. 
1385.  —  Mediolani  1510,  et  1513  (2). 

Facciam  nostro  il  gìodizio  che  sn  Bartolomeo  da  Pisa  scrissero  i  dae  dotti  critici    22 
PP.  Marcellino  da  Civezza  e  Teofilo  Domenichelli  :  «  Bartolomeo  da  Pisa,  che  il  Papini 

(1)  Vedi  Ròhricht  Testimonia  minora  de  quinto  bello  sacro  p.  23.  —  Martene-Durand 
Thesaur.  nov.  anecdot.  t.  Ili  col.  702-3. 

(2)  Citiamo  queste  edizioni,  e  a  vicenda  le  usiamo  secondo  l' opportunità  che  avemmo 
di  studiarle  ;  qui  però  diamo  la  preferenza  al  più  accreditato  codice  che  si  conosca  genuino 
e  non  interpolato,  appartenente  all'  archivio  della  Verna  e  attualmente  presso  i  nostri  con- 
fratelli di  Quaracchi  che  ne  cnrano  nn'  edizione  crìtica.  Da  questo  Cod.  potremmo  ricavare 
la  data  approssimativa  in  cm  il  Pisano  principiava  a  scrivere  queste  Conformità.  Egli  al 
fruct.  2  pars  1  (ms.  t.  I  fòl.  27  a.  1.)  scrive:  t  Quarto,  hoc  ostendit  ipsorum  Indaeornm  ca- 
ptivatio  et  statuta  desolatio,  quae  post  mortem  veri  Messiae  et  Christi  eis  evenire  debebat, 
ut  habetur  Dan.  9,  26  ;  quae  captivatio  et  dissipatio  ac  desolatio  usqne  in  hodiernum  diem 
ab  anno  1846  viget  » .  A  questa  data  aggiunti  i  33  anni  tradizionali  della  vita  di  Cristo, 
avremmo  il  1379  come  anno  in  cui  il  Pisano  scriveva  il  secondo  frntto  o  capitolo  delle  Con- 
formità. Gli  editori  Milanesi  mutarono  a  capriccio  questo  passo,  sopprimendo  anche  la  data  ! 


72  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTOEICA 

22  stesso  ci  dà  come  santo  religioso,  maestro  in  teologia  dottissimo,  canonista,  ricco  di  sacra 
e  profana  erudizione  e  scrittore  instancabile  (1),  scrisse  verso  il  1385  le  sne  famose  Con- 
formitates,  approvate  solennemente  dall'Ordine  nel  Capitolo  generale  del  1399,  e  a  cui 
oggi  la  critica  vera  ha  finalmente  reso  quella  giustizia,  che  le  fn  ne'  secoli  addietro  negata 
da  un  scetticismo  e  da  nna  diffidenza  di  cuori  chiusi  all'  ingenue  espansioni  dell'  affetto, 
che  pure  è  principio  e  disposizione  necessaria  al  conoscimento  del  vero.  Queste  Conformi- 
tates  segnano  i  primi  albori  del  metodo  crìtico,  che  ripiegando  sopra  sé  stesso,  vuol  se- 
parare il  men  certo  dal  certo.  Infatti,  ci  avveniamo  in  osservazioni  come  le  seguenti  :  De 
isto,  in  loco  autentico  non  reperi,  sed  depictum  et  scriptum  in  plurilms  locis  inveni.  Sed 
de  nullo  praefatorum  dominus  frater  Bonaventura  in  Legenda  malori  facit  mentionem  ; 
et  quid  fuerii"  in  causa  ignoro  :  cum  tamen  de  primo  dictus  Bernardus  a  Bessa  facit 
mentionem,  et  secundum  de  scriptura  publica  notarii  reperi  Florentiae  transcriptum  (ed. 
1510  fol.  149  a.  1).  De  praefatis  apparitionibtis  non  reperi  scripturas  :  quas  hic  non 
pono  (ed.  cit.  fol.  229  6.  2).  Informationes  quas  non  scribo,  quia  imperfectas  reperi 
(ib.  fol.  78  a.  1).  Inoltre,  quasi  ad  ogni  pagina  cita  con  scrupolosa  esattezza  le  fonti  da 
cui  trae  il  suo  racconto,  e  ne  trascrive  fedelmente  le  parole.  Chi  procede  cosi,  non  può 
n^arsi  che  procede  a  ragione  veduta,  e  possiama  tranquillamente  riposare  sopra  le  sue 
asserzioni,  e  sopra  la  serietà  e  la  gravità  degli  autori  da  lui  consultati  (2)  » .  Il  Sabatier, 
rivendicando  dall'  oblio  e  dal  disprezzo  le  Conformità  del  Pisano,  non  esita  a  dirle  opera 
la  più  importante  che  sia  stata  scritta  su  S.  Francesco  ;  e  che  se  il  Pisano  evidentemente 
non  segue  le  norme  della  critica  severa  quale  c^gi  la  vogliamo,  ciò  non  di  meno  ^li  deve 
occupare  il  primo  rango  di  onore  tra  i  fedeli  compilatori  (3).  Ormai  la  crìtica  imparziale 
e  le  continue  scoperte  che  ci  danno  gli  studiosi  di  cose  francescane,  ad  esempio  i  lavori 
del  P.  Lemmens  (4),  la  Vita  et  miracuìa  B.  Benedicti  de  Aretio  da  noi  trovata  in  un 
Cod.  della  Nazionale  di  Firenze  (5),  e  tante  altre  pubblicazioni,  tutte  si  schierano  in  fa- 
vore di  Bartol.  da  Pisa  la  cui  &raa  risoi^  con  una  riputazione  meglio  stabilita  che  mai, 
di  scrittore  cioè  e  compilatore  fedele  sino  allo  screpolo  (6).  E  la  prossima  pubblicazione  cri- 
tica delle  Conformità  che  preparano  i  nostri  Padri  di  Quaracchi,  metterà  finalmente  nella 
vera  luce  i  meriti  e  i  difetti  del  Pisano,  e  soddisferà  pienamente  i  giusti  desideri  de'  dotti 
che  le  attendano  e  le  incoraggiano  coi  loro  voti. 

Bartolomeo  Pisano  giovanetto  entrò  nell'Ordine,  occupò  le  cattedre  teologiche  a  Ve- 
nezia, Padova,  Pisa,  Siena,  Bologna  e  Firenze.  Nel  1373,  con  laurea  dottorale,  passò  alla 
cattedra  teologica  di  Cambridge.  Predicatore  e  scrittore  instancabile,  oltre  le  Conformità 
ÌMCÌÒ  trenta  altri  volumi  manoscritti.  Mori  nel  1400,  o  secondo  altri  il  10  decembre  1401, 
ferme  centenarius  (7). 

Se  stiamo  al  titolo  delle  Conformità,  secondo  tutti  i  Codd.  e  le  stampe,  esse  farono 
terminate  «  opus  editum  »  nel  1385.  Quindi  qualche  data  posteriore  che  riscontrasi  nel- 

(1)  Papini  Storia  di  S.  Francesco  t.  II  p.  247. 

(2)  Civezza-Domenichelli  Lm  Leggenda  di  S.  Francesco  p.  LIII-IV. 

(3)  Vie  de  S.  Franf.  sources  CXIV-XX. 

(4)  Cfir.  in  modo  speciale  i  Fragmenta  minora  Eomae  1903. 

(5)  Vedi  questa  Vita  nella  presente  opera  sotto  1'  anno  1220,  ove  trattiamo  del  B.  Be- 
nedetto. 

(6)  È  questo  anche  il  giudizio  del  bollandista  Van  Otroj  in  Anal.  BoU.  t.  XXIII 
pag.  385-86. 

(7)  Cfr.  Benoffi  Comp.  Star.  Minoritica  p.  156  —  Wadd,  an.  1399  n.  7-8  —  Sbaralea 
SuppUm.  p.  109  —  Marco  da  Lisbona  Cronache  t.  Ili  p.  6. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  73 

l'opera  (come  Fan.  1390  a  fol.  150 a.  1.  ed.  1510),  verrebbe  ad   indicarci  che  il  Pisano    22 
più  tardi  ritoccò  ed  ampliò  la  sua  opera,  approvata  poi  dal  Capitolo  generale  di  Assisi 
li  2  agosto  1399. 

Molti  sono  i  Codd.  delle  Conformità  (1),  ma  tre  sole  le  edizioni  di  esse.  La  prima, 
la  più  antica  in  ordine  cronologico,  è  V  edizione  Milanese  del  1510,  e  perciò  stimata  dai 
dotti  come  la  più  autorevole.  La  seconda  tre  anni  dopo,  nel  1513,  nsci  parimenti  a  Milano 
ma  da  diverso  editore  e  tipc^rafo,  da  alcuni  preferita  qaesta  alla  prima  senza  vere  ra- 
gioni. La  terza  edizione  vide  la  luce  a  Bologna  apud  Alexandrum  Benatium  1590  per 
cara  del  Min.  Conv.  P.  Geremia  Bacchio  che  pretese  di  pargare  V  opera  da  «  infinitis 
propemodum  mendis  »,  ma  che  in  realtà  la  detarpò  storpiando  qaa  e  là  il  testo  a  capriccio, 
interpolando  anche  la  Confor.  Vili,  «  et  in  fine  (soggiunge  la  Sbaralea)  pessimo  errore 
resecata  suni  8.  P.  Francisci  miracula,  nec  aliud  praesefert  boni  (haec  editio),  nisi 
nitidiores  characferes  (2)  ». 

Qualcuno  s' imbattè  a  caso  e  citò  un'  edizione  del  1620  che  sarebbe  la  quarta  e  sco- 
nosciuta ai  bibliografi  (3).  Infatti,  noi  pure  e'  imbattemmo  in  un'  indicazione  di  questa 
pretesa  edizione  sfogliando  i  cataloghi  della  Nazionale  di  Firenze;  ma  a  prima  vista  la 
credemmo  un  errore  frequente  nei  cataloga.  Chiesta  l' indicazione  11.  A.  1.  23  del  catalogo, 
vedemmo  in  realtà  un  bel  volume  del  Pisano  col  quasi  identico  frontispizio  della  terza  edi- 
zione e  coir  impressum  Bononiae  apud  Victorium  Benatium  MDCXX.  Aveva  dunque  ra- 
gione chi  citò  una  quarta  edizione,  e  stavamo  per  assentirgli.  Ma  non  appena  ci  demmo  a 
sfogliare  il  raro  esemplare,  che  subito  ci  accorgemmo  dell'  industria,  per  non  dirla  mistifica- 
zione, del  tipobibliopola  Vittorio  successore  ed  erede  di  Alessandro  Benati.  Vittorio,  che 
forse  mal  soffriva  veder  da  30  anni  ingombrati  i  magazzini  dalla  vecchia  merce  lasciatagli 
da  Alessandro,  da  buon  mercante  credo  utile^  rimetterla  in  vendita  come  nuova,  mutandole 
soltanto  la  veste  esteriore,  e  forse  ci  riusci.  Egli  quindi  non  fece  altro  che  mutare  e  ristam- 
pare il  frontespizio  coi  due  soli  fogli  preliminari  dell'  opera  vecchia,  apponendovi  bellamente 
r  impressum  Bononiae  apud  Victorium  Benatium  MDCXX  (4).  Sicché  tutto  il  resto  del 
volume,  formato,  carta,  tipi,  paginazione  (di  330  carte  numerate  in  recto)  son  roba  tutta 
identica  alla  vecchia  merce  del  1590!  E  quasi  in  prova  di  tutta  questa  industria  (non 
potremmo  indovinare  se  per  burla,  o  per  grossa  dimenticanza,  o  fors'anco  per  non  voler 
mistificati  i  posteri  a  disdoro  dell'  arte  tipografica)  Vittorio  non  mutò  l' ultima  carta  del 
volume,  ove  al  fol.  330  v.  in  calce,  lasciò  l' antico  impressum  di  Alessandro  :  Bononiae 


(1)  Un  buon  numero  dì  essi  Codd.  scmo  registrati  nel  dotto  lavoro  di  Mons.  Santarelli 
La  Tradizione  francescana  ed  i  due  luoghi  ove  furono  nascosti  il  Corpo  ed  U  Ctiore  di  S. 
Frane,  di  Assisi:  ricerche  storiche  in  risposta  all'  ipercritica  (Roma  1901)  pag.  476-81. 

(2)  Supplem.  ad  script,  p.  110. 

(3")  Per  es.  il  Mandach  (8t.  Antovne  de  Padóue  et  Vari  italien  1899,  p.  286  e  348)  cita 
r  ed.  di  Bologna,  1620;  come  pure  il  Chavìn  de  Malan  (Storia  di  S.  Frane,  ed.  ital.  Prato 
1846  nelle  note  bibliografiche  p.  VIII-IX)  Anzi  quest'  ultimo  ricorda  una  prima  ediz.  di 
Venezia,  che  dice  rarissima,  senza  data,  e  senza  il  nome  dello  stampatore,  (edizione  questa 
non  mai  esistita!)  e  perciò  chiama  qtiar^  edizione  quella  del  1590! 

(4)  Vittorio  nel  frontispizio  (identico,  ma  in  tipi  neri  e  rossi)  soppresse  la  dedica  al 
Card.  Hieron.  de  Ruvere,  come  pure  soppresse  la  lettera  dedicatoria  al  medesimo  contenuta 
nel  fol.  2,  e  dettata  dall'  editore  P.  Lucio  Anguissola  Bonon.  Cai.  Maii  1590  succeduto  nella 
direzione  della  stampa  al  morto  confratello  P.  Bucchio  Min.  Conv.:  soppresse  anche  i  5  di- 
stici dettati  dal  P.  Boni  in  onore  de'  ricordati  PP.  editori,  L' icone  in  rame  del  frontespìzio 
è  identica  a  quella  del  1590. 


74  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  mSTORICA 

22    apud  Alexandrum  Benatium  1590,  lasciandoci  così  nn  beli'  anacronismo  tipografico,  se 
non  nnico,  raro  nella  storia  dei  tipografi. 

Le  principali  fonti,  pei  brani  che  qai  riportiamo,  e  dalle  qaali  attinse  fedelmente  il 
Pisano,  sono  1°  la  Legenda  Bonaventnriana  (1263)  e  2»  gli  Actus  B.  Francisci  (1322-28). 
Pei  fatti  poi  e  particolarità  che  troviamo  nel  solo  Pisano  e  non  pnnto  accennati  dagli 
scrittori  precedenti,  possiamo  con  ogni  ragione  asserire,  che  egli  conobbe  ed  usò  fonti  a  noi 
sconosciuto.  È  Tero  che  in  più  luoghi  della  sua  opera  il  Pisano  erra;  confonde  qualche 
volta  un  luogo,  una  persona  per  un'  altra,  e,  piamente  ingenuo,  come  tutti  quasi  i  cronisti 
del  suo  tempo,  raccoglie  in  buona  fede,  sulla  testimonianza  altrui  o  da  memorie  antiche, 
fatti  troppo  trasformati  dalla  leggenda;  ma  nessun  sottile  critico,  né  tampoco  il  severo 
Faloci  (troppo  severo  col  Pisano)  provarono,  né  proveranno  mai  che  il  Pisano  abbia  di 
sana  pianta  creato  o  inventato  fatti  che  egli  riporta.  Con  questo  criterio  noi  prestiamo  al 
Pisano  quella  fede  che  si  merita,  e  non  abbiamo  difficoltà  di  accettare  per  istericamente 
vero  tutto  quello  che  troviamo  riportato  da  lui,  salve  le  debite  riserve  che  abbiamo  fatte  a 
proposito  di  alcuni  fatti  narrati  negli  Actus  e  riprodotti  dal  Pisano. 

Testimonia  de  8.  Francisco  in  Oriente,  ex  cit.  opere  fr.  Barth.  de  Pisis: 

«  Secularis  existens  [6.  Franciscus']  ob  reverentiam  Apostolorum  Eomam  ivit.  Pactus 
frater,  visitavit  pluries  limina  Apostolorum  Petri  et  Pauli,  Sanctum  lacobum  de  Galecia, 
Sanctum  Angelum  de  monte  Gargano,  et  Domini  Sepulchrum  ».  Ex  Cod.  Alvernae  t.  II 
fol.  69  b.  2,  Conform.  19  (fol.  188  b.  2.  ed.  1510;  fol.  168  a.  1.  ed.  1513). 

«  Qui  primus  frater  Minor  predicavit  in  Terra  Sancta,  fuit  b.  pater  Franciscus,  quando 
cum  undecim  (sic)  sociis  Soldanum  adiit  ».  Cod.  Alv,  1. 1  fol.  196  a.  1.  Conform.  11  (fol. 
125  a.  2.  ed.  1510;  fol.  110  b.  2.  ed.  1513). 

«  Beatus  Franciscus  fait  per  quemdam  Abbatom  in  partibns  ultramarinis  (1)  habentem 
spiritum  propheticum  declaratus;  qui  beatum  Franciscum  praedixit  venturum,  et  de  eius 
sanctitate  et  fratrnm  molta  praedicens,  mandavit  suis  monachis  quod  si  quando  in  par- 
tibns illis  fratres  beati  Francisci  vel  ipsum  beatum  Franciscum  viderent,  cum  cruce  et 
omni  reverentia  praecedere  deberent.  Et  sic  fuit  factum  beato  Francisco  cum  duodecim 
sociis  mare  transito,  ad  Soldanum  pergente,  ut  dicit  Legenda  antiqua  » .  Cod.  Alv.  i.  I 
fol.  21b.l.  Conform.  1  (fol.  13  b.  2.  ed.  1510;  fol.  12  b.  2.  ed.  1513). 

«  Soldano  fuit  beatus  Franciscus  declaratus  :  qui  ad  ipsnm  summam  concepit  devo- 
tionem,  et  tandem  ipsius  meritis  regeneratus  in  Christo  est  salvatus».  Cod.  Ai».  1. 1  fol. 
23  a.  1  Conform.  1  (fol.  14b.  1.  ed.  1510;  fol.  13  b.  1.  ed.  1513). 

«  Nam  Soldanum  Babilonie  convertit  et  alios  infideles  :  tam  per  se  qoam  per  filios 
fratres  ad  vitam  salutis  deduxit».  Conform.  4  (fol.  29  a.  1.  ed.  1510;  fol.  26  a.  1.  ed.  1513). 

«  Ad  Soldanum  vadens  cum  socio  fratre  Illuminato  a  Sarracenis  captus,  feraliter, 
cradeliter  et  contemptibiliter  pertractatus,  affectus  conviciis,  verberibus  affiictus,  et  vinculis 
alligatus;  quid  dixit  socio,  certe  exhilaratus  [dixit]:  «  Confide,  frater,  in  Domino;  in 


(1)  Il  Cronista  £r.  Mariano  (e.  1480)  racconta  la  stessa  profezia,  e  l' attribuisce  al- 
l' «Abbate  di  Montagna  Nera  in  Siria  presso  la  famosa  ciptà  di  Antiochia  a  sette  miglia, 
dove  era  una  famosa  abbadia  con  monaci  di  Sancto  Basilio  (sic  !)  »  Cod.  della  Nazion.  dt 
Firenze,  Magi.  XXXVIII  n.  99  cap.  9  carta  16.  Poi  soggiunge  che  detti  monaci  ricevettero 
con  onore  <S.  Francesco  quando  passò  el  mare  per  andare  in  Egipto  con  dodici  compagni; 
inprima  che  venisse  a  Dam)ata,  fecie  porto  in  Acri  et  discorse  predicando  per  la  Siria,  tanto 
che  venne  in  Antiochia...;  li  predicti  monaci  di  Montagna  Nera  lo  invitarono  alla  loro  badia,... 
lì  andarono  incontro  et  con  grandissima  reverentia  et  devotione  lo  riceverono....  et  dalle 
mani  di  S.  Francesco  presono  V  abito  e  la  vita  de  Frati  Minori  > . 


DE  S.  PRàNCISCO  IN  ORIENTE.  75 

«  nobis  impletur  illud  EvangcUi-.  Ecce  ego  mitto  vos  sicut  oves  inter  lupos  ».  —  Cod.    22 
Alv.  t.  II  fol.  47  b.l.  Conform.  17  (fol.  175  a.  1.  ed.  1510;  fol.  156  a.  1.  ed.  1513). 

«  Non  solum  fideles  christiani  ad  honorandum  beatum  Pranciscum  incitabantar,  sed 
[etiam]  infideles.  Cnm  enim  post  multos  labores,  pericula  et  afflictiones  ad  conspectum 
pervenisset  Soldani  et  Christum  eìdem  evangelizasset,  iiutu  divino  Soldanus  in  mansuetu- 
dinein  conversns  benignum  ei  prebuit  anditum.  Cernens  quidem  in  eo  fervorem  spiritns, 
constantiam  animi,  contemptum  vite  presentis,  efi&caciamqae  divini  sermonis,  devotionem 
tantam  concepit  ad  ipsnm,  ut  magno  enm  honore  dignnm  diceret,  munera  offerret,  et  ad 
secum  trahendum  moram  instanter  invitaret.  Et  quid  mirnm?  Si  Chriatus  corda  snorum 
commoveret  ad  venerationem  beati  Francisci,  cnm  per  ratione  carentia  sit  ipse  beatns 
Franciscus  moltipliciter  honoratus,  accedendo  ad  ipsuni,  stando  cura  ipso,  nec  ab  ipso  re- 
cedere ullatenns  volendo,  proot  octava  pars  tnaioris  dicit  legende».  Cod.  Alv.  t.  II  fol. 
117  b.l.  Conform.  27  (fol.  215  b.  2.  ed.  1510;  fol.  192  b.l.  ed.  1513). 

«  Non  solam  pater  Franciscns  predica.vìt  fidelibus,  ymmo  etiam  infidelibus.  —  Sexto 
enim  conversionis  ipsins  anno,  ad  predicandnm  Saracenis  et  aliis  ad  partes  Syrie  disposuit 
adire  ;  vernm  ventis  non  secundis  flantibus,  compulsns  est  partes  Sclavonie  arripere,  etc...  (1). 
—  Vernm  quia  amor  animarnm  et  fidei,  animam  ipsius  gladio  fervoris  pertransibat,  dnm 
videret  se  ad  partes  Syrie  non  habere  in  voluntato  Dei  accessnm,  versus  Marochium  iter 
arripait,  nt  MiramoUno  et  eias  genti  Christi  evangelinm  predicaret  et  ad  palmam  optati 
martini  si  quo  modo  veniret.  Ibat  tanto  desiderio,  nt  qnamvis  corpore  imbecillis  esset, 
peregrinationis  sue  socium  precurreret,  et  ad  exequendum  quod  decreverat  festinus  ut 
ebrios  spiritu  advolaret.  Et  cum  usque  ad  Yspaniam  accessisset,  infirmitate  superveniente 
gravissima,  quod  cupiebat  adimplere  nequivit. 

Tertio  tandem  ad  partes  infidclium  accessit,  ut  et  fidem  predicando  eisdera,  converteret, 
etsi  non  ad  palmam  gloriosi  martirii  perveniret.  Vernm  cum  se  anno  decimotertio  a  sua 
conversione  ad  partes  Syrie  ut  Soldano  predicaret  disponcret  adire,  multi  fratres  eum 
usque  ad  partes  Ancone  sunt  sequti,  volentes  cum  ipso  ìlluc  accedere.  Sed  ipse  hoc  con- 
siderans,  ac  quod  grave  esset  tot  fratres  simnl  nautis  deducere,  nec  ipse  yellet  aliquem 
ìnconsolatum  dimittere  ;  eos  dum  esset  in  portu  Ancone  sic  est  alloqutus  :  «  Rarissimi 
€  fratres,  omries  vos  vellem  prò  vestra  consoìatione  ducere  mecum;  sed  naute  non  sinunt: 
«  et  quid  u/num  ego  eligendo  et  alium  dimittendo,  vobis  materiam  preberem  scandali  et 
«  divisionis,  ideo  super  hoc  placeat  vobis  velie  consulere  Domini  voluntatem,  quam  sic 
«  sciemus  * .  Nam  vocavit  unum  parvum  puerum  qui  neminem  illorum  agnoscebat,  et  dixit 
fratribus  :  «  Interrogemus  hunc  puerum  si  vobis  placet  *  ;  et  cum  omnibus  placuisset,  dixit 
b.  Franciscus  pucro:  «  Esine,  puer,  voluntas  Dei  ut  omnes  transeant  mecum  »?  Bespondit 
quod  non.  «  Et  quos  vult  Deus  trans fretare  mecum  »?  Respondit  tangendo  fratres:  *Iste, 
et  iste,  et  ille»;  et  sic  tetigit  XI  fratres  de  illis,  et  dixit  beato  Francisco:  *isti  tecum 
ibunt,  quia  sic  est  voluntm  Dei  » .  Et  tnnc  omnes  fuerunt  contenti  qui  tacti  non  fnerant 
per  puerum.  Dei  voluntatem  agnoscentes.  Beatus  Franciscns,  dictis  fratribus  assumptis, 
navim  intravit,  et  ad  partes  Syrie  cum  eisdem  pervenit. 

Sed  cum  guerra  inter  Saracenos  et  christianos  tunc  esset  implacabilis  etc.  [Qui  U 
Pisano  riprende  il  ctt.  testo  Bonaventuriano  ibq.  maj.  c.  IX  n.  7-8,  e  narrato  come  il  Santo  ri- 
etino i  ffont  del  Saldano  soggiunge]  :  ex  tunc  enm  Soldanus  libentissime  audiebat  et  beatum 
Franciscum  rogavit  quod  ad  ipsum  frequenter  accederet.  Insuper  sibi  et  sociis  suis  concessil 
quod,  quocumque  vellent,  libere  irent,  et  ubique  per  totum  imperium  sunm  libere  predi- 
carent.  Et  dedit  eis  quoddam  siemaoulum,  quo  viso  a  nemine  lederentur  (2).  Habita  igitur 
hac  liberali  licentia,  Sanctus  Franciscus  socios  suos  binos  bine  inde  transmisit  in  diversis 
partibus  paganorum. 

Ipse  vero  cnm  uno  socio,  fra  tre  suo  Illuminato,  ad  quandam  partem  iens,  cum  per* 
venisset  ad  quoddam  hospitium,  ubi  sibi  erat  prò  quieto  necessarium  commorari,  invenit 
ibi  quamdam  mulierem  corpore  speciosam  et  &cie,  sed  turpissimam  mente:  que  ipsum 
sanctum  de  actu  nephario  requisivit.  Cui  Sanctus  ait:  *  Si  tu  vis  quod  ego  libi  assentiam, 


(1)  Il  resto  come  in  S.  Bonav.  kg.  maj.  e.  IX,  tutto  il  n.  5.  Vedi  sopra  a  pag.  32. 

(2)  A  proposito  del  signaculum  vedi  sopra  a  pag.  61-62. 


76  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HlSTOEICA 

i2  *volo  etiam  guod  tu  mihi  assentias*.  Ait  illa:  *  Accepto  quod  dicis.  Eamus  ergo  et 
e  levtum  paremus  » .  Sanctas  vero  Franciscns  ait  :  «  Venias  tnecum  et  ducam  te  ad  tectum 
«  purcherrimum  » .  Et  duxit  illam  ad  magnnm  ignem,  qni  tnnc  in  Illa  domo  fiebat  ;  et  in 
fervore  spiritas  expolians  se,  in  lare  ilio  ignito  nadnm  tanqnam  in  lecto  se  collocavit:  et 
vocans  illam  dixit  :  e  Expolia  te,  et  festina  fruì  hoc  lecto  splendidissimo,  florido  et  mi- 
trando: quia  hic  te  oportet  esse,  si  tu  vis  mihi  obedire».  Ille  aatem  ignis  nihil  b. 
Franciscam  lesit;  sed  snper  larem  illnm  ardentem,  ignitnm,  qnasi  saper  flores  hilariter 
accnmbebat.  Illa  antem  mnlier  tam  mira  cernens  et  stnpens,  non  solnm  a  stercore  peccati, 
sed  etiam  a  tenebris  infidolitatis  est  conversa  ad  Dominam  lesam  Christnm  ;  et  effecta  est 
tante  sanctitatis,  qood  iavantibas  meritis  b.  Francisci,  moltas  animas  ad  Dm.  lesam  Chrìstam 
in  illis  partibas  acqnisivit. 

Videns  antem  b.  Franciscns,  quod  frnctam  quem  desiderabat  ibidem  facere  non  poterat, 
Domino  revelante  sibi,  disposait,  recongregatis  sociis,  ad  partes  fideliam  remeare.  Et  re- 
diens  ad  Soldanam,  sanm  propositam  de  redita  indicavit.  Cai  Soldanas  dixit:  «  Frater 
«  Francesce,  ego  libenter  ad  fidem  Christi  converterer,  sed  timeo  modo  hoc  facere  :  quia 
«  isti  Saraceni  me  et  te  cum  tuis  sociis,  si  sentirent,  statim  inf-erficerent.  Sed  cum  tu  multum 
e  adhuc  possis  proficere,  et  ego  quedam  magna  negotia  prò  salute  anime  haòeam  expe- 
€  dire,  nollem  libenter  mortem  tuam  et  meam  ita  inopinate  inducere.  Sed  indica  mihi 
*modum  quo  solver,  et  ego  sum  paratus  tibi  in  omnibi*s  obedire*.  Et  S.  Franciscns 
dixit  ei  :  «  Domine,  ego  quidem  modo  recedam,  sed  postqtutm  ad  partes  meas  rediero, 
*  et  ad  celum  Domino  vocante  transiero  :  post  4nortem  meam,  secundum  dispositionem 
«  divinam,  mittam  vobis  duos  de  fratribus  meis,  a  quibus  baptismum  recipietis,  et  salvus 
«  eritis,  sicut  Dóminus  meus  Iesi*s  Christtis  mihi  revelavit.  Vos  autem  interim  ab  omni 

<  negotio  dissolvite,  ut  cum  gratia  Christi  venerit,  inveniat  vos  fide  et  devotione  paratum  » . 
Coi  Soldanas  gaadenter  assentiens,  fideliter  obedivit.  Sanctus  autem  Franciscns  ad  partes 
fideliam  rediit.  Sed  qualiter  dictus  Soldanas  sit  per  b.  Franciscam  salvatus  dicetur  fructu 
et  conformitate  XXXVIII. 

Dum  in  partibas  esset  ultramarinis  b  Franciscns,  scilicet  in  civitate  Antiochie,  que 
tnnc  a  Christianis  tenebatar,  evenit  illud  de  quo  dictnm  est  supra  conformitate  prece- 
denti (1)  quod  Monachi  de  Montana  Nigra,  que  ab  Antiochia  per  octo  miliaria  distat, 
nna  cum  Abbate  vitam  considerando  et  mores  b.  Francisci  et  Sociorum,  possessiones  omnes 
monasteri!  Patriarche  resignantes,  et  locum  monasteri!  solum  retinentes,  &cti  sunt  omnes 
fratres  Minores;  et  in  dicto  loco  plura  miracula  Deus  ostendit,  ut  dictum  est.  Sic  ergo 
prefatis  apparet,  quod  b.  Franciscns  non  solum  ut  converteret  fideles  ad  Christnm  pre- 
dicavit,  sed  etiam  infideles:  et  ad  predicandum  eisdem  per  maximam  distantiam  acces- 
sit ».  Ex  Cod.  Alv.  t.  I  fol.  177b.i-178b.l.  Conform.  10  (fol.  113  b.  2.  —  114 a. 2. 
ed.  1510;  fol.  100  b.  2.—  101  a.  2.  ed.  1513). 

«  Sanctus  vero  Franciscns  rediit  ad  partes  fidelium,  et  post  aliquot  annos  predictus 
Soldanus  infìrmatns  est,  et  expectans  beati  Francisci  promissum,  qui  iam  ad  vitam  beatam 
migraverat,  posuit  exploratores  in  portibns  et  portuum  exitibus,  ut  si  quando  duo  fratres 
in  sancti  Francisci  habitu  apparerent,  ipsos  festinanter  ad  eum  adducerent.  In  ilio  autem 
tempore  apparuit  beatus  Franciscns  dnobus  fratribus  suis  et  precepit  illis,  ut  sine  mora 
pergerent  ad  Soldanum  et  salutcm  eius,  sicut  promiserat  ei  et  predixerat,  soUicite  prOcu- 
rarent  ;  quos  ut  vidit  Soldanus  gavisus  est  gaudio  magno  dicens  :  «  Nunc  scio  vere,  quia 
«  misit  Daminus  servos  suos,  quia  sicut  promisit  sanctus  Franciscus,  ita  mihi  servavit 

<  sollicite  prò  salute  mea  suos  socios  transmittendo  » .  Becipiensquo  a  predictis  fratribus 
fidei  documenta  et  sacrum  baptismum,  infirmitate  regeneratus  in  domino  migravit  ad  gaudia 
sempiterna,  et  salva  fi^cta  est  eius  anima  meritis  patris  sancti  Francisci,  concedente  Do- 
mino lesu  Christo.  Et  sic  apparet  quod  beato  Francisco,  vir  scilicet  Soldanus  ad  instar 
Christi  suos  fratre3  mittendo  iuvatur,  quia  salvatus  est  ».  —  Cod.  Alv.  t.  II  fol.  174  b.  1-2. 
Conform.  38  (fol.  248  a.  1.  ed.  1510;  fol.  223  a.l.  ed.  1513). 


.  (1)  Cioè  nella  Conform.  9*,  racconto  da  noi  riportato  più  sopra  alla  fonte  storica  num. 
20  p.  68,  a  lato  del  simile  racconto  datoci  dal  Chron.  24  Generaliwn,  ove  però  abbiamo  pre- 
ferito il  testo  che  si  ha  nello  Speeulum  Vitae  perchè  testo  forse  più  genuino  di  quello  ritoccato 
dal  Pisano. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  77 


TESTIMONIA  SABOULI  XV. 


c.  1480  —  [Pr.  Mariano  da  Firenze].  —  Libro  delle  vite  de  Sanoti  Frati 
Minori  (Ms.  cart.  della  Nazionale  di  Firenze  Magliah.  XXXVIII  cod.  99). 

Il  celebre  cronista  fr.  Mariano  nacque  a  Firenze  verso  la  metà  del  sec.  XV.  Si  accinse    23 
alla  compilazione  delle  sae  cronache  generali  nel  1480  (come  afferma  il  Terrinca)  ;  le  quali, 
dal  principio  dell'  Ordine,  protraggono  il  racconto  sino  al  1486,  conforme  asserisce  1'  Haroldo 
nella  vita  del  Waddiugo  (1). 

Il  Cod.  che  noi  usiamo,  sebbene  non  porti  il  nome  dell'autore,  è  però  senza  dubbio 
una  delle  opere  di  frate  Mariano  anzi  autografa,  come  fecilmente  ci  accorgemmo  confron- 
tandola col  brano  fotografico  di  un  autografo  di  Mariano  inviatoci  dal  Sabatier,  e  special- 
mente col  confronto  del  Cod.  di  Ognissanti  Tractattis  de  origine,  nobilitate  et  excellentia 
Provinciae  Tusciae  altra  opera  indubbiamente  autografa  di  Mariano. 

Mariano,  faori  qualche  fonte  a  noi  ignota,  attinge  da  Bonaventura,  dal  Vitriaco  (che 
egli  erroneamente  chiama  Legato  in  Oriente),  dal  Clareno,  e  specialmente  dal  Pisano  e 
dagli  Achis  o  Fioretti  che  esplicitamente  attribuisce  a  frate  Ugolino.  Egli  pone  l' abboc- 
camento del  Santo  col  Soldano  dopo  la  caduta  di  Damiata  (5  nov.  1219)  e  1'  arrivo  di 
frate  Stefano  in  Oriente  quando  ancora  il  Santo  era  in  Egitto.  Il  Soldano  Melek  el  Kamel  è 
da  lui  chiamato  col  nome  strano  di  Viorolicho  o  Violoricho.  Mariano  traducendo  storpia 
alquanto  specialmente  il  testo  del  Vitry;  né  vale  la  pena  correggere  le  varie  inesattezze 
del  suo  racconto,  premesse  che  abbiamo  le  accreditate  fonti  de'  secoli  XIII  e  XIV  alle  quali 
soltanto  dobbiamo  con  criterio  storico  prestare  quella  fede  che  si  meritano. 

Come  Sancto  Francesco  andò  al  Soldano  cap.  17.  Ms.  supra  cit. 

«  La  duodecima  conformità,  di  S.  Francesco  chon  lesu  Chrìsto,...  sichome  manifestamente 
narra  la  storia,  la  quale  è  questa  cioè:  Poiché  S.  Francesco  hebbe  cholla  sua  beneditione 
mandato  in  diverse  provincie  li  sui  frati,  celebrato  el  sopradetto  chapitolo  generale,  et 
chonstituito  frate  Helia  vicario  (2)  sopra  tutto  1'  Ordine,  eletto  per  se  dodici  chompagni, 
infra  i  quali  erano  fre.  Piero  Chattani,  fre.  Barbaro,  fre.  Sabatino,  fre.  Leonardo 
óC  Ascesi  et  fre.  Illuminato  da  Rieti,  per  l' ardore  della  charità  et  desiderio  che  aveva 
di  patire  el  martirio,  prese  el  chamino  verso  el  Soldano. 

Et  essendo  nel  porto  di  Anchoi%a  per  entrare  in  mare....  (3). 

Navigò  S.  Francesco  cho'  predetti  chompagni  che  desiderava,  et  in  breve  tempo  venne 
neir  isola  di  Chandia  (4),  dove  alquanti  giorni  fu  et  predichò  la  penitentia  et  la  passione 
di  Christo.  Dipoi  navigando  in  Siria  feciono  porto  nella  femosa  ciptà  di  Acri.  Dove  divisi 


(1)  Sulla  bio-bibliografia  di  ir.  Mariano  vedi  i  due  recenti  studi  del  Sabatier  in  BarthoU 
Tract.  de  IndidgenUa  (Collect.  t.  II  p.  136-64)  e  del  P.  Roberto  Razzoli  Ord.  Min.  nel  pe- 
riodico Luce  e  Amore,  Firenze  1904,  Ann.  I  nn.  1-7.  —  Ci  dispensiamo  di  descrivere  il  Cod. 
che  usiamo,  perchè  già  descritto  dal  Sabatier  nell'op.  di.  pag.  CXXX-V  e  p.  143-44;  cor- 
reggasi soltanto  r  errore  di  stampa  a  p.  GXXXV  fin.  4,  ove  si  ha  l' anno  1437  invece  del 
1447  come  ha  il  codice. 

(2)  Frate  Elia  partì  prima  per  V  Oriente,  e  non  fu  vicario  del  Santo  se  non  dopo  la 
morte  del  b.  Pietro  Catani  (f  10  Mar.  1221)  primo  vicario,  cui  successe  nel  vicariato  frate 
Elia  dopo  il  suo  ritomo  dalla  Terra  Santa  col  S.  Patriarca;  come  vedremo  in  seguito. 

(3)  Segue  quindi  fedelmente  il  racconto  del  Pisano  là  ove  questi  ci  narra  la  prodigiosa 
scelta  de'  12  compagni  fatta  da  un  bambino.  Vedi  a  pag.  75. 

(4)  Mariano  è  il  solo  che  ricordi  l' approdo  del  Sauto  nell'  isola  di  Gandia. 


78  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

13  li  sQoi  Compagni,  a  dao  a  duo  gli  mandò  predichando  per  diverse  ciptà,  acciò  &cies8Ìno 
qnalche  fracto  infra  christiani  che  tenevano  tncta  la  Siria.  Et  lui  anchora  predichando 
venne  nella  grande  ciptà  di  Antiochia,  dove  predichando  fu  invitato  da  monaci  di  Mon- 
tagna Nera,  li  quali  sono  dì  lungi  da  Antiochia  otto  miglia.  Vennongli  inchontro  choUe 
croci  processionalmente  li  detti  monaci,  et  chon  ogni  rererentia  lo  riceverono  sichome  an- 
gelo di  Dio.  Et  finalmente  tucti  presono  dalle  sue  sancte  mane  1'  abito  e  la  vita  delli  frati 
Minori,  per  la  chagione  detta  di  sopra  al  nono  capitolo  (1).  Prese  anchora  el  chonvento 
nella  città  di  Antiochia,  et  per  le  altre  terre  e  città  della  Siria  ne  fu  presi  alcuni  altri, 
in  modo  che  fu  facto  nuova  provincia,  dove  conseguitò  non  pocho  fructo  ne'  popoli  di  quelle 
parte  insino  a  tempi  che  furono  dominate  da  christiani  (2). 

Dopo  alquanto  tempo  sancto  Francesco  si  ritornò  in  Acri,  et  salì  in  una  nave,  e 
navigò  in  Egipto  alla  città  di  Bamiata,  dove  allora  era  venuto  lo  exercito  de  christiani, 
et  avevono  assediato  la  ciptà  di  Damiata. 

Et  preparando  un  giorno  li  christiani  la  battaglia,  chon  grande  pianto  S.  Francesco 
dixe  a  fre.  Illuminato  suo  chompagno  :  «  Dio  mi  ha  revelato,  che  se  christiani  vanno 
«  oggi  alla  battaglia  che  saranno  perdenti;  ma  se  io  lo  dicho  sarò  reputato  pazzo,  et  se 
«  io  mi  sto  cheto  la  chonscientia  mi  riprende  » .  Bispose  el  chompagno  :  «  Padre,  io  non 
«  stimerei  niente  di  esser  giudichato  pazzo,  imperochè  padre  tu  sai  che  non  chominci  ora; 
«  sgrava  la  chonscientia  tua,  et  temi  più  Dio  che  li  huomini  » .  lisci  fuora  el  banditore 
di  Christo  sancto  Francesco,  e  prohibi  a  christiani  che  non  Vadino  in  champo,  imperochè 
da  Saraceni  saranno  rocti.  Riputarono  i  soldati  la  verità  fovola,  et  indurati  nel  qnore  non 
volsono  tornare  indietro.  Ma  apicchandosi  insieme  cho'  saraceni  furono  perdenti  ;  e  fu  fatto 
tanto  grande  oc^isione  de'  christiani,  che  fa  molto  diminuito  el  numero  loro.  Imperochè 
circha  a  sei  migliaia  di  christiani  furono  tra  morti  e  presi.  Et  Messer  G-iovanni  Cholowna 
Cardinale  et  Legato  della  S.  Chiesa  nelle  parti  di  lerusalem  fu  preso  da  Saracini  e  fu 
messo  fra  dua  asse  per  esser  segato  pel  mezzo,  ma  per  divina  disposinone  schàmpò  tanta 
crudel  morte.  Onde  fu  poi  S.  Francesco  dal  chapitano  de  christiani  che  era  Giovatmi 
Be  di  Hiernsalem  et  da  Messer  lachopo  de  Vitriacho  chardinale  et  Legato  (sic!)  della 
Chiesa  in  Egipto,  et  da  tucto  lo  esercito  christiano  avuto  in  grande  reverentia. 

In  questi  tempi  Viorolicho  (3)  Soldano  chol  suo  exercito  se  era  achampato  chontro 
alla  ciptà  di  Damiata,  perchè  l' exercito  christiano  non  passassi  più  oltre  in  verso  el 
Chairo;  et  tanto  era  invelenito  et  inclndelito  inverso  i  christiani,  per  averli  tolto  Da- 
miata, che  aveva  messo  un  bando  che  chiunque  li  portavano  un  chapo  di  christiano  li 
darebbe  uno  bisanto  doro.  Ma  el  sechuro  gon&loniere  di  christo  sancto  Francesco  in  fer- 
vore di  spirito,  armato  solo  cholle  armadure  della  fede,  sperando  presto  potere  ottenere 
el  suo  desiderio,  la  oratione  premissa,  e  chonfortato  da  Dio,  passò  chol  chompagno  nel 
champo  del  soldano,  diciendo  chonalta  vocie,  chantando  el  detto  di  David  propheta,  cioè: 
*  Se  io  andrò  nel  mezzo  del  ortbra  della  morte,  io  ncm  temerò  alchuno  male,  imperochè 
«  tusse  mecho  signore  ».  Et  chomo  fu  passato  oltre  al  chanpo  de  christiani  si  rischontrò 
in  due  pechore.  Onde  vedendole  sancto  Francesco,  ripieno  di  grande  allegrezza,  dixe  al 


(1)  Nel  nono  capitolo  ricorda  la  nota  profezia  (riportata  anche  dal  Pisano)  che  un  santo 
abate  e  de'  monaci  di  S.  Basilio  »  (sic!)  fece  ai  suoi  firati,  cioè  della  prossima  fondazione  di 
nn  nuovo  ordine  religioso  e  dell'  arrivo  fra  loro  in  Oriente  del  santo  Fondatore,  quale  racco- 
mandò di  ricevere  con  onore. 

(2)  Il  Sariano,  che  compilava  i  tre  testi  del  suo  Trattato  di  T.  S.  negli  anni  1485  e 
1524,  quindi  contemporaneo  al  Mariano,  cosi  riporta  questa  tradizione  storica:  «  Appresso 
questa  cita  (de  Antiochia)  è  Montagna  Nerira  (sic),  habitata  da  moltitudine  de  heremiti, 
piena  de  romitorii  e  monasterii  de  Greci  et  altre  nationa  In  questo  monte  S.  Francesco, 
qxiando  se  parti  dal  Soldano,  per  andar  in  Antiochia,  converti  tati  li  monachi  de  uno  mona- 
Bterìo,  e  feceli  frati,  e  menoli  (!)  con  Ini  in  Italia  > .  Nel  testo  Bindoni  edito  1524,  aggiunge  : 
e  Et  institai  la  Provincia  da  Antiochia,  de  la  qaale  uscite  de  molti  sancti  frati  > .  Trattato 
cit.  ed.  Milano  1900,  p.  169. 

(3)  £  più  sotto  lo  chiama  e  Violorieho  » .  Nel  testo  latino  usato  dal  Waddingo  (An$uil. 
•n.  1219,  t.  I  p.  332  n.  3):  e  Marìamis  VorUicium  vocat  Soldanum  ». 


DE  S.   FEANCISCO  IN  ORIENTE.  79 

chonpagno  :  «  Confidati  diUcto  fratel  mio  in  Dio,  inperò  che  innoi  si  adempie  quello  evan-  23 
«  gelicho  detto,  cioè,  Eccho  che  corno pechore  vi  mando  nel  mezzo  de  lupi  ».  Et  andando 
più  oltre  si  rischontrarono  ne  soldati  del  soldano,  li  qaali  chome  Inpi  rapaci  prestamente 
schorrendo  sopra  le  innocenti  pechore,  chome  bestie  presono  i  servi  di  Dio  et  chon  dispregio 
chrudelmente  li  trattarono  faciendo  loro  ingiurie  e  affliggendoli  chon  battiture  et  legandoli 
chon  fune.  Et  finalmente  disponendolo  Idio,  in  molti  modi  afflicti  et  atriti,  sechondo  che 
desiderava  et  che  domandò  loro  sancto  Francesco  lo  menarono  a  Violoricho  Soldano.  Ma 
quando  sancto  Francesco  fu  domandato  dal  Soldano  da  chi  fusino  mandati  et  a  che  &re, 
et  inche  modo  fussino  venuti,  arditamente  rispose  :  «  non  da  huomo,  ma  dallaltissimo 
«  Dio  sono  mandato,  acciò  che  io  dimostri  atte  et  al  tuo  populo  lavia  della  verità  et 
'-  annuntii  el  vero  e  sancto  evangelio  » .  Et  chosl  chontanta  chonstantia  dimente  et  chon 
tanta  virtù  danimo  et  tanto  fervore  di  spirito  chominciò  a  predicare  Dio  trino  et  uno  et 
salvatore  nostro  lesu  christo,  che  chiaramente  illui  fu  adempiuto  quello  evangelicho  detto: 
«  Io  vi  darò  tal  parlare  et  tanta  sapientia  che  tutti  li  vostri  adversarii  nonvi  potranno 
«  resistere  ne  chontradire  ».  Impero  che  vedendo  el  Soldano  nel  huomo  didio  lamirando  fer- 
vore di  spirito  et  grande  virtù,  volentieri  stava  udirlo,  et  instantemente  lo  invitava  a  starai 
chonesso  secho.  Ma  sancto  Francesco  rispondeva  :  *  Se  tu  vuoi  chol  tuo  populo  chonvertirti 
«  a  Christo,  per  suo  amore  volentieri  starò  chonesso  iecho  ;  ma  se  tu  dubiti  per  la  fede  di 
«  Christo  lasciare  quella  di  Machometto,  comanda  che  sia  accieso  uno  grandissimo  fuocho, 
«  et  io  vienterrò  dentro  insieme  cho  tuoi  sacierdoti,  acciò  che  chost  tu  chonoschi  qual  fede 
«  sia  più  certa  e  sancta  » .  Rispose  el  Soldano  :  «  Io  non  credo  che  nessuno  denostri  sa- 
«  cierdoti  si  volesse  exporre  al  fuocho,  o  sottomettersi  a  alchuno  tormento  per  defen- 
«  sione  della  nostra  fede  * .  Et  questo  dixe  el  Soldano  perchè  vidde  uno  de  suo'  sacierdoti 
vecchio  et  reputato  sancto  che  si  fuggi  quando  sanpto  Francesco  fecie  tale  proferta.  Bispose 
allora  sancto  Francesco:  «  Settu  mi  vuoi  promettere  per  te  et  per  elpopulo  tuo  dichon- 
«  i>€rtirti  alla  nostra  fede  io  vienterrò  sólo,  et  scio  abruderò  sia  imputato  a  miei  pechati  ; 
«  massella  divina  virtù  mi  difenderà  chonoscerete  Christo  essere  virtù  et  sapientia  di  Dio 
«  et  essere  vero  Dio  et  vero  huomo  nostro  salvatore  ■» .  Kisposeli  el  Soldano  :  «  Io  non 
«  havrei  ardire  di  acceptare  questo  experimento  perchè  temo  la  seditione  del  populo  » . 
Et  chome  scrive  nella  sua  storia  Messere  lachopo  de  Yitriacho  Cardinale  et  legato  in 
questa  guerra,  chome  el  Soldano  vidde  sancto  Francesco,  di  crudele  bestia  si  chonverti  in 
mansuetudine  et  per  alquanti  giorni  chongrande  attentione  lo  stava  audire  predichare,  asse 
e  al  populo  la  fede  di  christo.  Et  chorae  dicie  sancto  Buona  ventura,  li  offerse  di  molti  pre- 
tiosi  doni.  Ma  sancto  Francesco  non  desideroso  delle  chose  mondane,  ma  della  salute 
dellanime,  ogni  chosa  dispregiò  chome  fango. 

Ma  vedendo  el  Soldano  tanto  perfetto  dispregio  in  sancto  Francesco,  molto  magiormente 
admirato,  li  choncepè  magiore  devotione,  pregandolo  che  spesso  livenisse  a  parlare.  Et 
dette  licentia  allui  et  a  tutti  li  suo'  chomps^ni  che  potessero  liberamente  predichare.  Haute 
addunqne  tale  licentia  sancto  Francesco  mandò  li  suo'  chonpagni  aduo,  aduo  per  diverse 
parti  dello  Egipto  predichando  la  santa  fede.  Et  chome  scrive  el  pre&to  Messere  lachopo 
devìtriacho,  i  saracini  tanto  patientemente  et  volentieri  li  udivano  predichare  la  fede  di 
Christo  et  la  evangelicha  doctrina  quanto  penorono  manifestamente  a  chontradire  a  Ma- 
chometto chome  perfido  et  bugiardo.  Onde  allora  crudelmente  li  chominciarono  a  fragellare, 
et  se  iddio  mirabilmente  nolli  ha  vesso  difesi  li  avrebbono  morti  ;  ma  niente  dimeno  schac- 
ciarogli  delle  loro  ciptà. 

Essendo  una  sera  sancto  Francesco  nello  ospitio,  una  meretrice  lorichiese  dellatto 
charnale.  Alla  quale  rispose  sancto  Francesco  :  «  Vieni,  estarai  mecho  neUetto  dove  starò 
io*;  et  in  fervore  di  spirito  si  pose  adiacere  sopra  uno  grande  fuocho  et  chiamandola  di- 
ceva: «  Spogliati  et  presto  vieni  agodere  questo  splendido  et  florido  et  admirando  ledo  »; 
stava  sancto  Francesco  nudo  sopra  aquello  ardente  fuocho  cholla  fBkCCi&  allegra  et  gio- 
chonda  chome  fnssì  sopra  uno  lecto  di  fiori  ;  pei*  elquale  stupendo  miracholo,  quella  me- 
retricio si  chonverti  alla  fede  et  visse  poi  sanctamente  et  in  quelle  parte  guadagniò  molte 
anime  a  lesu  christo. 

Ma  sancto  Francesco  andava  chongrande  fervore  predichando  per  li  exercitì  de  saracini. 
Onde  chome  scrive  el  prefato  Yitriacho  temendo  el  Soldano  che  per  la  efichacia  de  suo'  par- 
lari el  suo  exercito  non  si  chonvertisse  e  passasse  al  chanpo  de  christìani,  dionogni  re- 
verentia  et  sidinrtà  chom&odò  che  fosse  rimenato  alli  nostri  jpadiglioni.  Et  come  scrive 


BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTOBICA 


23  frate  Ugolino,  innanzi  lo  rimandassi  li  dixe:  «  Volentieri  mi  chonvertirei  alla  fede,  ma 
«  temo  al  presenta  di  battejsarmi,  perchè  sentendo  tal  chosa  U  mie'  amazerébono  me  et 
«  te  cholli  tuo'  chompagni  et  non  potresti  fare  quel  bene  che  vivendo  farai,  et  io  anchora 
<  ho  granchose  axpedire  in  salute  dellanima  mia,  siche  non  vorrei  chosì  presto  essere 
«  chausa  a  te  et  ame  della  morte  » .  Et  Messere  lachopo  scrive  cheli  dixe  :  «  prega  per 
«  me  Dio  che  si  degni  spirarmi  chio  pigli  quella  legge  et  fede  che  più  li  piace  * .  Et 
frate  Ugolino  scrivendo  seguita  edicie:  che  lidixe;  *  Fa'  dimostrarmi  el  modo  per  el- 
«  quale  mi  possa  salvare  et  volentieri  sono  parato  óbedirti  in  tucte  le  chose  ».  Bisposegli 
sancto  Francesco  :  «  Io  mi  partirò,  ma  dopo  che  sarò  alle  nostre  parte  ritornato  et 
«  che  sarò  da  Dio  chiamato  al  celo,  sechondo  che  à  disposto  Dio  et  ami  revelato,  io  ti 
«  manderò  duo'  de  mie'  frati,  li  quali  ti  batieezeranno  et  salverai  ìanima  tua.  Et  tu  in 
«  questo  mezzo  expedirai  ogni  tua  chosa,  aedo  che  quando  verrà  la  gratia  di  Dio  ti 
«  truovi  nella  fede  et  devotione  preparato  ». 

Et  partito  cholli  suo'  discepoli  tornò  a  padiglioni  de  christianì  dove  trovò  frate  Ste- 
phano  venuto  di  Italia  mandato  da  sao'  diompagni  li  quali  erano  in  angustia  et  affiitione 
rimasti  per  la  sua  absentia,  pregandolo  che  veglia  tornare  alle  xiosite  parti.  Onde  sentendo 
sancto  Francesco  el  desiderio  de  suo'  figliuoli,  et  essendo  stato  di  questo  admonito  da  Dio, 
visitò  prima  elsepolcro  di  lesuchristo  et  di  poi  ritornò  a  suo'  figliuoli  (1)  >. 

1480  — •  Legenda  Martyrum  Marochii.  —  In  Monumenta  Portugal.  hist, 
SS.  I.  p.  116.  (Cfr.  EOhr.  Testim.  min.  p.  214). 

«  In  illa  autem  fratrum  dispersione  [1219]  beatus  Franciscns  ob  fervorem  Martini 

24  ad  partes  Sjrie  cum  duodecim  fratribus  aliis  transfretavit  et  ad  Soldanum  se  contulit; 
eumque  constantissime  Christi  fidem  predicantem  Soldanus  cum  omni  reverentia,  Domino 
disponente,  ad  propria  remisit  (2)  ». 

1608  —  Pr.  Nicolai  Glassberger.  —  Ohronica,  edita  a  PP.  Oollegii  S.  Bo- 
naventurae  (in  Anaì.  frane.  Quaracchi,  1887,  t.  II). 

Con  frate  Nicolò  Glassberger  di  Moravia  chiudiamo  la  presente  serie  de'  cronisti  che 
26  riportammo  dal  secolo  XIII  sino  alla  fine  del  XV  per  illustrare  vie  meglio  11  viaggio  del 
S.  Patriarca  in  Oriente.  Nicolò  scriveva  le  sue  importanti  Chronica  nel  1508.  Egli  co- 
nobbe e  rinfuse  nella  sua  quella  di  fr.  Giordano  da  Giano  che  a  noi  pervenne  mutila. 
Cosi  il  racconto  di  fr.  Nicolò  sul  viaggio  del  Santo  in  Oriente  (a  pag.  15-17)  non  è  che 
una  fedele  riproduzione  di  quanto  riferiscono  il  Chronùxm  24  Generalium  e  le  Chro- 
nica di  fr.  Giordano  da  Giano,  da  noi  riportati  a  suo  luogo.  Perciò  ci  dispensiamo  di  ri- 
petere qui  il  racconto  del  Glassberger  letteralmente  identico  ai  suddetti  cronisti. 


E  qui  conchindiamo  col  dotto  boUandista  Suyskens  :  «  Si  quis  modo  relationes  omnes 
datas  de  celebri  hoc  S.  Francisci  &.cinore  conferre  et  expendere  voluerit,  deprehendet,  multam 
quidem  inesse  varietatem;  at  uihil  iamen  occurrere,  qnod  aut  incredibile  sit,  aut  aliis 
contrarinm  (3)  ». 


(1)  Nel  BQgaenie  capitolo  fr.  Mariano  racconta,  snUa  fonte  degli  Aelua  o  Fioretti,  la 
pretesa  conversione  del  Soldano. 

(2)  Cfr.  Legend.  Sa.  Martyrum  in  Marodm  in  Awd.  frane,  t.  Ili  pag.  581-82:  qualiter 
b.  Franeiaeus  eoe  misit. 

(^  Aeta  SS,  *,  II  Oct.  p.  614  n.  868. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  81 


TESTIMONIA   MINORA    SBU    LEGENDARIA: 

Di  una  reliquia  conservata  nel  Sacro  Convento  di  Assisi,  pretese  dono  del  Soldano 
Melek-el-Kamel  a  S,  Francesco. 

Nella  sagrestia  del  Sacro  Convento  di  Assisi  abbiamo  visto  ed  esaminato  nna  curiosa  26 
reliquia  tra  le  preziose  altre  conservate  nel  ricco  sacrario.  Essa  è  un  bel  corno  d'avorio 
della  lunghezza  d' un  palmo,  e  cinto  nelle  due  estremità  e  nel  mezzo  da  tre  anella  o  cer- 
chietti d'  argento  indorato,  sui  quali  vi  si  legge  incisa  una  inscrizione.  Da  uno  de'  detti 
cerchietti  pendono  legati  due  pezzi  di  légno  duro  del  color  della  noce  e  dello  spessore 
di  due  pollici  ;  l' uno  è  della  lunghezza  d' un  palmo,  e  l' altro  meno  lungo.  L' inscrizione 
sui  detti  cerchiétti  è  la  seguente: 

CUM  ISTA  CAMPANA  SAN'TUS  FEANCISCVS 
POPVLVM  AD  PEEDICATIONEM  CONVOCABAT  ^ 
ET  CVM  ISTIS  BACVLIS  —  PEKCVTIENDO 
SILENTIVM  EIN  (sic)  YNPONEBAT  — 
lOVANNES  NICHOLVTI  DE  SENIS  ME  FECIT. 

Sul  dorso  della  cassetta  che  custodisce  questa  reliquia  v'ò  una  scheda  scritta  che 
dice  in  caratteri  rossi:  EBVENEA  TVBA  A  SOLDANO  AEGYPTI  DIVO  FfiANCISCO 
DONATA  ;  e  quel  «  lovannes  Nicholvti  de  senis  me  fecit  »  la  scheda  interpreta  :  «  fecit, 
argento  deavrato  adornavit  » . 

La  più  antica  memoria  che  ci  ricordi  l'esistenza  di  questa  reliquia  è  il  noto  catalogo 
compilato  nel  1338  e  recentemente  edito  dal  Faloci  :  «  Mubrice  de  reliquiis  que  populo 
ostenduntur  in  Ecclesia  s.  Francisci  de  Assisio  »  (1). 

In  questo  catalogo  è  così  descrìtta  la  predetta  reliquia  :  «  Item  cornu  sancti  francisd 
de  ebore  ornato  tribns  anulis  de  argento  inauratis.  Et  duo  baculi,  quorun?  maior  e.st 
unius  palmi,  ornati  in  capitibus  anuli  de  argento  puro.  Et  omnes  insimul  sunt  appensi 
quinque  cath«nulis  argentiis.  In  cuius  summitate  est  anulum  de  argento  magnum  ultra 
nnam  unciam  ponderis.  Superscrìptio  que  est  in  cornu  dicit  sic  :  Cum  ista  campana  beatus 
franciscus  populum  ad  predicationem  convocabat.  Et  cum  istis  dnobus  baculis  insimul  (2) 
percutiendo  ei  silentium  imponébat  X.  (3). 

Dopo  il  citato  catalogo  del  1338,  viene  il  Pisano  (1385)  che  ci  ricorda  la  stessa 
reliquia,  ma  nulla  dice  se  fu  o  no  un  dono  del  Soldano: 


(1)  In  Miscellanea  francescana  Voi.  I  (1886)  pag.  147-150.  Detto  catalogo  registra  anche 
le  seguenti  reliquie  provenienti  dai  Luoghi  Santi  :  <  De  mensa  ubi  mutavit  aquam  in  vinam 
—  De  mensa  quando  cenavit  cum  discipulis  suis  —  De  lapide  ubi  christus  fiiit  natus  in 
Bethlem  —  De  lapide  sepnlcri  dominici  —  De  lapide  ubi  sedit  beata  virgo  maria  —  Cibo- 
rium  de  argento  in  quo  est  de  lacte  virginia  marìae  —  De  lapide  celle  ubi  christus  stetit 
in  deserto  quando  ieinnavit  —  De  lapide  ubi  christus  stetis  quando  factus  in  agonia  et 
oravit  ad  patrem  in  sudorem  sanguinis  —  De  fructu  spine  de  qua  foit  abseissa  corona 
christri  —  De  lapide  ubi  fiiit  fiza  crux  christi  —  De  columpna  ubi  fuit  christus  ligatus  et 
flagellatus  —  De  Sepulcro  vi^nis  mariae  » ,  e  tante  altre. 

(2)  Le  parole  duobua  e  insimul  non  esistono  nell'  inscrizione  da  noi  copiata. 

(3)  Il  conventuale  P.  Fratini  nulla  ci  dice  di  questa  reliquia  nella  sua  Storia  della  Ba- 
silica e  del  Conv.  di  Assisi  (Prato  1882),  ove  nei  capitoli  44  e  46  enumera  quasi  tutte  le 
reliquie  conservate  in  quella  sacrestia. 

Sibìiot.  —  Tom.  L  6 


82  BIBLIOTECA  —  TESTIMONU  MINORA. 

26  «  Utebatnr  ipse  pater  ad  conyocandnm  popnlnm  ad  predìcatìonem  cornn  eburneo  albo, 
cnias  sonitn  gentes  congregabat  :  ac  quando  eas  silentinm  tenere  volebat,  daobas  paryis 
bacnlìs,  prò  qnolibet  mensnre  nnins  palmi,  ad  inTÌcem  collisis,  qnoram  insimnl  percns- 
sìone  silentiam  observari  a  popnlo  imperabat;  et  qnocnmqne  pergebat  predicta  secam  fe- 
rebat;  et  hec  ornata  argento  in  sacrestia  seirantur  sacri  loci  Assisii  (1)». 

Poi  Tiene  il  Waddingo,  che  enumerando  le  reliquie  di  quel  conrento,  ricorda  anche 
questo  corno  d'ayorio  come  dono  del  Soldano  d' Egitto:  «  Est  comu  ebumeum  magni  Sol- 
dani  Aegyptiorum  imperatoris,  et  duae  rirgae,  quibns  auditorìbns  silentinm  indicebat  (2)  » . 

Leggenda  popolare:  S.  Francesco  d'Assisi  ed  il  Wall  di  Qerusalemme. 

Siamo  nel  yero  campo  della  l^;genda  o  poesia  popolare  ;  quindi  la  critica  si  appiatti 

27  un  tantino,  e  lasci  che  dopo  tante  pagine  consecrate  alla  seyera  storia,  diamo  una  anche 
alla  poesia  popolare  tanto  cara  a  Francesco. 

Questa  leggenda  ò  forse  la  più  graziosa  tra  quelle  edite  dall'illustre  palestinografo 
conte  A.  Couret  (3),  che  si  protesta  di  non  ayerla  inventata  dal  suo  capo,  ma  ricavata 
da  un'opera  che  attualmente  non  gli  fd  possibile  ritrovare  per  indicarci  la  fonte.  Chechò 
ne  sia,  a  noi  piacque  assai  ;  e  dopo  averla  tradotta  anni  sono  per  V  Oriente  Serafico  (4), 
la  ridiamo  qui  quasi  a  sollievo  della  mente  del  paziente  lettore  che  ci  ha  seguito  fin  qui 
pel  sentiero  della  critica  arida  e  severa. 

8.  Francesco  d'Assisi  e  U  Waii  di  Gerusalemme  (5). 

Era  un  mezzogiorno,  quando  il  sole  dardeggiava  su  Gerusalemme  afflitta  i  suoi  raggi 
cocenti.  Tutto  riposava  quieto  in  città,  dal  Wali  sdraiato  sul  suo  divano,  fino  al  soldato 
di  guardia,  fino  al  tapino  che  giace  pei  vicoli  polverosi,  in  mezzo  ai  ciottoli  ed  ai  cani. 

Due  uomini,  saltate  da  una  breccia  le  mura  di  Gerusalemme,  smantellate  di  fresco  dal 
Sultano  di  Damasco  £l-lfalek-eI-Moadden-Eissa,  ed  inoltratisi  pian  pianino  lungo  le  vie 
solitarie  della  città,  giungevano  senz'  essere  scorti  al  piazzale  della  Basilica  del  Santo  Sepolcro. 

Erano  costoro  due  miseri  pellegrini,  mezzo  monad  e  mezzo  mendici:  un  cappuccio 
ricopriva  loro  il  capo  raso,  una  cinta  di  corda  sosteneva  la  fiaschetta  ai  loro  fianchi  e 
stringeva  il  logoro  bigello  che  vestivano,  ed  un  ramo  di  palma-sf(^lio  serviva  di  bordone 
per  sorr^ere  i  loro  passi  aggravati. 

n  più  anziano  dei  due,  che  pareva  capitanar  la  spedizione  da  signore  assoluto,  bussa 
con  mano  risoluta  alla  porta  sempre  chiusa  del  S.  Sepolcro.  H  pigro  custode  che  vigilava 


(1)  Confoìtn.  frusitu  10,  Frane. predicator  verso  la  fine  delT articolo:  fbl.  113  v.  ed.  1510; 
fol.  100  V.  ed  1513.  In  Cod.  Montis  Alvemae  t.  I  fbl.  177  r.  1.  —  Riccardo  da  S.  Germano 
racconta  come  nel  1233  girava  le  terre  del  R^no  un  frate  Minore,  o  almeno  vestito  al  modo 
de'  Minori,  che,  convocando  i  popoli  al  suono  di  un  corno,  insegnava  a  cantare  una  lande 
di  benedizione: 

<  Benedictu,  laudatu  et  glorificata  lu  Patte, 

€  Benedictu,  laudata  et  glorificata  lu  FUlu, 

«  Benedictu,  laudatu  et  glorificata  lu  Sp.  Saneiu, 

*  Alleluia.  Gloriosa  Domina*   (Muratori  Scrip.  t.  VII  col.  1032). 

E  Salimbene  (Ckron.  p.  32)  parla  di  un  tal  romito  Benedetto  ddla  Cornetta  che  convocava 

i  popoli  al  suono  d'una  tromba  metallica. 

(2)  Annal.  ad  an.  1^  n.  26,  t  II  p.  401,  ed  2*. 

(3)  Les  Legende»  du  Saint-Sépvlcre  p.  112-117. 

(4)  Periodico  di  Assisi,  Anno  1899  n.  15  p.  459-62. 

(b)  Wali  0  governatore,  è  il  titolo  degli  Emiri  che  governavano  Grerusalemme  pei  Sci- 
ci a  ni  Ainbitì  di  Egitto. 


DE  S.  FRANCISCO  IN  ORIENTE.  83 

sotto  il  portico,  strappandosi  alle  delizie  della  siesta,  domanda  con  voce  irritata,  attra-  27 
verso  lo  sportello,  che  cosa  pretendessero  quei  doe  sorvenuti.  «  Venerare  il  S.  Sepolcro  » 
rispondono  essi  ;  e  la  guardia  stendendo  la  mano  «  ebbene,  dice,  nove  zecchini  d' oro  per 
uno,  totale  18.  Pagate!  »  Tale  era,  infatti,  la  tassa  esorbitante  che  imponeva  ai  pellegrini 
l'avarizia  masnlmaua.  Bisognava,  secondo  il  bel  detto  di  Chateaubriand,  pagare  a  Mao- 
metto, e  pagare  ben  caro  il  diritto  di  adorare  Gtesù.  Cristo.  «  Non  abbiamo  nulla,  ripiglia 
allora  il  più  anziano  dei  monaci  ;  per  amore  di  Gesù,  Figlinolo  di  Maria,  lasciaci  entrare  » . 
E  quegli  :  «  Ah  1  non  hai  nulla,  misero  cane,  e  vieni  qua  a  svegliarci  1  Aspetta...  I  »  ed  i 
soldati,  sbalzando  furiosi  dal  loro  ricetto,  spossano  di  battiture  i  due  monaci  e  li  trasci- 
nano davanti  il  Wall. 

Destatosi  dalla  siesta  con  non  miglior  umore  dei  suoi  dipendenti,  il  Wali  si  reca  al 
tribunale;  ed  ivi  inteso  il  rapporto  del  capo  guardia,  ordina  ai  monaci  di  sborsare  im- 
mantinente la  somma  richiesta,  e  raddoppiata  a  titolo  di  ammenda.  «  Non  abbiamo  neppur 
un  dirhem,  o  Effendi,  disse  il  più  anziano  dei  due.  Facci  frugare  dalle  tue  guardie,  se 
vuoi.  Siamo  due  monaci  mondici,  che  non  riceviamo  denaro,  né  altro  abbiamo  fuori  del  pane 
che  Iddio  ci  dà  ».  —  «  Ed  ardite  presentarvi  per  entrare  nel  S.  Sepolcro?  ripigliò  il  Wali; 
«  poi  non  v'  ha  dubbio  che,  in  questo  medesimo  giorno,  voi  vi  siete  intrusi  furtivamente  in 
Gerusalemme  senza  pagar  il  pedaggio  alla  porta  di  Giaffa  I  »  —  «  L' hai  detto  !  »  — 
«Boia,  mozza  il  capo  a  costoro!». 

Dato  di  piglio  alla  spada  e  sogghignando  con  un'  aria  feroce,  il  carnefice  aveva  già 
posto  la  mano  sul  capo  del  monaco,  quando  questi  «  un  momento,  o  Emir,  disse  ;  che  è 
per  te  un  minuto  di  più  o  di  meno?  Dà  ordine  anzitutto  al  tuo  Segretario  di  rimetterti 
la  lettera  che  porto  sul  petto,  e  che  le  mie  mani  legate  m' impediscono  di  presentarti  io 
stesso  » .  Sorpreso,  il  Wali  dà  1'  ordine  indicato  :  ed  il  Segretario,  rimuovendo  la  vesta  del 
monaco,  prende  dà  sul  suo  cuore  un  foglio  di  pergamena.  Lo  guarda,  ed  impallidisce  al 
vedere  un  filo  di  seta  rossa  avvolgere  le  pieghe  della  lettera,  e  da  quel  filo  pendere  una 
bolla  d'  oro  in  cui  si  leggeva,  a  caratteri  arabi,  il  nome  dell'  augustissimo  e  potentissimo 
principe,  il  Sultano  d'E^tto  e  del  Cairo,  el-Malek  el-Kamol.  U  Wali,  alla  sua  volta,  ri- 
conosce anch'  egli  l' impronta,  ed  il  pallor  della  morte  si  dipinge  sul  suo  volto.  «  Leggi  I  » 
dice  al  suo  Segretario  con  voce  fioca  o  spenta;  ed  il  Segretario,  quasi  venendo  meno, 
legge  la  lettera  scritta  con  inchiostro  carminio,*  colla  quale  il  re  dei  re,  il  Sultano  dei  sul- 
tani, il  Signore  dei  due  Egitti,  dichiara  di  prendere  sotto  la  più  affettuosa  protezione 
il  monaco  Francesco,  suo  migliore  e  più  caro  amico,  il  quale  ha  stupito  la  sua  corte  con 
numerosi  miracoli;  lo  raccomanda  col  suo  compagno  al  suo  cugino,  il  sultano  di  Karac  e 
di  Damasco,  e  a  tutti  i  suoi  officiali  ;  e  minaccia  di  tutto  il  suo  sdegno  e  di  una  vendetta 
esemplare  chiunque  sì  fosse,  grande  o  piccolo,  che  ardisse  fare  all'  uno  o  all'altro  dei  due 
monaci  la  minima  ingiuria. 

Questo  monaco  era  S.  Francesco  d'Assisi,  l'amico  di  Dio  e  della  povertà,  il  gra  tau- 
maturgo, r  insigne  predicatore  dell'  Oriente,  il  Padre  dell'  Ordine  serafico,  il  quale  veniva 
aprire  una  casa  in  Gerusalemme,  e  sostituire  intorno  al  S.  Sepolcro,  ai  cavalieri  vinti,  agli 
uomini  d'arme  sconfitti,  monaci  vestiti  ui  saio,  sempre  pronti  a  spargere  il  proprio  san- 
gue in  difesa  della  Sacra  Tomba. 

«  Perdona,  esclama  ad  un  tratto  il  Wali,  perdona,  o  uomo  di  Dio,  e  non  iscatenare 
su  di  me  Vira  formidabile  del  potentissimo  Saltano  d'Egitto.  Gradisci  un  sorbetto,  tu  e 
il  tuo  compagno,  e  chiedi  quanto  vuoi  in  ammenda  delie  ingiurie  che  hai  ricevuto.  Prendi 
intanto  questa  borsa  che  rinchiude  cento  pezzi  d'  oro  ». 

«  Signore,  risponde  il  monaco,  ti  ho  già  dette  che  non  riceviamo  né  oro  né  argento. 
Non  temere  però  nulla  tu,  dal  Sultano  di  Egitto.  Ma  giacché  ti  degni  offrirmi  una  gra- 
zia, ascolta:  traversando  or  ora  il  quartiere  deserto  di  Sion,  io  ho  scorto  presso  la  chiesa 
del  Cenacolo,  ridotta  ahimé!  in  una  stalla,  ho  scorto,  dissi,  una  casupola  abbandonata  e 
cadente.  Donamela  per  sempre,  a  me  ed  a'  miei  religiosi  che  verranno  dopo  di  me  all'av- 
venire. Ne  farò  un  piccolo  alloggio  in  cui  potrò,  coi  miei  fratelli,  pregare  Gesù  il  Figlino! 
di  Maria,  accanto  al  luogo  ove  celebrò  l'ultima  Pasqua  coi  snol  Apostoli.  In  ricambio  d'un 
tal  favore,  ti  raccomanderò  io  stesso  ai  Sultani  del  Cairo  e  di  Damasco  i  quali,  suUa  mia 
richiesta,  ti  affideranno,  ne  pon  certo,  un  governo  più  importante  » . 

«  Concesso!  »  esclama  allegramente  l'Emir,  già  troppo  felice  di  aversela  cavata  per 
cosi  poco;  e  rivolto  al  Segretario  «scrivi  all'istante,  gli  dice,  l'atto  di  donazione,  ond'io 


84  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  MINORA 

vi  apponga  il  mio  sigillo  ».  —  «  E  tn,  o  amico  di  Dio  (a  S.  Francewo),  sta  in  pace  in 
Gernsalemme,  o  prenditi  cura  del  Sepolcro  del  Figlino!  di  Maria  che  io  affido  alla  tua 
custodia,  autorizzandoti  d' intrattenerlo  ed  abbellirlo  » . 

E  cosi  fu  che,  a  costo  della  sua  vita,  il  buon  S.  Francesco,  1'  ammirabile  Santo  che 
rico vette  le  stimmate  di  Gesù  Cristo,,  che  parlava  con  Dio,  e  predicava  agli  uccelli,  stabilì 
la  prima  casa  francescana  di  Gerusalemme,  che  diede  quella  falange  di  monaci  eroici,  i 
quali  i)er  500  anni,  in  mezzo  al  silenzio  dell'  Europa  indifferente,  preservarono  il  S.  Sc- 
|)olcro  0  lo  conservarono  all'  amore  dolente  dei  fedeli  e  dei  pellegrini. 

Solimano  n  il  Grande,  imperatore  dei  Turchi,  e  S.  Francesco  di  Assisi,  e.  1524-35. 

Questa  non  sarebbe  una  legenda,  ma  un  fatto  storico,  se  crediamo  al  Duca  di  Ma- 
dalloni  che  la  riprodusse  da  un  vecchio  manoscritto.  Egli  lo  racconta  così  : 

«  E  discorrendo  di  questo  famoso  capitolo,  che  si  addimanda  delle  Stuore  nelle  istorie 
della  Chiesa,  ricordo  una  novella  che  lessi  in  un  vecchio  manoscritto,  per  la  quale 
diccvasi  clfO  Solimano  Imperatore  dei  Turchi  (1520-66)  venuto  a  concordia  con  Re  Fran- 
cesco I  di  Francia,  un  giorno  mise  dentro  alle  sue  stanze  del  Serraglio  1'  ambasciatore 
francese  per  fargli  grande  onore  (1).  E  l'Ambasciatore  videvi  due  grandi  e  belle  tavole,  una 
rappresentante  Gesù  Cristo  Y  altra  S.  Francesco  di  Assisi.  Maraviglionne  il  buon,  gen- 
tiluomo, e  dimandò  al  Sultano  come  mai,  sendo  musulmano  e  però  iconoclasta,  avesse  di 
quelle  sante  effigie,  che  pur  rappresentavano  quei  dlTÌni  che  i  suoi  turchi  inodiavano  e 
bestcìiiiniavano  ?  E  Solimano  rispose  lui  :  «  Io  gli  ho  in  grande  venerazione  questi  due 
«  uomini.  Perocché  1'  uno,  il  Nazzareno,  mi  è  veduto  il  maggiore  dei  filosofi,  come  quello 
«  che  con  pochissimi  precetti,  esposti  in  quattro  libercoli,  ha  diffusa  la  sua  dottrina  per 
«  tutto  il  mondo  e  soggiogherà  tutte  le  genti  :  l'altro  l'Assisinate,  parmi  il  più  avveduto, 
«  il  più  capace  dei  re,  poiché,  senza  spender  quattrino,  ha  trovato  modo  di  descrivere  e 
«  d' intrattenere  un  esercito  di  meglio  che  centomila  uomini  (2)  ». 


(1)  Il  primo  inviato  francese  a  C.poli,  nel  1524,  fii  Giov.  Frangipani;  poi  nel  1531, 
secondo  inviato,  Antonio  Kin^on.  N€l  1535,  il  primo  ambasciatore  fu  Giov.  La  Forest,  quegli 
che  conchìuse  il  primo  trattato  franco-turco.  Belin  Hiatoire  de  la  latinità  de  Cple.  2'  ed. 
1894,  p.  183. 

(2)  Im,  leggenda  del  Poverello  di  Assisi,  descritta  dal,  duca  di  Maddaloni,  Napoli  1881, 
Voi.  II  eap.  VIII  pag.  86-87.  —  Un  documento  del  1523  giugno  12  (edito  dal  Charrière 
Negociatioìis  t.  I  p.  102)  espone  un  ardito  progetto  dell'Ordine  francescano,  che  offriva  di 
armare  40  mila  frati  a  difesa  della  Cristianità  minacciata  da  Solimano  II.  Il  gran  Turco 
non  poteva  ignorare  tanta  potenza  dell'  Ordine  Minoritico  sparso  pel  mondo  intero.  Lo  stesso 
anno  (1523  marzo  18)  Solimano  emanava  un  decreto  che  ordinava  di  togliere  al  francescani 
di  Gerusalemme  il  S.  Cenacolo  fe  darlo  ai  turchi,  col  pretesto  che  ivi  era  il  sepolcro  di  re 
Daviddo  (Cfr.  nostra  Serie  cronol.  p.  192).  Già  prima,  nel  1460,  il  Ministro  generale  Giacomo 
da  Sarzuela  offriva  a  Pio  II  30  mila  religiosi,  e  nel  1646  il  generale  P.  Giov.  da  Napoli  40  mila 
altri  esibiva  al  Papa  contro  il  turco. 


REGESTO  CRONOLOGICO  —  SEC.  XIII.  85 

Regesto  Oronologico  d©'  fatti  principali  delia  vita  e  del  viaggio  di  S. 
Francesco  in  Oriente,  dell'  assedio  di  Damiata,  ecc.  ecc. 

1182  —  Nascita  di  S.  Francesco,  secondo  il  cronista  fr.  Alberto  Stadenso  Onl.  29 
Min.  0  la  comune  degli  storici.  —  Cfr.  Sabatier  Vìe  de  S.  FratiQ.  e.  1  p.  2.  —  IJitoliinpi- 
AnaleJctcn  sur  Gcschichte  dcs  Franciscus,  1904,  p.  123.  —  Civczza-Domenichclli  Lcyyenda 
scritta  da'  Tre  compagni  p.  22.  —  P.  Leone  Patrem  Appunti  critici  sulla  cronoluyia 
della  vita  di  S.  Fratìc.,  pubblicati  prima  nell'  Oriente  Serafico  t.  VII  (1895)  p.  101  s. 
0  ristampati  in  Miscellan.  francescana  t.  IX  p.  88  s. 

Nota.  —  Per  la  storia  delle  Crociate  citeremo  le  più  accreditate  fonti:  il  Ijifjrr 
ducili  ckristiani  in  ohsidione  Damiatae,  e  i  tre  testi  delle  Gesta  obsidioiiis  Daint'dtac 
doi  tre  differenti  compilatori  Giov.  de  Tulbio  (da  Tolve),  Codagnello  e  Milioli,  tutti  del 
sec.  XIII,  testi  egregiamente  ripubblicati  dal  eh.  Holder-Egger  nel  tomo  XXXI  dei 
Monumenta  Germaniae  historicay  Lipaiae  1903.  Di  più,  la  raccolta  del  Ròhricht  Qnivfl 
belli  sucri  scriptores  minores:  quella  del  Bongars  Gesta  Dei  per  Francos,  che  riic- 
chiude  le  opere  di  01'  ero,  del  Vitriaco,  del  Sanuto  e  di  altri;  la  raccolta  dei 
continuatori  di  Gulielmo  di  Tiro  edita  nel  RecueU  des  Histor.  des  Croisad^-s:  IfùiL 
Ovcid.  t.  IL  Citeremo  anche  i  libri  X  e  XII  dello  storico  delle  crociate  Michuud 
usando. la  bella  versione  italiana  del  cav.  Rossi  {Storia  delle  Crociate  ed.  Napoli  1881 
tomi  12):  le  opere  di  Mas  Latrìe  Ilistoire  de  Chypre  t.  I  p.  199-209,  la  sua  Cliro- 
niqiK  d' Emotd  Paris  1871,  e  qualche  altro. 

lEOl-2  C.  —  Prigionia  di  Francesco  in  Perugia.  —  Cfr.  Patrem  p.  84.  —  L' Antica 
cron.  perugina  citata  dal  Bonazzi  ap.  Civezza-Domenichclli  Leggenda  cit.  p.  22. 

1205  —  Viaggio  di  Francesco  per  lo  Puglie,  por  arruolarsi  sotto  lo  stendardo  del 
prode  Gualtiero  conto  di  Brienno  ucciso  nel  giugno  del  1205.  —  Patrem  p.  85-80.  — 
Panfilo  Storia  t.  I  p.  44.  —  Sabatier  Vie  p.  19-21. 

Sotto  Damiata  (1219),  vedremo  Francesca  nel  campo  di  re  Giov.  di  Bricnnc,  più 
tardi  Minorità.  Notiamo  clic  i  due  eroi  Gualtiero  e  Giovanni  di  Brieune  erano  fratelli. 

»     »  —  Conversione  iniziale  di  Francesco,  e: 

1206  —  Convorsiono  perfetta  di  Francesco.  —  «  Anno  Dmi.  1206  b.  Franciscus 
a  saeculi  vanitatibus  se  convertii  *  Stadenso.  —  La  quale  data  risulta  evidente  dal  Co- 
lano Vita  I  par.  2,  ce.  1  e  8.  —  Cfr.  Patrem  p.  89-90. 

1207  —  Aprii.  16  —  Cominciamento  dell'Ordino  o  della  vita  evangelica  di  Fran- 
cesco, secondo  i  seguenti  cronisti: 

Anonimo  Perugino:  *Pestquam  impleti  sunt  anni  ab  Incar.  Dni.  1207,  mense  apri- 
is,  XVI  Kalendas  mau....,  Dominus  iltuininavit  virum  nomine  Franciseum».  Albericus 
Trium  Pentium  :  «  Anno  1207  coepit  aUua  Ordo  noviis  in  Tuscia  proiìe  Assisium  » , 
Ambo  citati  dai  PP.  Civezza-Domenichelli  in  Leggenda  cit.  p.  22.  —  Idem  Salimbene 
Chron.  p.  343  ;  Bernardo  Guidone  in  Muratori  ScrijK  rer.  ital.  t.  III  p.  I  col  481  ; 
Jord.  a  Jano  in  Anal.  frane,  t.  I  p.  2  n.  1.  —  Altri  invece  pongono  il  principio  del- 
l'Ordine  nel  1209  dalla  recezione  di  fr.  Bernardo  da  Quintavalle  primo  discepolo  del 
Santo.  —  Cfr.  Panfilo  Storia  t.  I  p.  188  s. 

1209  —  Francesco  riceve  all'Ordine  fr.  Bernardo  da  Quintavalle  e  fr.  Pietro 
Caiani.  —  CJiron.  24  Gen.  in  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  36,  75. 

E  dopo  sette  giorni  riceve  fr.  Egidio:  ^Anno  dni..  mcc.nono  venfirabilis  pater 
Egiditts  frater  factus,  a^ociatus  est  sancto  Francisco.  Post  hoc  dnxit  eiim  b.  Franci- 
scus in  Marciam.   Bcatus  autem  Franciscus  nondum  pojyalo  jn-nedicabat ».  —  Cod. 

memb.  mìscelL  saec.  XIV  S.  Antoni!  de  Urbe,  fol.  03  r.  2. 


86  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTORICA 

29  1210  —  Approvazione  della  prima  regola,  fatta  vivae  vocis  oracttlo  et  sine  bulla 

da  Innoc.  III.  —  CIvezza-Domenichelli  Legg.  p.  23.  —  Panfilo  Storia  t.  I  e,  2. 

Il  testo  di  questa  r^ola  (edito  negli  Ojjuscvla  S.  Franciscì,  Quaracchi  1904,  e 
dal  Boehtner  in  Analekten  cit.)  fu  in  uso  sino  alla  conferma  della  seconda  regola 
(29  nov.  1223)  e  sub!  varie  giunte  e  modificazioni  secondo  la  Tolontà  del  Papa  o  dei 
Capitoli  generali.  Cosi  nel  cap.  2  leggiamo  che  «  non  licebit  ad  aliam  relù/ionem  acce- 
dere, ncque  extra  obedieniiam  vagavi,  iuxta  manda tum.  Domini  Papae  »  ;  ora  qucst'  or- 
dine fu  emanato  da  Onorio  III  ai  22  sett.  1220  con  la  bolla  Cum  secundum  (Sbaral. 
BvUar.  t.  I  p.  6).  Altre  prove  vedi  in  cit.  02>uscula  p.  lGO-63. 

1211  —  ConversioDe  di  fr.  Elia,  secondo  il  Waddingo.  —  Annaks  an.  cit.  i  I  p.  109, 
seguito  dalla  coniane  degli  storici. 

Più  tardi  (1217)  vedremo  'Eìis.  primo  Ministro  provinciale  di  Terra  Santa  e  dell'O- 
riente. —  Francesco  contemporaneamente  a  fr.  Elia  riceve  all'Ordine  fr.  Benedetto  di 
Arezzo  (che  poi  vedremo  secondo  Ministro  prov.  d'  Oriente  1221-1237  e.)  e  fir.  Vito  da 
Cortona  poi  terzo  Ministro  prov.  d'Oriente  e.  1237.  —  Wadd.  an.  cit.  t.  I  p.  109  n.  10; 
e  p.  Ili  n.  16. 

1212  —  Capitolo  (della  Pentecoste?)  in  S.  Maria  degli  Angeli  in  Assisi. 

Non  Capitolo  propriamente  generale,  per  la  semplice  ragione  che  allora  pochi 
erano  i  discepoli  del  Santo,  e  le  provincie  e  i  provinciali  non  erano  ancora  instituiti 
prima  del  1217,  data  certa  del  primo  Cap.  gen.  come  vedremo. 

»  J»  —  Francesco  parte  per  Boma,  ritorna  in  Assisi,  d'onde  poi  riparte  per  An- 
cona, e  s'imbarca  per  recarsi  in  Siria.  Un  vento  contrario  lo  fa  approdare  in  Dalmazia. 
Dopo  qualche  tempo  ritorna  per  Ancona  in  Italia.  —  Cfr.  Panfilo  Storia  t.  I  p.  107-10. 

—  Glassberger  Chron.  in  Anal.  frane,  t.  Il  p.  8.  —  Sabatier  Vie  e.  10. 

Francesco,  imbarcatosi  dopo  la  Pentecoste  per  l'Oriente,  ebbe  séco  un  compagno 
che  la  storia  non  nomina.  Il  Papini  (Storia  di  S.  Frane,  t.  I  n.  77)  congettura  sia 
fr.  Bernardo  da  Quintavalle  primogenito  dell'Ordine,  quegli  che  poco  dopo  (1213-14) 
fu  suo  compagno  nel  secondo  viaggio  tentato  per  l'Africa. 

»  »  —  Nello  stesso  anno,  se  non  forse  anco  prima  (nel  1210?),  dobbiamo  porre 
l'elezione  di  fr.  Pietro  Catani  a  primo  Vicario  generale  del  Santo.  —  Vedi  Cenni  sulla  vita 
del  b.  Catani  sotto  l'an.  1219-20  di  questa  Biblioteca. 

1213  —  Mail  9  —  Orlando  de'  Cattaui,  conte  di  Chiusi  nel  Casentino,  dona  a 
Francesco  il  monte  della  Verna.  —  Wadding,  hoc  an.  —  Papini  Storia  cit.  t.  I  p.  205 
seg.,  e  tutti  gli  storici. 

1213-14  —  Francesco  in  compagnia  di  fr.  Bernardo  da  Quintavalle  tenta  il  se- 
condo viaggio  per  l' Oriente  :  visita  la  Francia,  la  Spagna,  S.  Giacomo  di  Compostella,  ma, 
nel  mentre  pensa  tragittare  in  Africa,  una  grave  infermità  lo  obbliga  ritornare  in  Italia. 

—  Papini  Storia  cit.  t.  I  p.  78-79,  e  gli  autori  citati. 

Questo  secondo  viaggio  fa  tentato  dice  il  Celano  <post  non  muUum  temporis» 
che  il  Santo  ritornò  dalla  Dalmazia.  Il  citato  Papini  lo  vuole  nel  1213,  il  Waddingo 
e  i  Bollandisti  lo  prolungano  invece  dal  1213  al  14,  e  il  Sabatier  dal  1214  al  15: 
Vie  de  S.  Frane,  p.  198.  —  Dalla  Spagna  Francesco  tenta  di  recarsi  in  Marocco  per 
predicare  a  Miramolino  (dal  termine  arabo  Emir-el-mumenin  =  capo  de'  credenti)  ossia 
a  Mohamed-ben-Nasser,  vinto  dagli  Spagnoli  nel  1212  e  quindi  passato  in  Àfrica,  ove 
poco  dopo  mori.  —  Cfr.  BoUand.  Acta  SS.  4  Oct.  p.  602  n.  298. 

1215  —  Novemb.  —  Concilio  Lateranense  IV  in  Roma.  —  Domenico  e  France- 
sco s'incontrano  e  stringono  amicizia.  —  Cfr.  Chron,  24.  Gen.  in  AmU.  frane,  t.  Ili 


REGESTO  GBONOLOGICO  —  SEC.  Xm.  87 

p.  9  0  le  note.  —  Cfr.  Hurter  Vita  Inn.  Ili,  cit.  ap.  Panfilo  Storia  t.  1   p.  112.  —    29 
Wadd.  ad  an.  1215.  —  Papinì  Storia  cit  I  p.  86.  —  Cfr.  Acta  SS.  4  oct.  p.  604 
n.  308. 

1216  —  Maii  —  Capitolo  della  Pentecoste  in  S.  Maria  degli  Angoli,  presento  il 
card.  Ugolino  venato  da  Perugia  ove  allora  risiedeva  Inn.  IH  colla  sna  Caria. 

»  »  —  lulii  16  —  Morte  d' Inn.  Ili  in  Perngia  «  In  cuius  óbitu  fuit  praesen- 
tialiter  S.  Franciscus*.  —  Eccleston  in  Anal.  frane,  t.  I  p.  253. 

»  »  —  luUi  18  —  A.  Innocenzo  succede  subito  Onorio  III.  —  Agosto:  Indul- 
genza della  Porziuncola.  —  Pagi  JBreviar.  hist.  t.  IH  p.  222,  229. 

Onorio  fermossi  a  Perugia  «  uaque  ad  exeuntem  mensem  augustam  eitisdem   anni, 

quo  iter  in  Urbem  est  aggresius  *  id.  ib.  p.  231.  —    In   questo   frattempo   Francesco 

ottiene  dal  Papa  la  celebre  Indulgenza  della  Porziuncola.  —  Papini  Storia  cit.  t.  I 

p.  88.  —  Panfilo  Sttyria  %.  I  p.  328-31. 

»  »  —  c.  finem  anrù  —  Sugli  ultimi  dell'anno  Francesco  ritorna  a  Eoma,  ove 
trovò  (o  meglio  rivide)  S.  Domenico  ritornatovi  da  Tolosa  e  consolato  da  Papa  Onorio 
con  r  approvazione  in  inscritto  del  suo  novello  Ordine  do'  Predicatori.  —  Cfr.  Papini  Storia 
di  S.  Frane,  t.  I  p.  89.  —  Cfr.  Acta  SS.  t.  H  die  4  oct.  p.  604-606.  —  Colloquio 
do'  due  Santi  alla  presenza  del  card.  Ugolino  (2.  Cel.  3,  e.  86):  confederazione  doi  due 
Santi:  Francesco  cede  a  Domenico  la  sua  corda  (ib.  e.  87). 

Il  citato  Papini  non  sa  dire  quale  motivo  avesse  ricondotto  Francesco  a  Roma 
(ib.  p.  89),  e  vuole  cbe  il  Santo  vi  si  fermasse  fino  a  poco  prima  del  Capitolo  della 
Pentecoste  del  Ì217  (ib.  p.  90).  Il  P.  Bonelli,  e  il  conv.  P.  Teobaldi  vogliono  per  mo- 
tivo la  detta  Indulgenza:  «E  fuor  d'ogni  dubbio  che  l'Indulgenza  della  Porziuncula 
fu  conceduta  da  Onor  o  III  in  Perugia  l' anno  1216,  e  quanto  alla  determinazione  del 
giorno,  in  Soma  nel  (  ennado  del  1217  »  (ap.  Panfilo  Storia  cit.  t.  I  p.  331  n.  1). 

1217  —  Februar.?  —  Morte  di  Giov.  Colonna,  card,  di  S.  Paolo,  vescovo  di  Sa- 
bina, speciale  protettore  e  amico  di  Francesco  (Cfr.  Eubel  Hierarchia  t.  I  p.  41  nota  1). 
Gli  subentra  protettore  del  Santo  il  card.  Ugolino,  il  quale  più  tardi  (1221)  gli  ò  dato 
dal  Papa  officiale  protettore  di  tutto  l'Ordine.  —  Jordanus  a  Jano  n.  14.  —  Cfr.  Eubel 
Hierarehia  t.  I  p.  41  nota  1. 

•  »  —  Aprii.?  —  Francesco  ritorna  da  Soma  per  la  celebrazione  del  prossimo 
Cap.  gen.  della  Pentecoste.  —  Cfr.  Papini  toc.  cit. 

In  questo  Cap.  gen.  si  potrebbe  ammettere  la  presenza  di  S.  Domenico  se  vogliam 
prestar  fede,  con  le  debite  riserve,  al  cap.  20  degli  Actus  B.  Francisci  (ed.  Sabatier 
p.  67)  riportato  dal  Pisano  e  studiato  dal  Suyskens  {Acta  SS.  t.  II  oct  p.  868  e  s^). 
Domenico  potè  intervenirvi,  avendo  lasciato  Homa  dopo  la  Pasqua,  e  prima  dell'Ago- 
sto lo  sappiamo  ritornato  in  Francia.  —  Cfr.  Tabulata  Chronol.  della  sua  vita  in 
Echard  BiU.  Ord.  Praed.  t.  I  post  pag.  84. 

»  »  —  MaU  14  —  Celebrazione  del  primo  Capitolo  generale:  prima  istituzione 
dello  Provincie  e  de'  Ministri  provinciali  —  Fra  Elia  eletto  primo  Ministro  della  Terra 
Santa  e  dell'  Oriente. 

«  Expletis  itaque  undecim  annis  ab  ineeptione  Bdigionis,  et  mulUplieatis  numero 
et  merito  fratribus,  eleetì  fìierunt  Ministri,  et  miss!  cum  aliquot  firatribus,  quasi  unìversas 
per  mondi  provinciaa,  in  quibns  fides  Catholica  colitur  et  servatur  »  {Tre»  SocU  e.  4 
n,  62  ap.  Acta  SS.  t  U  Oct.  p.  739).  —  <  Anno  Dni.  1217,  ab  ineeptione  Ordinis  XI", 
computando  a  prima  conversione  S.  Francited,  ab  approbatione  vero  regulae  JX",  do- 
•U7M7  Honorio  III  tuac  Ecclesiam  gubemaMle,  muUiplicatis  iam  numero  et  merUafratribua, 


88  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTORICA 

29  m  generali  capUulo,  Assisii  ad  8.  Mariam  de  Portiuncvia  celebrato,  aseienskta^  fue- 

runt  Provinolae,  et  electi  Ministri,  qui  cum  multif  fratribus  fere  per  universas 
provinciaa  orbis,  in  quibus  fidea  Catholicd  Eiffel,  destinati  sunt  »  (Glassb.  in  Anal.  fran. 
t.  II  p..9.  Cfr.  Chron.  XXIV  Gen.,  ib.  t.  Ili  p.  9-10;  cfr.  ib.  t.  I  p.  279,  e  Panfilo 
Star.  t.  I  p.  113-14).  —  *  Fr.  autem  Helias  Minieter  Provincialis  est  instituttis  vltra 
mare  a  beato  Francisco»  {lord.  n.  9,  14.)  e  fu  il  primo  Ministro  della  Provincia  di 
Terra  Santa  ohe  allora  abbracciava  tutto  1'  Oriente  bagnato  dal  mediterraneo.  —  Cfr. 
Panfilo  op.  cit.  t.  I  p.  456-57.  —  Papmi  Storia  t.  I  p.  184. 

1217  —  e.  fin.  Mail  —  Dopo  il  Capitolo  il  Santo  s'incammina  por  la  Francia,  ma 
arrivato  a  Firenze,  ne  lo  dissnade  di  proseguire  il  card.  Ugolino  vescovo  d'  Ostia,  colà 
Legato  del  Papa. 

Vedi  1  Gel.  I.  27  — Sabatier  Spec.  Perf.  e.  65;  Lemmens  Docum.  antiqua  (Spec. 
Per/,  redactio  I)  t.  II  e.  37:  e  Finito  ilio  capitulo  in  quo  multi  fratres  missi  fuorant 
ad  quasdam  provincia»  ultramarinas  [Specvl.  Lemmens:  «  ult/ramontanas*']...  »,  il  Santo 
s' incammina  per  la  Francia,  incontra  il  card.  Ugolino  a  Firenze,  ecc.  ut  in  Spec.  Perf. 
—  Questo  65  capo  dello  Spec.  ha  (come  osserva  giustamente  il  Sabat.  l.  e.)  un'  im- 
portanza eccezionale  per  la  cronologia  del  movimento  francescano,  poiché  ci  permette 
di  ricavare  indirettamente  la  data  dell'  organizzazione  delle  grandi  missioni  francescane 
fuori  d' Italia.  Dal  Celano  (I  pars  1  e.  27)  sappiamo  che  Ugolino  era  in  quel  tempo  a 
Firenze  legato  apostolico.  Infatti  si  conoscono  le  bolle  papali  che  lo  destinavano  a 
quella  carica  {Tempus  acceptaòlie,  23  lan.  1217:  Potthast  5430,  Horoy  Honorii  IH 
opera  II.  lib.  I  n.  177;  Oum  Potestas  e  Volentes  dSecUgnem  6.  Martii  1217:  Potthast 
u.  5487-88,  Horoy  n.  253-54).  Di  più,  troviamo  Ugolino  a  Genova  (Monum.  Germ.  hist. 
Script.  XYIII.  138).  Fu  dunque  poco  tempo  dopo  il  Capitolo  celebrato  alla  Pentecoste 
(  14  Mag.  1217)  che  Francesco  s' incontrò  con  Ugolino  a  Firenze  ;  come  ancho  questa 
è  la  data  del  Capitolo  in  cui  vennero  decise  le  spedizioni  di  Missionari.  —  Queste  ra- 
gioni ci  paiono  decisive  e  per  la  data  del  Capitolo  convocato,  e  per  la  prima  missione 
in  Oriente,  come  anche  per  la  fondazione  e  divisione  dell'  Ordine  in  Provincie*  La  ra- 
gione del  bollandista  Suyskens  (Acta  SS.  4  Oct.  II.  610)  che  vuole  il  contrario  ba- 
sandosi sulle  parole  del  Celano  (loc.  cit.):,  e  Beatus  Franciscus  non  niidtos  fratres 
habens  et  volens  in  Franciam  ire  devenit  Florentiam....  >,  nulla  provano  in  contrario, 
per  la  ragione  ovvia  che  non  ci  volevano  migliaia  di  frati  per  dar  principio  ad  una 
dozzina  di  Provincie,  quante  furono  inaugurate  nel  1217,  tra  le  quali  quella  d'  Oriente 
0  di  Terra  Santa.  A  dirittura  è  poi  gratuito  1'  asserto  dello  stesso  Suyskens  il  quale 
pretende  che  perfino  nel  Capitolo  del  1219  1'  Ordine  non  poteva  contare  più  di  alcune 
centinaia  di  frati.  Si  rileggano  i  brani  del  Vitriaco,  più  sopra  al  num.  1. 

1218  —  Francesco  spedisce  lettere  a  tutti  i  Ministri  delle  Provincie  invitandoli  al 
prossimo  Gap.  gen.  per  la  Pentecoste  del  1219.  —  Cfr.  Wadd.  n  p.  279  an.  cit. 

Il  Sabatier,  {Vie  p.  248)  suppone  nella  Pentecoste  di  quest'anno  1218,  alli  3  di 
giugno,  un  Gap.  gen.  presente  S.  Domenico.  Ma  data  la  celebrazione  del  Gap.  gen.  del- 
l' anno  precedente  (1217)  non  è  possibile  ammetterne  cosi  presto  un'  altro  generale  nel 
1218.  I  Capitoli  generali  «toricamente  certi,  durante  la  vita  del  Santo,  sono  soltanto 
quelli  del  1217, 1219,  1221  e  1223  (Cfr.  Chrm.  Jord.  in  Anal.  fr.  t.  I).  Ai  Capitoli  an- 
nuali, detti  impropriamente  generali  dallo  Spec.  Perf  (ed.  Sab.  e.  7),  erano  obbligati 
d'intervenire  soltanto  i  ministri  cismontani  o  italiani  come  risulta  dal  cap.  18  della 
prima  regola  allora  in.  vigore.  Essa  regola  dice:  e  Quolibet  anno  unusquisque  Minister 
cum  fratribus  sfiis  possit  convenire,  ubicumque  placuerit  eis,  in  festo  S.  Michaelis  ar- 
changeli  [29  Sept.],  de  his  quae  ad  Deum  perUaent  iractaturus.  Omnes  autem  Ministri, 
qui  sunt  m  ultramarinis  et  ultramontanis  parObus,  semel  in  tribus  annis,  et  alti  Ministri 
semel  in  anno  veniant  ad  capitulum  in  festo  Pentecostes  apud  ecdesiam  sanctae  Mariae 


REGESTO  CRONOLOGICO  —   SEC.  XIH.  89 

de  Portiancula,  nisi  a  Ministro  et  servo  (otiiis  fraternitatis  aliter  fuerit  ordinatum  » .  —    29 
Reg.  I*  in  Opuscula  S.  P.  Fran.  ed.  Quaracchi  1904,  p.  48. 

1218  —  Màii  9  —  Il  re  Giovanni  di  Briene,  Leopoldo  duca  d'  Anstria,  e  Gagliclmo 
d'  Olanda  co'  loro  Crociati,  partiti  dal  porto  di  Acri,  sbarcano  alla  vista  di  Damiata. 

Sbarcarono  sulla  riva  settentrionale  della  seconda  foce  del  Nilo,  accampandosi 
lungo  la  riva  destra  e  occidentale  del  fiume.  Sulla  riva  opposta,  e  orientale  del  fiume, 
a  un  miglio  dal  mare,  sorgeva  loro  aviinti  Damiata  fortemente  munita  da  una  triplice 
muraglia  dalla  parte  di  terra,  e  difesa  dal  Soldano  d'JEgitto  Melek-el-Kamel,  accam- 
pato nelle  vicinanze  della  città  in  una  località  detta  dall'  arabo  Makrisi  Al-Adilija. 
(Makrìsi  Histoire  d'  Égypte  nella  Revue  de  l'Or.  Lai.  t.  IX  p.  468  e  473.  Cfr.  liecueil 
t.  II  31,  14.  Micliaud  Storia  delle  Crociate  lib.  XI).  Dalla  parte  del  Nilo  la  città  era 
difesa  da  una  torre,  costruita  nel  mfezzo  del  fiume,  e  dagli  storici  arabi  detta  Cosharie. 
Da  questa  torre  una  catena  che  andava  alla  città,  impediva  il  passo  alle  navi  nemiche. 
—  Si  noti  col  Savary  1'  errore  in  cui  son  caduti  parecchi  dotti  moderni  che  confusero  la 
Damiata  odierna  con  quella  del  tempo  de'  Crociati.  La  Damiata  antica  {Thamiatis),  as- 
sediata e  conquistata  dai  Crociati,  fu,  dopo  la  crociata  di  S.  Luigi  (1250),  bruciatii  e 
smantellata  dagli  egiziani,  come  abbiamo  da  Abulfeda  ;  e  1'  odierna  Damiata  sorse  collo 
stesso  nome  più  a  lungi  della  prima  e  a  due  leghe  dal  mare  (Michaud,  lib.  XI).  S.  Fran- 
cesco dunque  fii  nell'antica  Damiata,  e  non  nella  moderna;  in  quella  e  non  in  questa 
il  S.  re  Luigi  vi  costruì  un  convento  pe'  Minori  (Cfr.  Recueil  t.  II  p.  594;  e  la  nostra 
Serie  cronologica  p.  244). 

»  »  —  Augusti  24  —  I  Crociati  guidati  dal  valoroso  Leopoldo  duca  d'Austria, 
detto  il  modello  de'  cavalieri  cristiani,  conquistano  la  torre  fabbricata  in  mozzo  al  Nilo, 
situata  in  faccia  di  Damiata,  cui  un  ponte  di  battelli  univa  alla  città,  e  dagli  storici 
arabi  chiamata  torre  Cosharie. 

Dopo  questa  memorabile  vittoria  i  crociati  ruppero  la  catena  che  chiudeva  il 
passo  alle  navi  cristiane,  le  quali  cosi  poterono  avvicinarsi  alle  mura  della  città.  — 
Segue,  dopo  ciò,  una  lunga  inazione  delle  milizie  cristiane,  sia  per  la  partenza  di  molti 
crociati,  sia  j>er  un  morbo  che  desolò  1'  esercito  {Recueil  t.  II  31,  15  ;  Michaud  lib.  XI  e 
XII)  —  Melek-el-Adel,  padre  di  Kamel,  era  accampato  in  una  località  detta  Margi-as- 
Sofar  quando  ebbe  la  nuova  che  i  Crociati  presero  la  detta  torre.  Ritiratosi  ad  Alikain, . 
pieno  di  cordoglio,  ivi  muore.  Corradino,  altro  suo  figlio,  ne  trasporta  il  cadavere  a 
Damasco,  e  ivi  si  fa  proclamare  Soldano  della  Siria.  —  Makrisi  Hist.  in  op.  cit.  p.  469. 

»  »  —  Septembris  —  Arrivo  al  campo  di  Damiata  del  Card.  Pelagio  Legato  del 
Papa,  coi  militi  italiani.  —  Milioli  p.  466.  —  Codagnello  p.  467.  —  Cfr.  Recueil  t.  II 32,  3. 

»  »  —  Corradino  (Melek-el-Moaddem)  Soldano  di  Damasco,  abbandona  l' assedio 
di  Cesarea,  e  riscende  verso  1'  Egitto  in  aiuto  del  Soldano  Kamcl  suo  fratello.  Passando 
por  Gerusalemme,  la  smantella  tutta,  eccettuate  la  torre  di  Daviddc,  la  moschea  di  Omar 
0  il  tempio  del  S.  Sepolcro.  —  Oliver.  Scolastic.  p.  1137.  —  Vitriaco  p.  1188.  —  Sanuto 
p.  208  in  ed.  Bongars. 

1219  —  Februarii  5  —  I  Crociati,  padroni  di  tutta  la  sponda  occidentale  del  Nilo, 
passano  sulla  sponda  orientale  per  investire  la  città  dalla  parte  di  terra.  Il  potente  emiro 
Emad-ed-Din  congiura  contro  il  Soldano  per  sbalzarlo  dal  trono.  Il  Soldano  fuggo,  abbando- 
nando il  campo  ai  Crociati.  Intanto  Corradino  (Melek-el-Moaddem)  Soldano  di  Damasco,  uni- 
tosi all'  esercito  del  fratello  Kamel,  sventa  le  trame,  ed  Emad-cd-Din  e  i  suoi  complici  ven- 
gono imprigionati.  L'  esercito  cristiano  si  prepara  a  combattere  lo  forze  unite  de'  due  Soldani 
fratelli.  —  I  Crociati  sotto  le  mura  di  Damiata  avevano  alle  spalle  il  lago  Menzaleh, 


90  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

20    e  il  nemico  accampato  nell'  isola  di  Mehalle.  —  Michand  Storia  lib.  XII.  —  Cfr.  Rccucil 
II  32,  9.  —  KOhricht  Testim.  minora  p.  352-55. 

Dopo  la  morte  del  Soldano  El-Adel,  1'  emiro  Emad-ed-Din  tenta  ana  sommossa 
per  spodestare  Kamel,  preconizzato  giù  Soldano  d'  Egitto  prima  clic  gli  morisse  il  padre. 
Per  isventare  le  trame  dei  suoi  emiri,  Kamel,  di  notte  tempo  e  con  poca  scorta,  ab- 
bandona il  campo  dì  Adilija  e  si  ritira  al  campo  Ashmum-Tannah,  ossia  alla  città  di 
Dàkahlija  poco  lungi  da  Damiata.  Il  suo  esercito,  la  mattina  seguente,  si  disperde  e 
va  a  trovarlo  ad  Ashmum.  Intanto  i  Crociati  passano  liberamente  il  Nilo  e  s' impos- 
sessano del  campo  nemico.  Questo  fatto  avvenne,  dice  il  Makrisi,  alli  2  del  mese  Zilkada. 
E  due  giorni  dopo,  soggiunge,  arriva  il  suo  fratello  Moaddam  (Corradino  ritornato  da 
Damasco),  il  quale  seppe  umiliare  i  ribelli  emiri  (Makrisi  Hist.  nella  lievue  de  l'Or. 
Latin  t.  IX  p.  474-75).  A  dire  il  vero,  il  Makrisi  non  dice  quanto  tempo  dopo  questa 
sommossa  siasi  fermato  Corradino  in  Egitto.  Sedata  la  sommossa  di  Emad-ed-Din,  egli 
soggiimge,  che  Corradino  lasciò  il  fratello  quando  vide  ristabilita  pienamente  1'  autorità 
di  lui,  e  che  quindi  poteva  liberamente  governare  senza  il  suo  concorso  (ib,  p.  476).  Ma 
altri  storici,  come  vedremo,  ci  danno  presente  Corradino  sino  alla  fine  della  guerra. 

1219  —  Fébruarii  —  In  questo  mese,  come  abbiamo  notato,  era  già  arrivato  in 
aiato  di  Kamol  il  Soldano  Corradino  :  e  lo  vediamo  attaccare  col  fratello  i  Crociati.  —  Mi- 
lioli  p.  476.  —  Codagnello  p.  477.  —  Tulbio  p.  084.  —  Liher  duelli  p.  685.  —  Oliverus 
Hist.  JDamiatina  in  Eccard  Corpm  hist.  medii  acvi  t.  II  col.  1409  e  seq. 

Cosi  i  citati  autori,  e  cosi  Olivero,  Bernardo  il  Tesoriere,  il  Vitry  e  quanti  altri 
cronisti  delle  Crociate  abbiamo  potuto  consultare  nelle  raccolte  dei  Bongars,  Michaud, 
Mas  Latrie,  Róhricht  ecc.,  e  quasi  tutti  ci  danno  presente  Corradino  all'  assedio  di  Da- 
miata, dal  febbraio  sin  dopo  la  caduta  della  città  in  potere  de'  Crociati.  E  poiché  la 
presenza  di  Corradino  in  questo  tempo  ci  interessa  confermarla,  per  poterlo  dire  anche 
presente  quando  Francesco  recossi  agli  accampamenti  de'  saraceni,  perciò  noi  ci  vediamo 
costretti  di  prender  ad  esame  come  e  perchè  il  dottissimo  Holder-Egger  abbia  negato 
questo  fatto,  che  fin  qui  non  sappiamo  se  e  con  quanta  ragione  sia  stato  posto  in  dubbio 
da  altri.  —  Nelle  note  che  il  eh.  critico  Holder  pose  a  comm^ito  de'  quattro  succitati 
scrittori  da  lui  cosi  egregiamente  ripubblicati  (in  Man.  Germ.  Hist.  tom.  31),  egli  mo- 
strasi non  poco  incerto  del  tempo  che  Corradino  fu  al  campo  di  Damiata,  e  sembra 
voglia  farlo  scomparire  afiiatto  da  quella  lotta  tra  la  civiltà  e  la  mezzaluna  combattuta 
sotto  le  mura  di  Damiata.  Sotto  questa  data  (febr.  1219)  egli  sembra  ammettere  1'  ar- 
rivo di  Corradino  agli  accampamenti  del  firatello  Kamel,  ma  dice,  che  non  prima  de'  3 
marzo  i  due  <  Scldani  AegypU  et  Syriae  ad  civitatem  (Damiatam)  accesserunt  > ,  e  cita 
a  proposito  il  Wilken  Geseh.  der  Kretusziige  VI  p.  242  n.  91  (Monum.  Germ.  cit. 
p.  684  not.  4).  Quando  poi  il  Milioli,  il  Codagnello  e  il  Liber  duelli  ricordano  Corra- 
dino presente  anche  alla  sconfitta  del  31  marzo  1219,  presenza  che  il  de  Tulbio  tace, 
r  Holder  senz'  altro  ce  lo  suppone  già  lontano  in  Siria  «  Corr<idinug  tunc  in  Syriam 
receasisse  videiur  »  {Mon.  cit.  p.  479  n.  2).  Ma  nn  videtur  non  doveva  bastare  al  dot- 
tissimo annotatore  pel  solo  silenzio  di  Giov.  de  Tnlbio,  che  (com'  egli  sa)  non  sappiamo 
ancora  se  fa  autore  o  copista  delle  Gesta  obsidiom»  Damiatae,  e  se  fu  o  non  fd  pre- 
sente ai  fatti;  quando  invece  sappiamo  che  il  Tulbio  muta  il  testo  primitivo  delle 
Gesta,  e  traspone,  e  corrompe,  e  omette  fatti  che  abbiamo  dagli  altri  compilatori  delle 
stesse  Gesta.  Del  resto,  anche  il  de  Tulbio  ci  dà  presente  Corradino  ai  £a.tti  del  3  e 
del  9  marzo  e  del  31  luglio  1219  ;  e  che  se  tace  il  nome  di  Corradino  nell'  assalto  del 
31  marzo,  Io  nomina  invece  il  più  stimato  Liber  duelli  (p.  685)  di  cui  si  è  servito  il 
de  Tulbio,  e  il  cui  autore,  come  concede  il  eh.  Holder,  fu  presente  ai  &tti  <  Aueior 
Libri  Duelli  ipse  ad/uit  in  obaidione  DamiaHna  >  (Mon.  cit.  p.  672).  —  Sulla  stessa  er- 
ronea supposizione,  anche  sotto  il  26  mag.  1219,  quando  il  solo  Gìov.  de  Tulbio  rìtace 


REGESTO  CRONOLOGICO  —  SEC.  Xm.  91 

la  presenza  e  sconfìtta  dì  Corradino,  1'  Holder  incalza  asseverando  :  «  ncque  hoc  loco  29 
Ioannes  de  Tulhio  e.  7  Corradìnum  commemoravit  ;  aed  eum  adfaisse  et  Libeì'  Ducili  e.  7, 
et  Auctor  libelli  deperditi  apud  Albertum  Milioli  falso  dicunt  »  (Mon.  cit.  p.  481  n.  3). 
Non  comprendiamo  come  «  falso  dicunt  »  tre  distinti  compilatori  che  ebbero  il  testo 
officiale  della  relazione  perduta  delle  Gesta  Damiatine,  e  dica  il  vero  soltanto  tacendo 
il  de  Tulbio,  che  pur  compilò  il  suo  testo  su  quello  perduto  e  sul  Liber  ditelli  che 
egli  tanto  deturpò.  Poi,  quasi  dimentico  di  quanto  il  eh.  annotatore  scrisse  nella  citata 
nota  3  pag.  481,  poche  righe  più  sotto  (p.  481  nota  6)  corregge  il  Codagnello  come 
fosse  il  solo  che  avesse  asserita  la  presenza  di  Corradino  <  Hunc  (Corradinnm)  tane 
adfaisse  Codagnellus  sohis  perperam  scripsit  * ,  quando  invece  e  Codagnello  e  gli  altri 
tre  succitati  compilatori  dicono-lo  stesso.  —  Nello  stesso  modo,  anche  in  seguito,  quando 
a  r  uno  0  r  altro  de'  mentovati  compilatori  ricorda  la  presenza  di  Corradino,  il  eh. 
Holder  si  affretta  di  smentirla  senza  darci  prova  alcuna  ;  cosi,  quando  Alberto  Milioli 
e  il  Liber  duelli  ci  ridanno  presente  Corradino  alla  sconfitta  del  20  luglio  1219,  egli 
insiste:  «  Corradinus  hoc  loco  et  infra  perperam  additus  est  ab  Auctore  relationis  de- 
pcrditae,  sicut  et  in  Libro  Duelli  e.  11.  Rex  Damasci  (Corradinus)  iam  multo  antea  (!) 
recesserat  ex  Aegypto.  Ilio  nomine  addito  (!f)  Albertus  verba  Codagnelli  mutavit  » .  (Mo- 
num.  cit.  p.  484  n.  6).  —  Se  non  che,  passo  passo  il  eh.  Holder  sembra  siasi  accorto 
della  sua  svista  (e  chi  non  la  sgarra  in  lavori  poderosi  ?)  e  di  aver  prestata  troppa  fede 
al  mutismo  del  da  Tulbio;  e  sebbene  chiaramente  non  si  corregga,  pur  dalla  forza 
delle  prove  è  costretto  di  concedere  finalmente  la  presenza  di  Corradino  ai  fatti  de'  28 
Sett. — 11  Nov'  1219,  e  lo  suppone  ritornato  dalla  Siria.  Quando  Alberto  Milioli  ci  ri- 
corda il  28  Sett.  1219,  la  presenza  di  Corradino  «  a  latere  fossati  » ,  1'  Holder  così  sì 
esprime  in  nota  {Mon.  cit.  p.  496  n.  5)  :  «  Re  vera,  soldanus  Damarci  tunc  in  Aegyptum 
reversus  fuisse  videtub,  «<  Oliveriv^  e.  16  testari  videtur,  praesertim  vero  quia  principes 
die  Noo.  11  (1219)  papae  scripserunt  (Rohricht  Studien  p.  45),  cum  tunc  piHmum  intel- 
lexisscìit  Soldani  quod  civitas  capta  esset  » . 

1E19  —  Marta  15  —  I  due  Soldani  circondano  da  presso  i  Crociati  :  battaglia  e  scon- 
fitta de'  saraceni.  —  Il  di  delle  palme,  i  saraceni  riattaccano  ;  ma  sono  respinti  lasciando 
5  mila  morti.  —  Bohricht,  Mas  Latrie,  e  aut.  cit. 

»  »  —  Marta  31  —  Corradino  colle  sue  truppe  è  sempre  presente  al  campo  in 
aiuto  dei  fratello  Eamel:  ambo  assalgono  i  Crociati,  ma  nuovamente  son  respinti.  —  Milioli 
p.  478.  —  Codagnello  p.  479.  —  Liber  duelli  p.  685. 

DB  —  Man  5  —  Parte  dall'esercito  Cristiano  il  Dncad'  Austria;  costornaziono 
de'  Cristiani  e  gioia  del  Soldano  e  di  Corradino.  —  Milioli  p.  480. 

»  »  —  Maii  16  —  «In  medio  madio  [maio]  yenit  Soldanus  et  Corradiims  cum 
magno  exercitu  Sarracenorum  et  intraverunt  fossatum  Christianorum  et  putaveront  illom 
roplere  et  delere  Christianos  de  terra.  Sed  Christiani  habuemnt  victoriam  et  occidcmnt 
inter  horaines  et  equos  plus  quam  mille  ».  —  MQioli  p.  480. 

»  »  —  Maii  26  —  Secondo  Capitolo  generale,  e  seconda  istituzione  de'  Ministri 
provinciali.  —  S.  Francesoo  decide  il  suo  viskSgio  in  Oriente. 

€  Anno  Dnì.  1219,  a  prima  conversione  s.  Franciscì  anno  XIII,  in  Capitulo  ge- 
nerali apud  s.  Marìam  de  Portìuncula  celebrato,  iterum  clectis  Mìnìstrìs....  fuerunt  missi 
fratres  per  totum  fere  mundum  cum  lìtteris  Dni.  Papae  » .  Chron.  24  Gen.  in  Anal.  fr. 
t.  Ili  p.  14;  cfr.  ib.  1. 1  p.  279,  e  t.  II  p.  12.  —  Pr.  Egidio  con  altri  son  destinati  in  mis- 
sione a  Tunisi  {Anal.  frane,  t.  III  p.  78).  —  Francesco,  instituiti  suoi  Yicarii  in  Italia 
fr.  Gregorio  di  Napoli  e  £r.  Matteo  di  Narni,  si  decide  a  partire  per  la  Siria.  (Jord.  a 
Jano  n.  11,  in  Anal.  cit.  t.  I  p.  4). 


92  BIBLIOTECA    —   TESTIMONIA   I  [[.STORICA 

1219  —  Mali  20  —  Il  Soldaiio  o  Corradiiio  di  nuovo  rb-sninti  con  tutto  il  loro 
esercito.  (CodagnoUo  p.  481,  Miìioli  p.  480  o  Libcr  ducili  cap.  7).  Arrivo  delle  truppe 
del  Califa  Nasser: 

«  Tunc  venit  Cali^htis  papa  Saracenoi-nm,  <;tim  Uinta  miiltittidine,  qood  non  hahehant 
numerum,  et  fecit  maynnm  indulgentiam  Ulis  qui  ciiin  cu  vcnrraut  ad  exe.rc.ilnn  cor  uni*. 
(Miìioli  p.  480,  e  Libcr  duelli  ca^.  7;  cfr.  Ròliricht  e  aut.  cit.).  —  Gli  storici  arabi  non 
ricordano  la  presenza  del  califa  Nasser  in  Egitto,  si  bone  le  truppe  da  lui  inviate  in 
soccorso  dell'  assediata  città.  Nasser,  53°  califa  (1180-1225;,  contava  allora  G5  anni 
d'  età,  ed  era  costretto  a  continue  guerre  coi  Tartari  che  gli  minacciavano  il  soldanato 
e  la  capitale  Bagdad.  I  cronisti  latini,  sapendo  dell'  arrivo  delle  truppe  del  califa, 
credettero  forse  lui  pure  venuto  in  persona. 

»  »  —  lunii  11  —  Breve  Cum  dilccti  filii  Fr.  Franciscus,  col  quale  Ouorio  UI 
raccomanda  ai  prelati  di  tntto  il  mondo  di  ricovero  Francesco  e  i  suoi  per  veri  cattolici 
e  proteggerli  (Sbaral.  Bullar.  t.  I  n.  2  p.  2).  Muniti  di  simili  lettere,  Francesco  e  i  suoi 
frati  s' incamminano  per  le  varie  parti  del  mondo.  —  Chron.  24  Cren,  in  Anal.  frane. 
t.  ni  p.  14. 

»  »  -—  lunii  (24?)  —  Francesco  lasciata  Assisi  verso  la  metà  di  giugno,  si  avvia 
per  Ancona,  d'  onde  con  altri  12  compagni  (tra  i  quali  il  suo  Vicario  fr.  Pietro  Caiani) 
s' imbarca  alla  volta  dell'  Oriente,  verosimilmente  coi  Crociati  che  dovevano  partire  il  di 
di  S.  Giov.  Batt.,  24  giugno.  —  Sabatier  Vie  de  8.  Frang.  p.  258.  —  Cfr.  Giordano 
sopra  a  p.  39,  Pisano  a  p.  75,  e  Mariano  a  p.  77. 

Il  Suyskens  tiene  pure  che  «  figendum  est  mense  /unto  vcl  lidio  S.  Franeisci  iter 
in  Syriam».  —  Acta  SS.  t.  II  Oct.  p.  611  n.  344. 

»  »  —  lunii  25  —  «  Post  festum  S.  Ioan.  Bapt.  »  i  Soldani  Kamcl  e  Corradino 
offrono  ai  Crociati  per  la  pace,  la  S.  Croce  e  il  dominio  della  città  di  Gerusalemme.  Il  Le- 
gato col  clero  ricusano.  —  Oliv.  Scolasi,  in  Bongars  p.  1140,  et  in  Eccard  op.  cit.  t.  H 
col.  1414. 

Il  Michaud  sulla  testimonianza  di  tutti  gli  storici  delle  Crociate  conferma  la  pre- 
senza nel  campo  saraceno  di  Corradino,  e  dice  che  Ini  «  il  Soldano  di  Damasco  mandò  in 
nome  di  tutti  i  principi  della  sua  casa  ambasciatori  al  campo  de'  Crociati  per  chieder  la 
pace,  proponendo  di  dare  in  mano  dei  Franchi  la  città  ed  il  regno  di  Gerusalemme,  e  rite- 
nersi soltanto  le  fortezze  di  Karak  e  di  Montereale,  per  le  quali  offrivasi  di  pagare  un 
tributo.  Siccome  poi  erano  stati  di  fresco  demoliti  (per  suo  ordine)  i  ripari  e  le  torri  della 
santa  città,  i  Musulmani  si  obligavano  a  sborsare  dngento  mila  denari,  onde  1  Croce- 
signati  potessero  rifabbricarle  ;  oltre  di  che  prometteano  di  restituire  tutti  i  prigionieri 
cristiani  fatti  da  essi  dopo  la  morte  di  Saladino  > .  A  queste  favorevoli  condizioni  si 
oppose  il  Legato  Pelagio,  e  seppe  imporsi  all'  esercito  cristiano  che  voleva  la  pace  a 
patti  cosi  ragionevoli  {Stor.  delle  Crociate  lib.  XII).  —  Cfr.  Bernardo  il  Tesoriere  in  Mu- 
ratori Scnpt.  rer.  Ual.  t.  VII  col.  836-37). 

»  >  —  Iuta  8-9  —  Assalto  de'  Crociati  alle  mara  di  Damiata,  e  son  respinti.  In 
questo  mentre  il  Soldano  occupa  i  fossati  de'  Crociati,  ma  è  ricacciato  :  «  Et  hoc  beUum 
duravit  per  duos  dìes  »,  Miìioli  p  482.  —  Codagnello  p.  483.  —  Liber  ducili  cap.  9. 

»  »  —  e.  med.  Iidii  —  S.  Francesco,  coi  12  compagni,  toccata  Candia  o  Cipro, 
approda  in  Acri.  Da  li,  poco  dopo,  s' imbarca  per  1'  Egitto,  e  arriva  agli  accampamenti 
cristiani  sotto  Damiata  col  solo  compagno  fr.  Illuminato.  —  Vedi  Mariano  (a  p.  77), 
Celano  (a  p.  18-19)  e  Legg.  ani.  (a  p.  51). 

Non  è  improbabile,  come  asserisce  il  Mariano,  che  Francesco  coi  compagni  appro- 
dassero nell'isola  di  Candia;  e  poi  più  che  probabile,  come  la  pensa  il  Waddingo 


REGESTO  CRONOLOGICO  —  SEC.   Xm.  93 

(An.  1219  n.  57),  che  il  Santo  colla  comitiva  approdasse  in  Cipro  e  quindi  in  S.  Gio-  20 
vanni  di  Acri  verso  la  metà  di  luglio.  —  (La  navigazione  di  que'  tempi  richiedeva  per 
questo  tragitto  da  20  a  30  giorni.  Un  Diarium  dell'  epoca  si  ha  in  Huillard-Bréholles 
Hist.  Diplom.  I.  898-901;  cfr.  Introd.  ibid.  p.  331,  citato  dal  Sabat.  Vie  p.  260).  —E 
colà  senza  dubbio,  in  Acri,  come  osserva  bene  il  citato  Sabatier,  o  nelle  vicinanze  di  Acri, 
che  frate  Elia,  primo  Ministro  Provinciale  dì  Siria  (Giano  p.  38  n.  9)  vi  si  era  stabilito 
coi  suoi  compagni  da  uno  o  due  anni  prima  dell'  arrivo  del  Santo.  —  Distribuiti  quindi 
i  suoi  compagni  per  diversi  luoghi  della  Siria,  Francesco,  col  solo  frate  Illuminato  da 
Rieti,  s'  imbarca  pochi  giorni  dopo,  ed  arriva  in  Egitto  al  campo  de'  Crociati,  i  quali 
già  dal  febbraio  avevano  passato  il  Nilo  ed  investivano  Damiata  dal  lato  orientale, 
dalla  parte  di  terra,  tenendo  alle  spalle  il  lago  Menzaleh.  Colà  dunque  giunse  Fran- 
cesco col  solo  fr.  Illuminato.  Ma  non  ó  improbabile  che,  qualche  mese  dopo,  vi  arri- 
vassero anche  altri  frati  di  quelli  lasciati  dal  Santo  in  Siria,  o  che  già  molto  prima  vi 
fossero  giunti  alcuni  dei  compagni  di  frate  Elia.  Il  Celano  infatti  (2  Vita,  II.  2),  sebbene 
ricordi  soltanto  fr.  Illuminato  principale  compagno  del  Santo  senza  nominarlo,  nello 
stesso  tempo  però  fa  supporre  la  presenza  in  Egitto  di  altri  frati  :  <  Tempore  quo  Da- 
miatara  Christìanorum  exercitus  obsìdebat,  aderat  sanctus  Dei  ciim  sooiis  suis;  si- 
quidem  fei;vore  martyrii  mare  transierant.  Cum  igitur  ad  diem  belli  nostri  pararentur 
in  pugnam,....  dixitque  sodo  suo....  etc. ».  —  Stefano  de'  Lusignano,  che  in  proposito  fa 
autorità,  asserisce  che  già  dal  1217  in  Acri,  e  poi  sotto  Damiata,  <  erano  molti  reli- 
giosi delli  nuovi  Ordini  Domenicani  et  Franceschini  » .  (Chorografia  et  breve  historia 
de  Cipro,  Bologna  1573,  fol.  51  t.). 

1219  —  luUi  20  —  «  Venerunt  Soldanns  et  Corradinas  cum  tanta  multitudine  pa- 
ganorum  et  saracenorum  qui  sine  numero  erant  ;  et  in  ilio  die  [b.  Margaritae  Virg.]  valdo 
ciyitatem  expngnabant  [die  era  investita  dai  Crociati],  et  inceperunt  magnom  prelinra  Inter 
so  vicìssim  pagani  et  saraceni  cum  Christianis,  et  de  paganis  vero  circa  duo  milia  sunt 
mortui;  et  captum  Mt  unum  de  lignìs  Christìanorum,  quod  erat  ante  focem  Dalmiatae. 
Et  cotìdie  quidam  saraceni  exibant  de  ciyitate  et  megabant  eorum  legem  el  baptizabantur. 
Et  do  multis  malia  Spagnolis  et  de  malis  Anglicis  fngientes  ad  exercitum  paganorum  no- 
gabant  Christum  filium  sanctae  Mariae  Virginia  ».  —  Milioli  p.  484.  —  Liber  duelli 
cap.  11. 

Vedi,  a  proposito  della  presenza  di  Crociati  spagnoli,  la  nota  4  a  pag.   17,  in 

conferma  di  quanto   asserisce  il  Celano   e   contro    1'  opinione   erronea  dell'  ab.   Le 

Mounier. 

»  »»  —  lulii  31  —  Nuovo  attacco  de'  Crociati  alla  città,  ma  son  respinti  ;  riat- 
taccati quindi  da  Kamel  e  da  Corradino  e  respinti  sino  alle  trincee  del  famoso  fossato, 
riescono  poro  con  eroico  valore  porre  in  fuga  i  due  Soldani.  —  Milioli  p.  486.  —  Coda- 
gnello  p.  487,  —  Tulbio  cap.  12. 

»  »»  —  lulii-Augusti  —  Francesco  con  frate  Illuminato  dovevano  già  esser  arri- 
vati sotto  Damiata  o  entro  il  mese  di  luglio,  o  al  più  tardi  nei  primi  giorni  di  agosto; 
poiché  ai  29  di  agosto  lo  vedremo  presente  e  preconizzante  la  dolorosa  sconfitta  toccata  in 
quel  di  alle  truppe  Crociate. 

»  »  —  Augusti  6  —  Nuova  battaglia  col  Soldano  e  con  tutto  il  suo  esercito,  sotto  le 
mura  di  Damiata  e  presso  il  fossato  della  città:  i  saraceni  son  respinti.  —  Milioli  p.  488. 
—  Codagnello  p.  489. 

»     »  —  Augusti  15  —  Crudeltà  vicendevoli  :  prigionieri  mutilati.  —  Milioli  p.  488. 
»     »  —  Augusti  24  —  I  Crociati  si  preparano  per  assalire  più  efficacemente  i 
nemici.  —  Milioli  p.  488.  —  Codagn.  p.  489. 


94  BIBLIOTECA  —  TESTIMONU  mSTORICA 

1219  —  Augusti  29  —  Giorno  della  famosa  e  torrìbile  sconfitta  toccata  ai  Crociati 
«  qui  propter  peccata  haminum  retro  fugerunt  *  e  che  lasciarono  snl  campo  ben  cinque 
mila  morti.  Presente  alla  battaglia  era  anche  il  patriarca  latino  di  Gerusalemme  (Milioli 
p.  490)  e  presente  S.  Francesco  che  loro  aveva  prodetta  la  sconfitta  come  castigo  di 
Dio  pei  loro  peccati.  —  Tutti  gli  storici. 

»     »  —  Septen^'is  1-4  —  Trattative  di  pace  fra  i  belligeranti: 

<  Soldanus  pepigebat  cum  domino  legato  et  principibus  Christianomm.  Sed  nnus- 
quisque  aliud  habebat  in  corde,  quam  dicebant  in  ore,  quìa  Christiani  in  proximo  na- 
vigio  expectabant  succursum,  et  Soldanns  rccessionem,  quia  credebat  Christianos 
propter  metum  recedere  » .  —  Milioli  p,  492. 

»  »  —  Scptetn.  {1-26?)  —  S.  Francesco  con  frate  nimninato  visita  e  pre- 
dica la  fede  al  Soldano  Melek-el-Kamel  e  ai  suoi  magnati  saraceni,  presente 
Ck)rradino  Soldano  di  Damasco  ecc. 

Generalmente  gli  storici  non  combinano  sul  tempo  di  questa  visita  del  Santo 
agli  accampamenti  saraceni.  Più  ragionevole  ci  sembra  il  giudizio  del  Suyskens  (se- 
guito dallo  storico  delle  crociate  Michaud  lib.  XII)  che  pone  la  visita  del  Santo  poco 
dopo  la  famosa  sconfitta  toccata  ai  Crociati  (29  agosto)  predetta  loro  dal  Santo,  e 
quindi  assai  prima  della  caduta  di  Damiata  (5  novembre):  *  verosimUiter  non  diupost 
illam  infdicem  pitgnam,  29  aug.  {Act.  SS.  cit.  p.  612  n.  350)  » .  E  più  sotto,  basan- 
dosi sulle  parole  del  Vitry  zelo  fidei  acccnsus,  il  Suyskens  s(j^giunge:  «  Quapropter 
dicfntare  neqaeo,  quin  Sanctus  mense  septembri  non  multum  inchoato  Soldanum  adierit  »  ; 
e  pone  saviamente  «  circa  fiiiem  sejìtembris  »  il  ritomo  del  Santo  negli  accampamenti 
cristiani,  basandosi  sulla  gruve  testimonianza  dello  stesso  Vitry  che  asserisce  esser  il 
Santo  rimasto  per  <i  dics  alìquota  presso  il  Soldano,  e  *per  multos  dies  >  presso  le 
milizie  saracene  (ib.  ib.  p.  619  n.  382). 

Ponderate  bene  le  testimonianze  degli  storici  del  sec.  XIII,  specialmente  del  Vitry 
e  del  Chron.  d'  Einoid,  non  temiamo  di  asserire  che  il  Santo  predicò  anche  alla  pre- 
senza di  Corradìno  (Melek-el-Moaddem)  Soldano  di  Damasco.  Corradino,  come  abbiamo 
visto  sulla  scorta  dei  cronisti  di  questa  guerra,  dal  marzo  del  1219  in  poi,  era  sempre 
al  fianco  del  fratello  Kamel  in  ogni  attacco  contro  il  campo  de'  Crociati.  Anzi,  secondo 
l'autore  delle  Gesta  Crucigeroi-um  Ithenanorum  (Ròhricht  cit.  45-46),  Corradino  era 
giA  arrivato  in  aiuto  del  fratello  ai  5  febbraio  1219,  accampandosi  coi  suoi  a  due  le- 
ghe dall'  esercito  de'  Crociati  i  quali  nello  utesso  giorno  erano  passati  all'  altra  sponda 
del  fiume  stringendo  più  da  vicino  l'assedio,  a  mezza  lega  dalla  città  (cfr.  Roh.  cit. 
p.  XXX  e  XXXV  n.  3).  Quindi,  se  per  testimonianza  del  Vitry,  prima  tper  dies 
aliquot  (Soldanus)  ipsum  sibi  et  suis  C/tristi  fidem  praedicantem  attentissime  aiidivit 
(llist.  Or.)  »  e  poi  «  multis  diebus  saracenis  verbum  Domini  praedicavit  (Epist.  ad 
Ijotar)  »,  non  è  possibile  credere  che  Corradino  non  avesse  visto  e  udito  il  Santo. 

»  »  —  Septem.  14-19  —  Partenza  per  l'Europa  di  20  mila  Crociati.  Per.  ciò 
enorme  costernazione  nel  campo  cristiano  (Milioli  p.  492,  Codagnello  p.  483,  Tulbio  cap.  15). 
Ma  felicemente  arrivano  10  galee  genovesi  con  nuovi  Crociati.  —  Continuano  a  lungo  le 
trattative  di  pace:  vanno  e  vengono  dall'uno  all'altro  campo  i  rispettivi  messaggeri  per 
la  pace.  —  lidcm  ibidem. 

»  »  —  Septem.  26-29  —  Ricominciano  le  offensive.  Il  Soldano  tenta  di  circon- 
dare nelle  loro  trincee  i  Crociati,  ma  è  respinto.  Nuovi  tentativi  del  Soldano  per  soccor- 
rere la  città  (Milioli  p.  494  e  gli  autori  citati).  —  Il  28  Seti,  i  Soldani  Kamel  e  Cor- 
radino, sconfitti,  si  ritirano  costernati  (Milioli  p.  496,  Oliverius  cap.  15).  Il  citato  Milioli 
dice,  che  i  saraceni  tentarono  invano  di  riempiere  il  fossato  ed  occupare  le  trincee  dei 


REGESTO  CRONOLOGICO  —  SEC.   Xm.  95 

Crociati,  e  in  questa  lotta  «  Christiani  qui  erant  ab  ilio  latere  fluminis,  ubi  erat   Solda-    20 
nus,  interfecerunt  et  vulneraverunt  plus  500,  et  multa  arma  eorum  habuerunt.  Corradinns, 
qui  erat  a  latere  fossati,  ad  preliandum  non  venit».  —  Milioli  ibid. 

1E19  —  Novemb.  1  —  Nuove  trattative  di  pace.  —  Nov.  3:  il  Soldano  e  Corra- 
dino  tentano  invano  di  far  entrare  un  forte  pressidio  di  600  militi  in  città.  •—  Milioli 
p.  498.  —  n  Codagnello  p.  499,  dice  mille  militi. 

»  »  —  Novemb.  5  —  Damiata  cade  finalmente  in  potere  de'  Crociati:  *  Soldo- 
nus  et  Corradinus  nonpotuerunt  succurrere  civitati  ».  —  Auct.  cit.  e  Milioli  p.  500.  — 
Liber  duelli  cap.  18  p.  701.  —  Tulbio  p.  700. 

S.  Francesco  era  presente,  poiché,  come  vedremo  (sotto  il  2  feb.  1220),  egli 
ancora  non  aveva  lasciato  l' Egitto.  —  Il  Soldano,  vista  la  caduta  della  città,  si  ritira 
nella  località  ove  i  due  rami  orientali  del  Nilo  si  dividono:  il  campo  del  Soldano  di- 
venta ben  presto  la  famosa  città  Mansurah.  —  Michaud  lib.  XII.  —  Makrisi  Hùt. 
cit.  pag.  480. 

»  »  —  'Sovemb.  29  —  I  Crociati  prendono  Tanis  fortezza  al  di  là  del  lago 
Menzaleh.  —  Michaud  lib.  XII.  —  E5hricht  op.  cit. 

lEEO  —  «  Corradinus  ex  Aegjpto  reversus  in  Palaestinam  Caesariense  castmm  ob- 
sedit....  et  destrnxit  » ,  e  poco  dopo  anche  Saphet. 

Cosi  Olivero  nell'  Eiat.  Damiat.  ce.  25,  26  in  Eccard  t.  II  col.  1421.  Cfr.  ibid. 
e.  31  col.  1425,  ove  si  ha  che  Corradino  nella  seconda  volta  fini  di  distruggere  i  ripari 
e  le  cisterne  dì  Gerusalemme.  Poi  lo  rivediamo  ridiscendere  in  aiuto  di  Ramel,  e  lo 
vediamo  presente  al  giuramento  e  al  trattato  conchiuso  coi  vinti  cristiani  che  sgom- 
brarono l'Egitto  e  Damiata  nell'ottobre  del  1221.  —  Cfr.  Olivero  e.  37  col.  1433,  e 
e.  39  col.  1437  ed.  Eccard.  —  Cfr.  Makrisi  1.  e.  p.  482-83  e  491. 

»  »  n  Soldano  Kamel  è  intento  a  fondare  la  città,  di  Mansurah.  —  Makrisi  1.  e. 
p.  481. 

»  »  —  Icmuarii  16  —  I  frati  Berardo  e  compagni  martirimati  in  Marocco.  — 
Ami.  frane,  m.  579. 

»  »  —  Februarii  2  —  Purgata  Damiata,  i  Crociati  fenno  il  solenne  ingresso  nella 
città  il  2  febbr.  festa  della  Purificazione  della  Vergine.  —  Michaud  lib.  XII.  —  EOhricht  op. 
(At  —  Il  Vitriaco  scrive  da  Damiata  la  sua  lettera  agli  amici  di  Lotaringia  o  Lorena,  infor- 
mandoli del  trionfo  dei  cristiani,  del  solenne  ingresso  in  città  e  della  presenza  al  campo 
del  Patriarca  S.  Francesco  «  qui  adeo  amabilia  est,  ut  ab  omnU)US  hominibus  vene- 
retur».  Alcuni  del  clero  di  Acri,  compagni  del  Vitriaco,  si  rendono  frati  Minori.  ••—Vedi 
lett.  del  Vitry  sopra  a  pag.  6-8. 

Il  dotto  orientalista  B.  Eohricht,  citato  dal  Boehmer  (Analékten  zur  Gesck. 
dea  Francùciu,  Tiibingen-Leipzig  1904,  p.  101,  cfr.  p.  LX),  vuole  scritta  la  lettera 
del  Vitriaco  nel  marzo  del  1220.  —  Il  Boehmer  (1.  e.  p.  126)  pone  in  quest'  anno, 
e  prima  di  marzo,  la  visita  del  Santo  al  Soldano,  basandosi  sulla  cit.  lettera  del 
Vitriaco. 

»  »  —  Marta  —  Olivero,  teste  presente,  narra  come  appena  presa  la  città,  «  adeo 
exercitus  noster  ad  pigritiam  resolutus  fait,  ut  milites  odio  dediti  negligerent  opus  Dei, 
vulgus  ad  tabernas  et  negotiationes  fraudulentas  se  convertit  » .  —  Eccard  Corpus  hist. 
mcdii  aevi  t.  II  col.  1418. 

»  »  —  e.  Martium  —  s.  Francesco,  con  frate  Illuminato,  verso  questo  tempo, 
lascia  Damiata  e  ritoma  in  Acri  di  Siria. 


96  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  mSTORICA 

29  Dopo  la  conquista  di  Damiata  <  parecchi  pellegrini  nel  cuor  del  verno  tornarono 

in  Europa,  e  la  metà  dell'  esercito  cristiano  profittò  del  passaggio  solito  a  farsi  in 
marzo,  per  abbandonare  1'  Egitto  ;  quelli  poi  che  rimasero  sotto  alle  bandiere  della 
Crociata,  scordandosi  i  disagi  ed  i  perìgli  della  guerra,  sì  diedero  in  braccio  alla  mol- 
lezza, alla  voluttà,  ed  ni  piaceri  tutti  che  loro  pofeano  ispirare  la  vicinanza  della  pri- 
mavei'a,  U  clima  ed  il  bel  cielo  di  Damiata  »  (Michaud  lib.  XII).  Francesco  non  potè 
non  piangere  a  tanta  depravazione  di  costumi  ;  e  a  quest'  epoca  dobbiamo  riferire 
quello  che  si  ha  nell'  Éracles,  che  cioè  Francesco  t  vedendo  il  male  e  i  peccati  aumentare 
nelle  milizie  Crociate,  tanto  ne  fu  costernato  che  se  ne  partì,  e  fermassi  per  uno  spazio 
di  tempo  in  Siria,  e  da  lì  poi  ritornò  in  patria  »  (Éracles  riportato  a  p.  14),  Contem- 
poraneamente, r  orgoglioso  Pelagio  avendo  disgustato  re  Giovanni  di  Brienne,  questi 
ne  fii  tanto  malcontento,  che  abbandonò  (29  marzo)  Damiata  che  gli  era  stata  data,  e 
r  esercito  di  cui  era  capitano;  e  poco  dopo  (17  maggio)  lo  vediamo  ritornare  in  Acri. 
—  Michaud  Stor.  lib.  XII.  —  RecueU  t.  II  32,  16.  —  In  questa  occasione  dunque,  e 
nel  marzo  verosimilmente,  Francesco,  con  frate  Illuminato,  lasciò  Damiata,  approdando 
senza  dubbio  in  Acri  d'  onde  era  partito;   «  et  fa  une  picce  en  Surie  ».  (Éracles  cit.)- 

1220  Mart.-12Zl  e.  Mari.  —  Soggiorno  ed  escursioni  di  S.  Francesco  in  Siria, 

ove   «  fu  per  un  pezzo  di  tetnpo  »  dopo  il  sno  ritorno  da  Damiata,  corno  abbiamo  dalla 

citata  Estoire  d' Éracles  (Vedi  n.  4,  p.  14). 

In  questo  frattempo  (da  un  marzo  all'  altro  incirca)  Francesco  ebbe  tempo  di 
percorrere  gran  parte  della  Siria  latina  e  saracena,  in  compagnia  forse  di  fr.  Elia  che 
era  colà  già  da  tre  anni.  Sulla  testimonianza  del  Pisano  (n.  22  p.  76)  e  di  Mariano 
(n.  23  p.  78),  si  ha  che  il  Santo  fu  in  Antiochia,  ove  nella  vicina  Montagna  Nera  ri- 
cevette all'  Ordine  i  monaci  benedettini  dì  quel  convento.  Gli  stessi  autori,  col  Clareno 
(n.  13  p.  51,  n.  14  p.  52  e  56),  asseriscono  inoltre  che  il  Santo  fu  anche  in  Gerusa- 
lemme e  alla  visita  dei  luoghi  sacri  della  Terra  Santa,  cui  il  Soldano  *  absgue  tributi 
solutione  accedere  mandavit  »  (Clareno).  —  In  queste  escursioni,  Francesco  per  sé  e  per 
i  suoi  ebbe  dallo  stesso  Soldano  un  rescritto,  decreto  o  firmano,  che  gli  Actu^  (n.  16 
p.  61)  e  il  Pisano  chiamano  «  signactdum,  quo  viso  a  nemine  ledebantur  »  (Vedi  le  fonti 
citate).  —  Non  è  improbabile  che  il  Santo  siasi  munito  anche  di  un  rescritto  di  Corra- 
dino,  Soldano  della  Siria,  sotto  il  cui  dominio  era  la  Terra  Santa  ;  egli  pure  aveva  visto  e 
conosciuto  Francesco  sotto  Damiata,  negli  accampamenti  di  suo  fratello  Soldano  KamcL 
1220  —  Octóbris  —  Corradino,  percorrendo  la  Siria,  espngna  Saflfet.  —  Ròhricht 

op.  cit 

»     »  —  e.  Octob.'Novemb,  —  Frate  Stefano,  detto  il  semplice,  dopo  il  Capitolo  dei 

29  settembre  celebrato  dai  dae  Vicari!  dell'  Ordine,  lascia  Y  Italia  e  si  reca  in  Siria  per 

richiamar  Francesco  in  Italia,  ecc. 

I  due  Vicari,  lasciati  da  S.  Francesco  in  Italia,  «  cum  quibtudam  fratribus  senio- 
rìbus  Italiae  unum  capitulum  celebrarunt  etc.  » .  (Jord.  cit.  n.  11  p.  39).,  Questo  dunque 
non  potè  essere  un  Capitolo  generale  o  univeraàle  come  credette  il  Sabatier  (  Vie  p.  264) 
con  altri  ^  per  la  semplice  ragione,  chei  Cap.  generali  o  universali  si  convocavano  ogni 
tre  anni,  ed  era  appena  scorso  un  anno  da  che  si  era  celebrato  quello  del  1219.  Bi- 
mane dunque  a  supporre,  o  che  quello  de'  Vicarii  fa  un  Capitolo  provinciale  (convo- 
cabile  per  la  fèsta  di  S.  Michele  arcangelo  29  seti.),  o  un  Capitolo  semigenerede  o  ge- 
nerale cismontano  che  annualmente  si  convocava  per  la  Pentecoste  (e.  magg.-Ioglio), 
coir  obbligo  ai  soli  Ministri  cismontani  d'  intervenirvi  :  e  questo  Capitolo  <  fiebat  omni 
anno  apud  S.  Mariam  de  PorHuncula  »  come  ha  lo  Spec.  (ed.  Sabat.  e.  7),  precisa- 
mente secondo  prescriveva  il  cap.  18°  della  prima  regola  allora  in  vigore.  —  Ma  stando 
alle  parole  del  Giordano  <  Vicarii....  cum  quibvsdam  fratribus  senioribus  Italiae  unum 
capitulum  celebrarunt  > ,  questo  fu  piuttosto  un  Capitolo  proviiìciale,  e  non  generale 


REGESTO  CRONOLOGICO   —  SEC.  Xm.  97 

cismontano  cui  dovevano  interrenire  tutti  i  Ministri  d' Italia.  I  Vicarii  danque,  secondo  20 
il  prescritto  della  prima  regola,  avrebbero  convocato  un  Gap.  provinciale  pei  29  sett. 
1220  ;  e  frate  Ste&no  quindi  avrebbe  lasciata  l' Italia,  dopo  questa  data.  —  Concesso 
pure,  che  questo  Capitolo  fosse  uno  de'  cismontani  generali,  e  quindi  celebrato  nella 
Pentecoste  del  1220  (17  mag.),  fr.  Ste&no,  anche  se  partito  immediatamente  dopo  questa 
data,  non  potè  giungere  in  Siria  che  entro  il  luglio  del  1220.  Consta  quindi  che 
Francesco  nel  lugrlio  del  1220  non  era  ancora  ritornato  in  Italia,  e  che  è  un 
errore  dirlo  già  ritornato  un  anno  prima,  o  verso  la  fine  del  1^19,  come  congetturò 
il  Suyskens  (Acta  SS.  cit.  p.  619  n.  886)  che  fa  intervenire  il  Santo  al  preteso  Gap. 
gen.  dei  17  mag.  1220:  o,  come  suppose  il  Waddingo,  dirlo  presente  al  Capitolo  de'  29 
sett.  1220. 

1220  —  Becembris?  —  Francesco,  dopo  «  visitato  Sepulcro  Domini  *  (Clareno, 
la  Leg.  Ant.,  Pisano,  e  Mariano),  ritorna  in  Acri  ;  e  qni,  ndite  da  fr.  Stefano  le  discordie 
de'  snoi  frati,  decide  di  partire  per  l' Italia. 

»  »  —  mense..?  —  Fr.  Luca  di  Puglia,  successore  a  fr.  Elia  nel  provincialaio 
dell'  Oriente.  —  I  Minori  già  stabiliti  a  Costantinopoli. 

Sotto  quest'  anno  troviamo  che  un  fr.  Luca  di  Puglia,  succeduto  a  frate  Elia  nel 
provincialato  dell'  Oriente  e  della  Terra  Santa,  si  presenta  al  Papa  per  sistemare  certi 
affari  tra  lui  e  il  clero  di  Costantinopoli.  —  Dalle  lettere  papali  (9  dee.  1220  e  18 
feb.  1221)  risulta  che  i  Minoriti  si  erano  di  già  stabiliti  in  C.poli.  —  Vedi  la  pre- 
sente Biblioteca  sotto  1'  anno  1220.  —  Sbaralea  BuUar.  t.  I  p.  6-8. 

1221  —  Marta  10  —  Fr.  Pietro  Catoni,  già  vicario  del  Santo  e  Ministro  generale 
dell'  Ordine,  ritornato  dall'  Oriente  (probabilmente  poco  prima  di  Francesco),  muore  in  S. 
Maria  degli  Angeli  «  (Asente  sanato  Francisco  ».  —  Vedi  i  cenni  biografici  sul  Catoni 
nella  presente  Biblioteca  sotto  gli  anni  1219-20. 

»  »  —  e.  M  irt-April.  —  Epoca  probabile,  secondo  noi,  del  viagrerio  di  ritomo 
del  Santo  in  Italif .  Nel  marzo,  come  abbiamo  osservato  col  Michand,  erano  solite  le  navi 
cristiane  d' intraprendere  la  navigazione  dall'  Oriente  in  Italia.  —  Francesco,  ritornato,  si 
reca  dal  Papa  ecc.,  indi  convoca  il  terzo  Capitolo  gen.  pel  30  mag^o  ecc.  —  Cfr.  Jord. 
a  Jano,  a  pag.  40,  nn.  14-16. 

«  Giusta  r  antica  usanza  de'  naviganti,  due  tempi  dell'  anno  erano  fissati  per  at- 
traversare il  mare.  I  pellegrini  imbarcavansi  quasi  sempre  nei  mesi  di  marzo  e  di  set- 
tembre, sia  per  recarsi  in  Oriente,  sia  per  tornare  in  Europa  ;  la  qual  cosa  fru;eva  che 
essi  venissero  paragonati  a  quelli  uccelli  di  passaggio  che  cangiano  di  paese  nell'  av- 
vicinarsi  della  nuova  stagione  ed  alla  fine  de'  bei  giorni  > .  (Michaud  Storia  libr.  XII). 
—  e  Ad  mensem  Aprilem,  quo  tempore  paesaggio  vernali  tunc  dicebatur,  classes  ab 
Europa  in  portu  Damiatino  adveniebant  et  revehebantur  > .  Holder-Egger  Mon.  Ger. 
hist.  t.  31  p.  673. 

Dunque,  secondo  il  nostro  calcolo,  Francesco  fu  assente  dall'  Italia  e  percorse 
r  Oriente,  non  nel  breve  spazio  di  meno  di  6  mesi,  come  suppose  il  Suyskens  {Acta  SS. 
cit.  p.  618  n.  382  s.),  né  come  il  Sabatier  che  con  più  certi  argomenti  protrasse  1'  as- 
senza del  Santo  dall' un' estate  all'altra:  giugno  1219-luglio  1220  (Fte  p.  258-272; 
Sp&;.  Perf.  p.  71  in  nota);  ma  sibbene  dalla  metà  di  giugno  del  1219  sino  quasi  al  marzo 
del  1221,  assenza  cioè  di  ben  più  di  20  mesi,  ossia  di  circa  2  anni.  Ed  un  fatto  storico, 
che  indubbiamente  sconvolga  o  riduca  appena  in  un  solo  anno  quest'  assenza  di  Fran- 
cesco, non  conosciamo,  né  crediamo  vi  sia. 

Primieramente,  le  lettere  papali  dei  22  sett.  1220,  che  il  Waddingo  (t.  I  p.  361 
n.  60:  Cum  secundvm)  ci  dà  come  dirette  DUecOs  film  Fratri  Francisco  e  ai  Provin- 
ciali e  Custodi  dell'  Ordine,  nel  Bullarium  dello  Sbaralea  (t.  I  p.  6)  le  abbiamo  senza 
Bibliot.  —  Tom.  I.  7 


98  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  fflSTORICA 

29  la  direzione  a  Francesco,  ma  soltanto  Dilectis  filiis  Prioribus  seu  Custodibua  Minorum. 

Del  resto,  dirette  o  non  dirette  a  Francesco,  simili  lettere  nulla  convaliderebbero  sto- 
ricamente la  presenza  o  no  del  Santo  in  Italia  nel  settembre  del  1220. 

In  secondo  luogo,  i  pretesi  Capitoli  o  generali  o  cismontani  che  si  voglia,  celebrati 
secondo  i  citati  autori  durante  1'  anno  1220,  e  presente  S.  Francesco,  non  si  devono  ad 
altro  che  alla  sconvolta  cronologia  de'  cronisti  posteriori  cui  il  Waddingo  si  appoggiò, 
e  dopo  lui  altri  sconvolsero  maggiormente  e  fatti  e  date  della  vita  del  Santo.  Come 
abbiamo  notato  più  sopra,  non  si  ha  Capitolo  generale  o  universale  celebrato  nel  1220, 
fuori  del  Capitolo  provinciale  o  particolare  tenuto  dai  due  Vicarìi  del  Santo  con  alcuni 
seniori  d' Italia  ;  Capitolo  che,  secondo  il  prescritto  della  prima  regola,  dovettero  aver 
convocato  pei  29  sett.  del  1220. 

In  ultimo,  una  sola  seria  difficoltà,  che  sconcertava  tutto  questo  studio  cronologico, 
sarebbe  stata  la  grave  testimonianza  dell'  arcidiacono  Tomaso  di  Spalatro,  cui  si  fé'  dire 
che  egli  vide  e  udì  predicare  Francesco  a  Bologna  il  di  dell'  Assunta,  15  agosto,  nd 
1220.  L'  errore  del  Sigonio  (Opera  omnia  t.  Ili  col.  432),  che  nel  testo  di  Tomaso 
volle  aggiungere  la  data  del  1220  che  manca  nei  Codici,  passò  via  via  negli  Annali 
del  Waddingo  (an.  1220  n.  13,  t.  I  p.  337),  negli  Acta  SS.  (4  oct.  t.  II  p.  842  n.  148) 
e  perfino  nel  critico  Sabatier  (Vie  p.  CXXIII  e  274:  Spec.  Per/,  p.  16  n.)  che  pro- 
pagarono cosi  r  errore  fino  al  Boehmer  che  ce  lo  corresse.  In  fatti,  dal  testo  critico 
di  Tomaso,  edito  dal  Heinemann  nel  1892  nei  Monum.  Germ.  Hist.  (Script,  t.  XXIX 
p.  580)  e  riportato  dal  Boehmer  (in  Analekten  p.  106:  cfr.  ibid.  p.  LXI  e  p.  129  lin.  3), 
abbiamo  per  vera  data  del  fatto  il  15  agosto  del  1222  e  non  del  1220!  —  Ecco  il 
testo  di  Tomaso: 

«  His  temporibus  factus  est  terremotus  magnus  et  orribilis  in  die  nativitatis  Do- 
mini [25  dee.  1222]  circha  oram  terciam  per  Lignriam,  Emiliam  et  per  Marchiam  Ve- 
neticam,  ita  ut  multa  edificia  ad  terram  ruerunt.  Civitas  vero  Breziana  ex  magna 
parte  sui  prostrata  est,  multaque  omnium  multitudo  et  maxima  ereticorum  oppressa 
est  et  extincta.  Eodem  anno  in  die  assumpsionis  Dei  genitrìcis  [15  aiig.],  cum  essem 
Bononiae  in  studio,  vidi  sanctum  Franciscum  predicantem  in  platea  ante  palacium 
publicum,  ubi  tota  pene  civitas  convenerat.  Fuit  autem  exordium  sermonis  eius  :  e  Att' 
geli,  honànes,  demoties  > ,  de  his  enim  tribus  spiritibus  racionalibus  ita  bene  et  discrete 
proposuit,  ut  multis  literatis,  qui  aderant,  fierét  admiracioni  non  modice  sermo  hominis 
jdiote;  nec  tamen  ipse  modum  predicantis  tenuit,  sed  quasi  concionantis.  Tota  vero 
verborum  eius  discurrebat  materies  ad  extinguendas  inimicitias  et  ad  pacis  federa  re- 
formanda;  sordidus  erat  habitus,  persona  con temptibilis  et  facies  indecora,  sed  tantam 
Deus  verbis  ipsius  contulit  eficaciam,  ut  multae  tribus  nobilium,  inter  quas  antiquarum 
inimicitiarum  furor  immanis  multa  sanguinis  effusione  fuerat  debachatus,  ad  pacis  con- 
silium  reducerentur.  Erga  ipsum  vero  tam  magna  erat  reverentia  hominum  et  devotio, 
ut  viri  «t  mulieres  in  eum  catervatim  ruerent,  satagentes  vel  fimbriam  eius  tangere  aut 
aliquid  de  panniculis  eius  auferre».  {Man.  Germ.  cit.  t.  29  p.  580). 

Tomaso,  che  scriveva  sino  all'  apr.  del  1266  (f  8  mag.  1268),  nel  suo  racconto 
non  riporta  data  alcuna,  ma  implicitamente  ce  la  indica  quando  dice  il  fatto  avvenuto, 
neir  anno  stesso  nel  quale  Brescia  fu  distrutta  dal  grande  terremoto,  che,  secondo  tutti 
i  cronisti,  accadde  il  25  dee.  del  1222  (Vedi  Annal.  Brix.  Oretnon.  Bergom.  in  M.  G.  H. 
t.  XVIII  pp.  806,  809,  818)  —  Ora  (come  osserva  il  Boehmer),  il  cronista  Tomaso,  con 
tutta  probabilità,  usava  o  il  computo  degli  Ungaresi  e  di  quelli  della  mezza  e  superiore 
Italia  che  principiavano  l'  anno  dal  25  dì  marzo,  o  dal  1  marzo  come  i  Veneziani; 
cosi  che  la  predica  di  Francesco  in  Bologna  de'  15  agosto  deve  necessariamente  porsi 
nel  1222.  Che  se  anche  si  volesse  tenere  col  Heinemann,  editore  dell'  Historia  di  To- 
maso, che  cioè  Tomaso  computasse  l'  anno  dai  25  dee.  dalla  natività  del  Signore,  in 
tal  caso  si  barcollerebbe  tra  il  1222  e  1228,  ma  non  prima. 


REGESTO  CRONOLOGICO  —  SEC.  XIII.  99 

1221  —  Mail  —  Frate  Cesario  da  Spira,  ritornato  dall'  Oriente,  ebbe  dal  Santo    29 
r  ordine  di  compilare  in  miglior  forma  il  testo  della  seconda  regola,  confermata   poi  da 
Onorio  III  con  la  bolla  Solet  annucrc  de'  29  nov.  1223. 

Cesario  dovette  aver  terminata  la  compilazione  di  questa  regola  pel  prossimo 
Cap.  gen,  de'  30  mag.  1221,  poiché  nel  settem.  di  quest'  anno  lo  vediamo  già  entrato 
coi  suoi  confratelli  in  Germania,  in  qualità  di  Ministro  ;  d'  onde  poi  lo  troviamo  ritor- 
nato in  Italia  nel  Cap.  gen.  degli  11  giugno  1223.  Tanto  crediamo  risulti  dal  cronista 
Giordano  (,Anal.  frane,  t.  I  p.  5  n.  15  ss).  Si  potrebbe  anche  congetturare  che  il  Santo 
avesse  dato  questo  incarico  a  Cesario  appunto  nel  giugno  del  1223;  ma  1'  ordine  cro- 
nologico del  racconto  di.  Giordano  vi  si  oppone. 

.»  »  —  Mali  30  —  Il  famoso  Capitolo  delle  stuoie.  —  Francesco,  ritornato  dal- 
l'Oriente  e  visitato  che  ebbe  Onorio  III,  ed  ottenuto  da  lui  il  card.  Ugolino  per  protet- 
tore dell'  Ordine,  «  statim  ad  s.  Mariam  de  Portiuncnla  indixit  capitnlam  generale.  Anno 
ergo  Domini  1221,....  s.  die  Pentecostes  b.  Frane,  celebrayit  capitulum  generale....  »  (Jord. 
in  Anal.  frane,  t.  I  p.  5-6  n.  14-16). 

In  questo  famoso  Cap.  gen.  furono  presenti,  secondo  il  citato  Giordano,  <  tria 
tnillia  fratrum  »  ;  ma  secondo  s.  Bonav.  {Leg.  maj.  e.  4  n.  10),  1'  Eccleston  {AnaZ.  frane. 
I.  232),  il  Glassberger  (Anal.  cit.  III.  18)  e  lo  Spec.  Perf  (ed.  Sabat.  e.  68  p.  131) 
furono  «  quinque  mUlia  Jratres...  quod  dictum  est  capitulum  atoriarum,  quia  non  eraut 
ibi  habitacula  nisi  de  storiis  » .  Questo  dunque  sarebbe  il  celebre  Capitolo  delle  stuoie 
e  non  quello,  come  comunemente  si  asserisce,  celebrato  nel  1219;  cosi  pure,  questo  fu 
il  primo  Capitolo  convocato  dal  Santo  dopo  il  suo  ritorno  dall'  Oriente.  —  Dai  citati 
cronisti  risulta,  che  Francesco  appena  ritornato,  statim  convocò  il  Capitolo;  e  quindi 
ee  lo  fan  supporre  arrivato  in  Italia  uno  o  due  mesi  prima  del  Capitolo;  e,  secondo 
il  nostro  calcolo,  verso  la  fine  di  marzo  o  nell'  aprile  del  1221. 

»  »  —  Mail  30  —  Frate  EUa  Bombarono  d'  Assisi  detto  da  Cortona,  già  ex 
primo  Ministro  di  Siria  o  di  Terra  Santa,  ritornato  col  Santo  in  Italia,  saccede  nel  Vica- 
riato al  decanto  Catani,  e  governa  1'  Ordine  sin  dopo  la  morte  del  Santo  (30  mag.  1227)  ecc. 
—  Cfr.  Jordan,  in  Anal.  frane,  t.  I  p.  5-6  n.  14-17;  cfr.  ibid.  p.  280  —  Chron.  24  Gen., 
ibid.  t.  III  p.  31.  —  Vedine  la  biografia  infra,  sotto  l'an.  1217,  al  n.  31. 

»  »  —  Maii  30?  —  A  frate  Luea,  già  secondo  Ministro  Provinciale  di  tutto 
r  Oriente  e  di  Terra  Santa,  succede  nel  provincialato  il  b.  Benedetto  di  Arezzo.  —  Vedi 
nella  presente  Biblioteea  sotto  1'  an.  122L 

»  »  —  lunii  23-Iulii  15  —  I  Crociati  marciano  su  Cairo  —  Agosto:  Innon- 
dati dal  Nilo,  chiedono  pace  al  Kamel.  —  Settem.  8:  Damiata  restituita  al  Soldano.  — 
Ottob.:  I  Crociati  e  pellegrini  sgombrano  l'Egitto  e  ritornano  ai  loro  paesi.  — Rohricht 
op.  cit. 

1222  —  Augusti  15  —  S.  Francesco,  il  dì  dell'  Assunta,  predica  in  Bologna.  (Vedi 
il  testo  di  Tomaso  arcid.  di  Spalatro  più  sopra  sotto  l'anno  1221  marz.).  —  Ivi  riceve 
all'  Ordine  il  b.  Pellegrino  de'  Falleroni  che  poi  pellegrinò  in  Terra  Santa.  —  Vedi  più 
sotto  in  Bibliot.  an.  1222-33. 

»  »  —  Ee  Giovanni  di  Brienne  si  reca  in  Francia  e  in  Inghilterra  in  cerca  di 
soccorsi  per  la  Terra  Santa.  —  Rohricht  Testim.  minora  —  1224  :  Re  Giov.  di  Brienne 
è  accolto  con  grandi  onori  a  Colonia.  —  Rohricht  op.  cit. 

1223  —  Peniec.  11  lunii  —  Cap.  gen.  celebrato  in  S.  Maria  della  Porziuncola, 
presente  S.  Francesco. 


100  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

29  1223  —  Pr.  Cesario  da  Spira  ritornato  in  Italia  per  vivere  col  Santo,  nel  detto 

Gap.  gBìì.  è  dispensato  dal  provincialato  della  Crermania.  —  AncU.  frane.  1. 1  p.  11  n.  31  ; 
cfr.  t.  II  p.  27-28. 

»  »  —  Bipartizione  dell'Ordine  in  12  Provincie:  tra  le  qaali  la  decima,  e  la  sola 
nltramarina,  era  qnella  di  Romania  o  di  Terra  Santa.  —  Cfr.  Panfilo  Storia  t.  I  p.  430, 
456,  476  e  t.  n  p.  560-64. 

Nel  1239  vedremo  le  ProTÌncie  dell'Ordine  portate  al  numero  di  32;  cioè  in  16 
cismontane,  e  in  16  ultramontane.  £  più  tardi,  nel  Cap.  gen.  di  Pisa  (1263  mag.  20) 
le  vedremo  in  num.  di  34,  per  1'  aumento  di  due  nuove  Provincie  suddivise  da  due  altre. 

1224  —  Estate  —  S.  Francesco  alla  Verna:  riceve  le  s.  stimmate:  «  Dimòus  annis 
ante  obitum  ».  —  1  Celano  95. 

1225  —  Fra  Aimone  da  Faversham,  già  Dottore  nell'  università  di  Parigi,  entra 
nell'Ordine:  nel  1233  con  altri  è  inviato  legato  del  Papa  in  Nicea  presso  l' imperatore 
e  il  patriarca  greco:  nel  1240  44  generale  dell'Ordine  —  Anal.  frane,  t.  I  p.  239 s; 
t.  Ili  p.  246,  251,  696.  —  Vedi  nella  Biblioteca  il  nostro  art.  sotto  l' an.  1234. 

1226  —  Octobris  3  —  Morte  di  S.  Francesco:  snccessa  la  sera  del  sabbato,  dopo 
il  tramonto  del  sole,  passata  già  l' ora  24*  del  giorno  natnrale,  secondo  1'  antico  computo 
italiano,  e  per  ciò  colla  prima  ora  di  nott«  era  già  cominciato  il  gfiorno  della  Domenica 
e  il  4  ottobre  1226.  H  Santo  aveva  compiti  anni  45  d' età,  e  20  della  sna  conversione. 
—  Cfr.  Panfilo  Storia  t.  I  p.  225. 

1227  —  Marta  19  —  H  Card.  Ugolino  creato  papa  col  nome  di  Gregorio  IX.  — 
Cfr.  Eubel  Hierarehia. 

»  »  —  Maii  30  —  Cap.  gen.  nella  Porziancola  :  elezione  al  generalato  di  fr.  Giov. 
Parenti  :  regge  l' Ordine  sino  al  Cap.  gen.  del  1232,  coi  snccede  fr.  Elia.  —  Cfr.  Lempp 
Fr.  Elie  p.  92  n.  2. 

»  »  —  Octob.  10  —  Daniele  e  compagni  martirizzati  in  Marocco.  —  Anal.  frane. 
t.  I  p.  32,  613. 

»  »  —  Novembris  —  Corradino  mnore  nel  novembre  del  1227.  —  H  cronista  Ernoul 
(e.  40  p.  458  ediz.  Mas  Latrie)  ci  racconta  com'  ^11  prima  di  morire  affidò  la  cura  de'  snoi 
figli  ad  un  cavaliere  Templario  di  Spagna,  il  quale,  quantunque  avesse  disertato  l' esercito 
cristiano,  non  aveva  però  rinnegato  la  fede,  e  che  perciò  godeva  tutta  la  fiducia  di  Cor- 
radino. —  Corradino  conobbe  Francesco  negli  accampamenti  saraceni  sotto  Damiata  ecc. 

1228  —  luiU  16  —  Gregorio  IX  canonizza  S.  Francesco  in  Assia;  e  il  giorno 
dopo  getta  la  prima  pietra  delle  fondamenta  della  basilica  in  onore  del  Santo  principiata 
da  frate  Elia.  —  Cfr.  Lempp  Fr.  Elie  p.  81. 

»  »  —  Septembris  13  —  Geroldo  di  Lausanne  l^^to  apostolico  dell'Oriente  e 
patriarca  di  Gerusalemme,  con  sua  lettera  circolare  datata  da  Acri  13  sett.  1228,  comunica 
a  tutte  le  diocesi  latine  dell'  Oriente  la  bolla  papale  SUmt  phiàlae  che  ordina  la  celebra- 
zione della  festa  di  S.  Francesco  ai  4  d'ottobre.  —  Vedi  il  documento  più  sotto  all'  an.  1228. 

1230  —  Maii  23  ^-  Giorno  probabile  della  traslazione  del  corpo  del  Santo  nella 
novella  basilica,  effettuata  con  tumulto  e  qualche  giorno  prima  del  Cap.  gen.  celebrato  il 
26  maggio.  —  Cfr.  Lempp  Fr.  Elie  p.  85. 

1232  —  Maii  30  —  Cap.  generale,  rinunzia  del  Parenti,  e  tumultuosa  elezione  al 
generalato  di  fr.  Elia.  —  Cfr.  Lempp  Fr.  Elie  p.  92.  —  Anal.  frane,  t.  n  p.  55. 


REGESTO  CRONOLOGICO  —  SEC.  Xm.  101 

1233  S.  —  Per  impulso  del  Generale  fr.  Elia  numerosi  missionarii  sono  inviati  in    29 
Georgia,  Damasco,  Aleppo,  Bagdad,  Costantinopoli,  Tunisi  e  nel  resto  dell'  Oriente.  —  Vedi 
i  Cenni  biograf.  su  fra  Elia  nella  Biblioteca  sotto  l' an.  1217,  al  n.  31. 

1238  —  Februarii  —  Il  cronista  Salimbene  entra  nell'  Ordine,  ricevuto  da  fr.  Elia. 
—  Vedi  i  cenni  su  fr.  Salimbene  in  questa  Bibliot.  sotto  1'  an.  1286. 

»  »  —  Morte  di  Melek<el-Kamel  Soldano  d'  Egitto,  quegli  che  nel  1219  ricevette 
umanamente  Francesco  negli  accampamenti  saraceni  sotto  Damiata  ecc. 

<  EkKlemque  tempore  (1238),  soldanus  potentissimus,  qui  moriturus  liberaliter  Ic- 
gavit  redditns  opulentissimos  et  pecuniam  multam  infirmis  in  domo  Hospitalis  [di  Ge- 
rusalemme] christianis  pauperibus  commorantibns  et  vinctos  sclavos  liberos  multos  et 
alia  malta  opera  caritatis  fecerat,  animam  ad  multorum  dolorem  exhalavit.  Erat  autem, 
licet  paganus,  veridìcos,  mnnificus,  parcens,  in  quantum  permisit  legis  suae  severitas  et 
vicinorum  suspicio,  christianis.  Qnod  cum  cognovisset  imperator  Eomanorum  Frethe- 
ricus,  inconsolabiliter  per  multum  temporis  dolens  mortem  eius,  planzit  lugubriter. 
Sperayit  enim  eum,  sicut  idem  Soldanus  promiserat,  baptismi  sacramentum  susceptorum, 
et  christianitatem  per  eum  magnum  aliquando  suscipere  feliciter  incrementum  > .  Matth. 
Paris  Chron.  Maj.  in  Mon.  Germ.  Hist.  t.  28  p.  144.  —  Questo  brano,  citato  anche  dal 
Waddingo  (an.  1219  n.  62),  è  però  erroneamente  da  lui  riferito  al  Soldano  d' Iconio 
(dell'  Asia  Minore)  che  dicesi  morto  cristiano  secondo  alcuni  cronisti  del  tempo.  Nello 
stesso  abbaglio  caddero  anche  altri  cronisti  antichi  e  moderni.  E  da  questa  confusione 
avrà  avuto  probabilmente  origine  la  leggenda  degli  Achis  (vedi  a  p.  60-64)  che  ci  danno 
come  certa  la  conversione  del  Soldano  Kamel.  Il  certo  si  è  che  Kamel  nelle  Opere  fu  più 
cristiano  che  maomettano,  come  ci  attestano  tutti  gli  storici  contemporanei.  Fra  i  molti 
scieglieremo  uno,  di  quelli  appunto  che  facevan  voti  sinceri  per  la  sua  conversione.  — 
Olivero  che  conobbe  personalmente  1'  animo  di  Kamel,  volle  lasciarci  nella  sua  Historia 
Damiatina  una  lettera  o  breve  trattato  scritto  nel  1221,  e  che  lui  avrebbe  volato  in- 
dirizzare e  forse  indirizzò  a  Kamel,  invitandolo  ad  abbracciare  la  fede  di  Cristo.  Olivero 
cosi  gli  parla: 

«  Consequenter  ad  benignitatem  ac  liberalitatem  tuam,  Melchi  Kamel,  stilum  con- 
vertam,  et  qaem  viva  voce  non  possum,  scriptis  alloqui  desidero.  Utinam  agnosceres 
divinitatem  in  Christo,  et  mysterium  incamationis  intelligere  valeres,  et  mortem  Christi, 
qaem  vivnm  ad  coelos  adscendisse  confi teris,  credere  posses  *\  {E  dopo  avergli  dottamente 
esposte  le  bellezze  della  fede  cristiana  e  la  carnalità  ed  ingiustizia  della  maomettana, 
cosi  lo  elogia)  :  <  Recto  appellatus  es  Kamel,  quod  interpretatur  consummatus,  quod  in 
politicis  et  urbanis  virtutibus  r^es  et  principes  antecedis,  de  hoc  praecipae  commen- 
dandus,  quod  immunis  esse  diceria  a  crimine  pessimo,  quo  gens  tua  laborat  publlce 
statuens  ephebiarum  abominationes,  et  multiplicans  offensiones  in  stagnum  ignis  et 
suiphuris  post  hanc  vitam  detruenda.  Studeas  obsecro,  supplico,  stude  consummare 
quod  coepisti.  Post  liberationem  captivorum,  restitue  nobis  terram  sanctificatam,  hae- 
reditatem  Domini,  civitatem  Sanctam  cum  omni  iure  suo.  Frater  tuus  [Corradinus]  qui 
tenet  eam,  vasallus  tuus  est,  nec  tuae  valet  resistere  voluntatì.  Hanc  terram  constat 
esse  servorum  Christi....  t .  (Quindi,  esponegli  con  garbo  i  pericoli  di  future  guerre  che 
gli  avrebbero  mosse  i  Cristiani  pel  riacquisto  della  Terra  Santa;  uno  de' motivi  per  la 
guerra,  dice  al  Monarca,  sarà  la  crudeltà  che  Corradino  suo  fratello  usa  coi  poveri 
pellegrini  che  regolarmente  visitano  Gerusalemme)  :  t  Praesertim  quia  Corradinus  exa- 
ctorea  suos  constituit,  qui  peregrinos  visitantes  glorìosum  Sepulchrum  spoliant,  et  male 
tractant,  qui  tributum  solvere  nolunt  propter  obedicntiam,  vel  non  possunt  propter  in- 
digentiam.  Ista  crndelitas  et  venerabilium  locoram  venalitas,  legibns  divinis  et  humanis 
contraria,  bonb  etiam  moribus  repugnat....  Templum  Domini  nec  cum  pretio,  nec 
sine  pretio  nostros  intrare  permittit  frater  tuus,  sed  tanquam  incredulos  et  immundos 


102  BIBLIOTECA   —  TESTIMONIA  mSTORICA 

29  repellit....  Quid  tibi  prosunt  divitiae?  Quid  salutis   afferunt  diritìae?  Transeunt  haec 

velut  umbra!  Quaeras  igitur  quae  aursum  sunt;  sapias  quae  Dei  sunt;  accedas  cum 
fiducia,  corde  contrito  et  humiliato  ad  thronum  gratiae  Judicis  benigni,  et  pete  ab  eo, 
ut  veram  tibi  fidem  ostendat,  vias  tuas  dirìgat,  et  omni  tempore  Consilia  tua  in  ipso 
permaneant  » .  —  Olivcrus  in  Ekscard  Corpus  histor.  medii  acri  t.  II  col.  1439-45. 

1239  —  Mali  25  —  Federico  II  scomunicato  dal  Papa.  —  Lempp  Fr.  Elie  p.  143 
»     »  —  Pentecoste  —  Gap.  gen.  e  deposizione  di  fr.  Elia;  cui  succede  nel  gene 

ralato  fr.  Alberto  da  Pisa.  —  Salimbene   Chron.  p.  50,  407.  —  Monum.  Germ.  hist 
t.  XIH  p.  392.  —  Cfr.  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  228,  233.  —  Lompp  Fr.  Elie  p.  92,  132 

—  Divisione  dell'Ordino  in  32  Provincie.  —  Vedi  più  sopra,  sotto  11  lun.  1223. 

Il  Minorità  Erphordiense  (In  Moìi.  Germ.  hist.  t.  24  p.  172  s.)  contemporaneo  ai 
fatti  che  racconta,  dice  il  Gap.  gen.  celebrato  nel  1239  a  Boma  presente  il  Papa,  e 
che  ivi  fu  eletto  fr.  Alberto  da  Pisa.  —  Gfr.  il  chronicou  dell'  Erphordiense  al  nostro 
art.  sotto  r  ann.  1266. 

Nel  detto  Gap.  gen.  «  ibidem  facta  est  divisio  Provinciarum  Ordinis  et  numerus 
limitatus,  ipso  Domino  Papa  praesente  et  volente  » .  —  Cfr.  Glassberg.  Chron.  in  Anal. 
frane,  t.  II  p.  63.  —  Cliron.  24  Gm.  ibid.  t.  Ili  p.  246. 

«  In  absolutione  fratris  Heliae  provisum  fiiit,  ut  tìintum  triginta  dime  administra- 
tiones  essent  in  Ordine,  XVI  scilicet  ultra  montes,  et  XVI  citra  ».  —  Eccleston  in  Anal. 
frane,  t.  I  p.  236.  —  Sotto  il  governo  di  fr.  Elia  «  erant  Provinciae  minores  quam  sint 
modo  »  (Salimb.  p.  406),  ossia  più  ristrette,  ma  assai  più  numerose,  e  quindi  ridotte  a 
sole  32  in  questo  Gap.  generale.  Tra  le  provincie  allora  soppresse,  dobbiamo  registrare 
quella  di  Barhefria  in  Africa,  sorta  senzA  dubbio  ai  tempi  di  fr.  Elia,  e  ricordata  in  una 
lettera  di  Greg.  IX  data  al  re  di  Tunisi  nel  1235,  cui  inviava:  dUectum  filium  fratrem 
Joannem  Ministrum  Ordinis  Minorum  de  lìarbaria.  —  Cfr.  Wadd.  Sbaral.  an.  cit.  — 
Cfr.  Panfilo  Storia  t.  II  p.  560.  —  Nel  1263,  S.  Bonaventura  portò  le  Provincie  al 
numero  di  34. 

1240  —  lanuarii  23  —  Data  probabile  della  morte  del  Generale  fr.  Alberto  da 
Pisa.  —  Anal.  frane,  t.  Il  p.  62. 

La  Chron.  24  Gen.  lo  dice  morto  il  25  dee.  1239  {Op.  cit.  t.  III  p.  233),  altri  li 
8  sett.  1239,  ma  Salimbene  nel  1240  —  Cfr.  Lempp  Fr.  ÉUe  p.  132  n.  2. 

»     »   —  Augusti  21  —  Morte  di  Papa  Gregorio  IX. 

»     »  —  Novembris  1  —  Eletto  generale  fr.  Aimone  da  Favershara  nel  Gap.  gen. 

—  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  696.  —  Cfr.  Lempp  op.  cit.  p.  144. 

1241-46  —  Fr.  Bernardo  da  Quintavalle,  primo  discepolo  di  S.  Francesco,  conviveva 
a  Siena  col  Salimbene  nel  1241.  —  Salimbene  Chron.  p.  11. 

Nel  1246  non  viveva  più,  poiché  la  lettera  de'  Tre  Compagni  lo  chiama  «  Ber- 
nardum  sanctae  memoriae....  quem  sanctissimum  fratrem  hodie  veraciter  credimus,  qui..„ 
post  sanctum  Dei  eucurrif,  perseverans  usqne  in  finem  in  sanctissima  puritate ».  —  Leg. 
3  Soc.  e.  3  in  Act.  SS.  cit.  p.  731,  733. 

1243  —  lunii  25  —  Elezione  di  Papa  Innoc,  IV  dopo  2  anni  di  Sede  vacante.  — 
Nello  stesso  anno  fr.  Elia,  già  scomunicato,  è  spedito  da  Federico  II  suo  ambasciatore  in 
Oriente,  Cipro,  Nicea  e  Costantinopoli.  —  Lempp  Fr.  Elie  p.  145-47. 

1244  —  Morte  del  Generale  fr.  Aimone. 

1244  —   1247    liilii  13  —  Generalato  di  fr.  Crescenzio  da  Iesi. 

1245  —  lunii  26-IuUi  16  —  Concilio  generale  di  Lione:  Federico  II  nuovamente 
scomunicato  e  deposto. 


REGESTO  CRONOLOGICO  —  SEC.   Xm.  103 

1247  luUi-lZbl  Febr.  2  —  Generalato  del  b.  Giov.  Bnralli  da  Parma.  29 

1247  —  Fr.  Domenico  spagnuolo  è  inviato  dal  Papa  a  Costantinopoli  nel  1247  j>ro 
fide,  catholica.  —  Muratori  De  medio  aevo  t.  XV  ap.  Papini  Stor.  S.  Fr.  t.  II  p.  176. 

1247-48  —  I  frati  Minori  e  Domenicani  percorrendo  la  Francia  predicavano  la  pros- 
sima Crociata  del  S.  Re  Luigi  IX.  Con  uno  di  questi  Minori  il  Salimbene  s'  incontrò  ad 
Auxorre  :  «  qui  pracdicabat  et  crucesignabat  homines  prò  passagio  Eegis  Franciae  » .  — 
Chron.  Parm.  p.  91, 

1248-54  —  S.  Luigi  IX  re  di  Francia  in  Terra  Santa,  accompagnato  da  molti 
FF.  Minori. 

Itinerario  cronologico  del  Santo  re  :  «  Nel  1248  ag.  25,  s' imbarca  per  l'  Oriente  ; 
e  il  28  sett.  sbarca  in  Limassol  di  Cipro,  ove  si  trattiene  fino  al  30  mag.  dell'  anno 
seguente.  Nel  dee.  del  1248  riceve  in  Cipro  i  pretesi  legati  Tartari,  cui  rimanda  con 
alcuni  Domenicani  suoi  ambasciatori  al  gran  Kan  tartaro.  —  Nel  1249  giug.  4,  sbarca 
sotto  Damiata:  dopo  due  giorni,  6  giug.,  se  ne  impadronisce:  vi  fonda  un  convento 
pei  FF.  Minori  che  seguivano  le  sue  truppe;  il  21  dee.  si  porta  a  Mansurah. —  Nel 
1250,  apr,  5,  il  Santo  re  col  suo  esercito  è  fatto  prigioniero  de'  saraceni  ;  riscattato,. 
ritorna  in  Acri  Y  8  maggio.  —  Nel  1251  fortifica  Cesarea.  —  Nel  1252,  apr.  15,  scende 
a  Giaffa,  la  munisce  di  forti  e  ripari,  e  vi  costruisce  convento  e  chiesa  pei  FF.  Minori. 

—  Nel  1253  febr.  era  ancora  a  Giaffa,  ove  riceve  la  notizia  della  morte  di  sua  madre; 
poco  dopo  invia  i  due  Minoriti  Guglielmo  Rubruquis  e  Bartolomeo  di  Cremona  am- 
basciatori ai  Tartari;  ai  23  giugno  lascia  Giaffa  e  si  porta  a  Sidone  che  ripara  e  fortifica. 

—  Nel  1254,  marzo  8,  lascia  Sidone  e  ritorna  in  Acri;  ìndi  il  25  aprile  s' imbarca  per 
la  Francia,  ed  entra  a  Parigi  il  7  sett.  dello  stesso  anno.  —  Cfr.  Recweil  des  hist.  des 
Croisades,  t.  II  Hist.  Occid.  —  Jonville  in  Acta  SS.  t.  V  aug.  p.  409-38. 

1249  —  Dopo  quest'  anno,  nel  quale  1'  Ordine  ebbe  il  convento  d'  Araceli  in  Roma, 
dobbiamo  registrare  la  morte  del  b.  fr.  Sabbatino  d'  Assisi,  colà  morto  e  sepolto  (Papini 
Storia  di  S.  Frane,  t.  I  p.  195).  Fu  uno  de'  primi  discepoli  e  compagno  del  Santo  in 
Oriento. 

1253  —  Aprilis  22  —  Martedì  di  Pasqua  muore  pentito  frate  Elia.  —  Mail  3-6: 
inchiesta  di  frate  Velasco  sulla  morte  di  fr.  Elia  per  incarico  di  Papa  Innoc.  IV. 

Il  documento  è  nell'  Appendice  del  Lempp,  prima  pubblicato  dall'  Azzoguidi,  e  dal 
period.  trimestrale  Studi  Storici  (Torino  1895)  voi.  IV  p.  41-54.  — j  Con  questo  documento 
si  devon  completare  e  correggere  quanto  scrissero  ì  posteriori  cronisti  sulla  morte  di 
Elia,  gli  Anal.  frane.  III.  250,  695,  il  Pisano  Conform.  fol.  104  a,  201  b.  ed.  1510,  il 
Salimbene  p.  412,  e  lo  Speculum  Vitae  fol.  171. 

»  »  —  Maii  25  —  Dedicazione  della  basilica  superiore  di  S.  Francesco  in  Assisi. 
—  Lempp  Fr.  Elie.  p.  139,  154. 

1257  Februarii  5-1273  lunii  3  —  Generalato  di  S.  Bonaventura  (f  1274  Lu- 
glio 14/15). 

1260  —  Gap.  gen.  di  Narbona:  prima  raccolta  delle  Costituzioni  generali  compilate 
da  S.  Bonaventura.  —  Papini  Storia  di  S.  Frane,  i.  1  p.  184.  —  Pisano  Conform.  8, 
pars.  2,  fol.  75  r.  ed.  1510,  de  prov.  Burgundiae.  —  Waddìngo  ed  altri. 

1261  —  Aprilis  23  —  Morte  del  b.  fr.  Egidio  (non  nel  1262)  dopo  terminati  52 
anni  di  religione.  —  Papini  Storia  cit.  I.  195. 

9  »  —  juUi  25  —  Pantaleo  Giustiniani,  Patriarca  latino  di  Costantinopoli,  ab- 
bandonata la  città  perchè  occupata  dai  greci,  fugge  con  Baldaino  II,  lasciandovi  come  suo 


104  BIBLIOTECA  —  TESTIMONIA  HISTORICA 

vicario  il  Minorità  fr.  Antonio,  confermato"  poi  da  Urbano  IV  nel  31  ott.  1263.  —  Cfr. 
Eabel  Hierar.  p.  213  n.  6.  —  Sbaralea  Bullar.  t.  n  p.  524. 

1262  e.  —  Eccleston  scrive  la  sua  cronaca. 

1263  —  Maii  20  —  Sotto  S.  Bonaventura  Ministro  Gen.  «  in  Capitalo  Pisis 
provinciarum  Ordinis,  ut  modo  sunt,  facta  est  distinctio  ».  —  Pisano  Conform.  8,  par.  2, 
fol.  75  r.  ed.  1510.  —  Cfr.  Eubel  Provinciale  Ord.  Min.  p.  6  n.  8. 

Secondo  la  grave  testimonianza  del  Pisano,  le  32  provincie  quali  erano  nel  1239, 
furono  aumentate  in  34  da  S.  Bonaventura,  come  le  abbiamo  nel  catalogo  dello  stesso 
Pisano.  Ora  nel  catalogo  del  Pisano  (come  pure  nel  citato  Provinciale  Ordinis)  tro- 
vandosi la  Terra  Santa  divisa  da  quella  di  Romania,  ne  segue  che  nel  1263  furono 
esse  staccate  e  divìse  in  due  distinte  provincie.  —  Il  Papini  {Storia  t.  I  p.  184)  e  il 
Waddingo  {Annal.  an.  1260  n.  14),  da  noi  seguiti  altrove  (Serie  cronùl.  p.  XIII  e 
nn.  2  e  7),  assegnano  questo  fatto  al  Cap.  gen.  di  Narbona  nel  1260,  ma  senza  fon- 
damento. —  Sul  numero  delle  Provincie  cfr.  più  sopra  gli  anni  1223  e  1239.  —  Ni- 
colò IV  il  13  mag.  1288,  decise  di  non  aumentare  il  numero  di  34  Provincie.  —  Wadding 
in  Beg.  an.  cit.  e  Panfilo  Storia  t.  II  p.  562. 

1266  —  luUi  20  —  Il  Soldano  Bibars  Bendokdar  prende  ai  Crociati  Saifet,  as- 
sediata dal  2  giugno.  —  Beùueil  cit.  t.  II  p.  455.  —  Martirio  in  Saffet  di  fr.  Giacomo 
da  Puy  Custode  di  Terra  Santa,  e  di  fr.  Geremia  da  Lecce.  —  Anal.  frane,  t.  I  p.  258  ; 
t.  n  p.  79. 

1268  —  Marta  7  —  Il  Soldano  Bibars  prende  Giaffa  ai  Crociati  {Recueil  cit. 
t.  Il  p.  447).  Il  convento  de'  Minori  distrutto. 

In  questa  circostanza  fiiron  distrutti  il  convento  e  la  chiesa  che  Luigi  IX  vi 
aveva  costruiti  pei  francescani  nel  1252.  —  Cfr.  Serie  Cronologica  cit.  p.  205. 

»  »  —  Maii  29  —  Bibars  prende  Antiochia  ;  massacro  generale  de'  Cristiani  ; 
molti  fetti  schiavi.  —  Becueil  cit.  t.  Il  p.  456. 

'  »  I  due  conventi  Minoriti,  quello  di  Antiochia  e  quello  vicino  della  Montagna 
Nera  distrutti  in  quest'  epoca.  —  Cfr.  Chron.  24  Gen.  citata  sopra  a  pag.  68. 

1271  —  Novembris  15  —  Morte  del  b.  fr.  Leone,  secondo  il  Mariano  citato  dal 
Waddingo.  —  Afinales  t.  IV  p.  334  n.  8. 

1274  7«Zij-1279  Maii  —  Generalato  di  fr.  Girolamo  d'Ascoli. 

1279-83  —  Generalato  di  fr.  Bonagrazia  da  S.  Giov.  Persicheto. 

1285  Jtfaii-1286  —  Generalato  di  fr.  Arlotto  da  Prato. 

1287-89  —  Generalato  di  fr.  Matteo  d'  Acquasparta. 

1289  Maii -12%  Octob.  29  —  Generalato  di  fr.  Raimondo  Gaufredi  di  Marsiglia. 

1296-1304  —  Generalato  di  fr.  Giov.  Mincio  da  Morovalle. 


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Biblioteca  Bio-bibliografica 

SECOLO  xm 


1215-19.   —  Qualiter  b.  Aegidius  Ivlt  ad  vlsitandum  Septdchrum  Domini 
[1215],  et  postea  Tunetum  profeotus  est  [1219]. 

n  primo  Minorità  che  abbia  posto  piede  nella  Terra  Santa  por  visitare  il  S.  Sepolcro    30 
e  i  Lnoghi  Sacri  della  Palestina,  fu  il  prediletto  discepolo  di  S.  Francesco  il  prodigioso 
b.  Egidio,  che  vi  si  recò  nel  1215,  come  vogliono  comunemente  i  Cronisti.  Ritornato  in 
Assisi,  il  S.  Patriarca  lo  destinava  con  altri  compagni  alla  missione  di  Tunisi  nel  1219. 
Il  racconto  ai  è  dato  dal  Chron.  24  Gen.  (1)  : 

«  Post  haec  (2)  ad  Sepulchrum  Domini  Jesu  et  alia  Terrae  Sanctae  loca  obedientiam  et 
socinm  ad  eundum  obtinuit  a  beato  Francisco.  Dnm  autem  ad  portum  Bmndisii  devenisset, 
et  ibi  per  aliqnod  tempus  moram  contraheret  navem  exspectans,  interim  unum  urceum 
acquisivit,  in  quo  portans  aquam  ibat  per  civitatem  clamando  :  «  Quis  vult  emere  aquam  »? 
Et  prò  mercede  corporìs  necessaria  prò  se  et  socio  recipiebat.  Postea  transiens,  Sepulchrum 
Domini  et  alia  loca  sacra  cum  devotione  maxima  visitavit.  Cum  vero  in  civitate  Achon 
moram  contraheret,  de  labore  suo,  ut  consueverat,  vivere  conabatur.  Faciebat  enim  quasdam 
sportas  de  iuncis,  quibus  illi  homines  utebantur;  portabat  enim  defunctos  ad  cimiterium 
et  aquam  per  civitatem;  et  prò  istis  panem  et  alia  necessaria  lucrabatur.  Quando  autem 
haec  facere  non  poterat,  recurrebat  «  ad  mensam  Domini  potendo  eleemosynam  ostiatim  » . 
Deinde  ad  sanctam  Itfariam  de  Portiuncula  est  reversus...». 

Segue  il  Chronieon  a  narrarci  l' arrivo  di  Egidio  e  compagni  in  Tunisi  di  Africa  ; 
d' onde  poi  furono  espulsi  dai  cristiani  intimoriti  dal  fenatismo  maomettano,  ecc. 

Notiamo  qui  che  il  fatto  di  Egidio  che  si  riferisce  avvenuto  «  in  civitate  Achon  »  ossia 
in  Acri  di  Siria,  il  Waddingo  e  due  codici  hanno  erroneamente  Anconae,  e  le  vecchie 
edizioni  del  Pisano  Achaiae  (3)  ;  laddove  tutti  gli  altri  undici  codd.  del  Chronieon  24  Gen. 
hanno  Achon;  e  Achon  ha  puro  il  più  accreditato  cod.  delle  Conformità  del  Pisano  con- 
servato neir  Archivio  della  provincia  delle  Sacre  Stimmate.  Cod.  memb.  t,  I  fol.  82  r. 


(1)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  77-8,  —  Cfr.  Wadding  ad  an.  1215  n.  35,  e  an.   1219   n.  34. 
—  Acta  SS.  Apr.  23.  —  P.  Lemmens  Doe.  antiqua  frane,  t.  I  p.  42  n.  5,  p.  67  n.  4. 

(2)  Cioè  dopo  il  ritomo  di  Egidio  dalla  pellegrinazione  al  sepolcro  di  S.  Giacomo  in 
Compostella  di  Spagna. 

(3)  Conform.  8,  fol.  53v.  ed  1510,  e  fol.  47  r.  ed.  1513. 


106  BIBLIOTECA 


1217  S.  —  Cenni  biografici  su  frate  Elia  di  Assisi,  detto  da  Cortona,  primo 
Ministro  provinciale  della  Terra  Santa  e  dell'  Oriente  (1217-20),  secondo 
Vicario  di  S.  Francesco  (1221-27),  e  terzo  Ministro  grenerale  dell'  Ordine 
(1232-39). 

Questi  pochi  cenni  che  qui  riassniniarao  dal  molto  che  fu  scritto  sul  famoso  frate  Elia, 
han  di  mira  specialmente  di  far  risaltare  viemmeglio  le  gesta  di  lui  in  Oriente,  sia  come 
primo  provinciale  di  quelle  regioni,  sia  come  Ministro  generale  dell'  Ordine  che  vi  promosse 
in  modo  meraviglioso  le  missioni,  piuttosto  che  tessere  una  completa  biografia  di  lui,  ormai 
troppo  noto  e  celebre  personaggio  della  storia  (1). 

Come  vedrà  il  lettore,  noi  ci  scosteremo  alquanto  dalla  cronologia  fin  qui  usata  da 
altri,  massime  circa  l' itinerario  e  la  dimora  di  S.  Francesco  e  di  frate  Elia  in  Oriente, 
non  però  senza  fondate  ragioni  ;  ragioni  che  qui  accenneremo  appena,  avendole  già  esposte 
più  ampiamente  nel  Regesto  cronologico  al  n.  29. 


(1)  Per  la  compilazione  di  questi  Cenni  biografici  su  frate  Elia,  oltre  gli  autori  citati 
in  nota,  ci  siamo  serviti  specialmente  del  P.  AflFò,  Vita  di  frate  Elia  Ministro  generale 
de'  Francescani,  Parma  1783  (una  seconda  ediz.  Parma,  Gìac.  Blanchon  1819,  è  tutta  identica 
alla  prima,  salvo  lo  sproposito  aggiunto  nel  frontespizio  che  dice  Elia  primo  Ministro  ge- 
nerale de"  Francescani,  sproposito  sfatato  dall'  Affò  nella  stessa  Vita).  Ci  servimmo  anche 
della  Storia  compendiosa  del  P.  Panfilo,  t.  I  p.  510-37.  Per  controllare  certi  fatti  citiamo 
pure  la  recente  opera  Frère  Elie  de  Cortone  :  Éttide  biographiqtie  par  le  Dr.  Ed.  Lempp 
(Paris,  Fischbacher  1901  ;  in  8°  di  pag.  220),  che  forma  il  tomo  III  della  CoUection  d^études 
et  de  Docum.  sur  l'hist  relig.  et  littéraire  du  Moyen  dge,  inaugurata  dal  Sabatier  collo  Spe- 
culum  Perfectionis.  Il  Dr.  Lempp,  ministro  protestante,  ha  preteso  di  darci  degli  studi  bio- 
grafici su  frate  Elia,  senza  poi  darci. nulla  di  nuovo,  salvo  un  po'  di  ordine  nei  f&tti,  noti 
notissimi,  e  già  illustrati  con  severa  critica  dal  nostro  Affò  che  egli  appena  cita  !  Il  Lempp 
dice  in  più  luoghi  (cfìr.  p.  70)  che  una  sola  lettera  di  frate  Elia  è  pervenuta  sino  a  noi, 
quella  cioè  colla  quale  egli  annunziava  all'  Ordine  la  morte  del  santo  Patriarca,  e  ignora 
un'  altra  lettera  che  frate  EUia  diresse  ai  frati  :  «  juxta  Valentianos  in  episcopatu  Camera- 
censi.  Dat.  in  S.  Maria  de  Portiuncula  juxta  Assisium,  Anno  pontificatus  domini  Honorii 
papae  decimo  » .  (V.  Jac.  de  Guìsia  Annales  Hannoniae,  lib.  XXI  e.  17,  nei  Monum.  Germ. 
hisl.  Script,  t.  XXX  parte  I  p.  294).  Ma  Io  ignorare  non  è  poi  biasimevole  come  quando 
contro  ogni  verità  si  stravolgono  ì  fatti  evidenti,  per  surrogarvi  capricciose  e  settarie  sup- 
posizioni. Il  dott.  Lempp,  in  lunghe  pagine,  non  fa  che  escogitare  continui  ed  incessanti 
contrasti  tra  Elia  e  il  Santo,  il  quale  dovette  anche  subire  da  Elia  indicibili  amarezze 
(p.  46-62)  ;  e  che,  ciò  non  ostante,  Elia  era  considerato  e  amato  dal  Santo  come  un  vecchio 
amico,  e  che  tale  si  mostrò  fino  all'  ultimo  malgrado  le  loro  divergenze  d'  opinioni!  Elia, 
come  suppone  il  ministro  protestante,  non  perseguitò  né  eretici,  né  promosse  le  crociate 
contro  ì  Maomettani  ;  perchè  questo,  secondo  lui,  sarebbe  tutto  merito  di  S.  Antonio  che  fri 
il  primo  tra  i  frati  ad  iniziare  la  persecuzione  contro  gli  eretici  (p.  102).  Elia,  in  breve, 
non  fii  che  uno  strumento  del  cardinale  Ugolino,  poi  papa  Gregorio  IX,  il  quale  in  ultimo 
abbandonò  Elia  nella  triste  sua  sorte,  mostrandosi  cosi  falso  amico,  quale  si  era  mostrato 
anche  con  Francesco  di  cui  guastò  l' ideale  e  perfin  la  regola  (cfr.  p.  135-37)!  Fa  poi  me- 
schina figura  il  dottore  là  (p.  63  e  73  in  nota)  ove  si  sbriga  a  modo  de'  razionalisti,  cui 
ripugna  il  soprannaturale,  di  quella  che  egli  chiama  questione  delle  stimmate,  pretendendo 
trovare  non  concordi  i  testi  oculari,  e  che  perciò  essa  mai  verrà  dilucidata!  E  cosi,  con 
asserzioni  gratuite,  con  teorie  arbitrarie,  o  con  certe  prevenzioni  che  mostran  buona  dose  di 
ardimento,  il  Lempp  si  è  dato  a  scrivere  di  storia  a  disdoro  della  verità  e  della  mente  umana  ! 


SECOLO  xin.  107 


Nessuna  memoria  autica  ci  somministra  la  data  della  nascita  di  frate  Elia.  H  con-  31 
temporaneo  frate  Salimbene  ci  narra  che  il  genitore  di  Elia  era  oriundo  dal  castello  di 
Dritti,  in  qnel  di  Bologna,  e  sua  madre  una  donna  di  Assisi,  e  che  Elia  nel  secolo  si 
chiamava  Bonusbaro  o  Bomharotte  (1),  soprannome  forse  di  famiglia.  Il  luogo  propriamente 
della  sua  nascita  sarebbe  Bevìglio,  borgo  a  tre  quarti  d'  ora  da  Assisi,  e  perciò  comune- 
mente dagli  scrittori  del  sec.  XIV  fu  denominato  frate  Elia  da  Assisi;  e  molto  più  tardi, 
nel  sec.  XVII,  dal  luogo  della  sua  morte  fu  detto  da  Cortona.  Nella  sua  adolescenza,  po- 
yero  qual  era;  e  non  d' illustre  e  ricca  famiglia  come  lo  dissero  alcuni,  doveva  campare  la 
vita  0  nel  cucire  materassi,  o  nell' insegnare  ai  fanciulli  di  Assisi  a  leggere  il  salterio. 
L'  Eccleston  ce  lo  dà  anche  come  scrittore  o  notaio  a  Bologna  (2)  ;  e  forse  in  questa  celebre 
città  il  giovane  Bombarono  ebbe  i  mezzi  per  coltivare  il  suo  nobile  ingegno,  che  poi  Io 
rese  cotanto  &moso. 

Dove,  e  quando  precisamente,  Elia  si  uni  ai  discepoli  di  Francesco,  la  storia  ce  lo 
tace.  Il  Waddingo  tiene  che  egli  con  altri  fu  ricevuto  dal  Santo  alle  Celle  presso  Cortona 
nel  1211  (3).  Il  Lempp  si  duole  che  la  storia  taccia  anche  il  perchè  Elia  si  diede  a  se- 
guire la  vita  di  Francesco!  Strano  lamento  per  chi  può  comprender  bene  il  perchè  nei 
seguaci  di  Gesù  Cristo.  Il  Lempp  forse  avrebbe  di  buon  grado  colto  un  motto  della  storia, 
un  qualche  motivo  più  o  meno  mondano  che  avesse  indotto  questa  gran  mente  ad  umiliarsi 
e  seguire  il  Poverello  di  Cristo. 

Checché  ne  sia  del  silenzio  della  storia  dai  primordi  di  Elia  sino  al  1217,  o  checché 
lamentino  o  desiderino  altri,  ci  basti  il  sapere  di  certo  che  Elia  seguì  Francesco  per 
Cristo,  e  che  da  fedele  imitatore  di  Francesco  mostrossi  sempre  savio  e  pio  religioso  finché 
visse  il  sarìto  Patriarca,  cui  da  ìmon  figliuolo  amò  vivamente  e  sempre  obbedì,  come  ci 
attesta  il  veridico  Celano  (4). 

L' ingegno,  ma  più  che  1*  ingoio  la  religiosa  condotta  di  Elia  dovettero  ben  preste 
meritargli  la  stima  del  Santo;  lo  confessa  anche  il  dottore  Lempp.  Francesco  nel  1212 
aveva  tentato  invano  la  via  per  la  Siria;  e  questo  fervido  ed  incessante  desiderio  di  re- 
carsi tra  i  saraceni,  lo  portava  sempre  alla  Terra  Santa;  e  non  attendeva  che  propizie 
occasioni  per  effettuare  il  suo  nobile  intento,  qual  era  quello  di  predicare  il  Vangelo  ai 
maomettani,  e  dare,  occorrendo,  la  vita  per  la  Verità.  L' occasione  favorevole  si  avvicinava. 
I  suoi  frati  ormai  si  erano  moltiplicati,  mulfiplicatis  iam  numero  et  merito  fratribus, 
tanto,  da  esser  venuto  il  tempo  di  organizzarli  in  Provincie  gotto  il  governo  di  rispettivi 
Ministri  provinciali.  AUi  14  maggio  del  1217  fu  celebrato  dunque  il  primo  solenne  e 
generale  Capitolo  in  S.  Maria  della  Porziuncula,  ove  per  la  prima  volta  assignatae  fuerunt 
provinciae,  et  electi  Ministri;  i  quali  Ministri  poi,  con  numerosa  comitiva  di  frati,  furono 
inviati  fere  per  universas  provincias  orhis.  In  questa  solenne  e  propizia  occasione  fu  che 
Francesco  non  dimenticò  la  Terra  Santa;  e  se  pur  differì  la  sua  andata  colà,  per  recarsi 
prima  in  Francia,  ove  nemmeno  potè  arrivare,  fece  intanto  prescegliere  frate  Elia  al  Mi- 
nisteriato  della  desiderata  Siria,  e  quasi  araldo  e  precursore  lo  volle  precedere  a  sé  in- 
viandolo colà  primo  Ministro  provinciale  in  compagnia  di  altri  frati  (5). 


(1)  Salimbene  Chron.  p.  402. 

(2)  Anal.  frane,  t.  I  p.  241. 

(3)  Annales  t.  I  p.  pag.  109  n.  9. 

(4)  Vedasi  in  proposito  il  Panfilo  Storia  t.  I  p.  512  e  seg. 

(5)  €  Frater  autem  Helìas  Minister  provincialis  èst  institutus  ultra   mare  a   B.  Fraci- 
Bco..,.  Frater  Helias....  Minister  Syriae....  cum  socìis  suis   ultra  mare  missi  fuerunt».  Jord. 


108  BIBLIOTECA 


La  provincia  di  Siria,  inaugurata  cosi  da  Elia,  è  detta  nelle  memorie  del  secolo  XIII 
promiscuamente  or  provincia  Ultramarina,  scilicet  Terrae  Sanctae  sive  Promissionls  (1), 
or  provincia  Eomaniae  sive  Graeciae(2),  e  dal  Pisano  provincia  Antiochiae  et  Boma- 
niae  (3)  ;  denominazioni  che  ci  danno  a  comprendere  la  estensione  di  essa  provincia  che 
abbracciava  Costantinopoli  e  il  suo  impero  di  allora,  con  le  isole  greche,  l'Asia  minoro, 
Antiochia,  la  Siria,  la  Palestina,  Cipro,  1'  Egitto  e  tutto  il  resto  del  Levante  (4).  Più 
tardi,  nel  1263,  considerata  l'enorme  estensione  della  provincia  di  Siria,  ove  di  già  i  Mi- 
noriti si  erano  stabiliti  in  tutte  le  summentovate  regioni,  essa  venne  divisa  in  due  di- 
stinto Provincie:  in  provincia  cioè  di  Siria  o  di  Terra  Santa  con  la  Siria,  Cipro  e  l'Egitto; 
0  in  provincia  di  Romania  o  di  Grecia  coi  rispettivi  dominii  dell'impero  bizantino (5). 


Chron.  in  Atial.  frane,  t.  I  p.  3-5  nn.  7,  9,  14.  —  Cfr.  Glassbergcr  ihid.  t.  II  p.  xxix  seg. 
e  p.  9.  —  Chron.  24  Gen.  ibid.  t.  Ili  p.  9-10.  —  Panfilo  Storia  t.  I  p.  113-14,  il  quale 
però  erra,  come  anche  a  p.  512,  asserendo  che  Elia  fu  Ministro  della  Toscana  dal  1217-1221, 
quando  invece  ora  sappiamo  di  certo  che  in  tutto  questo  tempo  Elia  fu  in  Oriente.  E  da 
correggersi  anche  là  (p.  456-7)  ove  dice  primo  Ministro  di  Siria  frate  Livca,  il  quale  invece 
succedette  a  frate  Elia,  come  vedremo.  Ma  più  che  un  errore,  è  stiano  il  seguente  criterio 
del  Lempp:  «C'est  vers  le  méme  temps  (1217)  quo  partirent  les  fréres  envoyés  au  Maroc, 
et  qu'Elie  et  ses  compagnons  se  rendirent  en  Orient.  Le  but  de  la  mission  d'Elie  n' était 
en  aucune  fa9on,  comme  le  supposent  les  éditeurs  des  Anahctxi  franciscana  (t.  II  p.  xxix), 
la  fondation  d'  une  province  de  fréres  parmi  Ics  chrétiens  de  Palestine,  mais  bien  comme 
pour  toutes  celles  dont  nous  venons  de  parler,  soit  la  conversion  des  infidèles,  soit  plutot 
r  espèrauce  du  martyre.  C'est  ce  qui  ressort  d'une  manière  certaine  (!)  de  tous  les  témoigna- 
ges.  Cfr.  1  Gel.  55-56;  Anal.  frane.  III.  98;  MuUer  Anfange,  107».  (Lempp  Frère  Elie 
p.  39  n.  1).  Il  eh.  scrittore  chiama  supposizioni  le  ragioni  storiche  e  fondate  degli  editori 
degli  Analeeta,  e  pretende  egli  che  le  sue  non  sian  supposizioni,  ma  ragioni  che  risultano 
d'una  maniera  certa  da  tutte  le  testimonianze  citate!  Tutta  però  la  sua  certezza  è  fondata 
nella  falsa  presunzione  che  nel  1217  non  furono  ne  istituiti  i  'Ministri,  né  fondate  le  Pro- 
vincie come  certificano  il  Chron.  24  Gen.  e  il  Glassberger,  e  come  risulta  dal  Giordano. 
Lo  stesso  Sabatier  (Vie  p.  232  e  seg.),  cui  sempre  appella  il  Lempp  come  a  maestro,  am- 
mise che  avanti  il  1217  la  carica  di  Ministro  esisteva  virtualmente,  quantunque  la  sua  in- 
stituzione  definitiva  non  rimonti  che  al  1217.  Del  resto,  concedere  (come  concede  anche  il 
Lempp)  missioni  organizzate  in  tutta  regola  e  ben  disciplinate  già  dal  1217:  concedere  l'in- 
vio delle  medesime  in  determinate  provincie  del  mondo,  é  cosa  poi  tanto  ovvia  alla  ragione 
lo  ammettere  anche  l'institnzione  di  Ministri  e  Provincie  (quand'  anche  non  avessimo  le  testi- 
monianze esplicite  de'  summentovatì  cronisti)  da  giudicare  vana  ogni  discussione  in  propo- 
sito. Che  poi  frate  Elia  siasi  recato  in  Oriente,  per  la  conversione  degl'  infedeli  o  per  la 
speranza  del  martirio,  noi  non  lo  negheremo  certo  ;  ma  se  questa  fosse  la  sola  ragione  che 
spinse  Elia  di  recarsi  in  Oriente,  per  convalidare  l' asserto  del  Lempp  sarebbe  lo  stesso  che 
asserire  che  frate  Elia  non  poteva  aspirare  al  martirio  perchè  Ministro!  Ed  è  cosi,  con  si- 
mili supposizioni  gratuite  le  quali  si  decantano  poi  come  deduzioni  fondate,  che  si  arriva  a 
scalzare  la  storia  per  surrogarle  nient' altro  che  pure  supposizioni  e  spesso  addirittura  fÌEdse. 

(1)  Salimbene  Chron.  p.  317. 

(2)  Salimbene  Oiron.  p.  143. 

(3)  Conform.  8  fol.  72  v.,  ediz.  1513.  —  Cfr.  Wadding  Annoi,  ad  an.  1232  n.  42,  t.  II 
p.  308;  et  an.  1233  n.  11,  t.  II  p.  326,  ove  il  beato  Benedetto  di  Arezzo  è  detto  Minister 
Antiochiae  et  Bomaniae. 

(4)  Vedi  Papini  Storia  di  S.  Francesco  tip.  100.  —  Panfilo  Storia  t.  I  p.  456. 

(5)  Vedi   la   Prefazione   alla  nostra   Serie   Cronologica   de'  Superiori  di    Terra   Santa 

p.  ZIII-ZIV. 


SECOLO  xm.  109 


Qacsto  era  il  campo  destinato  all'attività  ed  allo  zelo  di  Elia  e  de'  suoi  compagni.  31 
Lo  percorse  egli  tutto  durante  i  tre  anni  interi  (1217-1220)  che  fu  in  Oriente?  Fondò 
egli  conventi?  0  che  altro  fece  a  prò  della  Religione  in  si  lungo  tempo?  Disgraziatamente 
qui  la  storia  ammutolisce,  riserbandosi  di  parlarci  di  Elia  decaduto,  di  Elia  degenerato  e 
scomunicato!  Non  ci  piacciono  le  vaghe  congetture;  ma  data  l'indole  intraprendente  di 
Elia,  il  genio  suo  potente,  la  carica  che  disimpegnare  doveva  di  Ministro  d'una  provincia 
da  iniziare,  fondare,  organizzare,  no,  non  possiamo  credere  ch'egli  in  tutto  questo  tempo 
siasi  fermato  in  Acri,  o  che  al  più  abbia  percorsa  la  breve  Siria  sino  ad  Antiochia,  al- 
lora principato  latino.  Costantinopoli  ancor  sotto  i  latini,  e  la  vicina  Nicea  sede  dell'im- 
peratore greco,  per  lo  meno  dovean  attrarlo  per  intavolare,  crediamo,  amichevoli  tratta- 
tive fra  le  due  Chiese;  che  Elia  era  da  tanto.  Un  frate  Luca  (che  poi  vedremo  nel  1220 
succedergli  nel  provincialato  quando  Elia  era  in  procinta  di  lasciar  l' Oriente),  nella  fine 
dello  stesso  anno  1220  da  Costantinopoli  si  era  recato  a  Soma,  e  si  era  presentato  al 
Pontefice  cui  espose  lo  stato  di  una  questione,  e  verosimilmente  anche  lo  stato  della  chiesa 
greca  e  latina  di  quelle  parti  (1).  Costantinopoli,  come  abbiamo  notato,  faceva  parte  della 
inaugurata  provincia  Ultramarina  o  della  Siria  ;  e  dal  tenore  delle  lettere  papali  risulta 
che  colà  frate  Luca  riceveva  persone  all'Ordine,  e  che  quindi  vi  doveva  esser  un  convento. 
In  tal  caso,  e  in  mancanza  di  altri  documenti,  non  crediamo  improbabile  di  supporre  l'ar- 
rivo colà  anche  di  frate  Elia,  e  la  fondazione  di  un  convento  e  l' invìo  a  Soma  di  frate 
Luca  per  ordine  dello  stesso  frate  Elia  (2). 

La  storia  ci  registra  un  solo  &tto  notevole  dello  zelo  di  Elia  durante  l'apostolato 
di  lui  in  Siria:  la  conTersione  cioè  e  il  ricevimento  all'Ordine  del  celebre  frate  Cesario  di 
Spira  già  chierico  e  famoso  predicatore  in  patria,  ed  in  tale  officio  allora  nell'  esercito 
de'  Crociati  in  Siria  (3).  Di  Cesario  abbiamo  detto  altrove  ;  e  questa  conversione  sola  è 
sufficiente  a  darci  un'idea  dello  zelo  e  della  eloquenza  di  Elia  predicatore. 

Intanto  Francesco,  che  pensava  sempre  alla  Terra  Santa,  e  che  doveva  conoscere  i 
frutti  dell'  apostolato  colà  dì  Elia  e  de'  suoi  compagni,  si  decìse  finalmente  di  recarvisi 
anch'egli  con  la  comitiva  di  dodici  compagni,  tra  i  quali  il  già  suo  Vicario  frate  Pietro 
Catani  (4). 

Celebrato  il  secondo  Capitolo  generale  (26  maggio  1219)  in  S.  Maria  degli  Angeli, 
ove,  «  iterum  electis  Ministris,  fherunt  mìssi  fratres  per  totam  fere  mundum  cum  litterìs 
domini  Papae  »  (5),  Francesco  mosse  coi  12  compagni  (nella  metà  di  giugno)  alla  volta 
di  Ancona;  e  U  si  imbarcò  per  la  Terra  Santa  in  compagnia,  verosimilmente,  de' crociati 


(1)  Vedi  BuUar.  t.  I  p.  6-8:  ove  lo  Sbaralea  soggiunge  in  una  nota  (p.  7)  che  frate 
Luca  «  Romam  venit  Summo  Pontifici  forsan  de  rebus  Latinorum  et  Graecomm  in  illis 
partibus  relaturus».  Noli' altro  sappiamo  di  questo  fra  Luca. 

(2)  Le  due  lettere  papali,  una  del  9  decembre  1220  e  l'altra  de'  18  febbraio  1221,  no- 
minano frate  Luca  come  già  Ministro  di  Romania  o  di  Grecia.  Ora  se  Romania  e  Sìria 
formavano  una  sola  provincia  religiosa  con  a  capo  frate  Elia,  primo  Ministro,  necessaria- 
mente frate  Luca  gli  fu  sostituito  in  Oriente  stesso  non  prima  del  1220,  e  forse  dallo  stesso 
S.  Francesco  che  voleva  ritornarsene  con  Elia  in  Italia.  Altre  congetture,  in  mancanza  di 
prove,  complicherebbero  viepiù  la  cronologia  de'  fotti  certi. 

(3)  lord,  a  lano  Chron.  n.  9  {Anal.  frane,  t.  I). 

(4)  In  un  articolo  a  parte  (al  n.  38),  crediamo  di  provare  il  Vicariato  del  Catani  dal 
e.  1212  sino  alla  sua  partenza  col  Santo  in  Oriente  (giugno  1219):  Vicariato  che  poi  riprese 
al  suo  ritorno  in  Italia,  e  tenne  fino  alla  sua  morte,  10  marzo  1221. 

(5)  Ckron.  24  Qen.  in  Anal.  frane,  x.  III  p.  14;  efr.  ibid.  t.  I  p.  279,  e  t.  II  p.  12. 


110  BIBLIOTECA 


che  dovevano  far  vela  il  dì  di  S.  Giov.  Batt,  24  giugno  (1).  Come  la  pensa  il  Waddingo, 
con  molta  probabilità,  il  Santo  dopo  aver  toccata  Cipro,  approdava  colla  sna  comitiva  in 
S.  Giovanni  di  Acri  (2)  verso  la  metà  di  loglio,  come  ragionevolmente  congettura  il  Sa* 
batier  (3).  Colà,  senza  dubbio,  o  nelle  vicinanze  di  Acri,  egli  rivide  frate  Elia,  e  a  lui 
come  a  Ministro  provinciale  avrà  affidata  la  destinazione  d^li  undici  compagni,  avendo 
egli  deciso  di  recarsi  dal  soldano  in  Egitto  col  solo  frate  Illuminato. 

Ormai  si  sa  dalla  storia  come  il  Santo  venne  ricevuto  e  come  nobilmente  fh  trattato 
dal  soldano  d'Egitto  Melek-el-Kamel,  già  accampato  presso  Damiata  in  compagnia  del 
suo  fratello  Corradino,  Melek-el-Moaddem,  soldano  di  Damasco.  Francesco  (come  abbiamo 
visto  nel  Begesto-  cronologico)  passò  quasi  tutto  il  settembre  del  1219  n^li  accam- 
pamenti saraceni  predicando  liberamente  il  Vangelo.  Congedatosi  quindi  dal  soldano,  egli 
ritornò  agli  accampamenti  cristiani,  fu  presente  alla  presa  di  Damiata  (5  novembre),  e, 
chi  ben  pondera  la  lettera  del  Vitriaco  (scritta  ai  Lorenesi  nel  febbraio  e  secondo  altri 
nel  marzo  del  1220),  il  Santo  fu  presente  anche  all'ingresso  solenne  Cattovi  dai  crociati 
il  2  febbraio  1220,  giorno  della  purificazione  della  Vergine.  Indi  (verso  il  marzo  o  aprile?) 
Francesco  con  frate  Illuminato  ripresero  la  via  per  la  Siria,  ove  giunti,  vi  si  fermarono 
pfr  un  pezzo  di  tempo  prima  di  ritornarsene  in  Italia,  come  ci  accerta  uno  dei  conti- 
nuatori di  Guglielmo  di  Tiro  (4). 

Ritornato  Francesco  in  Siria,  egli  ebbe  iempo  di  percoirerla  con  frate  Elia  che  già 
da  tre  anni  la  conosceva;  e,  con  ragione,  verso  questo  tempo  dobbiamo  porre  la  visita  del 
Santo  in  Antiochia,  in  Gerusalemme  e  nei  Luoghi  Santi,  basati  sulla  testimonianza  non 
dispregevole  del  Clareno  e  del  Pisano,  i  quali  aggiungono  che  il  Santo  e  i  suoi  furono  mu- 
niti di  un  sovrano  rescritto  dal  soldano  d'Egitto,  col  quale  loro  era  permesso  dì  aver  libero 
il  passo  in  tutti  i  suoi  stati.  Dato  il  silenzio  dei  testimoni  contemporanei  ai  fatti,  sappiamo 
che  non  ci  è  lecito  escogitare  vaghe  supposizioni;  ma  nulla  è  più  verosimile  di  quanto 
asseriscono  i  due  mentovati  scrittori^  specialmente  il  Clareno  che  è  quasi  contemporaneo 
ai  &tti,  e  nulla  di  più  naturale  e  consentaneo  in  base  ai  tàtiì  accertatici  dalla  storia  (5). 

Nel  mentre  che  il  Santo,  come  abbiamo  detto,  percorreva  la  Siria  con  frate  Elia,  i 
due  Vicari  da  lui  lasciati  in  Italia  avevano  disturbata  seriamente  la  pace  dei  frati.  Onde 
un  tale,  frate  Stefano,  trovò  il  mode  di  imbarcarsi  per  la  Siria  (all'  insaputa  de'  Vicari)  e 
recare  le  brutte  nuove  a  Francesco.  —  Cotne  abbiamo  notato  altrove,  frate  Stefuio  non  potè 
giungere  in  Siria  prima  dell'ottobre  del  1220,  o  per  lo  meno  non  prima  del  loglio  dello 
stesso  anno  come  vorrebbe  il  Sabatier  (6).  —  Il  Santo,  udite  le  brutte  nuove,  si  vide 
nella  necessità  di  sollecitare  il  suo  ritorno  in  Italia.  Intanto  (come  crediamo)  egli  giudicò 
bene  di  rimandare  qualche  mese  prima  del  suo  arrivo  in  Italia  il  già  suo  fido  vicario 
frate  Pietro  Catani,  munendolo  allora,  se  non  erriamo,  con  quelle  lettere  dirette  ad  Mi- 


(1)  Cfr.  Sabatier  Vie.  de  S.  Frane,  p.  258. 

(2)  Annales  an.  1219,  n.  57,  tip.  322. 

(3)  Vie  cit  p.  259-60. 

(4)  L'E$toire  de  Éracles  riportata  a  p.  14  n.  4. 

(5)  Cfr.  nostra  Serie  cronologica  p.  x.  Schiarimmo  questo  ponto  storico  di  somma  im- 
poitansa  nel  Begesto  cronol.  al  n.  29  che  illostra  il  viaggio  e  le  gesta  del  Santo  in  Oriente. 

(6)  Vie  de  8.  Frang.  p.  264.  Il  Capitolo  che  provocò  le  discordie  dei  frati  in  Italia 
(cfr.  lord.  Chrcn.  eit.  n.  11)  non  essendo  stato  generale,  dobbiamo  dire  che  fu  uno  de'  soliti 
ammali  che,  secondo  la  prima  regola  allora  in  vigore,  si  celebravano  il  di  di  S.  Michele, 
cioè  il  29  settembre.  Qtdndi,  dopo  il  settembre  del  1220,  frate  Stefiuio  trovò  modo  d' imbar* 
carsi  per  l'Oriente,  e  ncm  prima.  —  Cfr.  Begesto  cronol.  sopra  a  p.  96*97. 


SECOLO  xra.  Ili 


nistrum  generalem  (1),  onde  riprendere  il  governo  dell'Ordine,  ridare  intanto  la  calma  ai  31 
frati,  e  prevenirli  del  sno  prossimo  ritorno  e  del  Capitolo  generale  da  convocarsi  a  tempo 
per  la  ventura  Pentecoste  (30  maggio  1221).  Il  Gatani  infatti  ritornò  il  Italia;  ma  non 
appena  giunto  in  Assisi,  vi  moriva  ai  10  di  marzo  del  1221  e  veniva  sepolto  in  S.  Maria 
degli  Angeli,  absente  Sancto  Francisco  (2).  In  questo  frattempo,  il  Santo  sistemate  come 
credè  meglio  le  faccende  della  novella  provincia  di  Siria  ;  e  dato  allora,  o  poco  prima,  un 
successore  al  provincialato  di  Elia  (il  surricordato  frate  Luca),  lo  volle  seco  ricondurre 
in  Italia,  di  cui  ormai  conosceva  Tabilità  e  lo  zelo  non  dubbio.  —  Elia  da  questo  mo- 
mento sarà  l'intimo  consigliere  e  il  figlio  fedele  sino  alla  morte  del  Sauto. 

Entro  la  primavera  del  1221  (3),  Francesco  dunque  con  frate  Elia,  con  frate  Cesario 
da  Spira  e  con  alcuni  altri  de'  compagni,  ripresero  la  via  per  l' Italia.  Appena  giunti, 
Francesco  si  portò  difilato  da  Onorio  III  per  chiedergli  il  card.  Ugolino  a  protettore 
dell'Ordine  e  consigli  per  reprimere  i  perturbatori  de'  suoi  figliuoli.  Ottenne  il  Santo  quanto 
chiedeva;  e  da  lì  mosse  alla  volta  di  Assisi,  e  vi  arrivò  a  tempo  per  convocare  il  Capi- 
tolo generale;  ma  giunto  trovò  morto  il  suo  fido  vicario  Catani  cotanto  da  lui  amato.  ^ 
Allora  si  fu  che  Francesco  destinò  Elia  a  successore  del  Catani,  e  secondo  la  bella  espres- 
sione del  Celanese,  allora  si  fu  che  Heliam  loco  matris  elegerat  sibi,  et  aliorum  fratrum 
fecerat  patrem  (4)  ;  e  da  questo  tempo,  e  non  prima,  come  giustamente  osservò  il  P.  Pan- 
filo, datano  e  l' ìntima  relazione  tra  il  Santo  e  frate  Elia,  e  i  fatti  narratici  dal  Celano  (5). 
Da  questo  momento,  e  non  prima,  Elia  vicario  del  Santo,  prese  il  governo  dell'Ordine, 
e  come  tale  presiedette  al  &moso  Capitolo  generale  celebrato  in  S.  Maria  degli  Angeli  il 
30  maggio  del  1221,  che  è  quello  detto  delle  Stuoie,  presenti  cinque  mila  religiosi  accorsivi 
da  tutte  le  parti  per  rivedere  specialmente  l' amato  Padre  testé  ritornato  dall'  Oriente  (6). 

(1)  Vedi  il  testo  di  essa  lettera  in  Waddingo  (Annoi,  t.  II  p.  1)  che  la  riporta  colla  di- 
rezione al  Catani  nel  1221,  e  il  testo  più  fiedele  e  crìtico  in  Optiscvla  S.  Francisci  (Qua- 
racchi,  1904),  p.  108  e  189-92.  Il  Lempp  (Fr.  Élie,p.  159  e  seg.),  e  il  Sabatier  (Bartholi, 
p.  113  e  seg.)  vogliono  che  detta  lettera  sia  stata  diretta  a  frate  Elia;  ma,  sinceramente, 
non  una  delle  ragioni  che  portano  può  persuadere.  Ce  ne  occuperemo  altrove.  Intanto  os- 
serrìamo  che  l'espressione  del  da  Giano  {Chron.  cit.  n.  14),  che  cioè  Francesco  «assumptis 
secum  fratre  Helia  et  fratre  Petro  Cathaniae....  et  aliis  fratrìbus,  rediit  in  Italiam  » ,  dob- 
biamo qui  intenderla  in  senso  largo,  se  non  Togliamo  anche  dire  che  vi  ritornarono  tutti 
(et  aliis  fratrìbus)  nessun  eccettuato,  il  che  non  si  può  ammettere. 

(2)  Chron.  24  Gen.  {AncU.  frane,  t.  III,  p.  31). 

(3)  Abbiamo  visto  alla  sfuggita,  come  Francesco  negli  ultimi  due  mesi  del  1220  era 
ancora  in  Siria  quando  giunse  colà  frate  Stefano  che  lo  richiamava  in  Italia.  Che  siasi  poi 
ettbito  imbarcato  per  l' Italia  non  ce  lo  dice  nessun  cronista  :  e  quella  d'  altronde  non  era 
r  epoca  ordinaria  tlella  partenza  delle  navi  per  o  dall'  Oriente.  Francesco  dunque  dovette 
aspettare  colla  sua  comitiva  il  marzo  (del  1221),  epoca  ordinaria  delle  navi  che  dall'  Oriente 
navigavano  per  l' Occidente,  come  abbiamo  dai  cronisti  delle  Crociate  (Mìchaud  lìbr.  12).  Di 
più,  dal  tenore  di  frate  Giordano  {Chron.  cit.  nn.  14-15)  abbiamo  ahe  Francesco,  ritornato 
in  Italia,  e  visto  il  Papa,  «  statim  indizit  capitulum  generale  »  che  fii  celebrato  il  30  mag- 
gio 1221.  Tutte  queste  ragioni  ci  fonno  supporre  che  egli  appena  nella  primavera  di  que- 
st'anno  potè  ritornare  in  Italia.  —  Cfr.  Regesto  cronol.  sopra  a  p.  97-98. 

(4)  Vita  prima  lib.  II  cap.  4. 

(5)  Storia  cit.  1. 1  p.  512. 

(6)  S.  Bonaventura  Leg.  mqj.  e.  4  n,  10,  l' Eccleston  {Anal.  frane,  t.  I  p.  232),  lo 
Spec.  Perf.  e.  68:  e  quinque  millia  fratres....  quod  dictum  est  capitulum  storiarum»,  e  il 
Glassbe^er  {Anal.  frane,  t.  Ili  p.  18)  son  d' accordo  sul  numero  de'  5000  frati  convenuti  ; 
il  Giordano  invece  ha  3000  (Anal,  frane,  t.  I  p.  5-6  nn.  14-17). 


112  BIBLIOTECA 


31  Noi  non  vogliamo  nò  possiamo  estenderci  nel  riferire  tntte  le  gesta  del  vicariato  di 

Elia  darato  fin  poco  dopo  la  morte  del  Santo,  vicariato  che  la  sola  ignoranza  della  sto- 
ria 0  r  ipercritica  capricciosa  può  intaccare,  tentando  invano  di  fiir  vedere  agli  ingenui  an 
continuo  contrasto  tra  V  ideale  e  le  mire  di  Francesco  e  quelle  del  suo  vicario  Elia  (1). 

Francesco  aveva  affidate  le  cure  dell'  Ordine  nelle  mani  di  Elia,  senza  per  ciò  lasciar 
mai  di  informare  egli  stesso  lo  spirito  de'  suoi  frati  col  verbo  e  coli'  esempio  d'  una  vita 
tatta  evangelica.  Ed  Elia  ne  lo  assecondò  finché  visse  il  Santo;  e  tenne  fin  11  sempre  la 
retta  via,  perchè  calcava  fedelmente  le  orme  del  suo  amato  Padre,  sì  da  meritarsi  in  ul- 
timo quella  commovente  benedizione  che  il  Santo  gì'  impartì  dal  letticciolo  di  morte  dicendo  : 

«  Te,  mio  figlio,  in  tutto  e  sopra  tutto  io  benedico  ;  e  siccome  nelle  tue  mani  1'  Al- 
tissimo moltiplicò  i  miei  fratelli  e  figli,  così  su  di  te  ed  in  te  io  benedico  tutti.  In  cielo 
ed  in  terra  te  benedica  Dio  re  di  tutte  le  cose.  Io  ti  benedico  come  posso  e  pia  che  posso, 
e  quel  che  io  non  posso  lo  possa  in  te  Colui  che  tutto  puote.  Si  ricordi  Iddio  della  tua 
opera  e  del  tuo  lavoro,  e  sia  riserbata  la  tua  sorte  nella  retribuzione  de'  giusti.  Possa  tu 
ottenere  ogni  benedizione  che  desideri,  e  adempiasi  quello  che  tu  degnamente  chiedi  (2)  ». 

Morto  il  S.  Patriarca  la  sera  al  tramonto  del  3  ottobre  1226,  Elia  partecipò  ai 
Ministri  dell'  Ordine  il  triste  annunzio  con  quelle  commoventi  lettere  (3)  che  ci  attestano 
il  sincero  dolore  e  l'affetto  filiale  di  lui  verso  un  tanto  padre.  Elia  doveva  continuare  nel 
governo  dell'Ordine  fino  al  prossimo  Capitolo  della  Pentecoste  del  1227.  Nei  primi  di 
quest'anno  troviamo  aver  egli  data  licenza  di  partire  per  il  Marocco  ai  frati  Daniele  e 
compagni,  colà  morti  martiri  per  la  fede  nell'  ottobre  dell'anno  stesso  (4).  Convocato 
quindi  il  Capitolo  generale,  i  Ministri  elessero  il  B.  Giovanni  Parenti,  escludendo  Elia, 
perchè  intento  col  consenso  del  Papa  a  preparare  i  materiali  per  lo  stupendo  monumento 
che  doveva  sorgere  sopra  Assisi  ed  accogliere  le  ossa  di  Francesco:  monumento  che 
poi  dovette  esser  causa  innocente  delle  sue  rilassatezze  e  della  sua  caduta.  La  prima  pie- 
tra fu  posta  da  Gregorio  IX  il  17  luglio  del  1228,  un  giorno  dopo  la  canonizzazione  di 
Francesco;  e  due  anni  dopo  (25-26  maggio  128())  si  fece  in  un  Capitolo  generale  la  so- 
lenne traslazione  del  santo  corpo  nella  novella  basilica  non  ancora  finita. 

Non  è  a  dire  che  Elia  dovette  subire  con  poca  rassegnazione  di  vedersi  escluso  dal 
generalato,  lui  cotanto  stimato  dal  Santo  e  non  meno  dal  card.  Ugolino,  elevato  da  poco 
al  trono  pontificale  (19  marzo  1227).  Ma  il  genio  suo  intraprendente,  e  le  imprese  grandi 


(1)  Il  Lempp,  per  es.  è  più  che  altri  fecondo  in  istranissime  congetture  che  stravolgono 
la  verità.  Secondo  lui  EUia  forse  {\)  non  fu  eletto  vicario  da  Francesco,  m&  forse  (ì)  gli  fu  im- 
posto dal  cardinale  Ugolino.  A  Francesco  riuscì  senza  dubbio  cosa  piò,  dura  (!)  della  rinunzia,  il 
dover  subire  una  organizzazione  tutta  nuova  di  pianta  data  al  suo  Ordine,  una  transforma- 
zione del  suo  ideale:  e  quasi  a  sua  maggiore  umiliazione  egli  stesso  dovette  comporre  una 
regola  interamente  nuova  (une  autre  entièrement  nouvéUé),  che  nella  mente  del  Lempp  vuol 
dire  tutta  diversa  dalla  prima;  e  si  il  partito  di  Elia  trionfò  protetto  da  Ugolino  {Fr.  ÉUe 
p.  46-50).  Chi  senza  pregiudizi  di  setta  vorrà  ponderare  il  giudizio  del  Lempp,  dovrà  per 
lo  meno  negargli  retto  criterio  storico. 

(2)  Celano  Vita  prima  lib.  2,  e.  7.  Il  Lempp  (p.  65-68)  fantastica  delle  supposizioni 
soUa  veridicità  e  autenticità  di  questo  passo  del  Celano,  e  crede  trovarvi  delle  contraddi- 
zioni col  cap.  107  dello  Spec.  Perf.  ove  Francesco  benedice  frate  Bernardo  ;  ma  poi  concede 
che  Francesco  benedisse  anche  ESlia,  ma  che  la  formola  quale  l'abbiamo  non  é  che  nn  brano 
oratorio  del  Celano!.... 

(3)  Edita  dal  Wadding,  Afiò,  Lempp  e  da  altri. 

(4)  Chron.  24  Gen,  {Anal.  frane,  t.  Ili  p.  32). 


SECOLO  xm.  113 


che  progettava,  non  dovevano  certo  piacere  ai  più  dei  frati  informati  allo  spirito  di  nmiltà  31 
e  povertà  di  Francesco.  Elia  dnnqnc  dovette  rassegnarsi  ;  e,  libero  dalle  cure  d' un  Ordine, 
si  consacrò  tutto  al  compimento  della  grandiosa  basilica  che  doveva  eternare  la  fama  del 
suo  genio  prodigioso.  E  oggi  la  storia  attribuisce  tutta  a  lui  e  l' arte  e  il  disegno  e  il 
compimento  di  quel  meraviglioso  monumento  che  fu  detto  «  Tomba  del  Mendicante  e  culla 
del  Einascimento  ».  Con  Elia  architetto  collaborò  un  altro  Minorità  di  nome  Filippo  di 
Campello  ricordato  nei  monumenti  del  tempo  (1). 

Intanto  la  fama  di  Elia  s'ingrandiva  sempre  più.  Lui  era  l'amico  e  consigliere  e  del 
Papa  e  dell'  imperatore  Federico  II.  Di  lui  esclamava  l' Eccleston  :  «  Quis  in  universo 
Christianitatis  orbe  vel  gratiosior  vel  famosior  quam  JSelias?  »  (2).  Matteo  Paris  lo 
elogiò  come  predicatore  renomatissimo  (3),  e  l'autore  del  Chron.  XXIV  Generalium  (4) 
lo  disse  talmente  famoso  nella  sapienza  umana,  che  rari  credeansi  trovare  in  Italia  pari 
a  lui.  Cotanta  fama  però  aveva  disgraziatamente  ecclisata  la  virtù  di  Elia,  e  senza  avve- 
dersene egli  batteva  la  strada  del  precipizio  con  pari  ardore  che  pria  avea  calcata  quella 
della  virtù.  La  sua  vita  religiosa  non  era  più  quella  che  aveva  appresa  e  praticata  col 
suo  amato  Francesco.  Egli  col  viver  libero,  da  grande,  con  manifesta  trasgressione  della 
regola,  si  era  allontanato  l' animo  dei  più  santi  religiosi.  Nel  Capitolo  generale  della  Pen- 
tecoste del  1230,  quando  si  celebrava  la  traslazione  del  corpo  di  S.  Francesco  dalla  Chiesa 
di  S.  Gioirlo  nella  nuova  basilica  da  lui  fondata,  vuoisi  che  Elia  avesse  tentato  di  sop- 
piantare il  generale  Parenti  e  riprendere  lui  l'agognato  governo  dell'Ordine.  Due  anni 
dopo  gli  riuscì  r  intento,  venendo  proclamato  Ministro  generale  dai  suoi  partitanti  nel  Ca- 
pitolo generale  del  1232,  e  il  Papa  ve  lo  confermò:  €praecipue  propter  familiaritatem 
quam  habuerat  cum  beato  Francisco  » ,  come  asserisce  l' Eccleston  (5). 

Noi  sorvoleremo  i  gravi  difetti  di  Elia  durante  il  suo  generalato  (1232-39),  perchè 
ormai  troppo  noti  e  compendiatici  bellamente  é  con  imparzialità  dai  PP.  Affò  e  Panfilo 
più  volte  citati.  Noteremo  invece  con  piacere  la  lode  che  gli  dà  il  suo  severo  storico  Sa- 
limbene,  che  cioè  Elia  promosse  lo  studio  della  teologia  nell'Ordine  Minoritico:  «  Hoc  solum 
habuit  bonum  frater  Helias,  quia  Ordinem  Fratrum  Minorum  ad  studium  theologiae 
promovit  (6)  ».  Ma  un  altro  bene  di  Elia  (che  non  doveva  ignorare  il  Salimbene)  si  fu  che 
sotto  il  suo  generalato,  e  per  impulso  certo  di  lui,  ebbero  il  più  grande  sviluppo  le  mis- 
sioni de'  Minoriti  in  quasi  tutto  l' Oriente.  Abbiamo  visto  come  lui,  primo  missionario  e 
provinciale  francescano  in  Siria,  aveva  dato  inizio  a  quella  provincia  come  capo  e  orga- 
nizzatore della  medesima  (1217-1220),  e  poi  da  vicario  dell'Ordine  (nel  1227)  aveva  in- 
viati in  Marocco  i  frati  Daniele  e  compagni  ;  ora  da  Generale,  noteremo  soltanto  (che  poi 
a  suo  luogo  ne  dovremo  parlare)  l'invio  in  Nicea  de' frati  Aimone  di  Faversham  e  Eo- 
dolfo  di  Beims,  con  due  frati  Domenicani,  per  promuovere  l'unione  delle  due  Chiese  (7)  ; 
di  più,  la  missione  di  frate  Giacomo  da  Russano  e  compagni  in  Georgia,  tre  altre  mis- 
sioni politico-religiose,  una  al  Soldano  di  Damasco,  l'altra  al  Califa  di  Bagdad,  e  la  terza 
al  Soldano  di  Marocco  :  tutte  spedite  durante  il  primo  anno  del  suo  generalato  (1233)  (8), 

(1)  Thode  187-204  ap.  Lempp  p.  78-80.  —  Cfr.  Sbarai,  BuUar.  t  I  p.  666. 

(2)  Anal.  frane,  t.  I  p.  230. 

(3)  Chron.  an.  1239. 

(4)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  695. 

(5)  Anal.  frane,  t.  I  p.  242;  cfr.  ibid.  Jord.  p.  18,  n,  61;  ASò  p.  61. 

(6)  Chron.  p.  405. 

(7)  Wadd.  Annales  an.  1232-33. 

(8)  Wadd.  ibid.  1233.  —  Cfr.  i  docnm.  nel  BuUar.  1. 1  an.  1233.  —  Vedi  infra  sotto  l'an.  1234. 
BibUot.  —  Tom.  I.  8 


114  BIBLIOTECA 


senza  le  tante  altre  missioni  non  registrate  nelle  memorie  (1),  ma  certo  inviate  dnrante 
gli  altri  sei  anni  del  suo  governo,  oltre  nna  novella  missione  in  Tunisi  (2)  nel  1235, 
ed  un'  altra  in  Aleppo  nel  1238  (3). 

Dopo  sei  anni  di  governo,  Elia  era  pin  che  mai  nell'auge  e  nella  stima  degli  estranei 
all'Ordine.  Nel  principio  del  1238  lo  vediamo  spedito  ambasciatore  del  Papa  presso  Fe- 
derico II  in  Cremona,  e  non  s' immaginava  punto  che  la  sua  condotta  privata  e  pubblica 
doveva  presto  precipitarlo  dall'altezza  superba  su  cui  si  credeva  incrollabile.  La  sua  vita 
privata,  come  abbiamo  detto,  era  un'insopportabile  offesa  alla  regola  professata;  alloggio, 
vitto  e  vestito  singolari;  oro  e  privilegi,  cavalli  e  palafrenieri,  cuochi  e  paggi,  lo  segui- 
vano dappertutto  a  modo  de'  grandi  principi.  E  quasi  ciò  non  bastasse,  il  suo  assolutismo, 
che  mai  volle  convocare  Capitolo  alcuno  generale,  e  la  sua  tirannia  crudele,  che  perfino 
arrivava  a  serrarO  in  dura  carcere  i  religiosi  e  spesso  farli  disciplinare  da  qualche  crudele 
frate  laico,  avevano  finalmente  disgustato  tutti,  anche  i  suoi  più  caldi  ammiratori  e  se- 
guaci. Si  fé'  quindi  ricorso  a  papa  Gregorio  IX  ;  e  questi  vide  la  necessità  di  far  convo- 
care un  Capitolo  generale  a  Roma;  ove  di  fatto  venne  celebrato  nella  Pentecoste  del  1239, 
e  presieduto  dallo  stesso  Pontefice.  Elia  era  spacciato!  Invitato  dal  card.  Kinaldo,  pro- 
tettore dell'Ordine,  di  rinunziare  nelle  mani  del  Papa,  Elia  ricusa.  Ma  il  Papa,  che  pur 
stimava  il  valore  di  Elia,  lo  dichiara  deposto,  e  a  suo  luogo  il  Capitolo  elegge  frate  Al- 
berto da  Pisa,  attuale  ministro  d'Inghilterra  (4).  Poco  tempo  prima  della  caduta  di  Elia, 
cadeva  pure  il  suo  amico  Federico  U  sotto  il  colpo  della  scomunica  fulminatagli  da  Gre- 
gorio IX,  il  20  marzo  nel  di  delle  Palme! 

Umiliato  cosi  Elia,  si  ritirò  prima  in  Assisi,  poi  alle  Celle  di  Cortona,  portando  seco 
dodici  0  tredici  frati  a  lui  devoti.  Ma  non  passarono  molti  mesi  che,  vietatogli  dal  Gene- 
rale che  ricorse  al  Papa,  ogni  ingerenza  colle  Clarisse  di  Assisi,  egli  tanto  se  ne  inaspri 
che  si  gettò  tutto  al  partito  di  Federico  II  già  scomunicato,  e  si  portò  da  lui  che  allora 
(1240)  assediava  Faenza  e  Ravenna.  Cotanta  vigliaccheria  e  ingratitudine  di  Elia  verso 
il  Papa,  che  sempre  cercò  salvarlo  e  tenerselo  caro,  obbligò  Gregorio  IX  di  scomunicarlo 
nominatamente  (5).  Elia  era  perduto  1  Elia  che  aveva  cotanto  inalzato  il  prestigio  suo  e 
dell'  Ordine  intero,  e  che  era  creduto  il  più  savio  e  il  più  sapiente  de'  suoi  contemporanei, 
in  un  momento  rese  sé  e  l' Ordine  favola  de'  monelli  che  per  le  vie  della  Toscana,  alla 
vista  di  qualche  frate,  canticchiavano  il  noto  ritornello  udito  più  volte  dal  Salimbene: 

Hor  attoma  fratt  Helya  —  Ke  pres'  ha  la  mala  via. 

Ed  Elia  aveva  presa  a  tutta  rotta  la  mala  via,  tanto  che  il  pontefice  Innocenzo  IV 
nel  1244  lo  scomunicò  di  nuovo,   quando  egli  si   era  recato  a  Nicea  e  a  Costantinopoli 


(1)  Durante  l'amio  1233  Dotiamo  5  lettere  papali  dirette  Fratribua  Ord.  Min.  pre»by- 
teria  in  terram  sarcuxnorum  proficiscentìbua...,  o  :  saracenorum  et  aliorum  infidelium  profici- 
scentibus,  senza  precisa  indicazione  del  luogo  di  missione.  Altre  simili  nel  1238  senza  indi- 
cazione  di  luogo. 

(2)  Cfr.  Sbaralea  Buttar,  t.  1  p.  155'  n.  164. 

(3)  Ibid.  t.  I  p.  245,  n.  266. 

(4)  Panfilo  cit.  p.  516-30;  Affò  p.  65-85;  Lempp  p.  114-32. 

(5)  11  Lempp  (p.  136)  insulta  la  verità  quando  afferma  che  il  Papa  aveva  del  tutto  ab- 
bandonato il  suo  amico  EUa;  e  rincara  l'insulto  quando  vuol  far  credere  che  anche  S.  Fran- 
cesco aveva  presagita  la  finta  amicizia  di  Gregorio  IX  !  Noi  non  ci  capacitiamo  come  mai 
uomini  seri,  che  la  pretendono  a  storici,  possano  avere  tanta  di  audacia^  se  non  mossi  da 
uno  cieco  spirito  settario.». 


SECOLO  xm.  115 


ambasciatore  di  Federico  II  per  tentare  di  mettere  la  pace  tra  Baldnino  II  e  Vatacio  im-  31 
peratore  greco;  e,  come  vuoisi  da  alcuni,  per  offrire  in  moglie  al  greco  monarca  Anna 
figlinola  naturalo  di  Federico,  che  ne  aveva  tante,  e  che  il  greco  poco  dopo  sposò  (1). 
Elia  por  la  seconda  volta  rivedeva  l'Oriente,  ma  non  come  per  la  prima  volta  in  qualità 
di  ambasciatore  di  Cristo  e  di  Francesco,  sibbene  come  ambasciatore  di  un  imperatore 
empio  e  di  un  nemico  di  Cristo  e  della  sua  Chiesa!  Egli  rivide  Cipro,  Nicea  e  Costanti- 
hopoli,  ricevuto  con  onoro  specialmente  dal  Vatacio  che  gradì  la  mano  d'  una  infelice  ba- 
starda, degna  con  lui  di  assidersi  sul  trono  cadente  di  Bisanzio  (2). 

Nell'autunno  del  1244  Elia  era  già  ritornato  dall' Oriente  colmo  di  ricchi  doni  datigli 
dal  Vatacio.  Vi  fu  qualche  tentativo  di*  riconciliazione  colla  Chiesa  e  coli' Ordine,  ma  la 
superbia  di  Elia  ne  fu  il  più  forte  ostacolo.  Egli  per  timore  di  perdere  la  protezione  del- 
l'imperatore  Federico,  non  volle  asailtare  i  consigli  del  santo  frate  Gerardo  da  Modena 
inviatogli  dal  mite  Giovanni  da  Parma  allora  generale  dell'Ordine  (1247-57).  Ma  anche 
morto  Federico  (^250),  Elia  non  dava  segno  alcuno  di  ravvedimento,  fino  a  tanto  che  la 
misericordia  di  Dio  non  lo  colpÌTa  con  una  grave  infermità  che  lo  colse  verso  la  Pasqua 
del  1253  (3). 

Sul  letto  di  morte  Elia,  senza  dubbio,  ripensò  co'  sospiri  a  Francesco  ;  ripensò  alla 
vita  morigerata  seco  lui  menata  per  anni  ;  senti  risuonarsi  all'orecchio  e  al  cuore  la  dolce 
voce  dell'amatissimo  padre  che  lo  chiamava  figlio  ;  e  gli  parve  di  risentire  la  fredda  mano 
di  Francesco  morente  posarsegli  sul  capo,  e  la  voce  del  padre  che  lo  benediceva  dicente: 
«  Te,  figlio  mio,  in  tutto  e  sopra  tutto  io  benedico!...  Si  ricordi  Iddio  della  tua  opera 
e  del  tuo  lavoro,  e  sia  riserbata  la  tua  sorte  nella  retribuzione  dei  giusti....  ».  Elia  ri- 
pensò alla  Basilica  di  Assisi,  da  esso  innalzata  per  tomba  a  Francesco,  e  che  fu  poi  causa 
innocente  della  propria  caduta;  e  ripensò  a  quel  crocifisso  di  Giunta  Pisano  (1236)  cui 
fé'  dipingere  con  sé  in  effigie  prostrato  ai  piedi  del  Bedentore,  e  ripetè  senza  dubbio  col 
cuor  contrito,  Y  inscrizione  sottoposta  al  piedi  di  Cristo  : 

Frater  Helias  fieri  fecit: 
lesu  Christe  pie, 
Miserere  precantis  Heliae. 

La  misericordia  del  Signore  e  il  perdono  della  Chiesa  scesero  finalmente  sul  letto  del 
moribondo  Elia  che,  riconciliato  con  Dio  e  coi  fratelli,  e  con  sulle  labbra  il  nome  di  Gesù 


(1)  Cfr.  AfiFÒ  p.  92-94;  Lempp  p.  14647. 

(2)  Abbiamo  le  lettere  colle  quali  Federico  raccomanda  fr.  Elia  al  re  di  Cipro,  in  Huil- 
lard-BréhoUes  VI.  1,  147,  ap.  Lempp  cit.  —  Matteo  Paris,  dimenticato  qui  dal  Lempp, 
espone  brevemente  i  motivi  dell'ambasciata  di  Federico  a  C.poli,  come  segue:  —  <  Ipsoqne 
eodem  tempore  (1244),  cum  fugisset  imperator  Constantinopolìtanus  [Balduinus]  a  persecu- 
tione  Graecorum,  nec  quicquam  haberet  in  erario,  ut  guerram  amplius  continuaret  et  Grae* 
corum  impetus  continuos  sustineret,  confiigit  ad  consilium  et  auxilium  imperatoria  Roma- 
norum  Fretherici.  Qui  Graecia  tum  terribiliter  comminando,  tum  consultius  postulando, 
tandem  tregnas  per  annum  unum  impetravit.  Interim  procuravit  idem  imperator  Fretbericus 
ut  filiam  suam  cuidam  magno  principi  Graecorum  nomine  Battacio  matrimonio  copularet. 
Quod  domino  Papae  simulque  toti  curiae  Romanae  moicstum  videbatur  et  grave,  quia  per 
ipsum  Battacium  scisma  ortum  est  inter  ecclesiam  Bomanam  et  Graecam.  Unde  ipsa  Ro- 
mana ecclesia  vocat  enm  scismaticuni;  et  factum  est  obstinacius  odium  proinde  inter  do- 
minum  papam  et  imperatorem  Frethericum  » .  Matth.  Paris  Chron.  maùrr,  in  Mon.  Oerm. 
Hiat.  t.  28  p.  236. 

(3)  Panfilo  p.  532-34;  Affò  p.  94-99}  Lempp  p.  150-53. 


116  BIBLIOTECA 


31  e  di  Francesco,  spiraya  in  Cortona  il  di  22  aprile  del  1253  nel  dì  terzo  di  Pasqua.  Il 
sno  corpo  venne  sepoIt>o  nella  chiesa  da  esso  fabbricata  coli' annesso  convento  entro  la 
città  di  Cortona.  Pochi  giorni  dopo  (25  maggio),  la  basilica  inalzata  da  Elia  sulla  tomba 
di  Francesco  veniva  solennemente  consacrata  da  papa  Innocenzo  IV,  che,  sovvenutosi  certo 
di  Ini,  avrà  pregata  pace  a  quell'anima  pentita. 

Cosi  finì  qnest'  nomo  che,  per  testimonianza  anche  de'  suoi  avversari,  fu  uno  de'  più 
grandi  genii  del  secolo  XIII,  e 

due  volte  nella  polvere,  dno  volte  sugli  aitar. 

Il  beato  Egidio  nell'  udire  la  caduta  di  frate  Elia,  gettatosi  per  terra,  e  iacendo  forza 
di  tenervisi  attaccato,  esclamò  :  «  Voglio  abbassarmi  quanto  più  posso,  perchè  la  troppa 
altezza  è  stata  in  lui  cagione  di  caduta  così  enorme  ». 

1.  Frate  Elia  ingregnere  militare  in  Sicilia.  —  In  un  manoscritto  autografo  di 
frate  Mariano  di  Firenze,  conservato  dall'amico  Padre  Kazzòli,  ms.  che  ha  per  titolo  Trac- 
tatus  Provinciae  Tusciae,  trovammo  una  interessante  notizia  su  Elia  architetto,  scono- 
sciuta ai  suoi  biografi.  A  fol.  68  r.  premette  questo  elogio  di  Elia  :  «  Helias vir  liumana 

sapientia  et  prudentia  adeo  ornatus,  ut  primus  ìnter  homines  sui  temporis  a  Romana 
Curia  similiter  et  Imperiali  existimatus  ».  E  più  sotto,  ricordandolo  fra  gli  architetti 
che  onorarono  l' Etruria,  scrive  :  «  Helias  de  Cortona,  frater  Minor,  in  ipsa  arte  (archi- 
tecturae)  famoms,  mirahilem  ecclcsiam  cum  Conventu  8.  Francisci  de  Assisio  et  de  Cor- 
thona  extruxit,  ac  arces  plurimas  et  fortalitia  per  regnum  Sicilie  ab  rogatu  Fredcrici 
Imperatoris,  postquam  ci  adhcsit,  aii  familiaritate  nimia,  tam  ex  hac  arte,  quam  ex 
sapientia  sua,  et  familiaritate  quam  habuerat  cum  beato  Francisco,  erat  coniunctus  » 
(fol.  95  r).  —  Questa  importante  notizia  della  presenza  di  frate  Elia  nel  regno  delle  due  Si- 
cilie, schiarisce  alquanto  il  racconto  del  cap.  72  degli  Actus  (ed.  Sabatier,  p.  208)  che 
ci  dicono  Elia  essersi  ammalato  gravemente  in  Sicilia  e  colà,  riconciliato  colla  Chiesa, 
anche  morto.  Ma  data  l'autenticità  del  processo  verbale  della  conversione  e  morte  di  Elia 
in  Cortona  (2-6  maggio  1253),  dobbiamo  supporre,  o  una  prima  riconciliazione  di  Elia  in- 
fermo in  Sicilia,  o  che  da  colà  trasferito  convalescente,  finì  i  suoi  giorni  in  Cortona.  Così 
crediamo  schiarita  quella  che  il  Sabatier  (ib.,  n.  1)  chiama  «  bizarra  indicazione  (degli 
Actus)  e  cJie  ha  molto  colpito  i  critici  » .  La  notizia  degli  Actus  passò  poi  nelle  Con- 
formità del  Pisano  (f  201  b.,  ed.  1510). 

2.  Bibliografia  de'  Codici  sotto  il  nome  di  frate  Elia.  —  Che  dire  dello  opere 
di  alchimia  attribuite  a  frate  Elia?  Salimbene  (p.  411)  tra  le  altre  accuse  fatte  a  Elia 
scrive:  «  Undecimus  defectus  fratis  Heliae  ftiit  quia  infematus  fuit  quod  intromitteret  se 
de  alchimia.  Bcvcra  ubicunquc  audìebat  aliquos  fratres  esso  in  Ordine,  qui  in  saeculo  ali- 
quid  de  materia  illa,  sive  de  artificio  ilio  scivissent,  mittebat  prò  eis  et  retinebat  eos  se- 
cum  in  palatio  Gregoriano....  fratrum  Minorum  de  Assisio».  La  stessa  accusa  gli  fa  il 
Clarcno  chiamandolo  Helias  Alchimista.  Che  Elia  si  occupasse  di  questa  materia,  non  si 
può  dubitare  ragionevolmente,  data  la  testimonianza  dei  due  ricordati  scrittori. 

L'Affò  pel  primo  (1)  cita  due  codd.  di  alchimia  che  portano  il  nome  di  fra  Elia,  ma 
li  dichiara  evidentemente  apocrifi,  e  sono  : 

1.  Libcr  Patris  Rev.  Eliae  Generali^  Ordinis  Minorum  ad  Federicum  Impera- 
torem.  —  Tratta  di  alchimia;  ed  è  nella  Vaticana  tra  i  codd.  della  fu  regina  di  Svezia 
n.  1242.  Opera  divisa  in  3  libri. 


(1)  Vita  difr.  Mia,  ed.  1«  p.  77;  ed.  2"  p.  58. 


SECOLO   XIII.  117 


2.  Incipit  opus  fratris  Helie  philosophi.  —  Cod.  B.  VI.  39,  della  Casaiiateiiso    31 
di  Boma,  che  contiene  detto  opuscolo  assai  breve  fra  le  carte  180-185,  o  che  probabil- 
mente si  deve  all'  alchimista  Elia  Canossa  Messinese  del  sec.  XV. 

Testé  il  Sabatier  trovò  un  altro  codice  del  sec.  XV  e  XVI  (tra  qncUi  appartenuti 
a  S.  Maria  Novella  di  Firenze,  ed  oggi  nella  Naz.  di  detta  città,  segnato  Conv.  Sojipressi 
n.  567),  che  ha  un  trattato  che  principia  con  questa  rubrica: 

3.  «  Incipit  liber  qui  Speculum  nuncupatur  vere  et  non  sophistice  artis  Alkimie 
sacri  religiosi  fratris  Helye  Ord.  Min.  S.  Francisci.  Qui  ex  dieta  arte  componi  fecit 
seu  fabbricare  ecelesiam  S.  Francisci  in  Assisto  :  In  nomino  Domini.  Amen.  Ut  ad  per- 
fectom  magisterium  pervenire  possimus,  primo  oportet  scire  quod  tres  sunt  lapidcs  spe- 
ciales  et  tres  sales  sunt  ex  quibus  nostrum  opus  totum  perficitur.  Et  sunt  tros  aque, 
scilicet  aqua  mercurii,  salis  et  lune  ||  Quoniam  vobis  penitus  hoc  donum  Dei....  est  occul- 
tum  et  denegatum  omnino.  Benedictus  sit  lesus  Christus....  in  sec.  seculorum  Amen. 
Explicit  vere  speculum  perfccti  magisterii  excellentissime  artis  Alkimie  fratris  Helye 
Ord.  Minorum  (1)  » . 

A  questi  registriamo  altri  tre  codd.  di  tre  differenti  biblioteche  d'Italia: 

4.  Opus  (Alchimiae)  fratris  Helie.  —  Vademecum  nomen  est  et  simile  operi  Bo- 
nifacii  Pontificis.  —  E  nelle  carte  1-11  del  cod,  sec.  XV,  n.  59  (7,  1,  17)  della  biblio- 
teca dell'accademia  de' Concordi  di  Rovigo  (2). 

5.  In  nomine  Domini  amen:  Incipit  liber  patris  Eliae  gencralis  Ministri  totiu^ 
Ordinis  Minorum  editus  apud  Fredericum  Imp.  inventus  in  quudam  capsa  plumbea 
anno  Dni.  MDCXIX.  —  Sono  ricette  e  istruzioni  per  comporre  medicinali,  con  giunte 
in  italiano  di  altre  mani.  Cod.  n.  57,  cart.  del  sec.  XVI  di  fol.  52,  nella  biblioteca  Clas- 
scuse  di  Ravenna  (3). 

6.  Incipit  opus  fratris  Heliac  vade  mecum.  —  Liber  utilitatis  de  secretorum  flo- 
ribus  vel  florida.  —  Tractatus  Alchimiae.  —  Con  altri  simili  opuscoli.  Cod.  in  8  del 
sec.  XV  della  Comunale  di  Poppi  (4). 

1217-20  —  Fr.  Cesario  da  Spira,  predicatore  del  Orociati  in  Terra  Santa: 
cenni  sulla  sua  vita  e  morte  (f  e.  1237). 

Di  fr.  Cesario  sappiamo  quel  poco  che  ci  tramandò  il  cronista  fr.  Giordano,  da  noi    32 
più  sopra  riportato  sotto  il  num.  il. 

Frate  Elia,  primo  Ministro  provinciale  di  Siria,  ricevette  colà  all'Ordine  questo  in- 
signe predicatore  de'  Crociati,  che  fu  poi  collaboratore  al  Santo  della  regola  professata 
dai  Minori,  suo  intimo  discepolo,  e  fino  alla  morte  fedelissimo  zelatore  dello  spirito  e  della 
regola  del  suo  santo  Institutore.  Cesario  ritornato  col  Santo  in  Italia,  venne,  nel  Capitolo 
della  Pentecoste  del  1221,  prescelto  a  Ministro  provinciale  della  Germania,  ove  condusse 
seco  il  nostro  cronista  frate  Giordano  da  Giano  e  27  altri  compagni:  tra  i  quali  si  no- 
verano il  primo  storiografo  dell'Ordine  fr.  Tomaso  da  Celano,  e  fr.  Giovanni  da  Piancar- 
pino  il  poi  celebre  missionario  fra  i  Tartari.  Fondata  e  governata  che  ebbe  la  provincia 
germanica,  dopo  due  anni  Cesario  volle  ritornare  a  S.  Maria  degli  Angeli  presso  il  Santo 


(1)  Vedi  Lempp  p.  121-22. 

(2)  Mazzatinti  Inventarii  t.  Ili  p.  9  n.  59. 

(3)  Ihid.  t.  IV  p.  156  n.  57. 

(4)  Ibid.  t.  VI  p.  137  n.  90. 


118  BIBLIOTECA 


32  Patriarca  (giugno  1223),  dal  qnalo  ottenne  di  esser  esonerato  dal  grave  ofScio  di  Mini- 
stro per  vivere  noi  ritiro  e  nella  preghiera  (1). 

Fin  qui  la  storia,  la  quale  però  tace  affatto  il  resto  della  vita  e  la  morte  di  fr.  Ce- 
sario. Ma  quel  che  non  poco  ci  sorprende  si  è,  che  il  Pisano  nelle  sue  Conformità,  il 
Provinciale  dell' Eubel,  il  Calalogus  SS.  Fratrum  del  Lemmens  e  il  Chronicon  34  Gc- 
ncralium  tacciono  affatto  anche  il  nome  del  nostro  Cesario!  Senza  quindi  la  cronaca  del 
da  Giano,  noi  avremmo  oggi  ignorata  pur  l'esistenza  di  questo  fervido  discepolo  del  Santo, 
come  la  ignorarono  i  ricordati  cronisti.  Ma  al  silenzio  della  storia  subentra  la  leggenda  che 
ci  dirà  qualcosa  degli  ultimi  anni  della  vita  di  Cesario,  se  lo  storico  saprà  diradarla 
dalla  nebula  di  certe  pretese  rivelazioni,  procreate  da  menti  se  non  maligne  certo  inge- 
nue e  troppo  esaltate  in  qnell'  epoca  di  famose  lotte  e  persecuzioni  mosse  contro  i  così 
detti  zelanti  della  regola  francescana.  Scendiamo  fino  ai  tempi  del  celebre  frate  Angelo  da 
Clareno  il  quale  scrisse  il  Chronicon  de  septem  tribulationibtts  Ordinis  (e.  1323)  e  la 
sua  lettera  cxcusatoria  a  Giov.  XXII  circa  il  1318. 

Egli  è  il  primo  e  il  solo  che  raccolse  dalla  bocca  de'  zelanti  la  tragica  fine  del  beato 
Cesario,  che  lo  dice  chiuso  in  dura  carcere  da  frate  Elia  Generale  (1232-39),  ed  ivi  dopo 
dee  anni  morto  per  la  crudeltà  del  frate  laico  suo  carceriere.  Cosi  sarebbe  finito  l' allevo 
convertito  da  fr.  Elia  quando  fu  Ministro  di  Terra  Santa!  e  tale  sarebbe  stata  la  fine 
del  primo  allevo,  del  primo  novizio  che  registri  la  provincia  di  Terra  Santa!  Il  Clareno 
francamente  ne  incolpa  non  solo  frate  Elia,  ma  anche  «  l'autorità  »  del  mite  pontefice 
Gregorio  IX,  al  quale  (dice  egli)  fu  intimato  da  un  angelo,  che  in  punto  di  morte  do- 
vrà render  conto  al  tribunale  di  Dio  per  la  morte  di  fr.  Cesario.  Checché  ne  sia  di  que- 
sta pretesa  «  revelatione  degna  di  fede  » ,  che  garba  al  Clarone,  e  checché  della  tragica 
morte  di  Cesario,  ci  preme  però  constatare  l' unanime  silenzio  anche  de'  più  severi  giudici 
di  Elia,  fra  i  quali  il  Salimbene  e  TEccleston.  Certo  è  però,  che  Elia  venne  deposto  dal 
generalato  «  propter  iyrannidem  quam  in  zelatores  Ordinis  exercuit  » .  {Ec^lest.  in 
Anal.  frane,  t.  I  p.  230).  E  l' antica  tradizione  dell'  Ordine,  ora  constatata,  fa  capo  a 
questi  due  personaggi  ben  diversi  tra  loro,  de'  primi  partiti  che  principiavano  a  scindere 
r  Ordine  di  Francesco  :  l' Eliano  cioè  e  il  Cesariano.  —  Ciò  premesso,  ci  piace  riportare 
per  intero  il  racconto  del  Clareno,  servendoci  della  traduzione  italiana  d'un  codice  di 
Siena  che  perfettamente  si  attiene  al  testo  latino  della  Laurcnziana: 

«  Della  morte  di  fr.  Cesario  et  come  il  Papa  vide  l' anima  si*a  dagli  angioli  por- 
tare in  cielo. 

«  Comandò  questo  giudice  [frate  Elia]  che  frate  Cesario,  homo  innocente  et  in  tucte 
le  coso  savio  et  sancto,  sia  incarcerato  colli  ferri  a  piei;  et  commettolo  et  dallo  in  guar- 
dia ad  uno  frate  layco  crudele  di  natura  et  di  costumi,  il  quale  hodiava  con  tucto  il  cuore 
frate  Cesario  et  li  compagni.  Et  cornandogli  frate  Hclya  che  diligentemente  il  guardasse 
che  non  si  fu^isse,  et  che  attendesse  advisatamente  che  ninno  gli  andasse  ad  favellare. 
Sopravenendo  la  vernata,  et  essendo  una  volta  l'uscio  della  prigione,  dove  stava  frate  Ce- 
sario, aperto,  era  uscito  fnore,  et  andavasi  dinanzi  alla  prigione  :  et  sopravenendo  quel 
frate  layco  chel  guardava,  et  vedendolo  andare  faore  della  prigione,  et  pensando  che  esso 
Tolesse  fuggire,  arrabbiossi  di  tanta  furia  che  pigliò  una  stanga  et  percosselo  tanto  for- 
temente et  sì  crudelmente  che  di  quello  colpo  et  di  quella  ferita  il  sancto  homo  poco  iste 
horando  et  dicendo  :  «  Padre,  perdona  alloro  die  non  sanno  quello  eh'  essi  fanno  »  ;  et 
rìngratiando  Iddio,  et  raccomandando  lo  spirito  suo  ad  Christo,  et  infra  le  parole  della 


(1)  Anal.  frane,  t.  1  pp.  5, 11,  18,  31,  281-83:  t.  II  p.  15-28.  —  Cfr.  da  Magliano  Storia 
t.  I  p.  460-64, 


SECOLO  xm.  119 


sna  oratione  si  morì.  Et  fti  il  prìmo  ammazzato  et  ucciso  per  le  mani  de  suoi  fratelli:  32 
come  il  primo  martire  Stephano  horando  per  li  persecutori,  rendendo  testimonio  della  ve- 
rità sparse  il  suo  sangue  et  goadangnò  il  regno  del  cielo  et  la  corona  del  martirio  se- 
condo chessè  provato  per  revelatione  degna  di  fede.  Perochè  in  quella  medesima  hora 
che  Tanima  sua  usci  dal  corpo,  Papa  Gregorio  Nono,  essendo  facto  in  excesso  di  mente, 
ridde  portare  dagli  angioli  una  anima  in  cielo  con  una  grande  gloria,  et  colla  corona  et 
palma  del  martirio:  et  maravigliandosi  di  quello  che  vedeva,  volsesi  all'angielo  che  gli 
mostrava  la  visione  et  dimandollo  dicendo  :  «  Chi  è  costui  che  con  iunia  gloria  et  corona 
di  martirio  chenne  sale  e  monta  in  cielo  »?  Rispose  l'angelo  et  dixe:  «  Questa  si  è  l'a- 
nima dell'uomo  innocente  fre.  Cesario  della  magna  [di  Allemagna],  per  la  quale  anima 
tu  nel  dì  della  morte  tua  araj  ad  rendere  regione  dinanzi  addio  :  perochè  per  occasione 
della  tua  auctorità,  dopo  la  prigionia  et  gli  ferri  et  molte  aflictioni,  le  quali  esso  pa- 
tientemente  a  sostemUe  da  frati  suoi,  per  la  fedele  et  pura  observantia  della  sua  regola 
è  stato  ucciso  dalloro:  perlochè  colla  palma  del  martirio  lieto  et  sicuro  se  nentra  in 
cielo  » .  Per  la  qualcosa  il  Papa,  pieno  d'ammiratione  et  di  timore  si  conturbò  et  stupj  : 
et  cercando  con  diligentia  la  verità  del  &cto,  trovò  che  frate  Cesario  è  morto  et  passato 
ad  Chrìsto  in  quella  hora  che  lui  aveva  avuta  quella  visione,  et  congniobbesi  esser  stato 
ingannato  da  frate  Eelya  et  dagli  comp^nj.  Et  dallora  innanzi  si  guardò  dallo  loro 
astutie  et  d'esser  cosi  loro  familiare  et  parlare  con  loro  et  dalla  singulare  fiducia,  per  la 
quale  si  confidava  troppo  di  loro,  tirandosene  adietro.  Et  chiamati  asse  gli  frati  gli  quali 
stavano  allora  colini,  manifestò  loro  quello  che  aveva  veduto,  et  parlò  con  amaritudine 
di  cuore  et  con  isdegno  d'animo  dicendo  :  «  Che  vuol  dir  questo,  chessì  tosto  vi  partite  expon- 
taneamente  dalla  innocentia  et  dalla  dricta  via,  et  lassate  la  charità  la  quale  dovete 
avere  insieme  ?  ve  imordete  et  mormorate  l'uno  dell'altro,  contraponendovi  l'uno  inverso 
dell'altro  et  perseguitatevi  et  mangiate  voi  medesimi:  et  come  non  vi  curate  dell'anime 
vostre  ?  seguitando  pertinacemente  le  vostre  voluntadi  così  non  vi  sete  guardati  di  giptare 
et  diponere  il  giudicio  del  signiore  nello  huomo  innocente  sopra  il  capo  vostro,  et  di 
convertire  la  benignità  della  nostra  charità  et  nostra  auctorità  contro  l'uomo  sancto  in- 
giustamente. Oymè,  oymè  !  dixe  esso  Gregorio  9",  or  come  tosto  vi  sete  cominciati 
ad  partire  dalla  perfectione  che  vi  de  il  vostro  Padre  et  dalla  pietà  et  carità  che  voi 
vedeste  in  lui!  attendete  ad  voi  medesimi,  et  non  vi  gittate  indietro  post  spalle,  et  non 
siate  negligenti  per  in  latitudine  di  seguitare  fedelmente  la  perfectione  della  vostra  vo- 
catione,  et  d'amarla  s  nceramente  et  adempirla  sollecitamente  et  perseverantemente:  pe- 
rochè quanto  la  vostr.  ;  vocatione  è  più  perfecta  et  più  sancta,  tanto  sarà  più  pericolosa 
la  vostra  subversione  et  ruina,  et  la  vostra  datmatione  sarà  peggiore,  mò  al  presente, 
et  nel  futuro  iudicio  (1)  ». 

1219  S.  —  Cenni  critici  suUa  vita  dei  b.  ft-.  Pietro  Oatani  secondo  discepolo 
(1209)  e  primo  Vicario  di  S.  Francesco  (e.  1212-17)  ;  primo  Generale  del- 
l'Ordine  dopo  la  rinunzia  del  Santo  (1217-21),  e  suo  compagno  in  Oriente 
(1210-20). 

Compendiamo  il  racconto  per  dilucidare  alcuni  punti  cronologici  troppo  confusi,  piut-    33 
tosto  che  tessere  una  vita  di  questo  santo  discepolo  di  Francesco,  quale  già  si  ha   nello 
memorie  troppo  note. 

Frate  Pietro  Catanì,  prima  studente  nell'  Università  di  Bologna  (2),  poi  juris  pcritus 
et  dominus  Icgum  (3),  indi  canonico  della  cattedrale  di  S.  Rufino  di  Assisi,  si  aggregò  a 
Francesco  poco  dopo  la  vestizione  di  Bernardo  e  otto  giorni  prima  di  Egidio,  cioè  nel  1209; 


(1)  Dalla  Chronaca  della  sette  tribolazioni  (fol.  47  s)  versione  ital.  del  1505,  Codice  del 
convento  di  Siena,  favoritoci  dal  M.  R.  P.  Razzoli  attuale  Ministro  provinciale  di  S.  Bo- 
naventura. 

(2)  Sabatier  Spec.  Perf.  p.  71.  —  Acta  SS.  11  aug.  t.  VI  p.  819. 
(3).  Jord.  e.  11  in  Anal.  frane,  t.  I  p.  5. 


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120  BIBLIOTECA 


e  fu  il  secondo  discepolo  del  Santo  (1).  Francesco,  dopo  la  conferma  della  prima  regola 
(1210),  0  meglio  nel  Capitolo  del  1212,  qnando  si  decise  d' intraprendere  l'apostolato  fuori 
d' Italia,  prescelse  a  suo  Vicario  il  Catani,  ajffidandogli  l' immediato  governo  della  nascente 
famiglia.  Più  tardi,  in  un  Capitolo  generale  (che  per  noi  non  può  esser  altro  che  il  primo 
celebrato  nel  1217),  il  Santo  volle  rinunziare  anche  il  supremo  governo  dell'  Ordine  la- 
sciandone la  cura  allo  stesso  Catani,  che  per  ciò  dovrebbe  anche  annoverarsi  tra  i  Mini- 
stri generali  dell'Ordine,  e  quindi  il  primo  dopo  S.  Francesco  (2).  —  Il  mite  vicario  Ca- 
tani fu  quegli  che  un  di  si  ebbe  il  duro  comando  da  Francesco  di  trascinarlo  per  le  vie 
di  Assisi  legato  con  una  fune  al  collo  (3).  Nel  1216,  fu  egli  uno  de'  compagni  del  Santo 
quando  questi  ottenne  da  Onorio  HI  la  conferma  della  celebre,  indulgenza  della  Forziun- 
cula  (4).  Nel  1219,  sostituitigli  due  vicari  nel  governo  dell'Ordine,  Francesco  lo  volle  seco 
in  Oriente;  ma  alla  hne  del  1220  o  ai  primi  del  1221,  lo  rimandava  in  Italia  a  ripren- 
dere il  governo  dei  frati.  Il  Catani  moriva  poco  dopo  in  Assisi  il  10  marzo  1221,  e  ve- 
niva sepolto  alla  Porziuncula,  assente  ancora  il  S.  Patriarca  (5).  Una  lapide  antica,  che 
tutt'  og^  si  vede  nel  muro  esteriore  della  porta  laterale  della  sacra  Porziuncula,  porta 
questa  iscrizione  :  )$(  anno  dni  mccixi  vi  id.  hastii  corpus  fb.  p.  catanii  qui  rac  ekquib- 

SCIT   MIQBAVIT  AD  DOMINUM  ANIMAM  CUIUS  BENEDICAT  DOMINUS.   AMEN. 

1.  Ora  siamo  alle  questioni.  E  in  primo  luogo:  fr.  Pietro  Catani  fu  egli  realmente 
il  secondo  discepolo  del  Santo,  o  un  altro  fr.  Pietro  d'ignoto  casato,  come  vorrebbe  il 
Suyskens  (6),  e  come  lo  vuole  oggi  il  P.  Eduardo  D'Alenyon  (7)  archivista  de'  PP.  Cap- 
puccini? n  Celano,  senza  dirne  il  nome,  cosi  ricorda  la  vestizione  del  secondo  discepolo 
del  Santo,  dopo  quella  di  Bernardo  da  Quiniavalle  :  «  Statim  autem  vir  alter  Assisii  eum 
secutus  est,  qui  valde  in  conversatone  laudabilis  extitit,  et  quod  sancte  coepit,  sanctius 
postmodum  consummavit  (8)  ».  Più  tardi^  la  così  detta  leggenda  de' tre  Compagni  sarebbe 
la  prima  a  dargli  il  nome  di  Pietro.  «  Petro  nomine,  qui  etiam  cupiebat  fieri  frater  (9)  ». 
E  Pietro  è  detto  anche  dal  Bessa  il  secondo  discepolo  che  seguì  Francesco  (10).  Frate 


(1)  Tres  Sodi  e.  8.  —  Lemmens  Docum.  antiqua  1. 1  p.  38.  —  Sabatier  Spec.  e.  61.  — 
Chron.  24  Gen.  p.  4,  75,  e  Bessa  p.  667  (in  Anal.  frane,  t.  III). 

(2)  2  Celan.  par.  3  e.  81:  <  praelationis  officium  resignavit...,  permansit  exinde  sub- 
ditus  usque  ad  mortem  »  ;  e  ibid.  e.  88:  «Non  solum  generalis  officio  resignavit,  sed 
propter  maius  obedientìae  bonum  gnardianum  singularem  expetiit;  dixit  enim  fratri  Petro 
Cathanii  cui  pridem  obedientiam  sanctam  piromiserat:  Rogo  te,  etc.».  —  Lo  stesso  asseri- 
scono S.  Bonaventura  Leg.  maj.  e.  6;  lo  Speculum  (ed.  Sabatier  ce.  39,  61);  e  il  Pisano 
Conform.  8,  fol.  52  v.  ed.  1510. 

(3)  1  Celan.  I.  19.  —  Bonav.  Leg.  mai.  e.  6  n.  2.  —  Spec.  cit.  e.  61. 

(4)  Sabatier  Bartholi  tractattis  de  Indulg.  8,  9.  —  Ofr.  Papini  Storia  di  S.  Frane.  I.  88.  — 
Panfilo  Storia  1.  328-31. 

(5)  Jord.  in  Anal.  frane.  1. 1  p.  4-5.  —  Chron.  24  Gen.  ibid.  t.  Ili  p.  30.  —  Pisanos  loc.  cit. 

(6)  Acta  SS.  4  oct.  t.  II  p.  581. 

(7)  SpicUegium  Franciseanum:  Epistola  S.  Francisci  ad  Minìstrum  Generalem  :  cum  ap- 
pendice de  fir.  Petro  Catanii  (Romae,  1899)  p.  26-31. 

(8)  1  Celan.  I.  e.  10.  I  BoUandisti  hanno  post  modicum,  il  Rinaldi  e  l' Amoni  postmo- 
dum, e  nel  cod.  di  Montpellier  manca  afiatto  questo  avverbio  (c£r.  Sabatier  Spec.  p.  71); 
manchi  o  si  legga  come  si  Toglia  questa  parola,  da  essa  non  dipende  punto  la  questione 
come  la  fa  dipendere  il  P.  D'AIen^on.  Dodici  anni  di  vita  religiosa  del  Catani  possono  so- 
stenere il  modicum  senza  inarcar  le  ciglia. 

(9)  Tres  Sodi  e.  8,  in  Acta  SS.  cit.  e.  3  n.  28,  p.  731. 

(10)  «  Hulos  aedificii  lapis....  secondus  frater  Petrus  » .  Anal.  frane,  i.  III  p.  667. 


SECOLO  xm.  121 


Leone  poi,  autore  della  vita  del  B.  Egidio,  sarebbe  il  primo  a  identificarci  il  secondo  di-  33 
scepolo  Pietro  col  Pietro  Catani,  se  fossimo  certi  che  detta  vita,  qnale  si  ha  nel  Chron. 
24  Gen.  (1),  sia  veramente  opera  originale  di  fr.  Leone  e  non  piuttosto  opei^a  rimaneg- 
giata ed  ampliata  più  tardi  o  entro  i  primi  del  secolo  XIV  (2).  Entro  il  secolo  XIV, 
l'autore  del  citato  Chron.  24  Gen.  (3),  il  Pisano  (4),  e  molti  elenchi  de'  primi  dodici 
discepoli  identificano  il  Catani  con  Pietro,  secondo  discepolo  del  Santo  (5)  ;  altri  elenchi 
poi,  pure  del  secolo  XIV  e  XV,  chiamano  questo  discapolo  col  solo  nome  di  Pietro  (6). 
Finalmente  il  primo  e  il  solo  Puteolano  è  quegli  che  nella  metà  del  secolo  XIV  (e.  1344) 
volle  distinguerci  Pietro  il  secondo  discepolo,  dal  Pietro  Catani  che  egli  chiama  uno  dei 
famigliari  del  Santo  Patriarca  (7),  convinto  forse  dalle  stesse  ragioni  che  quattro  secoli 
dopo  persuasero  il  Suyskens  a  distinguere  due  Pietri.  Ora,  le  tre  ragioni  che  convinsero 
il  Suyskens  (ragioni  che  qui  non  staremo  a  ripetere  per  brevità)  non  ci  pare  che  siano 
veramente  convincenti,  né  ci  sembra  che  abbiano  convinto  lo  stesso  P.  D'Alenfon.  Questi 
accoglie  l'opinione  del  Suyskens,  ma  indottovi  da  due  altre  ragioni  interamente  nuove.  Una 
ragione  del  P.  D'Alenfon  sarebbe  la  citata  testimonianza  del  Puteolano  che  distingue  il 
secondo  discepolo  Pietro,  dal  Pietro  Catani;  però  questa  testimonianza  per  noi  non  può 
valere  più  di  quella  de'  suoi  coevi,  il  Pisano  e  il  Chron.  24  Gen.,  compilatori  forse  più 
autorevoli  del  Puteolano,  e  perchè  cronisti  speciali  di  cose  francescane,  e  perchè  l' uno  non 
dipendente  dall'altro,  scrivendo  il  primo  in  Italia  e  il  secondo  in  Francia.  Costoro  con- 
cordano con  la  tradizione  francescana  che  mai  distinse  due  Pietri.  Se  poi  la  citata  vita 
del  B.  Egidio  fosse,  come  molti  vogliono,  opera  genuina  di  fr.  Leone,  quest'  autorità  sa- 
rebbe decisiva  e  in  favore  del  Pisano  e  del  Chronicon  24  Gen.  —  L'altra  ragione,  che 
pel  P.  Annalista  de' Cappuccini  è  decisiva,  sarebbero  gli  Atti  dell'invenzione  del  corpo  di 
S.  Rufino,  avvenuta  nell'agosto  del  1212.  In  questi  Atti,  dice  il  D' Alenpon,  Pietro  Catani 
comparisce  ancora  come  canonico  della  cattedrale  di  S.  Rufino  nel  1212  ;  dunque,  conchiude, 
il  Catani  non  entrò  nell'Ordine  nel  1209,  come  tutti  dissero  fin  qui,  ma  dopo  111212;  o 
quindi  non  è  lui  il  secondo  discepolo  di  S.  Francesco,  ma  un  altro  Pietro  d'ignoto  casato  (8). 
Anche  questa  seconda  ragione  reggerebbe  a  meraviglia  se  non  avesse  per  base  un  falso 
supposto.  Il  P.  D'Alenpon,  senz' avvedersene,  cadde  in  una  svista  e  confuse  gli  Atti  del- 
l'invenzione del  1212  coi  miracoli  di  S.  Rufino  operati  molti  anni  prima!  Il  Catani  non 
è  punto  mentovato  canonico  negli  Atti  e  nella  circostanza  dell'invenzione,  ma  sì  nell'e- 
lenco de'  miracoli  operati  dal  santo  vescovo  di  Assisi  molti  anni  prima  del  1212,  cioè 
prima  dell'  invenzione  del  suo  corpo.  Si  veggano  gli  Atti  nei  Bollandisti  (9). 


(1)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  75:  «ubi  B.  Franciscus  in  quodam  tuguriolo  derelicto  cum 
fr.  Bernardo  de  Quintavalle  et  fr.  Petro  Cathanii  morabatur  » . 

(2)  Non  siamo  in  grado  di  decidere  questa  questione.  Notiamo  però  che  la  vita  di  fr.  Eigi- 
dìo  edita  e  creduta  dal  P.  Lemmens  opera  originale  di  fr.  Leone,  non  aggiunge  a  Pietro  il 
soprannome  dì  Catani.  Docum.  antiqua  t.  I  p.  38. 

(3)  Anal.  frane,  t.  III  p.  4. 

(4)  Conform.  8,  fol.  46  v.  ed.  1510. 

(5)  Cfr.  Sabatier  Opuscides  de  eritique  historique  t.  1  p.  49,  277,  333.  —  Pisano  Cbn- 
forra.  8,  fol.  52  v.  ed.  1510. 

(6)  Cfr.  ibid.  Opusctiles  t.  I  p.  361.  —  Anal,  frane,  t.  III  p.  640.  —  Miscellanea  fran- 
cescana Vili  p.  91. 

(7)  Miscellanea  francescana  Vili  p.  57-58. 

(8)  Spicilegium  francisc.  cit.  p.  30-31. 

(9)  Ada  SS.  cit.  p.  818-19  n.  8. 


122  BEBLIOTBCA 


33  Per  ora  adnnqne  rimane  salda  la  testimonianza  de'  nostri  antichi  che  &nno  entrare 

il  Catani  nell'  Ordine  nel  1209,  e  ce  lo  additano  come  secondo  nel  numero  de'  primi  di- 
scepoli del  Santo  Fondatore.  La  sola  testimonianza  del  Pnteolano  non  basta,  crediamo,  a 
distruggere  le  ridoni  e  le  testimonianze  sovra  esposte,  fino  a  tanto  che  prove  più  serie 
e  più  antiche  non  vengano  a  corroborare  l' ipotesi  del  boUandista  Snyskens  e  del  P.  D'A- 
len9on. 

2.  La  seconda  questione  è:  qaando,  e  per  qnanto  tempo  il  Catani  fìi  Vicario  di 
San  Francesco? 

Tatti  gli  storici  moderni  dal  Waddingo  (1)  fino  al  Sabatier  (2),  per  tacere  d^li  altri, 
attribairono  al  Catani  un  troppo  breve  vicariato  :  dall'estate  cioè  del  1220  (epoca  del  sap- 
posto ritorno  del  Catani  dall'Oriente)  fino  alla  saa  morte,  occorsa  il  10  marzo  1221,  cioè 
nn  anno  scarso  di  efimero  vicariato  !  —  Negli  antichi  cronisti  nalla  troviamo  che  ci  faccia 
sapporre  an  cosi  breve  vicariato  del  Catani,  che  anzi  da  essi  resalta  tatto  il  contrario; 
essi  attribuiscono  al  Catani  an  lango  governo  dell'Ordine,  sia  come  vicario,  sia  come  ge- 
nerale Ministro  dopo  la  rinunzia  del  Santo  Patriarca.  Il  Celano  in  proposito  cosi  si 
esprime  :  «  Franciscus....  paucis  annis  elapsis  post  suam  conversionem,  in  quodam  capitalo 
coram  omnibus  fratribus  de  religione,  praelationis  officium  resìgnavit  dicens:  Amodo  sum 
mortuus  vobis;  sed  ecce,  inquit,  frater  Petrus  Cathanii,  cui  ego  et  vos  omnes  obediamus  (3)  ». 
A  questa  espressione  del  Celano  consona  e  lo  Speculum  del  P.  Lemmens  (4)  e  quello  del 
Sabatier  (5).  Ora,  se  il  Catani  fosse  stato  eletto  vicario  nel  1220,  non  sarebbero  passati 
soltanto  anni  pauci  dalla  conversione,  dì  Francesco,  ma  quindici  interi  anni,  perchè  la 
conversione  perfetta  del  Santo  avvenne  nel  1206.  E  quindici  anni  non  son  pochi  davvero  in 
soli  vent'anni  di  vita  santa  di  Francesco!  Dobbiamo  quindi  riportare  a  parecchi  anni 
prima  del  1220  il  vicariato  e  il  generalato  del  Catani,  governo  interrotto  dal  suo  viag- 
gio in  Oriente  (1219-20),  e  poi,  crediamo,  ripreso  al  suo  ritorno  in  Italia,  e  continuato 
fino  alla  morte. 

Di  più:  per  testimonianza  unanime  di  tutti  i  cronisti,  antichi  e  moderni,  frate  Ca- 
tani fa  il  primo  vicario  del  Santo  ;  ora,  chi  non  sa  che  San  Fnaicesco,  assai  di  frequente 
e  per  lungo  tempo,  si  assentò  da  Assisi  e  dall'Italia,  come  avvenne  nel  1212  quando, 
incamminatosi  per  l'Oriente,  visitò  la  Dalmazia,  indi  la  Francia  e  la  Spagna  (e.  1214),  e 
nuovamente  la  Francia  nel  1217?  x  Per  decem  et  octo  annorum  spatium  (dice  il  Celano) 
quod  tunc  (1224)  erat  expletum,  vix,  aut  nunquam  requiem  hàbuit  caro  sua,  varias  et 
longissimas  circuiens  regiones,  ut  spargeret  ubique  semina  verbi  Dei  (6)  ».  Ora,  non  è 
possibile  che  Francesco,  in  tutte  queste  escursioni,  abbia  lasciato  l'Ordine  senza  un  vicario  ; 
e,  d'altro  lato,  non  sappiamo  che  lo  abbia  retto  altri,  fuori  del  Catani.  Solamente  più 
tardi  e  dopo  la  morte  sua  fri  surrogato  dal  celebre  fr.  Elia  nel  1221.  (Vedi  a  p.  111). 

In  terzo  luogo  dobbiamo  considerare  che  i  &tti  narratici  dallo  Speculum  e  dal  Ce- 
lano relativi  alla  vita  del  Catani  (per  es.  i  capitoli:  Spec.  38  =  2  Cel.  3.  35.  —  Spec.  39  = 
2  Cel.  3. 81.  —  Spec.  46  =  2  Cel.  3. 88.  —  Spec.  58.  —  Spec.  64  =  1  Cel.  1. 19.  — 
e  probabilmente  si   riferiscono   anche  al   Catani  i   capp.:  Spec.  4  =  2  Cel.  3.124.  — 


(1)  AnmUea  t.  I  p.  345,  t.  II  p.  1-2. 

(2)  Cfr.  Spec.  Perf.  p.  71. 

(3)  2  Celan.  3,  e.  81. 

(4)  Doeum.  antiqua  II.  n.  14. 

(5)  Spec.  Perf.  e.  39. 

(6)  1  Celan.  2,  e.  4. 


SECOLO  xm.  123 


Spec.  8.  —  Spec.  40  =  2  Gel.  3.82.  —  8pec.  112  =  2  Cel.  1.2),  non  sì  possono  ad-    33 
densaro  in  aii  anno  scarso  di  yicarìato  assegnatogli  fin  qai  dai  memorati  autori.  Fn  dun- 
que ben  lungo  il  suo  governo,  com«  ce  lo  attesta  anche  un  Codice  di  rispettabile  anti- 
chità, che  cosi  si  esprime  :  «  Frater  Petrus  Catanii  postquam  venit  ad  Ordinem  fuit  diu 
vicarius  beati  Francisci  (1)  » . 

Assegnato,  come  fuor  di  dubbio,  un  governo  molto  più  lungo  al  Catani,  in  qaale 
anno  dovremmo  assegnargli  detto  governo  ?  A  nostro  giudizio,  il  vicariato  del  Catani  deve 
necessariamente  rimontare  o  verso  il  1210,  dopo  la  conferma  della  prima  regola,  o  al  più 
tardi  nel  1212,  quando  oramai  Francesco  si  era  deciso  all'apostolato  fuori  dell'Umbria; 
apostolato  che  iniziò  nel  1212  col  viaggio  in  Dalmazia,  coi  viaggi  senza  tregua  por  tutta 
Italia,  per  la  Francia,  per  la  Spagna  e  per  l'Oriente,  e  che  ebbero  fine  quando  il  Signore 
gl'impresse  le  sacre  stimmate  (1224).  6ia  il  Papini,  prima  di  noi,  suppóse  il  vicariato 
del  Catani  verso  il  1214  quando,  com'egli  afferma,  Tommaso  da  Celano  aspettava  il  ri- 
torno di  Francesco  in  Assisi  per  esser  ammesso  all'Ordine  (2). 

3.  La  terza  questione  sarebbe:  fa  realmente  il  Catani  anche  Ministro  generale  del- 
l'Ordine? 

Il  compilatore  del  Chronicon  24  QeneraUwn  scrisse  che,  vivente  S.  Francesco, 
«  nuUus  fuit  electus  vel  ab  Ordine  tanquam  Generalis  receptus  (3)».  Ma  ragioni  più  se> 
rie,  la  testimonianza  esplicita  del  Celanese,  di  S.  Bonaventura,  dello  Spcculum  Perfectionis 
e  del  Pisano,  citati  in  principio  di  questo  articolo,  dicono  invece  che  il  Catani  fu  non  solo 
vicario,  ma  anche  il  primo  Ministro  generale  (4)  dopo  la  solenne  e  pubblica  rinunzia  del 
Santo  &tta  in  un  Capitolo  generalo,  che  necessariamente  dev'esser  quello  celebrato  nel 
mag^o  1217,  e  che  fn  il  primo  Cap.  gen.  dell'Ordine;  perchè  il  Catani  nel  secondo  Cap. 
gen.  del  1219  parti  col  Santo  per  l'Oriente,  o  nel  1221,  epoca  del  terzo  Capitolo,  il 
Catani  era  già  morto. 

n  Pisano  quindi,  con  molta  ragione,  distingue  due  elezioni  in  persona  del  Catani 
quando  scrive  :  «  Hic  frater  Petrus  primo  fuit  B.  Francisci  Vicarius,  et  demwn  beato  Fran- 
cisco renuntiante  officio  generalatus  coram  fratribus,  ipse  fr.  Petrus  factus  est  generalis 
minister  (5)  » . 

4.  La  qiiarta  questione  sarebbe:  la  celebre  lettera  che  il  Santo  Patriarca  diresse 
«  ad  quendam  Ministrum  *  e  secondo  altri  Codici  «  fratri  N.  Ministro  generali  (6)  » ,  fu 
indirizzata  al  Catani  o  ad  altri? 

Quattro  Codici,  quello  del  Vaticano  n.  7650  edito  dal  P.  d'  Alen9on,  quello  d' Ognis- 
santi edito  dal  Sabatier  (7),  e  quelli  di  S.  Isidoro  e  di  Foligno  usati  nell'  edizione  de'  PP. 
di  Quaracchi,  portano  l' intestazione  della  lettera  al  Ministro  generale.  Cosi  pure  il  testo 


L 


(1)  Cod.  misceli,  mcmbr.  S.  Antonii  de  Urbe,  fol,  57  r.  ;  cod.  della  prima  metà  dei  sec.  XIV. 

(2)  Papini  Storia  di  S.  Frane,  t.  I  p.  81.  Pii'i  sotto,  a  p.  109,  nn.  18  e  19,  interpreta 
a  suo  modo  troppo  vago  i'  espressione  del  Celano  i)ancis  annis  elapns  da  noi  su  riferita. 

(3)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  30. 

(4)  «  Primus  generalis  minister  > ,  Sabatier  Spec.  p.  112. 

(5)  Conform.  8,  fol  52  v.  ed.  1510.  —  II  B.  Francesco  da  Fabriano  (1251-1322)  nella  raa 
cronaca  citata  dal  Wiiddingo  (an.  1267  n.  5,  t.  IV  p.  277)  scrive:  De  supradicto  fr.  Petro 
Cnthanii,  quod  fnerit  Generalis  Minister,  hafjetur  ex  dictis  fr.  I^onis  e  te. 

(6)  Edita  dal  P.  Ed.  d'AIen90n  in  SpicHegium  cit.  p.  ^7-21;  dal  Sabatier  in  BartìtoU 
p.  113;  e  dai  PP.  di  Qoaracchì  in  Opuscula  S.  P.  Francisci^.  108-10,  cfr.  ibid.  le  osserra- 
zioni  critiche  a  p.  189-92. 

(7)  BarUioU  Traclatus,  p.  113  s. 


124  BIBLIOTECA 


33  datoci  dal  Pisano  e  da  altri  (1).  II  titolo  premesso  al  santo  che  ne  dà  il  Waddingo  (2) 
ha  espressamente  «  Beverendo  in  Cho.  Patri  fratri  Petro  generali  Ministro,  fr.  Fran- 
dscus  saluteni*.  Il  Sabatier  (3)  e  il  Lempp  (4)  la  vogliono  diretta  ad  ogni  costo  a  fr.  Elia, 
ma  le  ragioni  dateci  non  convincono  affatto.  Gli  editori  di  Qaaracchi,  e  il  P.  d'Alenfon 
la  credono  diretta  piuttosto  ad  un  Ministro  provinciale  qualunque.  Ma  nulla  impedisce, 
crediamo  noi,  che  della  lettera  diretta  principalmente  al  Catani,  sia  stata  diramata  auten- 
tica copia  anche  a  tutti  i  Ministri  provinciali.  Ma  altre  ragioni  possono  resultare  dal  con- 
tenuto della  stessa  lettera. 

Francesco  scrive  al  Ministro  «  quod  non  sit  aliqnis  frater  in  mtmdo,  qui  peccaverit, 
quod  postquam  vidarit  oculos  tuos,  unquam  recedat  sine  misericordia  tua....  De  omnibus 
autem  capitulis,  quae  sunt  in  regula»  quae  loquuntur  de  mortalibus  peccatis.  Domino  adin- 
vante,  in  capitalo  Pentecostes  cum  Consilio  fratrum  faciemus  istud  tale  capitulum  :  Si  quis 
fratrum  etc.  Hoc  scriptum,  ut  melius  debeat  observari,  habeas  tecum  usque  ad  Penteco- 
stom  :  ibi  eris  cum  fratribus  tuis.  Et  ista  et  omnia  alia,  quae  minus  sunt  in  regula,  Do- 
mino Deo  adiovante,  procurabis  adimplere  (5)  » . 

Dal  tenore  di  questa  lettera  resulta  in  primo  luogo,  che  essa  fu  scritta  dal  Santo 
dopo  la  prima  regola,  e  qualche  tempo  prima  della  seconda  regola  cui  collaborò  il  B.  Ce- 
sario da  Spira  verso  la  Pentecoste  del  1221,  come  resulterebbe  dal  cronista  fr.  Gior- 
dano (6),  e  confermata  più  tardi  il  29  novembre  1223  da  Onorio  III.  Quindi,  non  senza 
fondamento,  il  Waddingo  riporta  questa  lettera  sotto  l'anno  1221  (7).  In  secondo  luogo 
apparisce  che  la  lettera  era  diretta  a  colui  cui  erano  soggetti  i  frati  di  tutto  il  mondo. 
In  terzo  luogo,  da  essa  si  raccoglie  che  era  vicino  un  prossimo  Capitolo  generale  (8)  da 
celebrarsi  nella  Pentecoste,  a  S.  Maria  degli  Angeli,  per  aggiungere  nella  regola  un  nuovo 
capitolo  Si  quis  fratrum  mstigante  inimico  mortaliter  peccaverit,  cbe  infatti  venne  ag- 
giunto e  si  trova  al  cap.  VII  della  seconda  regola.  Ora  qual  è  questo  Capitolo  generale  ? 
Non  può  essere  certamente  né  il  primo  celebrato  nel  1217,  né  il  secondo  del  1219,  por 
la  semplice  ragione  che  il  Si  quis  non  si  trova  nella  prima  regola,  la  quale  subì  varie 
giunte  sino  al  20  Settembre  1220.  Dobbiamo  dunque  cercare  un  Capitolo  generale  dopo 
questa  data;  e  per  noi  non  può  esser  altro  che  il  famosissimo  delle  Stuoie  celebrato  il 
30  maggio  1221,  dopo  il  ritorno  del  Santo  dall'Oriente  e  quando,  come  abbiamo  notato 
col  Giordano,  il  B.  Cesario  collaborò  alla  seconda  regola  per  ordine  del  Santo,  inseren- 
dovi allora  il  ricordato  capitolo  Si  quis  fratrum.  Ma  quella  lettera,  ci  potrebbe  obbiettare 


(1)  Conformità  12.  —  Un  testo  italiano  del  aec.  XV,  edito  dal  Sabatier  (ibid.  p.  113, 
n.  2)  la  dice  diretta  ed  generale  ministro  del  mondo,  ed  é  il  solo  codice  che  favorisce  l'opi- 
nione del  Sabatier  avendo  l' incipit  e  a  frate  Helya  Ministro  > . 

(2)  Annales  an.  1221,  t.  II  p.  1,  n.  1. 

(3)  Bartholi  p.  113  s.  e  altrove. 

(4)  Fr.  Elie  de  Cartone  p.  169  s. 

(5)  Opu8cula  S.  P.  Frane,  p.  109-10. 

(6)  Cfr.  Anal.  frane,  t.  I  p.  5,  n.  15.  Potrebbe  anco  asserirsi,  che  il  Santo  diede  que- 
sto incarico  al  B.  Cesario  nel  giugno  del  1223  al  suo  ri  tomo  dalla  Germania;  ma  l'ordine 
cronologico  del  racconto  di  Giordano  vi  si  oppone,  se  non  erriamo. 

(7)  Anche  il  Sabatier  {Bartk.  p.  117)  la  vuole  datata  nel  1221. 

(8)  Capitolo  generale  nel  vero  senso,  ossia  universale,  che  si  convocava  ogid  tre  anni 
e  non  già  in  un  Cap.  gen.  ci8m.ontano,  che  si  celebrava  annualmente  in  Assisi;  una  giunta 
alla  regola  doveva  interessare  l'Ordine  intero,  quindi  se  ne  doveva  trattare  in  un  Capitolo 
generalissimo. 


SECOLO  xm.  125 


qualcuno,  poteva  alludere  al  quarto  Capitolo  generale  celebrato  nella  Pentecoste  del  1223  33 
(ultimo  Capitolo  generalo  vivente  il  Santo),  anno  famoso  per  le  molte  dispute  sulla  regola 
e  per  la  relativa  approvazione  pontificia.  A  questa  supposizione,  che  sconvolgerebbe  troppe 
cose,  rispondono  bastevolmente  le  sovra  esposte  serie  ragioni:  la  testimonianza  del  citato 
fr.  Giordano  da  nessun  contemporaneo  contradetta;  la  stessa  opinione  del  Sabatier  che 
assegna  alla  lettera  la  data  del  1221,  prima  del  Capìtolo  generale-,  e  in  favor  nostro,  la 
generalità  de'  Codici  che  la^  vogliono  indirizzata  al  Ministro  generale  che  per  noi  è  il  Ca- 
iani (»^  10  marzo  1221)  e  non  fr.  Elia.  E  poiché  la  lettera  allude  senza  dubbio  ad  un 
prossimo  Capitolo  generale,  questo  non  può  essere  il  Capitolo  del  1223  senza  attenuare 
tutte  le  serie  ragioni  che  militano  in  favore  di  quello  pel  1221,  e  senza  rifare  la  storia 
su  pure  e  vaghe  ipotesi,  prive  di  qualunque  fondamento. 

5.  La  quinta  ed  ultima  questione  si  riferirebbe  al  ritomo  dall'  Oriente  del  Caiani  e 
alla  data  della  morte  sua.  —  Secondo  la  già  riportata  iscrizione  sepolcrale,  che,  per 
quanto  apparisce  dai  caratteri  semigotici  del  tempo  (1),  non  può  oltrepassare  il  secolo 
XIII  0  XIV,  il  Catani  sarebbe  morto  il  10  marzo  del  1221  (Mccxxr.  vr  id.  mabtii),  e 
non  già  nel  1^24  secunda  die  martii,  come  interpretò  il  dotto  Minorità  Spader  suppo- 
nendo doversi  leggere  la  data  della  lapide  in  questo  modo  :  mccxxiv.  il  d.  mabtii  (2).  Noi 
non  seguiteremo  il  Guasti  (3)  chiamando  una  stranezza  Y  industria  dello  Spader  che  pre- 
feri leggere  1224,  né  giureremo  sulla  fedeltà,  de'  punti  dell'  incisore  Assisano,  tanto  pia  che 
allo  Spader  favorisce  il  Chron.  24  Gen.  che  registra  la  morte  del  Catani  precisamente  sotto 
r  anno  1224  (4),  senza  perciò  giurare  neppure  sulla  fedeltà  di  questo  cronista.  Il  dotto  con- 
ventuale Papini  decifra  in  altro  senso  l' iscrizione  e  pone  la  morte  del  Caiani  un  anno  dopo, 
cioè,  al  10  marzo  1222.  Egli  scrive:  «Passo  a  render  ragione,  perchè  io  abbia  detto 
morto  fra  Pietro  ai  10  marzo  1222,  mentre  l'epitafio  segna  1221.  Questo  era  lo  stile 
comune  allora  nel  Cristianesimo  di  cominciar  1'  anno  dal  25  di  marzo,  o  dal  l"  aprile  ; 
sicché  fino  a  tutto  marzo  si  diceva  1221,  quando  già  l'anno  1222  era  di  ire  mesi  secondo 
lo  siile  romano,  ora  comune  già  da  più  secoli.  A  questo  debbesi  stare  da  chiunque  tratta 
le  cose  antiche  e  le  pubbliche  per  i  tempi  correnti.  Io  l' ho  fatto,  ed  il  Caiani  segnasi 
morto  a'  10  marzo  1222,  che  è  lo  stessìssimo  tempo  del  10  marzo  1221,  secondo  il  com- 
puto allora  comune  (5)  » .  Il  calcolo  reggerebbe  se  il  Papini  ci  poteva  assicurare  che  gli 
Assisani  usavano  il  vecchio  stile  e  non  il  romano.  Il  Sabatier,  in  uno  studio  speciale 
sulle  date  usate  nel  secolo  XIII  in  Assisi,  nulla  potè  risolvere  di  preciso  (6).  Del  resto, 
lo  siile  romano  era  spesso  usato  da'  notai  imperiali  e  apostolici  di  Assisi  con  la  formola  : 
Anno  a  naUvitate  Domini.  E  poi,  ammesso  il  computo  del  Papini,  si  scompiglierebbe  tutta 
una  cronologia  di  fetti  precedenti  e  susseguenti,  cronologia  certa  e  ftiori  d'  ogni  questione; 
come  ad  esempio  il  viaggio  del  Santo  in  Oriente  (1219),  le  celebri  missioni  in  Germania, 
il  vicariato  di  fr.  Elia  ecc.,  fatti  compiuti  nel  Capitolo  generale  del  1221,  e  che  non  pos- 
sono trasportarsi  al  1222  senza  serie  prove  in  contrario  e  senza  sconvolgere  tutta  una 
storia  come  ha  voluto  fare  il  Papini,  credendo  giusto  e  inconcusso  il  suo  calcolo. 


(1)  Vedasi  la  riproduzione  fototipica  nel  cit.  SpicUegitm,  nella  Miscellanea  del  Paloci, 
nel  Panfilo  Storia  di  S.  Frane,  t.  I  p.  327. 

(2)  Vedi  Panfilo  Storia  cit.  t.  I  p.  327. 

(3)  Basilica  di  S.  Maria  degli  Angeli  p.  29. 

(4)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  30. 

(6)  Storia  di  S.  Frane,  t.  I  p.  187. 
(6)  Spec.  Perf.  p.  ccxn-rv. 


126  BIBLIOTECA 


88  Ammessa  corno  certa  la  morte  del  Catant  nel  10  marzo  del  1221   (poiché  non  ab- 

biamo una  seria  ragione  per  porla  in  dubbio),  è  necessario  concladere  che  egli  fosse  tor- 
nato di  fresco  dall'Oriente  ove  col  Siinto  area  trascorso  qnasi  tutto  l'anno  1220,  come 
abbiamo  notato  altrove,  e  forse  anche  i  primi  mesi  del  1221.  Il  cronista  Giordano  ce  lo 
presenta  come  ritornato  insieme  col  Santo  e  cogli  altri  compagni  (1)  ;  sarà  vero,  e  sarà  vero 
eziandio  l'asserto  del  Cliron.  24  Qen.  che  dire  morto  il  Catani  e  àbsente  sondo  Francisco  » 
e  sepolto  a  S.  Maria  degli  Angeli  (2).  Il  Catani  quindi,  sia  che  ritornasse  insieme  col  Santo 
(per  chi  volesse  attaccarsi  alle  parole  del  Giordano),  sia  che  precedesse  di  qualche  mese 
il  ritorno  del  Santo  (come  vogliamo  credere  noi),  dovette  arrivare  qualche  tempo  prima 
in  Assisi,  munito  della  predotta  lettera  del  Santo,  per  riprendere  l' interrotto  governo  del- 
l'Ordine, per  ridonare  la  calma  ai  frati,  ed  avvisarli  del  ritorno  di  Francesco  e  del  pros- 
simo Capitolo  generale  da  convocarsi  nella  Pentecoste  (30  maggio  1221).  Ma  giunto  in 
Assisi  e  ridonata  la  pace  ai  frati,  egli  poco  dopo  spirava  nella  pace  de' giusti,  ai  10  di 
marzo  1221,  «  absente  sancto  Francisco  »  ;  qnando  forse  Francesco  rinavigava  dall'Oriente 
verso  l'Italia,  o  forse,  già  ritornato,  si  recava  direttamente  dal  Pontefice  per  informarlo 
del  suo  ritomo  e  de'  bisogni  dell'  Ordine. 

E  qui  abbiamo  finito  di  esporre  le  nostre  osservazioni.  Aggiungiamo  un  brano  sul 
Catani  che  ricaviamo  dall'importante  Cod.  memb.  S.  Antonii  de  Urbe,  ms.  della  prima 
metà  del  secolo  XIV,  che  è  una  delle  fonti  storiche  francescane  certamente  anteriore  al 
Pisano  e  al  Chron.  24  Gen.,  ambe  compilazioni  della  seconda  metà  del  secolo  XIV. 

«  Frater  Petrus  Catanii  qui  fuit  primo  canonicus  maioris  ecclesiae  de  Assisio  post- 
quam  venit  ad  Ordinem  fuit  diu  vicarius  B.  Francisci.  Nam  B.  Franciscus  nec  proprium 
habere  volens,  nec  ipsam  praelationero,  voluit  eum  esse  sibi  vicarium.  Bedions  autem  beatus 
pater  et  eum,  quem  mnltnm  dilexerat,  defunctum  in  loco  aanctae  Mariae  de  Ang^s  inve- 
niens,  et  miracula  multa  facientem,  ac  populum  et  maxime  mulieres  confluentes  ad  locum 
sepulturae  eius  et  offerre  linum  et  lanam  et  alia  :  accesit  ad  locum  sepultnrae,  et  clamans 
dixit:  Frater  Petre,  mihi  semper  fuisti  obediens  in  vita  tua:  modo,  quia  nimia  moìesiamur 
a  saecularibua,  debes  etiam  obedire  mihi:  unde  praecipio  Ubi  per  obedientiam  quod  cesses 
ab  istis  miraculis.  Et  statim  cessavii,  nec  amplius  miracula  fecit  *  (Cod.  cit.  toì.  57  r.). 

1  Quando  beatus  Franciscus  resignavit  officium  praelationis  in  capitalo  generali,  post 
verbum  resignationis,  &cto  vicario  suo  fratre  Petro  Catanii,  surgens  iunctis  manibus,  et 
ocnlis  in  coelum  erectis  dixit  :  Domine,  tibi  recommendo  familiam  tnam,  quam  mihi  hacte- 
nus  commisisti;  et  nunc  propter  infirmitates  quas  tu  nosti,  dnlcissime  Domine,  curam  eius 
habere  non  valeo:  ipsam  recommendo  ministris;  teneautnr  ipsi,  in  die  iudicii  coram  te. 
Domine,  reddere  rationem,  si  aliquis  firater,  eorum  vel  n^ligentia  vel  malo  exemplo  rei 
aspera  correctione,  perìerit»  (Cod.  di  fol.  60  t.). 

1220  —  Fr.  Ste&no  da  Nami,  discepolo  di  S.  Franoeeco,  ed  reca  in  Oriente  ecc. 
(Ex  Cod.  memb.  8.  Antonii  de  Urbe  saec.  XIV). 

34  n  cronista  fr.  Giordano  raccontando  (Vedi  sopra  num.  11)  le  gravi  perturbazioni  avve- 

nute in  Italia,  nell'  assenza  di  Francesco  in  Oriente,  ricorda  come  un  «  quidam  frater  laicus 
mdignatus,  sine  licentia  Vicariorum  transfretavit  *  e  venne  in  Siria,  per  informarne  il 


(1)  AnaL.  frane,  t.  I  n.  14:  «Franciscus....  assumptis  secnm  fratre  Helia  et  fratre  Pe- 
tro Gathaniae  et  fratre  Caesario  et  aliis  fratribus,  rediit  in  Italiam  > . 

(2)  Anal,  frane,  t.  Ili  p.  30-31. 


SECOLO  xra.  127 


1 


Santo  ecc.  —  I  posteriori  cronisti  ci  trovarono  e  il  nome  e  la  patria  di  qnesto  fervido  discepolo  84 
di  Francesco.  Egli  è  detto  frate  Stefano  prima  dal  Mariano  (1)  e  dal  cronista  de  Komorowo,  e 
poi  da  altri  :  —  «  Super  quibus  constitntionibus  [Vicariomm]  quidam  fratres  indignati,...  fra- 
trem  St&plianum  laycum,  beati  patris  discipulum  (ut  dicit  registrum  ordinis),  miserunt  post 
beatnm  patrem,  ut  suas  eidem  tribulaciones  enodarent(2)  ».  Il  lacobilli  (3)  e  il  P.  Agostino 
di  Stroncone  (4)  lo  dicono  della  città  di  Narni,  come  pure  il  Hueber  (30  Dee.),  il  Mazzara 
(28  Dee.  t.  XII  p.  385),  ed  altri.  H  Waddingo  però  lo  dice  «  ignotae  patriae,  yir  sanctus.... 
In  sancta  humilitate  pius  hic  yir,  suos  dies  transegit,  probe  edoctus  ab  ipso  Institutore. 
Ubi  requiescit  ignoratur  »  ;  così  pure  non  sa  assegnarci  Tanno  della  morte,  e  la  pone  circa 
il  1258  (5).  I  citati  lacobilli  e  P.  Agostino  (1.  e.)  aggiungono,  non  sappiamo  su  quale 
testimonianza,  che  il  B.  Stefano,  ritornato  col  Santo  dalla  Siria  in  Italia,  fu  di  bel  nuovo 
rimandato  in  quelle  parti  della  Terra  Santa  in  compagnia  di  altri  frati,  nel  1221.  E  che 
indi,  ritornato  definitivamente  dalla  sua  missione  non  si  sa  quando,  mori  in  Assisi  il 
31  Dee.  1258,  e  venne  sepolto  nel  cimitero  di  S.  Maria  degli  Angeli.  —  Poiché  trattiamo 
di  uno  dei  primi  frati  e  discepoli  del  Santo  in  Terra  Santa,  crediamo  bene  di  riportare  il 
seguente  brano  inedito  che  riproduciamo  da  un  Cod.  miscellaneo  del  Convento  di  S.  An- 
tonio .di  Roma,  brano  assai  importante  si  per  la  vita  del  b.  Stefano,  che  per  la  storia 
deir  Ordine  di  que'  tempi.  H  racconto  è  d' uno  de'  contemporanei  al  beato,  cioè  di  frate 
Tomaso  da  Pavia,  Ministro  provinciale  della  Toscana  circa  il  1260  (6),  il  quale  per  noi 
è  quel  Tomaso  che  vedremo  più  sotto  ricordato  nella  Leggenda  o  Vita  del  B.  Benedetto 
d' Arezzo,  e  autore  della  cronaca  Gesta  Imperatorum  et  Pontificum  edita  alcuni  anni  sono 
nei  Monum.  Germaniae  historìca  Script,  t.  XXII  pp.  483-528.  Del  cronista  fr.  Tomaso, 
stato  pure  in  Oriente,  parleremo  a  suo  luogo  sotto  1'  anno  1280  di  questo  volume.  Ora 
sentiamo  fr.  Tomaso: 

«  Frater  Thomas  de  Papia,  provincialis  Minister  in  Thuscia  diiit  quod  quidam  Ste- 
phanus  nomine,  simplex  et  tanta  puntate  praeditus  ut  vix  eum  crederes  posse  mentir!, 
narravit  sibi  quae  infrascriptis  continentur.  —  In  initio  Ordinis,  aiebat,  consuetudo  foli 
quod  beatus  Franciscus  volentes  venire  ad  Ordinem  recipiebat,  indutosque  habitu  et  funiculo 
succintos,  recommendabat  abbatiis  et  ecclesiis^  quia  loca  in  quibus  eos  poneret  non  habebat, 
praecipiens  ipsis  fratribus  ut  Deo  devote  servirent,  et  ecclesiis  in  quibus  locabat  eoa  obse- 
quium  impenderent.  Contigit  igitur  ut  hunc  fratrem  Stephanum  reciperet,  eumdemque  iir 
quadam  abbatia  locavit  cum  socio.  Post  duos  vero  annos  beatus  Franciscus  ad  eamdem 
abbatiam  rediit,  ibique  fratrem  praedictum  reperit.  Quos  (sic)  cum  ibi  posuerit,  quaesivit  qua- 
liter  eonversatus  fuerit,  [et]  a  monacis  loci  diligenter  investiga vit.  Cumque  a  cunctis  testimo- 
nium  laudabile  de  vita  fratris  audisset,  ipsum  se  comitari  iubet,  et  per  plures  annos  as- 
sumpsit  in  socium  specialem.  Cum  autem  ad  domum  cuiusdam  dominae  nobilis  solus  cum 
solo  venisset,  ipsa  pannum  tintum  ad  fòciendam  casulam  sacerdotis  beato  Francisco  de- 
vote obtulit;  quo  suscepto  ad  quoddam  monasterium  monachorum  ad  hospitandum  vene- 
runt.  Dumque  beatus  Franciscus  cum  abbate  familiariter  loqueretur,  quidam  conversus, 
diutina  infirmitate  egrotans,  horribiles  mugitus  et  querelas  emittens,  maledicebat  omnes  ha- 
bitantes  in  monasterio,  quia  sibi  in  nullo  subveniebant  in  tantis  angustiis  constituto.  Ac- 
cedit  igitur  Sanctus  ad  eum  cum  socio,  monet  ad  patientiam,  divinam  providentiam  laudai 
quae  mala  convertit  in  bonum,  placat  egrotum  verbo,  et  culpam  suam  recognoscere  monet, 


(1)  Ap.  Wadding  Annoi  t.  I  p.  94,  312,  332. 

(2)  Pr.  Jean,  de  Komorowo  Memoriale  Ord.  Fr.  Minorum,  Leopoli  1886,  p.  79. 

(3)  Vite  de'  Santi  e  Beati  deW  Umbria,  Foligno  1661,  t.  Ili  p.  256. 

(4)  Umbria  Seraf.  in  Misceli,  frane.  II.  52. 

(5)  Annate»  t.  IV  p.  92. 

(6)  Come  si  ba  dal  Terrinca  Theatrvm  Etrusco-Minorit.  p.  31. 


128  BIBLIOTECA 


34  ostendit  ei  affectum  compassionis.  Et  quia  nudnm  et  inhoneste  iacentein  videbat:  «affer,  in- 
quit,  mihi,  frater  Stephane,  pannum  quem  domina  dedit  nobis  ;  casnlas  enim  bone  invenie- 
mus  si  necessariae  fnerint,  hic  nados  vestiendus  est,  ut  impleamus  Christi  mandatum  » . 
Eidem  pannum  apportavi,  et  manibus  suis  vestimentum  incidit  atque  suit;  et  antequam 
egrederetur  de  loco  ilio,  egrotum  visitans,  nudum  vestivit.  —  Dicebat  idem  frater  Ste- 
phanus  quod  b.  Franciscus  nulli  mulieri  familiaris  esse  volebat,  nec  familiares  mulieres 
mulieribus  acceptabat:  ad  solam  beatam  Claram  videbatur  affectum  habere.  Nec  enim, 
quando  cum  ipsa  aut  de  ipsa  loquebatur,  cam  suo  nomine  nominabat,  sed  Christianam 
appellabat  eam.  Illius  et  monasterii  sui  curam  habebat.  Noe  umquam  ipse  aliud  mona- 
sterium  mandavit  fieri,  licet  tempore  suo  aliqua  monasteria  constructa  faerint,  procura- 
tione  quorumdam.  Et  cum  intellexisset  quod  mulieres  congregatae  in  dictis  monasteriis  di- 
cebantur  sorores,  vehementer  turbatus,  fertur  dixisse  :  «  Dominus  a  nobis  uxores  abstulit, 
dyabolus  autem  nobis  procura vit  sorores  » .  Dominus  Ugolinus  episcopus  Ostiensis,  qui  erat 
protector  Ordinis  Minorum,  ipsas  sorores  magna  affectione  fovebat.  Et  cum  quadam  die 
beato  Francisco,  volenti  ab  eo  recedere,  eas  recommendaret  :  «Frater,  inquit,  recommendo 
tibi  dominas  illas  » ,  Tunc  beatus  Franciscus  yllari  vultu  respondit  :  «  Sancte  pater,  de  cetero 
non  sorores  nòminentur  minores,  sed  dominae,  sicut  nunc  recommendando  eas  dixistis  » .  Et 
ex  tunc  dictae  sunt  dominae,  non  sorores.  —  Non  multum  post  hoc,  mortuus  est  fr.  Am- 
brosius  de  ordino  Cistersiensium  poenitentiarius,  cui  dictus  dominus  Ugolinus  curam  prae- 
dictorum  monastoriorum  commiserat,  praeter  quam  monasterium  sanctae  Clarae.  Tunc 
fr.  Philippus  Lotìgus  procuravit  sibi  committi  monasteria  supradicta,  auctoritatem  habere 
a  summo  Pontifice,  ut  in  eorum  obsequia  secundum  arbitrium  suum  fratres  deputaret  Mi- 
nores. Quo  audito,  beatus  Franciscus  turbatus  est  vai  de,  maledixit  illi  sicut  sui  Ordinis 
destructori.  Dicebatque  dictus  fr.  Stephanus  quod  hoc  verbum  ab  ore  boati  Francisci  au- 
divit:  «  huc  usque  fìstula  fuit  in  carne,  spesque  curationis  erat,  ex  nunc  autem  in  ossibus 
radicata  incurabilis  prorsus  erit».  Dictus  fr.  Stephanus  ex  mandato  praedicti  fr.  Philippi  ad 
quoddam  monasterium  dominarum  accessit,  et  cum  semel  iret  cum  beato  Francisco  de  Be- 
vanio  ad  alium  locum,  postulavit  veniam  ab  eo,  quia  de  mandato  dicti  fratris  Philippi 
ad  monasterium  accessisset.  Tunc  Sanctus  increpavit  eum  dure,  iniunxitque  ei  prò  poeni- 
tentia  ut  vestitus  sicut  erat  in  fluvium  se  proiiceret  iuxta  quem  ambulabant.  Erat  autem 
hoc  in  mense  decembri.  Madescens  autem  et  tremens  prae  nimio  frigore,  per  duo  magna 
miliaria,  beatum  Franciscum  usque  ad  domum  fratrum  comitatns  est.  —  Item  idem  fr.  Ste- 
pìianus,  sicut  dicebat,  cum  beato  Francisco  et  quibusdam  fratribus  in  qnodam  heremito- 
rio  per  plures  menses  moratus,  coquinae  et  mensae  fratrum  curam  gerebat.  Eratque  eis 
omnibus  hic  modus  vivendi:  ex  mandato  beati  Francisci,  in  silentio  et  oratione  esse,  do- 
nec  dictus  fr.  Stephanus  eos  per  sonum  teguìao  ad  prandium  vocaret.  Eratque  consuetudo 
b.  Francisci  circa  horam  tertiam  de  cella  exire,  et  si  quando  in  coquina  ignem  non  vi- 
debat, colligebat  manipulum  herbarum,  advocans  in  silentio  fratrem  Stephanum  :  «  Vade, 
dicebat,  et  coque  herbas  istas  aliquantulum,  et  bene  erit  fratribus  » .  Item  dicebat  quod  pln- 
ries,  cum  dictus  fr.  Stephanus  ova  aliqua  sibi  data  et  caseum  coxisset  prò  fratribus,  beatus 
Franciscus  laetus  comedebat  cum  eis,  et  laudabat  prudentiam  coqui  sui.  Aliquando  autem  cum 
quadam  turbatione  vultus  aìebat:  «Nimis  fecisti  frater:  nec  volo  quod  cras  aliquid  facias». 
Èie  vero  timoratus,  beati  Francisci  voluntatem  implebat.  Cumque  sequenti  die  mensam  orna- 
tam  frustis  panum  diversi  generis  b.  Franciscus  aspiceret,  cum  magna  laetitia  cum  fratribus 
recumbebat.  Interdumque  dicebat  :  «  Frater  Stephane,  quare  non  fecisti  nobis  aliquid  ad  eden- 
dum?»  Quo  respondente,  quia  tu  dixisti  mihi  quod  non  facerem,  dicebat  sanctus  Franciscus: 
«  Discretio  bona  est  :  nec  semper  implendum  est  quod  dicitur  a  praelatis  » .  —  Haec  prae- 
dieta  asseruit  fr.  Thomas  se  a  dicto  fratre  Stephano  andivisse.  Ad  laudem  Christi  »  (1). 

1220.  —   Fr.  Luca   di   Puglia   Ministro  Provinciale  di  Romania  (e  di  Terra 
Santa)  e  stabilimento  de'  Minori  in  Costantinopoli. 

86  Biassnmiamo  qui  il  più  antico  documento  che  ricordi  i  Minoriti  in  Costantinopoli  nel 

1220,  sotto  il  dominio  ancora  degU  imperatori  latini.  In  esso  documento  fr.  Luca  è  ricordato 


(1)  Cod.  memb.  S.  Ant.  de  Urbe  aaec.  XIV,  fol.  58v.-59v. 


SECOLO  xra.  129 


qual  Ministro  provinciale  di  Bomania,  ossia  di  Grecia,  che  fino  al  1263  era  tutta  ana  prò-  36 
Tiucia  colla  Terra  Santa.  Frate  Luca,  che  noi  ricordammo  (1)  come  d' ignota  patria,  ci  è 
detto  nativo  di  Puglia  dall'agostiniano  P.  Palmieri  che  consultò  il  presente  archivio 
de'  PP.  Conventuali  di  Costantinopoli.  Ma  o  lui  o  le  memorie  dell'  archivio  troppo  recenti, 
errano  dicendolo  provinciale  nel  1219  (2),  quando  sappiamo  di  certo  che  in  detto  anno  il 
primo  provinciale  di  Romania,  della  Terra  Santa  e  di  tutto  il  Levante,  era  il  celebre  frate 
Elia,  di  cui  abbiamo  già  detto  abbastanza  nel  precedente  articolo,  al  n.  31.  Anche  il  nostro 
P.  Panfilo  assegna  a  frate  Luca  lo  stesso  anno,  e  per  isbaglio  lo  dice  anche  primo  Ministro 
provinciale. 

Ora  ecco  il  sunto  del  documento  pontificio  Che  ricorda  i  Minoriti  in  Costantinopoli: 
Un  tale  sacerdote  Giovanni,  «  Praepositus  ecclesiae  SS.  Apostolorum  Constantinopo' 
ìifanae»,  perseguitato  da  certi  suoi  emuli,  venne  a  Boma  per  giustificarsi  dal  Papa  nel  1220. 
Fra  le  accuse  mosse  contro  di  lui  era  anche  questa,  di  aver  cioè  fatto  il  voto  di  abbrac- 
ciare l'Ordine  de'  Minori  nelle  mani  di  frate  Luca  «  Magistro  Fratrum  Minorum  de 
partibus  JRomaniae,  in  cuius  vovisse  manibus  idem  Praepositus  dicebatur  » .  La  promessa 
0  voto  di  questo  prete  sembra  vero,  poiché  frate  Luca,  venuto  anche  lui  in  quel  tempo 
a  Boma,  rinunziò  ad  ogni  pretesa  sul  sacerdote,  in  presenza  del  Pontefice  :  «  Fratre  Luca.... 
coram  Nobis  omni  cantra  eum  liti  cedente  » .  Il  Papa  quindi  libera  da  ogni  accusa  il 
sacerdote  Giovanni  rinviandolo  a  Costantinopoli  con  lettere  di  protezione,  una  diretta  al 
card.  Giov.  Colonna  suo  legato  (data  9  dee.  1220),  e  l'altra  a  Matteo  Patriarca  latino  di 
Costantinopoli  (con  data  de'  18  feb.  1221).  Da  questo  fatto  ci  risulterebbe  che  già  da  que- 
st'  anno  1220  i  Minoriti  erano  stabiliti  a  Costantinopoli  (3).  Lo  Sbaralea  suppone,  ragio- 
nevolmente, che  frate  Luca  siasi  recato  da  Costantinopoli  a  Boma  fors'  anco  per  informare 
il  Papa  dello  stato  e  relazioni  tra  le  due  Chiese  (4). 

1221  8.  —  B.  Be  ledicti  Sinigardì  de  Aretio  vita  et  miraouia,  ex  ma.  ood. 
FranoiBci  R  idi  Patrioìj  Aretmi  n°  57  (nunc  Bibllotheoae  National.  Floren- 
tinae  inter  aodd.  Palatinos  n.  266  fol.  314r.-318r.). 

1.  —  Quando  nel  febbraio  del  1900  studiavamo  nella  Nazionale  di  Firenze,  casual-    36 
mente  ci  capitò  tra  le  mani  il  citato  cod.  miscellaneo  scritto  quasi  tutto  dal  Redi  verso 
il  1661,  e  non  sospettavamo  punto  la  grata  sorpresa  di  leggervi  una  vita  o  legenda  del 
nostro  B.  Benedetto  apostolo  e  Ministro  provinciale  della  Terra  Santa,  scritta  da  un  certo 
Nanni  di  Arezzo  nel  1302.  Sapevamo  d'una  simile  legenda  citata  ed  usata  abbondante- 


(1)  Serie  Cronologica  de'  Super,  di  T.  S.  n.  2.  —  Fra  Luca  è  ricordato  anche  dal  Papini, 
qual  provinciale  Ministro  di  Bomania  e  di  tutto  il  Levante,  proyincia  (dice  lo  stesso  storico) 
che  nel  1260  [corrige  in  1263]  Tenne  divisa  in  due;  in  quella  di  Bomania  e  in  quella  di 
Siria  o  Terra  Santa.  Storia  di  S.  Francesco  (Foligno  1825)  t.  I  p.  100  e  184. 

(2)  Palmieri  Dagli  archivi  de'  Conventuali  di  Costantinopoli  (Boma  1901  p.  4)  opuscolo 
estratto  dal  Bessarione  rivista,  an.  V  voi.  VII  n.  53-54. 

(3)  Dette  lettere  sono  nello  Sbaralea  BuUarium  t.  I  p.  6-8. 

(4)  BuU.  cit.  p.  7  nota  £.;  ove  anche  sappone,  non  sappiamo  con  quanta  ragione,  che 
frate  Luca  si  sia  portato  a  Roma  ea^to  nùnisterio  anno  superiori  cioè  nel  1219.  Tatta 
questa  confusione  sulla  cronol(^ia  dei  Provinciali  d'  Oriente  proviene  dall'  aver  ignorato  il 
Chronicon  di  frate  Giordano  che  è  il  primo  che  ricordi  il  provìncialato  di  frate  Elia  in 
Oriente  dal  1217  sino  al  suo  ritome  col  Santo  in  Italia  (1220). 

BUtUot.  —  Tom.  I.  9 


130  BIBLIOTECA 


36  mente  dal  Pisano  (1),  e  con  breve  cenno  ricordata  da  frate  Paolino  Veneto,  vescovo  di 
Pozzuoli  (1324-44),  autore  del  Provinciale  Ord.  FF.  Minorum  edito  dall' Eubel  (2).  Sa- 
pevamo pure  d' un'  altra  leggenda  usata  dal  Chronicon  24  Generalium  (3),  non  poco 
discorde  da  quella  usata  dal  Pisano  (come  vedremo);  oltre  un  racconto  sulla  vita  e  pro- 
digi di  Benedetto  attribuito  dal  Waddingo  a  Bernardo  da  Bessa  (4).  Ora,  di  tutte  questo 
leggende,  e  se  qualche  altra  vi  fu  ancora  (5),  noi  non  possedendo  che  alcuni  brani  o  in- 
dicazioni tramandateci  dai  mentovati  cronisti,  questa  del  Nanni  era  la  sola  che  ci  si  sve- 
lava nella  sua  integrità,  e,  quel  che  più  importa,  ricca  nella  sua  brevità  di  nuove  notizie 
sulla  vita  del  Beato.  Senz'altro  quindi  la  trascrivemmo  fedelmente  ;  e  volevamo  pubblicarla 
in  qualche  periodico,  più  come  una  delle  fonti  antiche  usate  dal  Pisano  (onde  purgarlo 
in  parte  della  stupida  taccia  di  fabbricatore  di  favole)  che  come  scoperta  d'un  importante 
documento  contemporaneo  al  Beato.  Differendo,  ci  riserbavamo  di  darla  con  altre  notizie 
in  questa  nostra  raccolta;  quando  le  gentili  insistenze  dell'amico  Mons.  Faloci-Pulignani 
ce  la  rapirono  per  darla  nella  sua  preziosa  Miscellanea  francescana  agli  amatori  di  cose 
rare  ed  inedite  (6).  Ma,  a  dir  la  verità,  che  non  può  dispiacere  al  dotto  critico  Faloci, 
noi  ci  aspettavamo  molto  di  più  dalla  sua  vasta  erudizione  francescana  nella  prefazione 
che  egli  vi  premise  :  ci  aspettavamo  specialmente  più  chiarezza  di  giudizio  sulla  leggenda 
di  Benedetto  :  se  una  o  più  leggende  si  ebbero,  e  quanta  e  quale  la  dipendenza  fra  loro  : 
e,  quel  che  più  interessa,  maggior  giustezza  di  criterio  sul  valore  di  una  leggenda  per 
quanto  mista  di  favole;  se  favole  chiamar  si  possano  pie  esagerazioni  inspirate  dalla  pietà 
e  poesia  popolare,  ma  sempre  in  base  d'un  fatto  certo. 

Non  dispiaccia  quindi  all'egregio  amico,  se,  facendo  a  turno,  ora  tocca  a  noi  di  pren- 
derci parte  di  quella  stessa  libertà  con  cui  egli  francamente,  so  non  sempre  giustamente, 
critica  tutte  le  opere  de'  frati  Minori,  e  in  modo  speciale  le  fonti  della  loro  storia  antica. 

Monsignore  esordisco  con  voler  quasi  avvilupparci  in  un  buio  cupo,  nel  quale  crede 
ancor  avvolta  la  prodigiosa  vita  del  b.  Benedetto  di  Arezzo.  E  primieramente,  perchè  i 


(1)  Conform.  8,  par.  2,  fol.  25 r.  ed.  1510;  fol.  22  v.  ed  1513:  *ut  in  legenda  habetur 
fratris  Benedicti  de  Aretio....  »  ove  riporta  il  viaggio  e  l'abboccamento  del  Beato  coi  santi 
profeti  all'Eden.  Dopo  la  leggenda  del  Nanni,  daremo  questo  e  un  altro  brano  della  leg- 
genda usata  dal  Pisano,  come  pure  un  brano  d'un  altra  leggenda  usata  dal  Cliron.  24  Ge- 
neralium. 

(2)  Quaracebi  1892,  a  p.  59  n.  232,  cosi:  «  Hic  (fì*.  Benedictus)  ductus  fiiit  in  paradisum 
deliciarum  ubi  vidit  Enoch  et  Helyam,  qui  inter  colloquia  ei  dixerunt,  quod  adventus  Fran- 
cisci  eis  datus  fuerat  prò  ultimo  signo  exitus  sui  » .  E  nulla  più. 

(3)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  224  :  il  cui  brano  riportiamo  in  fine  di  questo  articolo. 

(4)  e  Eius  (Benedicti)  precibus  ab  imminenti  et  certo  naufragio  liberatos,  socium  et  duos 
Divi  Basilii  monachos,  in  quodam  prope  Antiochiam  alveo  navigantes,  refert  Bemardus  a 
Bessa,  seque,  miraculum  hoc  ab  ipso  eius  socio  [b.  fr.  Rainerio]  aliisque  viris  fide  dignis 
accepisse  subiungit».  Annales  an.  1211,  t.  I.  p.  112  n.  16.  Queste  particolarità  attribuite 
al  Bessa  e  non  narrateci  da  altri,  e  che  mancano  nella  leggenda  del  Bessa  pubblicata  ne- 
gli Anal.  frane,  t.  Ili  p.  666-93,  ci  persuadono  ognor  più  che  la  leggenda  del  Bessa  quale 
oggi  l'abbiamo  è  monca  anche  su  quanto  riguarda  la  vita  di  S.  Francesco.  Ma  la  sorte  non 
tarderà  speriamo,  a  disseppellirci  ancor  questa  del  Bessa  come  ora  veniamo  a  sapere  es- 
sersi ritrovato  un  compendio  della  cronaca  di  Pellegrino  da  Bologna  suo  contemporaneo. 

(5)  Lo  Sbaralea  (Suppiem.  ad  script,  in  addenda,  p.  732)  crede  che  il  B.  Rainerio  di 
Borgo  S.  Sepolcro  [f  1  nov.  1304]  compagno  del  b.  Benedetto  ne  avesse  scrìtta  una  vita  o 
l'agenda:  e  che  dì  questa  se  ne  sia  servito  il  Pisano. 

(6)  Volume  Vili  (1901)  lEasc.  I  p.  5-8. 


SECOLO  xm.  131 


Bollandisti  non  ci  hanno  trorato  alcnn  docnmonto  meritevole  di  piena  fede;  poi,  percht'  36 
libri  speciali  cho  parlino  del  Beato  non  se  no  hanno  all'infaori  del  noto  panegirico  che  ne 
scrisse  il  Minorità  conventuale  P.  Bicilotti;  poi,  perchè  di  lui  lo  Chevalier  non  seppe 
produrci  alcuna  utile  indicazione  nel  suo  JRepertoire  delle  fonti  storiche  del  medio  evo; 
e  poi,  finalmente,  perchè  «  gli  odierni  successori  del  Bollando  non  hanno  potato  offrire  il 
ricordo  wcppwr  di  un  dooumento  solo  fededegno  (1)  ».  E  in  un  cosi  cupo  silenzio,  e  tra 
così  fitte  tenebre  il  eh.  Paloci  non  trova  «  notizie  più  antiche  »  sul  Beato,  che  qoelle  ri- 
pubblicate dal  P.  Enbel,  nel  prezioso  Provinciale  della  metà  del  XIV  secolo!  (2).  Ma  so 
cosi  lungo  ed  unanime  è  il  silenzio  dell'antichità,  e  se  cotanto  fitta  è  la  tenebra  che  av- 
volge la  vita  del  nostro  Beato,  chiunque  abbia  letta  la  severa  prefazione  del  dotto  critico, 
avrà  conchiuso  come  noi,  che  dunque  il  silenzio  e  le  tenebre  son  estese  super  univcrsam 
terram,  e  che  la  vita  dell'apostolo  Aretino  deve  tutta  riporsi  tra  le  cervellotiche  favole 
di  qualche  Fedro  Minorità  del  secolo  XIII  !  È  così,  che  la  troppo  critica  negativa  dell'  o- 
gregio  Faloci  dal  buio  ci  volle  condurre  al  buio  pesto.  —  Ma  vedremo  se  qualche  raggio 
di  luce  men  fosca  diraderà  le  pretese  fitte  tenebre  che  avvolgono  il  nostro  Benedetto. 

Ma  anche  un'altro  criterio  del  Faloci  non  può  garbare  punto  a  nessuno,  per  la  sem- 
plice ragione  del  gratis  asseritur.  Egli,  osservando  che  la  Legenda  B.  Benedicti  era  poco 
conosciuta  anche  dall'autore  della  Cronaca  dei  XXIV  Generali,  per  la  ragione  che  que- 
sti «  parlando  delle  prodigiose  vicende  del  Beato,  espone  queste  in  modo  assolutamente 
diverso»^  crede  perciò  il  Faloci  di  relegare  tra  i  favolosi  anche  l'autore  della  Cronaca; 
giacché  (come  asserisce)  «  il  fatto  solo  che  egli  amplifica  (?)  il  racconto  leggendario, 
prova  (?)  che  scriveva  sopra  ricordi  tradizionali,  anziché  sulla  base  di  documenti  sicuri  ». 
Ma  il  fìttto  sta  che  l'autore  della  Cronica  non  solo  amplifica,  ma  né  poco  né  molto  gli 
era  conosciuta  la  leggenda  del  Nanni  che  pubblichiamo,  sibbene  nn'  altra  diversa,  o  in 
certi  punti  discorde,  e  ben  più  ampia  di  quella. 

Un  semplice  confronto  delle  memorie  che  fin  qui  abbiamo  sulla  vita  di  Benedetto,  ò 
sufficiente  a  farci  scorgere  V  esistenza  almeno  di  tre  leggende  differenti  e  tra  loro  indipen- 
denti, senza  però  dover  supporre  gratuitamente  amplificazioni  e  interpolazioni  nei  cronisti 
che  ce  le  tramandarono  o  in  brani  come  il  compilatore  del  Chronicon  e  il  Pisano,  o  in 
compendio  come  il  Nanni.  Le  dissonanze  quindi  o  le  contradìzioni  che  uno  scorge  fra  le 


(1)  I  Bollandisti  ne  parlano  (in  Ada  SS.  t.  VI  aug.  p.  808-811)  sulla  scorta  del  Pisano, 
Bodulfio,  Waddingo  e  di  altri  scrittori  francescani,  discernendo,  come  si  conviene  a  critici 
eruditi  ed  imparziali,  i  fatti  non  dubbii  dai  dubbii  e  leggendari;  e  non  già,  come  asserisce 
il  Faloci,  che  non  vi  abbiano  scorto  neppur  un  documento  di  piena  fede  o  fededegno!  I  bol- 
landisti, rigettata  (ma  senza  punto  inarcar  le  ciglia,  e  senza  spreco  di  critica)  rigettata  a 
suo  luogo  la  leggenda  del  misterioso  dragone  e  del  colloquio  coi  santi  profeti  nel  paradiso 
terrestre,  nuli' altro  ebbero  di  che  purgare  la  vita  del  nostro  beato.  E  se  errarono  nel  ne- 
gargli di  aver  ricevuto  all'  Ordine  l' imperatore  di  Brienne,  l'errore  è  piuttosto  del  Baynaldi 
(ad  an.  1237,  n.  74-76).  Se  il  dotto  boUandista  Pinio  avesse  conosciuto  il  Chronicon  del  Sa- 
limbene  e  quello  del  Bessa  (in  Cliron.  24  Gen.),  ambo  contemporanei  a  Benedetto,  non  avrebbe 
punto  messo  in  dubbio  il  fatto  sulle  futili  ragioni  date  dal  Raynaldi.  Ed  ecco  che  anche 
questa  volta  (dopo  le  tante!)  la  storia  volle  dare  ragione  al  fedele  Pisano  ed  una  solenne 
smentita  all'ipercritica  vecchia  e  moderna. 

(2)  Abbiamo  visto  e  notato  più  sopra,  nella  seconda  nota  di  questo  articolo,  a  che  si 
riducono  le  protese  notizie  jntt  antiche  dateci  dal  citato  Provinciale:  cioè  al  solo  abbocca- 
mento di  Benedetto  coi  santi  profeti  là  nel  paradiso  terrestre!  E  queste  pel  Paloci  sono 
•  forse  le  notizie  pik  anticlie  che  si  Itanno  di  lui»  !f 


132  BIBLIOTECA 


36  tre  suddette  leggende,  debbonsi  attribnire  a  tre  sorgenti  distinte,  piuttosto  che  alle  am- 
plificazioni  di  cronisti  la  coi  fedeltà  di  compilatori  nessuno  ha  fin  qui  posta  in  dubbio, 
salvo  alcuni  ipercritici  che  vogliono  scriver  la  storia  ad  usum  Delphini. 

Tocheremo  brevemente  le  principali  dissonanze  che  corrono  fra  le  dette  leggende,  e 
il  lettore  ne  giudicherà. 

E  prima  di  tutto  notiamo,  che  il  compilatore  del  Chronicon  24  Oeneralium  omette 
il  viaggio  di  Benedetto  in  Mesopotamia  al  sepolcro  di  Daniele;  e  il  racconto  che  ci  dà 
del  naufragio,  viaggio  e  colloquio  di  lui  coi  profeti  nel  paradiso  terrestre,  è  poi  cosi  dif- 
ferente e  discorde  dal  racconto  del  Nanni  e  del  Pisano,  che  necessariamente  dobbiamo  scor- 
gervi una  fonte  ben  diversa  donde  egli  attinse  «  inier  alia  unum  mirabile  fertur  » ,  piut- 
tosto che  a  capriccio  supporre  in  lui  un  genio  amplificatore.  Il  colloquio  soltanto  de'  tre 
personaggi  sull'Ordine  Minoritico,  riportato  dal  Pisano  e  omesso  dal  Nanni,  consona  in 
sostanza  col  racconto  del  Chronicon;  ma  stona  là  ove  questi  fa  star  Benedetto  iXV uscio 
del  paradiso,  laddove  il  Pisano  (come  il  Nanni)  ce  lo  fa  entrare  e  visitare  tutto  il  beato 
soggiorno,  guidato  dai  due  santi  profeti. 

La  leggenda  invece  usata  dal  Pisano  molto  si  accosta  a  questa  del  Nanni,  senza  per- 
ciò poter  asseverare  con  certezza  che  quella  del  Pisano  dipenda  immediatamente  dalla  Nan- 
niana.  H  Pisano  in&tti  cita  una  legenda  fratris  JBenedicti  donde  egli  senza  dubbio  trasse 
il  suo  racconto  ;  e  fors'anco  prima  dì  lui,  della  stessa  si  servi  anche  il  Nanni,  almeno  per 
quel  che  riguarda  le  gesta  del  beato  in  Oriente,  compendiandola  non  poco  in  molti  punti 
(se  per  ora  non  ci  è  lecito  supporre  inoltre  che  il  testo  attuale  del  Nanni  sia  piuttosto 
un  compendio  d'una  più  diffusa  leggenda  Nanniana).  Del  resto,  risulta  dal  confronto  dei 
due  racconti,  che  la  leggenda  usata  dal  Pisano  era  ben  più  diffusa  del  testo  Nanniano; 
né  perdo  sarà  lecito  ad  alcuno  di  escogitare  invoce  arbitrarie  amplificazioni  nel  racconto 
del  Pisano.  Ma  le  dissonanze  tra  l'una  e  l'altra  di  queste  due  laonde  son  poche  e  fa- 
cilmente si  conciliano.  —  Nel  viaggio  di  Benedetto  per  le  regioni  di  Babilonia  al  sepol- 
cro di  Daniele,  il  Nanni  trova  la  via  intercettata  da  ladroni  e  mamalucchi  saraceni;  e 
il  beato  li  passa  liberamente  a  cavalcioni  di  un  angelo  mandatogli  dal  cielo  in  figura  di 
un  dragone  vomitante  fiamme,  il  quale  poi  te  lo  rimena  sano  e  salvo  in  Antiochia  d' onde 
era  partito.  Nel  Pisano,  invece  di  ladroni,  troviamo  per  ostacolo  certi  dragoni  che  cu- 
stodivano il  sepolcro  di  Daniele;  questi  naturalmente  dovettero  cedere  il  passo  a  Bene- 
detto che  vi  arrivava  seduto  infra  caudam  d'un  immenso  dragone,  che  per  lui  pure  era 
un  angelo  di  Dio,  e  che  lo  riportò  al  pristino  loco,  senza  dirci  il  Pisano  che  questo  luogo 
si  chiamava  Antiochia,  come  ha  il  Nanni.  Il  naufragio  poi  di  Benedetto,  secondo  il  Pi- 
sano, si  deve  alla  sorte  gettata  tra  i  pericolanti,  sorte  che  a  lui  fu  contraria;  secondo  il 
Nanni  invece,  la  brutta  sorte  gli  toccò  per  la  birba  astutia  de'  marinari.  La  nubecula 
alba  del  Nanni  che  salvò  Benedetto  dal  naufragio,  pel  Pisano  è  una  nuvola  o  angelo 
che  lo  portò  ai  paradiso  terrestre  e  riportò  sino  al  porto  di  Ancona  città  non  mentovata 
dal  Nanni.  Nel  resto  il  Nanni  ed  il  Pisano  van  d'accordo  benone. 

Abbiamo  dunque  tre  leggende  notevolmente  differenti  e  di  autori  fra  loro  indipendenti, 
non  ostante  l'accordo  che  vi  ò  tra  quella  del  Pisano  e  questa  del  Nanni.  La  dissonanza 
di  quella  del  Chronicon  con  le  altre  due,  è  più  che  evidente  ;  e  se  il  Pisano,  compilatore 
sempre  fedele,  avesse  avuta  sotto  gli  occhi  la  leggenda  del  Nanni  e  questa  fosse  stata 
unica  sua  fonte,  per  certo  non  sarebbe  in  disaccordo  con  lui  là  ove  discorda. 

Ma  poi,  e  perchè  tanto  interesse  per  una  l^;genda  che  secondo  il  Faloci  «  è  tanto 
intessuta  di  favole  »  ?  Favole,  secondo  lui  sono  «  la  visita  del  b.  Benedetto  al  sepolcro 
di  Daniele  profeta,  il  viaggio  di  ha  cA  paradiso   terrestre  »  e  cose  simili  :  perchè  le 


SECOLO  xm.  133 


*  son  cose  inesplicabili  (?)  in  un  racconto  quasi  contemporaneo*.  —  Sombra  che  al-    36 
l'egregio  critico  simili  leggende  pntin  di  favola,  perchè  ineducabili. 

È  questa  una  ragione  che,  oltre  ad  esser  un  criterio  troppo  soggettivo,  perchè  ciò 
che  agli  uni  sembra  inesplicabile  e  favoloso,  agli  altri  può  essere  spiegabilissimo  e  storico, 
è  pur  anche  falsa  a  rigore  di  sana  critica.  Non  può  esser  canone  di  sana  critica  quello 
che  può  stiracchiarsi  a  capriccio  delle  proprie  vedute;  né  meno  sarà  lecito  confondere  fa- 
vole e  leggende,  perchè  queste  al  giudizio  di  certuni  sembrano  incomprensibili.  I  critici 
anche  i  meno  accorti,  sotto  il  tenuissimo  velo  della  leggenda  Nanniana  o  Pisana,  sapran 
discernere  facilmente  il  molto  vero  dal  poco  leggendario  che  vi  aggiunse  la  fantasia  po« 
polare;  e  in  essa,  più  forse  che  non  in  altre  simili  leggende,  scorgeranno  a  prima  vista 
il  fondo  vero  pur  anco  nei  &tti  misteriosi  e  del  dragone  e  della  nuvola  e  del  colloquio 
avuto  da  Benedetto  coi  santi  profeti  là  nel  paradiso  terrestre.  —  Sarà  l«cito  al  critico, 
secondo  la  scuola  cui  appartiene,  o  secondo  i  criteri  che  Io  guidano,  togliere  a  priori  il 
velo  leggendario  o  favoloso  che  involve  una  leggenda:  ma  nulla  più,  se  non  intende  a 
capriccio  scalzare  ogni  autorità  ai  testimoni  di  tutti  i  secoli  e  di  tutte  le  storie.  Provi 
chiunque  a  sfogliare  i  venticinque  e  più  altri  volumi  della  mole  Mnratoriana,  percorra 
ad  uno  ad  uno  i  fin  qui  editi  trent'nn  volumi  de'  Monumenta  Germaniae  historica,  ^ 
quanto  altre  simili  raccolte  voglia  interrogare  ;  e  se  gli  riesce  di  trovare  un  solo  cronista 
(diclamo  uno  solo),  il  quale  non  abbia  accolti,  con  più  o  meno  ingenuità,  fotti  leggendari 
favolosi  0  simili,  allora  noi  pure  seguiremo  la  sua  scuola  e  il  suo  sistema  di  avvilire  T au- 
torità di  tutti  i  cronisti,  senza  escludere  nò  il  Pisano  né  il  Nanni,  per  la  semplice  ra- 
gione che  si  fecero  portavoce  di  racconti  leggendari. 

Ma  ormai  non  v'ò  più  bisogno  di  tante  disquisizioni  per  iscorgere  la  verità  sotto  il 
velo  dell'ingenua  legenda;  e  nessuno  de'  critici  spreca  più  tanto  d'inchiostro  nò  di  cer- 
vello per  discernere  l' oro  della  storia  dalla  scoria  le^endaria  che  lo  avvolge  :  che  l' oro 
brilla  anche  agli  occhi  men  puri.  Se  al  critico,  per  esempio,  non  garba  un  angelo,  nò  la 
prodigiosa  nuvola  che,  secondo  il  Pisano  e  il  Nanni,  salvò  dal  naufragio  il  nostro  Bene- 
dotto,  non  ricuserà  perciò  dì  ammettere  la  tavola,  che  ha  nulla  di  favoloso,  ricordata  dal 
Chronicon  de'  24  Generali.  Se  non  par  vero,  né  degno  di  Dio  cangiar  un  angelo  in  un 
mostruoso  dragone,  per  condurre  Benedetto  cavalcioni  fino  all'antica  Susa,  al  sepolcro  di 
Daniele;  non  è  ind^^o  d'uno  storico,  d'un  critico,  dato  pur  non  avesse  visto  l'Oriente, 
scorgere  nel  dragone  della  leggenda  un  bel  dromedario  o  un  cammello,  che  pur  noi  da 
bambini  ingenui  (proprio  come  la  leggenda,  ingenua  sempre  com'  un  bambino)  chiamavamo 
spesso  mostro  o  dragone.  E  se  la  leggenda  tesse  un  bel  dialogo  tra  Benedetto  e  i  due 
santi  profeti  là  nel  paradiso  terrestre,  non  perciò  crediamo  che  Mons.  Faloci  voglia  ne- 
garci l'esistenza  dell'Eden  o  interpretarla  allegoricamente,  come  pretese  qualcuno.  Conce- 
dasi quindi,  senza  difficoltà  e  senza  temere  il  ridicolo  de'  saccentoni,  la  visita  di  Beno- 
detto  all'  Eden,  visitato  le  tante  volte  fino  a  noi  da  molti  Orientalisti,  che  sulla  scorta 
della  Bibbia  co  lo  mostran  chi  presso  le  sorgenti  dell'Eufrate  e  del  Tigri  nell'Armenia 
odierna,  e  chi  più  in  giù  nella  Mesopotamia  meridionale. 

Dopo  le  favole,  il  Faloci,  «  appunto  per  il  rigore  della  storia,  siamo  costretti  (dice) 
a  segnalare  alcuni  errori  e  lacune  »  nella  leggenda  del  Nanni.  Questi  errori  e  lacune 
sarebbero  due,  anzi  punti.  Il  Nanni  «  chiama  primo  Ministro  di  Oriente  il  b.  Benedetto 
mentre  fu  probabilmente  il  terzo  e  certo  il  secondo  ;  e  lo  dice  defunto  nel  1242,  mentre 
viveva  ancora  nel  1277*.  Errori  o  lacune  son  queste  che  ogni  rigore  di  storia  ci  deve 
costringere  non  tanto  a  segnalarli,  quanto  a  spiegarli  più  ragionevolmente.  Il  Nanni  chiama 
Benedetto  ^primust  AntiochvK  minister  *  come  lo  chiama  anche  il  Pisano,  sebbene  fosse 


134  BIBLIOTECA 


36  stato  roiilmonto  il  terzo  (1),  e  questo  probabilmente  por  il  suo  assai  lungo  ministeriato,  in 
confronto  de'  due  suoi  predecessori  ;  e  forse,  per  aver  egli  il  primo  fissata  la  sode  proviucia- 
lizia  in  Antiochia,  allora  principato  latino  e  sede  patriarcale.  —  Che  poi  il  Nanni  dica 
(perchè  sta  scritto  nel  codice  !)  che  il  Beato  morisse  nel  1242,  questo  non  lo  deve  credere 
un  critico  che  a  prima  vista  vi  scorge  non  un  errore  del  Nanni,  ma  del  codice  Rediano; 
è  tanto  facile,  che  un  amanuense  del  secolo  XVII  prenda  1'  8  de'  codici  antichi  per  un  4, 
come  nel  nostro  caso  si  deve  ammettere  senz'ai  cuna  esitanza  ;  così,  invece  del  1242  (scritto 
nel  cod.  in  numeri  arabici)  dobbiamo  leggere  1282  come  anno  della  morte  del  Boato  da- 
toci dal  Nanni. 

Questi  difetti,  soggiunge  il  Faloci,  uniti  alle  favole,  tolgono  molto  valore  al  docu- 
mento Nanniano.  Ben  inteso,  presso  il  tribunale  del  severo  direttore  della  Miscellanea 
francescana,  e  non  già  presso  quello  degli  altri.  Fuori  del  misterioso  dragone,  che  non 
ci  sgomenta  punto  ;  fuori  dell'abboccamento  di  Benedetto  con  i  profeti  Enoch  ed  Elia  (che 
pur  la  Teologia  cattolica  ce  li  dà  vivi  ancora,  e  che  l'opinione  medioevale  fondata  sulla 
Scrittura  ce  li  fe  vivere  precisamente  là  nel  paradiso  terrestre),  di  che  altro  può  scan- 
dalizzarsi nella  leggenda  del  Nanni  anche  il  più  zelante  tutore  «  del  severo  rigore  della 
storia  »  ? 

Il  Nanni,  come  gli  ^tri  biografi  di  Benedetto,  seppe  del  certo  viaggio  di  lui  nella 
Mesopotamia;  seppe  del  suo  arrivo  nella  regione,  ove  oggi  ancora  si  vuole  situato  il  pa- 
radiso terrestre  ;  sapeva,  come  sapevan  tutti  del  suo  tempo,  che  colà  appunto  si  dovevano 
trovar  vivi  i  due  santi  profeti;  e,  seppe  o  non  seppe,  riferì  quanto  aveva  o  udito  o 
letto  sull'abboccamento  di  Benedetto  coi  due  profeti.  Ecco  a  che  sì  riducono  le  tante  fa- 
vole che  vi  scorge  il  eh.  Faloci  nella  leggenda  Nanniana  !  !  Pertanto,  non  valeva  certo  la 
IMjna  sgomentarsi,  e  quasi  costernato,  per  la  storia  in  pericolo,  esclamare  :  «  Tuttoclò,per 
un  contemporaneo,  per  un  concittadino,  è  grave  assai,  non  lo  nascondiamo  ».  (!)  E  al 
iwstutto  ?  Al  postutto,  conchiude  il  Faloci,  questo  racconto  sarà  sempre  «  letto  con  pia- 
cere »  ;  nulla  più  che  Ietto  !  ÀI  postutto  esso  sarà  «  una  testimonianza  della  stima  die  il 
Beato  godeva  dopo  morte*,  e  nulla  più!  perchè,  come  abbiamo  veduto  più  sopra,  regna 
un  buio  pesto  nella  vita  di  Benedetto,  e  la  leggenda  del  Nanni  «  è  tanto  intcssuta  di 
favole,  ehe  spesso  mostra  aver  egli  scritto  senza  alcun  criterio  degno  di  uno  storico  » . 
Sicché  non  ci  resterebbe  altro  che  attenerci  alle  «  notizie  più  antiche  del  prezioso  Pro- 
vinciale Ord.  Min.  »  1 

Ma  lasciata  da  parte  la  critica  che  pretende  ogni  fatto  a  lei  incomprensibile  avvol- 
gere nelle  proprio  tenebre,  noi  vedremo  di  seguire  passo  passo  le  sincere  memorie  che  si 
hanno  sulla  vita  di  Benedetto:  e  vedremo  in  pari  tempo  quanto  erroneo  sìa  il  giudizio 
che  sfuggì  dalla  penna  del  grave  critico  Mons.  Faloci,  quando  asserì  che  «  del  b.  Bene- 
detto di  Arezzo  si  sono  occupati,  oltre  i  biografi  francescani,  i  Bollandisti,  ma  non  hanno 
trovato  alcun  documento  meritevole  di  piena  fede;  non  hanno  potuto  offrire  il  ricordo 
neppure  di  un  documento  solo  fededegno  »  !  —  Noi  non  pretendiamo  di  dare  qui  molti 
nuovi  documenti  fcdedogiiì,  né  di  tessero  del  Beato  una  bella,  ordinata  e  completa  bio- 
grafia; il  nostro  compito  qui,  come  altrove,  è  soltanto  di  ordinare  alla  meglio  i  nostri  ap- 
punti raccolti  qua  e  là,  e  oltre  la  vita  che  ne  scrisse  il  Nanni  (cui  apporremo  alcune 
noterelle)  dare  anche  varie  notizie  sconosciute  ai  biografi  precedenti,  e  che  potevano  esser 
)iote  all'egregio  Faloci  ;  e  questo  perchè  altri,  se  meno  sfortunato  di  noi,  possa  servirsene 
corno  che  sia  per  darci  una  più  completa  biografia  del  benemerito  frate  Aretino.  —  E  a 


(1)  Cfr.  la  nostra  Serie  cronologica  de'  Superiori  di  Terra  Santa.  Gerusalemme  1898,  p.  3. 


SECOLO  xm.  135 


noi,  proprio  come  un  dì  Cicero  prò  domo  sua,  (senza  alcuno  scapito  della  logica  o  della    36 
stima  sincera  che  nutriamo  per  l'egr.  Faloci)   basterà  di  aver  preso  le  difese  delle  solo 
fonti  che  abbiamo  sulla  vita  e  gesta  d'uno  de'  più  grandi  e  più  benemeriti  Ministri   pro- 
vinciali che  vanti  la  nostra  madre  provincia,  la  Terra  Santa. 

2.  —  Cenni  biografici  sul  b.  Benedetto  di  Arezzo  (1190-1283).  —  Quando  nacque 
il  nostro  Benedetto  ?  Il  Mazzara,  edito  ed  accresciuto  dal  P.  Pier  Antonio  da  Venezia  (1), 
congetturando  o  basandosi  su  qualche  memoria,  lo  dice  nato  circa  il  1190,  e  vissuto  in 
Religione  quasi  anni  70.  Quindi,  se  Benedetto  mori  come  ha  il  Nanni,  nel  1282,  gli  do- 
vremmo assegnare  92  anni  di  vita  (2);  e  coi  settanta  di  religione  montiamo  vicino  al  1211 
quando,  secondo  il  Waddingo  (3),  il  Santo  Patriarca  Francesco,  trovandosi  in  detto  anno 
in  Arezzo,  diede  l'abito  al  giovano  Sinigardi  che  allora  doveva  aver  compiti  appena  quat- 
tro lustri. 

Pochi  anni  dopo,  cioè  nel  1216,  come  registra  il  citato  Waddingo  (4),  o  piuttosto 
nel  1217  data  precisa  della  prima  instìtuzione  de'  Ministri  (5),  Benedetto  fu  destinato 
dal  Capitoto  generale  e  da  S.  Francesco  a  primo  Ministro  provinciale  della  Marca  An- 
conitana. Egli  non  doveva  avere  allora  più  di  27  anni  d'età;  ma  all'età  forse  imma- 
tura, suppliva  certo  la  virtù  provetta.  E  nuli' altro  sappiamo  del  suo  provincialato  nello 
Marche  (6). 

Ritornato  che  fti  Francesco  dall'  Oriente  con  frate  Elia  già  primo  Ministro  di  Terra 
Santa  (1217-20),  e  morto  o  traslocato  altrove  frate  Luca  secondo  Ministro  della  me- 
desima (1220-21),  succede  loro  il  nostro  Benedetto,  terzo  Ministro  provinciale  della 
Terra  Santa  e  di  tutto  l' Oriente  (7),  non  prima  del  1221  ;  e,  verosimilmente,  Bene- 
detto fu  destinato  a  questa  carica  nel  Capitolo  generale  di  detto  anno,  celebrato  il  30 
maggio  nella  Porziuncula  di  Assisi,  ove  certo  dovette  esser  intervenuto  in  qualità  di  Pro- 
vinciale delle  Marche.  —  Erra  il  dotto  Papini  (8)  quando  con  altri  pone  l'elezione  di  Be- 
nedetto nel  preteso  Capitolo  generale  de' 20  sett.  1220,  Capitolo  non  mai  esistito;  e,  senza 
accorgersi,  si  corregge  dicendolo,  come  in  realtà  fu,  eletto  dopo  il  ritorno  di  Francesco 
dall'Oriente  (9)  e  partito  per  l'Oriente  imperante  in  Costantinopoli  Roberto,  figlio  di  Pie- 
tro di  Courtenay  ;  il  che  vuol  diro  non  prima  del  marzo  del  1221,  epoca  dell'intronizza- 
zione di  detto  Roberto  (10).  Ma  non  sappiamo  a  che  proposito  citi  qui  il  Papini  una  Cro- 
naca anonima  degli  imperatori  che  dice  conservata  nella  biblioteca  Laurenziana  di  Firenze. 
Questa  citazione,  senza  dubbio,  riguarda  le  Gesta  Imperatomm  et  Pontificum  di  frate 


(1)  Leggendario  francescano  (3»  ediz.  Venezia  1722)  t.  Vili  p.  381  a  di  31  agosto. 

(2)  II  Tossìgnano  Hist.  Seraph.  fol  84,  e  i  citati  Bollandisti  riproducouo  una  imagine 
del  beato  coli' iscrizione  vera  B.  Benedicti  Aretini  effigie»  che  ce  lo  mostra  realmente  di  ett\ 
avanzata. 

(3)  Annoi,  an.  1211  n.  16,  t.  I  p.  111. 

(4)  Annoi,  an.  1216  n.  3,  t.  I  p.  248. 

(5)  Cfr.  Anal.  frane,  t.  I  p.  279,  t.  II  p.  9,  t.  Ili  p.  9-10 

(6)  Alla  provincia  delle  Marche  governata  fino  al  1221  da  Benedetto,  troviamo  succe- 
dergli un  frate  Paolo  ricordato  dal  Celano:  <  Dominus  Paulus  minister  copstitutus  iu  dieta 
provincia  omnium  fratrum»   (1  Celan.  I.  e.  28). 

(7)  Cfr.  Chron.  fr.  Jord.  in  Anal.  frane,  t.  I  p.  4;  e  la  nostra  Serie  cronologica  cit.  p.  1-3. 

(8)  Storia  di  S.  Francesco  i.  I  p.  108. 

(9)  Come  provammo  altrove  (liibliot.  a  p.  95-98)  Francesco  ritornò  dall'  Oriente  o  negli 
ultimi  del  1220,  o  al  più  tardi  nel  marzo  1221. 

(10)  Vedi  in  una  nota  seguente  la  cronologia  di  questi  due  imperatori  latini. 


136  BIBLIOTECA 


Tomaso  da  Pavia,  Ministro  provinciale  (e.  1258-79)  della  Toscana  (1),  il  qnalo,  come  ve- 
dremo, parla  sì  di  Benedetto,  ma  ricorda  soltanto  le  sue  relazioni  coli'  imperatore  Bai- 
daino  II  (1239-61)  e  tace  affatto  le  relazione  di  Benedetto  con  Roberto  (1221-28)  sotto  il 
coi  governo  venne  egli  in  Oriente.  —  Qui  puro  è  da  emendarsi  il  Waddingo,  il  quale  erra 
nel  nome  del  monarca,  attribuendo  a  Pietro  di  Conrtenay  (Imperatore  e  padre  dogli  im- 
peratori Roberto  e  Balduino)  quello  che  noi  dobbiamo  attribuire  parte  a  Roberto  e  parte 
a  Balduino.  Scrìve  egli  :  «  In  Graeciam  statim  navigavit  Benedictus,  deposito  ministcriatu 
provincìae  Marchiae,  quem  eousque  laudabìlìter  gessit.  Perquam  benigne  et  umaniter  re- 
ceptns  est  a  Petro  (!)  Altisiodoro  Orientis  imperatore,  quo  faveute  et  auxiliantc  plura  ac- 
ccpìt  et  aedificavit  suis  sodalibus  habitacula,  et  Beligionem  ita  dilatavit,  ut  brevi  ampia 
coalnerit  Provincia  Fratrum,  dieta  Romaniae.  Miros  fecit  ibidem  Ordo  progressus  et  vir 
sanctus  cum  sociis  rei  spiritualis  proventus,  doctrinam  eorum  et  vitam  Domino  confir- 
mantc  sequentibus  signis  » .  E  cita  in  margine  il  Mariano  e.  15  %  20  (2). 

Il  nostro  Benedetto  dunque  recossi  in  Oriente  non  al  tempo  doli'  imperatore  Pietro, 
ma  sotto  il  governo  di  suo  figlio  T  imperatore  Roberto  ;  e  non  prima  del  1221,  sola  data 
certa  della  elezione  di  Benedetto  a  Ministro  d'Oriente,  e  data  probabile  del  suo  arrivo  in 
quelle  regioni. 

Lo  storico  Bclin  parlando  del  governo  di  Roberto,  ricorda  l'arrivo  in  Oriente  dì  Be- 
nedetto «  grande  e  santo  religioso,  il  quale  organizzò  la  provincia  Minoriiica  facendola 
riconoscere  dall'imperatore  Roberto  di  Courthenay  ».  Roberto  (segue  lo  storico)  non  pos- 
sedeva le  qualità  de'  suoi  predecessori,  e  davasi  più  ai  piaceri  cbe  alle  cure  del  minac- 
ciato impero  che  andava  a  brani.  Nel  1224  egli  si  vide  tolta  la  Tossalonica,  e  vide  il 
despota  dell'Epiro  assidersi  in  Adrianopoli  proclamato  imperatore.  Finalmente,  disgustò 
anche  i  suoi  partigiani,  e  fa  costretto  di  rifuggiarsì  in  Achaia  ove  mori  nel  1228.  Non 
ostante  le  colpo  e  i  difetti  grandi  di  Roberto,  egli,  soggiunge  il  citato  Bclin,  fu  amato  e 


(1)  Tomaso  fii  da  Pavia,  e  non  toscano  come  lo  dicono  gli  editori  della  sua  cronaca 
nei  Monum.  Germ.  histor.  t.  XXII  p.  483-528.  —  Cfr.  Salimbene  Chron.  p.  217-18.  —  Di 
fr.  Tomaso  parleremo  in  un  articolo  a  parte. 

(2)  Annales  t.  I  p.  304  sub.  an.  1219  n.  33.  —  Pietro  dì  Courtenay,  conte  d'Auxerre 
{Antìsiodonum  o  Altisìodorum),  venne  incoronato  imperatore  di  O.poli  a  Roma  da  Papa  Ono- 
rio III  il  9  aprile  1217.  Poco  dopo  incamminatosi  per  l'Oriente,  cadde  col  legato  del  Papa 
in  una  imboscata  tesagli  da  Teodoro  Angelo  Comueno,  e  mori  prigioniero  nel  1218,  o  se- 
condo altri  nel  1219.  Nel  1220  moriva  sua  moglie  Jolanda  reggente  dell'  impero.  Boherto 
suo  figlio,  lasciata  la  Francia  sulla  fine  del  1220,  veniva  incoronato  a  S.  Sofia  il  25  di 
marzo  1221.  Indolente  e  voluttuoso,  mori  in  Achaia  nel  1228.  Balduino  II,  altro  figlio  di 
Pietro  e  di  Jolanda,  fanciullo  allora  di  anni  undici  (secondo  altri  nel  1229  ne  contava  16!) 
fu  sotto  la  tutela  de'  baroni  e  del  bailo  Narjot  de  Toucy  fino  al  1231,  avendo  i  baroni  col 
Papa  Gregorio  IX  chiamato  l'ottuagenario  Giov.  di  Brienne  alla  reggenza  dell'impero  col 
titolo  e  poteri  di  imperatore,  che  dal  1231  tenne  sino  alla  morte  avvenutagli  il  23  marzo  1237, 
in  età  anni  89,  assente  allora  il  giovane  Balduino  ito  in  Francia  e  altrove  in  cerca  di  soc- 
corsi contro  i  Greci.  Ritornato  Balduino  II  in  Oriente,  sconfisse  i  Greci  nel  1240.  Lo  rive- 
diamo in  Italia  nel  1244  in  cerca  di  altri  soccorsi.  Finalmente  il  25  luglio  del  1261,  i  Greci 
furtivamente  penetrano  in  Costantinopoli,  e  Balduino  appena  ebbe  tempo  di  fuggire  su 
d'  una  barca  al  Negreponte  e  da  li  poi  in  Italia,  ove  mori  verso  la  fine  del  1273.  —  Cfr. 
Art  de  véri/,  les  dates  (ed  Paris  1770)  p.  383-86.  —  Belin  Hiatoire  de  la  Latinité  de  Cple. 
(2  ed.  Paris  1894)  p.  79-81.  —  Bevue  de  V  Orient  LaUn  t.  IX  p,  230  s.  —  Becuea  d.  hist.  de 
Croisad.  Hist.  Oocid.  t.  II. 


SECOLO  xm.  137 


sostenuto  sino  all'ultimo  dal  santo  frate  Benedetto  di  Arezzo  da  lui  stabilito  a  Co-    36 
stantinopoli,  il  quale  non  risparmiò  viaggi  e  fatiche  per  procurargli  de'  soccorsi  (1). 

In  mancanza  di  più  precise  e  più  particolari  indicazioni,  specialmente  cronologiche, 
non  possiamo  seguire  passo  passo  le  tracco  di  Benedetto  in  Oriente:  ma  abbiamo  abba- 
stanza per  diradarlo  dalle  pretese  tenebro  in  cui  lo  Togliono  avvolto  altri. 

Sotto  il  provincialato  di  Benedetto  (nel  1228)  la  storia  ci  registra  l'invio  di  duo  Mi- 
noriti, legati  pontifici,  al  Patriarca  di  Gerusalemme  residente  in  Acri,  cui  presentarono 
le  bolle  colle  quali  Gregorio  IX  aveva  fulminata  la  scomunica  contro  Federico  II  testò  ar- 
rivato in  Oriente  senza  prima  riconciliarsi  colla  Chiesa  (2).  Sotto  il  provincialato  di  Be- 
nedetto dobbiamo  registrare,  e  a  lui  gran  parte  attribuire,  l'apostolato  di  frate  Giacomo 
da  Bussano  e  compagni  nella  Georgia,  come  pure  l'invio  de'  vari  nunzi  pontificii  presso 
il  Soldano  di  Damasco  e  presso  il  grande  Califa  di  Bagdad,  non  che  le  molte  missioni  de- 
stinate presso  i  Saraceni  dal  1233  in  poi  (3).  Ma  in  modo  speciale,  gran  parte  ebbe 
Benedetto  nelle  trattative  per  l'unione  della  chiesa  Greca  colla  Bomana,  trattative  già 
iniziate  da  cinque  suoi  Minoriti  della  Terra  Santa  capitati  a  Nicea  presso  il  patriarca  Ger- 
mano II,  nel  1232  (4),  e  poi  riprese  nel  1234  coll'invio  in  Oriente  di  frate  Aimone  di  Fa- 
versham  e  compagni.  Allora  il  nostro  Benedetto  e  frate  Giacomo  di  Bussano  risiedevano  a 
Costantinopoli,  e  sul  trono  de'  Bizantini  era  assiso  il  prode  ottuagenario  Giovanni  di  Brienne 
che  sempre  colla  spada  sguainata  difendeva  il  misero  impero  latino  per  Balduino  U  ancor 
giovanotto  (5). 

L'imperatore  Giovanni,  aveva  vestita  appena  la  porpora  (1231),  e  già  si  era  reso  il 
terrore  come  un  tempo  de'  saraceni,  così  ora  de'  greci  e  bulgari  che  gli  disputavano  l'im- 
pero, e  che  da  esso  più  e  più  volte  furono  assaliti  e  dispersi.  Delle  sue  strepitose  vittorie 
una  tra  le  altre  resterà  celebre,  quella  del  1235,  quando  con  un  pugno  di  eroi,  sgominò 
un  numeroso  esercito  di  greci.  Un  cenno  di  questa  vittoria  l'abbiamo  in  una  delle  lettere 
papali  dirette  al  Minorità  frate  Guglielmo  incaricato  da  Gregorio  IX  di  procurar  sussidi 
per  l'impero  di  Brienne  (6).  Non  ostante  la  sua  età  avanzata,  Giovanni  di  Brienne  tenne 
lungi  da  Costantinopoli  i  nemici;  e  finché  visse  lui,  i  greci  non  potevano  sperare  di  ri- 
cuperare la  capitale.  Ma  finalmente  il  vecchio  eroe  senti  il  bisogno  di  riposo,  e  qualche 


(1)  Histoire  de  la  latìnité  de  Constantìnople  par  M.  A.  Belin  (2»  ed.  del  P.  Arsenio  de 
Chatel,  Paris,  Picard  1894)  p.  77-80.  —  Il  Belin,  console  generale  presso  l'ambasciata  francese 
di  C.poli,  membro  di  varie  accademie,  scrisse  quest'  importante  opera  con  molta  diligenza; 
lascia  però  a  desiderare  molto  riguardo  le  fonti  da  esso  usate  per  la  storia  specialmente 
del  clero  regolare  in  Oriente,  e  spesso  non  cita  d'onde  abbia  ricavate  importanti  notizie 
che  non  troviamo  in  •altri.  Il  P.  Arsenio,  ex  Pref.  Apostolico  de'  Cappuccini  di  C.poli,  nel 
curare  questa  2"  edizione  del  Belin,  con  non  -lodevole  criterio  mescolò  le  sue  abbondanti 
giunte  col  testo  della  prima  edizione  del  Belin. 

(2)  Histoire  d'É^raclea  lib.  33  e.  5  (in  RecueU  dea  histor.  d.  Croisad.  Hist.  Occid.  t.  II 
p.  370).  —  E  sotto  il  provincialato  di  Benedetto,  nel  1230,  noi  vediamo  installati  definitiva- 
mente i  Minoriti  nei  territori  de'  Patriarcati  di  Antiochia  e  di  Gerusalemme  e,  con  tutta 
probabilità,  nella  Città  santa  ritornata  in  potere  de'  Crociati  dal  1229  al  1240.  Cfr.  nostra 
Serie  cronologica  pref.  p.  XV-VI. 

(3)  Cfr.  iVadding  Annales  an.  1233  n.  3-7  e  26.  —  Civezza  Storia  delle  Miss.  1. 1  p.  214-19. 

(4)  Wadding  an.  1232  n.  34.  —  Civezza  Storia  cit.  t.  I  e.  6. 

(5)  Vedi  la  Relatio  disputationis  habitae  cum  graecis  an.  1234  apvd  Nicaeam  et  Nym- 
pham  in  Quetif-Echard  Bibl.  script.  Ord.  Praed.  1. 1  p.  911-27.  —  Wadding  Annales  an.  1233 
n.  15  e  seg.,  t.  II  p.  324-50.  —  Civezza  Storia  cit.  t.  I  e.  6. 

(6;  Sbaral.  Bull,  frane,  t.  I  p.  179. 


138  BIBLIOTECA 


tempo  prima  della  morto  rinnnziò  al  trono  e  al  mondo,  ricevendo  l'abito  dallo  mani  del 
suo  amico  frate  Benedetto  di  Arezzo  ancor  Provinciale  di  tutto  l'Oriente  (1).  Quanto  tempo 
sopravvisse  nell'Ordine  il  Brienne,  non  lo  sappiamo.  Il  citato  Salimbeno  afferma  che  «  tofo 
tempore  vitae  suae  perseverassct  in  Ordine,  si  Deus  prolongasset  et  vitam  »  ;  il  che  vuol 
dire  che  il  Brienne  non  in  punto  di  morte,  ma  qualche  tempo  prima,  volle  ritirarsi  dal 
mondo  e  vestire  l' abito  de'  Minori.  Lo  stesso  si  ricava  dalla  testimonianza  di  Bernardo  da 
Bessa,  il  quale  scrivo  olio  il  Brienne  «  circa  ultimum  vitae  suae  »  pensando  ai  benefici 
di  Dio,  volle  tutto  consacrarsi  a  Lui,  entrando  nell'  Ordine  dopo  una  rivelazione  che  espose 
al  suo  confessore  frate  Angelo  de'  Minori.  Neil'  Ordine,  non  potendo  per  le  sue  indisposi- 
zioni sottomettersi  a  gravami,  ripeteva  a  Gesù:  «  Utinam  ego,  qui  deliciose  in  pompa 
saeculi  vizi,  in  vestihus  pretiosis  indtitus,  modo  in  isto  habitu  eleemosynam  cum  sacco 
ad  collum  potendo,  te  pauperem  et  humilem,  vere  pauper  et  humilis  sequi  posscm  !  » 
Dopo  pochi  giorni,  una  febbre  terzana  lo  tolse  dai  viventi  (2).  —  Comunemente  gli  scrit- 
tori ce  lo  dicono  morto  il  23  marzo  del  1237  (3)  e  in  età  avanzata  di  circa  anni  89.  Tro- 
viamo infatti  che  ai  4  settembre  del  1238  era  reggente  dell'  impero  un  tale  Anselmo  do 
Kaen,  il  quale  allora  stendeva  una  relaziono  ufficiale  in  cui  si  esponeva  come  la  S.  Corona 
di  spine  del  Redentore  fu  impegnata  dai  precedenti  imperatori  ai  Veneti  e  Genovesi;  e 
come  la  sacra  reliquia  lui  Anselmo,  a  richiesta  di  Balduino  allora  a  Parigi,  bitediva  in 
Francia  nel  decembre  dello  stesso  anno  al  re  Luigi  IX  che  la  riscattava  (4). 

Morto  l'eroe  Giovanni  di  Brienne,  il  suo  corpo  fu  da  Costantinopoli  trasportato  (non 
sappiamo  quando)  in  Italia,  e  sepolto  nella  recente  basilica  di  S.  Francesco  in  Assisi,  por 
esser  vicino  al  suo  Padre  che  egli  amò  in  vita,  e  che  ebbe  al  fianco  quando  sotto  Damiata 
(1219)  egli  re  di  Gerusalemme  guidava  cento  mila  crocesignati.  Sotto  le  volto  di  Giotto 
riposan  dunque  le  ceneri  del  Brienne,  in  un  modesto  monumento,  ma  in  un  luogo  degno 
di  lui  (5).  —  Il  P.  Panfilo  a  ragione  osserva  che,  se  un  tanto  soggetto  s'indusse  a  ve- 
stire le  umili  diviso  di  frate  Minore,  ben  quindi  può  argomentarsi  quanto  grandi  fossero 
stati  i  progressi  dell'Ordine  in  Oriente  sotto  il  ministeriato  di  frate  Benedetto  (6). 

Dopo  la  morte  del  Brienne,  pare  scomparsa  quasi  ogni  traccia  di  Benedetto  in  Oriento; 
e  quindi  ci  è  difficile  determinare  quanto  tempo  ancora  egli  vi  sia  rimasto,  e  quando  de- 


(1)  Belin  op.  cit.  p.  81.  —  Salimbene  Chron.  p.  15-17:  e  Recepit  eum  et  induit  Ministcr 
Graeciac,  scilicet  fratcr  Benedictus  de  Aretio  >.  —  Abbiamo  osservato  più  sopra  che  i  Bollan- 
disti  antichi  avcvan  negata  questa  vestizione  dei  Brienne  sugli  effimeri  dubbi  del  Raynaldi. 

(2)  Bessa  Ltber  de  iMudibua  in  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  681  ;  cfr.  ibid.  Chron.  24  Gen.  p.  4-5. 

(3)  Così  anche  il  contemporaneo  Matteo  Paris  {CJiron.  Maior.  in  Monvm.  Gemi.  Hist. 
t.  28  p.  137)  che  di  lui  scrive  <  Ipso  quoque  anno  (1237)  sublatus  est  de  medio  immortalis 
mcmoriae  inclitus  quondam  rex  lerusalem  lohannes  de  Bresne,  iam  pene  culmen  Gracco- 
rum  nactus  imperiale;  qui  beatam  ac  tranquillam  in  bonis  vitam  dìebus'terminasset,  si  non 
Frethericum  magnum  Alumaimorum  imperatorem  sibi  inimicum  procurasset  » .  Non  dimen- 
tichi il  lettore  che  l' inglese  monaco  Matteo  Paris  era  il  più  cieco  idolatra  del  quanto  grande 
tanto  brutale  Federico  II. 

(4)  Cfr.  BoUand.  Ada  SS.  (ed.  2)  t.  V  aug.  p.  354  n.  354  s.  —  Balduino  II  in  una  sua 
lettera  data  nel  giugno  del  1247  «  imperii  nostri  anno  octavo  »,  ci  dà  chiaramente  il  1240 
per  anno  primo  del  suo  inalzamento  all'impero,  essendo  egli  rimasto  assente  da  C.poli  dal 
1237  sino  quasi  agli  ultimi  del  1239.  Cfr.  Acta  cit.  p.  373  n.  443,  e  pp.  353,  357. 

(5)  Belin  op.  cit.  p.  81.  —  Giovanni  di  Brienne,  Balduino  II,  Venceslao  re  di  Boemia,  per- 
fino Federico  II  e  i  cristiani  di  Marocco  avevano  contribuito  alla  costruzione  della  basilica 
di  S.  Francesco,  ove  il  Brienne  «  volle  esser  sepolto  » .  Cristofani  Storia  d'Assisi  ed.  2'  1. 1  p.  159. 

(6)  Storia  di  S.  Frane,  e  de'  Francescani  t.  I  p.  459. 


SECOLO  XIII.  l'39 


iìnitivamcnto  sia  ritornato  in  Itjili;i.  La  traslazione  del  corpo  del  Urionno  in  Italia,  o  la  36 
sna  tomba  scelta  presso  quella  di  S.  Francesco  in  Assisi,  son  fatti,  crediamo,  ai  quali  non 
potò  non  prender  parto  attiva,  anzi  principale.  Ini  amico,  con.sii,'liero,  e  snperioro  dell'  ex 
imperatore  e  frate  elio  nelle  sue  mani  professò  la  regola  Minoritica.  Prevedendo  ambo  la 
prossima  rovina  del  meschino  impero  latino  d'Oriente,  non  avrà  chiesto  il  lirienno  al  suo 
padre  Benedetto,  o  questi  a  lui  suggerito,  di  far  trasportjire  il  suo  corpo  in  Assisi,  presso 
la  tomba  del  comun  loro  padre  S.  Francesco  ?  Non  avrà  egli  supplicato  caldamente  il  suo 
Provinciale  perchè  lo  accompagnasse  anche  morto  in  quel  hi  terra  benedetta,  lungi  dall'ira 
greca  che  non  avrebbe  risparmiate  le  suo  ceneri  se  un  dì  venisse  a  trovarle  sepolte  sotto 
la  cupola  di  S.  Sofia?  Questo  pensiero  non  ci  pare  improbabile,  quantunque  non  ci  sen- 
tiamo tanto  inclinati  pel  probabilismo  nella  storia. 

Secondo  un  ms.  del  Papini,  Benedetto  nel  1237  avrebbe  avuto  per  successore  nel 
provincialato  di  Oriente  un  altro  discepolo  di  S.  Francesco,  il  b.  frate  Vito  da  Cortona: 
«  Fr.  Vitus  de  Cortona  anno  1237  Minister  provinciae  Komaniac  successor  B.  Benedicti 
de  Aretio,  ast  non  ad  multos  annos.  In  Etruriam  reversus,  cgit  historicnm  Florentiao 
anno  1248  (1)  ».  Lo  stesso  asserisce  il  Waddingo  nei  suoi  Annali,  senza  perù  assegnarci 
l'anno  del  suo  provincialato:  «  Post  Benedictum  de  Aretio  missus  est  (fr.  Vitus)  Minister 
ad  provinciam  Komaniae  in  partibus  graecorum  (2)  »  ;  e  nel  Sillabo  degli  scrittori  ag- 
giungo :  «  post  propagatam  fidem  in  partibus  Orientalibus,  (Vitus)  domum  regressus 
scripsit  Vitam  beatae  Humilianae.  Vixit  anno  1250  (3)  » .  Lo  Sbaralea  ripeto  col  Pa- 
pini (4)  che  frate  Vito,  ritornato  in  Italia,  scrisse  la  vita  della  beata  Umiliana,  cui  l'anno 
dopo  frate  Ippolito  da  Firenze  vi  aggiunse  i  miracoli  operati  dalla  beata  (5).  Concesso 
pure  che  a  Benedetto  nel  provincialato  sia  succeduto  frate  Vito  nel  1237,  come  asserisco 
il  Papini,  cui  vogliamo  di  buon  grado  assentire  (6),  dovremmo  perciò  dire  che  il  Beato 
abbia  definitivamente  lasciato  l'Oriente  dopo  soli  sedici  anni  di  apostolato,  e  nella  fresca 
età  di  anni  47? 


(1)  Papini  al  n.  3955  àQÌV  Index  Onomasticus  Scriptorum  imiversae  Franciscanae  Fa- 
miliae,  seu  trium  Ordinum  S.  Francisci,  ab  origine  usque  ad  annum  1650,  per  fr.  Nicolaum 
Papini  Ord.  Min.  vtdgo  Conventualium  congestus  expeditnsque  anno  1828  in  S.  Conv.  Assisti: 
Monoscritto  autografo  nella  Nazionale  di  Firenze  segnato  II.  II.  181,  in  foglio,  grosso  vo- 
lume di  forse  800  ovv.  900  pagine,  che  contiene  oltre  quattro  mila  articoli  biobibliografici 
con  giunte  e  correzioni  agli  Scriptores  del  Waddingo  e  Sbaralea.  Un  altro  forse  simile  ms. 
Scriptoro)  Ord.  Min.  dello  stosso  Papini  è  tra  i  codd.  della  municipale  di  Assisi  sotto  il  n.  85. 

(2)  Ad  an.  1211  n.  10,  t.  I  p.  109. 

(3)  Waddingo  Syllahus  scriptor.  ed.  1650,  p.  331. 

(4)  Cfr.  Storia  di  S.  Frane,  t.  II  p.  236  n.  9. 

(5)  Sbaralea  Snpplem.  ad  Scriptores  p.  690.  —  Per  la  fedeltà  della  cronologia  debbonsi  qui 
emendare  il  Papini  e  lo  Sbaralea  che  dicono  aver  fr.  Vito  scritta  la  vita  della  b.  Umiliana 
nel  124H.  La  beuta  mori  ai  19  di  maggio  1246,  e  frate  Vito  mox  ab  obilu  ne  scrisse  la  vita, 
come  osservano  giustamente  i  Bollandisti  {Acta  SS.  19  maii  t.  IV  p.  386  ed.  1»)  ;  e  fr.  Vito 
stesso  cosi  termina  il  suo  racconto:  *  Anno  D.ni  1246  ista  de  vita  et  morte  b.  Humilianae, 
sicut  oculis  nostris  vidimus  et  auribus  nostris  audivimtts...,  fidelitei'  tamen  et  veraciter,  scripsi- 
mus  »  (Acta  cit.  p.  401  n.  62).  Dunque  frate  Vito  era  ritornato  dall'Oriente  qualche  tempo 
prima  e  scriveva  nel  maggio  1246.  Anche  il  Terrinca  (Theatrum  Etrusco-Minor,  p.  213 
n,  149)  sbaglia  nell'  anno,  quando  dice  che  fr.  Vito  florebat  in  Oriente  an.  1250.  Povera 
cronologia  !.... 

(6)  Più  tardi,  nel  1247,  troviamo  provinciale  di  Romania  fr.  Enrico  da  Pisa,  lodato  dal 
Salimbene  Chron.  p.  64-67. 


140  BIBLIOTECA 


Ma  sia  da  Provinciale,  sia  da  missionario  o  snddito,  il  contemporaneo  cronista  frate  To- 
maso di  Pavia  (che  più  sotto  citeremo)  ci  obbliga  di  protrarre  alcuni  anni  ancora  la  dimora 
di  Benedetto  in  Oriente,  dorante  cioò  l'impero  di  Baldaino  II  (1240-61);  perchò  abbiamo  che 
a  lui  il  santo  uomo  «  in  Romania  multa  praedixit  quae  sibi  et  imperio  integre  evcncrunt  » . 
Benedetto  dunque  dovette  essere  ancora  in  Oriento,  per  lo  meno  durante  i  primi  anni  di 
questo  imperatore,  che  principiò  a  governare  non  prima  del  1240  corno  si  è  detto. 

Dopo  queste  complicate  divagazioni  cronologiche  per  trovare  lo  tracce  di  Benedetto  in 
Oriente  e  fuori,  ci  vediamo  ricadere  in  uu'  altra  questiono  di  cronologia,  per  sapere  quando 
0  da  quale  imperatore  il  nostro  Benedetto  si  ebbe  il  prezioso  dono  di  tre  spino  della 
8.  Corona  del  Redentore,  dono  che  troviamo  ricordato  in  un  cod.  della  comunale  di  Todi, 
illustrato  da  Lorenzo  Leonij  (1). 

Detto  cod.  membranaceo  del  sec.  XIY  segnato  col  n.  184,  contiene  lo  Inventaria 
cccksiae  S.  Fortunati  con  la  seguente  intestazione  :  «  In  nomine  domini  amen.  Anno 
MCCLXXXVIII,  tempore  domini  Nicolai  UH,  octavo  Kalendas  aprilis,  sancte  memorie 
domintis  frater  Bentivenga  episcoptts  albanensis  [Ord.  Min.]  viam  universe  carnis  intra- 
vit,  qui  in  ultima  sua  voluntate  conventui  sancii  Fortunati  legavit  et  donavit  universa 
suhscripta  etc.  »  Dopo  V  inventario  delle  cose  legate  dal  card.  Bentivenga,  fratello  del 
card.  Matteo,  evvi  questa  memoria: 

€  Frater  Andreas  de  Tuderto  magister  dixit,  quod  frater  Benedictus  de  Aretio  di- 
xcrat  sibi,  quod  quando  fuit  minister  in  Romania,  Impcrafor  qui  tunc  temporis  erat 
tì)idem,  de  corona  Domini,  quam  ipse  in  manibus  suis  tttnc  tenuerat,  dedit  sibi  tres  spinas 
qtias  de  Romania  secum  duxit  ad  provinciam  beati  Francisci,  quorum  unam  dedit  frafri- 
bus  de  Tuderto,  qui  tunc  morc^antur  in  loco  de  FontaneUis,  et  aliam  dedit  fratriòus  in 
loco  beati  Francisci,  tertiam  dedit  fratribus  de  Nargia  in  loco  Molgecti,  quam  dixit 
fì-ater  Andreas  se  vidisse  in  cristallo  positam.  Fratres  vero  de  Tuderto  posuenmt  spinam 
predictam,  quam  frater  Benedictus  dedit  eis,  in  cruce  parva  quae  monstratur  hominibus  » . 

Qui  il  racconto,  tramandato  di  bocca  in  bocca  fino  allo  scrittore  di  questa  memoria, 
tacque  il  nome  dell'  imperatore  che  fece  si  prezioso  dono  a  Benedetto.  H  citato  Leonij,  com- 
pilatore del  catalogo  della  comunale  dì  Todi,  suppone  il  &tto  avvenuto  sotto  l' imperatore 
Balduino  U  possessore  della  s.  Corona,  e  Benedetto  non  dopo  il  1239  avrebbe  avuta  la 
preziosa  reliquia  dal  mentovato  imperatore.  Ma  il  fatto  sta  che  Balduino  II,  dal  1237 
sino  quasi  a  tutto  il  1239,  era  assente  da  Costantinopoli  in  Francia  e  altrove,  come  ab- 
biamo notato  più  sopra.  E  quando  la  sacra  Corona  impegnata  parte  ai  Veneziani  e  parte 
ai  Genovesi,  passò  dalle  roani  del  veneto  Nicolò  Quirino  (25  dee.  1238)  in  quelle  dei  le- 
gati francesi  che  la  portarono  in  Parigi  (10  ag.  1239),  Balduino  era  ancora  in  Francia, 
d'onde  aveva  sollecitato  Luigi  IX  di  riscattare  la  Corona  impegnata  per  13^134  hyperpera 
(moneta  di  Pera?)  (2).  Benedetto  dunque,  in  questo  frattempo,  non  potò  aver  il  dono  delle 
tre  spine  dalle  mani  di  Balduino;  e  quindi  V Imperator  qui  tunc  temporis  erat  ibidem, 
cioè  a  Costantinopoli,  deve  intendersi  il  Brienne,  e  il  dono  fatto  prima  della  morte  di  co- 
stui (-{-  23  mar.  1237),  e  prima  che  la  s.  Corona  fosse  impegnata. 

Al  patriarca  latino  di  Costantinopoli  Nicolò  de  Castro  (morto  a  Milano  nel  1251  e 
sepolto  nella  chiesa  de'  FF.  Minori)  era  succeduto  il  nobile  veneziano  Pantaleo  Giustiniani 
nel  1253  (3).  E  poiché  gli  affari  d' Oriente  volgevano  sempre  di  malo  in  peggio,  lui  pure. 


(1)  Gfr.  Catal.  della  Comunale  di  Todi.  p.  62. 

(2)  Cfr.  Acta  SS.  cit.  p.  354  n.  354. 

(3)  Cfr.  Enbel  Hierarch.  t.  I  p.  213. 


SECOLO  xra.  141 


come  il  sao  predecessore,  ebbe  l'incarico  di  predicare  la  crociata  in  ainto  del  cadente  im-  36 
pero  ;  ma  non  bastandogli  le  oblazioni  de'  fedeli,  ottenne  dal  Papa  rantoriz2azìone  d' ipo- 
tecare i  beni  della  sua  chiesa.  Venato  quindi  a  Costantinopoli  si  vide  talmente  ridotto  a 
povertà,  che  il  pontefice  Innocenzo  IV  diede  l'incarico  a  frate  Benedetto  d'Arezzo  (dal 
Belin  detto  ancor  provinciale)  di  obbligare  i  prelati  e  abbati  di  Romania  ad  assegnargli 
un'annua  rendita  di  500  marche  d' argento  per  sua  modesta  sostentazione  (1).  Pochi  anni 
dopo,  il  Giustiniani,  caduta  la  città  in  potere  dei  greci  nel  luglio  del  1261,  fuggiva  con 
Balduino  II,  lasciando  qoal  suo  vicario  patriarcale  un  tale  fr.  Antonio  Minorità,  che  poi 
vediamo  confermato  in  carica  da  Urbano  IV  nel  31  ott.  1263  (2).  Il  Belin,  senza  indi- 
carci le  prove,  protrae  la  dimora  di  Benedetto  in  Costantinopoli  sino  all'indicata  caduta 
della  città  in  potere  dei  greci  (3).  La  testimonianza  di  questo  eh.  scrittore  potrebbe  esser 
convalidata  dalla  citata  autorità  di  fr.  Tomaso  da  Pavia  che  ricorda  Benedetto  in  Oriente 
sotto  l'impero  di  Balduino. 

E  qui,  senz'altro,  noi  perdiamo  ogni  traccia  e  memoria  di  Benedetto  in  Oriente.  Lo 
abbiamo  visto  colà  fin  sotto  l'imperatore  Balduino,  ma  nulla  possiamo  diro  di  preciso 
quando  Benedetto  lasciò  quelle  regioni  da  lui  evangelizzato  :  quando  percorse  la  Palestina, 
la  Siria,  l'Armenia,  la  Mesopotamia,  e  quando  l'estrema  Assiria  fino  a  Susa,  ove  sappiamo 
venerarsi  ancor  oggi  la  tomba  di  Daniele  profeta  da  lui  visitata;  né  sappiamo  quando  final- 
mente ritirossi  in  Italia,  ove  lo  vedremo  apostolo  e  paciere  nella  sua  città  natale  di  Arezzo. 

Quando  fr.  Tomaso  da  Celano,  il  biografo  di  S.  Francesco,  assai  prima  del  1247, 
compilava  la  breve  leggenda  del  Santo  in  nove  lezioni  ad  uso  del  Coro  (4)  e  a  preghiera 
di  un  fr.  Benedetto,  che  credesi  il  nostro,  questi  forse  era  allora  temporaneamente  ritor- 
nato dall'Oriente,  o  forse  invitò  il  Celano  a  scriverla  per  lettera. 

Il  Waddingo  che  ritoma  a  parlare  di  Benedetto  sotto  l'anno  1259,  sembra  voglia 
darcelo  celebre  allora  in  Italia  e  dimorante  nel  nuovo  convento  che  pii  benefattori  diedero 
ai  Minoriti  g^à  dal  1232  entro  la  città  di  Arezzo,  e  cui  più  tardi  il  ven.  P.  Angelo  de  Me- 
glio Aretino  ingrandi  fabbricandovi  una  magnifica  chiesa  dedicata  a  S.  Francesco  (5),  nella 
quale  oggi  si  conservano  le  ceneri  di  Benedetto. 

In  questo  convento,  dopo  il  suo  ritorno  dall'  Oriente,  Benedetto  institni  il  pio  uso 
di  salutare  la  Vergine  col  canto  dell'  antifona  Angelus  hcutus  est  Mariae  (6),  devozione 
che  poi  S.  Bonaventura  confermò  e  propagò  come  vogliono  alcuni  (7),  e  la  Chiesa  genera- 
lizzò pel  mondo  intero  col  noto  triplice  salato  alla  Vergine:  Angelus  Domini  etc.  Il  ci- 
tato Bodulflo  vnole  che  qoesta  pia  devozione  fosse  instituita  da  Benedetto  per  liberare  il 
convento  infestato  da  spiriti  maligni.  Questa  pia  institazione  è  ricordata,  come  vedrassi, 
anche  dal  suo  biografo  Nanni. 

Nel  1268  troviamo  finalmente  con  certezza  il  nostro  Benedetto  in  Arezzo  sua  patria, 
e  la  fama  della  sua  santità  celebrata  fin  nella  corte  Angioina  di  Napoli.  Quattro  o  cinque 


(1)  Belin  op.  cit.  p.  87.  A  p.  83  dice  di  aver  compilate  le  hiogrsAe  de'  Patriarchi  latini 
di  C.poli  sui  cenni  somministratigli  dall'  Oriens  Chrùtianus  t.  Ili  del  Le  Quien. 

(2)  Belin  ed  Eubel  Le  —  Sbaralea  BuUar.  t.  II  p.  524. 

(3)  Belin  Hist.  cit.  e  3  p.  187. 

(4)  Cfir.  Papini  Notizie  sicure  p.  239.  —  Lemmens  Vitae  tre»  S.  P.  Frane,  aaec.  XIII  p.  78. 

(5)  Cfir.  Wadd.  an.  1232  n.  42,  t.  II  p.  308;  e  an.  1259  n.  9  t.  IV  p.  114.  —  H  Bollaa- 
dbta  Pinio  {Acta  cit.  p.  809,  n.  7)  per  una  svista  pone  nel  1232  il  ritorno  di  Benedetto  dal- 
l'Oriente  e  l'institozione  della  pia  salntazione  alla  Vergine. 

(6)  Wadd.  1.  e.  —  Rodulpbius  Hiat.  Seraph.  fol.  261  verso. 

(7)  Cfir.  Ckron.  24  Gen.  in  Anal.  frane,  t.  lU  p.  329  e  351. 


142  BIBLIOTECA 


giorni  prima  della  celebro  battaglia  (23  ag.  1268)  che  decise  la  triste  sorte  toccata  a 
Corradino  figlio  di  Federico  II,  caduto  in  potere  di  Carlo  d'Angiò  re  di  Napoli,  duo  frati 
Minori  da  Arezzo  erano  arrivati  in  quella  corte  messaggeri  di  non  sappiamo  quali  nuove 
per  quel  monarca.  Nell'udienza  ch'ebbero  dal  re,  questi  volle  informarsi  dello  stato  di 
Benedetto,  la  cui  fama  disse  di  aver  udita  dalla  bocca  di  Balduino  II  imperatore  latino  di 
Costantinopoli.  Il  fatto  ci  ò  raccontato  da  fr.  Tomaso  da  Pavia,  che  fa  uno  dei  due  suddetti 
Minoriti,  e  Provinciale  allora  di  Toscana  e  autore  della  cronaca  Imperaiorum  et  Bomcmo- 
rum  Pontificum  già  ricordata  dallo  Sbaralea  come  di  autore  anonimo  (1),  ed  oggi  esi- 
stente nella  Laurenziana  di  Firenze  (Plut.  XXI  Sin.  cod.  5).  Da  questo  codice  noi  co- 
piammo il  brano  che  segue  (2)  : 

«  Quarto  die  vel  quinto  antequam  fieret  bellum,  duo  fratres  [Minores]  prò  negotio 
quodam  accessere  ad  Karolum,  propositoque  negotio  coram  rege  per  quemdam  provincia- 
lem  ordinis  nostri,  fratrem  utique  notum  regi  (3),  rex  ab  eo  quaesivit,  nude  socins  essct. 
At  frater  ille  de  seipso  respondens:  de  Aretio,  domine,  inquit,  sum.  Et  rex  ait  ad  eum: 
Quid  est  de  fre.  Benedicio,  qui  B.ti  Francisci  socius  fuit?  Et  frater  ait:  Domine  bene  est, 
mihique  imposuit  ut  ex  parie  sua  vos  salutarem,  vohisque  di-cerem  de  Beo  confidcre,  quia 
etsi  magnum  periculum  vobis  immineat.  Deus  tamen  et  auxilium  dahit,  et  praebebit  in  fine 
victoriam.  Tunc  rex  ylaris  factus  nìmis  dixit  ad  fratrem:  Dixit  hoc,  dixit  hoc?  Cumque 
ilio  sic  eum  dixisse  assereret,  rex  adiunxit:  Cariar  mihi  est  huius  fratris  Benedica  pro- 
missio,  quam  si  militès  mihi  mille  in  auxilium  advenissent.  Scio  enim  quod  per  Bal- 
duinum  Impcratorem,  qui  mihi  fratrem  hunc  notum  fecit,  quod  ipse  in  Romania  ipsi 
Imperatori  multa  predixit  quae  postea  sibi  et  imperio  integre  cvcnerunt  (4)  » . 

Dopo  aver  visto  Benedetto  nel  1268  in  sua  patria  Arezzo,  cosi  ora  dobbiamo  sorvolar 
ben  9  anni  per  ritrovarlo  nella  stessa  città,  quando  cioè  al  dì  31  ottobre  del  1277  il 
santo  vecchio  con  fr.  Bainerìo  suo  socio,  in  presenza  di  testimoni  e  del  notaio  stendevano 
la  nota  testimonianza  sulla  veridicità  della  celebre  indulgenza  della  Porzinncola.  Il  docu- 
mento nella  sua  brevità  dice  molto  là  ove  Benedetto  è  ricordato  di  esser  stato  discepolo 
di  S.  Francesco  e  famigliare  intimo  de'  discepoli  del  Santo  : 

«  Ego  frater  Bcnedictus  de  Aretio,  qui  olim  fui  eum  beato  Francisco  quum  ndhuc 
Vìverci,  et  divina  gratia  operante  ipse  pater  sanctissimus  ad  suum  Ordinem  me  recepit, 
qui  sociorum  suorum  socius  fui  et  eum  ipsis  frequenter  et  in  vita  sancti  patris  nostri 
et  post  ipsius  recessum  de  hoc  mundo  ad  Patrem  eum  eisdem  de  secretis  Ordinis  fre- 
quenter collationem  hàbui,  confiteor  me  frequenter  audivisse  a  quodam  supradictorum 


(1)  Supplem.  ad  Scrip.  Ord.  Min.  p.  56  n.  235. 

(2)  Ora  questa  cronaca  la  troviamo  pubblicata  col  tìtolo  Gesta  Imperafontm  et  Romano- 
rum  Pontificum  nei  Monum.  Germ.  historica  (t.  XXII  pp.  483-528)  su  due  codd.  uno  di  Parigi 
e  l'altro  della  Laurenziana  di  Firenze.  L'editore  attribuì  questa  cronaca  ad  un  frate  Tomaso 
toccano,  supponendolo  tale  per  la  sua  lunga  dimora  in  Toscana.  Serie  ragioni  invece  dovevano 
persuadere  il  dotto  critico  ad  attribnirla  a  frate  Tomaso  da  Pavia  lodato  dal  Salìmbene  {Cìiron. 
p.  217-18)  come  autore  d'una  cronaca  e  come  Ministro  provinciale  mtdtìs  annis  in  Tuscia.  Di 
questo  fr.  Tomaso  parleremo  in  un  articolo  a  parte;  egli  mori  probabilmente  verso  il  1280. 

(3)  Qui  il  cromista  Tomaso  che  nel  1267  aveva  accompagnato  re  Carlo  per  la  Toscana, 
senza  dubbio  allude  a  se  stesso,  ancor  attuale  (1268)  provinciale  Ministro  della  Toscana; 
lui  dunque  fu  uno  de'  due  Minoriti  recatisi  presso  re  Carlo,  e  lui  mcgUo  d'ogni  altro  do- 
veva conoscere  le  virtù  del  suo  suddito  frate  Benedetto  dimorante  in  Arezzo. 

(4)  Questo  brano  del  eod.  Laurenziano  (in  fol.  5  r.  col.  2  della  Centuria  XIIJ)  concorda 
perfettamente  col  testo  del  cod.  Parigino  dei  Monumenta  citata  (p.  522-23). 


SECOLO  xin.  143 


sociorum  beati  Francisci  qui  vocabatur  fr.  Masseus  de  Marignano  (1),  qui  fuit  homo  36 
veritatis  el  prohatissimae  vitae,  quod  ipse  fuit  cum  h.  Francisco  apud  Perusium  ante 
praesentiam  domini  papae  Honorii  quum  petivit  indulgcntiam....  etc.  Haec  eadem  sur 
pradicto  modo  confiteor  ego  fr.  Baynerius  de  Mariano  de  Aretio  (2),  socius  venerabilis 
fr.  Benedicti,  me  audivisse  frequenter  a  supradicto  fratre  Masseo  socio  h.  Francisci^ 
cui  fratri  Masseo  ego  fr.  Baynerius  amicus  specialissimus  fui  » . 

Questa  deposizione  fa  stesa  dal  notaio  alla  presenza  de'  testi  ivi  nominati  :  «  apud 
céllam  fratris  Benedicti  de  Aretio....  et  in  anno  Domini  1^7....  ultimo  octohris....  et 
de  mandato  venerabilis  fratris  Benedicti  et  Fratris  Baynerii  (3)  » . 

Dopo  il  1277  non  troviamo  altra  memoria  di  Benedetto  sino  all'anno  della  sua  morte 
avvenuta  nel  settembre  del  1282  come  abbiamo  dal  Nanni. 

E  qui  sostiamo  anche  noi,  rinviando  il  lettore  alle  memorie  del  Nanni,  del  Pisano  e 
del  Chron.  24  Generalium,  certi  che,  se  s'imbatterà  in  mostruosi  dragoni,  non  perciò  si 
sentirà  venire  la  pelle  d'oca;  meno  poi  inorridirà  all'aspetto  di  un'innocua  nuvoletta,  o 
tavola,  0  angelo  che  sia  che  rapì  e  condusse  Benedetto  al  Paradiso  terrestre.  Egli  da  sa- 
vio conoscitore  dell'ingenuo  medio  evo,  e  da  giudizioso  critico,  scorgerà  a  prima  vista  che 
simili  ingenuità  non  ponno  deturpare,  né  menomare,  e  meno  poi  distruggere  i  fatti  ivi 
narrati  con  candore  e  sincerità  indubbia. 

In  ultimo  ci  resta  di  manifestare  un  nostro  voto.  Perchè  mai,  ci  domandammo  spesso, 
l'Ordine,  la  Provincia  di  Terra  Santa,  e  la  città  natale  di  Benedetto  non  procurano  di  fer 
rivivere  la  venerata  memoria  di  un  tanto  uomo,  il  cui  culto  è  comprovato  indubbio  dalla 
testimonianza  di  sette  secoli?  Il  culto  di  Benedetto  è  abbastanza  comprovato,  come  asse- 
riscono i  BoUandisti  :  dalle  sue  reliquie  venerate  in  Arezzo  e  a  Bologna,  dal  titolo  di  beato 
0  santo,  dall'aureola  nelle  sue  imagini  e  dalla  sua  tomba  posta  in  distinta  cappella  (4). 
Estender  quindi  e  confermare  il  suo  culto  in  tutto  l'Ordine  e  specialmente  in  Arezzo  e 
nell'Oriente,  ecco  il  voto  che  facciamo  vivissimo  a  chi  può  e  deve  più  di  noi  alle  virtù  di 
un  tanto  apostolo  di  Gesù  Cristo. 

A)  —  Vita  et  Miracula  Beati  Benedicti  Sinigardi  de  Arretio  ex  cit.  Ms.  Codice 
Francisci  Bedi  Patricij  Arretini  ».  57.  (fai.  314  r). 

Mirabilis  semper  Deus  in  Sanctis  suis,  mirabilis  valde  fuit  in  beato  fratre  Benedicto 
de  Sinigardis,  et  ideo  ego  Nannes  de  Arretio  scribere  docrevi  fidoliter  illius  vitam,  et  mi- 
racula ad  laudem  Dei,  et  Sancti  Patris  Francisci,  et  ad  edificationem  fidelium  omnium 
utriusque  sexus,  qui  Deum,  et  Sanctos  eius  puritate  cordis,  et  in  charitate  venerantur. 


(1)  Per  aver  il  Waddingo  registrata  la  morte  di  frate  Masseo  sotto  l'anno  1280  n.  3 
snlla  testimonianza  del  Gonzaga,  si  son  volate  fare  delle  lunghe  questioni  sull'autenticità 
del  presente  documento,  quando  ad  evidenza  doveva  risultare  l'errore  de'  due  cronisti  nella 
data,  e  porre  la  morte  di  Masseo  alcuni  anni  prima  della  deposizione  di  Benedetto  che  ce 
Io  dà  per  trapassato.  Se  Masseo  fosse  vissuto  sino  al  1280,  Benedetto  non  avrebbe  deposto 
come  depose,  e  fra  le  tante  deposizioni  suU'  indulgenza  non  avrebbe  dovuto  mancare  quella 
specialmente  di  Masseo  teste  primario. 

(2)  Se  è  vero,  come  registra  il  Jacobilli  (  Vite  de  Santi  t.  Ili  p.  3-6),  che  il  B.  Rainerìo 
vesti  r  abito  verso  il  1258,  dubiteremo  assai  dirlo  stato  compagno  di  Benedetto  in  Oriente, 
come  col  Breviario  (5  nov.)  comunemente  asseriscono  i  nostri  scrittori. 

(3)  Sabatier  Bartholi  Tractat.  de  Indulgentia  p.  XLIV  e  s^.  —  Acta  SS.  4  Oct.  t.  II 
p.  888  n.  47-56.  —  Wadding.  ad  an.  1277. 

(4)  Cfr.  Acta  SS.  cit.  t.  IV  aug.  p.  808  s.  Cfr.  ib.  t.  II  Oct.  die  4,  p.  888  n.  50:  «  Bea- 
tum  Benedictum  Aretinum  sua  satis  superque  testatur  sanctimonia  certo  cultu  confirmats  »  ; 


144  BIBLIOTECA 


36  Beatas  igitar  frater  Benedictns  patrem  habnit  nobìlem,  et  possentem  hominem  Sini- 

gardum  de  Sinigardis  (1)  de  antiqua  et  bellicosa  civitate  Arretii,  matrem  Lisabettam  Pe- 
tramalescam  (2)  qui  amorem  et  timorem  Dei  a  tenera  infantia  filio  sno  docoerunt;  nnde 
postea  annis  crescens,  dnm  studiis  grammaticalibas  operam  dabat,  semper  sancte  Tìxit,  et 
ter  in  hebdomada  ieinnabat,  egenis  et  panperibns  largas  prò  sua  aetate  elemosinas  da- 
bat, unde  dominus  noster  Jesus  Christus,  misericordiosis  oculis  respexit  super  illum  ;  unde 
ille  (fol.  314  V.  :)  relictis  patre  et  matre  omnibusque  ampliis  divitiis,  quibus  domus  sua 
ampliter  affluebat,  Sanctum  Patrem  nostrum  (3)  Franciscum  humiliter  oravit  ut  sacco  fra- 
trum  suorom  Tellet  eum  indnere,  et  in  sanctam  ordinem  suam  recipere,  quod  statim  a 
pio  et  beato  Patre  obtinuit,  et  semper  dignum  filium  tanti  Patris  se  pracstitit;  et  illa 
die  qua  in  sanctam  ordinem  receptus  fuit,  cum  quidam  homo  obsessus  a  malignis  spiri- 
tibus  esset  in  ecclesia,  demones  ore  illius  hominis  coeperunt  magna  voce  exclamare:  Veh 
nóbisl  Veli  nohis,  tempus  veniet  in  quo  magna  óbbrohria  patiemur  ab  isto  benedicto.  Et 
vere  tnnc  patres  mendacii  vera  locuti  fuere  ;  nam  beatus  frater  Benedictus  multos  ab  im- 
mundis  spiritibns  torturatos  in  nomine  Jesu  Christi  et  signo  sanctae  >^  liberavit,  et  ora- 
tionibas  suis  multis  aegrotis  sanitatem  reddidit  ;  et  martini  desìderium  suo  in  corde  fixum 


(1)  Verso  la  metà  del  secolo  XIII  era  in  Bologna,  professore  di  medicina,  nn  Sinigardo 
nativo  d'Arezzo,  canonico  di  Faenza  e  poscia  arciprete  della  metropolitana  di  Bologna,  di 
cui  più  altre  notizie  si  hanno  nel  Sarti  {de  Prof.  Bonon.  1. 460)  citato  dal  Tiraboschi  Stor. 
della  leti.  ital.  t.  IV  par.  I  p.  292,  ed,  Ven.  1823.  —  Un  pronipote  senza  dubbio  del  nostro 
Beato  è  quel  Gorello,  o  Gregorio  di  Ranieri  di  Iacopo  Sinigardi  di  Arezzo,  autore  della  Cro- 
nica in  terza  rima  intorno  ai  fatti  di  Arezzo  (1310-1384)  che  il  Muratori  pubblicò  negli  Scrip- 
torea  t.  XV  col.  809-886  con  noterelle  del  Benvoglienti.  La  famiglia  Sinigardi  o  Sighinardi, 
tutt'  una  come  vuole  il  Muratori  contro  il  Benvoglienti  «  inter  ceteras,  quae  in  Aretina  civi- 
tate, ac  in  regione  portae  Cruciferae  praestabant,  Atictor  (Gorellus)  ipae  commemorai  » .  Il  Ben- 
voglienti evidentemente  erra  quando  nella  nota  66  distingue  i  Sighinardi  dai  Sinigardi  e 
credette  a  chi  gli  disse,  questi,  non  esser  tanto  antichi  come  i  Sighinardi. 

(2)  Della  potente  famiglia  de'  Tarlati  di  Pietramala  che  diede  i  natali  alla  madre  del 
nostro  Benedetto  (FaruUi  Annali  di  Arezzo,  Foligno  1717,  p.  24).  I  Tarlati  di  Pietramala 
(detti  Petramalènsi  o  di  Petramalesco  sangue)  erano  Signori  di  Pietramala^  di  Toppole,  di 
Monterchi,  della  Pieve,  e  Conti  di  Chiusi,  di  Caprese  e  di  molti  altri  luoghi  e  castelli  (Fa- 
rulli  op.  cit.  p.  36).  —  Guidone  vescovo  e  podestà  di  Arezzo  (f  1329),  e  più  tardi  Bettino 
o  Ubertino  vicario  imperiale  appartennero  a  questa  nobile  famiglia  cotanto  decantata  dal 
citato  Gorello  Sinigardi  nel  poema  storico  che  egli  pone  in  bocca  alla  città  natale: 

Gentilezza  di  fuor  or  vo'  che  canti 

casa  degli  Ubertin,  e  Petra  Mala, 

e  dirai  vero  senza  far  milanti....  (cap.  2). 
Di  color  che  molto  me  honoraro, 

a  cui  TuUian  per  origine  é  dato, 

che  fece  poi  il  sangue  tanto  chiaro  : 
Che  per  virtù  fece  el  Sazo  quadrato 

che  durerà  fin  che  '1  Mondo  lontana 

per  fama,  dico,  benché  muti  stato: 
Non  pur  per  lingua  Lombarda,  o  Toscana 

é  nominata  Petra  Mala,  grande, 

ma  per  ogni  provincia  oltramontana: 
Per  ogni  parte  sua  fama  si  spande; 

altrove  tu  odirai  di  sua  grandezza  (cap.  3). 
E  sua  grandezza  decanta  il  poeta  nei  seguenti  capitoli  del  suo  poema  (Muratori  Script. 
t.  XV  col.  821  e  seg.). 

(3)  Con  questa  espressione  ripetuta  più  sotto,  il  Nanni  vuol  forse  dichiararsi  apparte- 
nere anch' egli  a  Francesco  come  membro  del  terz' Ordine  Minorìtico. 


SECOLO  xm.  145 


semper  habait,  unde  ire  obtinuit  ultramare  obi  prìmns  (1)  factus  fult  Antiochiae  Minister,  36 
ubi  mnìtos  paganos  et  Saracenos  (fol.  315 r:)  incredulos  baptizavit,  et  in  fidem  Domini 
nostri  lesu  Christi  recepit,  et  verbis,  et  operibus,  et  exemplo  semper  in  via  recta  conser- 
vavit;  unde  in  Oriente  valde  gloria  Dei  crescebat,  et  fama  Benedicti  servi  sui;  unde  re- 
cepit etiam  in  sanctam  Ordinem  sancti  Patris  nostri  Francisci  Imperatorem  Constantino- 
polìtanum  et  Begem  Jerusalem  (2),  et  magnum  Bellatorem,  Egipti  Soldaui  servum,  no- 
mine Algazzellem,  scerete  baptizavit,  qui  postea  Christianis  multum  utilis  fuit. 

Et  evenit  in  illis  diebus  quod  qnaedam  nobilis  mulier  Saracena  haberet  plagara 
quamdam  maximam,  et  turpem  in  una  ex  mammillis,  quam  plagam  medici  curare  non 
potuerunt,  et  beatus  frater  Benedictus  facta  ad  Dominum  oratione,  solo  signo  sanctae  i^  sa- 
nitatcm  mnlieri  restituit,  et  liberavit  illam  a  plaga  foedissìma,  unde  et  Illa  et  vir  suus 
cum  tribus  fìliis,  et  multis  servis,  et  ancillis  crediderunt  in  Christum  lesum. 

Evenit  etiam  illis  diebus,  quod  cum  beatus  frater  Benedictus  devotus  valde  esset 
sancti  Patris  Daniellis  Prophetae,  et  cum  valde  desideraret  visitare  sepulcrum  illius,  et 
propter  longitudinem  itineris  (fól.  315  v:J  et  propter  latrones  saracenos,  et  servos  Mla- 
machornm  (sic)  ire  non  posset  in  regionem  Babiloniae  ubi  repositum  est  sepulcrum  sancti 
Danielis  (3),  Dominus  noster  lesus  Christus  piissimis  oculis  servum  suum  Benedictum  re- 
spexit,  et  consolatos  fuit  ;  nam  misit  de  coelo  Angelum  suum  qui  sub  forma  draconis  ma- 
gni flammas  evomentis,  super  dorsum  suum  portavit  illnm  in  regionem  Babilonis,  et  in 
locum  sepulcri;  quod  cum  ille  hnmilitor  et  devote  aperuisset,  propter  devotionem  cepit  di- 
gitum  ex  manu  dicti  sancti  Patris  Daniellis,  et  secum  tulit  in  Antiochiam,  quo  rediit  su- 
per dorsum  eiusdem  Angeli  sub  forma  draconis;  eumdemque  digitum  postea  ab  ultramare 
tulit  in  liane  patriam  suam  Arretii  in  qua  adhuc  magno  miraculo  incorruptus  servatnr  (4). 

Sed  cum  ob  multa  miracula  quae  quotidie  Deus  agebat  in  Oricntalibus  regionibus 
manu  servi  sui  Benedicti  magnam  fkmam,  et  gloriam  adeptus  esset,  et  quia  valde  humilis 
erat,  et  valde  inimicus  mundanae  et  secularis  gloriae,  quaerens  solum  honorem  Dei,  et  se- 
metipsum  spernens  (fol.  316  r:)  et  humilians,  ideo  visitatis  omnibus  Jerosolimae  sanctis 
locis,  fugiens  ab  ultramare  in  Italiam  coepit  redire;  sed  cum  iam  esset  in  medio  maris, 
et  tempestas  saeva  facta  fuisset,  et  nulla  esset  amplius  spes  salutis,  coeperunt  omnes  sar- 


(1)  Vedi  la  nostra  /Serie  cronologica  dei  Superiori  di  T.  S.  sub.  an.  1220,  ov'  è  provato 
che  per  breve  tempo  precedettero  il  nostro  beato  nel  Provincialato  di  Sìria  i  frati  Elia  da 
Cortona,  e  Luca.  Pel  quasi  effimero  provincialato  di  questi  due,  il  nostro  Benedetto  è  qui 
detto  prùnus, 

(2)  Cioè  Giovanni  di  Brienne,  del  quale  abbiamo  detto  abbastanza  nella  prefazione  di 
questa  Vita.  —  II  Rodulfio  {Histor.  Seraph.  Belig.  Venet.  1586,  fol.  261  v.)  che  ebbe  o  la 
legenda  del  Nanni  o  qualche  altra,  ripete  che  Benedetto  «  Imperatorem  Constantinopoli- 
tanum  Ioannem,  regem  Hierusalem,  ad  Ordinem  b.  Francisci  recepit,  et  circumquaque  iacen- 
tes  populos  continuis  praedicationibus  ad  fidem  christi  convertit  » . 

(3)  Il  sepolcro  di  Daniele  c^gi  ancora  si  mostra  a  Susa,  città  che  per  un  tempo  fu  ca- 
pitale dell'  Assiria  o  Mesopotamia,  e  situata  più  lungi  a  Oriente  di  Babilonia,  verso  il  max 
Persico.  Gli  arabi  dan  la  preferenza  alla  testimonianza  del  loro  AbuIfiEirag  scrittore  del 
sec.  XIII  che  lo  dice  sepolto  in  quella  città.  Babilonia,  Ecbatane,  Susa  ed  altre  città  ba- 
bilonesi, secondo  varie  leggende  o  tradizioni,  pretendono  possedere  la  tomba  del  S.  Profeta. 
(Cfr.  BoUand.  t.  V  lui.  die  21  p,  123  s.). 

(4)  Bodulphius  Histor.  Seraph.  Rélig.  (fol.  261  v.)  :  «  Detulit  quoque  B.  Benedictus  di- 
gitum Danielis  Prophetae,  per  quem  Deus  magnalia  operatus  est,  operaturque  in  dies:  unde 
leguntur  illa  carmina: 

Hic  Syriae  in  patriam  digitum  Danielis  ademit, 
In  Patria  tandem  periit  potiturus  Olympo. 
Il  Waddingo  ha:  periit  peOtwrus  Olympum  (t.  IV  p.  114).  Il   citato  Bodulfio  (fol.  84) 
sotto  l'imag^ne  del  Beato  riporta  questo  distico  che  ricorda  pure  il  dito  di  Daniele: 
Ut  digitum  Danielis  et,  Benedicte,  dedisti, 
Rcddita  lux  patriae,  reddito  pax  popttlo. 

Bibliot.  —  Tom.  I.  lÒ 


146  BIBLIOTECA 


36  cinas  proiicere  in  mare;  quod  cnm  nihil  prodesset,  consilium  fecerunt  de  mìttenda  sorte 
quisnam  horainum  in  mare  essot  proiicicndus,  et  cum  astutia  nautarum  cecidisset  sors  super 
beatum  Benedictnm,  ille  nihil  timens  orationem  ad  Deum  faciebat;  et  ecce,  quando  proie- 
cerunt  illnm,  qnod  in  medio  tnrbinis  apparuit  nubecula  alba  quae,  magno  tremore  nau- 
tarum omnium  vidcntium,  per-  aerem,  longe  a  yisu  illorura,  portavit  illum,  portavitque  in 
Paradisum  terrestrem  ubi  sancti  Patrcs  Enoch  et  Elias  in  diem  Judicii  Tivunt  et  moran- 
tur;  et  ibi  accepta  ab  illis  benedictione  et  osculo  pacis,  visoque  Paradiso  delitiarum,  de- 
nno  nubecula  in  se  recepit  illum,  et  in  portum  in  rogionibus  Italiae  portavit,  oadem  die 
qua  illnc  appulit  navis  illa,  e  qua  in  mare  (fol.  316  v.)  proiectus  fuit;  cumque  nautae 
omnes,  et  aliqni  navis  homines  vidissent  illum,  magna  admiratione  lachriraati  fuere,  et 
a  beato  Benedicto  veniam  petierunt,  omnibusque  narrabant  tam  magnum  miracnlnm;  quod 
cum  evulgatuìn  esset,  magnus  populus  ex  propinquis  locis  ad  beatum  Benedictum  currebat, 
et  Deus  orationibns  servi  sui  multa  miracula  faciebat.  Sed  beatus  Benedictus  ut  munda- 
nam  gloriam  fugeret  locum  illnm  reliquit,  et  alio  abiit,  tandemquo  in  hanc  civitatem  Ar- 
retii  se  recepit,  ubi  quotidio  omnes  viam  et  verum  cultum  Domini  lesu  docebat,  et  prae- 
cipue  laborabat  ut  extingueret  inimicitias,  quae  Inter  potentes  et  Magnates  civitatia  cru- 
deliter  vigebant,  et  quotidie  multa  miracula  faciebat,  sanitatem  multis  ànfirmis  rcstituens, 
pauperes  in  suis  necessitatibus  adiuvans  quam  corporaliter,  tam  spiritualiter,  et  praecipue 
a  corporibus  obsessis  spiritum  inimicum  depellcns,  multisque  spiritu  profetico  (fol.  317  r  :), 
quo  a  Domino  donatns  fuit,  futura  praenuncians;  et  huius  veritatis  multi  testes  esse  pos- 
snnt,  et  praesertim  frater  Tomas  de  Pavia  Minister  in  Tuscia  (1),  cui  in  re  dubia  opti- 
mum consilium  dedit,  et  rei  futnrae  eventum  praedixit.  Arretinis  etiam  multa  praedixit 
quae  postea  evenerunt. 

Instituit  fratribus  suis  Antifonam,  quae  cantatur  post  Completorium  :  Angelus  locu- 
tus  est  Marine,  quam  semper  maxima  devotione  recitabat,  et  canebat  (2). 

Cumque  illis  diebus  potenti  ferocique  viro  Brandaliae  (3)  a  masnada  inimicorum  suo- 
rum  noctu  multa  vulnera,  et  gravia  illata  essent,  adeo  ut  nulla  spes  esset  recuperandae 


(1)  Tomaso  di  Pavia,  ricordato  da  noi  più  sopra,  a  detta  del  Salimbene  {Cliron.  p.  217-18) 
€  multis  annis  Minister  provincialis  fuit  in  Tuscia  »  ;  e  secondo  il  Terrinca  {TJieatrum  Etni- 
sco-Minor, p.  31)  fu.  Provinciale  da  circa  il  1260  sino  al  1279  quando  gli  succedette  fr.  Fi- 
lippo da  Perugia.  Secondo  il  Papini  (Etruria  Francescana  p.  8  n.  7)  Tomaso  sarebbe  stato 
Ministro  già  prima  del  1258. 

(2)  «  Cum  enim  conventus  Aretii  vexaretur  a  spiri tibus  immundis,  B.  Benedictus  insti- 
tuit, ut  cantaretur  illa  antipbona:  Angelus  locutus  est  Mariae  dicens...  Quam  institutionem 
confirmavit  postea  Divus  Bonaventura  Generali  s  > .  Rodulphius  Hist.  cit.  fol.  261  v.  —  Cfr. 
Chron.  24  Gen.  in  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  329  e  351. 

(3)  Potente  e  nobile  famìglia  Aretina.  Dì  lei,  e  de'  Tarlati  spigoliamo  queste  brevi  no- 
tizie dal  citato  FaruUi:  —  «L'anno  1217,  mille  seicento  Aretini,  con  infinito  numero  di 
Toscani  si  portarono  all'acquisto  di  Terra  Santa.  Nell'assedio  di  Damiata  [1219]  Francesco  di 
Brandaglia  di  Bonìnscgna  Brandaglia,  Paramusa  di  Chiaro,  (e  molti  altri)  nobili  aretini  fecero 
opere  meravigliose,  alcuni  dei  quali  furono  1  primi  a  piantarvi  l'insegna  della  croce  con 
somma  gloria  di  Arezzo  >  (Farulli  Annali  di  Arezzo  p.  25-26).  «  Questa  nobile  stirpe  (l'an- 
tica e  potente  famiglia  Brandaglia)  venne  di  Germania  in  Italia  con  Ottone  I  imperatore, 
e  si  disse  de'  Guido  Terni....  Guido  Terno  e  Frangilasta  furono  capitani  illustri  della  sua 
Repubblica  Aretina  T  anno  1230.  Brandaglia  di  Boninsegna  fii  nelle  lettere  molto  versato. 
Questo  procreò  otto  figli  :  Uguccìone,  Guerruccio,  Segna,  Guìdotto,  Betto,  Bandino,  Martino  e 
Cecco,  come  sì  prova  da  un  contratto....  Dei  quali  Guerruccio,  Segna,  Guìdotto,  Bandino  e 
Martino  furono  valorosi  capitani,  e  quattro  si  vedono  ritratti  al  vivo  dal  celebre  pennello  di 
Giorgio  Vassarì  nella  sala  del  già  sig.  Francesco  Brandagli  nel  suo  palazzo  a  S.  Pierino....  (La 
famiglia  Brandagli  era  Guelfa)  »  (ib.  p.  51-52).  «  L'anno  1221  segui  in  questa  città  (di  Arezzo) 
per  le  antiche  gare  de'  Guelfi  e  Ghibellini  sanguinosi  contrasti  fra  le  nobili  famiglie  Alber- 
gotti,  Tarlati,  Grifolini,  libertini....  Sinigardi,  Andreoli,  Brandagli  ecc.  (p.  26).  L' anno  1226 
gli  Aretini  diedero  aiuto  ai  Tarlati  signori  di  Pietramala  infestati  dalle  armi  de'  Perugini 


SECOLO  XIII. 


147 


sanitatis,  et  iam  iam  Brandalia  moriturns  essnt  ;  cumque  consanguinei  vocassent  in  domum  36 
suam  ad  vnlneratnm  invisendum  ot  consolandam  boatum  Benedictum,  tunc  beatus  Bene- 
dictus  dixit  illi  :  «  0  Brandalia,  Brandalia,  si  (fol.  317  v  :)  Deo  promittis  parcere  toto 
corde  inimicis  tais  domusquo  tuae,  ego  orabo  Deum  ut  sanitatem  tibi  restituat  » .  Cumque 
ille  iam  morti  proximus  promisisset,  statim  oravit  B.  Benedictus  ad  Deum,  et  signatis 
Yulneribus  signo  sanctae  ^,  statim  cgrotus  coepit  melioraro,  et  vulnera,  octo  ab  illinc 
diebus,  sana  ot  clausa  facta  fuere  magna  medicorum  admiratione;  et  postea  Brandalia  ma- 
gna in  pace  vixit  cum  inimicis  suis  et  ex  cordo  illos  amavit,  ex  quo  magna  edificatio  suc- 
cessit  omnibus  Arrotinis, 

Tandem  TJeatus  Pater  Benedictus  meritorum  plenus,  post  multa,  et  multa  miracula, 
post  austeram  exemplaremque  vitam  exactam,  post  breveni  morbum  in  quo  die  noctequo 
evangelium  sibi  legi  voluit,  sancte,  et  pie  obdormivit  in  Domino  lesu  maxime  dolore  fra- 
trum  omnium  Sanctae  Ordinis  Beati  (fol.  318  r:)  Patris  Sancti  Prancisci,  et  Arretinorum 
omnium,  et  sepultus  fuit  in  medio  ecclesiae  ante  altare  maius  (1). 

Dominus  lesus  Christus  concedat  nobis  prò  meritis  Beati  Servi  sui  nt  non  exeamns 
ex  via  rocta  quao  ducit  in  coelum.  Amen,  Amen,  Amen. 

Finis  Vitae  B.  Benedicti  de  Sinigardis  de  Arretio  scripta  per  Nannem  de  Arretio  Anno 
Domini  1302  Mense  Septembris,  in  quo  mense  obdormivit  in  d.no.  Beatus  Bonodictas 
anno  1242  {corrige:  1282]  (2). 

B)  —  Ex  Ghron.  XXIV  Gener.  in  Ami.  frane,  t.  Ili  p.  224: 

«  Huius  etiam  Generalis  tempore  {Fr.  Heliae  1232-39]  frater  Benedictus  de  Aretio, 
olim  socius  sancti  Prancisci,  habebatur  insignis.  De  quo  inter  alia  unum  mirabile  fertur 


I 


(p.  27)....  In  questo  tempo  (e.  1254)  ì  Tarlati  signori  di  Pietramala  cacciarono  di  Arezzo  1 
Bostoli  famiglia  potente  e  di  gran  seguito....  I  Bostoii  furono  Gbibellini  e  sempre  de'  grandi, 
che  non  potevano  godere  lì  onori  della  Repubblica.  Abitavano  in  Arezzo  nel  quartiere  di 
Porta  Crucifera.  Avevano  un  benefizio  semplice  detto  lo  spedale  di  S.  Maria  posto  a  Santo 
Agostino,  nella  propria  Piazza  insieme  con  l'antica  e  potente  stirpe  de  Guidoterni  oggi 
Brandagli  conti  Gesseri  nel  Volaterrano  che  vennero  in  Italia  con  Ottone  primo  imperatore... 
ove  governarono  a  loro  piacere  la  città,  batterono  monete  e  fecero  guerra  con  l'insegne  gen- 
tilizia in  Casentino,  e  altri  luoghi,  come  si  vede  nel  salone  di  Francesco  Brandagli  dipinte 
da  Giorgio  di  Vassari  pittor  famoso  (ib.  p.  35)....  I  Brandagli  erano  signori  di  Ranco -ecc. 

(1)  Da  li,  più  tardi,  dovette  esser  traslocato  il  suo  corpo  nella  cappella  che  gli  costruì 
la  famiglia,  come  ricavasi  dal  Rodulfio  (op.  cit.  fol.  84  v.)  :  «  Obiit  B.  Benedictus  Aretìi,  tu- 
mulatus  in  aede  D.  Prancisci,  in  cappella  extructa  a  familia  Sinigardorum  in  honorem  huius 
Sancti:  caput  custoditur  in  sacrario,  in  quadam  capsula.  De  ipso  autem  leguntur  ista  carmina: 

Aretii  Benedictus  ego  Sinigardia  prole», 

Vates,  et  sacra  religione  Minor. 
Assyrii  Patres  mihi  iam  paruere  ministro; 

Hinc  digitum,  Daniel  qtiem  dedit,  ipse  tuli. 
Nunc  vivo  in  coelis,  patria  et  mea  membra  reservat, 

Inque  meis  aris  thurea  dona  fero. 

(2)  Qui,  come  abbiamo  osservato  nella  introduzione,  l' inesperto  amannenso  del  cod.  Re- 
diano prese  per  un  4  il  numero  8,  che  nelle  sue  varie  forme,  specialmente  se  aperto  di  sotto, 
facilmente  si  confonde  col  num.  4;  quindi  nel  codice  originale  del  Nanni  doveva  leggersi 
certamente  la  data  1282,  non  essendo  possibile  supporre  altra  data,  o  altro  errore  negli 
altri  numeri.  Erronea  è  poi  la  data  della  morte  del  beato  assegnatagli  dal  Rodulfio  {Hist. 
Seraph.  Relig.  fol.  84)  :  «  obiit  2  kal.  Sept.  feria  VI  anno  vero  1224  » ,  sia  perchè  vi  scor- 
giamo un  evidente  errore  tipografico  nel  millesimo,  corretto  già  dal  Waddingo  (sub  an.  1280 
n.  2),  sia  perchè  anche  in  detto  anno  il  31  agosto  non  cadeva  di  venerdì,  come  giustamente 
osservarono  i  BoUandisti  (p.  810  n.  10).  La  data  quindi  del  Nanni  è  la  sola  fin  qui  più 
certa,  cui  si  accosta  il  Waddingo  quando  dice  morto  Benedetto  :  hoc  anno,  1280,  vel  circiter. 


148  BIBLIOTECA 


36  quod  videlicet,  dam  mare  transirot,  tanta  tempestas  centra  oius  navom  invaluit,  ut  omncs 
se  posse  mortcm  evadere  desperarent.  Frater  vero  Boncdictns  post  orationcm  dixit  naatis  : 
«  Si  vultis  evadere,  proiiciie  me  in  mare,  aliter  tempestas  haec  non  ccssabit  » .  Quod 
CUOI  focissent,  ipso  super  unara  postom  sedens  ab  oculis  eorum  avulsus  est,  et  facta  est 
tranquillità»  magna. 

«  Domino  vero  duce  frater  Benedictus  per  maximum  maris  tractum  ad  pedem  cuius- 
dam  montis  altissimi  sine  laesione  pervenit:  ubi  quondam  iuvonem  reperit  facie  venustis- 
simnm,  qui  post  aliqua  verba  dixit  sibi,  ut  usque  ad  cacumen  montis  ascenderet,  ubi  ho- 
minum  habitaculum  inveniret.  Cumque  ascendens  superius  pervenisset,  vidit  in  cacumine 
pulchcrrimum  habitaculum  et  solemne.  Et  pulsans  ad  ostium,  apparuit  quidam  senex  cuin 
barba  prolixa  canitie  venerandns.  Qui  videns  fratrcm  Benedictum  intcrrogavit  eum,  quis 
erat  et  qnomodo  illuc  ascenderat.  Ille  vero  se  esso  religiosum  assoruit,  et  quao  sibi  con- 
tigerant  narrans,  se  recipi  amore  Domini  supplicavit.  Ilio  vero  rospondit,  quod  ibi  erat 
liortus  deliciarum,  unde  exclusus  fuerat  primus  homo,  et  quod  nec  ipso  noe  aliquis  mor- 
talium  illuc  poterat  introduci.  Dixit  etiam  se  esse  Heliam  de  quo  legcrat  in  Scriptura. 

«  Cumque  post  modicum  etiam  alter  senex,  scilicot  Henoch,  advenisset,  post  multa 
quao  de  statu  mortalium  quaesiverunt,  tandem  multos  habitus  diversarum  Eeligionum  sibi 
ostendoruni  dicentes,  quod  eligeret  habitum  Religionis,  cnins  erat  professor;  et  cum  fra- 
trnm  Minornm  habitum  elegisset,  interrogaverunt,  si  veracitcr  illa  Religio  erat  iam  insti- 
tuta.  Cumque  ille  institutam  assoreret,  et  se  esse  membrnm  eìusdem  fortiter  affirmaret, 
statim  senes  manus  ad  coelum  levantes,  quia  mundi  finis  appropinquabat,  Dominum  lau- 
daverunt.  Tandem  dixerunt  sibi,  quod  per  viam  qua  venerat  rediret,  quia  angelum  haberet 
directorem.  Cum  vero  intus  paradisi  delicias  in  arboribus  et  fructibus  respexisset,  descen- 
dit  usque  ad  pedem  montis,  ubi  supradictum  iuvonem  reperit  dicentem  sibi,  ut  postem 
illam  ascenderet  et  ad  socium  suum  sine  mora  rediret.  Quod  cum  feciset,  postis  per  lon- 
gissimum  maris  spatium  cum  ipso  veloci  motn  ad  quendam  portum  finaliter  pervenit,  ubi 
socium  SQum  inveuiens  post  gandiosos  amplexns  Dominnm  collandantcs  ad  propria  re- 
dierunt  ». 

0)  —  Ex  libro  Conformitatum  Fr.  Bartholom.  Pisani  (1): 

1  —  «  Locus  Aretii  —  De  fratre  Benedieto  de  Aretio.  In  Aretio,  iacot  sanctus  frater  Bo- 
ncdictns do  Aretio,  qui  ad  Ordinem  fuit  receptus  a  b.  Francisco.  Hic  fuit  Minister  Antiochiae, 
et  Imperatorem  Constantinopolitanum  et  Eegem  lerusalem,  et  Regem  Ioannom,  ut  dicetur,  ad 
Ordinem  nostrum  recepit.  Fuit  hic  dovotus  sancto  Danieli  prophetae  ;  et  cum  affoctasset  oius  se- 
pulchrum  visitare,  nec  posset,  tam  ex  viae  prolixitate,  quam  custodia  draconum  existentium  ad 
oius  sepulchrum  in  Babilonia:  die  quadam  sibi  immenso  dracone  apparente,  et  eum  infra 
caudam  accipionte,  in  Babiloniam  portavit  ad  s.  Danielis  sepulchrum.  Cuius  sepulchrum  ape- 
riens  eius  digitum  accepit  ex  devotiono,  et  secum  detulit;  ac  ab  eodem  dracono,  modo  prao- 
fato  accopto,  in  pristino  loco  illaesus  est  positus  :  et  draco  statim  disparuit.  linde  angelus 
Domini  fuit.  Hic  cum  a  partibus  lerosolimitanis  ad  Italiam  rediret,  facta  tempestate,  in 
mari  sortibus  missis,  ut  alter  lonas  missus  et  proiectùs  in  mare,  statim  a  nubocula  ac- 
ceptus,  ad  paradisum  deliciarum  est  portatus.  Quem  videntes  Enoch  et  Helias,  ab  eo  qnis 
esset  petentes:  cum  se  fratrem  b.  Francisci  diceret,  illi  Francisci  in  mundum  adventu 
audito,  magnum  gaudium  habentes,  magnum  tripudium  fecero,  dicentes,  se  in  brevi  per 
martini  palmam  ad  Dominum  porrecturos.  Ipsnmquo  fratrem  Benedictum  amplexantos  et 
osculantos,  per  totum  paradisum  dnxerunt  omnia  ostendentes  eidem.  Et  cum  per  tempus 
stetisset  cum  eis,  dieta  nubecnla,  quao  eum  ibidem  posuerat  reaccipiendo  in  portum  Italia© 
ad  quem  applicare  volobat  posuit.  Unde  nautae  qui  eum  proiecerant,  in  diete  loco  ipsum 
reperientes  valdo  sunt  mirati.  Hic  spiritu  prophetico  claruit.  Nam  frairi  Thomae  de  Papia 
existenti  Ministro  provinciae  Tusciae  secreta  cuiusdam  consilii  quao  nulli  aperuerat,  et  de 
quibus  dubitabat  quam  partem  eligeret,  fr.  Benedictus  omnia  sibi  revelavit,  et  quid  te- 
nondum  praedixit.  Hic  multis  miraculis  claruit,  et  claret  in  loco  praefato  ».  Conform.  §•, 
(Ms.  Prov.  Alverniae)  t.  I  fol.  99  r.  2  —  Ediz,  1510  fol.  64  r. 


(1)  Riproduciamo  qui  il  testo  dal  Cod.  memb.  della  Provincia  delle  SS.  Stimate,  testo  ge- 
nuino e  non  punto  interpolato  di  cui  i  nostri  PP.  di  Quaracchi  preparano  uria  critica  edizione. 


I 


SECOLO  xm.  149 


2  —  «  Kex  lornsalem  Ioanncs  et  Imperator  Constantinopolitaiwis  fiiit  fratcr  Minor  :    36 
coias  filia  fuit  oxor  Imperatoria  Fridorici  secondi.  Hic  dam  rogasset  Deuni  quod   sibi 
ostenderet,   quomodo  et  qualiter   mori  deberet,  consideratis  triumphis   et  gloria,   quos  et 
quam  in  mando  habuerat,  apparente  sibi  b.  Francisco,  cui  erat  devotus,    tribus  vici  bus, 
idest  tribus  noctibus  successive  cum  corda,   soleis,  et  habitu:  et  dicente  quod  voluntatis 

Dei  erat  ut  in  praedicto  habitu  moreretur:  etsi  prima  nocte  et  secunda  non  sine  laclirimis 
horruerit  ad  tantam  deiectionera  pertingere,  tertia  tamen  vice,  statim  ut  do  nooto  iippa- 
ruit,  voluntatem  Dei  agnoscendo,  accersito  fratre  Benedicto  de  Arctio,  tunc  Antiodiiuo  ot 
Komaniae  Ministro,  cum  maxima  devotione  factns  est  frater  Minor:  et  sic  finaliter  decossit. 
Et  adeo  in  summa  vixit  humilitate  ut  ad  Deum  quasi  conquaerendo  dicerot,  qu.ire  non  do- 
dcrat  sibi  forti  tudinem  ut  omnia  humilitatis  oflBcia  cura  aliis  fra  tribus  ipso  oxorccre  va- 
leret.  Hic  sepultus  est  Assisii,  etsi  super  sepulturam  in  habitu  regali  sit  sculptus  » .  Con- 
form.  <9»,  Ms.  t.  I  fol.  129  v.  2.  —  Ediz.  1510  fol.  83  r. 

3  —  «Custodia  Aretina  habet  locum  de  Aretio:  in  quo  beatus  Franciscus  focit  nii- 
raculum  do  expellendo  daemones  a  civitate,  et  ipsam  pacificando.  In  hoc  loco  iacct  sinictus 
fr.  Benedictus  primus  Minister  Antiochiae,  qui  iraperatorem  Constantinopolitanum  et  rogcm 
lerusjilem  Ioannem  ad  Ordinem  recepit.  Hic  suis  claris  miraculis  multos  et  vita  praedicando 
illustravit».  Conform.  11*  Ms.  t.  I  fol.  191  v.  1  —  Ediz.  1510  fol.  122  v. 

4  —  « Sed  sant  ne  alii  gavisi  de  ortu  beati  Francisci  ?  Certe, Enoch  et 

Helias.  Hi  ortum,  missionem  et  nativitatem  b.  Francisci  in  mundum  in  esso  gratiao  et  rc- 
ligionis  agnoscentes,  maxime  gestiere  gaudio.  Ut  enim  in  legenda  habetur  fratris  Bcnc- 
dicti  de  Aretio,  sanctitate  pracclari,  qui  a  b.  Francisco  fuit  habitu  indutus,  et  minister 
Antiochiae:  ipse  frater  Benedictus  de  partibus  ultramarinis  dum  rediret  ad  Italiani,  super- 
veniente  maris  tempestate,  prò  alleviatione  navis,  sorte,  ut  alter  lonas,  missus  est  in  maro. 
Quem  angelus  Domini  suscipiens,  ad  paradisum  duxit  deliciarum.  Ubi  dum  esset  interro- 
gatus  ab  Enoch  et  Helia  cnius  esset  Ordinis,  respondit  quod  b.  Francisci.  Dixeruntiiuc : 
ergo  Franciscus  venit?  Et  eo  respondente  quod  sic,  maximum  caeperunt  gaudium  facere 
et  tripudium  dicentes,  quod  tempus  Antichristi  in  brevi  esset,  et  ipsorum  per  martyriuiu 
ascensus  ad  coelum.  Dictum  fratrem  cum  laotitia  ducentes  por  paradisum  omnia  osteiulcrunt 
eì.  Qui  post  morara  susceptus  ab  angelo,  in  porta  ante  alios  de  sua  navi  est  locatus  An- 
chonae.  Sic  ergo  Enoch  vir  sanctus,  et  Helias  propheta  praeclarus,  unnsqnisque  eornm 
Francisco  est  laetatus  ».  Conform.  3*,  Ms.  t.  I  fol.  39  v.  1.  —  Ediz.  1510  fol.  25  r. 

1221  —  Pr.  Andreas  de  civitate  Achon. 

Frate  Andrea  della  città  di  Acri  (parente  di  Baliano  I,  Siro  di  Sidone)  vcrosimil-  37 
mente  vesti  l'abito  dei  Minori  in  Oriente,  0  quando  vi  fu  frate  Elia  (1217),  0  (j\iando 
S.  Francesco  (1219-20)  ricovette  colà  tanti  personaggi  all'Ordine  ricordatici  dal  Vitriaco 
nella  sua  lettera  ai  Lotaringi.  Egli  dall'Oriente  accompagnò  nel  1221  in  Europa  Baliano 
principe  di  Sidone,  e  fu  presente  quando  questi  a  Parma  tenne  al  sacro  fonte  il  bambino 
Salimbene,  quegli  che  poi,  Minorità  e  cronista,  ci  conservò  la  memoria  di  questo  nobile 
ma  ignoto  suo  confratello  in  religione.  La  memoria  di  un  Minorità  della  città  di  Acri  fin 
dal  1221,  convalida  l'opinione  ormai  storica  dell'esistenza  colà  di  un  convento  Minoritico 
contemporaneo  all'origine  della  Provincia  di  Siria  0  di  Terra  Santa.  Baliano  I,  sia  sotto 
le  mura  di  Damiata,  sia  in  Acri,  conobbe  di  vista  il  S.  Patriarca,  0  dovette  certamente 
favorire  il  novello  Ordine  cai  si  era  ascritto  frate  Andrea  suo  parente. 

«  Aimo  Domini  MCCXXI,  obiit  beatus  Dominicus,  octavo  idus  augusti.  Et  ego  fnitor 
Salimbene  de  Adam  de  civitate  parmensi  hoc  eodem  anno  natns  snm  in  mense  octo- 
bris,  VII.  idus  octobris,  in  festo  sancti  Dionysii  et  Donini.  Et  Domiiius  Balianus  de  Sin- 
done magnus  baro  ex  Francia  (1),  qui  vcnorat  de  ultramarinis  partibus  ad  Imperatorem 


(1)  Baliano  I,  sire  di  Sidone  0  Saida  (la  Sar/etta  de'  Crociati),  fu  luogotenente  del  re- 
gno di  Gerusalemme  in  nome  di  Federico  II  dal  quale  si  ebbe  il  principato  di  Sidone.  Uno 


150  BIBLIOTECA 


37  Fridcricuiìi  secniiduni,  mo  do  sacro  fonte  levavit  in  Baptisterio  parmensi,  quod  erat  inxta 
domani  mcam,  sicut  roftirebant  milii  mei.  Sed  et  fratcr  Andreas  ultramariiios  de  civitato 
Aclion,  ox  ordine  fratrum  Minorum,  qui  erat  cum  praodicto  domino  et  do  familia  sua  et 
itiucris  socius,  qui  vidit  et  rocordabatur,  hoc  idem  dixit  mihi  ».  —  Salimbene  Chron.  p.  5-6. 

1222  —  Antiochia.  —  Il  compilatore  delle  Gesta  Dei  per  fratres  Mi- 
norcs  in  Terra  Sancta  ricorda  in  quest'anno  la  morte  di  due  frati  Minori  confessori 
nella  città  di  Antiochia;  che  so  per  confessori  il  cronista  inteso  martiri,  allora  piut- 
tosto dovremo  credere  la  loro  morte  avvenuta  nelle  vicinanze  di  Antiochia,  poiché 
allora  la  città  era  in  potere  dei  Latini:  «■1222,  Duo  anonymi  Confessores  Antio- 
cJiiae  »  (1)  ;  notizia  che  non  abbiamo  riscontrata  altrove,  ma  che  possiamo  crederla 
fondata,  posta  l'esistenza  d'un  convento  Minoritico  in  quella  città  verso  il  1220-30, 
come  abbiaino  notato  altrove,  a  p.  66-67. 

c.  1222-33  —  De  b.  Peregrino  de  domo  FaJleronis  (f  e.  1233?)  qui  vi- 
sitavit  loca  HierosolyTnitana. 

38  II  b.  Pellegrino  de'  Nobili  di  Fallerone  fu  ricevuto  all'  Ordino  dal  Santo  Patriarca 
quando  questi  nell'agosto  del  1222  predicava  in  Bologna.  Quantunque  lettorato,  egli  passò 
la  vita  nella  condizione  di  umile  fratello  laico,  e  morì  circa  il  1233  secondo  l'Hueber  (2). 
Il  culto  gli  fu  confermato  da  Pio  VII  nel  1821  (3).  Di  lui  una  bella  vita  abbiamo  nel- 
r  Aureola  Serafica  (4)  del  P.  Leone,  nel  Waddingo  (5)  e  nel  Pisano  (6).  Il  Waddingo,  e 
quanti  seguirono  il  Sigonio,  posero  nel  1220  invece  del  1222  l'arrivo  di  Francesco  in 
Bologna  basati  su  d' un  testo  mendoso  di  Tomaso  arcidiacono  di  Spalato  (7).  Non  sap- 


storico  di  quei  tempi  vanta  la  saggezza  e  la  profonda  conoscenza  sua  in  giurisprudenza. 
Baliano  nel  1218,  sotto  le  mura  di  Dainiata  assediata,  sposò  la  nipote  Margarita.  A  lui,  nel 
nov.  del  1219,  il  governatore  di  Damiata  consegnò  la  città  ed  il  castello.  Nel  1221  (a  detta 
di  Salimbene  die  si  dice  nato  li  9  ott.  dello  stesso  anno)  ritornava  in  Europa,  recandosi 
da  Federico  II,  senza  dubbio  per  renderlo  informato  de'  disastri  subiti  dai  Crociati  in  Egitto, 
e  totalmente  sgombrato  dai  medesimi  verso  l'ottobre  del  1221.  Quattro  anni  dopo  (1225) 
assistette  all'incoronazione  della  regina  Isabella,  figlia  di  re  Giov.  di  Brienne,  accompa- 
gnandola a  Brindisi  sposa  a  Federico  II.  Alla  morte  di  lei  (1228)  i  baroni  del  regno  Gero- 
solimitano elessero  Baliano  luogotenente  e  reggente  del  regno  per  Gonrado  figlio  di  Federico. 
Alla  venuta  di  Federico  (1228)  in  Cipro,  Baliano  gli  andò  incontro  e  si  alleò  con  lui  contro 
Giovanni  d' Ibelino  principe  dì  Beirut  e  suo  zio.  Inviato  dall'  Imperatore  al  Soldano  per 
aver  la  consegna  di  Gerusalemme,  fu  quindi  confermato  reggente  del  regno  latino  con  Gar- 
niero  il  Tedesco  (1229).  Lo  stesso  anno  Baliano  dovette  marciare  in  aiuto  di  Gerusalemme, 
cacciandovi  i  Saraceni  che  trasgredivano  i  patti  convenuti.  Sua  residenza  era  Acri.  Più 
tardi  (1231)  lo  vediamo  in  accordo  coi  suoi  parenti,  e  discorde  con  Federico  che  invano 
tentò  di  spodestarlo  dalla  reggenza  confcrmandovelo  la  fiducia  de'  magnati  del  regno.  Vi- 
veva ancora  nel  1239  (Du  Cange-Rey  FamUles  d'outre-mer  p.  434-36). 

(1)  Civezza  Cronaca  delle  Missioni,  Anno  1892  p.  6. 

(2)  Menologium  col  1712,  5  Sept.  n.  2. 

(3)  Breviar.  Seraph.  27  mar. 

(4)  Tomo  I,  27  marzo. 

(5)  Annales  t.  I  p.  335. 

(6)  Conform.  8»,  fol.  62  ed.  1513. 

(7)  Cfr.  Thomae  archid.  Spalatin.  (in  Monum.  Germ.  hist.  t.  29  p.  580).  —  Il  Boehmer 
(Analekten  p.  106)  prova  che  Francesco  fu  a  Bologna  nel  1222,  e  non  già  nel  1220  come  fin 
qui  scrissero  tutti  gli  storici  indotti  nell'errore  dal  Sigonio  {Opera  Omnia  t.  Ili  col.  432) 
che  primo  lo  propagò.  Cfr.  sopra  il  nostro  RefjeMo  cronol.  a  p.  98. 


SECOLO  xni.  151 


piamo  precisare  quando  il  b.  Pellegrino  si  recò  in  Gerusalemme,  nò  meno  il  dì  e  l'anno  38 
di  sua  morto.  —  Il  più  antico  documento  sulla  vita  del  beato,  d'onde  attinsero  tutti  gli 
storici,  è  inserito  negli  Actus  B.  Franclscl  et  sociorum  eius  al  cap.  36  dell' odiz.  di  Sa- 
batier  (in  CoUcction  d'études  et  de  documents  t.  IV)  e  a  fol.  148  v.  dolio  Spcculum 
Vitae  B.  Francisci  et  Sociorum  eius  ediz.  Veneta  del  1504,  capitolo  che  qui  crediamo 
bone  di  riportare  per  intero. 

Quomodo  s.  Franciscus  convertii  duos  nobiles  de  Marchia  Anconitana  dum  prac- 
dicaret  Bononiae,  scilicet  fratrem  Peregrinum  et  fratrem  Bicerium. 

Quodam  tempore  dum  irei  S.  Franciscus  per  mundum  et  Bononiam  pervenisset,  quum 
adventum  eius  populus  cognovisset,  factus  est  concnrsus  omnium  ad  S.  Franciscum,  ita 
quod  vix  poterat  ire  per  terram.  Oftines  enim  ipsum  tanquam  florem  mundi  et  aiigelum 
Domini  cupiebant  videro,  ita  quod  ad  plateam  civitàtis  cum  poena  maxima  pervenit.  Con- 
gregato igitur  populo  maximo  hominum  et  mulierum  et  multorum  scholarium,  surgens 
S.  Franciscus  in  medio,  tam  miranda  et  stupenda,  dictante  Spiritu  Sancto,  praedicavit, 
quod  non  homo,  sed  angelus  videbatur.  Nam  videbantur  illa  verba  eius  caelestia  quasi 
sagittae  acutae  potentis  de  arcu  sapientiae  divinae  procedere,  quae  corda  omnium  tara  va- 
lide penetrabant  quod  maximam  multitudinem  hominum  et  mulierum  a  statu  peccati  ad 
poenitentiae  lamenta  convertit. 

Inter  qnos  erant  ibi  studentes  de  nobilioribus  de  Marchia  Anconitana,  scilicet  Pere- 
grinus  qui  erat  de  domo  Fallaronis  et  Bicerius  do  Muccia.  Isti  inter  alios  per  sacra  verba 
sancti  patris  tacti  intrinsecus  venerunt  ad  beatum  Franciscum,  dicentes  se  pcnitus  velie 
mundum  relinquere  et  fratrura  ipsius  habitum  sumere.  Sanctus  antera  Franciscus,  ipsorum 
fervorem  considerans,  cognovit  per  Spiritum  Sanctum  ipsos  missos  a  Deo.  Et  insuper  in- 
tellexit  cui  et  quali  convorsationi  quilibet  eorum  se  subderet.  Unde  cura  gaudio  recipiens 
eos  dixit:  «  Tu,  Peregrine,  teneas  viam  humilitatis;  et  tu,  Biceri,  servias  frairibus». 
Et  ita  factum  est.  Nam  frater  Peregrinus  nunqnam  voluit  osso  ut  clericus;  sed  sicut  laicus 
mansit,  cum  esset  benf>  litteratus,  et  in  decretalibus  eruditus.  Propter  quam  humilitatem 
pervenit  ad  maximam  perfectionem  virtutum  et  spocialiter  ad  gratiam  compunctionis  et 
amoris  Domini  N.  J.  (  h.  Nam  Christi  amore  succensus  et  desiderio  martyrii  inflamraatus 
perrexit  Hierosolymam  ad  visitanda  loca  sacratissima  Salvatoris,  portans  secum  volumen 
evangelicum.  Et  cum  legeret  et  loca  sacra  unde  Deus  et  homo  porroxerat,  et  eadem  pedi- 
bus  tangeret  et  oculis  cernerct,  se  ibidem  ad  orandum  Deum  inclinabat  et  amplcxabatur 
brachiis  fidei  ista  loca  sanctissima,  et  labiis  osculabatur  amoris,  et  lacrymis  devotionis 
cuncta  rigabat:  ita  quod  cunctos  cernentes  ad  devotionom  maximam  provocabat.  Ordinante 
▼ero  disposinone  divina,  reversus  est  in  Italiam,  et  tanquam  verus  peregrinus  mundi,  et 
civis  caelestis  regni,  suos  nobiles  consanguineos  rarissime  visitabat.  Confortabat  eos  ad 
mundi  contemptum;  et  sobrie  loquons,  ad  divinum  eos  incitabat  amorem;  et  expedito  ac 
festinanter  recedebat  ab  eis,  dicens,  quod  Christus  Jesus  qui  nobilitat  animam  non  invc- 
nitur  inter  cognatos  et  notos. 

Do  isto  fratre  Peregrino  habuit  dicere  frater  Bernardus,  sanctissimi  patris  nostri 
Francisci  primogenitus,  unum  verbum  mirabile  valde,  scilicet,  quod  ipso  frater  Peregrinus 
orat  unus  de  perfectioribus  [fratribus]  hujus  mundi.  Fuit  siquidein  peregrinus  :  nam  amor 
Christi  queul  in  corde  suo  semper  habebat  non  permittebat  eum  in  aliqua  creatura  quie- 
scere,  nec  afifectum  eius  figero  in  aliquo  temporali,  sed  semper  ad  patriam  aspicere,  et  de 
virtuto  in  virtutem  ascendere,  donec  in  amatum  transformaret  amantom.  Tandem  plenus 
virtutibus,  ad  Christum  quem  toto  cordo  dilexit,  cum  multis  miraculis  ante  mortem  (1) 
in  pace  quievit. 


(1)  Il  Pisano,  ottimo  teste  del  sec.  XIV,  aggiunge:  *  multis  miraculis  ante  mortem  et 
post  mortem».  —  Del  B.  Bìzzerio  celebriamo  la  festa  il  26  di  marzo,  e  il  27  dello  stesso 
mese  quella  del  B.  Pellegrino.  Vedi  Breviar.  Seraph. 


152  BIBLIOTECA 


1228  —  Circolare  di  Geroldo  Patriarca  di  Gterusalemme,  colla  quale  co- 
mimica  a  tutte  le  diocesi  della  Terra  Santa  la  bolla  papale  ohe  ordina 
la  celebrazione  della  festa  di  S.  Francesco  ai  4  d'ottobre;  data  da  Acri 
il  13  sett.  1228  {Ex  Archiv.  Hierosolymitano  Terrae  Sanctae). 

Questa  circolare  fu  un  vero  gioiello  per  noi  quando,  senza  punto  sognarlo,  la  ritro- 
vammo nell'antico  BuUarìo  Ms.  del  S.  Monte  Sion,  ancor  oggi  conservato  nell' archiv.  di 
S.  Salvatore  in  Gerusalemme.  Il  bollarlo  è  una  compilazione  autografa  del  celebre  pre- 
dicatore e  canonista  b.  Cristoforo  da  Varese,  che  vi  ag^unse  un  dotto  commentario  sui 
priviUgia  per  diversos  summos  poniifices  fratribus  Terrae  Santae  concessa,  disponendoli 
per  ordinem  alphabeti.  Fr.  Cristoforo  compilò  questo  bollarlo  e  questi  commentari  senza 
dubbio  a  Gerusalemme  stessa,  ove  sappiamo  che  egli  si  era  recato  nel  1468  coir  intento 
poi  non  effettuato  di  passarvi  tutto  il  resto  della  sua  vita  (1).  H  prezioso  ms.  (cartaceo  in 
4°  di  120  pagine)  contiene  anche  una  lettera  dedicatoria  colla  quale  fr.  Cristoforo  offre 
al  Emo.  fr.  Francesco  da  Piacenza  (2)  Custode  di  Terra  Santa  (1467-72)  il  lavoro  che 
da  lui  si  ebbe  l'incarico  di  compilare  sulle  bolle  originali  che  allora  esistevano  nell'ar- 
chivio  di  Monte  Sion,'  e  delle  quali  oggi  ancora  un  buon  numero  si  conservano  coli' auto- 
grafo detto  nell'attuale  archivio  di  Gerusalemme.  Tra  le  preziose  reliquie  in  esso  raccolto 
da  fr.  Cristoforo,  trovammo  anche  questa  circolare  di  Geroldo  Patriarca  di  Gremsalemmo, 
la  cui  importanza  non  poteva  sfuggire  specialmente  a  noi  che  ci  occupiamo  colle  deboli 
nostre  forze  a  ricostruire  la  storia  dì  S.  Francesco  e  de'  suoi  frati  in  Oriente,  raccogliendo 
tutti  quei  dati  e  documenti  che  comunque  possono  giovare  ad  illustrare  una  storia  poco 
conofxiuta.  L'importanza  del  documenjto  non  isfnggirà  anche  agli  storici  del  Santo,  spe- 
cialmente per  quel  che  riguarda  il  suo  culto  in  Oriente  e  per  la  storia  della  sua  festa 
in  Europa. 

Gregorio  IX,  con  pompa  tutta  straordinaria  e  con  rito  inusitato  fino  allora,  canoniz- 
zava il  suo  grande  amico  Francesco  in  Assisi,  il  16  luglio  1228;  e  tre  giorni  dopo  (19  lu- 
glio), ingiungeva  a  tutte  le  chiese  di  celebrarne  la  festa  ai  4  d'ottobre:  «  statuentes,  ut 
quarto  nonas  octobris,  die  videlicet,  quo  a  carnis  ergastuTo  absolutus  ad  aetherea  Begna 
pervenit,  ab  universali  Ecclesia  natalitia  eius  devote  ac  solemniter  celebrentnr  (3)  » .  E 
quasi  ciò  non  bastasse,  pochi  giorni  dopo>  vediamo  che  il  Pontefice  emana  altre  speciali 
bolle  Sicut  phialae  aureae,  con  le  quali  ripete  l'ordine  della  celebrazione  della  festa  del 
Santo  indirizzandole  ora  ad  una  chiesa,  ora  ad  un'  altra,  e  finalmente  a  tutta  la  Chiesa  ; 
si  che  oggi  conosciamo  almeno  sette*  identiche  bolle,  sotte  volte  ripubblicate  e  dirette  a 
diverse  chiese  e  in  tempo  notabilmente  diverso  (4). 

Ma,  e  non  bastava  forse  l'ordine  espresso  solennemente  nella  bolla  Mira,  perchè  il 
Santo  fosse  come  tale  venerato  per  tutta  la  Chiesa?  Perchè,  e  come  spiegare  l'emanazione 
delle  altre  bolle  Sicut  phialae  per  ingiungere  unicamente  la  stessa  cosa?  Sarà  un  vecchio 


(1)  Parleremo  di  lui  sotto  l' anno  1468.  —  Cfr.  Wadding  Annales  ad  an.  1468  n.  4,  e 
SyUabus  Script,  p.  90. 

(2)  Cfr.  Serie  cronologica  p.  80  n.  50;  e  ibidem  pag.  XXVII  e  p.  200,  ove  pubblicammo 
altri  due  documenti  importanti  estratti  dal  Bollano  dì  fr.  Cristoforo. 

(3)  Buttar,  frane,  t.  I  p.  42  n.  25:  Mira  circa  no». 

(4)  E  fors' altre  volte  ancora  saranno  state  emanate  le  stesse  lettere,  dice  lo  Sbaralea 
(Ball.  t.  I  p.  49  nota  a.),  ma  che  ci  sono  ignote  a  chi  e  qaando  spedite. 


SECOLO  XIII.  153 


uso  della  Curia  Romana  (1):  sarà  probabilmente  la  singolare  amicizia  o  devozione  dì  Gre-  30 
gorio  IX  por  Francesco.  Ma,  concesso  pur  l' uso  e  la  consuetudine  della  Curia  papale  di 
ripetere  una  o  più  volte  lo  stesso  ordine  in  modo  più  esplicito  in  casi  di  speciale  merito 
e  interesse,  quale  senza  dubbio  era  per  essa  e  per  la  Chiesa  universale  il  culto  di  un 
Santo  veramente  straordinario  e  provvidenziale;  rimane  però  sempre  un  esempio  curioso 
il  caso  nostro,  ove  vediamo  sempre  la  stessa  bolla  Sicut  phialae  diretta  prima  alle  solo 
chiese  di  Francia  (26  lugl.?  1228)  e  quasi  contemporaneamente  ai  Patriarcati  dell'Oriente 
Latino  (31  lugl.  1228);  e  poi,  dopo  42  giorni,  a  tre  soli  arcivescovati  dell'Italia  supe- 
riore (12  sett.  1228);  quindi  dopo  tre  altri  mesi,  all'Ordine  dei  Domenicani  (20  dee.  1228); 
e  poi  in  ultimo,  quasi  per  finirla  una  volta  per  sempre,  dopo  altri  due  mesi  dalla  pre- 
cedente e  dopo  più  di  sette  mesi  dalla  canonizzazione  del  Santo,  vien  diretta  alla  Chiesa 
universale  (21  febb.  1229).  E  quasi  questa  pure  non  avesse  bastato,  vediamo  un'altra 
copia  emanata  (ma  non  sappiamo  a  chi  diretta)  il  1  novembre  1229,  tutte  da  Perugia  (2); 
e  finalmente  ripetuta  dal  Laterano  il  6  maggio  1230  ai  Vescovi  del  mondo  intero  come 
se  non  ne  avessero  avuta  notizia  assai  prima  colle  identiche  bolle  emanate  il  21  feb.  1229! 

La  notabile  diversità  delle  date  non  è  ragionevole  spiegare  per  un  capriccio  del  can- 
celliere apostolico  0  supporre  tanti  errori  in  quasi  tutte  le  date  di  queste  bolle.  È  ragio- 
nevole quindi  ammettere  che  il  cancelliere  preferiva  la  data  del  di  della  copia  estratta  o 
del  di  delle  spedizioni  piuttosto  che  quella  della  prima  emanazione.  Del  resto,  nello  so- 
lenni bolle  di  canonizzazione  difi&cilmente  si  troverebbe  una  notabile  differenza  di  date, 
laddove  spesso  questa  differenza  si  nota  nelle  secondarie  bolle  come  nel  caso  nostro,  nella 
bolla  Sicut  phialae. 

Ma  due  altri  potrebbero  essere  i  motivi  di  quest'uso  della  cancelleria  romana,  cioè: 
siccome  la  bolla  di  canonizzazione  era  in  quei  tempi  spesso  lunga,  come  quella  che  doveva 
contenere  un  abbondante  elogio  delle  virtù  o  un  cenno  biografico  del  santo  e  per  ciò  assai 
più  costosa  per  tassa  di  cancelleria;  sarà  quindi  molto  ragionevole  di  credere  che  invalse 
l'uso  di  inviare  alle  chiese  e  ai  richiedenti,  invece  di  quella,  altre  bolle  secondarie,  più 
conciso  e  quindi  meno  costose,  come  quelle  che  contenevano  soltanto  un  breve  elogio,  la 
notizia  della  canonizzazione  e  l'ordine  di  celebrarne  la  festa.  Ed  ecco  forse  il  perchè  tro- 
viamo più  numerosi  esemplari  di  queste  secondarie  bolle  che  non  copie  di  quelle  di  ca- 
nonizzazione. Altro  motivo  della  differenza  di  date  in  queste  bolle  secondarie,  specialmente 
per  quelle  emanate  o  ripetute  assai  più  tardi,  potrebbe  anche  essere  stata  qualche  negli- 
genza 0  anche  qualche  aperto  ostacolo  da  parte  di  alcuni  del  clero  di  pubblicare  la  ca- 
nonizzazione e  la  festa  d'un  Santo  che  vie  maggiormente  avrebbe  accresciuto  il  prestigio  d'un 
Ordine  che  ormai  aveva  ecclissate  le  virtù  d'un  clero  non  troppo  esemplare;  come  appunto 
più  tardi  le  stimmate  del  Santo  ebbero  avversari  non  pochi.  Una  tarda  quindi  ripetizione 
della  bolla  poteva  ben  essere  un  richiamo  agli  ordini  della  Chiesa. 


(1)  Benedetto  XIV  {De  Servorum  Dei  bealificatione  lib.  I  e.  36  §  14)  nota  che  vari  Pon- 
tefici oltre  le  bolle  di  canonizzazione,  emanarono  altre  lettere  per  promuovere  il  culto  dei 
Santi  dirigendole  ora  alla  chiesa  universale,  ora  alle  chiese  private,  ora  a  qualche  Ordine 
religioso  e  a  Prìncipi.  Cosi  Alessandro  III  (1159-81)  dopo  la  canonizzazione  di  S.  Tomaso 
Cantuariense  e  di  S.  Bernardo,  cosi  Celestino  III  e  Onorio  III,  come  Gregorio  IX  pei  SS 
Francesco  e  Antonio,  Innocenzo  IV  per  S.  Pietro  Martire,  e  Giovanni  XXII  pei  santi  Lo- 
dovico di  Tolosa  e  Tomaso  di  Aquino. 

(2)  Sappiamo  che  Gregorio  IX  dopo  la  canonizzazione  di  S.  Francesco,  fermossi  a  Pe- 
rugia colla  sua  corte  sin  quasi  la  metà  di  feb.  del  1230,  ritornando  a  Roma  il  24  dello 
stesso  mese.  Cfir.  Pagi  Breviar.  histor.  t.  II  p.  152. 


154  BIBLIOTECA 


Del  resto,  senza  escogitare  tante  supposizioni  più  o  meno  probabili,  ma  che  potreb- 
bero esser  anche  vaghe  e  infondate,  a  noi  basta  constatare  con  vera  sodisfaziono  come, 
dopo  la  canonizzazione  di  S.  Francesco,  l'Oriento  fa  forse  il  primo  a  ricevere  la  bella 
nuova  e  l'ordino  di  celebrarne  la  festa.  —  L'Egitto,  la  Siria  e  Cipro  avevan  visto  il  Santo 
(1219-20)  otto  anni  prima.  Colà,  già  la  regolare  provincia  di  Terra  Santa  contava 
molti  conventi  e  numerosi  religiosi  con  a  capo  il  b.  Benedetto  di  Arezzo,  discepolo  del 
Santo:  vivevan  colà  molti  principi,  molti  duci,  molti  nobili  militi,  con  re  Giovanni  di 
Brienne  (poi  frate  Minore),  che  conobbero  Francesco  sotto  le  mura  di  Damiata  e  in  Acri: 
colà  molti  erano  del  clero  secolare  e  regolare  della  Siria  che  videro,  conobbero  o  vestirono 
le  lane  del  Poverello,  e  vivevano  ancora;  e  tutti  questi,  il  di  4  di  ottobre  del  1228 
(data  per  noi  memoranda)  solennizzarono,  con  gioia  e  pompa  che  solo  può  imaginarsi,  la 
prima  festa  di  S.  Francesco  in  Oriente.  Pei  chiostri  de'  Minoriti  di  Acri,  di  Antiochia,  di 
Nicosia,  di  Costantinopoli  e  altrove,  si  udì  allora  per  la  prima  volta  V  eco  giuliva  de'  suoi 
figli  che  salutavano  Francesco  glorioso,  Salve,  sancte  Pater,  patriae  lux!  Un  anno  dopo 
(ò  pur  da  notarsi)  nell'ottobre  del  1229  la  stessa  eco  risuonò  nelle  basiliche  di  Gerusa- 
lemme, di  Betlemme  e  di  Nazaret,  ove  erano  testé  ritornati  padroni  il  clero  e  i  cavalieri 
di  Acri  (1)  ;  e  da  quel  dì  fino  a  tutt'  oggi  risuona  da  677  anni  dalla  canonizzazione  di 
Francesco;  e  risuona  fin  oggi,  dopo  686  anni  da  che  il  Santo  fu  apostolo  in  quelle  terre 
d' Oriente. 

Ciò  premesso,  daremo  prima  l'indirizzo  e  lo  date  di  otto  copie  della  bolla  Sicut 
phialae,  e  poi  il  testo  gerosolimitano  colle  poche  varianti  del  testo  del  Waddingo  o  di 
quello  dello  Sbaralea. 

1.  —  La  prima  in  ordine  cronologico  (se  la  data  non  fosso  errata),  sarebbe  quella 
diretta  ai  vescovi  di  Francia:  VenerabiUbus  fratribm  Archiepiscopis  et  Episcopis  per 
regnum  Galliae  constitutis,  data  da  Perugia,  anno  sedando,  ma  erroneamente  7  id.  iulii 
(9  luglio),  perchè  il  Santo  non  era  ancora  canonizzato  ;  quindi  lo  Sbaralea  congettura  do- 
versi correggere  o  in  7  kal.  aug.  (26  luglio)  o  in  7  id.  aug.  (7  agosto)  del  1228.  In- 
dirizzo e  testo  pubblicato  dal  Bodulfio  Seraph.  Belig.  histor.  fol.  170,  che,  salvo  un 
orrore  di  stampa,  consona  perfettamente  col  nostro  testo  Gerosolimitano  (2). 

2.  —  La  seconda,  se  non  è  fors'anco  la  prima  in  ordine,  sarebbe  la  bolla  che  qui 
pubblichiamo,  dirotta  ai  due  Patriarchi  e  a  tutti  i  vescovi  latini  della  Siria  e  della  Terra 
Santa,  data  da  Perugia  2  kal.  aug.  an.  2  (31  luglio  1228),  ed  accompagnata  con  let- 
tera circolare  dal  Patriarca  Gerosolimitano  Geroldo,  datata  da  Acri  idibus  septembris,  cioè 
ai  13  di  sett.  dello  stesso  anno  1228. 

3.  —  La  terza  in  ordine,  viene  quella  spedita  ai  Ven.  Fratribus  Bavennaten.  Me- 
diolanen.  et  Januen.  Archiepiscopis  et  eorum  su/fraganeis,  ac  dilectis  filiis  aliis  eccle- 
siarum  praelatis  per  eorum  provineias  constitutis:  data  Perusii  2  id.  sept.  an.  2,  cioè 
ai  12  sett.  1228  (3). 


(1)  Ritornati  pel  trattato  conchiuso  tra  Federico  II  e  il  Soldano  il  18  feb.  1229.  Fe- 
derico era  arrivato  in  Acri  il  7  sett.  1228  e  ai  15  nov.  si  portò  a  Giaffa  per  più  facilmente 
trattare  coi  messi  del  Soldano.  Luì  pure  trovossi  in  Acri  alla  proclamazione  della  canoniz- 
zazione di  Francesco  e  presente  alla  prima  festa  del  Santo  (Cfr.  Paris  in  Monum.  Germ. 
hist.  t.  28  p.  125).  Poco  dopo,  due  Minoriti  venivano  da  Assisi  apportatori  di  altre  bolle 
colle  quali  il  Papa  scomunicava  l'imperatore! 

(2)  Col  solo  indirizzo  in  Sbaral.  Bull.  t.  I  p.  44  n.  26.  Cfr.  p.  45  nota  b. 

(3)  Col  solo  indirizzo  in  Sbaral.  ibid.  t.  I  p.  45  n.  27. 


SECOLO  xra.  155 


4.  —  La  qnarta,  sempre  in  ordine  cronologico,  ò  diretta  a  tutto  l' Ordino  do'  Domo-    39 
nicani  :  Dilectis  film  Magistro  et  Capitulo  Ordinis  Praedicatorum,  data  Perusii  13  Tedi, 
ian.  an.  2,  cioè  ai  20  dee.  1228  (1). 

5.  —  La  quinta  in  ordine  (che  sarebbe  otto  mesi  dopo  la  canonizzazione  del  Santo) 
ò  diretta  a  tutte  le  chiese  della  Cristianità  con  questo  indirizzo:  Vcn.  fratrihus  Archìe- 
piscopis  et  Episeopis,  et  dilectis  filiis  Ahbatihus,  Prioribus  et  Arcìiipreshytcris,  Archi- 
diaconis,  Diaconis,  et  aliis  ecclesiarum  Praelatis,  ad  quos  litterae  istae  pcrvencrinf: 
data  Perusii  nono  hai.  martii,  an.  2,  cioè  il  21  feb.  1229.  —  È  questo  il  testo  datoci  dal 
Waddingo  sotto  l'an.  1229  al  n.  1,  che  lo  dice  dall'originale  dell'archivio  Aracclitano  e 
nel  Kegesto  Vaticano  (2).  Lo  stesso  tenore  è  nello  Sbaralea  (t.  I  p.  49  n.  34)  che  ricorda 
un  altro  originale  nell'archivio  del  S.  Convento  di  Assisi. 

6-7.  —  La  sesta  e  settima  sarebbero  quelle  ricordate  dallo  Sbaralea  :  «  In  no- 
stro Bergomensi  S.  Francisci  archivo  habentur  datae  Perusii  Vili  hai.  martii  pontif. 
an.  2,  anno  nimirum  1229,  die  22  februarii.  Dedit  et  alias  kalendis  Novcmbris  [1  nov. 
1229]  »  (3). 

8.  —  L'ottava,  è  coli' indirizzo  identico  alla  quinta,  cioè  diretta  agli  Arcivescovi,  Vescovi 
0  prelati  di  tutta  la  Chiesa,  ma  con  questa  differenza,  col  datum  cioè  Laterani  2  nonas 
Maii  pontif.  nostri  anno  quarto,  ossia  6  maggio  1230,  e  col  testo  perfettamente  identico 
al  nostro  Gerosolimitano  e  del  Eodnlfio.  Il  testo  si  ha  nella  vecchia  raccolta  Firmamentum 
3  Ordinum  h.  Francisci  (Paris.  1512,  Par.  II  tract.  2,  fol.  54  recto)  ove  l'editore  pre- 
mette che  Y  originale  est  Parisius. 

Ora  ecco  il  tenore  della  circolare  di  Gcroldo  col  testo  delle  lettere  papali.  Il  nome 
del  patriarca  ò  espresso  nel  codice  colla  sola  iniziale  G.  Il  nostro  Geroldo  di  Lausanne 
tenne  la  sede  patriarcale  di  Gerusalemme  dal  1225-39  (4). 

«  G.\eroldus']  miseratione  divina  Patriarcha  Hierosolymitanus  humilis  et  indignus 
ApostoUcae  Sedie  Legatus:  Venerabilihus  in  Cìiristo  fratrihus  Archicpiscopis,  Episeopis 
et  aliis  ecclesiarum  Praelatis,  in  Antiocheno  et  Hicrosolymitano  Patriarchatibus  con- 
stitutis,  Salutem  in  Domino  Jesu  Christo.  —  Noveritis  nos  recepisse  littcras  Summi 
Pontificis  in  hunc  modum:  —  «  Gregorius  Episcopus  servus  servorum  Dei,  Venerabili- 
hus Fratrihus  Antiocheno  et  Hierosolymitano  Patriarchis,  Archicpiscopis,  Episeopis  et  di- 
lectis filiis  Ahbatihus,  Prioribus,  Archidiaconis,  Decanis  et  aliis  ecclesiarum  praelatis  in 
Antiocheni  et  Hierosolymitani  Patriarchatuum  provinciis  constitutis,  Salutom  et  Apostolicam 
Benedictionem.  —  Sicut  phialae  aureae  quas  vidit  Joannes  plenas  odoramentorum,  quae 
sunt  orationes  Sanctorum  in  conspectu  Altissimi,  ad  abolendam  nostrorum  criminum  cor- 
ruptelam,  odorem  suavitatis  emittunt;  ita  saluti  nostrae  credimus  plurimum  expodire,  si 
corum  in  terris  celebrem  habeamus  memoriam,  ipsorum  merita  sok'mniis(5)  recolendo 
praeconiis,  quorum  in  coelis  spcramus  interccssionibus  assiduis  adiuvari.  Sane,  cum  de 
conversatone,  vita  et  meritis  Beati  Francisci,  institutoris  et  rectoris  Ordinis  Fratrum  Mi- 
norum,  (qui  juxta  consilium  Salvatoris,  contemptis  transitoriis  et  tcrronis,  juxta  promis- 
sionem  ojusdem  (6),  ad  coelestia  proemia  feliciter  et  aoterna  pervenit;  Cnjus  vita  et  forma 
praeclara,  peccatorum  depulsa  caligine,  ambulantes  in  regione  umbrae  mortis  de  vitiorum 


(1)  Riportato  il  semplice  indirizzo  dal  Waddingo  ad  an.  1228  n.  77.  Essa  fu  spedita 
verosimilmente  pel  prossimo  Gap.  Gen.  che  i  Domenicani  celebrarono  a  Bologna  il  3  giu- 
gno 1229.  Cfr.  Quétìf-Echard  Bibl.  t.  I  p.  XVI. 

(2)  Cfr.  Wadd.  an.  1228  n.  77. 

(3)  Bull.  t.  I  p.  44  nota  d. 

(4)  Cfr.  Revue  de  V  OrientrLatìn  t.  I.  p.  22. 

(5)  Wadd.  et  Sbar.  solemnibus. 

(6)  Wadd.  et  Sbar.  contemptis  transitoriis  secundum  promissionem  eiusdem. 


156  BIBLIOTECA 


teitebris  ad  poenitentiae  viam  vocans  (1),  quornm  tam  virorum  qnam  muliernm  ad  fidcra 
ecclesiae  roborandam,  et  confutandam  hereticam  prayitatera  vivit  adhuc  et  vigot  non  mo- 
dica multitodo),  tam  per  Nos  qnam  per  multos  alìos  fide  digiios,  qni  miracula,  quao  Deus  per 
illius  sancti  viri  merita  operatnr,  plenius  cognovernnt,  certiores  effecti;  auditis  etiam  ejus 
yirtutibns  et  miraculorum  insigniis,  et  qnod  inter  carnales  spiritualiter,  et  Inter  homincs 
ctiam  conversationem  angelicam  (2)  habuisset;  ipsnm  (3),  qui  corporaliter  dissolntns,  cum 
Christo  esse  meruit  in  coelestibus,  ne  ipsius  honori  debito  et  gloriae  detrahere  quodammodo 
yideroraur  si,  glorificatum  a  Domino,  permitteremus  ulterius  hnmana  devotione  privari,  de 
fratrnm  nostrornm  Consilio  et  praelatornm  omnium,  qui  tnnc  temporis  apud  Sedcm  Apo- 
stolicam  consistebant,  sanctorum  catalogo  duximns  adscribendum.  Cumque  ejus  lucerna 
sic  arserit  (4)  liactenus  in  hoc  mundo,  quod  per  Dei  gratiam  jam  non  sub  modio  sed  su- 
per candelabrum  meruit  collocari,  universitatem  vestram  rogamns,  monemus  attentius,  et 
hortamur  (5)  per  apostolica  scripta  mandantes  quatenus,  devotìonem  fidelinm  ad  venera- 
tionom  ipsius  salubriter  excitantcs,  festivitatem  ipsius  (6)  4»  Nonas  Octobris  annis  sin- 
gulis  excolatis  et  pronuntietis  constituto  die  specialiter  excolendam  (7),  ut  ejus  procibus 
Dominus  exoratus,  suam  nobis  gratiam  tribuat  (8)  in  praesenti  et  gloriam  in  futuro,  Dat, 
Perusii,  2"  Kal.  Angusti  [31  luglio]  Pontificatus  nostri  anno  2»  » .  —  Harumque  aucto- 
ritate  Universitati  vestrae  praecipiendo  mandamus,  quatenus  mandatum  apostolìcum  si- 
cut  superius  est  expressum  siudeatis  prò  viribus  fèdeliter  adimplere.  Dat.  Acon.  Idihus 
Septembris*  [13  sept.  1228]. 

1228-29  —  Due  PP.  Minori  legati  di  Gregorio  IX  portano  al  Patriarca  di 
Oerusalemme  in  Acri  la  scomunica  contro  Federico  n. 

Federico  II,  senza  prima  riconciliarsi  colla  Chiesa  e  d'intesa  col  Soldano  d'Egitto,  erasi 
imbarcato  per  l'Oriente  a  dispetto  del  divieto  pontificio.  Gregorio  IX  quando  intese  la 
partenza  di  lui,  trovavasi  in  Assisi  per  la  canonizzazione  di  Francesco  (16  luglio  1228), 
e  senz'altro  gli  fulminò  contro  la  scomOnica.  Intanto  l' Imperatore  essendo  giunto  in  Siria 
(7  sett.  1228)  venne  ricevuto  in  Tolemaide  dal  patriarca  Gerosolimitano,  dal  clero  e  dai 
gran  maestri  degli  ordini  militari.  I  cristiani  d'Oriento  per  alcuni  giorni  lo  acclamarono 
qual  liberatore  e  re  di  Gerusalemme;  ma  ben  presto  gli  animi  si  cangiarono.  Due  frati 
Minori,  mandati  dal  Pontefice,  vennero  ad  annunziare  ai  fedeli,  aver  essi  accolto  un  prin- 
cipe ribelle  ai  voleri  della  Chiesa  e  scomunicato.  E  tosto  la  dif&dcnza,  il  disprezzo  e  l'odio 
coprirono  il  preteso  salvatore  de'  cristiani  d' Oriente  che  era  venuto  con  un  pugno  di  guer- 
rieri per  conquistare  la  Terra  Santa,  nessuno  sapendo  l'accordo  secreto  conchiuso  tra  Ini 
e  il  Soldano  (9). . 

n  primo  che  ricordi  questi  due  Minoriti  in  Acri  è  il  continuatore  francese  di  Gu- 
glielmo di  Tiro  nell'istoria  cosi  detta  à'Éracles: 


(1)  Wadd.  et  Sbar.  vttam  vocat.  In  Rodulphio  viam  voeat.  Firmamenta  3  Ord,  S.  Fran. 
viam  vocans,  come  il  nostro  testo. 

(2)  Wadd.  et  Sbar.  Angelicam  conversationem. 

(3)  Wadd.  et  Sbar.  deest  ipsum. 

(4)  Wadd.  et  Sbar.  Cum  igitur  sùnU  lucerna  sic  arserit. 

(5)  Wadd.  et  Sbar.  rogamus,  monemus  et  attentius  hortamur. 

(6)  Wadd.  et  Sbar.  eius. 

(7)  Wadd,  et  Sbar.  annis  aingttUs  solemniter  cdebretis,  et  pronuncietis  constituto  die  si- 
mUiter  celebrandam. 

(8)  Wadd.  et  Sbar.  ùribuat  gratiam. 

(9)  Vedi  Michaud  Storia  delle  Crociate  Ub.  12  sotto  l'an.  1221-29. 


SECOLO  xra.  157 


«  En  tant  come  li  empereres  (1)  estoit  herbergé  a  Ricordane  (2),  dui  frere  Menor    40 
vindrent  a  Acre  de  par  l'Apostoile,  qui  aporterent  letres  au  patriarche  de  Jerusalem  (3). 
En  quoi  il  manda  que  il  feist  denoncier  l' empereor  Fedric  por  escomenié  et  parjur,  et 
que  il  de/fcndist  au  Tempie  et  a  l'Ospitai  de  Saint  Johan  et  a  celui  des  Alemans  que 
il  ne  fussent  en  son  comandement  ne  riens  ne  feissent  por  lui.  Et  tot  ensi  avint  il  »  (4). 

Da  una  lettera  che  il  ricordato  patriarca  Geroldo  scrisse  alla  Cristianità,  ricaviamo 
questi  dati  storici: 

Federico  era  arrivato  in  Acri  il  7  sett.  1228,  e  ai  15  di  novembre  si  portò  a  Giaffa 
con  pretesto  di  munirla  contro  i  saraceni,  ma  in  realtà  per  trattare  più  facilmente  l' al- 
leanza col  Soldano  Kamel,  conchiusa  il  18  febbraio  1229.  Il  17  del  seguente  marzo  en- 
tra Federico  nella  santa  Città;  il  giorno  dopo  (18  domenica),  nel  S.  Sepolcro,  si  pone  in 
capo  la  corona  di  re  di  Gerusalemme,  e  l'indomani  (19  marzo)  l'abbandona  a  pochi  mi- 
liti e  parte  per  Giaffa.  Imbarcatosi,  subito  ritorna  in  Acri  il  25  dello  stesso  mese.  «  Die 
sequenti  (soggiunge  il  patriarca  Geroldo)  fecit  (imperator)  extra  civitatem  (Achon)  per 
praeconcm  publicum  congregari  peregrinos  habitatores  civitatis,  ac  per  speciales  nuncios 
praelatos  simul  et  religiosos  in  sabulo.  Inter  quos  ipse  personaliter  constitutus,  primo 
coepit  de  nobis  graviter  conqueri,  falsas  querimonias  cumulando....  Cuius  nos  manifestam 
malitiam  perpendentes,  tam  praelatos  quam  peregrinos  duximus  convocandos,  eicommuni- 
cantes  omnes  illos,  qui  contra  Ecclesiam  vel  Fratres  Templi  et  alios  terrae  religiosos  vel 
peregrinos  ipsi  imperatori  consilium  impenderent  vel  iuvamen.  Quare  magia  intumescens 
imperator,  omnes  introitus  feclt  diligentius  custodiri,  inhibens  ne  ad  nos  vel  ad  illos  qui 
nobiscum  essent  victualia  defèrentes  appropinquarent,  ponens  undique  balistarios  et  sagit- 
tarios,  quibus  nos  et  Fratres  Templi  ac  peregrinos  graviter  ìmpugnabat.  Et  ut  excogita- 
tam  malitiam  adimpleret,  fratres  Fraedicatores  ac  quosdam  Minores,  qui  in  ramis  palma- 
rum  [8  apr.  1229]  locis  statutis  convenerant  ad  praedicandum  verbum  Domini,  per  satellites 
suos  rapi  fecit  de  pulpitis  et  in  terram  prosterni,  extrahi  et  quasi  latrones  per  civitatem 
fustìgari....  Videns  igitur  imperator  maliciam  suam  non  posse  procedere  usquequaque,  mo- 
ram  in  terra  noluit  trahere  longiorem....  Et  latenter  feste  apostol.  Philippi  et  lacobi 
[1  maii],  per  vicum  secretum  et  portum  galeam  intrans,  versus  Cyprum  festinavit,  nemìne 
salutato,  loppem  relinquens  destitntam,  nunqnam'  utinam  reditaros  (5)  ».  —  Federico, 


(1)  Federico  II. 

(2)  Casale  presso  Acri. 

(3)  Patriarca  di  Gerusalemme  era  Gerardo  o  Geroldo  di  Lausanne  (1225-1239)  allora 
residente  in  Acri.  Cfr.  Revue  de  V  Or.  Latin  (1893)  t.  I  p.  22.  —  Rey  e  Du  Cange  Familles 
d'outre-mer  p.  727-28. 

(4)  Histoire  de  Eraclea  lib.  33  e,  5  (in  ReeueU  Hist.  Occid.  t.  II  p.  370).  —  Cfr.  Fleury 
Storia  lib.  79  (an.  1228)  p.  40  ed.  Genova  1771.  —  Sanato  (ed.  Bongars)  p.  213.  —  Rohrba- 
cher  (Storta  Eccl.  lib.  73  p.  541. 

(5)  In  Chron.  maioribus  Matth.  Paris  ad  an.  1229  (Monum.  Germ.  hiat.  t.  28  p.  125-26). 
11  continuatore  di  Guglielmo  di  Tiro  registra  che  più  tardi,  per  ordine  dell'  Imperatore,  uno 
de'  Minori  fu  arso,  un  altro  scorticato  vivo  (Cfr.  Eecueil  1.  cit.  t.  II  p.  657).  Ebbene  questo 
mostro,  che  la  settaria  critica  d'oggi  giorno  vuol  divinizzare,  fu  per  poco  tempo  ammansito 
dalla  fine  politica  di  frate  Elia  Ministro  generale  de'  Minori  (1232-39),  cui  nel  1236  scriveva 
una  rispettosa  lettera  diretta  fratri  Heliae  et  univerais  fratrihus,  nella  quale  lamenta  la 
morte  di  S.  Elisabetta  di  Turìngia,  e  ne  racconta  i  prodigi  (lui  incredulo!),  e  conchiude 
pregandolo  di  scrivere  per  raccomandarlo  alle  preghiere  de'  frati  di  tutto  l' Ordine,  la  vita  dei 
quali  egli  chiama  colonna  immobile!  (Winkelmann  Acta  Imperli  inedita,  Innsbruck  1880,  1. 1 


158  BIBLIOTECA 


40  senza  curarsi  del  Soldano  di  Damasco  (Naser  Salalieddin  Dand)  da  cui  dipendeva  la  Siria, 
aveva  conchiusa  con  Kamel  un'effimera  tregua  di  10  anni  con  la  cessione  ai  Crociati  della 
città  di  Gerusalemme  (salve  le  moschee  e  il  tempio  di  Omar),  di  Betlemme,  di  Nazaret  e 
di  alcune  altre  località. 

C.  1230  —  PF.  Minori  in  Grerusalemme:  —  Legale  e  giuridico  stabilimento 
de'  FF.  Minori  in  Gerusalemme  e  nel  patriarcato  Gerosolimitano:  ossia 
nella  Terra  Santa  propriamente  detta. 

41  Questo  articolo  riguarda  lo  stabilimento  de'  frati  Minori  nei  limiti  della  Terra  Santa 
propriamente  detta,  nella  antica  Giudea  e  Galilea  ;  che  nella  Siria,  soggetta  ai  Latini,  li 
abbiamo  visti  già  stabiliti  dal  1217  in  regolare  Provincia  con  a  capo  frate  Elia  primo 
«  Minister  Syriae  * . 

Lasciata  da  parto  la  poco  fondata  opinione  degli  scrittori  Francescani  che  fan  risa- 
lire a  S.  Francesco  (1219)  l'ingresso  de'  Minori  nella  città  di  Gerusalemme  e  nel  servigio 
de'  Luoghi  Santi,  presentiamo  soltanto  alcuni  dati  certi  che,  crediamo,  basteranno  a  darci 
non  dubbia  prova  dell'  antichità  do'  Frati  Minori  in  Gerusalemme  e  nei  limiti  del  patriar- 
cato della  S.  Città,  già  prima  del  1230. 

Certo  si  ò  che  i  Francescani,  meravigliosamente  prop^atisi  in  Oriente,  si  costitui- 
rono in  regolare  Provincia  fin  dal  1217,  colla  denominazione  promiscua  di  Provincia  Sy- 
riae, seu  Terrae  Sanctae,  Ultramarinae  sive  Promissionis  ;  denominazione  che  chiaramente 
allude  all'estensione  di  lei  anco  ne'  paesi  della  Terra  Santa  propriamente  detta,  o  Terra 
di  Promissione  soggetta  in  que'  tempi  ai  Saraceni  (1).  Nel  1229,  Federico  II  a  danno 
della  Cristianità  concliiudeva  una  tregua  di  10  anni  col  Soldano  d'Egitto  Melek-el-Kamel  (2), 
il  quale  cedeva  ai  Cristiani  le  città  di  Gentsalemme  (salvo  le  moschee  e  il  tempio  d'Omar), 
Bctlemtne,  Nazaret  con  alcuni  altri  luoghi  della  Terra  Santa  (3).  L' Imperatore,  scomuni- 
cato da  Gregorio  IX  e  abbandonato  dal  clero,  entrava  nel  marzo  dello  stesso  anno  nella 
S.  Città,  e  nel  tempio  del  SS.  Sepolcro  s'incoronava  re  di  Gerusalemme,  ponendosi  colle 
proprie  mani  la  corona  in  capo.  Già  dall'  anno  precedente  (1228)  due  Frati  Minori  eb- 
bero l'incarico  dal  Pontefice  di  portare  al  Patriarca  Gerosolimitano  le  lettere  con  cui  ve- 
niva scomunicato  l'Imperatore.  Questi,  poco  dopo  ritornato  in  Acri,  sfoga  furibondo  l'ira 
sua  contro  i  frati  Predicatori  e  Minori,  alcuni  de'  quali  fé'  pubblicamente  flagellare  (4). 
Dopo  tante  crudeltà,  Federico  s'imbarcava  per  l'Europa  nel  maggio  del  1229.  —  Intanto, 
il  Patriarca  Gerosolimitano  Geroldo,  i  prelati  col  clero  secolare  e  regolare,  approfittando 


p.  299).  Ma  poi,  dopo  la  caduta  di  Elia  (1240),  egli  bandi  dai  suoi  stati  i  Minori  e  i  Do- 
menicani, perché  docili  al  Papa  avverso  alle  sue  tirannidi  (G£r.  Lempp  Frère  Elia  p.  108 
e  145).  L'autore  della  Vita  di  Gregorio  IX  (ap.  Raynald.  ad  an.  1239  n.  4)  ricorda  altri 
frati  condannati  da  Federico  alle  fiamme:  «  Minores  Fratres,  quorum  vitam  ipsa  pagano- 
rum  duritia  veneratur,  hic  (Federicus)  pagano  durior  flammarum  acerbitati  damnavit  » .  Un 
altro  Minorità,  bruciato  a  Lodi  dai  suoi  sgherri,  é  ricordato  con  lode  in  una  lettera  papale 
del  1262  (Cfr.  Sbaral.  Bullar.  t.  I  p.  679). 

(1)  Vedi  l'art,  precedente  su  fr.  Elia  an.  1217,  n.  81. 

(2)  È  quello  stesso  Soldano  dal  quale  S.  Francesco  ebbe  1'  amorevole   accoglienaa  che 
tutti  sanno. 

(3)  Enumerati  nella  lettera  che  Federico  il  17  marzo  1229  da  Gerusalemme  indirizzava 
ai  re  Enrico  d'Inghilterra;  e  inserita  dal  Paris  nella  Cìiron.  sotto  l'anno  1229. 

(4)  Vedi  l'articolo  precedente  an.  1228-29,  n.  40. 


SECOLO  xra.  169 


della  tregaa  conchiusa,  erano  rientrati  in  Gernsalemme  (nel  marzo  1229).  Per  testimonianza  41 
dello  storico  contemporaneo,  Matteo  Paris,  il  ritornato  clero  e  i  regolari  furono  rimessi 
al  possesso  delle  loro  chiese  e  de'  loro  antichi  possedimenti  (1).  È  vero  che  né  lui,  né  al- 
tro scrittore  contemporaneo  espressamente  ci  nominano  i  Minoriti  nel  generale  ritorno  dei 
regolari  in  Gerusalemme.  Ciò  però  chiaramente  ci  si  lascia  comprendere  da  un  breve  di 
Gregorio  IX  (Si  ordinis  Fratrum  Minorum,  1  febbraio  1230),  dirotto  tanto  al  Patriarca 
Antiocheno,  quanto  al  Patriarca  Gerosolimitano  che  in  quell'anno  trovavansi  nella  S. 
Città  (2).  Dal  tenore  anzi  del  documento  Pontificio  ristUta,  a  nostro  credere,  che  i  Mino- 
riti di  già  si  erano  stabiliti  sì  nella   Città  che  nel  Patriarcato   Gerosolimitano;  e  che 


(1)  M.  Paris  Grande  Chron.  ed.  Paris  1840  t.  Ili  p.  415-416  ad  an.  1229;  ediz.  Len- 
dini 1684  p.  302;  ecco  come  si  esprime:  «  Ingressus  est  igitur,  ut  diximua,  s.  civitatem 
Hierusalem  exercitus  christianus,  et  Patriarcha  cum  episcopis  sufifìraganeis  mundificavit 
templum  Domini  (!)  et  ecclesiam  Sancti  Sepulchrì,  sanctaeque  resurrectionis  eiusdem,  cum 
aliìs  ccclesiis  sanctisque  locis...  Verum  quamdiu  Jmperator,  qui  excommunicatus  fiierat,  intra 
urbis  moenia  moram  fecit,  nullus  praelatorum  missam  celebrare  praesumpsit...  Deinde  prae- 
latis  singulis,  tam  minoribus  quam  maioribus,  ac  viris  religiosis,  ecclesiis  suis  sibi  restitutis 
et  possessi onibus  antiquis  :  gaudentibus  cunctis  super  beneficiis  divinis,  ....  intenderunt  una- 
nimiter  cum  peregrinis  omnibus  ad  reaedificationcm  civitatis...  Non  solum  acta  sunt  haec 
in  civitate  S.  Hierusalem,  sed  in  omnibus  civitatibus  et  castellis  illius  Terrae,  quam  D.  N.  J.  Gh. 
suis  vestigiis  consecravit...  Eratque  tanta  in  omnes  christianos  exultatio,  ut  viderentur  ter- 
renis  coelestia  misceri  » . 

(2)  Il  patriarca  di  Gerusalemme  era  il  più  volte  ricordato  da  noi  Geraldo  di  Latisanne 
(1225-39  f);  cfr.  Revtie  de  VOrient-Latin  t.  I  p.  22.  —  E  patriarca  di  Antiochia  era  Alberto 
de  Rezato  (1226-45  f  ),  ossia  Alberto  de  Rohertis  de  Regio  soprannominato  Rizzato,  lodato 
come  amico  de'  Minori  dal  cronista  fr.  Salimbene  (Cìiron.  p.  64).  Eletto  nel  1226  (secondo 
altri  nel  1228)  al  patriarcato  di  Antiochia,  arrivava  in  Acri  nel  1229  e  nello  stesso  anno 
egli  pure  intervenne  alla  riconciliazione  della  basilica  del  S.  Sepolcro  in  Gerusalemme.  Come 
legato  del  Papa  lo  troviamo  per  molti  anni  in  Oriente:  nel  1229  in  Gerusalemme;  nel  1232-33 
in  Cipro,  Acri  e  Tiro;  nel  1234  in  Italia  sin  quasi  al  1238,  in  oflScio  di  Legato  Apostolico 
in  Lombardia,  nella  Marca  Trivigiana  e  Romandiola  per  gli  affari  dell'Oriente.  Il  26  giu- 
gno del  1238  egli  probabilmente  ritornava  in  Oriente,  poiché  una  lettera  di  Gregorio  IX, 
con  quella  data,  lo  autorizzava  di  avere  sotto  la  sua  giurisdizione  patriarcale  il  Katholicon 
(ossia  il  patriarca  primate  Armeno)  e  gli  abbati  col  clero  greco,  armeno  e  georgiano.  Nel 
1241-44  era  certamente  in  Oriente,  dove  di  bel  nuovo  Innoc.  IV  (con  lett.  18  lui.  1243) 
«  et  plenac  legationis  officium  in  AntiocJiena  provincia  et  in  ex-ereitu  Christiana  prò  subsidio 
Terrae  Sanctae  committit».  Dall'Oriente  egli  nel  1244  scriveva  la  nota  lettera  che  c'in- 
forma dei  massacri  perpetrati  dai  feroci  Corasmini  in  Gerusalemme,  ricaduta  in  potere 
de'  saraceni  l'anno  stesso.  Alberto  mori  a  Lione  il  22  luglio  1246  (Cfr,  Eubel  Hicrarchia 
I  p.  93;  Du  Cange-Rey  Familles  d' outre-mer  p.  746;  e  la  Revue  de  V  Or ient Latin  t.  Vili 
p.  141-43).  Ora,  il  Salimbene  ci  narra  che  «  cum  patriarcha  Antiocheno  (qui  fiiit  de  Ro- 
bertis  de  Regio)  multis  annis  stctit  fratcr  Henricus  Pisanus  qui  fuit  ex  Ordine  fratrum  Mi- 
norum, qui  multa  bona  de  praedicto  patriarcha  mihi  et  aliis  fratribus  referebat  frequenter  » 
(C/iron.  p.  64);  e  l'Eccleston  ricorda  nn  altro  Minorità  inglese  «  fr.  Henricics  de  Durforde... 
hic  diu  patriarchae  Antiocheno  in  legatione  sua  in  Lombardia  primo  interpres  et  praedi- 
cator  extitit,  et  post  domini  papae  Gregorii  IX  poenitentiarius  »  {Anal.  frane.  1. 1  p.  230-31). 
E  tanto  basti  per  accertarci  che  nelle  diocesi  Antiochena  e  Gerosolimitana  non  potevano 
mancare  i  Minoriti,  e  specialmente  a  Gerusalemme,  meta  di  tutti  i  cristiani  di  quei  tempi; 
del  resto  vano  pur  sarebbe  il  titolo  stesso  di  Provincia  Terrae  Sanctae  o  Promissionis 
fondata  già  dal  1217,  se  i  Minoriti  non  si  fossero  realmente  stabiliti  nella  Terra  Santa 
propriamente  detta. 


160  BIBLIOTECA 


41  soltanto  alcuni  attriti,  occorsi  tra  loro  e  la  ristabilita  gerarchia,  indussero  il  Pontefice  a 
prender  le  difese  de'  Francescani.  Dal  testo  intero,  che  crediamo  utile  di  riportare,  inten- 
derà bene  il  lettore  i  motivi  che  indussero  Gregorio  IX  ad  emanare  un  tal  documento: 

«  Gregorius  Episcopus  Servus  servorura  Dei:  Venerabilibus  Pratribus  Antiochensi,  et 
Jerosolyraitano  Patriarchis  Apostolicao  Sedis  Legatis,  ac  universis  Archiepiscopis,  et  Epi- 
scopis,  et  dilectis  filiis  Abbatibus,  Prioribus,  Praepositis,  Decanis,  Archidiaconis,  et  aliis 
Ecclesiarum  Praelatis  ad  quos  litterae  istae  porvenerint,  salutem,  et  Apostolicam  Benedi- 
ctionem.  —  Si  Ordinis  Fratrum  Minorum  Eeligionem  attenditis,  poteritis  piene  cognoscere, 
quod  temporalia  bona  non  cupiunt,  cum  ex  eoruni  institutiono  sufficientiam  suam  in  pau- 
pertate  posuerint,  et  eam  praecipue  sint  professi  ;  sicque  sibi  favorem  Vestrum,  cum  expe- 
dierit  (1)  eo  facilius  impenderitis,  quo  minus  praesumitur,  quod  ipsi  quaerant  vel  ambiant 
comraodum  temporale.  Quapropter  Universitatem  vestram  raonemus,  et  hortamur  attente, 
districte  Vobis  per  Apostolica  scripta  praecipiendo  mandantes  (2),  quatenus  si  aliquis  fide- 
lium,  vel  iidem  ad  opus  ipsorum  construere  voluerint  oratoria  in  Vestris  parochiis,  cum 
ipsi  salutem  quaerant  animarum,  et  earum  lucris  intendant,  favorem  eis  super  hoc  be- 
nevolum  praebeatis,  libere  permittentes  quibus  permissum  est  a  Proviiiciali  Ministro,  viros 
idoneos  in  Vestris  parochiis  proponere  verbum  Dei.  Volumus  tamen  quod  non  percipiant 
decimas,  primitias  et  oblationes,  nec  habeant  ecclesiasticam  sepulturam,  nisi  prò  Fratribus 
Ordinis  praedicti.  Praeterea  cum  fueritis  requisiti,  coemeteria  ad  opus  ipsorum  ab  Apo- 
stolica Sede  sibi  concessa,  benedicere  procuretis,  nuUatenus  compellentes  eosdem  in  ali- 
quam  (3)  interdicti,  vel  excommnnicationis  sententiam  promulgare  sine  mandato  Sedis  Apo- 
stolicae  speciali:  mandatum,  et  praeceptum  Nostrum  taliter  impletnri,  quod  Beligionis 
comprobemini  zelatores,  et  Nos  Vobis  magis  reddatis  inde  favorabiles,  et  benignos,  nec 
cogamur  in  eis  in  hac  parte  per  alios  providere.  Datis  Perusii,  kalendis  februarii  Ponti- 
ficatus  Nostri  anno  tertio  »  (=  1  Febbraio  1230). 

n  testo  della  presente  bolla  papale  lo  abbiamo  estratto  dall'antico  bollarlo  ms.  di 
S.  Salvatore  (Gerusalemme),  autografa  compilazione  di  fr.  Cristoforo  da  Varese  celebre  ca- 
nonista che  lo  compilò  e  commentò  per  incarico  ricevuto  dal  Custode  di  Terra  Santa  fi*.  Fran- 
cesco da  Piacenza  (1467-72).  Il  testo  quale  l'abbiamo  nel  Quaresmio  è  scorretto  e  il  senso 
malamente  diviso  dalla  punteggiatura.  Facciamo  voti  che  i  Superiori  della  T.  S.  curino 
una  fedele  e  completa  edizione  del  Bullarium  Terrae  Sanctae,  poiché  le  misere  edizioni 
che  si  hanno  non  sodis&no  punto  1'  esigenze  della  storica  fedeltà. 

c.  1230-60  —  Pr.  Giacomo  Panizzari  da  Panna  e  fr.  Diotisalvi  da  Fi- 
renze Missionari  in  Oriente  verso  il  1230-50  (?). 

42  Non  più  tardi  di  qaest'  epoca,  crediamo^  debba  assegnarsi  il  missionariato  de'  due 

suddetti  Minoriti  in  Oriente,  ricordati  dal  solo  cronista  Salimbene  che  ne  parla  in  di- 
stinti luoghi,  ma  per  incidenza  e  senza  darci  una  qualsiasi  data  precisa  della  loro  dimora 
in  Oriente. 

H  primo,  frate  Giacomo,  cu^no  in  primo  grado  col  genitore  di  fr.  Salimbene,  entrò 
nell'Ordine,  vivente  o  poco  dopo  la  morte  di  S.  Francesco;  se  nel  regime  della  prelatura 
fa,  come  dice  il  Salimbene,  uomo  valente  e  ottimo  conoscitore  dell'idioma  arabico,  possiamo 


(1)  In  Sbaralea  «c«»i  eoepetierint  * . 

(2)  Nel  testo  dello  Sbaralea  é  saltato  questo  comando  :  «  districte  Vobis  per  apostolica 
scripta  praecipiendo  mandantes*  che  non  manca  nel  Quaresmio;  è  quindi  una  omissione 
del  tipografo. 

(3)  Sbaralea  «  in  aliqtiem  »,  e  ne  verrebbe  il  senso  più  ovio  ;  il  resto  della  bolla  quale 
si  ha  nel  Quaresmio  (ed.  2  t.  I  p.  288)  é  sgraziatamente  deturpato.  Onde  la  necessità  per 
noi  di  aver  un  bollarlo  della  T.  S.  corretto  e  completo. 


SECOLO  XIII.  161 


anche  registrarlo  tra  i  superiori  di  mia  delle  due  Custodie  della  Terra  Santa,  nel  tempo    42 
del  Provincialato  del  b.  Benedetto  di  Arezzo,  cioè  verso  il  1240,  o  poco  prima. 

Il  secondo,  un  tal  Biotisalvi  da  Firenze,  uomo  faceto  assai,  o  come  lo  dice  Salim- 
bene  «  more  Florentinorum  magnus  trufator  crat  »  (Chron.  p.  39),  accompagnò  in  Oriente 
Teodorico,  arciv.  di  Kavenna  dal  1228-49. 

1  —  Pr.  Q-iacomo  Panizzari.  —  «  Dominns  Naimerius  de  Panizariis  nxorem  lia- 
buit  [dominam  Karacosam]  (1)  et  genuit  ex  ea  filìura  Gerardum,  qui  mnltos  filios  et 
filias  habuit.  Quorum  primus  frater  lacohus  Vìtramarinus,  prò  eo  quod  in  ultramarinis 
partibus  stetit  multis  annis.  Hic  fuit  filius  consobrini  mei,  et  in  ordine  fratrum  Mino- 
rnm  fuit  valens  homo,  sacerdos  et  praedicator,  et  litteratus  valde.  Optime  scivit  arabicum, 
idest  saracenicum,  et  optime  gallicam  linguam.  In  regimine  praelationis  valens  homo  fuit, 
honestus  et  bonus  et  sanctus.  Mutinae  obiit,  in  loco  fratrum  Minorum  sepultus  »  (Salim- 
bene  p.  22,  sub.  an.  1229). 

2  —  Pr.  Diotisalvi  di  Firenze  in  Oriente.  —  Dopo  averci  narrate  alcune  facezie 
di  questo  Minorità  fiorentino,  le  quali  noi  omettiamo,  il  Salimbene  scrive  :  «  Huius  itaque 
fratris  Detesalve  (altrove  lo  chiama:  Deustesalvet  de  Florentia)  multa  opera  novi,  si- 
cnt  et  comitis  Guidonis,  de  quo  multi  multa  referre  consueverunt,  quae,  quia  magis  sunt 
trufatoria,  quam  aedificatoria,  ideo  non  scribuntur  a  nobis.  Verumtamen  frater  Deuste- 
salvet ad  ultramarinas  partes  ivit  cum  Archiepiscopo  Eavennate,  nomine  Theodorico  (2), 
qui  fuit  sanctus  homo  et  honesta  persona  valde  »  (Salimbene  p.  40  sub  an.  1233). 

1232  —  Gesta  quinque  Fratrum  Minorum  (Terrae  Sanotae)  oum  Germano  II 
Patriarcha  Q-iaecorum  tunc  Nicaeae  degente. 

Si  tratta  di  cinq  e  Minoriti  della  Terra  Santa,  i  quali  dopo  aver  subita  la  carcere    43 
turca,  capitarono  provvidamente  in  Nicea  di  Biuinia  (1232)  presso  Germano  II  patriarca 
greco,  col  quale  intavolarono  trattative  per  l'unione  delle  due  Chiese.  Il  racconto  e  i  re- 
spettivi documenti  si  hanno  nel  Waddingo  (3)  e  negli  altri  storici  della  Chiesa.  —  A  questo 
trattative  seguì  poi  la  missione  di  fr.  Aimone,  di  cui  al  n.  46. 

A  proposito  di  queste  relazioni  passate  tra  Germano  II  e  i  cinque  frati  Minori,  ci 
piace  riportare  il  racconto  che  ne  dà  uno  scrittore  greco,  ricordato  dal  solo  Allatio  che 


(1)  Caracosa  degli  Olivieri  era  sorella  dell'avolo  di  frate  Salimbene,  quindi  il  padre  di 
Salimbene  con  frate  Giacomo  eran  primi  cugini,  e  questi  con  frate  Salimbene  cugino  in  se- 
condo grado.  Da  questo  ricaviamo  che  frate  Giacomo  era  ben  inoltrato  negli  anni  quando 
Salimbene  entrava  nell'Ordine  nel  1236,  e  forse  era  già  morto.  Salimbene  che  lo  ricorda 
sotto  r  an.  1229  ne  fa  parola  per  incidenza  tessendo  la  genealogia  de'  propri  antenati  ;  non 
è  quindi  possibile  precisare  una  cronologia  di  frate  Giacomo.  Dalle  parole  di  Salimbene 
pare  possa  dedursi  che  Giacomo  molH  anni  in  Oriente,  vi  fosse  colà  anche  in  qualità  di 
Superiore  o  Provinciale. 

(2)  Teodorico  tenne  la  sede  di  Ravenna  dal  sett.  1228  sino  alla  sua  morte,  avvenuta 
il  28  dee.  1249  (Eubel  Hierarch.  I.  436).  L'Ughelli  e  Coleti  {Italia  Sacra  t.  II.  377-80)  nulla 
ci  dicono  del  suo  viaggio  in  Oriente.  È  lodato  da  loro  come  <  vir  sane  ingentium  spirituuiii, 
ac  pietate  plenissimus.  Hic  S.  Francisci  alumnos  in  ecclesiam  S.  Mercurialis  introduxit  ad 
maiorem  divini  Numinis  obsequium».  A  Bologna  nel  1233  egli  presiedette  alla  traslazione 
del  corpo  di  S.  Domenico  (id.  ib.).  In  quale  anno  poi  Teodorìco  e  frate  Diotisalvi  si  reca- 
rono in  Oriente  non  ci  fii  possibile  trovare. 

(3)  Annales  t.  II  p.  296-306,  ad  an.  1232  n.  848;  e  in  Civezza  Storia  t.  I  e.  6. 
Bibliot.  —  Tom.  I.  11 


162  BIBLIOTECA 


lo  dice  anonimo.  Il  greco  autore,  sebbene  acerrimo  avversario  dei  Latini,  racconta  in  so- 
stanza il  fatto  come  avvenne,  e,  quel  che  più  preme,  conferma  l'autenticità  della  lettera 
che  Germano  li  consegnò  ai  Minoriti  pel  papa  Gregorio  IX,  lettera  la  cni  antenticità  con 
indicibile  leggerezza  jwso  in  dubbio  il  solo  apostata  Ondin,  per  quanto  sappiamo;  il  quale 
inoltre,  con  arditji  impudenza,  la  disse  falsata  dai  cinque  frati,  e  ut  sub  his  confictis  epi- 
stolis  hilariori  vultu  a  summo  Pontifico  et  a  Curia  romana  susciperentur,  atque  ex  lega- 
tione  et  itinere  suo  laudes  rcferrent  (1)  »  ! 

Sentiamo  ora  lo  storico  greco,  nella  fedele  traduzione  latina  dataci  dall'AUatio: 

«  Papa,  et  qui  cnm  eo  erant,  propter  omnimodam  soparationem,  qnam  praescripsiraus 
fnissc  factam  sub  Manuele  Imperatore,  conscientia  perculsi,  miserunt  nonnuUos,  tanquam 
exploratores,  ex  iis  qui  Pratrcs  Minores  nuncnpantur  (2),  sub  Imperio  loannis  Vatatzae,  quasi 
Hierosolymam  progredcrontur  ;  factiquo  obviam,  sanctissimum  Patriarcham  dominum  Ger- 
manum  apud  Nicaoain  ab  ipso  Papa  salvere  jusserunt.  Qnibus  cum  consernisset  sermonem, 
Patriarcha  de  continua  tyninnide,  quam  ab  illis  patiantur  orthodoii  christiani,  nempe  a 
Latinis,  in  iis  urbibus  ubi  habitant,  et  potissimum  de  sanctis  Patribus  quos  in  Cypro  in- 
sula martyrio  do  medio  sustuierant:  sermone  ilio  veluti  turbati  responderunt  :  Papam, 
eosque  qui  apud  illum  praecollunt,  haec  iniquissimo  animo  ferre,  affirmantes,  si  vellet 
Graccorum  Ecclesia  aliquos  ad  nos  mittere,  quidquid  illi  petiissent,  pacis  concordiaequo 
nomine  libenter  Papam  concossurum.  Nequo  enim  illi  volebant  ad  nos  mittere,  ne  vide- 
rontur  re  ipsa  seniet  condemnasse,  ideoque  correctionem  petere.  Verumtamen  cum  illi  in 
superbia  propria  ac  pertinacia  persisterent,  fraudulenter  miserant,  ut  nos  illuderent,  et 
primi  nos  ad  illos  mitteremus,  et  ansam  praeberemus  nos  errori  obnoxios,  primos  ad  illos 
missionem  procurasse,  ut  eorum  epistola  postea  nos  docuit.  Patriarcha  porro,  dominus  Ger- 
raanus,  libentissime  haec  ad  Imperatorem  retulit,  et  scriptis  tum  ab  Imperatore,  tum  a  Pa- 
triarcha lit«ris  amoris,  demissionis,  et  couvenientiae  plcnis,  Legatos  ad  Papam  miserunt.  Pa- 
triarchae  epistola  haec  est:  0  domine  salva  iam,  o  domine, prospera  iam,  ac  dirige...  (3)  ». 

1233  —  Fr.  Giacomo  da  Russano  e  compaerni  nella  Georgia.  Niuud  al  Soi- 
dano  di  Damasco  e  al  Oalifa  di  Bagdad  :  e  varie  missioxii  presso  i  Saraceni. 

Quest'abbondante  periodo  dell'apostolato  francescano  in  quasi  tutto  l'Oriente  è  bella- 
mente esposto  dal  Waddingo  (4),  dal  Civezza  (5)  e  da  altri  storici  (6).  —  Ci  piace  ripeter 
qui  quello  che  altrove  (7)  abbiamo  scritto  in  proposito.  Gregorio  IX,  che  per  mezzo  dei 
francescani  di  Terra  Santa  tanta  premura  si  diede  per  l'unione  de'  Greci  (vedi  sotto  l'an.  1233), 
dei  Georgiani  e  d^li  altri  popoli  d'Oriente,  tentò  perfino  per  mezzo  loro  di  convertire  alla 


(1)  Oudin  Comment.  Script,  t.  Ili  col.  60.  —  Legga  ivi  di  grazia  lo  studioso  lettore 
tutto  l'articolo  d£U'  Oudia  su  Grermano  IIj  come  un  esempio  non  raro  delle  meschine  ragioni 
che  la  vecchia  e  moderna  critica  settaria  suole  inventare  qualora  si  tratta  del  Papato,  della 
Chiesa  o  degli  Istituti  r^olari. 

(2)  H  testo  greco,  che  è  in  volgare  :  óxédTcìXov  Ttvà(  J>(  ipcaOirouf  tQv  Xtf  0|jLÌyti)y  ^pc(ic- 
voup(cav...  &i  S^Oey  iiie^ó^oi  eU  'lepooóXujLa  etc.  Che  i  cinque  Minoriti  fingessero  di  recarsi 
a  Gremsalemme  etc.  è  tutta  finzione  birba  del  greco  scrittore  che  falsa  cosi  il  tenore  delle 
stesse  lettere  di-  (rermano. 

(3)  Ex  Leone  Àllatìo  De  Eceletiae  OcciderUalds  atque  Orientalis  perpetua  contensione 
(Colon.  Àgrip.  1648)  lib.  2  e.  13  coL  693-96.  —  Sulla  citata  lettera  di  Germano  al  Papa, 
vedi  quello  che  notammo  sotto  l'articolo  al  1234  p.  168,  nota  1*  e  nota  4*. 

(4)  Anrnles  ad.  an.  1233  nn.  3-7,  26. 

(5)  Storia  d.  Misnoni  tip.  214-19. 

(6)  De  Gnbematìs  Orbis  Seraphàeu»:  De  missionib.  i,  I  lib.  2  e.  8. 

(7)  Serie  enmdoffiea  pref.  p.  XVIIrVlIL 


SECOLO  xm.  163 


fede  il  Soldano  di  Damasco  Melok-el-Asceraf,  fratello  del  famoso  Melek-el-Kamel  l'amico  44 
di  S.  Francesco.  A  questa  difficile  missione  volle  deputare  i  membri  d'  nn  Ordine  ormai 
ben  noto  ai  Saraceni  e  tollerato  no'  loro  stati.  Nella  lettera  papale  CoelesUs  alUtudo  (13  feb- 
braio 1233)  il  Pontefice,  istruendo  quel  principe  nella  religione  cristiana,  lo  esorta  ad 
accogliere  con  amore  quei  diletti  suoi  figli  che  andavano  a  lui  appunto  per  la  sua  sal- 
vezza (1).  Simili  lettere  (26  mag.  1233)  e  missionari  francescani  inviava  al  Soldano  Ca- 
lifa  di  Bagdad,  Mostanser  Billah  (2).  Più  tardi  vedremo  (1246)  il  Soldano  d' Egitto  Me- 
lek-es-Saleh  (figlio  del  ricordato  Melek-el-Kamel  cui  predicò  Francesco),  sotto  il  cui  dominio 
era  allora  la  Siria,  inviare  uno  de'  Minoriti  suo  ambasciatore  con  lettere  a  papa  Inno- 
cenzo IV.  In  esse  il  Soldano  fa  cenno  di  altre  lettere  papali  ricevute  assai  prima,  e  che 
gli  furono  (dice)  molto  gradite  ;  ed  aggiunge  di  aver  accolto  il  messo  pontifìcio  con  affetto, 
onore,  divozione  e  riverenza  (3). 

1233  —  Cavalieri  crociati  fattisi  poi  Minoriti.  —  Il  Waddingo,  sotto 
quest'anno  al  n.  42  (t.  II  p.  360-62),  sulla  testimonianza  di  Pietro  d'Outremann  {C.poli 
Belgica  1.  4  e.  ult.),  riporta  una  lunga  serie  di  belgi  e  francesi  illustri,  prima  cava- 
lieri dell'  imp.  Balduino  I  o  suoi  compagni  nelle  guerre  d' Oriente,  e  in  ultimo,  sotto 
lo  povere  lane  de'FF.  Minori,  finirono  i  loro  giorni  in  vari  conventi  d'Europa. 

1234  —  Pr.  AymO  de  Paversham  :  —  Relatio  disputationis  habitae  cimi 
Graecis  in  causa  fldei  anno  1234  primo  apud  Nicaeam  Bithyniae,  postea 
apud  Nympham  [Lydiae]. 

Prima  d'ogni   altro  la  trascrisse  il  Waddingo  «  ex  codice  ms.  archivi   Vaticani   in-    45 
scripto  Cencii  Camerarii,  in  quo  antiquo  charactere  fol.  329  et  sequentibus  tota  rei  se- 
ries  habetur  » ,  pubblicandone  in  sommario  la  relazione,  e  per  intero  soltanto  gli  atti  o 
documenti  più  notevoli  in  essa  contenuti  (4).  Tale  fu  poi  inserita  nella  collezione  de'  Con- 


(1)  Wadding  1.  e.  e  Sbaral.  Bullar.  t.  I  p.  93. 

(2)  Cfr.  Wadd.  1246  n.  5,  e  lo  Stadense  ad  an.  1246. 

(3)  Minoriti  Terosimiltnente  furono  gli  ambasciatori  tra  Gregorio  IX  e  il  Soldano  d'  I- 
conio  (in  Asia  Minore),  de' quali  si  hanno  queste  memorie  cosi  compendiate  da  Rohricht: 
<  Anno  1234,  maii  Indict.  VII.  Alatinus,  Soldanus  Iconii,  Gregorio  IX  scribit,  se  ab  anno  III 
indictionis  (1230)  usque  hunc  VII  indictionìs  annum,  VI  personas  monachali  habitu  ad 
ipsum  misisse,  sed  ex  iìs  II  tantum  rediisse  et  dubitandum  esse,  quin  pontifez  per  dictos 
nuntios  cpitolas  et  mandata  acceperit.  ìtaque  se  nunc  fìdelem  sunm  ac  christianum  lohannem 
de  Gabra  ad  Fridericum  II  imperatorem  et  ad  pontificem  destinare  cum  utroque  viva  voce 
coUoquuturum  (Raynaldi,  an.  1235  §  37-38;  cfr.  §  40.  —  Monum.  Germ.  Ep.  I  p.  518-519, 
n.  634, 1).  Hanc  epistolam  quam  Wilken  (VI.  562,  not.  25)  falsam  esse  putavit,  excerpsit  bio- 
graphns  Gregorii  IX  (Muratori  SS.  Ili  A.  p.  580)...  Anno  1235,  mart.  20,  Perusii:  Grego- 
rins  IX  Alatino  Soldano  Iconii  rescribit,  se  eiusdem  nimtium  Ioannem  de  Gabra  cum  littcris 
laetanter  acccpisse,  ac  cito  nuntios  directurum  esse  plenins  responsuros  (Raynald.  an.l235 
n.  40;  cfr.  et  an.  1257  n.  55-72.  —  Monum.  Germ.  cit.  Epist.  t.  I p.  519-20  n,  634  III)*. 
Rohricht  Begesta  regni  Hierosolymitani  nnm.  1040  e  1061. 

(4)  Annales  ad  an.  1233  n.  «  e  seg.,  t.  II  p.  319-50.  —  Un  altro  Cod.  Vat.  Palatino 
n.  588  (cart.  in  4  del  sec.  XV  di  foli.  207)  contiene  a  foli.  66-96  la  stessa  relazione:  «  Dis- 
putacio  super  Scismate  Grecorum  facta  in  cìvitatc  Nicea  inter  nunccios  (sic)  dni.  pape 
missos  ad  Imperatorem  et  patriarcham  grecorum  ex  parte  una  et  inter  eosdem  Imperatorem 
et  patriarcham  ex  altera  anno  dni.  MCCXXXIII  »  ;  ine.  €  Anno  dni  1233  mense  lan.  Noafratres 
Hugo  et  Petrus  de  ordine  fratrum  praedicatorum  »  etc.  (Stevenson-Rossi  Codd,  Palat.  p.  197). 


164  BIBLIOTECA 


45  cilii  del  Labbè  e  Coleti  (t.  XIII  col.  1287-1306),  indi  più  o  meno  compendiata  negli 
scrittori  ecclesiastici,  fino  a  che  i  dotti  PP.  Quétif  ed  Echard  non  ci  dettero  un  testo  più 
integro  e  più  corrotto  (ma  mutilo  in  fine,  corno  ci  sombra)  ex  codice  ms.  in  gymnasio 
Navarca  servato  (1),  riprodotto  poi  nel  Supplementum  dei  Concilii  t.  II  p.  995  (2). 

Poiché  il  Waddingo  non  fece  che  compendiare  la  parte  storica  dell'  itinerario  de'  quattro 
nunzi  e,  senza  avvedersene,  tramandò  agli  altri  storici  l'errore  geografico  d'una  Nymphaea 
in  Bitinia,  ove  sarebbe  stato  convocato  il  secondo  convegno  o  concilio;  noi  ci  limiteremo 
di  chiarire  possibilmente  quella  parte  storica,  cronologica  e  topografica  dell'itinerario,  te- 
nendoci al  testo  de'  due  PP.  'Domenicani.  —  Il  testo  Navareo  principia-: 

«  Anno  domini  millesimo  ducentesimo  trigesimo  tertio  [ossia  1234]  (3),  mense  ja- 
nuario,  nos  do  Ordine  Pratrum  Praedicatorum  frater  Hugo  et  fr.  Petrus  :  de  Ordi)ie  Fra- 
trum  Minorum  fr.  Aymo  et  fr.  lìndulphus  Nuntii  Domini  Papae  missi  ad  imperatorem 
et  patriarcham  graecorum  intravimus  sub  coena,  dominica  prima  post  octavam  Epipha- 
niae  [8  ian.  1234],  bora  quasi  vespertina:  sed  antequam  civitatem  [Nicaenam]  intrare- 
mus,  plures  nuncii  imperatoris  ab  ipso  transmissi  nobis  frequenter  occurrernnt,  ex  parte 
dicti  imperatoris  nos  salutantes,  et  laetitiam  cordis  eius  de  adventu  nostro  nobis  notifi- 
cantes:  sed  et  nuocii  ipsius  patriarchae  plures  nobis  honorifice  occurrerunt:  et  tandem 
ipsi  canonici  ecclesiae  majoris  nobis  longe  a  civitate  occurrentes  cum  gaudio  susc«perunt, 
et  unanimiter  omnes  cum  honore  et  reverentia  in  civitatem  introduxerunt.  Et  cum  pete- 
remus  nos  duci  ad  majorom  ecclesiam  causa  orationis,  duxcrunt  nos  ad  aliam  ecclcsiam, 
ubi  primum  celebratum  fuit  concilium,  ostendontes  nobis  sanctos  Patres,  qui  eidem  con- 
cilio intcrfuorunt,  in  parietibus  depictos.  Deinde  post  multum  civitatis  circuitum  ad  hospi- 
tium,  quod  dominus  imperator  nobis  honorifice  praeparari  fecerat,  comitantibus  clericis  et 
nmltitudine  populosa,  deduxerunt.  In  quo  hospitio  quasi  homines  fatigati  solita  necessita- 
tibus  corporalibus  praeparata  invenimus. 

«  Secunda  autem  feria  \9  ian^  proxima  sequenti,  vocavit  nos  dominus  patriarcha,  qui 
comparentes  coram  ipso  et  clero  suo  congregato,  primum  ipsum  patriarcham  ex  parte  do- 
n)ini  Papae  salutavimus,  deinde  ex  parte  nostra.  Ennmeratis  postmodum  more  nostro  cau- 
sis,  et  prò  honoribus  et  beneficiis  nobis  ab  ipso  collatis  gratiarum  actionibus  exhibitis, 
literus  domini  Papae  eidem  porreximus;  qui  receptis  literis  bullam  osculatus  est,  et  re- 
spiciens  in  clerum  suum  adjecit:  ITirpos  IlauXo?.  Consequenter  talem  nobis  fecit  quaestio- 
nem:  utrum  essemus  legati  domini  Papae,  et  honorem  legatis  debitum  vellemus  recipere? 
ad  quam  respondimus  protestantes  nos  simplices  nuncios  esse,  et  honorem  legatorum  nolle 
recipere.  Considerantes  autem  tantam  cleri  multitudinem,  volentes  vitare  eorum  astutias 
consuetas  et  fallacias,  iterum  cum  protestatione  diximus  nos  non  ud  concilium,  sed  ad 
ipsum  patriarcham  esse  destinatos.  Nobis  autem  renuentibus  oblatum  honorem,  magnam 
reverentiam  et  honorem  etiam  minimo  nuncio  domìni  Papae  exhibendum  esse  protestatus 
est.  Dum  autem  plurima  verba  ex  utraque  parto  proforrentur,  in  medio  tandem  valedicto 
ei,  ad  supradictum  hospitinm  nostrum  honorifice  a  clero  suo  snmus  reducti. 

«  Tortia  autem  feria  \10  ian^  bora  competenti  et  congrua,  nuncios  imperiales  recepi- 
mus,  ut  coram  dicto  imperatore  còmpareremus.  Kobis  igitur  coram  eo  comparentibas,  ut 
decebat,  eum  salutavimus,  et  exhibitis  gratiarum  actionibus  prò  beneficiis  et  honoribus  no- 
bis collatis,  amicabiliter  fnimus  recepii  ;  et  invento  ibidem  patriarcha  cum  clero  suo,  expo- 
suìmus  cansam  adventus  nostri  et  negotinm,  addentes  patriarcham  literas  recepisse  ista 
plenius  continentcs.  Deinde  proposita  est  quaestio  de  potestate  nostra  . .  .  [Baie  le  spie- 
gazioni, i  numi  chiesero  poi  un  oratorio  per  tenervi  le  funzioni  durante  la  loro  per- 


ii) In  BibUoth.  Script.  Ord.  Praed.  t.  I  p.  911-27. 

(2)  Lunghi  estratti  di  questa  famosa  legazione  con  la  relativa  storia,  vedasi  in  Rohrba- 
cher  Storia  univ.  della  Chiesa  lib.  73,  e  in  Civezza  Storia  delle  Missioni  francete,  t.  I  e.  6, 
e  in  altri. 

(3)  L' Echard  osserva  <8tylo  novo  1234»,  come  in  realtà  risulta  dalla  cronologia  men- 
sile di  tutta  la  relazione;  inoltre,  le  lettere  papali,  che  i  nunzi  dovevano  presentare  al  pa- 
triarca greco,  portano  la  data  del  17  maggio  1233. 


SECOLO  XIII.  165 


mancnza  in  Nicca,  cui  il  patriarca  sodisfece].  Et  assignavit  nobis  ccclesiain  satis  aijtani    45 
juxta  doinurn  nostrani.  Mane  autem  facto  [feria  quarta,  11  ian.],  cnm  in  dieta  ecclesia 
coleijrarenius  divina,  convenerunt  latini  Francigonac,  Anglici,  et  diversao  natìones,  ut  divina 
audircnt  mystoria  .  .  .  » . 

Giovedì,  12  gen.,  si  diede  principio  alle  discussioni  domraatiche,  durante  le  quali  i 
nunzi  portavano  seco  i  libri  greci  :  «  copiosam  multitudinem  Ubrorum  graccoruni,  quam 
nobiscum  de  Constantinopoli  dciulcramus  .  .  .  » .  Per  lo  meno  uno  di  loro  doveva  cono- 
scere bene  la  lingua  greca,  poiché  durante  una  disputa,  all'invito  dell'  imperatore  :  «  con- 
tinuo unus  de  fratribus  nostris,  cui  Dominus  dederat  gratiam  in  littcratura  graccorum, 
revolvit  librum  B.  Gyrilli  de  IX  anathematismo,  et  inccpit  graece  legcre».  Le  dispute, 
durarono  fino  all'altro  giovedì  [19  ian.],  poiché  si  era  deciso  di  convocare  in  una  prossima 
sinodo  i  tre  altri  patriarchi  greci,  il  Gerosolimitano,  l'Alessandrino  e  l'Antiocheno.  In- 
tanto, i  Jiunzi  preso  congedo  dall'imperatore  e  dal  patriarca,  «scxta  feria  [^0  ian.],  cele- 
brata missa .  .  .  et  assumpta  liccntia,  reccssimus  a  Nicaea  et  vcnimus  Constnntinopo- 
lim».  A  Costantinopoli  ricevono  lettere  del  patriarca  che  li  richiamava  in  Bitinia: 

«  Circa  medium  vero  martii,  misit  nobis  patriarcha  nuncium  cum  literis  suis  n»gans, 
ut  accederemus  ad  Lescharam  quamdam  Vatacii  :  ibi  enim  promisit  coadunare  praelatos  et 
patricios,  et  convocare  concilium.  Et  quasi  in  memoria  convontionis  factai;  intcr  nos  ìn- 
esse  omnimodo  supposuit  in  literis  suis,  quod  illuc  eramus  venturi.  Nos  itaque  admirantes 
do  tali  mandato,  rescripsimus  quod  super  hoc  admirati  sumus  quamplurimum,  cum  in  hoc 
tempore  suum  expectavimus  rosponsum,  et  modo  dicit  se  post  vocaturum  praelatos  ad  con- 
cilium, et  nos  rogct  ad  suum  concilium  venire.  Veruntamen  ne  labor  noster  fiat  infructuo- 
sus,  et  quia  charitas  Dei  compellit  nos,  .  .  .  usquo  ad  exitum  martii  iterum  exi)ectabimus. 
Ipsum  igitur  quantum  potuimus  rogavimus,  ut  quam  citius  posset,  faccrct  quao  factu- 
rus  erat. 

«  In  exitu  martii  rescripsit  nobis  dicons  quod  literas  receperat,  scd  prae  dolore  cordis 
vix  cas  audire  poterat,  quia  cor  ejus  tenor  earum  tristitia  repleverat.  Et  quia  Nicacae 
sol  US  erat,  nil  poterat  nobis  respondcre:  quia  propositio  pacis,  rcformatio,  et  fidci  no- 
strae  discussio  ad  omncs  universalitcr  special,  scd  nunc  crcdcbam  cum  illis  unaquc  vo- 
biscum  ista  omnia  tractare.  Quod  si  ita  recesseritis,  vidcbitur  nobis  quod  non  venistis 
prò  pace,  sed  ut  tentaretis  nos. 

«  Scripsit  etiam  Fratribus  nostris  (1)  scilicct  Frati  Bcnedicto  Ministro  Romano  [cioè 
Eomaniae  ossia  Graeciac],  et  Fratri  Jacobo  de  Russano  (2),  qui  tnnc  aderant  Constan- 
tinopoli, ut  nobis  omnino  suggererent,  quod  intendebat,  promittens  quod  si  veniremus  ad 
concilium,  cum  magna  laetitia  rediremus  ad  Curiam.  Insupcr  et  ab  imperatore  literas  ac- 
cepimus,  qui  petiit,  ut  modis  omnibus  accederemus  ad  eum  apud  Lescharam,  quia  navem 
paravorat  prò  nobis,  et  omnia  necessaria  ad  transitum  nostrum  et  nunciornm  snorum, 
qnos  destinaturus  erat  ad  praesentiam  Domini  Papae.  Praeterea  terra  Constantinopolis 
quasi  destituta  fuit  omni  praesidio.  Dominus  Joannrs  (3)  imperator  pauper  erat.  Milite» 
stipendiarli  omnos  recesserunt.  Naves  Venotorum,  Pisanorum,  Anconitarum,  et  aliarum 
nationum  paratae  fuorunt  ad  recedendum,  et  quacdam  vero  jam  recesserant.  Consideraiites 
ergo  terram  desolatam  timuimus  periculum,  quia  in  medio  inimicorum  terra  illa  sita  est. 


(1)  Da  questa  espressione  possiamo  arguire  che  il  compilatore  del  testo  di  questa  Hela- 
zione  sia  uno  de'  due  Minoriti;  e  poiché  la  medesima  abbonda  di  parole  e  testi  in  greco 
estratti  dalle  opere  de'  Padri  Greci,  egli  dev'esser  stato  quegli  che  fra  i  quattro  religiosi 
<  cui  Dominus  deaerai  gratiam  in  litteratura  graecorum .  .  .  incepit  graece  Icgere  »  nelle  se- 
dute. Chi  dei  due  Minoriti  sarebbe  costui?  Noi  incliniamo  per  Aimone  già  celebre  dottore 
in  vari  luoghi;  Rodolfo  suo  compagno,  lo  si  conosce  appena  di  nome. 

(2)  Di  ambedue  questi  Minoriti  vedi  altrove  in  questa  nostra  Biblioteca,  sotto  gli  anni 
1221  n.  36,  e  1233  n.  44. 

(3)  Giovanni  di  Brienne  in  que'  tempi  in  Costantinopoli. 


166  BIBLIOTECA 


45  Arsamis{ì)  rex  Bachtrorum  ab  Aquilone:  Vatacius  ab  Oriento  et  Meridie:  Suanucl  (2) 
circnnidat  eam  ub  Occidente:  et  ideo  proposuinius  tractare  do  treughis  inter  imperatorein 
Constantinopolitanmn  et  Vatacium  usque  ad  annnm.  His  cansis  compulsi,  redire  ad  tcr- 
rauj  Vatacii  fuit  omnibus  voluntas.  Verumtamen  ne  talia  nostra  tantum  attentare  vido- 
reniur  volujitate,  cjipitulum  Sanctao  Sophiae,  praolatos  terrae,  noe  non  ot  ipsum  impora- 
torcm  super  hoc  consnluimus  negotio,  qui  omnos  unanimiter  id  nobis  consuluerunt. 

«  Igitur  tertia  Dominica  in  quadragesima,  scilicet  ultima  Dominica  martìi  [26  mar.] 
arripuìirins  iter  versus  Loschara,  et  post  transitum  maris,  vcninius  feria  secunda  [^27  mar.] 
in  locum  Chalongorum  super  maro  situm  (3)  :  a  quo  loco  duo  paria  literarum  per  diversos 
nuncios  Nlcaeam  ad  patrìarcham  destinavimus,  rogantcs  ut  acceleraret  ad  locum  supradictum, 
quia  ibidem  paratos  nos  inveniret,  sicut  literis  suis  nobis  supplicaverit.  Profecti  inde  prae- 
uiisinins  nunciam  cum  literis  nostris  ad  imperatorcm,  signiticantes  ei  advcntum  nostrum. 

«  Itaqne  Dominica  Laetare  JerusaUm  [2  apr.]  fuimus  apud  Litpadium  (4)  :  et  re- 
ccdcntos  ijido  feria  secunda  [3  apr.]  venimus  Aia-^Epav  (5)  ;  et  quia  locus  ilio  fuit  assi- 
gnatus  nobis  tam  ab  imperatore  quara  a  patriarcha,  fecimus  ibidem  nioram.  Sed  cum  au- 
nunciatum  fuerat  imperatori  do  adventu  nostro,  fostinantcr  misit  ad  nos  nuntium  suum, 
qui  venit  ad  nos  quinta  feria  [6  apr.]  ad  vesperam,  deforens  nobis  litcras  impcratoris 
doprocatorias,  ut  apud  Nympham  (6)  veniremus  quia  ibi  nos  expectabit.  Sed  quia  nullos 


(1)  Il  testo  Vaticano,  compendiato  dal  Waddingo  ha  Asano.  Questi  e  Giovanni  Asan  II, 
principe  de' Bulgari  e  aleato  del  Vatacio:  ambi  assediando  Costantinopoli  nel  1235  (ciò  che 
già  previdero  i  nostri  Nunzi)  furono  due  volte  sconfìtti  dal  Brieune.  Asan  mori  nel  giugno 
del  1243.  —  Cfr.  VArt  de  véri/.  Ics  clates.  Di  lui  a  lungo  gli  storici  greci  Pachymcro,  Niccta,  ecc. 

(2)  Correggi  Emanuel,  come  ha  il  Waddingo.  Emanuele  era  figlio  deli'imp.  Giov.  Vatacio. 

(3)  Testo  Waddinghiano  :  Caloyorum.  Non  ci  fu  possibile  precisare  questa  località  sita, 
come  pare,  a  oriente  di  Cizico  o  di  Panormo,  sulla  riva  meridionale  della  Propontidu  o 
mar  di  Mannara;  d'onde  poi  continuando  la  via  verso  il  Sud  s'incamminarono  per  Lopa- 
diiim  situata  a  occidente  del  vicino  lago  detto  Abullonia. 

(4)  11  testo  del  Waddingo  ha  erroneamente  Lupardium.  —  Meglio  Iiopadium,  antica 
città  della  Bitinia,  e  piazza  forte,  spesso  ricordata  dagli  storici  greci:  Niceta  Choniate 
(Miglio  P.  G.  t.  139,  col.  358-50,  642,  987),  Giorgio  Acropolita  {ibib.  t.  140,  col,  995,  1026), 
Efrem  cronografo  {iOid.  t.  143,  col.  1.56,  196,  270  e  279),  Pachyraero  {ibid.  t.  143,  col.  370, 
574,  637,  986;  e  t.  144,  col  117)  e  da  altri  piìi  recenti.  —  Quest'antica  città  chiamata  dai 
greci  Aoràoiov  (Lo/>adùm  =  rupe,  promontorio),  e  dai  turchi  Tjubat,  Ulubat  o  Ulabat,  è  oggi 
una  meschina  borgata  del  vilajet  di  Brusa  in  Bitinia,  situata  presso  la  estremità  occiden- 
tale del  lago  detto  Abullonia  (Apollonia)  e  sui  limiti  occid.  dell'  antica  Bitinia,  bagnati  dai 
due  fiumi  Ehindacus  e  Macestus.  Lopadion,  dicono  i  geografi  moderni,  sorgeva  sopra  una 
collina  ai  cui  piedi  scorreva  il  Rhindacus.  Le  sue  mura,  che  pii't  non  esistono,  erano  difese 
da  torri  rotonde,  pentagono  ed  ulcune  triangolari.  Giovanni  Coinncno  vi  aveva  costruito  un 
castello  che  più  non  esiste.  Fu  occupata  a  vicenda  dai  greci  e  latini,  e  sotto  l'imp.  Andro- 
nico I  fu  saccheggiata  dai  turchi.  Quivi  presso,  più  tardi,  Amurat  riportò  una  grande  vit- 
toria sopra  il  suo  zio  Mustafà. 

(5)  Più  sopra  è  detto  *  ut  acccdcrcmus  ad  Lescharam  quamdam  Vatacii  » ,  località  che 
non  troviamo  ricordata  da  altri;  verosimilmente  la  voce  Aiuyjpa  avrà  orìgine  da  \i(T^/r^  = 
luogo  di  convegno  o  di  passatempo  ;  e  quindi  cosi  forse  fìi  denominata  qualche  villa  dell'  im- 
peratore situata  a  una  dieta  dalla  ricordata  Lojyadium,  e  non  lungi  dal  lago  di  Abullonia, 
e  forse  fuori  dei  limiti  della  Bitinia  occidentale,  entro  la  Mysia. 

(6)  Nella  presente  relazione  è  detta  costantemente  Nynqìha,  località  che  gli  storici  bi- 
zantini denominano  Nuji^oiov  o  Nujicpatov  =  Nymphaeum:  nome  che  spesso  troviamo  dato  a 
vari  luoghi  dell' inipero  greco  e  romano.  —  Per  quel  che  ci  riguarda,  notiamo  che  il  Wad- 
dii^o  {Annal.  an.  1233  n.  12,  t.  II  p.  327)  e  tutti  gli  altri  annalisti  della  Chiesa  dissero  questa 
località  situata  nella  Bitinia  e  sulle  rive  del  Ponte  Eussino  o  Marnerò:  Nymphneae  ad  Fon- 
tum  Euxinum.  Troviamo,  è  vero,  che  il  La  Martinièrc  {Grand  diction.  géographique  t.  VII 


SECOLO  xni.  167 


certos  ramoros  de  patriarcha  Tel  aliis  praolatìs  andireramns,  respondimns  quod  super  hoc  46 
ei  rospondere  non  poteramus,  priosquam  nuntium  patriarchao  reciperomns.  Sabbato  se- 
qnenti  [8  apr.]  vonit  pater  (1)  cum  literis  ipsins,  in  quibns  nobis  significavit  suum  adven- 
tam,  et  sapplicavit  ut  praecederemus  eum  apad  Nympham,  et  ipse  expediret  se  et  statim  se- 
queretur  nos.  Profecti  igitur  a  Aéa/^epa  Dominica  in  passiono  [9  apr.'],  quarta  feria  [i<2  apr.] 
veniinns  Nympham:  ibi  reperto  imperatore,  expectavimus  adventum  patriarchao,  qui  quinta 
feria  [13  apr.]  intravit  Nympham  circa  horam  yespertinam.  Sexta  feria  [14  apr.],  post  pran- 
dium  accessimus  ad  eum,  rogantes  quod  quam  cito  possot  expediret  negotium  nostrum . . . 
Secunda  feria  post  Dorainicam  palmarum  [17  apr.]  expectavimus  ut  mitteretur  prò  nobis ... 

Lo  discussioni  finalmente  ricominciarono  secunda  feria  post  Fascha  [24  apr.  1234], 
0  continuarono  infruttuose  e  con  poca  urbanità  vicendevole  sino  al  giovedì  [4  mait]  della  se- 
guente settimana  di  Pasqua,  separandosi  a  vicenda  col  saluto  reciproco  di  vos  estis  liacrctici! 
Il  venerdì  5  mag.  si  congedarono  dall'  imperatore  assai  disgustato,  e  il  giorno  dopo  presero 
la  via  del  ritorno.  —  «  Factum  est  autcm  ut  licentia  accopta  ab  ipso  imperatore,  mano 
sàbbafi  [6  maii]  recessimus  a  Nympha,  et  continuantibns  nobis  dietas  nostras  vcnimus 
Dominica  [7  maii]  usque  ad  villam  quae  dicitur  Calamus  (2)  ».  Costà  ebbero  a  subire 
brutali  vessazioni  da  parte  d'un  messo  imperialo  clie  reclamava  uno  scritto  dato  loro  dal 
Patriarca,  tanto  da  esser  costretti  di  riprender  la  via  pcdes  e  soli. 


p.  185)  ìndica  varie  Nymphaeae,  e  una  situata  in  Bitinia  sul  Ponte  Eassino,  citando  un 
vago  testo  di  Ariano  che  la  dice  distante  da  Tyndaridc  15  stadii;  ma  e  TTndaridc,  chi  la 
vuole  in  Bitinia  e  chi  nella  Colchide;  si  che  la  Nympliaca  di  Ariano  non  sappiamo  dove  tro- 
varla. Non  v'é  però  dubbio  che  varie  Nymphaeae  eran  bagnate  dall'immenso  Ponte  Eussino, 
ma  non  troviamo  precisa  una  località  di  questo  nome  sulla  spiaggia  della  Bitinia,  meno  poi 
negli  storici  più  recenti  del  basso  impero.  Ma  in  ogni  caso,  dobbiamo  cercare  la  Nymphaea 
toccata  dai  nostri  nunzi  non  in  Bitinia,  ma  assai  più  a  mezzogiorno  di  essa,  nella  provincia 
cioè  di  Lidia,  tra  Smime  e  Kassala,  là  ove  oggi  ancora  sorge  un  villaggio  dai  greci  detto 
Nytnphi  e  dai  turchi  Nif.  Quivi  infatti,  o  li  presso,  gli  storici  bizantini  ci  mostrano  una 
suntuosa  reggia  o  villa  regale  de'  Paleoioghi,  ove  eran  soliti  passar  l' inverno  in  paut^Etou? 
8ó[iou;  Toù;  Iv  Nu{X(pauo,  e  ove  anche  sappiamo  che  il  Vatacio  mori.  I  fatti  narratici  come  occorsi 
a  Nymphaea  dai  contemporanei  Giorgio  Acropolita  (Migne  P.  G.  t.  140,  col.  1026,  1078, 
1093,  1102,  1118-22,  1206),  dal  cronografo  Efrem  {ibid.  t.  143,  col.  288,  316,326,  327,  331), 
dal  Pachymero  (ibid.  t.  143,  col.  542,  563,  588,  934;  e  t.  144,  col.  170,  17G,  197,  24349, 
360-61,  370,  671),  non  possone  attribuirsi  che  alla  Nymphaea  di  Lidia,  ricordata  anche  da 
Niceforo  Gregorà  {ibid.  t.  148,  col.  177,  346).  Del  resto,  il  seguito  dell'  itinerario  de'  nunzi, 
il  loro  ritorno  per  Calamo,  e  le  molte  giornate  impiegate  per  arrivare  a  Nymphaea,  e  si- 
milmente per  ritornare  a  Costantinopoli,  provano  a  sufficienza  non  poterla  indicare  in  Bi- 
tinia, gran  parte  della  quale  era  allora  in  potere  ancora  del  Brienne  imperante  a  C.poli. 

(1)  Un  qualche  monaco  o  prete  greco. 

(2)  Calamus  borgo  o  villa  non  mentovata  dai  geografi,  la  troviamo  ricordata  appena 
da  Giorgio  Acropolita  (Migne  P.  G.  t.  140,  col.  1026,  1215)  e  poi  dal  cronografo  Efrcm 
(ibid.  t.  143,  col  287)  che  copiò  l' Acropolita.  Dall'uno  e  dall'altro  veniamo  a  comprendere 
che  Calamo  era  nella  provincia  o  territorio  detto  di  Neoncaatron,  entro  i  limiti  della  Lidia, 
e  situata  verosimilmente  sui  confini  settentrionali  della  Lidia,  poco  lungi  e  a  oriente  di 
Pergamo.  Calamo  infatti  era  lungi  da  Nymphaea  men  di  due  giorni  dì  cammino,  quanto 
v'impiegarono  i  nunzi.  Per  la  topografia  di  Neocastron,  oltre  i  citati,  cfr.  Nìceta  Choniate 
(Migne  P.  G.  1. 139,  col.  492-94)  e  Pachymero  (ibtd.  t.  144,  col.  231,  243).  —  Troviamo  ancho 
un'altra  località  detta  *  Calamus  a  calamorum  multi tudine  » ,  situata  però  sulla  riva  europea 
del  Bosforo  (Gronovii  Thesaur.  gra^c.  antiquit.  VI.  3142).  —  I  nostri  nunzi  dunque,  tennero  la 
medesima  via  nel  ri  tomo,  percorrendo  la  Lidfa  e  la  Misia  fino  al  mare  dì  Cìzico,  nella  Pro- 
pontide  (da  loro  detto  mare  Constantinopolis),  d'onde  poi  ritornarono  a  C.poli,  e  da  li  in  Italia. 


168  BIBLIOTECA 


La  via  da  Calamo  «  erat  deserta  et  invia,  et  distabat  a  mari  Constantiuopolis  fere 
per  sex  dietas.  De  Dei  antem  gratia  confisi,  processimus  viam  nostram  imperterriti..., 
)icc  dcstitimiis  ab  incepto  itinere.  Transivimus  ergo  vel  sex  vel  septem  milliaria,  sed  mox 
subsccutus  est  dictus  miles  imperatoris.  Et  cum  venisset  ad  nos,  descendens  de  equo,  hu- 
iiiiliavit  se  ante  pedes  nostros  deprecans  et  exorans,  ut  ad  casale,  de  quo  veneramns,  re- 
verteremur,  et  sententiam  latam  faceret  revocari,  et  quaecumque  essent  dieta  vel  facta 
contra  nos,  faceret  emendari.  Ex  omni  ergo  nostrum  voluntate,  divertimus  ad  quoddam 
casale  ibi  propinquum,  et  remisimns  Fratres  prò  libris;  qui  cura  venissent  ad  casale,  ubi 
libri  diluissi  fuerant,  accessit  Chartophylax,  et  perscrutatus  est  onincs  libros,  et  omjies 
sarcinas  nostras,  nec  non  et  ipsos  Fratres  apprehendit,  et  seorsum  duxit  eos  in  cameram, 
et  chordis  laxatis  tandem  invcnit  chartam,  et  accipiens  eam  dixit:  hahco  quod  quacsivi. 
Interpretationcm  tamcn  illius  chartae,  prius  facta  translatione,  nobis  reservavimus  » . 

E  qui  cessa  bruscamente  la  relazione  che  ci  sembra  mutila.  —  Il  Migno  aveva  ideata 
0  fors'  anco  preparata  la  pubblicazione  di  tutti  i  documenti  riguardanti  questo  trattative 
dello  due  Chiese,  per  inserirli  nella  sua  Patrologia  latina  sotto  il  pontificato  di  Gregorio  IX  ; 
promessa  che  poi  non  ebbe  effetto,  come  sappiamo.  La  sua  raccolta  doveva  contenere  i  se- 
guenti documenti,  che  noi  indicheremo  più  chiaramente  nelle  sottoposte  note: 

1.  «  Germani  (II  Patr.  C.poleos)  Epistolae  ad  Gregorium  IX  papam  et  ad  Cardi- 
nales  de  unione  Ecclesiarum  (1),  cum  Gregorii  IX  responsione  duplici  (2)  : 

2.  «  Defì/nitio  apocrisariorum  Pontificis,  quod  Spiritus  Sanctus  a  Patre  Filioque  pro- 
cedat  aequaliter  (3),  cum  Germani  responso  (4)  : 


(1)  Queste  dite  lettere  di  Germano,  una  al  Papa  e  l'altra  ai  Cardinali,  tramandateci 
prima  dal  Paris,  furono  poi  riportate  dagli  Annalisti  Kaynaldo  (an.  1232  n.  46),  Waddingo 
(an.  cit.  n.  34),  Labbè-Coleti  {Condì,  t.  XIII.  1119)  e  da  altri.  L'Harduino  (t.  VII  p.  1961) 
fu  il  primo  che  ci  diede  anche  il  testo  greco  della  prima,  di  quella  cioè  diretta  al  Papa, 
che  principia  'ti  Kupie,  oóSoov  o;^,  ripubblicata  poi  dal  Coleti  nella  citata  edizione  dei  Con- 
'.■ilii  del  Labbù.  La  versione  latina  che  fin  qui  si  è  usata  di  questa  lettera  al  Papa,  abbiamo 
detto,  era  quella  tramandataci  dalla  cronaca  di  Matteo  Paris.  Già  in  essa  il  Waddingo 
(t.  II  p.  300)  pel  primo  vi  aveva  subodorate  maligne  interpolazioni  e  falsificazioni  del  birbo 
monaco  inglese;  e  ciò  non  ostante,  lui  con  tutti  i  snmmentovati  storici,  preferirono  il  testo 
falsato  del  Paris  ad  un'  altra  versione  genuina  che  il  Waddingo  conobbe  ed  usò  da  un  ms. 
Vaticano  !  Letto  e  confrontato  il  testo  g^ eco  datoci  dall'  Harduino,  siamo  rimasti  più  che  con- 
vinti e  delle  falsificazioni  e  della  pessima  traduzione  latina  tramandataci  dal  Paris.  Eppure,  il 
Coleti,  a  fianco  del  testo  greco  ebbe  l' ingenuità  di  porci  il  testo  falsato  del  Paris  e  ridarcelo 
senza  riserva  alcuna  nella  collezione  de'  citati  concilii  !  —  Della  seconda  lettera  di  Germano, 
diretta  ai  Cardinali,  esaa  pure  tramandataci  dal  Paris,  non  conosciamo  ancora  un  cod.  che  ne 
abbia  conservato  il  testo  greco;  quindi  tutta  quella  insolenza  che  in  essa  pure  vi  scorgiamo, 
non  può  attribuirsi  a  Germano  che  chiedeva  la  pace,  ma  alla  bile  dell'  impudente  falsario. 

(2)  Sono  tutte  e  due  dirette  al  patriarca  Germano;  una  del  1232  (Wadd.  n.  38)  e  l'ab- 
biamo nel  testo  latino,  e  l'altra  del  1233,  in  greco  e  latino,  riportate  dallo  stesso  Wadd.  (an.  1233 
n.  8).  Dal  Waddingo  passarono  poi  nella  citata  raccolta  dei  Labbè-Coleti,  t.  XIII  col.  1127-30. 

(3)  Dcfinitio  Apocrisariorum  =  ""Opos  tò5v  anoxoiaaptwv,  nel  testo  greco  e  latino  in  Wad- 
dingo (an.  1233  n.  15),  Harduino  (t.  VII  p.  157-62),  Labbè-Coleti  (t.  XIII.  1131-38)  e  nel 
eotto  citato  Altero  (in  Xpovixòv  di  Giorgio  Frantgi)  col  titolo  di  "ExOeats  t^?  ó[jioXo-)c'ia?  t^; 
maTEw;  toSv  Aarivtov  etc.  (Cfr.  Fabricii-Harles  Biblioth.  graeca  t.  XI  p.  167  n.  oo).  Un  cod. 
della  Bodleiana  di  Oxford  (Codd.  Laudiani  n.  73  fol.  126  v.)  porta  il  titolo  di  "Opo?  t«3v 
<^patJ.£voupltl)v  =  Dcfinitio  Fratrum  Minorum.  La  versione  latina  del  Waddingo  difi'erenzia 
alquanto  con  quella  fatta  dagli  stessi  apocrisarii  e  tramandataci  nel  cod.  dell'  Echard 
(1  p.  920)  cui  però  mancano  le  firme  degli  apocrisarii  che  si  anno  nel  testo  Waddinghiano. 

(4)  La  risposta  di  Germano  publicata  prima  nel  testo  latino  dal  Waddingo  col  titolo 
Epistola  seu  jirofessio  Patriarchae  Nicaeni  et  universae  Synodi  Nimphae  Graecorum,  musa 


SECOLO  xra.  169 


3.  «  Itom  Ada  concilii  Nympliaeac  in  Bithynia  \corr.  in  Lydia]  prò  unione  babiti  (1).    45 
Hacc  omnia    post   Kogesta  cxtant    Gregorii  IX,    quoni    vide    in   Patrologia  Latina   ad 
an.  1241  \Patr.  gr.  lai.  t.  140  col.  601-602,  ubi  de   opcribus  Germani  II  patriarchac 
G.poleos]  ». 

Chiudiamo  questo  articolo  con  pochi  cenni  del  principale  tra  i  quattro  apocrisarii. 
Aimone  di  Faversham  entrò  noli' Ordino  dei  Minori  noi  1225,  ricevuto  in  Francia  dal 
Provinciale  frate  Gregorio  di  Napoli  (nipote  di  Gregorio  IX  e  uno  de'  più  caldi  fautori  di 
fra  Elia).  Come  Custode  di  Parigi  intervenne  nel  famoso  Capitolo  generalo  del  1230  in 
Porziuncola.  Noi  1233  fu  inviato  coi  tre  suddetti  nunzio  al  Vatacio  ed  al  Patriarca  greco, 
sotto  il  generalato  di  fra  Elia.  Aimone,  religioso  santo  o  dotto,  non  potendo  approvare 
la  condotta  di  Elia,  ebbe  parte  rilevante  nel  Cap.  gen.  in  cai  questi  venne  deposto  (1239). 
In  questo  Capitolo  egli  fu  fatto  Provinciale  d'Inghilterra,  e  dopo  un  anno,  per  la  morte 
del  generalo  Alberto  di  Pisa,  dovette  ritornare  in  Italia  al  Cap.  gen.  (1  nov.  1240),  ove 
fu  proclamato  Generale  dell'Ordine.  Egli  si  vide  poi  costretto  di  punire  il  surricordato 
fr.  Gregorio  di  Napoli  che  lo  aveva  ricevuto  all'Ordine,  condannandolo  alla  carcere  come 
colui  che  ingiustamente  e  facilmente  era  solito  d'incarcerare  i  zelanti  religiosi.  Caduto 
gravemente  infermo  in  Anagni,  papa  Innocenzo  IV  degnossi  visitarlo  o  benedirlo,  e  poco 
tempo  dopo  rese  l'anima  al  Signore,  nel  giugno  1244.  —  Di  lui  una  bella  e  compendiosa 
biografia  abbiamo  nell'opera  del  P.  Panfilo  (2). 

1234  —  Crociata.  —  Gregorio  IX  per  nulla  soddisfatto  dello  trattative 
conchiuse  tra  Federico  II  e  Melek-El-Kamel,  e  vedendo  approssimarsi  il  termine  della 
detta  tregua  e  prossima  a  ricadere  nello  mani  no'  Saraceni  la  Santa  Città,  bandi  in 
quest'anno  una  Crociata  che,  secondo  il  solito,  fu  predicata  da'  Francescani  e  Domenicani. 
—  «  Anno  Domini  1234  .  .  .  Fratres  Praedicatores  et  fratres  Minoros,  ad  hoc  ipsum 
officium  a  domino  papa  vocati,  suao  predicationis  exhortationo  multos  de  Francia  ba- 
rones,  milites  ac  plebanos,  clericos  et  laicos  cruce  signantes,  in  Terrao  Sanctae  subsi- 
dium  transmittere  paraverunt  (3)  » . 

Fra  i  Minoriti  predicatori  della  Crociata  si  distinse  (1235)  con  veri  prodigi 
fr.  Roggero  de  Lewes  inglese,  lodato  dal  suo  contemporaneo  Matteo  Paris  (4). 


ad  Ss.  D.  Gregorium  IX  (An.  1233  n.  23,  t.  II  p.  340-50),  fu  poi  ritrovata  nel  tosto  greco 
da  Frane.  Carlo  Altero  e  pubblicata  in  calce  al  suo  Xpovtxòv  del  greco  Giorgio  Frantgi 
(Vienna  1796  p.  139 s.):  Tou  àyiioTiiTou  r£p[xavou  Oarptàp^ou  K.Xewc,  xat  t^§  aùv  aùro)  tepa; 
ouvóoou  «TcàvTrjaii;  izfoc,  rriv  TotauTrjV  ófioXoYtav  tou  liana,  xa\  7:pò?  toù;  ut:'  éxeivoi»  ataXivra^ 
4>pE(j.£voupiou?  xai  XoiTtoù?  TTEp'i  TiTfi  ÈxnopEuaE'ji)?  TOu  ày^o"  nve4(i.aT0?  (Fabricii-Harles  Biblioth.  t.  XI 
p,  168).  —  Non  prendiamo  nota,  perchè  addirittura  son  meschini  1  dubbi  che  l'Oudin  propone 
suir  autenticità  delle  prime  lettere  che  Germano  II  inviava  nel  1232  per  mezzo  dei  5  frati 
Minori  a  Gregorio  IX  (Oudin  Comment.  Script,  t.  III  col.  60).  Vedi  p.  162  n.  1,  e  p.  168  n.  1. 

(1)  Per  atti  del  concilio  di  Nimfea  il  Migne  non  poteva  intender  altro  che  la  relazione 
latina  degli  apocrisarii  quale  la  abbiamo  pubblicata  dall'  Echard,  seppure  non  abbia  egli 
ritrovato  simili  atti  redatti  in  greco  dalla  parte  avversaria,  dei  quali  però  non  conosciamo 
traccia. 

(2)  Storta  compend.  di  S.  Frane.  1. 1  p.  579-85.  —  Cfr.  Eccleston  (Anal.  frane,  t.  I  p.  228  s.) 
e  il  Chron.  24  Gen.  (ib,  t.  Ili  p.  246-55).  —  Il  Panfilo  pone  la  morte  di  Aimone  nella  seconda 
metà  del  124 iJ,  congetturandola  dalla  visita  fattagli  dal  Papa;  ma  comunemente  i  cronisti 
lo  dicon  morto  nel  1244. 

(3)  Bellovacens.  Memoriale  temjwrum  in  Montimi.  Germ.  hist.  t.  XXIV  p.  161.  Lo  stesso 
hanno  Mat.  Paris  an.  1234;  Ptolom.  Lucen.  I.  21  e.  36  ap.  Panfilo  Storia  t.  II  p.  376.  — 
Cfr.  Sbaralea  Bullar.  t.  I  p.  139,  141. 

(4)  Paris  sub  an.  1235.  —  Wadding  1235  n.  29-31.  —  Civczza  Storia  t.  p.  193. 


170  BIBLIOTECA 


45  C.  1235  —  Pr.  Henricus  de  Burforde.  —  «  Venernnt  in  Angliani  pluros 
alii  fratros  probissimi  de  Anglia  oriundi,  qni  Parisias  intraverant  [Ordincm  Min.]. 
quos  adhnc  existens  in  habitu  saecnlari  ipso  vidi  .  .  . 

Vonit  quoque  frater  Henricus  de  Bruforde  [al.  Burforde],  qui  cum  adhuc  novi- 
tius  csset  et  cantor  fratrum  Parisius,  centra  tentationes,  quas  sustinuit,  versus  istos 
in  moditatione  composuit: 

Qui  Minor  es  noli  ridere,  libi  quia  soli 

Convenit  ut  plores:  iungas  cum  nomine  mores;  eie... 

Hic  postea  prò  magna  hohestate  sua  qnatuor  Ministrorum  Genoralinm  et  quatuor 
Provincialium  in  Anglia  socios  specialis  esse  meruit.  Hic  etiam  diu  Patriarchae  An- 
tiocheno in  legatione  sua  in  Lombardia  primo  interpres  et  praedicator  extitit,  et  post 
domini  papae  Gregorii  IX  poonitentiarius,  custos  quoque  Yenetiarum,  et  custodis  Lon- 
doniae  quoque  vicarius  (1)  » . 

1235  —  Prov.  di  Barberia.  —  Papa  Gregorio  IX  in  una  sua  lettera  diretta 
al  re  di  Tunisi,  nel  maggio  del  1235,  gli  raccomanda  il  suo  messo  :  «  dilectum  filium 
Fratrem  Joannem  Ministrum  Ordinis  Minorum  de  Barbaria  (2)  » .  Il  D' Avezac  con- 
gettura che  questo  frate  Giovanni  sia  il  famoso  Pian  Carpino  che  già  aveva  avuto 
relazioni  cogli  arabi  di  Spagna  ove  nel  1230  venne  fatto  Provinciale,  dopo  il  governo 
della  Provincia  Teutonica,  e  nel  1241  era  ritornato  in  Germania  alla  direzione  della 
Provincia  di  Colonia  (3).  —  La  provincia  Minoritica  di  Barberia  è  qui  la  prima 
volta  ricordata,  né  si  ha  più  memoria  di  essa  (4). 

C.  1236  —  Fr.  Bartolomeo  de*  Frati  Minori  e  oompairni  :  e  di  una  pre- 
tesa discussione  teologica  tra  essi  e  i  Greci  di  Costantinopoli  ;  esame 
critico. 

46  «  Extat  Romae  (scrive  lo  Sbaralea)  in  bibliotheca  Barberina  mss.  Qeorgii  Metropo- 
litae  Corcyrensis  DisputaUones  duae  cum  Fratribus  Minoribus  (quorum  unus  dicobatur 
Bartholomaeus)  de  Purgatorio,  et  pane  fermentato  habitae  Constantinopoli  indict.  IX, 
die  XIII  iunii  Parasceve,  anno  non  1136  ut  habet  Leo  Allatius  (in  Diatriba  de  Geor- 
giis)  et  eum  secutus  Gul.  Cavus  (ad  an.  1136),  sed  anno  1236,  vX  recte  emendavit  Ou- 
dinus  (t.  n  comment.  ad  an.  1170  col.  1537,  et  t.  Ili  ad  an.  1236  col.  110);  cum 
anno  1136  nondum  Ordo  Minorum  incepisset,  nec  eornm  Institutor  natus  essct;  nec  co 
anno  indictio  IX,  sed  XIV  excurreret,  diesque  13  iunii  non  Parasceve  (seu  Veneris),  sed 
Sabbati  dies  esset  (5)  » . 

Cosi  lo  Sbaralea  che,  senza  badare  ad  altro,  si  attenne  al  giudizio  deirOudin,  il  quale 
ìàkf  ove  crede  dì  correggere  l'Allatio,  cade  egli  pure  in  un  più  grave  abbaglio.  —  Trat- 
tandosi di  una  pagina  di  storia  francescana  in  Oriente,  accennata  soltanto  da  questi  due,  ma 
autorevoli  scrittori,  noi  ci  siamo  presi  la  pena  di  schiarirne  la  fonte,  che  a  quelli  sembrò 
chiara  e  limpida,  e  a  noi  invece  torbida  e  imbrogliata  assai.  La  fonte  Tabbiamo  dall' Allatio; 
ma  per  esser  più  chiari, «e  perchè  l'opera  del  dottissimo  sciotto  è  forse  fra  tutte  le  sue 


(1)  Thom.  de  Eceleston  (Anal.  frane,  t.  I  p.  230-31).  —  Frate  Enrico  fu  compagno  al 
patriarca  Antiocheno  Alberto  (f  1246)  in  Lombardia  entro  gli  anni  1234-88,  quando  questi 
si  trovava  colà  legato  pontificio,  come  notammo  altrove  sub  an.  1230  in  nota  2,  a  p.  159. 

(2)  Wadding  Annal.  t.  II  p.  408.  —  Sbaralea  Buttar,  an.  cìt. 

(3)  Becueil  de  Voyages  t.  IV  p.  476-78. 

(4)  Questa  Provincia,  fu  senza  dubbio  una  di  quelle  effimere  create  dal  Generale  £r.  Elia, 
e  soppresse  nel  1239.  —  Cfr.  il  nostro  Regesto  sopra  a  p.  102. 

(5)  Supplem.  ad  Scriptorea  p.  329;  cfr.  anche  il  suo  Buttar,  t.  I  p.  234  in  nota. 


SECOLO  xm. 


171 


la  più  rara  a  rinvcniro,  seguiremo  l' esempio  dell'  Oudin  stesso,  riproducendola  dalla   sua    46 
Diatriba  de  Gcorgiis\l).  L'AUatio  dunque  riporta: 

«  Georgius  (2)  CoRCYEENSis  metropolita,  sub  Priderico  et  Manuele  Comneiio  im- 
peratoribus  doctrina,  eruditioneque  clarus  innotuit.  Romam  ab  imperatore  ad  conciliuni, 
post  etiam,  si  facultas  data  fuisset,  ad  imperatorem  Fridericum  transmittitur.  Sed,  dum  ille 
iiifirmitate  Brundusii,  Hydruntique  per  sex  menses  retardatnr,  concilio  Romano  [1179]  finis 
imponitur,  ad  quod  loco  illius  Nectarins,  abbas  monasteri!  Casulorum  in  Magna  Graecia,  vir, 
et  dicacitate,  et  pertinacia,  et  propugnando  schìsmati,  et  Graecorum  erroribus  impudentìa, 
longo  post  natos  homines  improbissimus  convenit.  Ex  Brundusio  scripsit  patriarcliao  Antio- 
cheno Simeoni:  Baronius  tom.  12  anno  1178.  Hinc  Georgius  ab  imperatore  revocatur;  pri- 
mum,  ut  suae  provideret  ecclesiae,  postmodum,  ut  synodo  Constantinopolitanac  a  patriar- 
cha  indictao  interesset.  Scripsit  plures  epistolas  ad  diversos....  Lcgi  ipso  eiusdom  nonnulla 
advorsus  Latinos  opuscula,  inter  ea  praecipua  dunt: 

1  -  'Ap5(^Ti  è7«ar,[ji6iwaEa)V  Tcpò?  ótKep  i\^tiìT:T\-  Initium  considerationum  eorum,  de  qui- 

Or)[jLev  xataxeifisvoi  aaOevw?  èv  tt]  àyia  (iov^  tójv       bus    in   sancto    Casuloram    inonastcrio  male 


Ka(jo6Xwv  Ttapi  xiSv  Xe-foiiéviov  4»paTO[j.tvoupiwv, 
o"  Tiv£?  napoStSàdXOuat,  xai  JiapaòoYjiaTi^owaiv, 
eìvoti  Tt  jrup  xaOapTi^ptov,  èv  w  ot  reXs'jTwvTEs 
èv  È^aYopeuaei,  ji^^rtco  Zì  «pOiaavTE?  ajtoxXauda- 
aOat  ti  otxeia  :tXri[i.|«X^(i.aTa  «Jiafoviat,  xat 
xaOaipovTot  7:pò  ri;?  reXeuTaia?  xpioeoc,  riXo? 
suptaxovTE?  anaXXaif7)V  xt^uopia;  jcpò  t^c  teXeu- 
Taia?  xpioEio?*  a{jLa  jcpotaTuvTEc  au[i[xa^ov  tou 
TOtouTOu  Xó^ou,  xai  tÒv  èv  0^1015  rpr,yópiov  xòv 
AiàXo^ov  xai  7)  {J.EV  TCEvJai;  tou  Aarivou,  èxa- 
Xeito  Zi  ouTO?  BapOoXojiOio?,  toiìòe  ti§  rjV 
©éXttìv  {laOsTv  a<p'  ù[iù5v  xtSv  rpatxtSv... 

2  -  Tou  aùxou*  oEÓXEpov  auvxayiJia  7C£p\  6Etas 
xoivwvias,  Iv  o>  xai  r)  «icÓSei^is  àj^Xòis  ex  xwv  Osiojv 
Ypa^Gv,  oxi  fv^ujjLOs  apxo;  xij  èxxXr,aia  uapEBóOifi 
jtapà  xòJv  inodxóXuv  Tcpoa^épEaOou  o?  xa\  itl)(^pi 
To3  àifioo  FpTjyopiou  xovf  AiaXófou  Ttf  'P(Ì[j.7i? 
jcpocTEcpIpEXO  èxxXr,a'ia*  i^Ólv^ii  Zi  xai  xriv  Tiepi 
xoijxou  èv  KwvaxavxivoujcóXEt  YEV0[X£vr,v  SiìXe^iv, 
xai  7:i3s  avxEtjcEiv  oùx  7i6ouXr,0rjoav  ol  Aaxivot, 
àXXà  xa\  [AaXXov  ènfjVEoav  xòv  OeTov  opxov,  xòv 
Ev^ufiov*  xai  oxi  EÙpEOEiarj?  xat  jiEpiSo?  èxEivou 
xou  apxou,  ov  ó  Xpioxòs  eocoxe  xoi?  jiaOrixai?  èv 
xw  Seitivo),  èv  xò»  xou  (leyaXou  naXaxtou  axEuo- 
«puXaxEio),  Tvaaa  Ttpóspoat?  »ipOTj  ex  jiiaou.  — 
Principium  :  Kotvwvixòv  jj-ev  ^òiov  ó  avOpwnoi;, 
xai  X7Ì(  (Bta;  «uaEco;  aSiaipExo;  nécpuxev  èpótaxi^s... 


adfecti,  a  Fratribus  Minoribtis  interrogati  su- 
mus,  qui  perversa  docent,  et  male  adstruuiit, 
esse  quendam  ignem  purgatoriuiii,  iu  quem, 
dura  confessi  moriuntur,  nec  propria  crimina 
deplorarunt,  asportantur,  et  purgantur  auto 
finale  iudicium  ;  tandem  aliquando  pocnae  fi- 
nera  ante  dictum  iudicium  adipisccntcs  ;  et 
huiusce  dicti  advocatum  adstruunt  sanctura 
Gregorium  cognomento  Dialoguin.  Interroga- 
tio  porro  Latini,  cui  nomen  erat  lìartholo- 
maeus,  haec  fuit:  Cupio  avobis  Graecis  per- 
diseere,  etc. 

Eiusdem  :  secundus  commeutarius  do  san- 
età  communionc,  in  qua  est  ex  ipsis  sacris 
scripturis  sincera  dcmonstratio,  panem  fcrmun- 
tatum  ccclesiae  traditum  fuisse  ab  apostolis  ad 
oblationem,  quemadmodum  ad  tempora  sancti 
Gregorii  cognomento  Dialogi  in  romana  ec- 
clesia ofFerebatur.  Proscquitur  praeterea  dis- 
putationem  de  hac  re  Byzantii  habitam,  et 
quomodo  illi  contradiccre  noluerunt  Latini, 
sed  potius  sanctum  pancm  fermentatum  lau- 
daruut;  et  quum  illius  panis,  quem  Chri- 
stus  in  coena  discipulis  tradidìt,  particula  in 
magni  palatii  Scevophylacio  inventa  esset, 
oinnis  contradicendi  causa  de  medio  sublata 
sit,  etc. 


(1)  Leonis  Allatii:  Georgii  Acropolitae  Htstoria...  aique  Diatriba  de  Georgiis  et  eorum 
scriptis  (Paris  1651)  p.  331).  Lo  stesso  articolo  è  riprodotto  dall'Allatio  nell'altra  sua  opera 
(compilata  dopo  la  Diatriba,  ma  pubblicata  3  anni  prima):  De  eccUsiae.  Occidentalìs  aUpw 
Orientalis  perpetua  consensione  (Colon.  Agrip.  1648)  lib.  2  cap.  12  col.  G62-64,  ove  dh  un'al- 
tra data  al  cod.  greco,  come  vedremo. 

(2)  Dal  Fabricio  è  soprannominato  Cvpharas.  —  Cfr.  Hihliofh.  (p-aeca  ed.  Harles  t.  IX 
p.  311,  e  t.  XII  p.  38  in  nota. 


172  BIBLIOTECA 


«Liber  erat  in  bibliotliccii  Barberina  satis  aiitiqniis,  lacerus,  male  coiniMigiiiatns,  et  erro- 
ribas  plonos,  cxsoriptus  a  Ioanne  Neriteiio  anno  Donn'ni  1036,  ut  ex  male  conllatis  in 
fino  libri  carminibus  olicitur,  qnae  sunt: 

2o\  XpiTTÈ  yaptv,  Tò)  -^apiaavTi  vó\i.Qy  Tibi   Ciiriste  gratiac,  qui   dedisti  Icgein 

ITpòs  oj^^ipiaTov  'IwavvTjv  oòv  Xàrpiv,  ingrato  Ioanni   servo  tuo,  quein   sanuin  con- 

'l'yetav  ov  oùlazxz,  xa\  Tiior,?  [lXi6rjC  serva  et  ab  omui  unimiperda   libera  tua  fa- 

^Fuyo^Oópoj  puaaio  rf]  a^  BjvajiEt.  cultate. 

'l'^Ypi^r,   tÒ   j:apòv   {JiSXiov   òià  -/Eipò;  'Itoàvvou  Scriptus  est  lue  liber  marni  Ioannis  Ne- 

N£ptT7,vovi,  [xr^i  'lojviio   Èv   T^"  ty    r)rjLÌpa  ;:apa-  riteni,  mi;iisis  lunii  die  deeimo   tertio,  l'ara- 

oxeu^,  «opa  0',  Itei  3è  ?9JJi3',  t^?  'Ivòixti.  0'.  sceves  bora  nona,  an.  0544,  indiet.  nona. 

«Ab  bis  si  detrahas  annos  mandi  5508,  qui  remanent  erunt  1086,  Christo  nato». 

Così  l'AUatio  ntUa  citata  Diatriba.  Ma  poi,  noli'  altra  sna  opera  indicata  De  ccclc- 
siae  Occid.  ctc.,  accortosi  di  aver  riprodotta  erroneamente  la  data  del  codice,  la  emenda 
cosi:  «Liber  erat  satis  antiquus...,  exscriptas  a  Joannc  Nereteno  anno  Dni  1136,  ut  ex 
male  conflatis  in  fine  libri  carminibus  elicitur:  'Eypacprj  tò  rapòv  piSXlov.,.  hti  ?xi^°'  ^^• 
Scriptus  est  hic  liber  anno  VIMDCXLIV  (1)  otc.  Ab  bis  si  d- tralias  aiuios  VMDVIII, 
qui  rcmanent  erunt  MCXXXVI  Christi;  quatuor  antcquam  Manuel  imperaret  annos,  ut 
vivente  adirne  Goorgio  exscriptus  esse  (codex)  non  immerito  dici  possit(2)». 

L'Oudin,  dopo  aver  riportato,  come  noi,  tutto  e  solo  il  brano  della  Diatriba  dell'Al- 
latio,  lo  corregge  in  parte,  ma  in  modo  assai  superficiale  ;  e  quel  clie  ti  muove  a  nausea, 
in  modo  indegno  e  burbanzoso,  quando  lo  diceche  «  iwprudentir...  et  ubsurdc,  f'allHury>. 
L'errore  dell'AUatio  sarebbe  duplice;  primieramente,  perchè  là  nella  data  del  codice,  invece 
dell'anno  greco  erroneo  cyjj.8'  (=6644 —  di  C.  1136)  doveva  leggere  ?(}'H-ò',  cioè  l'anno 
greco  6744  e  di  Christo  1236,  cui  veramente  corrisponde  o  l'indizione  IX,  e  il  13  di 
giugno  cadeva  in  un  venerdì;  laddove  l'anno  1136  aveva  l'indiz.  XIV  e  il  13  di  giugno  cadeva 
di  sabbato.  Contro  queste  ragioni  dell' Oudin,  nulla  possiamo  obiettare,  percliè  vere  €  in- 
discutibili: quindi  l'AUatio  facilmente  potè  errare  confondendo  le  due  lettere  greche  f  ^  \. 
L'altro  errore  dell'AUatio  è,  di  non  aver  badato  al  nome  di  «tpaToutvoupiwv  =  Frati 
Minori,  mentovati  nel  codice,  particolarità  questa  che  avrebbe  dovuto  farlo  accorto  di  un 
doppio  errore  nella  sua  data  (1136):  poiché,  né  in  quest'anno  era  arcivescovo  di  Corfù 
il  Giorgio  da  lui  ricordato,  ma  molti  anni  dopo  (e.  1176-88);  nò  i  Minoriti  potevano 
aver  una  disputa  con  lui  prima  che  Francesco  li  avesse  istituiti  (1209-10).  Ragione  in- 
discutibile anche  questa.  —  Quindi  l' Oudin,  contento  di  aver  emendato  Vassurdo  e  V im- 
prudenza dell'AUatio,  scioglie  egli  la  questione  ma  in  modo  poco  storico,  e  meno  critico, 
distinguendo,  senz'altra  ragione  plausibile,  due  omonimi  Giorgii  e  ambo  arcivescovi  Corei- 
resi:  uno,  che  è  l'autentico  e  storico,  vissuto  arcivescovo  entro  gli  anni  1176-88(3),  o 
da  esso  contraddistiiito  col  soprannome  di  seniore:  e  l'altro  col  nome  di  Giorgio  iuniore 
vissuto  secondo  lui  circa  il  1230;  o  questi  (sempre  a  giudizio  dell'Oudin)  avrebbe  dispu- 


(1)  Qui  nel  testo  di  Àllatio  spari  la  lettera  C,  ma  evidentemente  fu  un'  omissione  del 
tipografo;  che  dalla  cifra  greca  e  da  quel  che  segue,  è  chiaro  che  l'AUatio  intese  darci  l'anno 
greco  6644  che  corrisponde  all'an.  di  Cristo  1136. 

(2)  Op.  cit.  De  ecclesiae  Occid.  etc.  col.  664. 

(3)  Vedi  in  Baronio  Annales  ad  an.  1176-88.  —  Vedi  anche  il  citato  Harles  nella  Bi- 
blioth.  graeca  del  Fabricio  t.  XII  p.  38-40,  ove  è  riportato  tutto  l'art.  dell'AUatio  su  Gior- 
gio metrop.  di  Corfii  ;  e  ove  l'Harles  non  sa  spiegarsi  le  contraddizioni  nelle  date,  e  si  ap- 
pella alla  distinzione  di  due  Giorgii  fatta  dall' Oudin. 


SECOLO  XIII.  173 


tato  nel  1236  coi  FF.  Minori,  o  sarebbe  anche  l'autore  delle  duo  mentovate  operette  che 
r  imprudente  Allatio  attribuì  al  Giorgio  seniore.  Questa,  la  critica  dell'Oadin;  senza  che 
tu  cerchi  altre  ragioni  da  lui  che  ti  appaghino. 

Ma  quanto  piìi  assurda  sia  la  critica  dell' Oudin  che  non  l'abbaglio  dell' Allatio,  basti 
prender  nota  che:  sebbene,  per  le  due  suddette  ragioni  della  data  e  de'  Minori  mento- 
vati nel  cod.  greco,  non  possano  veramente  convenire  al  Giorgio  seniore  le  indicate  ope- 
rette attribuitogli  dall' Allatio,  meno  poi  le  si  possano  attribuire  (come  crede  1'  Oudin)  al 
suo  Giorgio  iuniore;  cui,  se  potremmo  concedere  una  disputa  con  de' Minori  perchè  a  lui 
contemporanei,  non  possiamo  però  attribuirgli  le  altre  circostanze  che  troviamo  indicato 
nello  stesso  cod.,  circostanze  cui  non  pose  mente  l'Oudin:  come  p.  es.  la  venuta  di  Giorgio  in 
Italia,  la  sua  lunga  infermità  nel  monastero  Casulano,  le  sue  relazioni  con  Nettario  (f  1181) 
abbate  di  quel  monastero  ecc.:  circostanze  tutte  che  competono  non  ad  altri  che  al  Gior- 
gio seniore  che  infatti  venne  in  Italia  nell'ott.  del  1178  (1).  L'Oudin  non  badò  che  queste 
particolarità  non  potevano  affatto  convenire  al  suo  Giorgio  iuniore;  non  badò  che  la  data  del 
codice  in  questione  non  era  la  data  propriamente  dell'opera,  ma  la  data  della  copia  fatta 
dal  Neriteno:  e  quindi,  né  per  questa  sola  ragione,  nò  perchè  ivi  trovò  ricordati  i  Mino- 
riti, gli  era  lecito  creare  di  sana  pianta  un  altro  Giorgio,  e  attribuire  a  lui  tutto  quello 
che  spettava  all'altro,  credendosi  di  aver  così  salvati  e  cavoli  e  capra.  L'Oudin  inoltre 
non  badò  che  nella  prima  operetta  de  Purgatorio  igne  si  trattava  di  una  disputa  che  si 
dice  avvenuta  in  monasterio  Casulorum;  e  il  monasteri©  greco  di  Casale  sappiamo  esser 
in  Calabria  a  circa  un  kilom.  da  Otranto  (2),  e  non  a  Costantinopoli,  come  sembra  abbia 
inteso  l'Oudin,  e  come  fé'  credere  allo  Sbaralea,  poiché  ambedue  ci  parlano  di  ambo  le 
dispute  come  tenute  a  C.poli;  quando  invece  si  tratta  che  una,  la  prima  de  Purgatorio, 
ebbe  luogo  nell'indicato  monastero  di  Calabria,  e  la  seconda  in  C.poli  sul  tema  de  pane 
fermentato.  In  ultimo,  l'Oudin,  che  con  tanta  burbanza  volle  correggere  l' Allatio,  non  badò 
che  egli  pure,  in  ogni  caso  e  ciecamente,  veniva  ad  attribuire  le  due  suddette  operette  o 
dispute  al  suo  Giorgio  iuniore,  quando  invece  esse  non  appartengono  a  nessuno  de'  due 
Giorgii,  ma  sono  opera  d'un  altro  greco,  calabrese,  cioè  di  Nicolò  d'Otranto  (Nicolai  Hy- 
druntini)  che  fiorì  sotto  il  pontificato  d'Innocenzo  III  (1198-1216),  e  che  sappiamo  aver 
preso  parte  a  varie  discussioni  teologiche  in  vari  luoghi  della  Grecia,  e  in  una,  tenuta  a 
C.poli,  fu  anche  interprete  latino  al  card.  Benedetto,  legato  colà  d'Innocenzo  III  (e.  1212). 
—  Scrisse  infatti  Nicolò  Hydruntino  le  sue  discussioni  contro  i  Latini,  servendosi  abbon- 
dantemente degli  scritti  di  Nicolò  di  Methone  e  di  Giorgio  arciv.  Corcircse,  come  constatò 
l'AUatio  (3)  ;  il  quale  ci  avverte  inoltre  che  perciò  «  multa  ex  scriptorum  incuria  ad 
Georgium  (Corcyrensem)  referuntur  quae  Nicolai  (Hydruntini)  sunt  (4)  » .  Le  opere  f'el- 
r  Hydruntino,  osserva  lo  stesso  Allatio,  sono  scritte  per  modum  dialogi,  e  tali  sono  in- 
fatti i  due  trattati  che  sì   vollero  attribuire  ad  altri.  Così  l'AUatio,  che   poche  pagine 


(1)  Cfr.  il  cit.  Baronie,  e  il  Sevestre  Dictionnaire  de  Patrologie  ed.  Migne  t.  II  col.  1001. 

(2)  e  Abbatta  ditìssima  S.  Nicolai  de  Casula  Ordinis  S.  Basilii,  clara  quondam  viris 
doctis  et  religiosis...  1500  passibus  ab  Hydrunto  distat..,  florentissima  Graecae  omnis  sa- 
pientiae  academìa  » .  Ughelli-Coleti  Italia  sacra  t.  IX  col.  54.  —  Cfr.  Fabricii-Harles  Bi- 
blioth.  graeca  cit.  t.  IX  p.  310. 

(3)  Vedi  Fabricii-Harles  Biblioth.  cit.  t.  XI  p.  288-89,  291  e  704.  --  Bandini  Catcdogus 
Codd.  LaurenUanae  graecorum  t.  I.  p.  60.  —  Oudin  Comment.  de  Scriptoribus  ad  an.  1210, 
t.  Ili  col.  13-15:  ove  non  fa  che  copiare  l'AUatio  De  eccleaieu  Occid.  atque  Orient.  perpetua 
consensione  lib.  2  e.  13  §.  4  col.  703-5. 

(4)  AUatias  op,  cit.  lib.  2  e.  13  col.  706. 


174  BIBLIOTECA 


46  prima  (pp.  cif.  col.  664)  aveva  per  colpa  dell'amanuense  attribuita  a  Giorgio  arciv.  di 
Corfù  l'operetta  che  principia  Kotvwvixòv  {aIv  ^ttov  ó  avOfwno?,  più  sotto  (ih.  col.  705)  senza 
avvedersene  si  emenda,  e  la  attribuisce  al  suo  vero  autore,  a  Nicolò  Hydruntino  (1).  L'Ou- 
din  non  si  è  accorto  di  questi  emenda  dcll'Allatio  ;  che  se  si  fosse  accorto  ne  lo  avrebbe 
incolpato  di  sbadataggine  e  di  contraddizione,  nelle  quali  precisamente  cado  il  burbero  cri- 
tico, poiché  attribuisce  la  stessa  opera  prima  all'Hydruntino  (op.  cit.  t.  Ili  col.  13),  e  poche 
pagine  dopo  (ib.  col.  110)  al  suo  preteso  Giorgio  iuniore  (2)1 

Resta  dunque  chiaro,  che  l'operetta  Kotvfovixòv,  o  il  secundus  commentar ius,  non  è 
d'altri  che  dell' Hjdrnntino,  e  che  egli  non  ebbe  che  fare  coi  Minoriti,  se  non  col  clero 
latino  0  col  legato  card.  Benedetto  recatosi  a  C.poli  verso  il  1212. 

Abbiamo  attribuito  a  Nicolò  Hydruntino  anche  il  primo  dialogo  sopra  ricordato,  clie 
tratta  de  purgatorio,  e  che  nel  cod.  Barberino  principia  'Apyji  ÈTn^rjjittóaEw?  ;  il  quale  dia- 
logo, dall'Allatio  o  da  quelli  che  lo  copiarono,  fu  invece  attribuito  a  Giorgio  arciv.  Cor- 
cirese.  A  dir  vero,  il  nostro  criterio  si  basa  semplicemente  1'  perchè  il  trattatello  ha  la 
forma  di  dialogo,  modo  preferito  dall' Hydruntino;  2»  perchè  lo  troviamo  nei  codd.  fra 
mezzo  agli  scritti  dell'  Hydruntino,  e  3"  perchè,  come  abbiamo  notato  con  l' Allatio,  molte 
sue  operette  furono  dagli  amanuensi  attribuite  a  Giorgio  Corcirese.  L'altro  cod.  greco  della 
Laurcnziana  (PI.  V  cod.  36)  che  quasi  tutto,  fuorché  lo  3  ultimo  carte,  contiene  varie 
operette  deirHydruntino,  acclude  pure  tra  i  fogli  6v.-7v.  un  assai  breve  dialoghotto  col 
titolo  di  rioiT)|ia  ratopytou  jjirjTpojcoXiTou  Kspxupas  Ttcpi  zupò?  xaOapT7)piou  :  opus  Georgii  mc- 
tropoUtac  Corcyrac  de  igne  purgatorio;  dialoghetto  che  il  Bandini  (t.  Ili  p.  60  n.  Ili) 
appena  accenna,  e  dubita  so  attribuirlo  a  Giorgio  o  all'Hydruntino  perchè  lo  trova  fra 
mezzo  gli  scritti  di  questo,  e  perchè  molte  opere  dell' Hydruntino  farono  ascritte  a  Giorgio. 
Abbiamo  potuto  vedere  il  cod.  Laurenziano,  ed  esso  realmente  principia  come  il  cod.  Bar- 
berino, con  sola  qualche  piccola  differenza  :  'Ap-^r;  a-j(iEia>9Eu>v  izphi  a^tsp  Tip<tìTiQOr,[jLEv  xaTaxEijuvoi 
ogOevCs  èv  T^"  à-pa  fiovij  tcov  KotaoóXwv  uopi  xSv  XeyojjlIvwv  4>paTE{ievoup'ici>v,  :t£pt  Ttupò;  xaOapnjpiou, 
6V  w  ol  TeXeuTùSvTEs  etc...  K«t  i\  }j1v  izewjii  TotJ  Aativou,  ÈxaXEiro  Zi  ouxo?  BapOoXo(jLaTo$,  toiàSe 
TI?  :^v  •  —  0cX(i)  {/.«Oéiv  a^'  ó{uSv  tCv  TpouxiSv,  jcou  aTcép^^^ovroi  ai  <J/u-y(^a\  xwv  TEXEuxrjaavTwv  a\u- 
tavoTirtoc,  xa\  [at)  fOaoàvTcov  IxSouXeuooi  ri  Im-rtiita...  Tutto  il  brano  nei  cod.  conta  sole  50 
righe  di  tosto,  o  due  pagine  appena,  e  termina  senza  dubbio  incompleto  così:  8uanEt0é5« 
(zxouovTt  xai  rà;  cixoà;  anotppaTtovTt.  Il  cod.  non  porta  data  alcuna,  e  secondo  il  Bandini 
sarebbe  copia  del  scc.  XIII;  ma  potrebbe  ben  esser  anche  del  secolo  seguente. 

Del  resto,  non  n^hiamo  che  Giorgio  il  seniore  abbia  scrìtto  nn  qualche  trattato  de 
purgatorio,  e  fors'anco  questo  di  cui  parliamo;  ma  da  tutte  le  ragioni  su  esposto  non 
possiamo  certo  attribuirlo  a  lui,  né  ad  un  Giorgio  iuniore  escogitato  dall' Oudin  su  futili 
ragioni  che  lo  fecero  cadere  in  contraddizione.  È  vero  che,  non  avendo  attualmente  sotto 
gli  occhi  il  cod.  Barberino  e  quello  Laurenziano  essendo  mutilo,  non  siamo  in  grado  di 
convalidare  la  nostra  opinione  ;  tuttavia  è  chiaro  che  gli  anacronismi,  provenienti  dalla  data 
e  dalla  rubrica  o  principio  'Apx.^  l7:taT,|i£Miaeti>v  sino  a  roiàSe  n?  ^v,  si  debbono  all'amanuense 
del  cod.  Barberino  pieno  zeppo  dì  errori  come  attesta  l'Allatìo;  o  all'amanuense  pure  attri- 
buiremo, se  non  la  ginnta  del  nome  di  Bartolomeo  che  può  ossero  vera,  per  lo  meno  la 
giunta  del  nome  Frati  Minori  che  è  ivi  arbitraria;  giunta  che  poi  passò  anche  nel  cod. 


(1)  Cbe  quest'opera  sia  dcII'Hydnmtìno  basti  confrontare  i  brani  datici  dairAllatio  col 
Cod.  descrittoci  dal  Bandini  op.  ciL  p.  61-62. 

(2)  L' Ondin  fé'  cadere  nella  stessa  contraddizione  il  Fabrìcio  e  l' Harles  ;  cfr.  BibUoUi. 
cit  t.  Xn  p.  40,  e  t.  XI  p.  288  e  704. 


SECOLO  xra.  175 


Lanrenziano,  come  quegli  che  necessariamente  dipende  dal  Barberino.  Un  Bartolomeo  frate  46 
Minore  che  abbia  disputato  con  Giorgio  seniore  ò  un  anacronismo  :  e  con  Giorgio  iuniore,  una 
capricciosa  invenzione  doli'  Oudin.  Ma  disputò  egli  coli'  Hydruntino  ?  ma  quando,  e  dove  ?... 
Un  Bartolomeo  Minorità  il  quale  entro  il  sec.  XIII  abbia  disputato  coi  Greci  non  conosciamo, 
fuori  di  fr.  Bartolomeo  vesc.  di  Grosseto  o  di  fr.  Bartolomeo  da  Siena,  Ministro  provinciale 
dì  Terra  Santa,  ambo  legati  papali  inviati  con  altri  a  Costantinopoli  nel  1278,  come  vedremo. 
Sappiamo  invece  che  l'Hydruntino  disputò  a  C.poli  col  card.  Benedetto  verso  il  1212,  quando 
i  FF.  Minori,  testé  appena  fondati,  non  avevano  ancora  principiato  a  solcare  i  mari. 

Abbiamo  rigettata  la  distinzione  di  duo  Giorgii,  fattaci  dall'Oudin  sopra  vaghe  e  con- 
tradditorie supposizioni;  ma  non  perciò  abbiamo  negata  la  possibilità  dell'esistenza  di  un 
qualche  altro  Giorgio,  pur  arciv.  di  Corfà,  vìssuto  entro  la  prima  metà  del  sec.  XIII. 
Troviamo  infatti  un  Giorgio  di  soprannome  Bardane,  Attico  o  Ateniese,  che  fu  arcìv.  di 
Corfù,  e  precisamente  contemporaneo  a  Germano  II,  patriarca  C.politano  residente  allora 
a  Nicca  (122240  f).  Il  Bardane,  ignoto  all'Oudin  come  all'Allatio,  al  Fabricìo,  all'Harles 
e  ad  altri,  è  ricordato,  per  quanto  sappiamo,  dal  solo  Le  Quien;  il  quale,  per  l'opposto, 
ignora  affatto  e  non  fa  parola  di  ambo  i  Giorgii  mentovati  dall'Oudin.  E  questo  Giorgio 
Bardane,  a  testimonianza  del  Le  Quien,  avrebbe  avuto  che  fare  con  dei  FF.  Minori,  poichò 
Bardane  li  ricorda  in  una  sua  lettera  o  controrisposta,  diretta  al  mentovato  patriarca  Ger- 
mano. —  Nella  serie  degli  arcivescovi  di  Corfà,  dopo  un  Giovanni  vissuto  circa  il  1166, 
il  Le  Quien  così  ricorda  il  Bardane: 

«  Georgim.  —  In  Cod.  Bodleiano  Oxoniensi  131  habetur  epistola  Gcorgii  Bardanis 
metropolìtae  Corcyrensis  ad  Grermanum  Patriarcham  C.politannm,  eo  nomine  secundum, 
utique  qui  Nicaeae  morabatur,  quum  Fratres  Minores  nonnullì  ad  unionem  cum  ecclesia 
Eomana  ineundam  eum  invitassent,  quos  Georgius  4>paTEiitvou(>£o>j«  dicit  (1)  ». 

Il  cod.  infatti  è  ancora  nella  Bodleiana  di  Oxford  tra  i  codd.  Barocc.  n.  131,  e  tra  i  foli. 
328-^1  contiene  la  detta  lettera  inedita  col  titolo:  Tou  «ttixou  xopou.  rstopYlou  to3  BapSavT)  tou 
jiTjxponoXiTOu  Kepxópa?  ovTiYpajjLfjia  itphq  ròv  naxpli()■^rf^  KoivaTavTivounóXeo);  xupòv  rep|i.«vóv  : 
Domini  Georgii  Bardani  Attici,  metropolìtae  Corcyrensis,  rescriptum  ad  dominum  Ger- 
manum  patriarcham  Constantinopolitanum ,  incipit  :  npóas^e  oùpavè  xai  XoXiiao),  xal 
«xouéTw  -fri  :  Attende  coelttm  et  ìoquar,  et  audiat  terra.  Il  cod.  è  del  sec.  XIY  e  contiene 
varie  opere  del  patriar.  Germano  II  (2).  Ma  in  proposito  del  contenuto  in  questo  codice 
nulla  possiamo  dire,  perchè  lontani  da  Oxford,  e  perchè  ignoriamo  so  la  controrisposta  del 
Bardane  sia  stata  pubblicata  recentemente. 

E  qui,  potrebbe  alcuno  supporre,  o  che  il  Bardane  fu  quegli  che  eUbe  che  fare  con  un 
Minorità  Bartolomeo,  o  che  l' amanuense  del  cod.  Barberino  abbia  confuso  questo  Giorgio 
coir  omonimo  seniore  detto  Cuphara,  o  checché  altro.  A  noi  però,  privi  di  altri  elementi, 
basterà  aver  constatata  la  superficialità  critica  dell'  Oudin  seguito  dallo  Sbaralea,  e  po- 
niamo in  dubbio  un  fatto  troppo  complicato  e  incorto,  ma  che  un  di  potrebbe  esser  chia- 
rito come  avvenimento  storico,  ma  su  ragioni  però  ben  più  salde  che  non  quelle  dell'  Oudin. 

C.  1237  —  Fr.  Bernardo  Bàfulo  da  Pamoa  in  Terra  Santa  1237-1285  f . 

Frate  Bernardo,  figlio  di  Egidio  Bafulo  nobile  parmigiano  che  si  distinse  nella  presa    47 
di  Costantinopoli  (13  apr.  1204),  prima  di  entraruelV  Ordine  ebbe  moglie  ed  una  figliuola 


(1)  Le  Quien  Oriens  ChrùOamu  t.  Il  p.  150. 

(2)  G£r.  Coz  Catalogi  Codd.  Bodlekmae  graecorum  I  eoi.  224. 


176  BIBLIOTECA 


47  di  nome  Bernardina,  chn  iiol  fior  degli  anni  si  consacrò  al  Signore  tra  le  Clarisse  di  Parma, 
ove  il  Salimbone  ce  la  ricorda  nel  1285  ancor  vivente  e  badessa  di  quel  monastero.  Ber- 
nardo, 0  prima  o  dopo  della  figlinola,  abbandonò  anch'  egli  il  mondo  e  vestì  l' abito  fran- 
cescano nei  primi  tempi  che  l'Ordine  di  Francesco  si  stabili  a  Parma:  cioè,  come  prova 
r  Affò  (1),  vivente  ancora  il  S.  Patriarca,  e  non  più  tardi  del  1222-23.  Lo  stesso  critico 
Affò,  basandosi  sulle  parole  del  Salimbone,  pone  verso  la  fine  del  1237  l'andata  di  frajte 
Bernardo  in  Terra  Santa,  ove  santamente  finì  i  suoi  giorni  nel  1285  più  che  ottuagenario  (2), 
—  Tanto  per  la  cronologia;  e  cediamo  la  penna  al  Salimbene  unico  cronista  che  co  no 
lasciò  memoria. 

«...  Dominus  Arpus  de  Beneceto,  germanns  frater  praedicti  domini  Jacobini,  cum 
domino  Bernardo  Bafulo  ordinem  fratrnra  Minorum  intravit,  quasi  tempore  primitivo  quo 
fratres  Minores  in  Parma  cognosci  coeperunt.  Erat  autem  dominus  Bernardus  Bafulus 
miles  ditissimus  et  famosus  et  multnm  nominatus  in  Parma,  et  erat  homo  magnifici  cordis 
et  probus,  armatus  et  doctus  ad  bellum.  Hic  in  principio  sui  ingressus  in  Ordinem,  amoro 
provocatus  divino,  mirabilem  demonstravit  fervorem,  opere  implendo  apostolicum  dictum. 
Dicitur  enim  Hebr.  XIII:  Exeamits  cum  Jesu  extra  portam  improperium  ejus  portantes. 
Nam,  ignorantibus  fratribus,  praecepit  duobus  hominibus  suis,  ut  nnns  sederet  in  equo,  et 
alius  ligaret  eum  ad  caudam  ejusdem  equi,  et,  verberando,  per  civitatem  incederent,  et  via 
publica  graderentur,  clamando  valenter:  «da/c  latroni,  date  latroni!»  Cumque  pervenis- 
sent  ad  porticum  Sancti  Petri,  in  qua  milites  ex  more,  causa  deductionis,  tempore  otii  se- 
derò soliti  sunt,  credentes  eum  vere  esse  latronem,  qui  prò  maleficiis  talibus  vapularet, 
coeperunt  et  ipsi  clamare:  *  date  latroni,  date  latroni  f*  Tunc  dominus  Bernardus,  ele- 
vata facie,  dixit  ad  eos  :  e  in  veritate  bene  dixistis  date  latroni,  quia  huc  usque  cantra 
Dcum  altissimum  et  contram  animam  mcam  ut  latro  vixi;  et  ideo  dignus  sum  talibus 
vcrberibus  piedi  » .  Et,  bis  dictis,  praecepit  hominibus  suis,  ut  usque  extra  portam  talia 
operando  perficerent  iter  suum.  Cum  antem  cognovissent  qui  sedebant  sub  porticu  quod 
dominus  Bernardus  Bafulus  esset,  ingemuerunt,  et,  compuncti  corde,  dixerunt:  vere  vi- 
dimus  mirabilia  hodie  ;  benedictus  Deus  qui  hnmiliat  et  exaltat,  et  cui  vult,  miseretur,  et 
qucm  vult,  indurat  ... 

«...  (Igitur  de  Domino  Bernardo  Bafulo  sciendum  est  quod  habuit  unam  filiam, 
quae  dieta  est  domina  Bernardina,  sapiens  et  discreta,  sancta  et  Deo  devotii,  quao  in  par- 
mensi monasterio  est  abbatissa  ordinis  sanctae  Clarae.  Item  sciendum  est  quod  dominus 
Aegidius  Bafulus,  qui  pater  supradicti  domini  Bernardi  fuit,  quando  Constantinopolitana 
civitas  capta  est  a  latinis,  [13  apr.  1204]  cum  jEfladio  percussorio  fortiter  percussit  in 
portam,  ut  a  fratre  Gherardo  Bangone  (3)  audivi,  qui  praesens  erat  et  vidit.  Et  tunc 
cognoverunt  graeci  quod  completa  erat  illa  prophetia,  quae  sculpta  erat  in  porta;  siquidem 
Hìultao  prophetiae  ibidem  sculptae  sunt,  sive  in  porta,  sive  in  portae  columna,  quae  non 
cognoscuntur  nisi  cum  fuerint  jam  completae).  Dominus  etiam  Bernardus  Bafulus,  cum 
esset  frater  Minor,  et  cum  Imperatore  parmenses  in  exercitu  essent  contra  Mediolanum  (4), 
cucurrit  ad  ignem,  qui  accensus  erat  in  burgo  sanctae  Christinae,  et  stans  cum  socuri  in 
cacumine  unius  domus  ardentis,  projiciebat  et  dejiciebat  hinc  inde  lignamina,  no  aliae 
domus  comburerentur  ab  igne.  Et  videbatcr  ab  omnibus,  et  commendabatur  ab  eis,  co 
quod  prndenter  et  valenter  fecisset  ;  et  reputatum  est  ei  ad  justitiam  a  generatione  in  ge- 
uerationem  usque  in  sempiternum,  quia  usque  ad  multos  annos  ista  sua  probitas  ad  me- 


(1)  /Storia  della  città  di  Parma  (Parma  1793)  t.  Ili  p.  106. 

(2)  Cfr.  Storia  cit.  t.  Ili  p.  51,  157,  173-75.  —  P.  Giacinto  da  Cantalupo  Cenni  Bio- 
grafici t.  I  p.  276-79. 

(3)  Questo  fr.  Gerardo  Rangone  da  Modena  non  é  da  confondersi  con  l' altro  fr.  Gerardo 
da  Modena  de' Boccabadati  sopranominato  Moietta,  di  cui  parleremo  altrove,  ambo  lodati 
dal  Salimbene. 

(4)  Federico  lungamente  assediò  Milano  negli  anni  1236-38.  —  Matteo  Paris  in  Monum. 
Germ.  hiat.  t  XXVIII  p.  135,  145. 


SECOLO  xm.  177 


moriam  est  reducta.  Post  haec  iyit  ultra  mare  ad  Terram  Sanctam,  et  ibi  laudabiliter  ter-  47 
minavit  vitam  suam  in  Ordine  beati  Francisci,  qui  est  Ordo  fratrum  Minorum;  cujus  anima 
per  misericordiam  Dei  requiescat  in  pace,  quia  bene  inchoavit,  et  bene  finivit.  Haec  su- 
pradicta  ideo  posui,  quia  prò  majori  parte  omnos,  de  quibus  locutus  sum,  vidi  et  cognovi, 
et  cito  et  in  brevi  de  hac  vita  ad  aliam  pervenerunt  . . .  Igitur  si  plura  facta  sunt  in 
millesimo  supraposito  scilicet  MCCLXXXV,  digna  relatu,  memoriae  non  occurrunt.  Haec 
supraposita  bona  fide  descripsi,  praevia  ventate,  prout  oculis  meis  vidi.  Explicit  de  isto 
millesimo,  sequitur  de  venturo  »  (Salimbene  Chron.  p.  364-66). 

1237  ?  —  B.  fr.  Vito  da  Cortona  discepolo  di  S.  Francesco,  Ministro  pro- 
vinciale di  Romania  e  di  Terra  Santa,  nel  1237? 

Quando,  nel  1211,  il  S.  Patriarca  Francesco  in  Cortona  riceveva  all'  Ordine  il  celebre    48 
frate  Elia,  a  lui  si  univa  un  cortonese  di  nome  Vito,  lodato  per  virtù,  ma  del  quale  nul- 
r  altro  sappiamo  se  non  che  fu  provinciale  dell'  Oriente  dopo  il  b.  Benedetto  di  Arezzo,  e 
che  nel  1246,  già  ritornato  in  Italia,  scrisse  la  vita  della  beata  Emiliana,  edita  dai  Bollan- 
disti  sotto  il  19  maggio. 

Di  lui  il  Waddingo  ci  dà  queste  brevi  notizie  :  «  Alium  etiam  S.  Pater  [Franciscus] 
sub  humili  ilio  domicilio  [Celle  dicto]  collegit  civitatis  Cortonensis  virum,  cui  vera  reli- 
gionis  species,  et  summus  honoris  divini  et  salvandarum  animarum  zelus  magnam  aptid 
sanctum  Magistrum  peperere  opinionem.  Post  Benedictnm  de  Aretio  missus  est  Minister 
ad  Provinciam  Romaniae  in  partibus  Graecorum.  Eediit  postmodum  in  Italiam,  et  meritis 
multorum  propagatae  fidei  laborum  clarus  migravit  ad  Dominum  (1)».  —  Lo  stesso  An- 
nalista scrive  di  Ipi  altrove  :  «  Vitus  Cortonensis,  etruscus,  a  S.  Francisco  in  coenobiolo 
extra  Cortonam  initiatus,  Minister  Provinciae  Bomanae  [corrige:  Komauiae],  post  propa- 
gatam  fidem  in  partibus  Orientalibus,  domum  regressus,  scripsit  vitam  B.  Humilianae 
tertii  Ord.  8.  Francisci,  quam  in  compendium  politiori  stylo  redegit  Raphael  Volater- 
ranus.  Vixit  anno  1250(2)».  Lo  stesso  ha  il  Terrinca,  il  quale  però  erra  dicendolo 
che  *  florébat  in  Oriente  an.  1250  (S)*,  quando  fr.  Vito  già  prima  del  1246  era  in 
Italia. 

Il  Papini,  non  sappiamo  su  chjs  fondato,  gli  assegna  il  provincialato  d'Oriente  nel 
1237  :  «  Anno  1237  Minister  Provinciae  Eomaniae  successor  B.  Benedicti  de  Aretio,  ast 
non  ad  multos  annos.  In  Etruriam  reversus  egit  historicum  Florentiae  anno  1248  [porr. 
1246]  Scriptorem  Legendae  B.  Guidi  a  Cortona  ne  crede,  Lector;  ista  foetus  est  decimi 
sexti  saeculi,  ideoque  scatet  falsi3(4)». 

Ritornato  che  fu  Vito  dall'Oriente  (non  sappiamo  in  che  anno),  ^li  subito  dopo  la 
morte  della  b.  Umiliana  (19  maii  1246),  ne  scrisse  la  vita  che  si  ha  pubblicata  dai  Bollan- 
disti  (5).  In  essa  vita  egli  cosi  termina  il  suo  racconto  :  «  Anno  Dni.  1246  ista  de  vita 
et  morte  b.  Humilianae,  sicut  oculis  nostris  vidimus  et  auribus  nostris  audivimus..^ 
fideliter  tamen  et  veraciter  scripsimus  (6)».  Vito  dunque  scrisse  nel  1246  e  non  nel  1248 


(1)  Wadd.  Annal.  tip.  109,  ad  an.  1211  n.  10. 

(2)  Syllab.  Script.  Ord.  Min.  (ed.  1660)  p.  331. 

(3)  Theatrum  Etrusco-Minor.  (1682)  p.  213  n.  149;  cfir.  ìbid.  p.  167  n.  17. 

(4)  Cosi  il  Papini  al  num.  3955  della  sua  opera  inedita  Index  ononuuticua  Scriptorum 
iuque  ad  annum  1650,  congestus  an.  1828,  che  vedemmo  nella  Nazionale  di  Firenze  (II.  II.  181). 
—  Cfr.  pili  sopra  a  p.  139,  e  le  note  1  e  5. 

(5)  Ada  SS.  19  mai.  t.  IV  p.  385-418,  ed.  1. 

(6)  Acta  SS.  cit  p.  401  n.  62. 

BibUot.  —  Tom.  I.  18 


178  BIBLIOTECA 


48  come  hanno  lo  Sbaralea  (1)  o  il  Papini  (2).  —  La  Nazionale  di  Firenze  (Mugliab.  CI.  38 
cod.  21)  possiede  copia  nis.  della  vita  della  b.  Umiliana;  parimenti  la  Laurenziana  della 
stessa  citt;\  (Pluf.  27  dexir.,  cod.  11)  nn' altro  ms.  del  sec.  XIV,  con  questo  inizio:  «In- 
cipit legenda  hcatae  Humilianac  de  domo  circulorum,  quam  legendaui  fr.  Vitus  de  Cor- 
ionio  dictavit,  qui  fuit  reccptus  a  h.  Francisco  et  fuit  Minister  in  provincia  Romanie  » . 

1237  \  —  Giovanni  di  Brienne,  re  di  Gerusalemme,  imperatore  di  Costan- 
tinopoli, e  in  ultimo  frate  Minore,  morto  a  C.poli  eco. 

49  Neil'  articolo  consecrato  alla  vita  del  B.  Benedetto  di  Arezzo  (Vedi.  an.  1221  n.  36) 
abbiamo  dovuto  parlare  per  incidenza  di  questo  grande  eroe  delle  Crociate,  che  verso  la 
fine  della  sua  vita  indossò  il  sacco  francescano  professandone  la  regola  nelle  mani  del 
b.  Benedetto  provinciale  allora  di  T.  S.  e  dell'Oriente.  Qui,  anno  della  sua  morte,  ag- 
giungiamo alcune  memorie  che  lo  riguardano,  togliendole  da  contemporanei  e  da  accre- 
ditati autori. 

La  figura  di  questo  personaggio  (dice  il  Dodu  che  compendiamo)  è  una  dello  più  sim- 
patiche tra  i  monarchi  di  Gerusalemme.  La  durezza  del  suo  destino,  attirando  lo  sguardo 
dello  storico,  ridesta  simpatia.  Non  è  possibile  resistere  al  sentimento  di  rammarico  o  di 
ammirazione  che  in  tutti  ridesta  questo  ardente  apostolo  del  Ut  guerra  santa,  cui  la  for- 
tuna avversa  soggettò  alle  più  dure  prove,  senza  però  menomare  in  lui  quella  dignità  per- 
fetta e  quella  incontestabile  grandezza  che  lo  distinse. 

Tipo  di  perfetto  cavaliere,  il  Brienne  possedeva  le  vere  qualità  che  esigevano  le  tristi 
circostanze  e  gì'  interessi  del  regno  latino.  Al  valor  militare,  ereditario  nella  sua  famiglia, 
vi  accopiava  la  prudenza  e  l' esperienza  dell'  età  matura.  L' aspetto  marziale,  la  gagliarda 
sua  forza,  o  l'alta  statura  eran  cosa  sorprendente  pei  cronisti  di  quel  tempo.  Giovane  an- 
cora, era  il  terrore  de' Saraceni  che  incessantemente  infestava;  guidò  cento  mila  soldati 
alla  conquista  dell'Egitto;  e  con  prodigi  di  valore,  più  tardi,  salva  Costantinopoli  dal- 
l' invasione  de'  barbari. 

Brienne  ebbe  per  prima  moglie  Maria  di  Montferrat,  che  dopo  due  anni  appena  di 
matrimonio  gli  morì  nel  fiore  dell'  età.  La  seconda,  Stefania  figlia  di  Livone  re  d' Armenia, 
sposata  nel  1215,  gli  mori  durante  l'occupazione  di  Damiata  (1220),  affetta  da  crudele 
malattia.  La  terza  volta  sposò  (1223)  Berengaria  di  Castiglia  figliuola  di  Alfonso  IX  re 
di  Leone. 

Dando  la  propria  figlia  Isabella  (da  altri  detta  Iolanda)  per  isposa  all'imperatore 
Federico  II,  egli  si  credette  trovare  in  lui  un  protettore  ed' un  alleato.  Ma  Federico  mal- 
viiggio  all'  eccesso,  il  giorno  dopo  le  nozze  abbandona  ed  oltraggia  la  moglie,  e  spoglia  del 
regno  il  padre  di  lei  !  Il  Brienne,  punto  nel  più  vivo  onoro  di  padre  e  di  monarca,  poteva 
forse  vendicare  tanto  oltraggio  ;  ma  da  9aggio,  e  uomo  pratico  qual  era,  abbandona  il  regno 
a  Federico,  nella  certezza  che  una  guerra  civile  avrebbe  peggiorata  la  triste  condizione  delle 
cose  e  quella  della  sua  figliuola.  Si  fu  allora  che  i  baroni  latini  di  Costantinopoli,  conoscendone 
il  merito  e  la  bravura,  offrirono  al  Brienne  il  trono  del  crollante  impero  di  Bizanzio.  Il  vec- 
chio monarca  nell' accettare  il  poso  d'un  impero  che  doveva  dispniire  ai  Greci  e  Bulgari, 
si  addossava  una  responsabilità  capace  a  far  titubare  i  più  risoluti.  Ma  il  Brienne  igno- 
rava i  calcoli  delle  animo  interessato  ed  egoiste.  Vestita  appena  la  porpora  imperiale,  as- 


(1)  Snpplem.  ad  Seriptores  p.  G90. 

(2)  Stm-in  di  S.  Frane,  t.  Il  p,  236  n    9. 


SECOLO  xm.  179 


sali  e  disperse  le  armato  de' barbari,  coronando  da  eroe  una  vita  tutta  probità,  disinteresse,    40 
e  onore  (1). 

Il  Cronista  Tolosano  Paventino  (f  1226)  narrando  la  disastrosa  battaglia  sotto  Da- 
miata  (29  agosto  1219),  alla  quale  fu  presente  S.  Francesco,  narra  come  re  Giovanni 
d'un  colpo  di  daga  tagliò  in  duo  un  enorme  gigante  saraceno  munito  di  triplice  corazza 
«  paganus  de  stirpe  gigantea...  cum  expugnaret  nostros,  non  utebatur  clypeo  aut  lancea, 
sed  triplici  thorace  indutus,  utraque  manu  clava  ferrea  et  terribili  sibi  resistentes  percu- 
tiebat.  Cui  rex  Johannes,  divina  adiutus  gratia,  exiens  obviam,  ipsum  a  frónte  usque  ad 
umbilicum  omnibus  incidit  videntibus  (2)  » . 

L'autore  contemporaneo  che  scrisse  la  Vita  S.  Engelberti  circa  il  1230,  edita  dal 
Bóhmer  (nei  Fontes  Ber.  Germanicarum  t.  II.  p.  301),  cosi  narra  l' ingresso  di  Ee  Gio- 
vanni a  Colonia  nel  1224: 

«  ì^ohannes  rex  Hierosolymitanus"  . . .  Coloniam  divertit.  Ubi  tam  magnifice  susceptus 
est  ut  tam  eius  quam  civitatis  gloriam  admirari  non  sufficeret.  Quod  dictum  est  de  Salo- 
mone, qui  regnavit  in  Hierusalem,  quod  reges  terre  desideraverunt  videre  faciem  eius  et 
audire  sapientiam  eius  et  obtulerunt  ei  munera  :  etiam  de  ipso  exponi  potest.  Cognita  eius 
sapientia  atque  potentia,  et  quod  potentior  esset  imperio,  reges  terre,  Francie  scilicet  et 
Anglie,  Dacie,  Bohemie,  et  Hungarie,  miserunt  ei  munera  in  auro  et  argento  geramisque 
preciosis,  eius  adspectu  et  colloquio,  vel  prò  amicitia  comparanda,  voi  prò  diversis  causis 
et  necessitatibus,  uti  desiderantes.  Hec  que  a  me  in  eius  laude  scripta  sunt,  qui  legerit 
et  illius  gesta  viderit,  elicere  poterit  quod  regina  Saba  Salomon!  dixit:  Prohavi,  inquit, 
quod  media  pars  mihi  nunciata  non  fuerit.  Maior  est  sapientia  tua  et  opera,  quam 
rumor  quem  audivi  (3.  Reg.  X.  7.);  fama  uominis  eius  et  operum  iam  usque  ad  exteras 
nationes  pervenerat,  et  timebant  eum  Sarraceni  ». 

Altre  simili  testimonianze  storiche  sulla  bravura  e  bontà  di  re  Giovanni  possono  ve- 
dersi raccolte  dal  Ròhricht  nei  Testimonia  minora  de  quinto  bello  sacro. 

Altro  contemporaneo  è  il  Salimbene  che  consacrò  al  Brienne  una  bella  pagina  del  suo 
Chronicon  : 

«...  Est  autem  Hesium  civitas,  in  qua  Fridericus  Imperator  natus  fuit.  Et  divul- 
gatum  fuit  de  eo,  quod  esset  filius  cuiusdam  beccarli  de  civitate  (Hesina)  ;  propterea  quod 
domina  Constantia  Imperatrix  multorum  erat  dierum  et  multum  annosa,  quando  deapon- 
savit  eam  Imperator  Henricus:  nec  filium,  nec  filiam,  praeter  istum,  unquam  dlcitur  ha- 
buisse.  Quapropter  dictum  fuit,  quod  accepit  istum  a  patre,  cum  prius  se  gravidam  simu- 
lasset,  et  supposuit  sibi,  ut  ex  se  genitus  crederetnr.  Ad  quod  credendum  inducunt  nos 
tria.  Primum,  quia  bene  consueverunt  talia  facere  mulieres,  ut  pluries  reperisse  me  recolo. 
Secundum,  quia  Merlinus  ita  scripsit  de  eo:  Secundus  Fridericus  insperati  et  mirahilis 
ortus.  Tertium,  quia  Eex  Johannes,  qui  fuit  Eex  Hierosolymitanus  et  socer  Imperatoris, 
quadam  die  irato  animo  et  fronte  rugosa,  in  gallico  suo  appellavit  Imperatorem  beccarli 
filium,  prò  eo  quod  Guauterottum  consanguineum  suum  volebat  occidere  (3)  ;  et  quia  cum 
veneno  non  poterat,  cum  gladio  debebat  facere,  quando  cum  Imperatore  ad  ludum  schac- 
corum  sederct;  timebat  enim  Imperator,  ne  quando  aliquo  casu,  regnum  hierosolymitanum 
devolveretur  ad  istum.  Quod  Eegem  lohannem  non  latuit.  Qui  ivit  et  acc«pit  nepotem  per 


(1)  Gaston  Dodu  Histoire  des  mstitut.  monarchiques  de  Jéruaalem  Paris  1894,  pag.  150-53. 

(2)  Docum,  di  storia  patria  t.  VI  p.  704  (Firenze  1876).  —  Cfr,  Rdhrieht  TetUm.  minora 
Praef.  p.  37  n.  4,  p.  61  n.  1,  e  il  testo  del  Tolosano  a  p.  241. 

(3)  Gautier  o  Gualtero  (terzo  di  tal  nome  o  quarto)  detto  il  grande,  conte  di  Brienne 
e  di  Giaffa,  e  nipote  di  re  Giovanni  dì  Brienne.  Vedi  Du  Cange-Rey  Familles  d'outre-mer 
pp.  347,  500.  —  V  era  anche  un  altro  motivo  della  discordia  tra  re  Giovanni  e  Federico  II. 
Questi  aveva  violata  la  nipote  di  re  Giovanni,  damigella  della  imperatrice  Isabella  sua  figlia. 
Vedi  Chron.  Fr.  Pipini  Muratori  t.  IX  col.  647-48. 


180  BIBLIOTECA 


49  brachiam,  qni  cnm  Imperatore  ladcbat,  et  aniovit  enm  a  lodo;  et  acritcr  Impcratorein 
redarguit,  dicendo  in  gallico  suo:  Fi  de  becer  diabclc!  Et  timuit  Ini  pera  tor,  nec  ausns 
fait  dicere  quicquam.  Erat  enim  Eex  lohannes  magnus  et  grossus  et  loiigns  statara,  ro- 
bustos  et  fortis  et  doctns  ad  praelium;  ita  at  alter  Karolus  Pipini  filius  crederetnr.  Et 
quando  in  bello  cum  clava  ferrea  pércutiebat  bine  inde,  ita  fagiebant  saraceni  a  facie  eius, 
sicut  si  vidissent  diabolum,  vel  leonem  paratura  ad  devorandos  eos.  Eevera  non  fuit  tem- 
pore suo,  uti  dicebatur,  milos  in  mundo  melior  eo.  linde  et  de  eo  et  de  magistro  Alexan- 
dro,  qui  erat  melior  clericus  de  mando  et  erat  de  Ordine  fratrum  Minorum,  et  legebat 
Parisius,  facta  fait  ad  laudem  eorum  quaedam  cantio  partim  in  gallico,  partim  in  latino, 
quam  maltotiens  cantavi.  Qaae  sic  inchoat;  Avent  tutt  mantenent  «...  piz.  Iste  Eex 
lohannes,  quando  armabatur  a  suis  iturus  ad  bellnm,  tremebat  sicut  juncus  in  aqua. 
Cumque  interrogaretur  aliquando  qua  de  causa  sic  tremeret,  cum  in  bello  centra  hostes 
robustus  et  validus  esset  pugnator,  respondebat,  quod  de  corpore  sibi  curae  non  erat,  sed 
timebat  ne  anima  sua  bene  ordinata  esset  cnm  Deo.  Hoc  est  quod  dicit  Sapiens  in  Prov. 
28  :  Beatus  homo,  qui  semper  est  pavidus  :  qui  vero  mentis  est  durae,  corruet  in  malum... 
Talis  fuit  Rex  lohannes  Ideo  evenit  ei,  quod  dixit  Eccl.  33:  Timenti  Deum  non  occur- 
rent  mala;  sed  ir.  tentatione  Deus  illum  conservabit  a  malis.  Eevera  sic  fuit.  Factus  est 
enim  frater  Minor;  et  toto  tempore  vitae  suae  perseverasset  in  ordine,  si  Deus  prolon- 
gasset  ei  vitam.  Eecepit  enim  eum,  et  induit  minister  Graeciae,  scilicet  frater  Benedictus 
de  Aretio,  qui  fait  sanctus  homo.  Iste  Eex  lohannes  fuit  avus  maternus  Eegis  Conradi 
filii  Imperatoris  Friderici.  Alteram  vero  filiam  Eegis  lohannis  habuit  uxorem  Balduinus 
Imperator  constantinopolitanus,  quo  mortuo,  Eex  lohannes  bajulus  illius  remansit  Imperli 
prò  parvulo  suo  nepote  (1).  Hic  Eex  lohannes  quando  ingrediebatur  bellum  et  calefiebat 
pugnando,  nuUus  audebat  ante  faciem  suam  stare,  sed  divertebant  ab  eo  videntes  quod 
validus  et  fortis  esset  pugnator.  Cai  congruit  quod  de  Inda  Machabaeo  legimus  scriptum, 
I.  Mach.  Ili:  Similis  factus  est  leoni  in  operibus  suis;  et  sicut  catulus  leonis  rugiens 
in  venatione  sua  (2)*. 

Sulla  vestizione  del  Brienne  e  sua  morte  ecc.  vedi  più  sopra  i  cenni  biografici  su  fr. 
Benedetto  di  Arezzo  (an.  1221  p.  131  n.  1,  p.  137  s.),  e  i  nostri  cronisti  Bernardo  da 
BjBssa  p.  680-81  e  Y  autore  del  Chron.  24  Gen.  p.  4-5,  ambo  nel  t.  lU  degli  Anal. 
Franciscana. 

1238  —  Minori  in  Terra  Santa  —  «  Gregorius  PP.  IX  :  Dilectis  filiis  nni- 
yersis  Fratribns  Minoribus  et  Praedicatoribus,  salutem  et  apostolicam  benedictionem. 
—  Credentes,  quod  non  minus  in  oculis  Eedemptoris  habeatur  acceptum,  infideles  ad 
fidem  Divini  verbi  propositione  convertere,  quam  armis  Saracenorum  perfidiam  expu- 
gnare:  vobis,  qui  in  terra  ultramarina  (3),  ad  conversionem  paganorum  vel  aliorum, 
verbo,  sea  sanctae  laboratis  conversatìonis  exemplo,  illam  concedimus  veniam  peccatorum, 
quae  in  eiusdera  Terrae  succursum  venientibus  in  generali  concilio  (4)  est  concessa.  — 
Datum  Laterani  IV  Nonas  Martii  Pontificatus  nostri  anno  undecimo  »  [4  mar.  1238]  (5). 

1238  —  Minori  in  Aleppo  —  «  Gregorius  PP.  IX  :  Dilectis  filiis  Fratribus 
Militiae  Templi  apud  Halap,  et  aliis  Christianis  in  Saracenorum  captivitate  deten- 


(1)  La  figlia  del  Brienne  data  in  ìsposa  a  Balduino  II  si  chiamava  Maria  (Mas  Latrie 
Chron.  d'Émoul  e.  41;  è  la  cronaca  che  forse  più  d'ogni  altra  contemporanea  ha  copiose 
notizie  sul  Brienne).  Osserviamo  che  qui  il  Salimbene  sbaglia  e  confonde  i  fatti,  facendo  il 
Brienne  tutore  del  figlio  di  Balduino  II.  Il  Brienne  invece  fa  tutore  dello  stesso  Balduino  II 
cui  diede  poi  Maria  sua  figlia  in  isposa.  Il  Brienne  morì  nel  1237,  e  Balduino  II  molti  anni 
dopo,  verso  la  fine  del  1273. 

(2)  Salimbene  Chron.  p.  15-17. 

(3)  Cioè  in  Terra  Santa,  cosi  detta  per  antonomasia,  e  come  risulta  dal  tenore  della 
stessa  lettera. 

(4)  Concilio  Lateranese  IV  an.  1215  sotto  Inn.  III. 

(5)  Sbaralea  Buttar,  francùc.  t.  I  p.  233  n.  249, 


SECOLO  XIII.  181 


tis  (1)  :  Salutem  et  Apostolicam  benedictionem.  —  Auctoritate  vobis  praesentium  in-    49 
dolgemus,  nt  a  fratte  Manasserio  (2)  seu  quolibet  alio  Ordinis  fratrum  Minorum  :  vel 
eorum  non  habita  copia,  de  commissis  a  sacerdotibns  Jacobitis  absolvi,  et  ab  eia  super 
his  poenitentiam  salutarem,  ac  Sacraraentum  Eucharistiae  recipere  valeatis.  —  Datum 
Laterani  VII  Idus  Innii,  pontificatus  nostri  anno  duodecimo  »  [7  giugno  1238]  (3). 

1238  —  Pr.  Pietro  de  Philistim  era  incaricato  dal  Pontefice  pei  negozii  della 
Terra  Santa  in  Francia,  con  facoltà  di  raccogliere  i  sussidii,  crocesignare  militi,  e 
commutare  i  voti  (4), 

1239  —  Pr.  Riooardo  da  Intwort,  celebre  predicatore,  lo  troviamo  in  que- 
st'anno  partito  per  la  Terra  Santa.  L'Eccleston  di  lui  narra:  «  Anno  Domini  1224, 
. . .  applicuerunt  primo  fratres  Minores  in  Angliam  apud  Dovoriam,  4  scilicet  clerici 
et  5  laici.  Clerici  foernnt  isti  :  primus  fr.  Agnellus  Pisanus  . . .  aetato  circiter  trece- 
narius  . . .  provincialis  Minister  . . .  Secandus  fnit  frater  Bichardus  de  Indetvurde 
(=  Intworth),  natione  anglicus,  sacerdos  et  praedicator  et  aetate  provectior,  qui  pri- 
mus extitit,  qui  citra  montes  populo  praedicavit,  et  ordine  et  processu  temporis,  sub 
bonae  memoriae  fratre  Ioanne  Parente  [Min.  Gen.  1227-1232]  missus  est  Minister 
provincialis  in  Hiberniam:  fuerat  enim  vicarius  fratris  Agnelli  in  Anglia,  dum  ilio 
ad  capitulum  generale  proficisceretur,  in  quo  facta  est  translatio  reliquiarum  S.  Fran- 
cisci  \an.  1230],  et  eximiae  sanctitatis  exempla  praeclara  praebuerat.  Completo  igitur 
fideli  et  Deo  accepto  ministerio,  absolutus  in  capitulo  generali  [15  maii  1239]  a 
bonae  memoriae  fratre  Alberto  ab  omni  fratrum  officio,  zelo  fidei  succensus,  profectus 
est  in  Syriam,  et  ibidem  felici  fine  requievit  (5)  » . 

1240  —  Intanto  la  famosa  tregua  conchiusa  tra  Federico  II  (18  feb.  1229) 
e  il  soldano  Kamel  era  scaduta  ;  e  i  Saraceni  condotti  dal  soldano  di  Damasco  Melek 
Ennaser  Daud  (nipote  di  Kamel  cui  predicò  S.  Francesco)  riprendono  la  S.  Città  invano 
difesa  dai  pochi  crociati  che  vi  restavano  di  guardia  (6),  Il  clero  latino  ripara  in  Acri. 

1240  —  Pr.  Albertus  Stadensis:  —  l.  iter  trans  mare  versila  Ihenisalem 
—  2.  Itinerarium.  Terrae  Sanctae. 

Sono  due  itinerarii  conservatici  dal  Minorità  Fr.  Alberto  Stadense  nei  suoi  Annales    qq 
a  condito  orbe  usque  ad  an.  1256,  editi  dal  Lappenberg  nei  Momimenta   Gcrmaniae 
historica:  Scriptores  tom«  XVI  (Hannoverae  1859,  in  fol.)  pp.  271-379. 

L'Iter  trans  mare  ossia  V Iter  maritimum  versus  lerusalem  non  è  altro  che  mezza 
pagina  di  brevi  indicazioni  estratte  probabilmente  dallo  Scolion  96  dell'  Historia  ecclesia- 
stica di  Adamo  Bremense  (f  1076)  edita  nei  citati  Mon.  Gérm.  histor.  tom.  VII.  pag, 
280-389  e  dal  Migne  Patrol.  lai.  tom.  CXLVI  pag.  451-620.  Detto  Iter  non  ha  che 
questa  sola  indicazione  per  1'  Oriente  :  «  De  Messin  (Sicilia)  ad  Akkaron  14  diebus  et  to- 
tidem  noctìbas  inter  Orientem  et  Austrum,  magis  tamen  ad  Orientem  » . 


(1)  Nel  1237  cento  dieci  Templari  furono  fatti  prigionieri  dai  Saraceni  presso  Aleppo 
della  Siria,  come  si  ha  dal  Chron.  di  Alberico  riportato  dal  Raynaldo  an.  1237  n.  83,  e  da 
Matt.  Paris  Chron.  an.  1237  p.  374  ed.  Lond.  1684. 

(2)  Fr.  Manasserio  non  è  punto  conosciuto  dall'  Annalista  Waddingo,  e  dal  nome  conget- 
tura lo  Sbaralea  esser  egli  qualche  Minorità  francese. 

(3)  Sbaralea  BuUar.  t.  I  p.  245  n.  266. 

(4)  Wadding  an.  1238  n.  16;  Sbaralea  Bullar.  t.  I  p.  256. 

(5)  Eccleston  De  adventu  Min.  in  Anglia  (Anal.  frane,  t.  I.  p.  218).  —  P.  Ang.  a  S.  Fran- 
cisco {Certamen  Seraphicum  Prov.  Angliae  ed.  2  p.  233)  lo  annovera  fra  gli  scrittori  dell'Or- 
dine chiamandolo  Fr.  Richardum  Kingsdorp  seu  Kinstrop  e  il  Lelando  Regiosylvanum. 

(6)  H.  Sauvaire  Chronique  de  Moudjir-ed-Dyn  p.  89. 


182  BIBLIOTECA 


60  Segue  quindi  l' Itinerarium  Terrae  Sanctae  (p.  341-44)  in  forma  di  dialogo  tra  dna 

personaggi  fittizii:  Firri  interrogatore,  e  Tirri  peregrino  e  narratore  del  suo  itinerario. 
Questo  itinerario,  quasi  identico,  è  stato  inserito  dal  Bellovacense  nel  suo  Speculum  histo- 
riale  libr.  XXXI  cap.  59-65,  ambo  riproducendolo  da  una  fonte  però  a  noi  ignota.  L'editore 
Lappenberg  (p.  340  n.  23)  giustamente  osserva  che  «  Albertus  non  cavit  ab  erroribus, 
quorum  potiores  correximus  ex  libris  Eobinsonii  (Palacstina,  Neuere  bibl.  Forschungen 
in  Palaest.),  ex  quibus  optima  ad  explicandum  eum  materia  petenda  est.  Albertum  ipsum 
negandum  est  Terram  Sanctaui  vidisse;  id  quod  vel  maxime  comprobatur  summa  eius  in 
distantiis  locorum  adnotandis  inconstantia  et  negligentia.  Ita  fit,  ut  ne  de  miliaribus  quidem 
ab  ilio  adhibitis  constet  nobis:  aliquoties  ad  miliare  Francogallis  vocatum  petite  lieue, 
11,  436  pedum  distantias  vidotur  esse  mensus...  Distantias  eorundem  locorum  in  Brocardi 
descriptione  Terrae  Sanctae  (Canisii  lect.  antiq.  IV.  17)  si  contuleris  cnm  bisce,  fere  duo 
Alberti  unum  Brocardi  miliare  aequare  animadvertas  ». 

Fr.  Alberto  da  monaco  benedettino  e  abbate  Stadenso,  nel  1240  si  rese  Minorità  come 
egli  stesso  ci  narra  nella  sua  cronaca  sotto  il  detto  anno,  nel  quale  anno  pure  principiò 
a  scrivere  la  cronaca.  Visse  probabilmenle  sino  al  1264. 

Alberto  scrivendo  la  sua  cronaca  nel  1240,  precedette  di  alcu?i!  anni  il  Domenicano 
Bellovacense  che  compilava  negli  anni  1244-50  il  libro  XXXI  dello  suo  Speculum  histo- 
riale,  ove  inserì  egli  pure  un  quasi  simile  itinerario  a  questo  conservatoci  da  Alberto. 

A  commodità  degli  studiosi  abbiamo  creduto  utile  ripubblicarlo  in  questa  nostra  rac- 
colta, non  essendo  possibile  a  molti  avere  tra  le  mani  la  colossale  raccolta  de'  Monumenta 
Germaniae  historica. 

Itinerarium  Terrae  Sanctae. 

De  Akkaron  tres  dìaotas  habes  usque  Iherusalem,  quae  distat  a  Sychen  24  miliaribus, 
16  a  Diospoli,  16  ab  Ebron,  14  ab  Iberico,  4  a  Bethlebem,  16  a  Bersabee,  24  ab  Asca- 
lone,  totidem  a  loppe,  16  a  Eamatba.  —  In  Betblebem  iuxta  locum  nativitatis  invenies  prae- 
sepe  Domini,  et  12  miliario  a  Bethlobera  refulsit  stella  pastoribus.  Non  longe  a  praesepio 
invenies  tumulum  boati  Iheroriimi.  Miliario  a  Bethlehem,  versus  Iherusalem,  locus  est 
Reblata,  ubi  Rachel  occubnit.  —  Vade  igitur  et  adora  in  monte  Calvariae,  ubi  crncifixus  est 
Dei  filius  ;  vade  et  adora  ad  Sepulchrum  Domini  ;  curro  et  adora  in  monte  Syon,  quia  per 
hunc  tramitem  ascendit  lesus  Iherosolimam  die  palmarnm.  In  monte  ilio  lavit  pedes  disci- 
pulorum;  ibi  coenam  fecit,  ibi  lohannes  supra  pectus  eius  recubuit.  —  Curre  ad  sinistram 
mentis  Syon  super  agrum  Achalderaach,  secus  viam,  quae  ducit  Effrata,  et  vide  montem 
Geon,  ubi  Salomon  diadema  recepit.  Curre  in  accubitura  mentis  Olyveti,  in  quo  est  Be- 
thania,  et  vade  contra  orientom  trans  Cedron  iactu  lapidis  a  Getsemani,  quia  ibi  Salvator 
noster  orando  suda  vi  t.  Vade  etiam  in  vallcm  losaphat,  iuxta  Iherusalem.  Ibi  currunt  aquae 
Syloe  cnm  silentio  quasi  cursu  subterraneo.  Videro  poteris  ibi  monumentum  Absalonis, 
ymmo  tumulum  perpetuae  Virginis,  quae  in  monte  Syon  e  mando  migravit.  Scio,  quod  omit- 
tere  non  vis,  quin  etiam  vadas  Emaus,  quae  dicitur  Nicopolis,  quae  distat  ab  Iherusalem 
stadiis  15  (!),  quia  ibi  discipuli  in  fractione  panis  Dominum  cognoverunt. 

Vade  ante  portam  Iherusalem,  quae  rospicit  ad  occasum,  prò  reverentia  beati  Ste- 
phani,  qui  ibi  lapidatus  est  et  in  Syon  sepultus  inter  Nichodemum,  Gamalielem  et  Abibon. 
Deinde  Constantinopolini  translatus,  ad  ultiumm  Romae  iuxta  beatuni  Laurentium  tumu- 
latus.  —  Curre,  si  vis,  ad  montem  Modin:  6  miliario  ab  Iherusalem  contra  meridiem;  8  mi- 
liario a  Modin  in  via,  quae  dncit  loppen,  sepulcrum  beati  Georgii  in  Lidda,  quae  et  Dios- 
polis.  Miliario  a  Ramatha,  tribus  a  Bethlehem  oppidnm  Tecua,  unde  Amos,  ibi  etiam  se- 
pultus. —  Quarto  miliario  ab  Iherusalem  contra  austrum  oppidnm  Zachariae,  in  quo  Maria 
salutavit  Elizabeth.  Ibi  natus  est  loliannes,  et  beata  Virgo  eum  excepit.  —  Curre,  curre,  quod 
pene  oblitus  fueram,  curre  ad  baptisterium,  ad  ieiuninm,  et  ad  temptazionem  Christi,  curre 
14  miliario  ab  Iherusalem  usque  Ihcricho,  et  cave,  ne  incldas  in  latrones.  Etiam  secundo 
lapide  ab  Iberico  ad  sinistram,  desertum  pete,  quod  Quarentena  vocatur,  in  quo  Dominus 
ieiunavit;  et  secundo  miliario  a  Quarenteiia  contra  Galilaeam,   aspico,  mons  excclsus,  in 


sK^oLo  XI ri.  183 


quo  roi,'!  oninintn  .sociilornin  omiiui  rogna  nniiidi  rcx  oiiiiiis  snporbiao  deinonstravit  ot  avidivit:    .50 
«Vado  sathaiias».  Sub  (juarentona  est  rivulns  fontis,  qucin  Helysous  dfi  amaro   roddidit 
potabilom.  Uè  Iberico  curro,  o,t  in  lordano  lavare.   Haec  omnia   loca  devotioneni  tibi,  si 
felix  fneris,  excitabunt. 

Erspondlt  Fini:  Bene  inichi  Iberosolimitatinm  iter  et  loca,  in  quibas  steteront  pedos 
Domini,  descripsisti;  describas  etiam  loca  trani^marina  aliqna,  ut  tni  valeam  per  hoc  re- 
minisci  <^i  iiicipias  ab  Hebroii,  scilicct  loco,  a  quo  omnes  egressi  sunuis. 

l'irri  ait:  Iiovera  ab  H*'bron  omnes  egressi  sumus:  quia  Plasmator  rerum,  Adam 
patroni  nostrum  ibidem  plasmavit.  Ibi  etiam  quatuor  reverendi  patres,  Adam,  Abraham, 
Isaac  et  lacol)  sunt  sepnlti,  ot  eorum  uxores  quatuor  Eva,  Sara,  Kebecca,  Lya.  Ilebron 
iuxta  vallem  est  lacrimarum,  ideo  sic  dictam,  quia  Adam  filium  suum  in  ea  100  annis 
luxit.  In  Ebron  est  ager,  ctìi  gleba  rnbea  est.  Haec  effoditur  et  comeditur,  et  prò  medicina 
carissima  emitur;  effoditur,  sed  anno  finito  integra  reperitur.  Socundo  miliario  ab  Ilebron 
est  sepultura  Lotth.  Iuxta  Hebron  mons  Mambre,  ad  cuius  radicem  est  quercus,  secus 
quam  est  Abraham  din  comraoratus,  hoc  testante  Iheronimo.  Usque  ad  tempora  Theodosii 
imporatoris  sinum  suum  dilatavit,  ad  adhuc  videtur  quamvis  arida.  Qui  do  ea  secum  aliqnid 
detulerit,  equus  eius  non  infundit. 

Decimo  miliario  ab  Hebron  est  mare  Mortoum.  Supra  lacum  in  accubitu  ludaeae  est 
Segor;  in  exitu  Segor  uxor  Loth  mutata  in  salis  effigiem.  Supra  ripam  maris  mortui  multum 
coìligitur  aluminis.  Supra  lacum  in  descensu  Arabiae  Carnaym  est  spelunca  Moabitarum, 
in  qua  Balach  aduxit  Balaam.  Idem  mare  ludaeam  dividit  et  Arabiam. 

Arabia  tempore  filiorum  Israel  heremus  erat.  In  Arabia  est  Helym,  locus  fontium 
Moysi  et  palmarum.  In  Arabia  vallìs  Moysi,  in  qua  percussit  bis  silicem,  dantem  duoa  ri- 
vulos,  qui  nunc  totam  irrìgant  patriam.  In  Arabia  est  mons  Synai  et  mons  Or,  in  quo  se- 
pultus  est  Aaron,  et  mons  Abarym,  in  quo  Moyses.  In  Arabia  Mons  regalis  (1),  quem 
Baldevinus,  primus  rex  Francorum  in  Iherusalem,  firmum  fecit  et  subdidit  christianis. 
Arabia  iungitur  Iduraaeae  in  confinibus  Bostra. 

Idumaeae  est  terra  cum  Syria,  caputque  Syriae  est  Damaacus.  Idumaeam  et  Phoc- 
niciam  dividit  Lybanus. 

In  Phoenicia  est  Tirns,  circa  cuius  fines  Christas  saepius  ambulavit.  In  Tiro  tunmlus 
Origenis.  Ante  Tirum  L?  pis  marmoreus,  super  quem  sedit  lesus,  nunc  super  se  habens 
quandara  theculiolam;  8  miliario  a  Tyro  centra  orientem  supra  mare  est  Sarepta  Sydoniao. 
Ibi  habltavit  Helyas,  ibii  uè  suscita vit  filium  viduae,  lonam  scilicet.  Sexto  miliario  a  Sa- 
ropta  est  Sydon,  de  qua  Dido.  16  miliario  a  Sidonj  civitas  est  Benthos,  in  qua  Salvatoris 
ymago,  a  ludaeis  crnciflxa,  sanguinem  produxit  et  aquàm. 

Daraascus  est  in  Syria.  Hanc  constroxit  Eliecer,  servus  Abrahae,  pater  illius  terrao 
Hns,  ex  qua  lob.  Secando  miliario  a  Damasco  locus  est,  in  quo  Saulo  apparuit  Dominus. 
Ad  radicem  Libani  oriuntur  Abana,  Pharphar,  fluvii  Damasci.  Montes  Libani  et  plaiiicios 
Arthados  transcurrit  Abana,  et  magno  mari  immergitur  in  finibus  illis,  in  quibus  beatos 
Eustathios,  uxore  sua  privatus  et  filiis  desolatus.  Pharphar  per  Syriam  tendit  in  Antio- 
chiam,  labens  secus  muros  eius,  et  10  miliario  ab  Antiochia  In  portu  Solin  (2),  scilicet 
portn  santi  Symeonis,  mediterraneo  mari  se  commendat. 

Ad  radicem  Libani  est  Caesarea  Philippi.  lor  et  Dan,  fontes  duo,  de  quibns  lordanis 
conflcitur  sub  montibus  Gelboc,  in  quo  Christas  baptizatus  est,  tertio  lapide  ab  lericho. 
lor  non  longe  a  Caesarea  Philippi  lacum  illius  (3)  facit  ex  se,  et  postea  mare  Galilaeae, 
sumcns  initinm  inter  Betsaida  et  Capharnaum.  Dan  contra  Galilaeam  gentiura  se  obliquans, 
sub  urbe  Cedar  secus  medicabilia  balnea  spineti  plana  transiens,  lor  copulatur.  lordanis 
fere  ab  ortu  suo  subterraneum  ducit  gurgitem  usque  in  planitiem,  Medan  vocatam,  quasi 
mcdius  Dan.  Labitur  autem  in  mare  Mortuum,  et  illud  transiens  cadit  in  maro  Kubrum. 
5  miliario  a  Bethsaida  est  Corozaim,  et  5  a  Corozaim  Cedar,  civitas  opulenta.  Caphar- 
naum in  dextro  maris  sita  est.  Secundo  miliario  a  Capharnaum  descensus  montis,  in  quo 
Dominus  docuit  turbas  et  apostolos;  ubi  etleprosura  curavit.  Miliario  a  descensa  ilio  locus, 

(1)  Mont  royal  o  Sobal,    edificato   da  Balduino  I   nel   1115,  e   conquistato   dai    Sara- 
ceni nel  1189. 

(2)  Portug  Sudi. 

(3)  Lacnm  Merom. 


184  BIBLIOTECA 


50  in  quo  pavit  quinque  milia  hominnm,  et  idem  locus  Mensa  vocatnr.  Uli  loco  subiacet  locus, 
in  quo  Christus  post  resurrectionem  discipulis  apparuit,  comedens  cum  eis;  mare  scilicet, 
quod  Dominus  sicco  pede  perambulavit,  cum  circa  noctem  Petro  et  Andreae  apparuit  pis- 
cantibus,  et  in  quo  Petro  mergenti  ait:  «  Modicae  fide!,  quaro  dubitasti?»  Ibi  etiam  alia 
vice  discipulis  periclitantibus  mare  quietnm  reddidit.  In  sinistro  capite  montis  concavo  est 
Genesareth,  lacus  generans  aurum.  Miliario  2  a  Genesareth  Magdalum,  oppidum  Mariae. 
Haec  autem  regio  Galilaea  gentium.  Secundo  miliario  a  Magdalo  est  Tiberias,  5  a  Tibe- 
riade  Betulia  civitas,  de  qua  ludith;  4  a  Tiberiade  contra  meridiem  est  Dothaym,  12 
lapide  a  Sebaste  loseph  fratres  suos  in  pastura  gregum  reperit.  Ibi  etiam  eum  vendiderunt. 

Audi,  ubi  etiam  ire  debes,  in  Nazareth  scilicet,  quae  distat  10  miliaria  a  Tiberiade. 
Haec  enim  est  propria  civitas  Salvatoris,  eo  quod  in  ea  nutritus  sit.  In  Nazaret  Labrus(l), 
fons  ille  exiguus,  ex  quo  puor  lesus  aquam  saepius  hauriens  matri  ministravit.  Secundo 
miliario  a  Nazareth  Sephoris  civitas,  quae  ducit  Accaron.  De  qua  Anna,  mater  Mariae,  et 
Philippus  et  Nathanael.  In  illa  (2)  lesus  aquam  convertit  in  vinum.  Miliario  a  Nazareth 
contra  meridiem  locus  praecipitii  ;  quia  inde  volebant  praecipitaro  lesum.  lesus  autem  trans- 
ìens  per  medium  illorum  ibat. 

Quarto  miliario  a  Nazareth  mons  Tabor  contra  orientem.  In  descensu  montis  Tabor 
dicunt  quidam  Melchisedech  obviasse  Abrahae.  Secundo  miliario  a  Thabor  Naym  civitas. 
Supra  Naym  mons  Endor,  ad  cuius  radicem  torrens  Cyson. 

Quinto  miliario  a  Naym  lezrahel  civitas,  quae  et  Seboym,  de  qua  lezabel  regina 
iniquissima.  Inxta  lezrahel  campus  Mageddo,  in  quo  rex  lozias  a  rege  ■  Samariae  victus, 
occubuit,  deinde  in  Syon  sepultus.  Miliario  a  lezrael  mons  Gelboe.  Secundo  miliario  a 
Gelboo  contra  orientem  Scythopolis  civitas,  supra  cuius  muros  suspenderunt  caput  Sauli. 
Uno  miliario  a  lezracl  Geminum  (3),  oppidum  illnd,  a  quo  incipit  Samaria. 

Decimo  miliario  a  Gemino  Sebaste,  in  qua  sepultus  fuit  beatus  lohannes  baptista. 
Decollatus  autem  est  trans  lordanem  iuxta  lacum  Asphaltidis  in  castello  Macherunte,  et 
delatus  a  discipulis  suis  in  Sebaston,  ibique  sepultus  inter  Heijsaeum  et  Abdyam,  cuius 
corpus  postea  concremasse  dicitur  apostata  lulianus,  in  ventum  cineres  iactitando.  Sed 
caput  eius  Alexandriae  dclatum  est,  et  postea  Constantinopolim,  ad  ultimum  in  Galliam 
pago  Pictavensi.  Indicom  vero  detulit  in  vallem  Maurianam  Tecla  virgo;  et  adhuc  in  magna 
veneratione  custoditur  in  ci  vitate  Mauriana,  ubi  est  sedes  cathedralis. 

Quarto  miliario  a  Sebaste  Neapolis,  quae  et  Sychem.  Dimidio  miliario  a  Sychem,  ab 
Emor  Dina  filia  lacob  rapta  est.  In  Sychepi  relata  fuerunt  ossa  loseph  ex  Egypto,  et 
in  Sychem  iuxta  fontem,  leroboam  vitulos  aureos  fabricavit.  Inxta  Sychem  est  praedium, 
quod  dedit  lacob  Alio  suo  loseph.  Ibi  etiam  fons  lacob,  super  quem  sedit  Jesus,  fatigatus 
ex  itinere.  Iuxta  Sychem  therebintus,  sub  qua  abscondit  lacob  ydola..  Miliario  a  Sychem 
Luza  civitas,  ubi  habitavit  frequenter  Abraham.  Ibi  etiam  lacob  dormiens  scalam  vidit  et 
titnlum  erexit.  Et  sicut  supra  dictum  est,  20  miliario  a  Sychem  habes  Iherusalem.  En- 
gaddi  est  iuxta  mare  Mortuum. 

Octavo  miliario  a  Nazareth  Contra  Carmelum,  Kara  mons,  ad  cuius  radicem  iuxta 
fontem  Lamech  occidit  Cayn.  Tertio  miliario  a  monte  Cajn,  mons  Carmeli,  habitatio  Heliae 
et  Helisaei;  7  miliario  a  Nazareth  contra  orientem  viculus  Gergesa,  in  quo  Salvator 
obsessum  curavit  et  porcos  in  mare  praecipitavit.  16  miliario  a  monte  Carmeli  contra 
meridiem,  Caesarea  metropolis  Palaestinae,  ex  qua  Cornelius,  quem  Petrus  apostolus  bapti- 
zatum  ibidem  episcopum  consecravit. 

Iherusalem  descripsimus,  et  circa  Iherusalem  loca  plurima,  in  quibus  steterunt  pedes 
Domini.  Transeamus  ad  alia.  Ecce  habos,  o  Firri,  topographiam  transmarinae  regionis,  et 
forte  ibis  Sepulchrum  Domini  aliquando  visitare.  Tunc  cogita,  quod  dicitur: 
Coelum  non  animum  mutant,  qui  trans  mare  currunt. 

Vix  aliquos  vidi,  ymmo  nunquam,  qui  redierinl  meliores,  voi  de  transmarìnis  partibus, 
vel  de  sanctorum  liminibus.  Firri  ait:  Unde  est  hoc  propter  Deum  ?  Et  Tirri:  Puto  ex 
eo,  quod  debita  devotione  nec  exeunt,  nec  redeunt.  Deberent  enim  tali  contritione  proficisci, 
quali  essent  de  seculo  migraturi.  —  Et  ita  Firri  et  Tirri  recesserunt  ab  invicem. 


(1)  Dal  greco  epìteto  XaSpo?. 

(2)  «  Quod  cum  in  Cana  urbe  factum  sit,  hic  quaedam  periisse  consentaneum  »  (^Editor). 

(3)  lenin  o  Zenin. 


SECOLO  xra.  185 


Si  noti  che  lo  Stadense  inserì  questo  Itinerario  tra   gli  anni  1151-1152  della  sna    50 
Cronaca;  quindi  con  certa  probabilità  possiamo  dedurre  che  quella  sia  l'epoca  odel  viaggio 
0  della  compilazione  di  esso. 

Gran  parte  della  Cronaca  dello  Stadense  contiene  la  storia  delle  varie  Crociate,  ed  é 
spesso  citato  dagli  storici  pei  fatti  avvenuti  al  suo  tempo.  Ci  duole  che  egli  Minorità,  nulla 
affatto  parli  né  del  viaggio  di  S.  Francesco  in  Oriente,  nò  della  parte  che  vi  ebbe  l' Ordino 
nelle  Crociato  e  nella  storia  della  Chiesa! 

Notiamo  soltanto  quanto  egli  ci  dice  dell'  umanità  del  Soldano  visitato  dal  S.  Pa- 
triarca. 

«  An.  Dni.  1221...  Peregrini  in  Damiata  coeperunt  versus  Charras  {cioè  Cairo)  et 
Babilonem  (1)  proficisci,  sed  evontu  miserabili  sunt  Nilo  flumine  circumducti.  Et  cum  in 
potestate  essent  hostium,  tamen  pax  est  ad  octo  annos  inter  utrumque  populum  reformata. 
Soldanus  crucem  Domini  nitro  reddidit,  christianos  salvis  rebus  et  corporibus  Egiptum 
exire  permisit,  omnes  captivos  reddi  iussit,  ita  ut  tunc  temporis  captivorum  30  milia  la- 
xarentur.  Praecepit  etiam  alimenta  divitibus  prò  pretio  vendi,  vel  gratis  infirmis  et  pau- 
peribus  exhiberi  »  (p.  357). 

Sotto  r  an.  1246  riporta  il  tenore  della  lettera  che  il  Soldano  spedì  al  Papa  in  ri- 
sposta a  quelle  portategli  dall'  ambasciatore  pontificio.  Detta  lettera  è  puro  nel  Kaynaldo 
Annales  t.  XIII,  ad  an.  1246  n.  52  seg. 

1240  —  Di  due  pretesi  FP.  Minori  alia  custodia  dei  S.  Sepolcro  di  Gesù 
Cristo  in  Qerusalenune  :  uà  errata-corrige. 

Questo  articolo,  un  vero  errata-corrige,  non  ha  altro  di  mira  che,  perchè  non  si  prò-    6i 
paghi,  correggere  da  noi   un   nostro   solenne   sproposito  che  ingenuamente  divulgammo 
nella  nostra  Serie  cronologica  de' Superiori  della  Terra  Santa,   scritta   e   pubblicata  a 
Grerusalemme  nel  1898.  Nella  Prefazione   di   detta   Serie  (p.  XVII)  scrivevamo  quanto 
segue  : 

«  Da  una  memoria  manoscritta  che  conservasi  nella  Magliabecchiana  di  Firenze,  si 
ha  che,  nel  1240,  otto  figli  di  Saffedino,  dei  quindici  che  ne  aveva,  guardavano  di  coman- 
damento del  padre  il  S.  Sepolcro,  unitamente  a  quindici  latini  e  dite  frati  Minori  ;  quello, 
che  era  offerto  e  dato  al  S.  Sepolcro  dividevano  fra  loro  e  il  Soldano.  La  rendita  ammon- 
tava a  ventimila  saracenati  » .  E  qui,  secondo  il  nostro  solito,  citavamo  un  estratto  del 
cod.  Magliabecchiano  (classe  XXXV  n.  169)  comunicato  ed  inserito  nel  periodico  delle  no- 
stre Missioni  (2).  —  Neil'  anno  istesso,  quando  per  la  prima  volta  vedemmo  l' Italia  e  ci 
recammo  a  Firenze,  la  prima  cosa  fu  di  verificare  la  grave  notizia  e  vedere  di  che  cod. 
si  trattava,  quale  il  suo  valore,  e  se  realmente  conteneva  la  notizia,  o  se  qualche  errore 
v'  era  in  esso  o  nell'  estratto  comunicato  alle  stampe.  La  cosa  e'  interessava  troppo,  poiché 
si  parlava  di  due  Minoriti  nel  S.  Sepolcro  di  Gerusalemme  già  dalla  prima  metà  del  sec. 
XIII.  Il  desiderato  cod.  ci  venne  finalmente  sotto  gli  occhi;  e  non  istentammo  punto  a 
comprenderne  il  valore  meschino,  anzi  nullo  per  la  notizia  che  realmente  ora  contenuta 
in  esso;  sicché  nella  delusione  non  ci  restava  che  la  sola  soddisfazione  di  aver  errato  in 
buona  fede  noi  e  gli  editori  dell'estratto,  e  di  esser  i  primi  a  farne  debita  emenda  per 
l'amore  della  verità. 


(1)  «  Mesr  sìve  Fosthat,  ab  occidentalibus  scriptoribus  Babylon  vocata  »  {Editor). 

(2)  Le  Missioni  francescane,  anno  1894  p.  159. 


186  BIBLIOTECA 


61  II  cod.  dunque  Magliabecchiano  (che  il  catalogo  della  biblioteca  registra  come  ms.  del 

sec.  XIV,  ma  che  dev'  essere  molto  più  recente,  ossia  della  metà  del  sec.  XV)  contiene  una 
miscela  di  pie  leggende  (1)  tradotte  dal  latino,  in  più  o  meno  buona  lingua  italiana  del 
quattrocento,  e  tra  queste  tì  è  «  Za  Informatione  che  volle  papa  inocentio  della  terra  doltra 
mare  et  del  saldano  (fol.  37  r.-39  v.)  ».  Ed  è  in  questa  informazione  che  trovasi  (a  fol.  38  r. 
col.  2)  il  racconto  in  questione,  con  questi  precisi  termini  non  virgolati  :  «  Octo  figliuoli 
di  sephadino  dordine  del  padre  guardano  el  sepolcro  con  quindici  latini  due  frati  mi- 
nori ciò  eh' è  offerto  e  dato  al  sepolcro  ridavino  [corrige  :  dividono]  infra  loro,  et  danno 
quello  che  debbono  al  singnore  [Soldano].  Vale  la  rendita  del  sepolcro  XX  milia  sara- 
cenafi».  Ora,  questa  Informatione  sappiamo  non  esser  altro  che  una  misera  e  sproposi- 
tata versione  della  troppo  nota  relazione  che  Innocenzo  III  (1198-1216)  dicesi  abbia  chiesta 
al  patriarca  latino  di  Gerusalemme  per  conoscere  le  forze  de' saraceni  contro  i  quali  pre- 
parava la  crociata.  Molti  sono  i  codd.  che  contengono  detta  relazione  latina  più  o  meno 
ampia,  abbreviata,  monca  o  interpolata  da  altri:  e  coi  differenti  titoli  di  Descriptio  Terrae 
Sanctae,  di  Descriptio  terrae  Agarenorum  (titolo  più  comune),  o  di  Relatio  tripartita 
ad  Innocentium  III  de  viribus  Agarenorum  ;  attribuita  quando  a  qualche  anonimo,  quando 
ad  Aimaro  monaco,  e  quando  al  Vitriaco  o  ad  altri  cronisti  che  la  vollero  inserita  nei 
loro  scritti.  L'abbiamo  quindi  oltre  che  in  molti  codici  (2),  anche  edita  in  varie  raccolte 
storiche,  come  in  Bongars  (3),  in  Matteo  Paris  (4)  in  Riccardo  di  S.  Germano  (5),  e  al- 
trove (6).  Ora,  in  tutti  questi  testi,  troviamo  il  brano  più  o  meno  concorde  coi  vari  co- 
dici, che  in  sostanza  dicono  quanto  dice  il  testo  italiano  della  Magliabecchlana  ;  ma  il  bravo 
traduttore  (e  traditore!),  o  che  abbia  avuto  sotto  il  naso  un  brutto  testo  latino,  o  che 
abbia  capito  il  latino  alla  maledetta,  il  fatto  sta  che,  di  due  fratelli,  figli  minori  del  sol- 
dano Saffedino,  egli  ne  fece  credere  due  frati  Minori  di  S.  Francesco!  Ed  ora,  se  potete, 
risum  teneatis,  amici. 

Ma  vale  la  pena  di  riportare  anche  il  relativo  brano  latino,  secondo  varie  lezioni,  e 
perchè  si  vegga  come  pessimamente  fu  tradotto  in  italiano,  e  perchè  ci  pr«me  constatare, 
già  dal  tempo  del  Vitry  che  scriveva  nel  1221,  la  presenza   di   cinque   cristiani  latini 


(1)  Tra  le  quali  notiamo  le  seguenti:  —fol.  40-54:  Qui  incomincia  la  passione  del  no- 
stro Signore  Geso  Christo  di  feria  quinta  in  cena  domini  translata  per  frate  Nastagio  del- 
l' Ordine  de'  fratri  Minori.  —  fol.  54-56  v.  :  Incomincia  la  vendetta  la  quale  fecie  Vespasiano 
et  Tito  di  Christo,  imperadori  di  Roma.  —fol.  56v60:  Incomincia  la  inventione  della 
S.  Croce.  —  fol.  60-62:  Incomincia  la  legge  di  Macometto  quella  de'Saracini.  — fol.  62-63: 
Perchè  fu  facta  la  festa  d'ogni  Sancti. 

(2)  Bicordiamo  quello  di  Heidelberg  (Salernitano  9.  29  saec.  XIII,  fol.  171-75);  quello  del 
Museo  Brittanico  (Harleiano  108,  alias  35.  A.  9,  saec.  XIII,  fol.  40-44)  descritti  nei  Monum. 
Germ.  hist.  t.  31  p.  669-71;  il  Vaticano  {Regin.  314  saec.  XIII,  fol.  106-6);  ed  altri  più  re- 
centi del  sec.  XV  indicatici  dal  Bòhricht  (Biblioth.  geogr.  Palaest.  109),  della  quale  epoca 
è  anche  il  Laurenziano  PI.  89  sup.  cod.  17,  fol.  84-86,  da  noi  visto. 

(3)  Gesta  Dei  per  Francos  p.  1125  29,  e  ibidem  in  Vitriaco  p.  1611. 

(4)  Ediz.  Lnard.  II.  399-401,  voi  in  ed.  Lond.  1684  p.  146  sub  an.  1193. 

^5)  In  sno  Chronic.  ab  an.  1189-1243,  ove  sotto  l' an.  1214  inserisce  la  detta  relazione. 
I  Chron.  di  Riccardo  edito  prima  dall' Ughelli  (in  Italia  Sacra  III.  953)  é  stato  ripubbli- 
cato dal  Muratori  (Eer.  Hai.  Script,  t.  VII). 

(6)  Vedi  Monum.  Germ.  hist.  t.  19  p.  336  37.  L'abbiamo  anche  nel  libro  pubblicato 
dai  Martcn-Durand  (in  TJiesanr.  nov.  anecdot.  t.  III  col.  269-81  cap.  1-19)  quale  erronea- 
mente attribuirono  e  intitolarono  :  LtftT  III  historiae  Orientalis  lacobi  de  Vitriaco. 


SECOLO  XIII.  187 


nella  custodia  del  S.  Sepolcro  dì  Cristo,  colà  senza  dnbbio  lasciativi  dai  Soldani  per  facili-    61 
tare  ai  Latini  il  pellegrinaggio  ai  luoghi  santi  e  per  non    diminuire  il   ricco    introito  di 
circa  20  mila  saracenati  (1),  dote  di  due  figliuoli  del  Soldano. 

Il  testo  più  antico  e  genuino  della  relazione  inviata  ad  Innocenzo  III,  paro  a  noi  sia 
quello  che  abbiamo  nel  Chron.  di  Riccardo  di  S.  Germano  sotto  l'anno  1214,  la  quale  però 
non  ricorda  né  la  presenza  de' cinque  latini  al  Sepolcro,  nò  dà  la  somma  di  doto  che  no 
percepivano  i  figli  del  Soldano;  particolarità  queste  che  poi  troviamo  inserite  negli  altri 
testi  compilati  con  giunte  pochi  anni  dopo. 

Ex  Riehardo  a  S.  Germano  loc.  sup.  cit:        Eb;  Paris,  ed.  Lond.  1684 p.  146,  sub  an.  1193: 

«  Octo  alli  filiì  Sephadini  de  patris  con-  «  Octo  autem  filii  (Saphadini),  de  patris 

stitutione  sic  vivunt.  Duo  ex  ipsis  custodiunt  sui  constitutione,  viviint  in  hunc  modum.  Duo 

Sepulcrura  Domini,  ad  quos  quidquid  datur  ex  eia  custodiunt  Sepulclirum  Domini,  et  eia 

provenit,  et  dividunt  in  ter  se  (2) datur  quiequid   ad    Sepulchrum    ofFertur;  et 

ipsi  hoc  dividunt  inter  se.  Valet  autem  redi- 
Duo  alii   fratres    miuores   sunt   quotidie   in  tus  eorum  vigiliti  milia  saracenorum   .     .     . 

conspectu  dei  sui  Machometh,  prò  castitate 

quam  habent,  et  totum  quod   datur   ad    pe-  Alii  duo  fratres  minores  suut  quotidie  ante 

des   eius,  est   de   ipsis    minoribus    fratribus.  Mahumetum  prò  castitate;  et  eis  datur  quic- 

Haec,  sanctissime  Pater,  ita  esse  in  veritate  quid  ad  pedes  eius  ofFertur:  quod   valet  tri- 

sciatis  » .  ginta  millia  saracenorum  » . 

Ex   Vitriaco  in  ed.  Bongars  p.  1611:  Ex  Cod.  iMurentiano  cit.,  fot.  85: 

«  Octo  filii  Saffadinì  de  constitutione  sic  «  Octo  vero   filii   Saphaldini   qui    terras 

vivunt.  Duo  ex  ipsis  custodiunt  Sepulchrum  non  habent,  de   patris   constitutione   vivunt 

Domini  cum  quinqne  latinis:  quibus  duobus  sic:  duo  ex  ipsis  custodiunt  Sepulcrum  Do- 

fratribus  quiequid  datur  vel   offertur  Sepul-  mini  cum  quinque  latinis  christianis,  ad  quos 

chro  pervenit,  et  ipsi  dividunt  inter  se  aequa-  perveniunt  omnia  quae  intrant,  et  ipsi  divì- 

liter;  et  valet  illud   frequenter  viginti  mille  dunt  inter  se.  Quae  oblatio  valet  XX  milia 

saracenatos bisantinis  saracenorum 


Duo  alii  fratres  minores  quotidie  sunt  ante  Duo  autem  filii  Saphaldini,  de  quibus  nihil 
deum  suum  Machomet  prò  castitate,  et  totum  [=  nullus]  adhuc  dominus  est,  sunt  quotidie 
quod  datur  ad  pedes,  habent  ipsi  (3)».  ante  Mamethum  et  in  castitate  vivunt  ei.  Et 

quidquid  datur  ad  pedes  eius,  devenit  ad  ma- 
nus  eorum.  Et  valet  iste  redditus  plus  quam 
XXX  ta  millia  bizantium». 


(1)  Saracenati  (dice  il  Mariti  Viaggi  t.  VITI  p.  289)  erano  monete  d' oro,  le  quali  nel 
diritto  e  nel  rovescio  avevano  soltanto  de' caratteri  arabi;  il  valore  dì  questi  corrisponde- 
rebbfe  nei  tempi  nostri  (anno  1776)  a  circa  lire  rfeeci  fiorentine.  Dunque  circa  200  mila  lire; 
le  quali  calcolate  col  meschino  valore  delle  lire  d'oggi,  lo  storico  non  isbaglierà  se  vorrà 
agguagliare  le  200  mila  lire  a  circa  un  milione  di  lire  odierne. 

(2)  E  Riccardo  e  Matteo  Paris  non  ricordano  qui  i  cinque  latini  nel  S.  Sepolcro  men- 
tovati negli  altri  testi. 

(3)  Il  testo  di  Marten-Durand  (1.  e.  p.  271)  termina  cosi:  «  IXjo  alii  fratres  minores 
sunt  quotidie  apud  Machometum  dominum  suum  prò  castitate  sua,  et  quiequid  datur  ad 
pedes  eius,  debet  esse  ipsis  fratribus  minoribus:  valent  eniin  ipsi  reditus  plus  quam  trìgìnta 
millia  bisantii  sarraceni  > . 


188  BIBLIOTECA 


1241  —  Fratria  lordani,  viceministri  fratmm  Minorum  Boemiae  et  Polemiae, 
Epistolae  de  incursione  Tartarorum  in  regriones  fidelium. 

62  Son  tro  lettere  che  il  detto  Minorità  indirizza  ai  principi  e  popoli  cristiani  sulle  stragi 
commosse  dai  Tartari,  penetrati  in  Europa  ;  e  pubblicato  in  calce  al  testo  della  Cronaca  di 
Matteo  Paris  noi  Monum.  Germ.  historica  t.  XXVIII  p.  207-10;  e  nell' ediz.  di  Wats, 
London  1684  p.  1129-31. 

Senza  dar  tanto  peso  alle  congetture,  vogliamo  credere  che  questo  fr.  Giordano  vice 
ministro  di  due  grandi  Provincie  molto  disgiunte  tra  loro,  Boemia  e  Polonia,  non  sia  altri 
che  il  noto  fra  Giordano  da  Giano  che  dettava  in  Germania  verso  il  1262  la  sua  Cronaca. 

Nella  lettera  cujusdam  episcopi  Ungariae  ad  episcopum  Parisiensem  scritta  nel  1240 
(in  Matth.  Paris  Chron.  od.  Wats,  Londra  1684  pag.  1128)  si  fa  menzione  di  Minoriti 
uccisi  dai  Tartari  dotti  Mordani:  «  per  illos  (Tartaros  Mordanos)  credo  esse  interfectos  Prae- 
dicatores  et  Fratres  Minores,  et  alios  nuncios,  quos  miserat  rex  Ungariae  ad  explorandum  » . 

C.  1241  —  Pr.  Guglielmo,  Minorità  francese,  legato  e  predicatore  apostolico 
nell'  esercito  cristiano  di  Siria. 

63  Sopra  tutti  i  predicatori  della  crociata  di  qnest'  epoca  (1235-41),  e  precipuo  braccio 
della  Sede  Apostolica,  ora  un  tale  frate  Guglielmo  che  lo  Sbaralea  qualifica  noli'  indice 
come  perugino  (!?).  A  fr.  Gugliemo,  penitenziere  apostolico,  e  più  volte  legato  papale,  furono 
diretto  numerose  lettere  tutte  a  prò  di  Terra  Santa,  raccolte  nel  tomo  I  del  Bullario  fran- 
cescano, le  quali  cosi  compendiamo  collo  Sbaralea:  «  Willelmus  Ord.  Min.  Perusinus  (sic!) 
Poenitentiarius  Ap.  iussus  est  commutare  vota  Terrae  Sanctae  prò  imperio  Constantino- 
politano  (pp.  179,  180-81),  et  dissidiura  regis  Franciae  cura  ecclesia  Bellovacensi  compo- 
nere  (p.  203);  corniti  Barri  Ducis  crucesignato  pecuniam  assignare  (p.  218)  et  pecuniae 
prò  subsidio  T.  S.  collectae  quantitatem  indicare  (p.  218):  praedicare  crucem  prò  succursu 
T.  S.  (p.  220)  aliasqne  plurimas  commissiones  accepit,  fere  omnes  Terrae  Sanctae  et  im- 
perii Constantinopolitani  subsidium  spectantes  (pp.  227-28,  232,  235,  237,  240,  245,  254, 
256  e  291).  In  partibus  transmarinis  erat  initio  pontificatus  Innocentii  IV  (p.  309~10); 
collector  etiam  extitit  prò  subsidio  corniti  Montisfortis  transfretaturo  in  Terram  Sanctam 
praestando  (p.  323)  cuius  filius  videtur  fnisse  (p.  257)».  Tutti  questi  documenti,  appena 
accennati,  darebbero  suflBciente  materia  per  istendere  molte  belle  pagine  dello  zelo  di  fr. 
Guglielmo,  che  noi  sospettiamo  di  origine  francese  (1).  Dal  continuatore  francese  di  Gu- 
glielmo di  Tiro,  veniamo  a  sapere  che  fr.  Guglielmo  verso  1241  si  trovava  nell'  esercito 
di  Siria  predicatore,  penitenziere  e  legato  apostolico: 

«  H  avoit  en  1'  ost  1  frere  Meneur,  qui  avoit  a  nom  frere  Guillaume,  qui  estoit  pe- 
neancierz  l' apostolo,  legaz  en  1'  ost  ;  cil  dist  plussourz  foiz  en  la  fin  de  ses  sermonz  ces 
parolles:  «Por  Diou!  bone  gent,  proiez  Nostre  Seigneur  quo  il  rande  as  granz  hommes 
de  cest  ost  leurz  cuerz;  car  bien  sachiez  certainnement  que  il  Ics  ont  parduz  par  leur 
pechiez;  car  si  grant  gent  comme  il  a  ci  de  la  Crestienté  deussient  avoir  povair  d' aler 
par  tout  contro  les  mescreanz,  se  Diex  preist  leur  afairez  en  gre  ».  Aucunz  des  Crestienz 
meismes  en  firent  plusseurz  chanconz.  Maiz  nous  n'en  metronz  que  une  en  nostre  livre...(2)». 


(1)  Dalle  molte  lettere  papali  risulta  luì  aver  predicata  la  crociata  in  Francia,  ove  era 
per  vari  anni  penitenziere  apostolico,  e  tale  poi  in  Oriente. 

(2)  ConHn.  de  Guillaume  de   Tyr  dite  du  Ms.  de  Rothelin  {Becueil  des  Hist.  de  Croia. 
Occid.  II.  p.  550-51);  seguono  sei  strofe  sul  tenore  dei  discorsi  di  fr.  Guglielmo. 


SECOLO  XIII.  189 


Frate  Guglielmo  trovandosi  ancora  in  Oriente  noi  1243,  aveva  lasciato  in  Europa  un  53 
suo  socio  e  collaboratore  per  gli  affari  della  Terra  Santa,  il  Minorità  frate  Bóberlo  de 
CoUevil  che  aveva  la  premura  di  inviargli  i  soccorsi  in  Oriente.  Ciò  risulta  da  due  lettere 
di  papa  Inn.  IV  de'  7  agosto  e  17  settembre  del  1243  (1).  Però  nella  seconda  lettera, 
non  sappiamo  se  per  errore  o  per  doppio  nome  che  avesse,  invece  di  frate  Guglielmo 
egli  ò  detto  «  frater  Gaufredus  fel.  ree.  Gregorii  Papae  praedecessoris  nostri  pocni- 
tentiarius  » . 

1241  —  Convento  di  Tripoli  —  Frate  Gautier  e  frate  Pasquale  de'  Minori 
del  convento  di  Tripoli  in  Siria,  vengono  registrati  come  testimonii  in  un  accordo  fra 
gli  Ospedalieri  Gerosolimitani  e  Boemondo  IV  principe  di  Antiochia,  convenuti  nel 
palazzo  vescovile  di  Tripoli,  il  18  nov.  1241,  presenti  numerosi  altri  religiosi  di  vari 
Ordini  (2).  I  Minoriti  dunque  si  stabilirono  in  Tripoli  assai  prima  di  detto  anno,  « 
verosimilmente  nei  primordi  della  regolare  provincia.  Nel  1255  vi  fu  tenuto  un  Ca- 
pitolo provinciale  di  Terra  Santa  (3).  Nel  1274,  occupava  la  sede  vescovile  di  questa 
città  il  famoso  Frate  Paolo  Romano  (4),  che  unitamente  a  S.  Bonaventura  presiedette, 
per  ordine  del  Papa,  il  concilio  di  Lione  (5).  In  un  documento  del  1282  è  ricordato 
un  tale  fr.  Giacomo  d' Antiochia  guardiano  de'  frati  Minori  di  Tripoli  (6).  Alcuni 
anni  dopo  (1289)  Tripoli  cadde  in  potere  do'  Saraceni,  e  i  Minoriti  tutti  furono  messi 
a  morte  (7).  —  L'  attuale  convento  e  Chiesa  datano  dal  1582,  quando  i  Missionari 
di  Terra  Santa  vi  si  ristabilirono  per  assistere  nello  spirituale  i  mercanti  europei  e 
le  vicine  popolazioni  Maronite  (8).  Cresciuta  la  popolazione  cattolica,  la  S.  Custodia 
principiò  nel  1864  a  costruire  una  nuova  chiesa  più  ampia,  la  quale  fu  condotta  a 
termine  soltanto  nel  1873  (9). 

1242  —  DB.  Gerardo  Mecateo  da  Villamagna,  del  Terz'Ord.  di  S.  Fran- 
cesco, morto  nel  maggio.  Sua  vita  e  gesta  in  T.  S.  vedi  in  Bollando  Acta  SS.  t.  Ili 
e  VII  mail.  —  Breviar.  Ord.  Min.  die  81  mali.  —  P.  Leone  Aureola  Serafica  31 
maggio. 

1243  —  Latini  in  Gerusalemme  —  I  sovrani  di  Damasco  e  di  Karak  al- 
leatisi coi  Crociati  della  Siria  a  danno  del  Soldano  d'Egitto,  cedono  in  compenso  ai 
latini  Tiberiade,  Ascalona  e  Gerusalemme  coi  suoi  santuarii  (10). 

1244  —  Ooraemini  —  Il  Soldano  d'Egitto,  Melek-Essaleh-Ayub,  chiama  in 
suo  aiuto  le  feroci  orde  de'  Corasmini,  le  quali  unitesi  alle  truppe  del  mamelucco  Bibars, 
sconfiggono  i  tre  alleati  nelle  pianure  di  Gaza  (11).  Caduta  Gerusalemme  in  potere  di  que- 
sti, vi  massacrano  cinque  mila  cristiani,  allagando  di  sangue  cristiano  il  tempio  del  SS. 


(1)  Sbaralea  BuUar.  t.  I  p.  309-10. 

(2)  Seb.  Pauli  Codice  diplomatico  del  S.  Milit.  Ord.  Gerosol.  (Lucca  1733)  1. 1  p.  133  n.  118. 

(3)  Itìnerar.  di  fr.  Rubruquis;  cfr.  Pa.n£ìo  Storia  cit.  voi.  II.  pag.  66.  —  Cfr.  Analecta 
frane.  1. 1  Appendix  pag.  416.  —  In  un  docum.  del  sec.  XIII  è  ricordata  una  chiesa  de^  Frati 
Minori,  ed  un'  altra  di  S.  Chiara  nella  città  dì  Tripoli.  —  Neues  Archiv  X.  237,  ap.  RShricht 
Syria  Sacra  {Zeitach.  d.  Devi.  Palaest.  Ver.  tom.  X.  p.  317). 

(4)  Fratello  di  Lucia,  moglie  di  Boemondo  V  Principe  di  Antiochia.  —  Du  Cange-Rey 
Lea  FamiUes  d'  Outre-mer  pag.  812. 

(5)  Analecta  frane,  t.  II  pag.  85.  —  Le  Quien  Oriens  CJiristianus  t.  III  pag.  1175.  — 
Cfr.  Sbaralea  Buttar,  t.  III.  p.  327. 

(6)  Vedi  Serie  cronologica  n.  10. 

(7)  P.  Marcellino  da  Civezza  Storia  univ.  delle  Miss.  Francescane  Voi.  II.  e.  8. 

(8)  Calahorra  Chron.  de  Syria  libr.  VI.  e.  6  p.  463;  e.  36  p.  565. 

(9)  Dagli  Schematismi  della  Custodia. 

(10)  H.  Sauvaìre  Chroniqtie  de  Moudjìr-ed-Dyn  p.  89-90. 

(11)  H.  Sauvaire  op.  cit.  p.  90. 


190  BIBLIOTECA 


68  Sepolcro  (1).  Nelle  citato  memorie  del  tempo  non  troviamo  indizio  esplicito  di  Minoriti 

massacrati  dalle  orde  Corasmino  come  asseriscono  comunemente  le  nostre  cronache  o 
le  memorie  di  Terra  Santa.  Dato  però,  come  abbiamo  visto,  lo  stabilimento  fisso  do'  Mi- 
nori in  Gerusalemme  e  nelle  vicinanze  nel  1230,  non  abbiamo  ragione  di  rigettare  la 
tradizione  francescana  che  forse  un  giorno  verrà  confermata,  come  tante  altre,  da  non 
dubbi  documenti. 

1245  —  Fr.  Domenico  d'Aragona  de' Minori,  legato  papale  in  Costanti- 
nopoli e  nell'  Oriente  (2). 

54  Con  lettere  de'  10  e  21  marzo  1245  fr.  Domenico  veniva  spedito  legato  da  Inn.  IV 
in  Oriente,  con  ordini  al  Gran  Maestro  o  Cavalieri  Gerosolimitani  di  prestarsi  nei  bisogni 
del  legato,  e  ai  patriarchi  e  vescovi  di  attenersi  rigorosamente  alle  sue  decisioni,  I  docu- 
menti sono  nello  Sbaralea  (3),  ignorati  dal  Waddingo.  —  Frate  Domenico  si  trattenne  a 
Costantinopoli  sino  all'aprile  del  1247  come  risulta  dal  seguente  documento: 

«  Litera  in  qua  Philippus  de  Tociato  Bajulus  Imperli  Romaeorum,  et  Aegidius  Quintus, 
Gubornatores  civitatis  Constantinopolitanao  excusaverunt  Fratrcm  Dominicum  Hispanum 
de  Ordine  Minornm,  ad  dictam  civitatem  per  Papam  prò  fide  catholica  transmissum,  de 
longa  mora,  ad  supplicationem  Imperatricis  et  Nobilium  ac  Praelatorum  dictae  civitatis, 
ibidem  facta.  Datum  Constantinopoli,  anno  ab  Incarnatione  Domini  MCCXLVII.  Mensis 
Aprilis,  dio  IV».  È  questo  il  sunto  di  dette  lettere  che  si  conservavano  nell'archivio 
S.  Romanae  Ecdesiae,  il  cui  catalogo  compilato  nel  1366  venne  pubblicato  dal  Muratori  (4). 

1245-48  —  Fr.  Giovanni  da  Piancarpino.  Note  ed  osservazioni  per  una 
nuova  edizione  critica  della  sua  relazione  sui  Tari^ari  ;  segue  il  testo  della 
sua  Prima  redazione  estratta  da  tm  Cod.  Torinese  inedito,  ecc. 

55  Dopo  il  Sig.  D'Avezac  (1838),  cho  fu  il  primo  a  darci  con  sufficiente  apparato  cri- 
tico un'edizione  della  relazione  del  Piancarpino,  nessuno,  che  sappiamo  noi,  si  è  presa  la 
faticosa  cura  di  rifare  un  lavoro  più  soddisfacente  e  secondo  le  esigenze  della-  critica  e 
degli  studi  orientali  oggi  cotanto  progrediti. 

Nel  febbraio  del  1899  ci  capitò  di  trovare  un  testo  del  Piancarpino  in  nn  cod.  memb. 
della  Nazionale  di  Torino;  e  dopo  averlo  studiato  e  confrontato  coi  codd.  del  D'Avezac, 
ci  siamo  fatti  queste  domande:  È  certo  dunque,  che  il  Piancarpino  'scrìsse  in  due  volte, 
due  relazioni  della  sua  storia  de' Tartari,  non  già  diverse,  ma  una  (che  è  la  prima)  in 
forma  breve  e  compendiosa,  e  poi  un'altra  più  ampia  e  particolareggiata.  Ora,  queste  due 
relazioni,  pervennero  elle  sino  a  noi  tali  quali  le  compilò  il  celebre  Minorità?  Dov'è  il  testo 
primo,  ossia  la  prima  compilazione,  che  egli  ricorda  neiìV epilogo  della  seconda?  Nessuno  ce 
l'ha  mai  indicata.  Il  secondo  poi  testo,  ossia  la  seconda  compilazione,  sappiamo  esser  conte* 
nuta  più  ampia  e  più  completa  nel  solo  cod.  Leyde-Petau,  edito  dal  D'Avezac;  ma  dessa,  è 
ella  pure  integra  quale  ce  la  compilò  il  Piancarpino?  —  Il  D'Avezac  non  si  fece  queste 
difficoltà  che  oggi  sorgono  spontanee  perchè  basate  sopra  serie  ragioni.  —  Per  quel  che  ri- 

(1)  Vedi  la  lettera  di  Roberto  Patriar.  di  Gerusalemme  in  Salimbene  Chron.  p,  60  e 
una  lunga  relazione  in  Matt.  Paris  an.  1244  p.  546-49,  ed.  Lond.  1684. 

(2)  Questi  è  probabilmente  fr.  Domenico  Suarez  poi  vescovo  di  Avila  dal  1263  {Bull. 
t.  II)  morto  nel  1272.  —  Eubel  Die  Dischòfe  num.  45  (Rom.  QvarMsch.  IV). 

(3)  BuUar.  t.  I  p.  771-72. 

(4)  Anttquitates  Italicae  t.  VI  col.  101. 


SECOLO  XIII.  191 


guarda  la  prima  compilazione  del  testo  di  Piancarpiiio,  diremo  qualche  cosa  più  sotto,  55 
alla  descrizione  del  cod.  Torinese  che  pubblichiamo,  e  che  erodiamo  contener  esso  solo  il 
genuino  testo  della  prima  compilazione.  —  In  quanto  poi  alla  seconda  o  maggiore  com- 
pilazione del  Piancarpino,  crediamo  che  essa  non  ci  è  pervenuta  nella  sua  integrità  (per  lo 
meno  nella  seconda  parte  del  cod.  Leydo-Petau),  poiché  essa  doveva  contenere  anche  il 
tenore  delle  lettere  che  il  Kan  scrisse  al  Papa,  lettere  che  non  troviamo  in  nessuno  dei 
codd.  noti  che  contengono  la  seconda  relazione  del  Piancarpino.  Queste  lettore  invece  le 
abbiamo,  e  nel  breve  compendio  dell'itinerario  che  il  compagno  del  Piancarpino,  fr.  Be- 
nedetto di  Polonia,  dettò  a  quelli  di  Colonia  (1),  e  nel  Chronicon  di  frate  Salimbone  che 
le  copiò  fedelmente  dal  grande  libro  autografo  che  conteneva  esso  lettere  con  la  grande 
relazione  del  Piancarpino.  «  Frater  Johannes  scripsit  unum  magnnm  librum  de  factis 
tattarorum  et  aliis  miràbilihus  mundi,  secundum  quod  oculis  suis  vidit,  et  faciebat 
illum  librnm  .legi,  ut  pluries  audivi  et  vidi,  qnotiens  facta  tattarorum  gravabutur  re- 
ferre...  Ex  ilio  autem  libro  nihil  scribere  volui,  nisi  epistolas  superius  memoratas  (impe- 
ratoria)». E  ricopiate  queste  lettere,  il  Salimbene  soggiunge:  «Non  plus  continebatur 
in  litteris  Domini  tattarorum  missis  ad  Papam  ».  Ora,  ripetiamo,  non  si  conosce  cod.  al- 
cuno della  relazione  del  Piancarpino  che  contenga  dette  lettere,  le  quali  dovevano  essere 
di  certo  in  essa,  poiché  ex  ilio  libro  lo  ricopiò  il  Salimbene.  Di  più  ancora;  chi  ponderi 
le  particolarità  che  il  Salimbene  ci  narra  del  viaggio  del  Piancarpino  (particolarità  che 
mancano  nei  testi  della  sua  attuale  relazione),  nonché  il  duplice  titolo  del  libro  che  ci  dà  lo 
stesso  Salimbene:  «  librum  de  factis  tattarorum,  et  aliis  mirabilibus  mundi  »,  (titolo  questo 
che  indica  chiaramente  che  una  parto  del  libro  trattava  anche  de  aliis  mirabilibus  mundi, 
parte  che  non  si  conosce  affatto);  perciò  indubbiamente  si  dirà  fondato  il  nostro  sospetto,  che 
cioè:  fin  qui,  non  possediamo  il  testo  integro  e  genuino  della  relazione  del  Piancarpino,  la 
quale  per  lo  meno  è  mancante  di  un  lungo  capitolo  o  di  alquanti  paragrafi  ;  uno  de'  quali 
doveva  con  tenore  il  testo  delle  lettere  del  Kan,  ed  altri  paragrafi  le  varie  notizie  de  aliis 
mirabilibus  mundi.  Il  doppio  titolo  datoci  dal  Salimbene  verrebbe  confermato  anche 
dal  prologo  che  il  Piancarpino  premise  al  libro  de'  Tartari,  ove  dice  :  «  Cum  ex  mandato 
Sedis  apostolicae  iremus  ad  Tartaros  et  ad  nationes  alias  Orientis...  elegimus  prius  ad 
Tartaros  proficisci».  Il  Piancarpino  dunque  ebbe  l'intento  di  visitare  anche  altri  popoli 
dell'Oriente  oltre  i  Tartari;  e  lungo  il  percorso  li  visitò  certo.  E  con  questa  espressione 
sembra  implicitamente  prometterci  di  parlar  di  loro  in  un  luogo  a  parte.  Ma  poiché 
dall'  attuale  sua  relazione  sappiamo  che  fu  soltanto  fino  a  Si/ra  Orda  presso  Karakorun, 
sede  del  Tartaro,  e  che  lungo  il  viaggio  percorse  gli  altri  popoli  dell' Oriente,  la  massima 
parto  del  suo  libro  naturalmente  doveva  trattare  di  quelli  e  limitarsi  a  qualche  capitola  ri- 
guardante le  altre  nazioni  e  le  meraviglie  dell'Oriente;  ora  questo  capitolo  o  questa  parto, 
a  cui  allude  il  Salimbene,  manca  nelle  attuali  relazioni  che  possediamo  del  Piancarpino. 
Ma  innanzi  tutto,  crediamo  utile  riportare  il  brano  che  il  Salimbene  consacrò  alla 
memoria  del  Piancarpino,  e  perché  restò  ignoto  al  D' Avczac,  o  perchè  in  esso  racconto  ab- 
biamo il  genuino  tenore  delle  lettere  che  il  gran  Tartaro  scrisse  ad  Innocenzo  IV. 

A)  —  Ex  Chron.  fratris  Salimbene: 

«  Igitur  anno  Domini  MCCXLVII,  cum  civitas  mca  Parma  a  Fridcrico  Imperatore 
quondam  essot  obsessa,  exivi  de  Parma  et  ivi  Lngdnnnm,  et  familiaritor  fui  locntns  cum 
domino  Papa  Innocentio  quarto  in  camera  sua.  Post  festum  autem  omnium  Sanctorum 
[-3  nov.^  arripui  iter,  ut  in  Franciam  irem.  Cumqne  pervonissera  ad   primum   locum    fra- 


(1)  Vedi  l'art,  seguente  su  fr.  Benedetto  di  Polonia. 


192  BIBLIOTECA 


56  trnm  Minorum,  qui  post  Lagdunom  occurrit,  cadcm  die  frater  Johannes  de  Plano  Carpi 
pervenit  illuc,  qui  redibat  a  tartaris,  quo  miserat  eum  Papa  Innocentius  qnartus.  Erat 
frater  Johannes  iste  familiaris  homo  et  spiritnalis  et  litteratas  et  magnus  prolocator  et 
in  multis  expertus,  et  aliquando  fnerat  provincialis  rainister  in  ordine  (1).  Iste  ostendit 
mihi  et  aliis  fratribus  unam  cappam  ligneam,  quara  portabat,  ut  daret  domino  Papae; 
in  qua  cuppa  erat,  in  fundo,  cuiusdam  pnlcherrimae  rcginae  imago,  ut  vidi  oculis  meis, 
non  artificialiter,  seu  opere  pictorio  ibi  depicta,  sed  ex  virtute  constellationìs  ibi  impressa. 
Et,  si  in  centum  partes  secta  fiiìsset,  semper  impressioncm  illius  imaginis  habuisset... 

«...  Item  idem  frater  Johannes  dixit  nobis,  qnod  pulcherrimam  capellam  portabat 
ad  donandum  domino  Papae.  Et  appellabat  capellam,  ut  nobis  exposuit,  omnia  pontificalia 
paramenta,  quae  ad  Missam  celebrandam  diebus  solemnibus  necessario  requiruntur.  Item 
dixit  nobis  idem  frater  Johannes,  quod  multa  fatìgatione  itineris  et  laboris,  et  multa  inedia 
famis  et  frigoris  et  caloris  ad  maximum  Dominum  Tartarorum  pervenit.  Et  quod  lattari 
appellantur,  non  tartari.  Et  quod  comedunt  carnes  equinas,  et  lac  jumentinum  bibunt.  Et 
quod  vidit  ibi  cum  eis  ex  omni  natione,  quae  sub  coelo  est,  exceptis  duabus.  Et  quod  non 
potuit  intrare  ad  magnum  Dominum  Tattarorum,  nisi  purpura  esset  indùtus.  Et  -quod 
honorifice  et  curìaliter  et  benigne  fùit  receptus  et  tractatus  ab  eo.  Et  quod  inquisivit, 
quot  essent  qui  dominabantur  in  partibus  occidentis.  Et  respondit  quod  duo  :  Papa  videlicet 
et  Imperator,  et  ab  istis  duobus  omnes  alii  habebant  dominia.  Iterum  quaesivit  quis  isto- 
rum  dnornm  esset  maior.  Cumque  frater  Johannes  dixisset  quod  Papa,  protulit  litteras 
Papae  et  dedit  ei.  Quas  cum  legi  fecisset,  dixit  quod  rescriberet  Papae  epistolas  respon- 
sivas,  et  daret  sibi;  et  factum  est  ita.  Item  frater  Johannes  scripsit  unum  magnum  li- 
bvum  de  factis  tattarorum  et  aliis  mirabilibus  mtmdi,  secundum  quod  oculis  suis  vidit. 
Et  faciebat  illum  librum  legi,  ut  pìuries  audivi  et  vidi,  quotiens  facta  tattarorum  gravaba- 
tur  referre.  Et  ubi  mirabantur,  vel  non  intelligebant  legentes,  ipse  exponebat  et  disserebat 
de  singulis.  Ex  ilio  autem  libro  nihil  scribere  volui,  nisi  epistolas  superius  memoratas, 
quia  nec  ad  scribendum  tempus  habebam.  Sunt  autem  epistolae  illae  hunc  modum  habentes: 

Epistola  Domini  Tattarorum  ad  Papam  Jnnocentium  quartum  (2). 

«  Dei  fortitudo,  omnium  hominum  Imperator,  magno  Papae  litteras  certissimas  atque 
vcras.  Habito  Consilio  prò  pace  habenda  nobiscum,  tu,  Papa,  et  omnes  christiani  nuntium 
nobis  transmisisti,  sicut  ab  ipso  audivimus,  et  in  tuis  litteris  habebatur.  Igitur  si  pacem 
nobiscum  habere  desideratis,  tu.  Papa,  et  omnes  reges  et  poteiites  prò  pace  dif&nienda  ad 
me  venire  nullo  modo  postponatis,  et  tunc  nostram  audietis  responsionem  pariter  atque 
voluntatem.  Tuarnm  continebat  series  litterarum  quod  debemus  baptizari  eteffici  christiani. 
Ad  hoc  tibi  breviter  respondemus,  quod  hoc  non  intelligimus  qualiter  hoc  facere  debeamus. 
Ad  aliud,  quod  etiam  in  tuis  litteris  habebatur,  scilicet  quod  miraris  de  tanta  occisione 
hominum,  et  maxime  christianorum,  et  potissime  polonoram,  moravorum  et  hungarorum, 
tibi  taliter  respondemus,  qnod  etiam  hoc  non  intelligimus.  Yerumtamen  ne  hoc  sub  silentio 
omnimodo  transire  videamur,  taliter  tibi  dicimus  respondendum.  Quia  litterae  Dei  et  prae- 
cepto  Cuinis-Chan  (3)  et  Chan  non  obedierunt,  et  magnum  consilium  habentes  nuntios  oc- 
ciderunt.  Propterea  Deus  eos  delere  praecepit,  et  in  manibus  nostris  tradidit.  Alioquin 
quod  si  Deus  non  fecisset,  homo  homini  quid  &cere  potuisset?  Sed  vos,  homines  occidentis, 


(1)  Il  Piancarpino  fa  Custode  di  Sassonia  (1223-24),  poi  Ministro  della  stessa  provincia 
(1228-30),  indi  Ministro  in  Spagna  (1230-32),  e  di  nuovo  Ministro  di  Sassonia  (1232-39).  Cfr. 
Anal.  frane,  t.  Ili  p.  266  e  gli  autori  citati  ibidem  in  nota. 

(2)  Dobbiamo,  come  abbiamo  detto,  al  Salimbene,  se  oggi  possediamo  integro  il  testo 
di  queste  lettere  del  Gran  Kan.  Il  D'Avezac  (nella  prefazione  al  Piancarpino  p.  198-99),  e 
prima  di  lui  Abele  Rémusat  (nelle  Mémoiree  de  l'Académie  dee  Inscriptione  t.  VI  p.  428), 
pubblicarono  il  testo  di  queste  stesse  lettere,  ma  monco  in  fine  e  in  alcuni  punti  variante, 
quale  ce  lo  tramandò  il  Cod.  Colbertino  che  contiene  il  compendio  dell'itinerario  dettato  a 
Colonia  da  fìr.  Benedetto  polacco,  compagno  del  Piancarpino.  Vedine  il  testo  nel  seguente 
art.  su  £r.  Benedetto  di  Polonia. 

(3)  Ossia  Gingis-Chan;  perciò  nel  cod.  Vaticano  dev'esser  scritto  Cincis  Chan,  e  non 
Cuinis  come  qui  e  più  sotto  lessero  gli  editori  dì  Parma. 


SECOLO  XIII.  193 


solos  vos  cliristianos  esse  crcditis,  et  alios  dcspicitis  ;  sed  qnotnodo  scire  potestis.  cui  Dons  66 
suam  gratiam  conferro  dignetor?  Nos  autem  Deum  adorando,  in  fortitudine  Dei  ab  oriente 
usque  ad  occidentem  delevimus  omncm  terram  ;  et  si  haoc  Dei  fortitudo  non  esset,  homincs 
quid  facere  potuissent?  Vos  autem  si  paconi  suscipitis  et  vestras  nobis  vultis  tradore  for- 
titadines,  tu,  Papa,  cum  potentibus  christianìs  ad  nio  Tenire  prò  pace  facienda  nullo  modo 
differatìs  ;  et  tunc  sciemus  quod  vultis  pacem  habcre  nobiscum.  Si  vero  Dei  et  nostris  lit- 
teris  non  credideritis,  et  consilium  non  audieritis,  ut  ad  nos  voniatis,  tunc  prò  certo  scie- 
mus quod  guerram  habere  vultis  nobiscum.  Post  hoc  quid  futurum  sit,  nos  nesciraus  ;  solus 
Deus  novit.  Cuinis-Chan  (1)  primns  Iraperator.  Sccundus  Thaday-Chan  (2).  Tertins  Tnjucli- 
Cban  (3)».  —  «Non  plus  continebatur  in  littcris  Domini  Tattarorura  missis  ad  Papam  ». 
(p.  82-85). 

Poi  più  sotto,  ritorna  a  parlarci  dello  stesso  fr.  Giovanni  da  Piancarpino  ;  dopo  averci 
enumerate  quattro  principali  invasioni  de' barbari  in  Italia,  continua: 

«...  Quinto  et  ultimo  (et  utinam  ultimo!)  tattari  venire  disponunt,  et  Italiam  oc- 
cupare, prout  retulit  frater  Johannes  de  Plano  Carpi,  qui  cum  magno  Domino  tattaro- 
rum  familiaritcr  fuit  locutus.  Et  est  Planum  Carpi  in  perusino  districtu.  Et  nota,  quod 
tempore  Papao  Gregorii  noni,  primo  insonuerunt  rumores  de  tattaris.  Secundo,  Papa  In* 
nocentius  quartus  fratrem  lohannem  de  Plano  Carpi  misit  ad  eos.  Tertio,  Papa  lohannes 
XXI  iterum  misit  ad  eos  sex  fratrés  Minorcs,  duos  de  provincia  Bononiae,  quorum  unus 
erat  lector,  frater  Antonius  de  Parma;  alius  discretus  homo,  scilicet  frater  loJumnes  de 
Sancta  Agatha;  et  totidora  de  provincia  Marchiae  anchonitanae,  et  totidem  do  Tuscia 
fratres  lectores,  cum  tribus  discretis.  Lector  Tusciao,  qui  ivit  ad  tattaros,  fuit  frater  Gè- 
rardus  de  Prato,  cum  quo  habitavi  in  conventu  pisano,  quando  eramns  juvenes.  Hic  fuit 
germanns  fratris  Arlotti,  qui  con  venta vit  Parisius,  et  factus  est  cathedralis  magister.  Ec- 
vcrsi  sunt  itaque  fratres  Minores  a  tattaris  valde  sospites,  et  multa  dicebant  de  eis,  ut 
ab  eis  audivi  auribus  meis  (4).  Porro  cum  frater  Johannes  de  Plano  Carpi,  rediens  a 
tattaris,  Lugdunum  venisset  ad  Papam  Innocentium  quartum,  et  retulisset  ei  rumores  de 
tattaris  et  epistolas  rep/aesentasset  et  dedisset  donaria,  quinqne  fecit  sibi  Dominus  Papa. 
Prìmum  fuit,  quia  curia  iter  eum  vidit,  et  benigne  et  familiarìter  eum  tractavit.  Secnndnm 
fuit,  quia  tenuit  eum  tr  bus  mensibus  socmn,  quousque  a  parmensibns  capta  et  dostructa 


(1)  Leggi:  Gingis-Chan,  legislatore  e  primo  imperatore  de' Tartari. 

(2)  Leggi:  Chaday,  o  Koday  o  Okkoday-Kan,  secondo  imperatore  (1227-41)  e  successore 
di  6engis-Kan. 

(3)  Leggi  :  Kuyuk  o  Gujuk-Kan  (terzo  imperatore  e  figlio  di  Okkodaj-Kafì)  autore  della 
presente  lettera,  eletto  imperatore  nell'  agosto  del  1246,  presente  il  Piancarpino.  In  vari  testi 
erroneamente  è  detto  Cuyne  per  Cuyuc  o  Kuyuk. 

(4)  Fr.  Gerardo  <  vir  religìosQs  et  doctus  » ,  fratello  germano  del  Generale  fr.  Arlotto 
da  Prato  (1285-86),  era  stato  studente  a  Pisa  con  fr.  Salimbenei  tra  il  1241-46,  e  terminò 
i  suoi  studi  a  Tolosa  dopo  il  1248  (Salimb.  p.  139).  Da  Urbano  IV,  con  lettere  de' 22  lugl. 
1264,  fu  spedito  apocrisario  con  fr.  Rainerio  da  Siena  a  Costantinopoli  presso  l' inip.  Mi- 
chele Paleologo  (Wadd.  an.  1264  n.  2;  Sbaral.  IL  p.  564).  Poi,  nell'aprile  1278,  con  i  frati 
Ant.  da  Parma,  Giov.  da  S.  Agata,  Andr.  da  Firenze  e  Matt.  d'Arezzo  fa  mandato  ad 
Abaga  re  de' Tartari  orientali,  ed  al  Gran  Kan  imp.  de' Tartari  (Wadd.  an.  1278,  n.  8-10. 
Sbaral.  III.  p.  289-99).  —  Premesso  questo,  osserviamo:  frate  Salimbene  ricorda  questa  le- 
gazione presso  i  Tartari  composta  di  sei  frati,  due  per  ogni  provincia  cioè  di  Bologna, 
delle  Marche  e  della  Toscana  ;  tre  cioè  lettori  o  maestri  in  teologia,  con  tre  altri  detti  discreti;. 
e  la  dice  inviata  da  Giov.  XXI,  il  che  sarebbe  tra  il  15  sett.  1276  e  il  16mag.  1277,  epoca 
del  pontificato  di  Giovanni.  Ora,  se  il  Salimbene  non  erra  nel  nome  del  papa  che  li  inviò, 
dobbiamo  registrare  due  differenti  Missioni  fra  i  Tartari  capitanate  da  fr.  Gerardo:  una 
verso  la  fine  del  1276  sotto  papa  Giov.  XXI,  ricordata  dal  Salimbene  con  sei  frati,  e 
r  altra  nell'  aprile  del  1278  sotto  Nicolò  III,  coi  soli  quattro  compagni  mentovati  nelle  snc* 
citate  lettere  papali. 

BibUot.  —  Tom.  I.  18 


194  BIBLIOTECA 


66  fnit  Victoria  civitas  (1),  et  Imperator  ab  eis  expnlsus  atque  fngatns:  nam  semper  tenebat 
sex  fratres  Minores  secum  quamdia  vixit,  ut  vidi  oculis  meis.  Tertiurn,  quia  commendavit 
oum  Papa  de  labore  suo  et  fidelitate  :  dixit  ergo  ei  Papa  :  «  henedicaris  tu,  fili,  a  Domino 
lesu  Christo  et  a  me  Vicario  sìw,  quia  in  te  video  impletum  Salomonis  verbum,  quod 
in  Proverbiis  dicit,  XXV  etc.  ».  Quartum  fnit,  quia  dedit  ei  archiepiscopatuni  Antivaren- 
sem,  dicons,  Matth.  XXV  etc.  Quintum,  quia  itcrum  fecit  oum  legatum  ad  Lodovicum 
Eegem  Franciae  dirigendo.  Ad  quid  autem  eum  ad  Eegem  Franciae  miscrit,  frater  lohanncs, 
CUOI  inquirebatur  ab  eo,  manifestare  nolobat.  Causa  autem  hnjus  Icgationis  creditur  haec 
fuisse.  Innocentius  Papa  Fridericum  deposuerat  ab  Imperio,  et  parmenses  rebellaverunt 
contra  Imperinm,  insuper  et  de  civitate  sua  expulerant  et  opprobriose  fugaverant,  et  Vi- 
ctoriam  civitatem  suam,  quam  juxta  Parmam  fecerat,  omnino  destruxerant,  ita  ut  nullum 
penitus  de  ea  remaneret  vestigium.  Et  ideo  ex  omnibus  istis  injuriis  impatientissimus  erat 
factus,  et,  voluti  si  ursa  raptis  foetibns  in  saltu  saeviat,  totus  inflammatus  ad  iram  et  in 
furorem  conversus.  Nam  post  fugam  ivit  Cremonam,  et  postea  venit  ad  Torexellam,  et 
circa  Parmam  versabatur  et  faciebat  mala  quae  poterat,  et,  quae  facoro  non  poterat,  mi- 
nabatur.  Et  multa  mala  fecit,  antequam  rodirct  in  Regnum,  ut  infra  dicemus,  et  ut  in 
alia  posuimus  chronica.  Cognoscens  igitur  Papa  quod  Fridericus  maxiraus  persocutor  esset 
Ecclesiae,  et  quod  venenum  libenter,  si  possot,  effunderet,  et  de  persona  sua  non  modicura 
timens,  misit  rogando  Regcm  Franciae,  quod  suum  differret  passagium,  quonsque  cogno- 
sceret  quid  de  Friderico  finaliter  faceret  Deus.  Allegabat  praeterea,  quod  in  Italia  multi 
infidelos,  et  pessimi  atque  perversi  et  pestilentes  homines  versabantur,  viri  inopes  et  la- 
trocinantes,  et  aere  alieno  oppressi,  qui,  congregati  cum  Friderico,  eum  quasi  principem 
scquebantur,  et  bona  ecclesiastica  dissipabant.  Quid  plnra  ?  Nam  Papa  laboravit  incassum  ; 
quia  non  potuìt  avertere  Regem  a  desiderio  transfretandi,  eo  quod  parati  essent  crucesi- 
gnati,  et  omnes  ad  transfretandum  impensae.  Et  misit  dicendo,  quod  committerct  Papa 
factum  Priderici  divino  iudicio,  quia  Deus  est  qui  gradientes  in  superbia  potest  humiliare. 
Igitur  Lodovìcus  Rex  Franciae,  obstinato  animo  et  irrevocabili  proposito,  ac  mente  prompta, 
atque  devota,  disponebat  penitus  transfretare,  et  quam  celerius  posset  Terrae  Sanctae  dare 
succursum  (2).  Cum  igitur  primo  vidi  fratrem  lohannem  de  Plano  Carpi,  qui  redibat  a 
tattaris,  sequenti  die  ivit  Lugdunum  ad  Papam  Innocentium,  qui  miserat  eum.  Ego  vero 
arripui  iter  ut  Franciam  irem  ...»  (p.  86-87). 

«  Et  ecce  frater  Johannes  de  Plano  Carpi  redibat  a  Rege,  ad  quem  miserat  eum 
Papa.  Et  habebat  librum  quem  de  tattaris  fecerat;  et  fratres  legebant  coram  eo,  et  ipse 
interpretabatur,  et  exponebat  quae  videbantnr  obscura  et  intellectu  difficilia  ad  credendum. 
Et  comedi  cum  fratre  lohanne  tam  in  domo  fratrum  Minorum,  quam  extra  in  abbatiis 
et  solemnibus  locis,  non  semel,  ncque  bis.  Invitabatur  enim  libei  ter  et  frequenter  tam 
ad  prandium,  quam  ad  coenam,  tum  quia  legatus  Papae,  tum  quia  ad  Rogem  Franciae 
missus,  tum  quia  a  tattaris  venerat,  tum  etiam  quia  ex  ordine  fratrum  Minorum  erat,  et 
sanctissimae  vitae  credebatur  ab  omnibus.  Nam,  cum  fui  Cluniaci,  dixerunt  mihi  monachi 
clnniacenses  :  «  utinam  semper  iales  legati  mitterentur  a  Papa  qualis  fuit  frater  Johannes, 
qui  a  tattaris  rediit!  Nam  alii  legati,  si  possunt,  ecclesias  expoliant,  et  quicquid  possurit 


{\)  Il  17  marzo  1248.  Cfr.  Baluzii-Mansi  Miscellanea  1. 1.  p.  200  e.  26.  —  Muratori  Script. 
t.  IX  col.  774-75  in  Chron.  Parmense. 

(2)  A  tutti  è  noto  l'esito  lacrimevole  tanto  dì  questa  prima  crociata  (1250)  in  Egitto, 
quanto  di  quella  seconda  in  Tunisi  (1270),  nella  quale  il  Santo  re  lasciò  la  vita  sulla  spiaggia 
di  Cartagine.  Il  Salimbene  ci  racconta  come  il  primo  disastro  de'  Crociati  produsse  in  Francia 
grande  ira  contro  i  Francescani  e  Domenicani  che  vi  avevano  predicata  la  croce.  La  gente 
stolta  che  aveva  dato  ascolto  alle  turme  de' pecorai  francesi,  che  declamavano  quod  mare 
operi',  l  debebat  ad  regem  Franciae  ulciscendum,  ora,  bestemmiando  Dio,  se  la  pigliava  coi 
frati  e  diceva  Maometto  più  potente  di  Cristo  !  (p.  225).  «  E  questa  è  pittura  del  tempo  (dice 
uno  savio  scrittore)  o  meglio  del  misero  orgoglio  umano,  che  in  ogni  tempo  si  fa  Dio  a  pro- 
pria immagine,  e  lo  vorrebbe  aiutatore  dei  suoi  conati,  complice  delle  sue  passioni,  e  pronto 
rimuneratore  d' ogni  atto  che  dice  di  fare  a  gloria  sua  > .  M.  Tabarrini  Studi  di  critica 
storia  (Firenze  1876)  pag.  169. 


SECOLO  xm.  195 


asportare,  asportant.  Fraiér  vero  lohannes,  cum  transivit  per  nos,  nihil  accipere  voluit,  56 
nisi  pannum  prò  una  tunica  prò  socio  suo  » .  Et  cognosce  ta,  qui  legis,  qnod  menaste- 
rioni  cìaniacense  est  nobilissimum  monasterium  monachornm  nigrorum  in  Bnrgnndìa  or- 
dinis  sancti  Benedicti.  Et  sunt  ibi  plures  priores  in  clanstro.  Et  in  praedicto  loco  tanta 
est  mnltitndo  domornm,  qnod  Papa  cum  cardinalibns  et  cnm  tota  cnria  sna  posset  ibi  hos- 
pitari,  et  Imperator  similiter  et  eodem  tempore  cnm  sua,  sine  monachorum  detrimento. 
Nec  esset  necesse  propter  hoc,  quod  aliquis  monaehns  de  cella  sua  egrederetur,  et  incom- 
modnm  aliquod  snstineret.  Kota  etiam,  qnod  ordo  sancti  Benedicti  quantum  ad  monachos 
nigros,  longe  melius  servatur  in  partibus  nltramontanis,  quam  in  partibus  italicis».  (Salimb. 
Chron.  p.  88-89). 

B)  —  Ex  vita  Innocentii  Papae  IV. 

Dopo  il  racconto  del  Salimbene,  non  dispiaccia  allo  studioso  di  udire  anche  il  breve 
cenno  che  consacrò  al  Piancarpino  un  altro  suo  confratello  e  contemporaneo,  lo  storico 
frate  Nicolò  de  Curbio  Minorità,  cappellano  e  confessore  d' Innoc.  IV  : 

<  Ad  Tartaros  gentem  amaram,  nullius  religionis  et  ritus,  quae  prae  sui  multitudine 
repleverat  quasi  universam  faciem  partium  Orientis,  missus  est  [ab  Inn.  IV]  vir  multae 
rel^onis  frater  lohannes  de  Planocarpino  ordinis  Minorum,  Poenitentìarius  ipsins,  post- 
modum  Archìepiscopus  Antinacensis  [corrige:  Antibarensis  1248  —  1  Aug.  1252  f]. 
Qui  transiens  per  terram  desertam,  inviam  et  inaquosam  et  per  diversarum  viarum  am- 
fractus,  in  fame  et  siti,  trigore  et  nuditate,  ad  illos  post  multos  fere  per  annum  labores 
graves  et  Tarios,  duce  Domino  est  deductus,  alloquens  eos  postmodum  per  inierpretem, 
cum  ignotae  linguae  ab  habitabili  nostra  zona  penitus  habentur  ;  multo  laboravit  studio  si 
quo  modo  reciperent  verbum  Dei  et  ad  ovile  fidei  catholicae  vocarentur.  Hic  solus  ad 
ipsornm  Regem  pervenit,  cum  plurimi  hoc  teutassent,  nec  nnquam  ipsum  attingere  potuis- 
sent,  et  propter  ipsius  dlstantiam,  qui  erat  in  ultima  parte  sui  ezercitus  constitutus,  qui 
qnidem  exercitus  in  longum  nimium  tendebatur.  Destinavit  quoque  [Pontifex]  ad  infideles 
paganos,  Soldanos  videlicet  Babiloniao  et  Iconiae,  et  alios  quoque  plures,  nuntios  speciales, 
viros  religiosos  ordinis  Minorum  et  Praedicatorum,  doctos  in  scientia  verbi  Dei,  ut  et  ipsi 
abdicato  infidelitatis  errore  venirent  ad  fidem  et  ad  notìtiam  verìtatis.  Quod  qnidem  gavisi, 
honorantes  plurimum  nuntios  memoratos,  per  quos  omnes  rescripserunt  ipsi  summo  Pon- 
tifici, quamquam  in  snae  infidelitatis  velamine  remansissent  (1)  ». 

Biportate  queste  due  testimonianze  di  due  storici  che  conobbero  il  Piancarpino,  diamo 
ora  alcuni  cenni  de'  pochi  codici  che  si  conoscano  contenere  più  o  meno  intera  la  relazione 
del  celebre  ambasciatore,  e  in  ultimo  daremo  tutto  il  testo  della  relazione  che  trovammo 
nella  Nazionale  di  Torino. 

1* —  Ma.  Leyde-Petau.  Ossia  il  ms.  di  Paolo  Petan  oggi  nella  biblioteca  del- 
l' Università  di  Leiden  in  Olanda  (2).  Sul  margine  inferiore  del  primo  foglio  porta  l' im- 


(1)  Vita  Innoc.  IV  a  fr.  Nicolao  de  Curbio  in  Miscellanea  Balazii-ÌIansi  t.  I.  p.  198. 
—  Da  altre  memorie  contemporanee  abbiamo:  «Post  Concilium  (Lugdunense  an.  1245)  Papa 
mittit  nnncios  Minores  Fratres  ad  regem  Tartarorum  et  alios  nnncios  ad  Soldanum  Egypti, 
hortans  eam  per  epistolam  ad  paeem  cnm  Christianìs  habendam  > .  Annoi.  S.  PcuUaleon.  in 
Mommi.  Germ.  hiat.  t.  XXII  p.  540.  —  E  uno  statato  dell'  Ordine  Cisterciense  prescriveva 
nel  1245  speciali  preghiere  ordinate  dal  Papa  :  «  Pro  Praedicatorìbus  et  fraMbus  Mlnorìbas^ 
quos  misit  D.  Papa  ad  partes  remotissimas  prò  negotio  fidei,  scrìbens  prò  ipsis  eapitulo  ge- 
nerali, dicantar  semel  VII  psalmi  a  singnUs  monachis,  et  septies  Pater  noster  a  singnlis 
con*,  ersis  per  ordinem  universum  » .  Martene-Durond  Themttnts  noma  anecdotorum  t.  IV 
col.  1385  n.  12. 

(2)  Da  un  facsimile  del  Ms.  riprodotto  noli'  edizione  del  D' Avezac,  evidentemente  sì  scorge 
l'antichità  del  cod.  che  è  certo  della  prima  metà  del  sec.  XIV,  seppur  non  sia  dell' nUima 
metà  del  sec.  XIII. 


196  BIBLIOTECA 


66  pressione  ài  questo  jilno  parole  Acad.  Lugd.  che  ci  indicano  V  antica  sna  provenienza.  Con 
tutta  ragiono  il  D' Avezac  prescelse  questo  cod.  per  baso  o  testo  principale  della  sua 
edizione,  rimandando  in  nota  i  non  pochi  errori  dell'  amanuense,  e  correggendo  il  tosto 
collo  migliori  lezioni  dogli  altri  4  codd.  da  esso  studiati.  Se  non  che,  invece  di  darci  il 
testo  genuino  del  Pctau,  collo  varianti  degli  altri  codd.  in  nota,  egli  credè  bene  di  ser- 
virsene per  fondamento  e  darci  ricostruito  un  testo  quasi  tutto  nuovo  con  giunte  più  o 
meno  notabili  degli  altri  quattro  codd.  e  del  compendio  di  Vincenzo  di  Beanvais.  Modo 
questo  di  pubblicare  i  testi  che  oggi  non  garba  punto,  e  a  ragiono,  per  chi  se  ne  intende. 
Un  altro  difetto  del  D'  Avezac  è  quello  puro  di  non  averci  descritti  neppnr  menomamente 
i  codd.  da  esso  usati,  meno  poi  indicataci  la  dipendenza  e  la  relazione  che  vi  ù  tra  loro. 

Il  cod.  Loydfì-Petau  v  senza  dubbio  il  testo  più  completo  che  si  conosca  della  re- 
lazione del  Piancarpino,  ed  è  il  solo  che  contenga  nella  supposta  sua  integrità  anche  la 
seconda  parto  della  relazione  (conosciuta  fìn  qui  soltanto  nel  compendio  del  Bellovacenso), 
non  elio  l'importante  epilogo  dell'opera,  che  manca  negli  altri  codd.  esaminati  dal  D' Avezac. 
Data  r  importanza  di  questo  cod  e  la  grande  rarità  dell'  edizione  del  D'  Avezac,  noi  a 
comodità  degli  studiosi  crediamo  bene  riportare  qui  gli  incipit  e  gli  cxplicit  delle  princi- 
pali parti  di  cui  si  compone  la  relazione  del  Piancarpino  secondo  il  cod.  Lejde-Petau, 
sfiìv/si  le  interpolazioni  o  giunte  del  D'  Avezac  (1). 

Il  titolo  generalo  della  relazione  è  «  Incipit  hystoria  Mongalorum  quos  nos  tartaros 
nppellamus*.  Notiamo  col  D'  Avezac,  che  tutta  questa  Historia  si  compone  di  due  parti  ben 
distinto  ;  nella  prima  parte,  che  abbraccia  i  primi  otto  capitoli,  sono  descritti  il  paese,  i 
costumi  ©  la  storia  do' Tartari  (in  D' Avezac  p.  207-341);  e  nella  seconda  parte,  conte- 
nuta nel  nono  o  ultimo  capitolo,  il  Piancarpino  descrive  il  suo  itinerario,  gli  avvenimenti 
occorsigli,  V  udienza  di  Euyuk-Ean,  e  il  suo  ritorno  (in  D'  Av.  p.  341-377). 

Al  Prologo,  che  in  altri  codd.  è  detto  epistola,  precede  una  salutatio  o  direzione: 
«  Otnnibus  fidelibus  ad  quos  praesens  scriptum  pervenerit,  fr.  Johannes  de  Plano  Carpini 
or.  fr.  Min.  scdis  aposi,  nuncitis  ad  Tartaros  et  ad  nationes  alias  Orientis,  Bei  graiiam 
in  praesenti,  et  gloriam  in  futuro,  et  de  inimicis  Dei  et  D.  N.  I.  C.  victoriam  trium- 
plialem.  Ea^licit  salutatio. 

«  Incipit  prologus  :  Cum  ex  mandato  sedis  apostolicao  iremus  ad  tartaros  et  ad  na- 
tiones alias  Orientis,  et  sciremus  domini  papae  ac  venerabilium  oerdìnalium  voluntatem, 
elegiinus  prius  ad  tartaros  proficisci  ;  timebamus  enim  ne  per  eos  in  proxìmo  ecclesiae  Dei 
periculum  ìmmineret.  Et  quamvis  a  tartaris  vel  alìis  nationibus  timeremus  occidi,  vel  per- 
petuo captivarì,  vel  &me,  siti,  algore,  aestu,  contumeliis  et  laboribus  nimiis,  quasi  ultra 
vires  àffiigi,  quae  omnia  multo  plus  quam  prius  crediderimus,  excepta  morte  vel  captivitaie 


(1)  Relation  de»  Mongds  cu  Tartarea  par  le  frhre  Jean  du  Pian  de  Carpm  de  V  ordre 
deg  frhres  tnineura,  legai  du  Saint- Siége  Apoatolique,  Nonce  en  Tartarie  pendant  tea  annéea 
1245-1247  et  Archevéque  d' Antivari.  Première  édition  complète  publtée  d' après  tea  manuscrita 
de  Jjeyde,  de  Parta  et  de  Ixmdrea  et  précédée  <f  une  notice  aur  lea  anciena  voyagea  en  Tartarie 
en  general,  et  aur  celui  de  Jean  du  Pian  Carpiti  en  particidier,  par  M.  D' Avezac  dea  aoeiétéa 
géogruphiqnea  de  Paria,  de  Londrea  et  de  Franefort,  de  la  aociété  Aaiatique  eie.  Paris,  Ar- 
tlius- Bertrand,  1838  in  4"  di  pp.  392.  Con  una  carta  geografica  dell'  itinerario  del  Piancar- 
pino. È  questa  la  prima  edissione  da  noi  citata,  o  piuttosto  una  edizione  di  pochi  esemplari 
tirata  a  parte  «  pour  Hre  diatribuée  aux  amia  de  V  avfatr  »  (esemplare  nella  Nazionale  di 
Firenze),  la  quale,  I'  anno  seguente  1839,  nello  stcssu  formato  e  tipi  fu  inserita  nella  raccolta 
delle  memorie  della  società  geogr&Rc&  di  Parigi  Recueil  de  Voyagea  t.  IV  pp.  400-779.  Ambe 
le  edizioni  ormai  sono  più  che  rare. 


SECOLO  XIII.  197 


perpetqa,  iiobis  mnltiplicitor  eTeiierant:  non  tamon  pcporcinius  nobis  ipsis  nt  voluntiitem  55 
Dei,  socandam  domini  papac  mandatam,  adimplcro  posscmus,  et  nt  prufìcorcnms  in  aliquu 
Christianis  vel  saltem,  scita  veracitor  voluntate  et  intentione  ipsorum,  posscinns  illam  pa- 
tofacere  Christianis,  ne  forte  sobito  irruentes  inTeniront  cos  impraeparatos,  siciit  peccatìs 
liominnm  cxigentibas  alia  vico  contigit,  et  facerent  magnani  stragom  in  pepalo  Christiane. 
Unde  qnaecumque  prò  vostra  ntilitato  vobis  scribimns  ad  cantolam,  tanto  eecurius  crederò 
dcbetis,  quanto  nos  cnncta  vel  ipsi  ridimns  ocnlis  nostri»,  qni  per  annum  et  qnutuor 
menscs  et  amplins,  per  ipsos  pariter  et  com  ipsis,  ac  fuinins  inter  cos,  vel  audivinins  a 
Christianis  qni  snnt  inter  eos  capti  et,  nt  crcdimns,  fìde  dignis.  Mandatum  mini  a  sniiinio 
pontifico  habnimas  at  cnncta  perscrutaremur,  et  videremns  omnia  diligenter;  quod  taui  nos, 
quam  frater  Benedictns  Polonas  (1)  einsdem  Ordinis,'qui  nostrae  tribnlatienis  fuit  socins 
et  intorpres,  focimns  studiose.  Sed  si  aliqna  scribiraus  propter  notitiani  logcntiuni,  qnae  in 
partibns  Ycstris  nescinntnr,  non  debetis  propter  hoc  nos  appellare  mendaces,  qui  vobis  re- 
forimns  alia  (2)  quae  ipsi  vidimus,  vel  ab  aliis  prò  certo  audivinins,  qnos  esse  credimus 
fido  dignos.  Imo  est  valde  crudele  ut  homo  propter  bonum  quod  facit  ab  aliis  infa- 
metur  (3)  ». 

Dopo  il  riportiito  prologo,  viene  il  seguente  sommario  di  tutta  l'opera,  e  divisio  libelli 
per  capitula,  come  la  chiama  il  D'Avewic:  «  Volentes  igitur  facta  scribcre  Tartarornm, 
ut  Icctorcs  valeant  facilius  invenire,  hoc  modo  per  capitula  describemns:  primo  quìdeni 
dicemns  do  terra,  secundo  do  hominibns,  tertio  de  ritu,  quarto  de  moribns,  quinto  do 
ipsorum  imperio,  sexio  de  bellis,  septimo  de  terris  quas  eorum  dominio  snbiugarunt,  odavo 
quomodo  in  bello  occurratur  eisdem,  ultimo  (4)  do  via  quam  fccimus  et  curia  imperatoris 
et  tostibns  qui  in  terra  Tartarornm  nos  invenernnt  * . 

Segue  quindi  il  testo  della  relazione,  la  quale,  cuine  abbiamo  osservato,  si  divide  in 
duo  parti  distinte  dal  diverso  argomento: 

La  prima  parte,  cho  contiene  i  primi  otto  capitoli,  tratta  della  regione,  usi,  costumi, 
culto,  monarchi,  guerre,  o  storia  de'Tartari.  Le  rubriche  do' capitoli  sono: 

Cap.  I.  De  terrac  tartarornm  situ,  et  qualitate  ipsius,  et  dispositiono  aeris  in  eadcm. 

Cap.  IL  De  personis  et  vestibus,  et  habitaculis,  de  rebus,  de  ipsorum  conjugio. 

Cap.  IH.  De  cultu  Dei,  de  hiis  quae  credunt  esso  peccata,  de  divinationibus  et  ex- 
purgationibns,  et  ritu  funeris. 

Cap.  IV.  De  moribus  bonis  et  malis,  et  consuetudini  (bus)  «t  cibis  eorum. 

Cap.  V.  De  principio  impcrii  tartarornm  et  principum  eorum,  et  dominio  imperatoris 
et  principum  eius. 

Cap.  VI.  De  bello  et  ordinatone  acicrum  et  armis  et  astuciis  et  congregatione  et 
crndelitate  captivorum  [=  in  captivos],  et  oppugnatone  munitionum,  et  perfidia  eorum  in 
hiis  qui  se  reddunt  eisdem. 

Cap.  VII.  Quomodo  faciunt  [cum]  hominibus  pacem,  et  de  terrarum  nominibus  quas 
subjugaverunt,  et  de  tyrannide  quam  exercent  in  hominibns  suis,  et  de  terris  quae  eis 
restiterunt. 


(1)  Il  nome  Polonua  trovasi  soltanto  in  questo  cod.  di  Leyde-Petau. 

(2)  Corrige  Ula. 

(3)  Tutto  quest'ultimo  periodo  (da  Sed  si  aliqiia  fino  alia  fine  »i/a»t«fur)  manca  negli 
altri  4  codd.  del  D'  Avezac. 

(4)  Quest'  ultimo  titolo  dell'  ultimo  capitolo  manca  nel  sommario  degli  altri  codd.,  perchè 
manca  in  loro  tutto  questo  capitolo  che  contiene  la  seeondn  parte  della  relazione,  contenuta, 
come  abbiamo  osservato,  nel  solo  cod.  Leyde-Petau. 


198  BIBLIOTECA 


66  Cap.  Vili.  Quomodo  bello  tartaris  occarratur,  et  qood  attondnnt  [corr.  quid  inten- 

dant],  et  de  armis  et  ordinatione  aciornm  et  qnomodo  occnrratnr  eornm  astaciis  in  pugna 
et  mnnitione  castrorum  et  comitatnm,  et  quid  facìcndnm  est  de  captivis.  —  Qnest'  ultimo 
capitolo  contiene  delle  istruzioni  ai  cristiani  per  difendersi  dai  Tartari.  Esso  termina  con 
questa  clausola,  che  troviamo  soltanto  nel  cod.  Leyde-Petau  che  descriviamo:  «Haec  autem 
quao  superius  scripta  sunt,  nt  illi  qui  viderunt  et  audierunt,  tantum  duximns  referendum, 
non  ut  instrnamus  discretos  qui  per  exercitum  [probabil.  exercitium]  pugnae,  bellorum 
noverint  astucias  ;  credimus  onim  quod  multa  meliora  et  utiliora  cogitabunt  et  facient  illi 
qui  ad  hoc  pmdentes  sunt  et  instmcti  ;  poterunt  tamen  per  illa  quae  superius  dieta  sunt, 
habere  de  eis  occasionem  et  materiam  cogitandi.  Scriptum  est  enim:  Audiens  [sapiens] 
sapientior  erìt,  et  intelligens  gubernacnla  possidebit  (1)  ». 

La  seconda  parte  della  relazione,  che  trovasi,  come  dicemmo,  soltanto  in  questo  cod. 
Leyde-Pctau,  contiene  il  IX"  o  ultimo  capitolo  con  questa  rubrica  in  D' Avezac  : 

Capitulum  uUimi*m.  De  provinciis  et  situ  earnm  per  quas  transivimus,  et  de  curia 
impcratoris  Tartarorum  et  prìncipum  eius,  et  de  testibus  qui  nos  invenerunt  ibidem.  — 
Esso  principia  con  questi  due  capoversi;  cioè  sommario:  Dicto  quomodo  bello  occurratur 
eìsdem,  ultimò  dicemus  de  via  quam  fecimus  etc.  ;  e  testo  :  «  Cum  iam  proposuissemns, 
ut  dictum  est  prins  alias  (2),  ad  Tartaros  proficisci,  ad  r^em  pervenimus  Boemorum  ...», 
e  termina:  «Sunt  et  testes  mercatores  de  Gonstantinopoli...  Michael  Genuensis  ...Petrus 
Paschami  ;  ali)  plures  fuerunt,  sod  eorum  nomina  nescimus  » .  Cui  immediatamente  segue 
questo  epilogo  importante,  perchè  ci  ricorda  una  compilazione  anteriore  e  più  breve: 

«  Bogamus  cunctos  qui  legunt  praedicta,  ut  nihil  immutent  nec  apponant  ;  quia  nos, 
omnia  quae  vidimus,  vel  audivimus  ab  aliis  quos  credebamns  fide  dignos,  sicut  Deus  testis 
est,  nihil  scienter  addentes,  scripsimos  praevia  ventate.  Sed  quia  illi,  per  quos  transitum 
fccimns,  qui  sunt  in  Polonia,  Boemia  et  Teutonia  et  in  Leodio  (3)  et  Campania  (4),  supra- 
scriptam  historiam  libenter  habebant,  idcirco  eam  rescrìpserunt  antequaxn  esset  com- 
pleta et  etiam  piane  contraota,  quia  nondum  tempus  habueramus  quietis,  ut  eam  pos- 
semns  compiere  piene.  Ideo  nemo  miretur  quod  in  ista  plura  sint  et  melins  correcta  quam 
sint  in  illa  ;  quoniam  istam,  postquam  habuimus  qualecunque  ocium,  correximus  ad  plenum, 
et  perfecimus  illa  quae  nondum  erant  completa.  Eocplicit  hystória  Mongolorum  quos  nos 
Tartaros  appellamus  * . 

Descritto  cosi  il  principale  ms.  di  Leyde-Petau,  notiamo  anche  i  quattro  seguenti  codd. 
usati  dal  D'  Avezac. 

2"  —  Ms.  Lord  Lumley.  Edito  già  dal  Hakluyt  nella  fine  del  sec.  XVI  (5).  Esso 
contiene  il  prologo  e  la  prima  parte,  ossia  i  primi  otto  capitoli  della  relazione  :  e  non  di- 
pende dal  compendio  del  Bollovacenso,  poiché  questo  contiene  molte  cose  che  non  si  tro- 
vano nel  ms.  Lumley.  Questo  ms.,  secondo  il  D'  Avezac,  è  una  frazione  della  relazione 
originale  del  Piancarpino. 


(1)  Gli  altri  quattro  codd.  del  D'  Avezac  (Colbert,  Lumley,  Dupuy  e  Londinese)  ter- 
minano prima,  e  senza  questa  clausola,  con  le  parole:  «...plura  mala  fecerunt  eis  quam  alii 
(jui  sunt  eorum  adversarii  manifesti  * .  11  cod.  Colbert  aggiunge:  expliciunt  gesta  Tartarorum. 

(2)  Questa  espressione  pure  tradisce  evidentemente  la  posteriorità  dì  tempo  in  cui  fu 
compilato  quest'  ultimo  capo,  o  seconda  parte  del  libro. 

(3)  Liegi  nel  Brabante. 

(4)  Champagne  prov.  della  Francia. 

(5)  The  Principal  navigatìons  t.  I  p.  21-37:  opera  pubblicata  nel  1598  a  Londra,  e  ri- 
stampata nel  1809. 


SECOLO  xni.  199 


3"  —  Ms.  British  Museum:  di  Londra,  sognato  ms.  reg.  13.  A.  del  scc.  XIV,  in  4";    65 
ai  foli.  198  principia   la   relaziono   del   Piancarpino,  che  contiene  la  sola  prima  parte  e 
termina  col  cap.  ottavo  come  il  ms.  di  Lamley.  Molto  numerose  le  sue  varianti. 

4°  —  Ms.  Dupuy  n.  686  :  oggi  nella  nazionale  di  Parigi  tra  i  mss.  di  Giacomo 
Dupuy.  Questo  ms.  non  contiene  altro  che  il  compendio  della  relazione  del  Piancarpino 
fatta  da  Vincenzo  di  Beauvais. 

5"  —  Ms.  Oolbert:  della  nazionale  di  Parigi,  registrato  nell'antico  catalogo  sotto 
il  num.  2477;  ms.  memb.  del  sec.  XIV  a  due  colonne;  la  relazione  del  Piancarpino  ter- 
mina come  nei  mss.  Lumley,  Dupuy  e  British  Museum.  Questo  cod.  ha  il  vantaggio  sopra 
tatti  gli  altri  fin  qui  noti  di  avere  in  testa  alla  relazione  del  Piancarpino  a)  una  com- 
pendiosa relazione  che  un  anonimo  contemporaneo  raccolse  dalla  bocca  stessa  di  fr.  Be- 
nedetto di  Polonia  compagno  del  Piancarpino,  e  h)  il  testo,  mutilo  in  fine,  della  lettera 
che  l'imperatore  tartaro  Kuyuk-Kan  consegnò  al  Piancarpino  in  risposta  a  quella  invia- 
tagli da  Innocenzo  IV.  Questa  compendiosa  relazione  di  fr.  Benedetto  la  pubblicò  pel  primo 
il  D'Avezac  in  appendice  al  Piancarpino  col  titolo  fittizio  De  itinere  fratrum  Minorum 
ad  Tartaros,  quae  frater  Benedictus  Polonus  riva  voce  retulit  (p.  378-83)  riproducendo 
poi  la  lettera  mutila  di  Kuyuk-Kan  a  pag.  198-99  della  dotta  Prefazione  (1). 

6"  —  Ood.  Vinoentii  Bellovacensìs  :  ossia  del  celebre  Domenicano  Vincenzo  di 
Beauvais  (f  1264)  che  fu  il  primo  a  compendiare  la  relazione  del  Piancarpino  in  oJ  ca- 
pitoli 0  brani,  e  inserirla  nel  32»  e  ultimo  libro  del  suo  famoso  Speculum  historiale  edito 
più  volte  dal  1473  sino  al  1624.  Compendiando  il  testo  del  Piancarpino,  Vincenzo  v'in- 
tercalò dicianove  capitoli  d'un' altra  relazione  del  viaggio  che  contemporaneamente  fecero 
verso  i  Tartari  della  Persia  i  Domenicani  fr.  Simone  da  S.  Quintino  e  fr.  Anselmo  o  Asce- 
lino  e  compagni.  La  prima  parte  della  relazione  del  Piancarpino  è  compendiata  da  Vin- 
cenzo in  sedici  capitoli  (i  capp.  3-17),  e  la  seconda  in  altri  quindici  capp.  che  sono  i 
c^ipp.  19-25,  30-31,  33,  e  i  capp.  35-39  dello  stesso  libro  32",  tralasciando  il  prologo  e 
V  epilogo  del  nostro  Minorità.  Questo  compendio  del  Bellovacensc,  coi  capitoli  de' duo  Do- 
menicani, passò  poi  nella  raccolta  del  Eeineck  edita  nel  1585  e  1595  sotto  il  titolo  di 
Ilistoria  Orientalis.  Del  compendio  Bellovacense  si  servirono  successivamente  tutti  gli 
scrittori  che  parlarono  del  Piancarpino  da  S.  Antonino,  Marco  da  LisboJia,  Itidolfi,  liaynaldi, 
sino  al  Waddingo  ;  e  i  seguenti  ripeterono  il  detto  da  loro  sijio  al  testo  datoci  dal  D'Avezac. 

Il  D'Avezac  indica  anche  i  tre  seguenti  codd.  da  lui  non  potuti  vedere: 

7"  —  Ms.  Bennet  College  di  Cambridge  n.  61.  Esso  cod.  contiene  una  Ilistoria 
Mongallorum  sivc  Tartarorum,  coli'  incipit  Omnibus  fidclibus,  che  sufficientemente  ci  in- 
dica contenere  la  relaziono  del  Piancarpino. 

8"  —  Ms.  Corpus  Christi  College  di  Cambridge  n.  181  ;  contiene  le  relazioni 
del  Piancarpino  e  del  Eubruquis. 

9"  —  Ms.  Saint-Martin  de  Toumai  Q.  6,  nel  Belgio,  contiene  la  relazione  del 
Pianciirpino.  —  A  questi  9  codd.  indicatici  dal  dotto  editore  del  Piancarpino,  aggiungiamo 
anche  i  seguenti  quattro  : 

Altri  quattro  Codici:  —  1.  Nella  palatina  di  Vienna,  lat.  512  membr.  del  sec.  XIV 
in  4",  a  fol.  1  a-13b:  Ioaji  du  Plan-Carpin:  Descriptio  itineris  in  legatione  ad  Tartaras. 
Incipit  post  argumentum  rclationis  :  «  lielacio  lohainiis  fratris  Minoris  de  tartaris  prologus  : 
Omnibus  Christi  fidelibus  ...»;  et  explicit:  «  qnam  alii  qui  sunt  adversarii  eornui  mani- 
festi »  {Tabulae  Codd.  Palai.  Vindob.  t.  I.  p.  86).  —  2.  La   stessa    biblioteca   ha   un 


(1)  Vedi  il  seg.  art.  su  fr.  Benedetto  di  Polonia. 


200  BIBLIOTECA 


55  altro  cod.  mcmb.  n.  362  del  sec.  XIV,  fol.  27a-36a:  lohauncs  de  Plano  Carpino:  Do 
rilibus  Tartarornni  {Tahulae  cit.  t.  1.  p.  54).  Altri  duo  Codd.  sono  registrati  nei  Mss. 
del  nostro  P.  da  Fanna  con  questi  pochi  cenni:  —  3,  Hannover  bibl.  pabbl.  cod.  623: 
Libellns  historicos  lohannis  de  Plano  Carpini,  qui  missns  est  logatns  ad  Tartaros  an.  Dui. 
1246  ab  Innoc.  IV,  est  saec.  XVI.  —  4.  Beventer  in  Olanda,  cod.  839  saoc.  XV:  Ioannis 
do  Plano  Carpino  Ord.  Min.  De  gestis  Tartaromm. 

Versioni  italiane  —  Oltre  lo  versioni  francesi  indicateci  dal  D'Avczac,  che  tutto 
si  attengono  al  compendio  del  Bellovacense,  notiamo  la  prima  versione  italiana  che  puro 
contiene  il  testo  più  o  meno  storpiato  del  compendio  Bellovacense. 

La  prima  volta  comparve  tradotta  in  italiano  nel  1537  col  titolo:  —  Opera  dilette- 
vole da  intendere  nella  qviale  si  contiene  doi  itinerari  in  Tartaria  per  alcuni  frati  del- 
l'ordine mirare  e  di  San  Domenico  cioè  frate  Giovanni  e  frate  Simone  mandati  dal 
papa  Innocentio  IV  nella  detta  provincia  di  Scithia  per  ambasciatori.  Stampata  in  Vi- 
negia  per  G.  Antonio  de  Nicolini  da  Sabio  nell'anno  MDXXXVII.  A  di  17  ottobrio. 
In  picc.  8°,  dì  56  fogli,  con  una  incisione  in  legno  sul  frontespizio.  Questa  edizione  ita- 
liana rarissima,  passò  poi  nella  raccolta  del  Ramusio  Viaggi  e  Navigazioni,  in  appendice 
della  2»  ediz.  1574,  e  nelle  successive.  (Usiamo  la  4*  ediz.  Venez.  1604,  t.  Il  fol.  233  v- 
245  V.,  in  50  capitoli  ;  i  primi  39  contengono  la  rclaz.  del  Piancarpino,  e  gli  ultimi  11  capp. 
quella  do' Domenicani  Ascelino  e  compagni). 

n  Ood.  della  Nazion.  di  Torino:  latino  n.  MLXVI  (segnato  ora  E.  V.  8,  alias 
L.  IV.  25)  memb.  miscellaneo  in  8'  a  due  colonne,  di  foli.  102,  scritto  in  nitidi  caratteri 
del  secolo  XIV,  e  fors'anco  dell'ultima  metà  del  sec.  XIII.  Noi  lo  studiammo  nel  feb.  dol 
1899;  ed  ora  fortunatamente  veniamo  a  sapere  dall'illustre  bibliotecario  Dr.  Carlo  Prati 
che  il  cod.  non  pori  nel  triste  incendio  del  1904,  ma  che  è  rimasto  alquanto  danneggiato, 
specie  verso  il  margine  interno,  e  che  il  testo  è  quasi  sempre  leggibile.  A  fol.  11  a-15  a 
di  questo  cod.  v'  è  la  relazione  del  Piancarpino  con  questa  rubrica  :  Liber  de  factis  Tar- 
tarorum  a  quodam  fratre  Minore  compositus  qui  longo  tetnpore  fuit  inter  eos.  Da  questa 
rubrica  risulterebbe  che  il  copista  non  conosceva  l'autore,  tacendone  il  nome  e  dicendolo 
hngo  tempore  dimorato  fra  i  Tartari  ;  se  per  longo  tempore  non  abbia  inteso  i  sedici  mesi 
della  dimora  del  Piancarpino  fra  quei  popoli.  Anche  i  compilatori  del  catalogo  de' Mss. 
Torinesi,  visto  che  il  libro  mancava  del  prologo,  lo  aggiudicarono  ad  un  Minorità  anonimo 
e,  a  detta  loro,  da  non  confondersi  col  libro  sui  Tartari  scritto  dal  Piancarpino  :  «  Non  est 
conftindendns  Minorità  hic  scriptor  cum  Ioanne  de  Plano  Carpini,  apud  Waddingum  {Syll. 
Script,  p.  221)  qui  Tartarorum  historiam  pariter  scripsit,  addita  epistola  quao  incipit  Cum 
ex  mandato  Sedis  Apostolicae.  (1)». 

Ma  il  vero  si  è  che  il  cod.  Torinese  non  contiene  altro  che  un  testo  del  nostro  Pian- 
carpino; e,  so  non  erriamo,  contiene  il  testo  genuino  della  prima  compilaeione  che  ogli 
ste.se  prima  del  suo  ritorno  in  Lione  (2),  cioò  quando  ritornando  dai  Tartari  si  vide  co- 
stretto di  lasciar  copia  di  essa  in  vari  luoghi  per  dove  passò.  Egli  in  fatti  neW  epilogo 
del  hi  seconda  compilazione  (3)  cosi  parla  della  prima:  «  Sed  quia  illi  por  quos  transitum 


(1)  Pasini  Codicea  mss.  biblioUiecne  Taurin.  (Taurini  1749)  t.  II  p.  355). 

(2)  E  certamente  dopo  il  marzo  e  prima  del  novembre  del  1247,  come  risulta  anche  da 
un  passo  del  nostro  cod.  Torinese  (cfr.  §  1  dell'  Appena,  in  nota)  ove  il  Piancarpino  dice  che 
1  Tartari  /?i  martto  praeterito  ae  debiierunt  mov«^e  contro  l'  Europa. 

(3)  Come  vedemmo  nel  racconto  di  Salimbcne,  fr.  Giov.  fu  trattenuto  nella  corte  del 
Papa  per  tre  mesi  (dee.  1247-mar.  1248),  ove  senza  dubbio  ebbe  tempo  di  stendere  la  asconda 
compilazione. 


SECOLO  XIII.  201 


fecioiQS,  qui  smit  in  Polonia,  Boemia,  et  Tontonia,  et  in  Loodio  et  Campania,  suprascriptam  56 
liystoriam  libonter  liabobant,  idcirco  cara  rescripscrnnt  anteqnam  essct  completa,  et  otiam 
pieno  contracta,  quia  nondum  tcmpus  habneramos  quietis  ut  eam  possemus  compiere  pieno. 
Ideo  nerao  mirotur  quod  in  ista  (cioè  nella  seconda  compilazione)  plura  sint  et  melins 
correcta  qnam  sint  in  illa;  quoniam  istam  postquam  habuiraus  qualecmnque  ocinm,  corre- 
xinins  ad  plenum,  et  perfecimus  illa  qnae  nondum  erant  completa  ».  Consta  dunque  dio 
della  sua  relazione  il  Piancarpino  ci  lasciò  due  distinte  compilazioni,  una  breve  compilata 
durante  il  viaggio  di  ritorno,  entro  il  marzo-novembre  del  1247,  e  l'altra  più  ampia,  stesa 
a  Lione  cnlro  i  mesi  decembre  1247-marzo  1248.  La  breve,  ossia  la  prima  compilazione, 
secondo  il  nostro  debole  parere,  è  coptenuta  nel  presente  cod.  Torinese,  che  fin  qui  sa- 
rebbe l'unico  esemplare  noto  che  la  contenga,  e  sconosciuta  al  D' Avezac  e  ad  altri.  Dopo 
un  serio  confronto  del  cod.  Torinese  con  tutti  i  cinque  codd,  usati  dal  D' Avezac,  e  non 
ostante  le  molte  affinità  tra  esso  e  i  due  principali  codd.  Colbertino  e  Leyde-Pctau,  ab- 
biamo potuto  constatare  l'indipendenza  di  osso  da  tutti  e  cinque  suddetti  codd.  compreso 
il  compendio  del  Bollovacenso.  Il  cod.  Torinese  infatti  ha  tutti  i  contrassegni  d'un  tosto 
di  una  classo  o  redazione  ben  distinta;  il  quale  se  pur  si  accorda  o  discorda  vicendevol- 
mente or  con  l'uno  e  or  con  l'altro  de' codd.  usati  dal  D' Avezac,  in  molti  punti  però  si 
scosta  da  tutti,  si  da  non  poterlo  dire  né  compendio  nò  dipendente  da  quelli.  Arrogi,  che 
fra  tutti  i  suddetti  codd.  il  nostro  Torinese  è  il  solo  che  contenga  in  calce  del  libro  un 
sunto  dello  lettore  che  l'imperatore  Tartaro  inviò  al  Papa,  lettere  che  affatto  mancano  negli 
altri  codici  noti.  Arrogi,  cho  se  il  cod.  Torinese  fosse  un  compendio  dipendente  dalla  se- 
conda compilazione,  non  si  comprenderebbe  il  perchè  e  come  il  compendiatore  abbia  vo- 
luto omettere  di  compendiare  una  buona  serie  di  paragrafi  di  maggior  importanza  aggiunti 
dal  Piancarpino  nella  seconda  compilazione  :  e  abbia  inoltre  ardito  scostarsi  in  più  luoghi 
dalla  comune  lezione  di  tutti  i  codd.  della  stessa^  e  per  di  più  aggiungervi  a  capriccio 
una  lettera  del  Kan  che  non  esiste  nò  in  compendio  né  per  esteso  in  nessuno  do' codd. 
della  detta  seconda  redazione.  Ciò  non  pertanto,  non  possiamo  giurare  sulla  validità  delle 
nostre  deduzioni,  basate  forse  per  inconsiderazione  su  qualche  erroneo  supposto.  Dato 
però  comunque  il  nostro  giudizio,  lasciamo  la  decisiva  sentenza  a  chi  intraprenderà  una 
nuova  e  critica  edizione  del  Piancarpino  su  più  codd.  che  non  ebbe  il  D' Avezac.  Se  non 
altro,  il  testo  Torinese  che  qui  pubblichiamo  varrà  per  dilucidare  non  poche  varianti 
della  celebre  relazione.  Premettiamo  innanzi  tutto  un  indice  defl  cod.  Torinese;  esso 
contiene  : 

a)  Una  cronlchetta  senza  intestazione,  che  principia:  «  Annis  ab  Adam  dtiobus  mil- 
libus  dcxl.  A  diluvio  cccxxzii,  tetnpore  naiivitaiis  Jsaac,  primo  regnavit  in  ytalia  lanus 
annis  XXVII.  Post  quem  Saturnus  ...  »,  col  seguito  di  una  cronologia  de' Cesari,  de' Papi 
e  de' sovrani  d'Europa  con  brevi  cenni  de' fatti  più  notabili  sino  all'  elezione  di  Innocenzo  IV 
avvenuta  :  «  Anno  Cliristi  m.cc.xUii.  indictione  prima,  sequcnti  die  post  natalem  Io- 
hannis  Baptistac;  qui,  dominica  in  vigilia  Aposiohrum  consecratus,  regnum  induit,  et 
in  eorumdem  festo  populo  solemniter  pracdicavit.  Explicit  »  (fol.  1-10  a.  1).  Indicazione 
è  questa,  cotanto  precisa,  che  ci  fa  sospettare  l' autore  della  cronìchetta  presente  in  Anagni 
all'elezione  di  Inn.  IV.  —  Cfr.  in  Pagi  Breviarium  hist,  t.  II  p.  166  (ed.  2.)  le  varie 
questioni  sul  giorno  dell'elezione  e  consacrazione  di  Inn.  IV. 

b)  Segue  nel  cod.  un  trattatalo  [De  variis  nationibus  Terrae  Sanctae]:  1  De  Asi- 
sinis,  2  de  Machumeto,  3  de  Surianis,  4  de  Armenis,  5  de  Georgianis,  6  de  Jacobinis,  7 
de  Nostorianis,  8  de  Maronitis,  9  do  Moserabibus,  10  de  quibusdam  ludaeis,  11  de  diversis 
gontibus  ydola  colentium  (sic),  12  de  Biduinis,  13  de  Turchommanis,  14  de  Pullanis  (fol. 


202  BIBLIOTECA 


66  10  a.  1-11  a.  2).  Il  quale  trattatollo  non  è  altro  che  un  compendio  alla  lotterà  di  quanto 
scrisse  in  proposito  il  Vitriaco  nel  libro  primo  della  sua  storia. 

e)  Vien  poi  il  «  Libeì'  de  factis  Tartarorum  a  quodam  fratrc  Minore  compositus 
qui  hngo  tempore  fuii  intcr  eos  »  (fol.  11  a.  2-15  b.  2);  cui  segue: 

d)  «  De  Saracenis  et  de  ritu  ipsorum  in  oratione  et  ieiunio  et  aliis  moribus  ipso- 
rum»  (fol.  16a-17a);  poi  una 

e)  [Descriptio  Orbis]  ossia  un  piccolo  trattato  geografico  (fol.  17  a-18  b). 

f)  Quaranta  tre  miracoli  della  B.  Vergine  :  «  Incipiunt  capitula  in  librum  miracu- 
lorum  b.  Virginis  »  (fol.  19-35);  e  altri  miracoli  della  B.  Vergine  ex  dialogis  S.  Gre- 
gorii  papae  (fol.  35-46). 

g)  In  ultimo  un  commentario  in  Evangelium  8.  Mattliaei,  d' ignoto  autore,  che 
principia:  «  Matthaeus,  ut  diximus,  nativitatem  Domini  secundum  carnem  enarravit  » 
(fol.  46-102). 

Ecco  ora  il  testo  del  cod.  Torinese,  cui  abbiamo  aggiunte  soltanto  alcune  varianti  dei 
codd.  del  D'Avezac  e  le  parole  chiuse  tra  le  parentesi  quadre. 

Incipit  liber  de  faotis  Tartharorum  a  quodam  fratre  Minore  compositus, 
qui  longo  tempore  fuit  inter  eos  (fol.  11  a.  2): 

[Cap.  I].  De  terra  eornm  et  disposinone  cius. 

[§  Unicus.  —  De  terra  eorum  etc.]. 

[Divisio  libri:]  Volentes  facta  describere  tartarorum,  hoc  modo  per  capitula  descri- 
bemus  :  Primo  quidem  de  terra  dicemus,  II'  de  hominibus.  III'  de  ritn,  HIP  de  moribus, 
V"  de  ipsorum  imperio,  VI*  de  bellis. 

Terra  ipsorum  est  in  ea  parte  posita  orientis,  in  qua  oriens  sicut  credimus  coniun- 
gitur  aquiloni.  Hec  in  parte  est  aliqnantum  nimium  montuosa  et  in  parte  aliquantum  cam- 
postris,  sed  fere  tota  est  anuxta,  glacea  (1)  et  plurimum  arenosa.  In  aliqua  parte  sant 
aliquo  modice  silve,  alia  vero  est  sine  lignis  omnìno.  Cibaria  sua  decoqunt,  et  sedent  tam 
imperator  quam  principes  et  alii  omnes  ad  ignem  factum  de  boum  stercoribus  et  equorum. 
Terra  ctiam  predicta  non  est  in  parte  centesima  fructuosa,  ncc  otiam  Illa  potest  frnctum 
portare  nisi  aquis  fluvialibus  irrigctur,  sed  et  rivi  ibidem  sunt  paaci,  flumina  vero  pau- 
cissima.  Verum  ibidem  ville  non  sunt  nec  alique  civitates,  excepta  una  que  dicitur  esse 
satis  bona.  Et  licet  alias  infructuosa  sit,  quamvis  non  multum,  tamen  competonter  est 
alendis  pecoribus  apta. 

Acr  est  in  tempora  mirabiliter  ordinatus.  In  media  euim  estate,  quando  calor  in  aliis 
partibus  solet  abnndare  maximus,  ibidem  sunt  tonitrua  magna  et  fulgura,  ex  quibus  plu- 
rimi homines  occiduntur.  Cadunt  ctiam  ibi  eodem  tempore  magno  nives. 

Ibi  otiam  sunt  frigidissiraorum  ventorum  tam  maxime  tempestatos,  quod  cum  labore 
aliqnando  possunt  homincs  equitare.  In  oa  etiam  in  hyeme  Jiunquam  pluit,  sed  in  ostate 
sepe,  et  tam  modicum,  quod  vix  potest  aliquaiido  pulverem  et  radiccs  gcrminum  madidarc. 
Grando  etiam  ibi  sepe  maxima  cadit. 

[Cap.  n.  De  hominibus]. 
§  1.  —  De  forma  tartarorum  (fol.  11  b.  1): 

Dicto  de  terra,  dicendum  est  de  hominibus.  Et  primo  quidem  formas  describeraus  per- 
sonarum,  II'  de  ipsorum  coniugio,  III"  do  vcstibus,  IIII"  do  habitaculis,  V°  de  rebus  ipsorum. 

Forma  porsonarum  ab  omnibus  aliis  hominibus  est  remota.  Inter  ocnlos  eiiim  et  gcnas 
plusquam  alii  homines  sunt  lati.  Gene  etiam  satis  prominont  a  maxillis.  Gracilos  sunt  ge- 
neraliter  in  cingulo,  exceptis  quibusdam  paucis.  Pene  omnes  modiocris  sunt  stature.  Barba 
fere  omnibus  minime  crcscit,  aliqni  tamen  in  superiori  labio  et  barba  modicos  liabent  comes 
[sic  prò  crines]  quos  minime  tondunt.  Super  vorticem  capitis  in  modum  clericorum  habent 


(1)  Nei  codd.  del  D'Avezac:  admixta  glarea  =  mista  di  ghiaja. 


SECOLO  xm.  203 


coronas,  et  ab  anre  una  nsqne  ad  aliam  ad  ]atitadinem  triam  digitoram  geueralitcr  ornnos  56 
radontur,  que  rasure  corone  predicte  iungnntur.  Super  frontem  etiam  ad  latitudinem  duo- 
rum  drgitorura  similiter  omnes  raduntur.  lUos  autem  capillos  qui  sunt  inter  coronam  et 
pretcxata  (sic)  rasuram  crescere  usque  super  cìlia  sinunt,  et  ex  utraque  parte  frontis  ton- 
dendo  plusquam  in  medio  crines  faciunt  longos.  Reliquos  vero  crines  permittunt  crescere, 
ut  mulieres,  de  qnibus  faciunt  dnas  cordas  et  ligant  unamquamque  post  et  ante(l).  Pedes 
etiam  modicos  habent. 

§  2.  —  De  coniugio  ipsorum. 

Uxores  unusquisque  habet  quot  potest  tenere.  Aliquis  centum,  aliquis  Lta.,  aliquis  X, 
aliquis  plures  et  aliquis  pauciores,  et  omnibus  parentibus  generaliter  coniunguntur,  excepta 
matre,  filia  et  sorore  ex  eadem  matre. 

Sorores  autem  ex  patre  tamen  et  uxorem  etiam  patris  ducere  possunt  post  mortom 
patris.  Uxorem  etiam  fratris  alter  frater  iunior  post  mortem  vel  alius  de  parentela  iunior 
tenotur  ducere.  Bcliquas  mulieres  omnes  sine  ulla  differentia  ducunt  uxores,  et  cmunt 
valde  pretiose  a  parentibus  suis;  post  mortem  maritorum  de  facili  ad  secunda  coniugia 
non  migrant,  nisi  quis  velit  suam  novercam  ducere  in  uxorem. 

§  3.  —  De  Vestibus  eorum. 

Vestes  tam  vironim  quam  mulierum  sunt  uno  modo  formate.  Palliis,  cappis,  vel  ca- 
puciis  vel  pellibus  non  (fol.  11  ì>.  2  :)  utuntur.  Tunicas  portant  de  bucharamo,  purpura 
vel  l)aldachino  in  liunc  modum  formatas.  A  summo  usque  deorsum  sunt  fìsse  (2)  et  ante 
pectus  duplicantur.  A  latere  vero  sinistro  ijna,  et  in  dextro  trìbus  ligaturis  nectuntur.  In 
latore  etiam  sinistro  usque  ad  brachale  sunt  scisse.  Pellicea  cuiuscumque  sint  generis  in 
cumdom  modum  formantur.  Mulieres  que  non  sunt  maritate  habent  unam  tunicam  valde 
amplam  et  usque  ad  terram,  ante  scissam.  Super  capud  habent  unum  quid  rotundum  de 
viminibus  vel  corticc  factum,  quod  in  longum  protenditnr  ad  unam  ulnam,  et  in  snmitate 
desinit  in  quadrum,  et  ab  ymo  usque  ad  summum  in  amplitudinem  semper  crescit,  et  in 
sumitate  habet  unam  virgulam  longam  et  gracilem  de  auro  vel  de  argento,  seu  di  (sic) 
ligno,  vel  etiam  pennam,  et  est  assutum  super  unum  pilleolum  quod  protenditur  usque 
ad  humeros,  et  tam  pilleum  quam  instrumentum  predictum  est  tectum  de  bucharamo  seu 
de  purpura  vel  de  baldachino,  sine  quo  instrumento  coram  hominibus  nunquam  vadunt, 
et  por  hoc  ab  aliis  mulieribus  cognoscuntur.  Virgines  autem  et  iuvenes  mulieres  cum  magna 
difficultate  a  viris  possunt  discerni,  quia  per  omnia  vestiuntur  ut  viri. 

§  4.  —  De  habitaculis  eorum. 

Stationes  habent  rotnndas  in  modum  tentorii  preparatas,  de  virgis  et  baculis  subii- 
libus  factas.  Supra  vero,  in  medio,  rotnndas  habent  fenestras  unde  lumen  ìngreditur  et 
possit  fumus  exire,  quia  in  medio  faciunt  semper  ignem.  Parietes  autem  et  tecta  filtro 
sunt  operta  ;  hostia  etiam  de  filtro  sunt  facta.  Quedam  solvuntur  subito  et  reparantur  et 
super  somarios  deferuntur,  quedam  dissolvi  non  possunt,  sed  in  curribus  deferuntur,  quia 
quocumque  vadunt  sive  ad  bellum  sive  alias  semper  illas  deferunt  secnm. 

§  5.  —  De  Animalibus  et  pecculio  ipsorum. 

In  animalibus  sunt  divites  valde,  scilicet  in  camelis,  bobus,  ovibus,  capris.  De  equis 
et  iumentis  tantam  multitudinem  habent,  quantam  non  credimus  habere  alium  totum  mun- 
dum  ;  porcos  et  bestias  alias  minime  habent. 

[Gap.  III.  De  ritn]. 

§  1.  —  De  ritu  eorum  in  ailtu  (fol.  12  a.  1)  : 

Dicto  de  hominibus  supponendum  est  de  ritu.  De  quo  tractabìmus  in  hunc  modum: 
primo  dicemus  de  cultu,  IP  de  hiis  que  credunt  esse  peccata,  111°  de  ritu  funeris. 

Unum  Deum  credunt,  quem  credunt  esse  factorem  omnium  visibilium  et  invisibilinm« 
et  credunt  ipsum  tam  honorum  quamquc  penaruro  in  hoc  mundo  esse  datorem,  non  tamen 
orationibus  vel  laudibus  aut  ritu  aliquo  ipsum  colunt. 


(1)  Codd.  D'Avezac:  post  aurem. 

(2)  L^gi  scisse,  come  due  righe  più  sotto. 


204  BIBLIOTECA 


66  Nìchilomìnas  habent  ydola  qnedam  de  filtro  ad  ymaginom  horainis  facta,  ot  illa  po- 

naiit  ex  ntraqao  parto  hostii  stationis,  et  subtcr  illa  poiiant  qnoddum  do  filtro  in  inodnin 
nborura  factum,  ot  illa  crednnt  esso  poccorom  custodes,  ac  eìs  beneficioni  lactis  et  pnllornin 
parare.  Alia  vero  facinnt  de  pannis  sericis  ot  illa  ranltnm  honoraiit.  Quidam  ponuiit  illa  in 
pulcro  curro  tecto,  ante  hostium  stationis,  et  quicnmqno  de  ilio  curru  aliqnid  furatur,  sino 
lilla  miserationo  occiditur.  Dnces,  millenarii,  centenarii  yrcnm  semper  habent  in  medio  sta- 
tionis. Prodictis  vero  ydolis  offerant  primum  lac  omnis  pecoris  ot  inmonti  ;  et  qnando  primo 
bibore  vel  comoderò  incipiunt,  offenint  eorum  ydolo  quod  est  in  curru  in  aliquo  sciplio  ot 
nsqno  mane  dimittnnt,  et  tunc  auferunt  de  presentia  eius  et  decoqont  et  manducant. 

Solcm  ot  Innam  ot  ignem  et  aqnam  venerantur  et  adorant,  et  torram  ;  cis  ciborum 
et  potns  primicias  offcrentes,  ot  mane  potissime  antcqnam  comedant  voi  etiam  bibant.  Et 
quia  de  cultn  Dei  nullam  legem  observant,  neminem  cognnt  suam  fidem  vel  legcm  negare. 

§  2.  De  hiis  qm  credunt  esse  peccata. 

Et  ìicot  de  iastitia  facionda  voi  peccato  cavcndo  nullam  babcant  legem,  tamcn  babont 
aliquas  tradictiones  quas  dicont  esse  peccata,  qnas  confìxerunt  ipsi  voi  parcntes  eorum. 
Unum  est,  figero  cultollnm  in  ignem,  vel  etiam  quocnmque  modo  tangere  ignom  cultoUo, 
vel  cnm  cnltello  extrahero  de  caldario  carnes,  insta  ignem  incidere  cum  securi  :  croduiìt 
enim  quod  auferri  debeat  capud  igne.  Item  appodiare  (1)  se  ad  flàgellum  cum  qno  percu- 
titnr  equus.  Ipsi  enim  calcaribas  non  utuntur.  (fol.  12  a.  2:)  item  tangere  fiagoUo  sa- 
gittas.  Item  iuvones  aves  occidere  vel  accipere.  Cum  freno  eqnum  porcntore.  Os  cum  osse 
alio  frangere.  Lac  vel  aliquem  potnm  vel  cibum  super  terram  fundere.  In  statione  (2) 
mingere,  sed  si  volontarie  facit  occiditur.  Et  multa  alia  habent  hiis  similia,  quo  longum 
essot  enarrare.  Sed  homines  occidere,  aliorum  torras  invadere,  res  aliornm  accipero,  quo- 
cumqne  iniusto  modo,  fornicarl,  aliis  hominibus  ininriam  facere,  contra  prohibitionos  et 
Doi  procepta,  nullum  peccatum  est  apud  oos.  De  vita  etiam  et  dampnationo  perpetua  nichii 
scinnt.  Credunt  tamon  quod  post  mortem  in  alio  secalo  vivant,  greges  multiplicent,  come- 
dant, bibant,  et  alia  faciant  quo  in  hoc  secalo  a  viventibus  hominibus  fiunt. 

§  5.  —  De  ritti  funeris  circa  mortuos  suos. 

Quando  aliquis  eorum  infirmatur  ad  mortem,  ad  capnd  eius  ponitur  una  basta,  ot 
circa  illam  filtrnm  volvitar  magnum,  et  ex  tunc  nullus  audet  alicnos  terminos  stationum 
intrare.  Et  quando  incipit  agonizare,  quasi  omries  recednnt  ab  co,  qoniani  nullus  de  hiis 
qui  morti  eius  assistunt  potest  ordam  alicuius  ducis  vel  imperatoris  usquo  ad  novam  la- 
nationem  intrare. 

Cum  autem  mortaas  est,  si  est  de  minoribas  sepellitnr  ocnlte  in  campo  nbì  placocrit 
ois.  Sepellitnr  autcm  cnm  statione  sedendo  in  medio  eius,  et  ponant  mensam  ante  eam  et 
alveolnm  carnibas  plenum  et  sciphum  lactis  iumenti.  SepoUitur  etiam  cnm  eo  unum  iumon- 
tnm  cam  palio  et  equus  cum  freno  ot  sella,  et  alium  eqaam  comedunt  et  corinm  impiotar 
stramine,  et  super  duo  [li^^^]  ^^^  UH  or.  altius  ponunt,  ut  habeat  in  alio  mando  statio- 
nem  obi  raoretnr,  et  iumentam  de  qao  haboat  lac,  et  possit  sibi  eqoos  maltìplicare  et 
equis  in  quibus  valeat  equitare.  Aurum  et  argentum  sopelliunt  eodem  modo  cum  ipso. 
Curros  in  quo  ducitnr  frangitur  et  statio  sua  destruitur,  nec  nomon  proprium  eius  usque  ad 
tortiam  generationem  audot  aliquis  nominare. 

Alius  est  etiam  modus  sepelliendi  qnosdam  maiores.  Vadnnt  enim  in  campo  occulte, 
et  multa  germina  (fol.  12h.l:)  removent  cum  radicibus  et  faciant  foveam  magnani,  et 
in  latore  illius  fovee  &ciant  aliam  sub  terra,  et  illum  servum  qucm  habent  dilectum  po- 
nant snb  eo.  Qui  iacet  tara  dia  sub  ipso,  qood  incipit  quasi  agonizare.  Dein  extrahunt 
.  eam  ut  possit  respirare,  et  sic  faciant  ter.  Et  si  evadit,  est  postea  libor  et  facit  quidquid 
placuerit  ei,  ot  est  magnus  in  statione  ac  inter  parentes  illias.  Mortuum  autcm  ponunt  in 
fovea,  que  est  in  latore  facta,  cum  ois  (3)  qne  superias  dieta  sunt.  Denmm  replent  foveam 
qae  est  ante  foveam  suam,  et  ddsaper  gramina  ponant  nt  fuerant  prias,  adheo  nt  locus  al- 
terius  non  yaleat  inveniri. 


(1)  Appodiare  =  appoggiare. 

(2)  Statio  =  tenda,  accampamento. 

(3)  Cipè  cum  Mi»  rebus. 


SECOLO  xm.  205 


In  terra  corani  soni  dao  cimiteria.  Unum  in  qno  sepellinntnr  ìmperatores,  daces,  et    55 
nobjles  eorum.  Et  ubicmnqao  moriuntur,  si  congrue  fiori  potest,  illnc  deferuntur.  Sopellìtur 
antein  cum  eis  aurain,  et  argentam  oiultnm.  Aliod  est,  in  qao  sepulti  sunt  illi  qai  in  Hun- 
garia  interfccti  faernnt,  malti  enim  ibidem  fùcrnnt  occisi. 

[Gap.  IV.  De  morìbas]. 

§  1.  —  De  bonis  moribus  eorum. 

Dicto  de  rita,  diccndam  est  de  moribas.  De  qaibas  tractabimns  iste  modo:  primo  di- 
ccmas  de  bonis,  II"  do  malis,  III"  de  cibis,  IIII*'  de  consaetadinibus. 

Predicti  hotnines,  sea  tartari  sant  magis  obedientes  dominis  suis  qnam  aliqni  homines 
qui  sant  in  mando,  sive  secolares  sire  ctiam  religiosi,  et  magis  reverentnr  eosdcm,  nec 
do  facili  mentiantnr.  Verbis  ad  invicem  aat  raro  contendant,  factis  vero  neqaaqnam.  Bella, 
rixo,  vulnera,  homicidia  numquam  intcr  eos  contingunt.  Predones  etiam  et  fùres  magnarum 
rerum  non  invoniuntur  ibidem.  Unde  stationes  et  carrus  eorum  ubi  habent  thesaurum,  sino 
scris  aut  vectibus  firmantur.  Si  alique  bestie  perduntur,  quicnmque  invenerit  eas,  voi  di- 
mittit  sic  esse,  vel  ducit  eas  ad  homines  illos  qui  positi  sunt  ad  hoc.  Illi  autem  quorum 
sant  bestie,  apud  eosdem  eas  rcquirunt  et  absque  uUa  difficultate  ìpsas  recipiunt.  Unus 
alterum  satis  honorat,  et  ad  invicem  satis  sunt  sibi  familiares,  et  cibaria,  quamvis  sint 
apud  eos  panca,  (fol.  12  b.  2:)  satis  inter  so  competenter  comunicant  illa.  Satis  etiam 
sunt  safferentes.  lindo  cum  ieiunant,  uno  die  vel  duobus  non  comedentes  omnino,  do  fa- 
cili non  videntur  impatientes,  sed  cantant  et  ludunt  quasi  comederint  bene.  In  equitando 
multum  sustinent,  frigus  etiam  et  calorem  nimium  patiuntur,  nec  sunt  homines  delicati. 
Invidi  ad  invicem  non  videntur.  Inter  eos  quasi  nolla  placita  sunt.  NuUus  alium  spernit, 
sed  iuvat  et  promovet  quantum  congrue  potest.  Mulieres  eorum  sunt  caste,  nec  de  impu- 
dìcitia  ipsarnm  aliquid  inter  eos  auditur.  Yerba  tamen  quidam  ex  eis  in  vicio  satis  habent 
tnrpia.  Seditionos  inter  se  raro  aut  numquam  habere  videntur.  Et  quamvis  multum  ine- 
brientur,  in  ebrietato  tamen  sua  verbis  vel  factis  numquam  contendant. 

§  2.  —  De  malis  moribus  eorum. 

Descriptis  eorum  bonis  moribas,  de  malis  est  supponendum.  Superbissimi  sunt  aliis 
hominibns,  despiciunt  omnes,  imo  quasi  prò  nichilo  reputant  eos  sive  nobiles  sint,  [sive] 
ignobiles.  Iracondi  sunt  etiam  aliis  hominibus  multam  et  indignantis  nature.  Et  etiam 
aliis  hominibus  sunt  roendaces  et  fere  nulla  veritas  invenitar  [in]  eis.  In  sumendo  cibum 
et  potum  sant  inmundi  et  in  aliis  factis  suis.  Quicquid  volunt  facere  aliis  hominibus  mali, 
miro  modo  occultant  ne  sibi  providere  possint,  vel  contra  eorum  astutias  remedium  inve- 
nire. Ebrietas  honorabilis  est  apud  eos,  et  cum  multum  aliquis  bibit,  ibidem  roicit,  nec 
propter  hoc  dimittit  quin  iterum  bibat.  Valde  sunt  cupidi  et  avari.  Exactores  magis  ad 
petendum,  tenacissimi  retentoros,  et  parcissimi  donatores.  Aliorum  hominum  occisìo  prò 
nichilo  est  inter  eos;  ut  breviter  dicam,  omnes  mali  eorum  mores  propter  prolixitatem  (1) 
in  scripto  minime  redigi  possunt. 

§  3.  —  De  cibis  ipsorum. 

Cibi  eorum  sunt  omnia  quo  mandi  possunt.  Comedunt  enim  canes,  vnlpes,  lupos,  equos. 
Carnes  etiam  humanas  in  necessitate  manducant.  Unde  quando  pugnavorunt  contra  qaam- 
dam  civitatem  (fol.  13  a.  1:)  Lyycaorum  (2),  ubi  moratur  imporator  ipsorum,  quam  obse- 
derant  tam  diu,  quod  defecerant  ipsis  tartaris  omnino  expense,  et  non  habebant  quod  man- 
ducarent  omnino,  tane  accipiebatur  de  X  hominibus  unus  ad  manducandum.  Aluviones  que 
egrediuntur  a  iumentis  cum  pullis  manducant.  Immo  vidimus  etiam  eos  mures  et  pediculos 
manducare.  Nam  salibus  et  manutei^iis  non  utuntur.  Panem  non  habent,  nec  olerà,  nec 
legumina,  nec  aliquid  aliud  nisi  carnes,  de  quibus  manducant  tam  paucas,  quod  alie  na- 
tionos  vix  invoniri  possent  (sic). 

Yestes  suas  non  lavant,  nec  lavari  permittunt,  et  maxime  ab  ilio  tempore  quo  toni- 
trua  iiicipiunt  usque  quo  desinat  illnd  tempus.  Lac  iumentorum  bibunt  in  maxima  quan- 
titate  si  habent.  Bibunt  etiam  et  bovinum  et  vaccinum  et  caprinum  et  etiam  camelorum. 


(1)  Adde:  vitandam. 

(2)  Altri  codd.  in  D'Avezac:  Kitaorum,  Kycaorum,  Quitaorum. 


206  BIBLIOTECA 


66  Vinom,  ccrTisiam,  in  editione  (1)  non  habent,  nisi  ab  aliis  nationibas  mittatar  vel  portetnr 


§  4.  —  De  legihus  Tartarorum. 

Logem  siye  consaetndinem  habent  occidendi  yiram  et  mnlierem  qnos  in  adnlterio  in- 
venerint  manifeste.  Similiter  et  virginem  si  fornicata  faerit  cnm  aliqno,  virum  et  mulierem 
occidnnt.  Si  aliqnis  inyenitor  in  preda  vel  in  farto  manifesto  in  terra  potestatis  eornm, 
sine  ulla  miseratione  occiditar.  Item  si  aliqnis  eoram  denndat  conscilia  (sic),  maxime  quando 
Tolant  ire  ad  bellnm,  tantum  (2)  plaga  eì  dantnr  snpcr  posteriora  quanto  malora  dare 
cnm  bacnlo  rasticns  nnns  potest.  Inter  filinm  concabine  et  nxoris  nulla  est  di£Fercntia, 
sed  dat  pater  anicuiqne  eornm  qnod  mlt.  Etiam  si  est  de  genere  dncum;  ita  est  filius 
concubine  sicut  est  filius  uxoris  legìtime.  Et  quamvis  unns  tartarus,  ut  snperins  dictnm 
est,  habeat  multas  uxores,  unaqueque  per  se  statiOnem  habet  et  familia;  et  cum  una  co- 
medit,  bibit  et  dormit  nna  die,  et  altera  die  cum  altera,  una  tamen  ex  ìpsis  maior  Inter 
alia(s)  est,  et  frequentins  cum  illa  qnam  cum  aliis  conmoratnr.  Et  cnm  tamen  multe  sint, 
inter  se  de  facili  numquam  contendunt. 

Viri  nichil  operantur  omnino,  exceptis  sagittis,  et  etiam  aliquantulum  de  gregibus 
cnram  habent;  sed  (fol.  13 a. 2:)  venantur  et  se  exercitum  (3)  ad  sagittandum.  Omnes 
enim  a  parvo  usque  ad  magnum  sagittari!  sunt  et  boni;  et  statim  pueri  eorum  quando 
sunt  duorum  vel  trium  annorum  incipiunt  equitare,  equos  regnnt  et  currus  in  eìs,  et  datur 
eis  arcus  secnndum  suam  etatem  et  instrnnntur  ad  sagittandum.  Agiles  enim  sunt  valde, 
nec  non  et  audaces. 

Yirgiiies  et  mulieres  equitant  et  cnrmnt  in  eqnis  ut  viri,  vidimus  etiam  eas  phare- 
tras  et  arcus  portare;  et  tam  viri  qnam  mulieres  din  in  equitando  possnnt  dnrare.  Brc- 
vissimas  habent  strepas.  Equos  valde  custodinnt,  ìmmo  rerum  omnium  sunt  maximi  con- 
servatores.  Mulieres  eornm  omnia  operantnr,  pellicia,  vestes,  calceos,  ocreas,  et  omnia 
opera  que  de  corio  fiunt.  Cnrms  etiam  dncunt  et  reparant.  Camelos  onerant,  et  velocis- 
sime et  strenue  in  omnibus  operibns  suis  sunt.  Femoralibns  omnes  utuntnr  et  alique  sicut 
viri  sagittant. 

[Gap.  V.  De  ipsomm  imperio]. 

§  1.  —  De  Imperio  Tartarorum  et  principiis  eorum. 

Dicto  de  consnetudinibus,  de  ipsomm  est  imperio  snbnectendum.  Et  primo  quidem  di- 
cemus  de  ipsomm  principio,  postmodum  de  imperatoribus,  dominio,  et  principum  (sic). 

Notandum  ergo  quod  quedam  terra  est  in  partibus  orientis,  de  quH  dictnm  est  supra, 
que  Mongol  nominatur.  Hec  terra  quondam  populos  IlIIor  habuit.  Unns,  yera  mongal  (4), 
idest  magni  mongali  vocabantur.  Secundus,  symongcU  (5),  idest  aquatici  mongali.  Ipsi  autem 
so  ipsos  tartaros  appellabant  a  quodam  fiuvio  qui  currit  per  terr^n  qui  tartar  nominatur. 
Tertius  (6)  appellabatur  mechie  (7),  IlUns.  mechut  (8).  Hii  populi  omnes  unam  formam 
pcrsonarum  et  unam  linguam  habebant,  quamvis  inter  se  per  provincias  et  principes  essent 
divisi.  In  terra  yeramongal  (9)  fuit  quidam  qui  vocabatnr  Chingis  (10).  Iste  incepit  esso 
robustus  venator  coram  domino.  IMdicit  enim  homines  furari,  capere  predam.  Ibat  ad  alias 
terras,  et  qnoscumqne  capere  poterat  et  sibi  associare,  non  dimittebat.  Homines  autem  sue 
gentis  ad  se  inclinavit,  qui  tamqnam  dncem  ipsum  sequebantur  ad  omnia  malefacta.  Hic 
incipit  pugnare  cum  isymongal  sive  tartaris,  postquam  homines  agregaverat  (fol.  13  b.  1:) 


(1)  In  manducatione.  Il  D*Avezac:  et  medonem  non  habent. 

(2)  Il  cod.  Torinese  qui  ha  erroneamente  cenlutn  per  tantum. 

(3)  Corrige:  HJxercitant. 

(4)  Codd.  in  D'Avezac:  Yéka-Mongal;  et  sic  passim. 

(5)  Codd.  in  D'  Av.:  Su- Mongal;  et  sic  passim. 

(6)  Seil.  populus. 

(7)  Codd.  in  D'  Av.:  Merkit,  Merckat,  Merckii,  Merltitae;  et  sic  passim. 

(8)  Codd.  in  D'Av.:  Mecrit,  Metrit,  Moerit,  Mechoit;  et  sic  passim. 

(9)  Codd.  in  D'Av.:  Yéka-Mongal. 

(10)  Altri  codd.  Chingit  e  Cyngi»;  et  sic  passim;  o  Chmgia-ehan,  Cytoan,  e  Cynffùcan. 


SECOLO  xin.  207 


sibi,  et  interfecit  dncem  eoruiii,  et  multo  bello  sibi  omnes  tartaros  subingavit,  et  in  snam    66 
servitntem  redegit.  Post  hoc  pugnavit  cum  mechitis,  qui  erant  iuxta  terram  positi  tartarorum, 
quos  etiam  bello  sibi  subiecit.  Indo  procedens  pugnavit  centra  mechutos  et  illos  devicit. 

Ipse  Chingischam  habait  IlIIor  filios  (1),  quorum  unus,  nomine  Occodaycham  (2), 
in  terra  hyarahyitorum  (3)  fuit  positus  imperator,  ot  edificavit  quamdam  ciTitatcm  quani 
Omul  (4)  appellavit  ;  prope  quam  ad  mcridiem  est  quoddam  desertum  magnum  in  quo 
silvestres  homines  prò  certo  habitare  dicuntur,  qui  nullo  modo  locuntur,  nec  in  crnribus 
habent  iuncturas,  et  si  quando  per  se  surgere  volunt,  sine  adiutorio  alioruni  minime 
possunt,  Habent  tamon  tantam  discretionem,  quod  faciunt  filtria  de  lana  camelorum  quibns 
vestiuntur  et  etiam  centra  ventum  ponunt  (sic).  Et  si  aliquando  tartari  vadunt  ad  eos  et 
vulnerant  eos  sagittis,  ponunt  germina  in  ulnis  (5)  et  fortiter  fugiunt  ante  eos. 

Iste  etiam  Chingischam  cum  post  multas  victerias,  aliquantnlura  quievisset,  suos 
exercitns  divisit,  et  alium  filium  suum  nomine  Thosuch  (6),  quem  etiam  Cham  appella- 
bant,  idest  imperatorem,  misit  cum  exercitu  centra  Cumanos  (7),  quos  multo  bello  devicit. 
Qui  postqnam  deviccrat  eos,  in  terram  snam  reversus  est. 

Alium  filium  misit  cum  exercitu  centra  Indos,  qnique  minorem  Indiam  devicerunt.  Hii 
antem  magni  (8)  saraceni  quos  ethiopos  nominantur  (sic).  Hic  antem  exercitus  centra 
christianos  ad  pugnam,  qui  sunt  in  India  malori,  processiti.  Hoc  audiens  rex  terre  illius, 
qui  vulgo  lohanes  preshyter  appellatur,  venit  centra,  exercitu  congregato.  Et  faciens  yma- 
gines  hominum  cupreas,  in  solla  posuit  super  equos,  ponens  ignem  interins,  et  posuit  ho- 
minem cum  folle  post  ymaginem  super  equum,  et  cum  ymaginibus  talibns  et  equis  taliter 
preparatis,  venerunt  contra  predictos  tartaros  ad  pugnandum.  Et  cum  ad  locnm  prelii 
pervenissent,  istos  equos  unum  post  alium  (9)  premiserunt.  Viri  antem  qui  erant  retro 
pesuerunt  (fol.  13  b.  2:)  nescie  quid  super  ignem  qui  erat  in  predicta  ymagine,  et  com 
follibus  fortiter  sufiflaverunt.  Unde  factum  est  quod  ex  igne  greco  homines  comburebantur 
et  equi  ;  et  ex  fumo  aer  est  denigratus,  et  tunc  super  tartaros  iacierunt  sagittas  ex  quibns 
multi  fnerunt  vulnerati  et  intorfecti;  et  sic  cum  confusione  eos  de  suis  finibus  eiecerunt; 
nec  umquam  audiviraus  quod  ultra  ad  ipsos  redierunt.  Cura  autom  per  desertum  redirent, 
in  quamdam  terram  venerunt,  (ut  nobìs  in  curia  imperatoris  per  clericos  Euthenos  et  alios 
qui  diu  fuerunt  Inter  ipsos,  firmiter  dicebatur)  (10),  in  qua  qnedam  monstra  ymaginem  fe- 
mineam  habentia  repererunt.  Et  cura  interregassent  eas  per  multes  interpretes  ubi  essent 
viri  illius  terre,  responderunt,  quod  illa  terra  quecumque  femine  nascebantur  habebant  for- 
mam  humanam,  masculi  autem  speciem  habent  caninam.  Et  dnm  moram  protraherent  in 
terra  predicta,  canes  in  alia  parte  fluminis  convenerunt  in  unum.  Et  dum  esset  hyemps 
asperrima,  se  omnes  preiecerunt  in  aquam,  et  post  hoc  inconturbati  (11)  in  pulverem  vol- 
vebantur,  et  ita  palvis  admixtus  aqua,  super  eos  congelabatur.  Et  dum  sepe  ita  fecissent, 


(1)  Nei  codd.  del  D'  Av.:  questo  periodo  principia  cosi:  In  terra  autem  praedictorum 
Kara-Kitaorum,  Occoday-can  filius  Cliingis-can,  postquam  positus  fiiit  imperator,  quondam  ci- 
vitatem  aedificavit,  quam  Omyl  appellavit... 

(2)  In  altri  codd.:  Occodai-cam,  Occoday-can. 

(3)  Codd.  in  D'  Av.:  Kara-Kitaorum,  Kara-Lycaorum  (=  Rara-Kitai  idest  nigri  Kitai). 

(4)  Codd.  in  D'Av.:  Omyl,  Cummyl,  Chanyl,  e  Omsi. 

(5)  Cod.  Leyde:  gr amina  in  manvs;  cod.  Colbert:  in  vulnus. 

(6)  Nei  codd.  D'  A  vezac  questo  periodo  cosi  principia  :  t  Et  cum  aliquantulum  quievisset, 
suos  exercitus  divisit.  Unum  de  filiis  suis  Tossite  nomine,  quem  etiam  etc.. ».  lidem  codd.: 
Gossus,  Tosuc,  Tossuch,  et  Thosui. 

(7)  Codd.  in  D'  Av.  :  Comanos. 

(8)  Meglio  forse  nigri  come  nei  codd.  D'  Avezac. 

(9)  Codd.  D'  Av.  :  unum  juxta  alium. 

(10)  Tutta  questa  testimonianza  da  noi  chiusa  in  parentesi  non  si  trova  nei  codd.  del 
D' Avezac,  fuorché  nel  cod.  di  Leyde-Pctau  e  nel  nostro  Torinese;  da  questo  anche  vien 
confermato  il  nostro  giudizio  che  il  cod.  Torinese  non  dipende  dal  cod.  Colbertiano,  come 
non  dipende  da  quello  di  Leyde. 

(11)  Meglio  incontinenti  come  i  codd.  D' Avezac. 


208  BIBLIOTECA 


56  glacies  densata  est  super  eos,  et  com  magno  impeto  cnm  tartaris  convenorunt  ad  pngnam. 
At  illi  cnm  sagittis  eos  sagittabant,  ac  si  super  lapides  sagitassent  retro  sagitto  redibant; 
alia  etiam  arma  eorum  in  nullo  ledere  potorant  eos.  Canes  vero  iiisultum  facientes  in 
ipsos,  morsibns  vnlneraverunt  multos  et  occiderunt,  et  ita  eiecerunt  eos  de  finibus  suis. 

Hii  (1)  consuetudinem  mirabilem  immo  potins  raiserabilem  habent,  quia  cum  alicuius 
pater  humane  nature  debitura  solvit,  omnes  congregant(ur)  et  comedunt  eum  sicut  nobis 
dicebatur  prò  certo.  Isti  pilos  in  barba  non  habent,  immo  quoddam  ferrum  in  manibus  por- 
tant  cnm  quo  barbara  sera  per  depliant  si  torte  (fol.  14  a.  1:)  aliquis  crinis  crescit  in 
illa.  Multum  etiam  sunt  dcformes.  Inde  exercitus  ille  in  terram  suam  rcvertebatur. 

Chingischam  etiam  eo  tempore  quo  ducens  exercitum  (2)  ivit  cnm  expeditione  contra 
orientem  per  terram  Lyergis  (3),  quos  bello  non  vicit  ;  et  ut  nobis  dicebatur  ibidem,  usquo 
ad  montes  Caspios  pervenit.  Montes  autem  illi  sunt  do  lapide  adamantino,  unde  eorum 
sagittas  et  arma  ferrea  ad  se  traxerunt.  Homines  vero  inter  ipsos  montes  conclusi,  cla- 
morem  exercitus,  ut  creditur,  audientes,  montem  frangere  inceperunt.  Et  cum  alio  tempore 
post  X  annos  revorterentur,  montem  invenerunt  confractum.  Et  cum  ad  illos  tartari  adtemp- 
tassent  ire,  minime  potuerunt;  et  viderunt  quia  fregerunt  montem,  sed  nubes  quedam  erat 
posìta  ante  ipsos  ad  quam  accedere  non  poterant  uUo  modo,  quia  visum  amittebant  omnino, 
statim  cum  perveniebant  ad  illam.  Illi  autem  ex  adverso  credentes  quod  tartari  ad  illos 
accedere  formidarent,  insultum  contra  eos  fecerunt,  sed  statim  cum  pervcnerunt  ad  nubem 
procedere  non  potuerunt  propter  cansam  superius  pretaxatam.  Sed  antequani  pervenirent 
ad  montem  predictos  (sic),  plusquam  per  mensem  per  vastam  solitudinem  transierunt.  Inde 
proccdentes  adhuc  contra  orientem,  plusquam  per  alium  mensem  magnum  desertum  ivernnt, 
et  pervenemnt  ad  qnamdara  terram,  ut  nobis  certissime  dicebatur,  ubi  videbant  vias  tritas, 
sed  nullom  hominem  poterant  invenire.  Tantum  tandem  quesierunt  por  terram,  quod  in- 
venerunt unum  hominem  cum  uxore  sua,  quos  ante  Chingischam  addnxerunt.  Et  cum  in- 
torrogasset  eos  ubi  essent  homines  terre  illius,  respondernnt  quod  in  terra  sub  montibus 
habitarent.  At  Chingischam  predictns,  retonta  uxore,  misit  virum  illum  mandans  homi- 
nibos  illis  quod  venirent  ad  mandatum  ipsius.  Ille  autem  vadens  ad  illos,  narravit  omnia 
quo  Chingischam  mandaverat  eis.  Qui  respondentes  dixerunt,  quod  tali  dio  venirent  ad 
ipsum  ad  faciendum  mandatum  ipsius.  Ipsi  autem  medio  tempore  congrcgavcrunt  so  per 
vias  occnltas  sub  terra,  et  venerunt  contra  istos  ad  pugnam.  Et  irruentes  (fol.  14  a.  2:) 
subito  super  eos,  plurimos  occiderunt.  At  Chingischam  et  sui  videntes  quod  nichil  profi- 
ceftnt,  sed  potius  perderent  homines  suos,  quia  etiam  solis  ortum  (4)  sustinere  non  pote- 
rant: immo  eo  tempore  quando  oriebatur,  oportebat  eos  ponore  unam  aurem  ad  terram  et 
snporiorem  obturare,  ne  terribilem  sonum  illum  audirent:  nec  sic  tamen  cavere  poterant 
quin  propter  hoc  ex  eis  plurimi  necarentur  ;  fugorunt,  et  terram  exierunt  predictam.  Illos 
tamen,  virum  videlicet  cum  uxore  sua,  secum  duxorunt,  qui  usque  ad  mortem  in  terra  tar- 
tarorum  fuerunt.  Interrogati  autem  quare  habitarent  sub  terra,  dixerunt  quod  uno  tempore 
anni  com  sol  oritur  tantus  sonitus  est,  qnod  homines  nulla  ratione  potorant  snbstinere, 
immo  etiam  tnnc  percatiebant  in  organis  et  tympanis  et  in  aliis  instrumentis  ut  illnm 
sonitnm  non  audirent. 

Inde  autem  in  terram  propriam  reversns,  ibidem  leges  moltas  et  statuta  multiplicia 
fecit,  qoe  a  tartaris  inviolabiliter  observantor,  ex  qoibus  tantum  duo  dicemus.  Unum  est, 
quod  qaicomquo  in  superbiam  erectus,  propria  auctoritate,  sine  electione  principom,  esse 
volnerit  imperator,  sine  nlla  miseratone  debet  occidi.  Unde,  ante  electioncm  istius  Cìdn- 
giscMm  (5),  propter  hoc  unns  de  principìbus,  nepos  ipsius  Chingiscìuim  fnit  occisus,  volebat 


(1)  Qui  r  amanuense  Torinese  ha  evidentemente  saltato  un  perìodo  che  si  riferisce  non  ai 
cani-uomini  de'  quali  si  parlò  immediatamente  sopra,  ma  agli  abitanti  della  terra  Burithabet. 
I  codd.  D' Avezac  premettono  :  €  Et  dura  reverteretur  exercitus  ille  videlicet  Mongalorum, 
venit  ad  terram  Burithabet  [aZu;  lìuritìiobec,  BuTufabeth],  quoB  bello  vicerunt:  qui  sunt  pa- 
gani. Qui  consuetudinem  etc.  »  come  sopra. 

(2)  Notabile  variante  nei  codd.  D'  Avezac  :  tempore  quo  diviait  alias  exercitus... 

(3)  Codd.  in  D'  Av.:  Kergis,  Gergis. 

(4)  In  D'  Avezac,  senza  varianti  :  solis  soniium. 

(5)  Codd.  in  D'  Av.  :  istius  Cuyuc-can  o  Kayuchan,  Cuynch. 


SECOLO  xm.  209 


enim  sine  electione  regnare.  Àlind  statatnm  est,  qnod  sibi  subingare  debent  omne^m  terram,  56 
nec  cam  aliqna  gente  pacem  babere  debeant,  nisi  sabdantnr  eìs,  qnonsqne  veniat  tempns 
i^terfectionis  eornm.  Debent  etiam  occidi  nt  vaticinatnm  est  eis  ;  et  illi  qai  evadere  potne- 
mnt,  ut  dicant  (sic),  debent  illam  legem  tenere  qnam  tenent  illi  qui  eós  bello  devincnnt. 
Statnit  etiam  qaod  per  millenarios,  et  centenarios,  et  decanos,  et  tenebras  in  Xcem  millia  (1) 
debeat  eornm  exercitns  ordinari.  Post  hec  ab  ictu  tonitmi  est  occisns^  peractis  snis  ordi- 
nationibas  et  dtatntis. 

§  2.  —  De  imperatoribus  Tartharorum  et  dominio. 

Imperator  autem  Tartarorom  habet  mirabile  domininm  super  omnes.  Nullus  enim 
audet  in  aliqna  parte  morarì,  nisi  ipse  assignet.  Ipse  autem  assignat  ubi  maneant  dncos. 
Duces  vero  assignant  millenariis  f/b2.  i4&.  i.';^  loca,  millenarii  centenariis,  centenarii 
decanis.  Insuper  qnicquid  precipitnr  eis  quocumqne  tempore,  quocumqne  loco,  sire  ad  bellum, 
sire  ad  mortem,  sive  ad  vitam,  sine  nulla  contradictione  obediunt.  Etiam  si  petit  fìliam 
virginem  voi  sororem,  sine  conditione  datnr  ei.  Immo  singnlis  annis,  aut  intermissis  ali- 
qnibus,  yii^ines  coUigit  ex  omnibus  finib'us  tartarorum,  et  si  ipse  Tult  sibi  retinere  aliquas, 
retinet,  alias  dat  suis  hominibus  sicut  ei  expedire  yidetur.  Et  sciendum  quod  ita  omnia  in 
manu  imperatoris  [sunt],  quod  nemo  audet  dicere:  hoc  meum  est,  Tel  illud;  sed  omnia  sua 
snnt^  res,  homines  et  iumenta.  Et  super  hoc  etiam  nuper  emanatum  imperatoris  statutum. 
Idem  domininm  per  omnia  habent  duces  super  homines  suos. 

§  3.  —  De  electione  alterius  imperatoris  et  divisione  exercitus. 

Mortuo  imperatore,  ut  superius  dictum  est,  convenerunt  duces  et  elegerunt  Ocaday 
filinm  Chingischam  predicti  in  imperatorem.  Qui  hinito  conscilio  (sic)  principum  suorum, 
divìsit  exercitus.  Bati^  qui  in  IP  gradu  attinebat  eidem,  misit  centra  terram  alti  soldani  (2), 
et  centra  terram  Bissemor  (3).  Hii  enim  saraceni  erant,  sed  cumaniter  (4)  loquebantur. 
Et  cum  intrasset  terram  eorum  pugnavit  cum  eis  et  bello  sibi  eos  subiecit.  Inde  post  aliam 
yictoriam  procedentes  destruxerunt  totam  Busciam  (5).  De  Buscia  et  Eomania  processerunt 
duces  VI  (6).  Unus,  Orda  nomine,  fuit  in  Polonia.  Centra  Hungaros  yero  fuerunt  Y,  sci- 
lic«t,  Batu,  Hurui,  Cadam,  Sibam,  Buygeth  (7),  et  isti  omnes  VI  pugnayerunt  centra 
Hungaros  et  Pelenos.  Ex  quibus  tartaris  in  Polonia  et  in  Hungaria  plures  interfecti  fnemnt. 
Et  si  non  fngissent  et  viriliter  restitissent  Hungari,  exiyissent  tartari  de  finibus  suis,  quia 
hsbuerunt  talem  timerem  quod  omnes  fhgere  attemptabant  ;  sed  Bati  evaginato  gladio,  in 
&ciem  restitit  eis  dicens  :  «  Nolite  fìigcre,  quia  si  Àigeritis  nullus  evadet  ;  et  si  debemus 
meri  meriamur  omnes,  quia  ftiturum  est  ut  Chingischam  predixit  (fol.  14  h.  2  :)  quod 
ìnterfici  debeamus,  et  si  nunc  tempus  est,  sustineamus  ■» .  Et  sic  animati  sunt  et  reman- 
serunt,  et  Hungariam  destruxerunt. 

Inde  revertentes  venerunt  in  terram  mordwmorwn  (8)  qui  sunt  pagani,  et  eos  bello 
vicerunt.  Inde  procedentes  centra  hyseros  (9),  idest,  hulgariam  magnam,  et  ipsam  destru- 

(1)  Godd.  in  D'  Av.:  tenehras,  ideet  decem  mUia;  il  Ms.  di  Londra:  et  tenebra»  Ix.  mUia. 

(2)  Codd.  in  D'  Av.  :  Alti-Soldaid,  altìsoldani. 

(3)  Codd.  in  D' Av.:  Btserminorum,  Bisserminarum. 

(4)  lidem  :  comanicum,  commanit  (er). 

(5)  lidem:  Ruadam,  Ruchiam,  Rusaiam. 

(6)  Codd.  in  D'  Av.  :  dticea  praedicU,  e  tacciono  qui  i  nomi  dei  personaggi  che  seguono 
perchè  già  nominati  al  §  2  del  cap.  Y  de  principibus  tartarortan,  paragrafo  che  manca  nel 
nostro  cod.  e  che  con  tutta  probabilità  il  Piancarpino  aggiunse  nella  seconda  compilazione 
del  suo  libro.  Da  qui  pure  risulterebbe  che  il  cod.  Torinese  contiene  la  prima  compilazione 
del  Piancarpino  non  essistendo  altri  codd.  di  simile  órdine  e  redazione  qual  è  il  Torinese. 

(7)  Tutti  questi  personaggi  nei  codd.  del  D'  Av.  sono  mentovati  non  in  questo  luogo, 
ma  nel  §  2  del  cap.  Y  cosi  :  <  Haec  sunt  nomina  ducum  :  Ordu,  iste  fuit  in  Polonia  et  in 
Hungaria,  Bati  [alii  codd.  Bacu,  Batu],  Cadan[&l.  Cathan,  Cadon],  ^yban,  Burin  [al.  Hurin, 
Bureth],  et  Buigec  [al.  Buyget,  Onjgat];  isti  omnes  fuerunt  in  Hungaria  >  (D' Avezac  p.  271). 

(8)  Cod.  Londin.:  Moydunanorum. 

(9)  0  bylerosf  I  codd.  in  D'  Av.  hanno  tutti  BiUros,  o  BiUeros,  o  Byleros. 
BibUot.  —  Tom.  I.  14 


210  BIBLIOTECA 


65  xeniiit  omnino.  Inde  procedentes  ad  aquilonem  centra  lyas-hyait  (1),  idest,  ungariam  ma- 
gnam,  008  etiam  destruxorunt,  Inde  egredientes  iverunt  plus  etiam  ad  aqailonem  et  vene- 
rant  ad  par(KSÌtas  (2)  qui  habent  parvus  stomachos  et  os  parTnlnm,  at  nobis  dicebatnr, 
nec  mandncant  sed  decoqaant  carnes,  qaibus  decoctis,  ponont  se  saper  ollam  et  famnm 
recipinnt,  et  de  hoc  solo  reficinntor.  Sed  et  si  aliqnid  mandacant,  hoc  valde  modìcnm  est. 
Inde  procedentes  yenerant  ad  gamagedes  (3).  Hii  antem  homines,  nt  dicitnr,  tantnm 
de  Tenationibns  vivant.  Tabernacnla  etiam  et  vestes  habent  tantnmmodo  de  pellibas  be- 
stiarnm.  Inde  nltra  procedentes  venenint  ad  qnamdam  terram  saper  occeanam  abi  inve- 
nerant  qaedam  monstra,  at  nobis  firmiter  dicebatar,  qae  per  omnia  formam  hamanam  ha- 
bebant,  sed  pedes  desinebant  in  pedes  bovinos,  capad  antem  habebant  hamanam,  sed  faciem 
per  omnia  habebant  at  canis,  et  sic  per  intervalla  temporam  latratam  interponebant,  tamen 
ad  materiam  (4)  saam  redibant,  et  sic  intelligi  poterant  qae  dicebant.  Inde  rediemnt  in 
Camaniam  et  asqae  nane  qaidàm  ex  eis  morantur  ibidem. 

Cyrpodam  (5)  vero  eodem  tempore  misit  Occodaycham  cam  exercitu  ad  merìdiem 
contra  Lyergis  (6)  qnos  bello  devicit.  Hii  aatem  homines  snnt  pagani  qai  pilos  in  barba 
non  habent;  qaoram  consaotado  talis  est,  cam  enim  pater  alicoias  meritar,  prò  dolere 
quasi  unam  corrigiam  in  signum  lamenti  ab  aure  usque  ad  anrem  de  facie  sua  levant. 
Qaibus  devictis,  ad  meridiem  ivit  contra  arm&ios.  Sed  cum  per  deserta  transirent,  qaedam 
monstra  invenerunt  efSgiem  humanam  habentia,  sed  non  nisi  unum  brachium  cum  manu 
in  (fol.  15  a.  1:)  medio  pectoris  et  unum  pedem  habebant.  Et  duo  sagittabant  cum  une 
archu,  et  isti  ita  fortiter  currebant,  quod  equi  investigare  non  poterant.  Currebant  autem 
saltando  super  illum  unum  pedem,  et  cum  essent  fessi  taliter  eundo,  ibant  super  manum 
et  pedem  revol vendo  se  quasi  rotam.  Istos  autem  homines  Ysidorus  cydepos  (7)  appellavit. 
£t  cum  essent  sic  fessi,  iterum  currebant  secundum  modum  prìorem. 

[Gap.  VI.  De  bello]. 
§  1.  —  De  bello  Tartharorum  et  ordinatione  acierum. 

Dicto  de  imperio,  dicendum  est  de  bello  hoc  modo  :  primo  de  ordinatione  acierum,  tE" 
de  armis,  IIV  de  crudelitate  quam  faciunt  de  captivis. 

De  ordinatione  acierum  hoc  modo  Chingischam  ordinavit,  videlicet  :  X  hominibus  pre- 
poneretnr  unus,  et  ille  secundum  nos  appollatur  decanus.  Decem  autem  decanis  prepone- 
retur  qui  centenarius  nominatar.  Decem  vero  centenariis  preponeretur  unus  qui  millenarius 
appellatur.  Decem  vero  millenariis  preponeretur  unus,  et  ille  unus  vocatur  tenebre  apud 
eos.  Cuncto  vero  exercitui  preponunt  duces  duo  vcl  tres,  ita  tamen  quod  habent  rcspectum 
ad  unum.  Cum  autem  sunt  in  bello  si  de  X  hominibus  fugit  unus,  vel  duo,  vel  tres,  vel 
etiam  plurcs,  omnes  occiduntur.  Et  si  omnes  X  fugiunt,  nisi  fugiant  alii  centum,  omnes 
occidantur.  Et  ut  breviter  dicam,  nisi  omnes  comuniter  cedant,  omnes  qui  fagiunt  occiduntur. 
Item  si  unus  de  X,  duo  aut  plures  audacter  accedant  ad  pugnanj,  et  X  alii  non  sequuntur, 
etiam  occiduntur.  Et  si  unus  de  X  vel  plures  capiuntur  et  alii  sui  socii  non  liberant  eos, 
etiam  occiduntur  (8).  Cum  autem  volunt  ad  pugnam  accedere  omnes  acies  ordinant.  Et  si 
debent  pugnare,  duces  sive  principes  exercitus  bellum  non  intrant,  sed  a  lenge  contra  ini- 
micorum  excrcitum  [stant],  et  iuxta  se  habent  pueros  in  equis  et  mulieres,  et  equos,  et 
faciunt  aliquando  ymagines  hominum  et  ponunt  super  equos  ut  multitudo  magna  bellan- 
tium  (sic)  esse  credatur  contra  faciem  inimicorum. 

(1)  Codd.  in  D' At.:  Bascart,  Baschart,'^  e  Boaartoè  il  cod.  Leyde-Petau. 

(2)  Codd.  in  D'Av.:  Parosailas;  Leyde-Petau:  Per-ossicas. 

(3)  Codd.  in  D'  Av.  :  Samogedos,  Samogedi,  e  Sagemodi. 

(4)  Cod.  Leyde-Petau:  mentem;  cod.  Colbert:  materiam;  alii:  naturam. 
(6)  Codd.  in  D'  Av.  :  Chirpodan,  Cirpodam,  Cyrpodan. 

(6)  Codd.  ibid.  Kergte,  Gergts. 

(7)  Cydepos  erron.  per  oecypodes  (wxunoBe?  dì  Strabene).  Oltre  il  nostro  Torinese,  il  solo 
cod.  di  Leyde-Petau  e  il  testo  di  Vincenzo  di  Beauvais  hanno  questa  frase  :  «  istos  autem 
Isidoms  Cyclopedes  appellavit  » . 

(8)  Tutto  il  periodo  che  segue  (da  Ciim  autem  ||  inimiconim)  nei  codd.  del  D'  Avezac  è 
posposto  al  §  3  de  astuciis  in  congressione  al  n.  4.  (D'  Avezac  p.  297). 


SECOLO  XIIL  211 


§  2.  —  De  armis  eorum.  66 

Anna  antem  ista  ad  minns  debent  habere:  duos  arcns  vel  tres,  ?el  Qimm  boimm  ad 
(fol.  15  a.  2:)  minns,  et  tres  pharetras  magnas  plenas  sagittis,  et  anam  secorìm,  et  funos 
ad  machinas  trahcndas.  Divites  antem  habent  gladios  acntos  in  Qne  ox  nna  tamen  parte 
incidentos,  et  aliqnantnlnm  cnryas  ;  et  habent  eqnnra  armatnm  et  galeas  et  lanceas.  Quidam 
etiam  loricas  habent  de  corio.  Aliqni  etiam  habent  lanceas,  et  in  collo  ferri  lanceé  habent 
nnnm  tmcinnm  com  quo  detrahnnt  homines  de  sella  si  possant.  Longitndo  sagittarnm  sua- 
mm  est  daoram  pednm  et  unins  palmi  et  dnoram  digitorum  ;  ferramenta  sagittarnm  snnt 
accotissima  et  ex  utraqne  parte  incidentia  quasi  gladins  biceps,  et  semper  portant  limam 
iaxta  pharetram  ad  acaendnm  sagittas.  Scntum  habent  de  yiminibns  Tel  de  virgnltis  factam. 

§  3.  —  De  (rudentate  earum  erga  cqptivos. 

Cam  obsident  castrnm  aliqnod  vel  ciyitatem,  blande  eis  locnnntnr  et  multa  promittunt 
ad  hoc  ut  se  eorum  roani  bus  tradant.  Et  si  illi  se  eis  reddiderint,  dicunt:  «Exite,  ut  se* 
cundum  morem  nostrum  tos  numeremus  » .  Et  cum  illi  ad  eos  exeuut,  querunt  qui  sunt 
artifices  inter  eos  et  illos  resorvant,  alios  antem,  exceptis  illis  quos  volunt  habere  prò 
servis,  cum  securi  occidunt.  Et  si  aliquibus  parcunt,  ut  dictum  est,  nobilibus  et  honestis 
hominibus  numquam  parcunt.  Et  si  forte  aliquo  casu  contingente  seryant  aliquos  nobiles, 
nec  prece,  nec  pretio  possunt  ultra  de  captiyìtate  exire.  Imbelles  (1)  autem  quoscumqne 
capiunt  occidunt,  nisi  forte  yelint  aliquos  conseryare  ut  habeant  eos  prò  seryis.  Occidendos 
antem  dividunt  per  contenàrios,  ut  cum  bipenni  ìnterficiantur  ab  eis;  ipsi  yero  diyidunt 
post  hoc  per  captiyos,  et  unicuìque  seryo  ad  interficiendum  dant  X  aut  plures,  secundum 
quod  maioribus  placet. 

[Appendix  yel  Secunda  Pars]. 
§  1.  —  De  intentione  eorum  que  sii. 

Sciendum  preterea  quod  intenti©  tartarorum  est  subicere  sibi  totum  mundum  sì  possunt, 
et  de  hoc  Chingischam  habent  mandatum,  sicut  supra  dictam  est.  Idcirco  eorum  imperator 
sic  in  litterts  suis  seribit  ;  fortitudo  (2)  omnium  hominum  imperator.  Et  in  superscriptionem 
sigilli  sui  est  hoc:  Deus  in  (fol.  15b.l:)  celo  et  Cliingischam  (3)  super  terram:  Dei 
fortitudo  omnium  hominum  imperaioris  sigillum.  Et  ideo  cum  nuUis  hominibus  faciunt 
pacem,  ut  dictum  est,  nisi  forte  so  in  eorum  manibus  tradant.  Et  quia,  excepta  christia- 
nitate,  nulla  terra  est  in  orbe  quam  timeant  (4),  idcirco  ad  pugnam  se  preparant  contra 
nos.  linde  noyerint  nniyersi,  quod  nobìs  existentibus  in  tartarorum  terra,  in  solempni  curia, 
que  iam  ex  pluribus  annis  indicta  erat,  fuimus,  ubi  elegerunt  Cuyne  (5)  in  imperatorem 
in  presentia  nostra  qui  in  lingua  eorum  dicitur  Cham.  Qui  praedictus  imperator  erexit 
cum  omnibus  principibus  yexillum  contra  ecclesiam  Dei  et  Bomanum  imperium,  ac  contra 
omnia  regna  christianorum  et  popnlos  occidentis. 

In  predicta  autem  curia  sunt  bellatores  et  principes  exercitus  assignati.  De  decem 
hominibus  mittunt  tres  cum  familiis  eorum  de  omni  terra  potestatis  eorum  (sic).  Unus 
exercitus  dicit  intrare  per  Hungariam,  secundus  per  Foloniam  yenient  pugnaturi  continuo 
XYUI  annis  (6).  Tempus  est  etiam  eis  assignatum  procedendi,  et  in  martio  preterito  se 


(1)  In  D*Ay.:  In  bellùf. 

(2)  Nei  codd.  D'Av.:  Dei  fortitudo  omnium  hominum  imperator. 

(3)  In  tutti  i  codd.  D'  Avezac  :  Detis  in  coélo,  et  Ouyuo-oan  super  terram  Dei  forti- 
tudo. Omnium  hominum  imperaioris  sigillum. 

(4)  Quattro  codd.  del  D'  Avezac  hanno  come  il  nostro  timeant  o  timent,  e  non  pertanto 
egli  volle  attenersi  al  sólo  cod.  Leyde-Petau  che  scrive  quam  teneant;  e  per  di  più  vi  frap- 
pone un  non  che  non  ci  doveva  entrare,  e  stravolge  il  senso  componendo  il  testo  cosi:  «nulla 
est  terra  in  orbe  quam  ipsi  non  teneant  » . 

(5)  Leggi  Ouyuc  facilmente  storpiato  dall'  amanuense  in  Cuyne.  Kuyuk  o  6ujuk-kan  fu  H 
terzo  imperatore  dei  Tartari  e  quegli  che  ricevette  il  Piancarpino. 

(6)  In  D' Avezac:  decem  et  oeto  anni». 


212  BIBLIOTECA 


56  dobacruiit  movoro  de  terra  sua  (1).  Vciiiont  antom  in  tribns  vel  aiinis  IlIIor  usqno  in 
Cninaniau].  De  Comania  insultam  faciciit  in  U-rras  supcrias  annotata».  Ignoramas  tanicn 
utrnm  incontinenti  post  tortiam  liycmem  voniant  rei  ad  tcmpus  adirne  oxpcctent  nt  mdias 
Tcniro  possint  ac  iinproviso.  Hoc  omnia  firma  sont  et  vera,  nisi  Dominns  aliqnod  itnpodi- 
mcntnm  prò  sua  gratia  faciat,  sicnt  fecit  quando  vencrunt  in  Hungariam  et  Poloniam.  De- 
bobant  procedere  pugnando  XXX"  annis,  scd  ìnterfectus  fuit  tunc  imporator  cornm  vencno, 
et  propter  hoc  quieverunt  a  proliis  usque  nunc.  Sed  modo  quia  positus  est  imporator  do 
noTO,  iterum  ad  pugnam  incipiuut  so  preparare. 

§  2.  —  Qtwmodo  franseunt  flumina  (2). 

Sciendum  est  etiam  quando  ad  flumina  pervcniunt,  hoc  modo  transeunt  (fot.  15  b.  2:) 
illa,  etiam  si  sunt  magna.  Maioros  unum  rotundum  et  love  corium  habent,  in  cnins  snmi- 
tato  per  circnitum  crebras  faciunt  ansas  in  quibus  funem  ponnnt  et  stringunt,  ita  quod 
in  circuitu  faciunt  qucmdam  vontrem  quem  rcplent  vestibns  et  aliis  rebus,  et  fortissime  ad 
inyiccni  comprimunt  ;  post  hcc  in  medio  ponunt  sollas  et  alias  res  duriorcs.  Ilomines  etiam 
in  medio  scdent,  et  ligant  ad  candam  equi  navem  liane  taliter  preparatam,  et  unum  ho- 
minem qui  equum  rogat  faciunt  cum  equo  ante  nataro  ;  voi  habent  aliqnando  duos  remos, 
et  cuu)  illis  remigant  ultra  aqnam,  et  sic  transeunt  flumina.  Equos  pcliunt  in  aquam,  et 
unus  iuxta  unum  equum  quem  regit  natat,  et  alii  equi  omnes  illum  secnntur,  et  sic  trans- 
eunt aquas  et  flumina  magna.  Alii  vero  pauperiores  unam  bursam  do  corio  bono  consntam 
nnusquisque  tcnetur  habere  ;  in  qnam  bursam  .vel  in  quo  sacco  vestes  et  oronos  res  sua$) 
imponuiit,  et  in  summitate  saccum  fortissimo  ligaut  et  snspendant  ad  caudam  equi,  et 
transeunt  ut  superius  dictum  est. 

§  3.  —  Ad  Papam  epistola  imporator is  Tartharorum. 

«  Oham  filius  dei  excolsi,  Magno  sacerdoti  salutcm.  Misisti  nupcr  ad  nos  nnncios  tuos 
qui  muTtuni  magnifìce  loqnebantnr,  iiescio  utrnm  tu  miseris  vet  cornm  stnltitm  fiicrit.  Scd 
si  vis  panom  tnum  in  paco  comoderò  in  terra  tua  et  aquam  tuam  in  pace  biberc,  occurras 
nobis  cum  onniibus  qui  ad  te  spectant,  et  preccdas  nos  super  omnes  qui  volunt  obodiro 
mandato  dei  excolsi.  Quod  si  non  fbcoris,  vcniomus  ad  te,  et  quod  indo  contingat  deus 
excclsns  indicabit». 

E  qui  termina  il  nostro  cod.  Torinese,  ed  ò,  corno  abbiamo  notato,  il  solo  codice  cho 
contenga  questo  sunto  dolio  lettere  del  Ean  al  Papa  ;  particolaritii  ò  questa  tanto  più  da 
notarsi,  in  quanto  cho  nessun  codice  fin  qui  noto  dolla  relazione  d»!  Piancarpino  porta  seco 
lettera  alcuna  del  Kan. 

Ma  chi  confronti  il  tenore  di  questo  brevi  lettere  del  cod.  Torinese  con  quelle  più 
lunghe  tramandateci  dal  Siilimbeno  o  da  fr.  Benedetto,  vi  scorgono  tra  loro  appena  un'  om- 
bra di  somiglianza,  e  questa  soltanto  là  nell'invito  cho  il  superbo  Kan  &  al  Papa  e  ai 
monarchi  di  Europù  di  presentarsi  a  lui  per  ottener  la  pace,  so  volevano  salvarsi  dalle 
sue  minacce.  Tuttavia,  questo  lettere  non  ponno  ossero  cho  un  molto  breve  compendio  di 
quella  che  il  Salimbone  ricopiò  dal  libro  del  Piancarpino.  Però,  tanto  il  compendio  di  questo 


(1)  Cod.  Lcyde-Petau  :  »n  martio  praeterito  exfrcifvm  invcninms  indictum  per  tunnes  Tar- 
taros  per  qnos  fransivimu^,  ad  terram  litfgriar.  Altri  codd.  in  D'Av.:  in  martio  anno  domini 
1247  se  de  terra  una  movebant;  e  il  cod.  Colbcrtino:  anno  praeterito  gè  de  terra  ma  movc- 
mnL  L'  espressione  quindi  propria  sola  del  nostro  eod.  Torinese  che  parla  nel  senso  imper- 
fetto come  di  cosa  prossima  ad  cffettaarsi  (in  martio  praeterito  se  debuerutU  movere),  tradisce 
chiaramente  la  priorìtil  di  sua  redazione  sopra  gli  altri  codd.  mentovati,  e  che  questa  prima 
redazione  fii  scritta  entro  il  1247  e  dopo  il  mese  di  marzo. 

(2)  Tutto  questo  paragrafo  nella  seconda  compilazione  è  inserito  al  cap.  VI,  %  Z.  de 
astuiìis  in  congressiotte  al  num.  2  (D*  Avezac  p.  294)  E  veramente  il  suo  luogo  nel  nostro 
cod.  Torinese  sarebbe  meglio  altrove,  ossia  al  cap.  VI  dopo  il  §  3.  de  ertideUtafe  eorum 
erga  caì>tivos. 


SECOLO  XIII.  213 


lettore  ehc  il  tosto  Salìmbcniano,  hanno  inoltro  molta  somiglianza  col  tosto  di  un'altra  55 
Icttorà  che  dicesi  portata  dai  Domenicani  Ascolino  o  compagni  a  papa  Innoc.  IV.  Qncslc 
ci  fìirono  tramandato  dal  citato  Vincenzo  di  Beànvais  (Spceul.  histminlc  Uh,  32)  che  ri- 
mescolò, comò  si  fi  dotto,  la  relaziono  dol  Piancarpino  con  qnella  del  Domenicano  Asci'lino, 
si  che  ta  non  ricavi  da  Vicenzo  se  detto  lettore  contengano  realmonto  il  tenore  di  quelita 
dio  si  credono  (>ortate  da  Ascelino,  o  piuttosto  siano  an  rimaneggiamento  di  quello  altro 
dol  Piancarpino,  o  di  ambedue.  Checchi  no  sia,  si  noti  che  il  Piancarpino  portò  seco  duo 
t«sti  della  lettera  del  Kan,  uno  in  arabo  e  questo  sconosciuto,  e  l'altro  in  Ialino  (1)"  Avo/ne 
cit.  p.  360  cap.  ultimo  §  2  n.  10),  tal  cl>e  è  vana  ogni  congettura  in  proposito.  Dol  resto, 
ci  preme  proporro  all'  esame  degli  studiosi  aiicho  il  testo  dello  lotterò  che  si  credono  por- 
tato da  Ascelino;  esso  sono  dol  tenore  seguente: 

Excmplwn  liUranim  Jìaiothnoi  ad  Innocentium  IV  Sum.  Ponti fican.  —  Hoc  est 
disposinone  divina  ipsius  Cham  transmissum  l^aiothnoi  verbnm.  Papa,  ita.scias:  tni  nuncii 
vonerunt,  tuas  literas  attulerunt;  tui  nuncii  maxima  vorha  dixerunt,  nescimus  ntrnni  im'un- 
zeris  eis  ita  loqui,  aut  a  semetipsis  dixernnt.  Et  in  litoris  talitor  scripsora.s:  llomiues 
multos  ocx:iditis,  interimitis  et  perditi».  Praeceptutn  Dei  stabile,  et  statutum  eius,  qui  totiuit 
faciem  orbis  continet,  sic  est:  Quicumque  statutum  audiorint,  super  propriam  terram,  a(|nam 
et  patrimoninm  sedeant,  et  ei,  qui  fiiciem  totins  orbis  continet,  virtutem  tradant.  Quicumque 
antom  praec^ptnm  et  statutum  ìion  audiorint,  sed  alitor  focerint,  illi  deleantur,  et  i)or- 
dantur.  Nunc  super  hoc  istnd  statutum  et  praecoptnm  ad  vos  transuiittimus:  si  vnltis 
super  torram  vestram,  aquam  et  patrimonium  sedere,  oportct  ut  tu  Papa  ipso,  in  propria 
])ersona,  ad  nos  venias,  et  ad  oum  qui  £iciom  totius  orbis  continet  accedas  ;  et  si  tu  prao- 
ceptnm  Dei  stabile,  et  illius,  qui  fiiciem  totins  terrae  continet,  non  andioris,  istud  nos  no- 
scimus.  Deus  scit.  Oportct  ut  anteqnam  vonias  nuncios  praemitt.:is,  et  nobis  signiSces  si 
venies  an  non,  si  velis  nobiscum  componere,  aut  inimicus  esse:  et  resiìonsiunem  praecepti 
cito  ad  nos  transniittc.  Istud  praecoptnm  per  manus  Aybez  et  Siirgis  misimus  mense  lulii, 
vigcsima  dio  Innationis  in  territorio  Sitiens  Castri  scrìpsimos(l)  ». 

1245  8.  —  Pr.  Benedictus  Polonus  :  —  De  itinere  fratrum  Minorum  ad  Tar- 
tarea, quae  frater  Benedictus  Polonus  viva  voce  retulit. 

É  una  relaziono  brovo  d  sommaria  che  frate  Benedetto  compagno  dol  Piancari>ino  dettò  56 
a  corti  personaggi  quando  dalla  Tartaria  passarono  ambi  per  Colonia.  Essa  ci  fu  conservata 
ncir  unico  ms.  di  Parigi  (Eegio  2477  olim  Colbertino),  e  fu  pubblicata  per  la  prima  volii 
dal  D'  Avezac  in  appendice  alla  relazione  del  Piancarpino,  nell'  ediz.  a  parte  del  1 8<18,  e 
nel  Tlccucil  de  Voyagcs  (Paris  1839)  t.  IV  p.  774-70.  Donodotto  schiarisce  a  meraviglia 
vari  passi  della  relazione  del  Piancarpino;  e,  quel  che  ò  strano,  nella  snaJbrove  relaziono 
troviamo  il  tenore  delle  lettore  del  gran  Kan  al  Papa,  elio  mancano  affato  noi  codici  del 
Piancarpino  ! 

La  relazione  di  Benedetto  principia:  «Anno  Domini  millesimo  ducentesimo  quadrage- 
simo quinto,  fr.  Johannes,  do  ordino  Minorum  fratrum,  dictus  de  Plano  Carpini,  a  Do- 
juino  Papa  missus  est  ad  Tartaros  cum  alio  fratrc  (2),  in  Pascila  exiens  a  Lugduno  flalliao 


(1)  Vinc.  Bcllovac.  I.  e.  —  Eodnlphìns  IIM.  Sernph.  Uelig.  fol.  2%  v. 

(2)  Questi  sarebbe  fr.  Stefano  lìormo  ricordato  dnl  Cliron.  24  (ini.  {Anni,  frane,  t.  Ili 
p.  2r»(>)  come  socio  del  l^iancarpino;  il  (lusilc,  arrivato  ai  confini  della  Coinniiia,  cadde  in- 
fermo e  dovette  sospendere  il  viaggio,  come  wgiic  a  dirci  fr.  Benedetto.  Tutti  e  tre  son  ri- 
cordati dal  fìlassberger,  Anal.  fraur.  t.  II  p.  71.  Altri  eoinpagni  Minoriti  non  sono  mento- 
vati ne  da  Bi!nodetto  ni  dal  Piancarpino.  Il  Waddingo  {Stn-iplorr/i  p,  221)  nomina  pure  fr.  Ste- 
fano Boemo  come  socio  del  Piancarpino. 


214  BIBLIOTECA 


56  nbi  Papa  fnit;  profectns  in  Poloniam  assnmpsit  in  Vretslavia  tercinm  fratrem  einsdem 
Ordinis  Benedictum  nomine,  Polonnm  genere,  nt  esset  sibi  socins  laboris  et  tribalationis, 
ac  interpres.  Qui  mediante  Conrado  dnce  Polonornm,  perveneront  nsqne  Kyoviam  civitatem 
Rosciae,  qnae  nunc  est  sub  aervitute  Tartarorum.  Qaorum  civium  doctores  condnctum  eis 
déderant  ad  sex  dietas  nsqne  ad  primam  cnstodiam  Tartaromm  circa  principinm  Comaniae. 
A  cains  castodiae  dncibns,  cnm  audissent  eos  esse  nnntios  Fapae,  postnlatis  et  receptis  ab 
eis  mnneribns,  dicti  dao  fratres  Johannes  et  Benedictus,  tertio  fratre  debilitato,  cnm  eqnis 
et  clientnlis,  qnos  secnm  addaxerant  ibidem  relictis,  nt  eis  mandabatnr,  in  ipsornm  Tar- 
taromm eqais,  et  sarcnmcnlis  sois  sibi  saWis,  perdacti  snnt  ad  secnndam  cnstodiam...». 
—  Termina  :  «  Ipsi  antem  fratres  ad  occidentem  progrediebantnr,  et  apnd  Coloniam,  trans- 
ito Beno,  reversi  snnt  ad  dominnm  Papam  apnd  Lngdnnnm,  litteras  Imperatoris  Tarta- 
romm eidem  repraesentantes,  qnaram  tenor  per  interpretationem  factam  talis  est  »  : 

Segne  nel  cod.  Colbertino  il  tenore  incompleto  delle  lettere  dell'  imperatore  Tartaro, 
che  il  D' Avezac  trasporta  nella  prefazione  a  p.  198-99  dell' ediz.  1838.  Koi  le  ridiamo 
qui  perchè  il  lettore  possa  confrontarle  col  testo  Salimbeniano  riportato  nel  precedente  ar- 
ticolo dove  parliamo  del  Piancarpino. 

Litterae  regia  Tartarorum  ad  Bominum  Papam. 

Dei  fortitndo,  Chingiscan  (1),  omnium  hominnm  imperator,  magno  Papae,  litteras  cer- 
tissimas  atqne  veras.  Consilio  habito  prò  pace  habenda  nobiscnm,  ta  et  canoti  popoli  chri- 
stiani  qni  in  occidente  consistnnt,  nobis  per  tnnm  nnntinm  transmisisti,  qni  sicnt  ab  ipso 
andirimns,  et  nt  in  litteris  tnis  habebatur,  pacem  velletis  habere  nobiscnm.  Igitar  si  pacem 
desideratis  habere  nobiscnm,  tn  papa,  imperatore»,  reges  omnes,  cnnctiqne  potentes  civitatam 
et  tcrramm  roctores,  ad  me  prò  pace  diffinienda  nullo  modo  venire  differatis,  et  nostram 
aodietis  responsionem  pariter  et  volnntatem.  Tnaram  continebat  series  litteramm,  qnod 
deberemns  baptizari  et  effici  Christian!  :  ad  hoc  tibi  breviter  respondemns  qnod  non  Intel- 
ligimns  qnaliter  hoc  lacere  debearons.  Ad  id  etiam  qnod  in  tnis  litteris  habebator,  qnod 
miraris  de  occisione  hommnm  et  maxime  christianornm  ac  potissime  Hongarornm,  Polo- 
nornm et  Moraviomm,  tibi  breviter  respondemns,  qnod  etiam  hoc  non  intelligimns.  Verun- 
tamen,  ne  hoc  snb  silentio  transire  videamnr,  taliter  tibi  dncimos  respondendnm  :  qnia 
praecepto  Dei  et  Chingiscan  non  obediernnt,  et  malnm  consilinm  habentes  nnncios  nostros 
occidemnt;  qnare  Dens  eos  deieri  praecopit,  ac  manibns  nostris  tradnxit.  Alioqnin  nisi 
Dcns  fecisset,  homo  homini  quid  &ccre  potnisset?  Sed  tos  habitatores  occidentis,  Donm 
adoratis,  et  solos  vos  christianos  esse  croditìs  et  alios  contemnitis;  sed  qnomodo  scitis  cui 
gratiam  snam  conferre  dignetnr?  Nos  Denm  adoramns  et  in  fortitudine  ipsins  ab  oriento 
nsqne  ad  occidentem  delebìmus  omnem  terram.  Qnod  si  homo  fortitndo  Dei  non  esset,  ho> 
mines  quid  tacere  potnissent?...»  Manca  il  resto. 

Gli  Annali  di  S.  Pantaleone  di  Colonia,  sconosciuti  al  D' Avezac,  confermano  appun- 
tino la  relazione  yerbale  di  frate  Benedetto  (che,  secondo  noi,  dev'esser  questa  del  cod. 
Colbertino)  dandoci  anche  l' epoca  del  suo  passaggio  per  Colonia  col  Piancarpino  : 

1347,  Oct.  3.  —  «  Eloctus  rex  (Wilhelmns  comes  HoUandiac)  una  cum  legato  Co- 
loniam ingreditur...  In  electione  hnius  regis,  fratres  Minores,  qui  a  Papa  missi  faerant  ad 
Tartaros,  rediemnt,  reportantos  epistolam,  quam  Kex  Tartaromm  Pape  misit.  Cuius  epi- 
stole tenorem  et  totins  procossum  itineris,  summo  labore  et  periculis  confecti,  nnns  eo- 
rnndcm  fratrnm  Minorum,  Benedictus  nomine,  Polonus  genere,  sicnt  vidit  et  andivìt,  cuidam 
prelato  et  quodam  scholastico  Coloniensi,  hystoriarnm  non  ignaro  [altro  cod.  :  non  ignaris], 
cum  transitnm  per  Coloniam  iaceret,  viva  voce  et  diincido  explanavit  ;  quo  libello  speciali, 


(1)  Il  nome  di  Ckingisean  é  qui  una  giunta  erronea  del  cod.  Colbertino,  che  il  D' Avezac 
correggo  surrogandovi  il  nome  del  vero  mittente,  l' imperatore  Cnyrth-ìtan.  Osserviamo  però 
che  nel  testo  Salim.beniano  manca  qui  a£htto  il  nome  dell'imperatore. 


SECOLO  XIII.  215 


quem  iidem  fratrea  de  orta  «t  rito,  ceterisque  circnmstantiis  Tartarornm  rctnlcrant,  ipso    66 
fratre  oretcnns  singala  declarante,  snnt  adiecta  (1)  ». 

Né  il  Waddingo,  né  lo  Sbaralea,  ne'  altri  nostri  cronisti  connobbero  punto  questa  som- 
maria relazione  di  fr.  Benedetto  di  Polonia.  Il  Papini  In  una  sua  opera  ms.  della  Nazionale 
di  Firenze  (2),  ricorda  un  Benedetto  socio  del  Piancarpino,  e  lo  suppone  anche  socio  in 
scribenda  relatione  histotica  exhihiia  Papae;  ma  poi  dubita  se  veramente  debba  dirsi  Be- 
nedetto il  compagno  del  Piancarpino  o  piuttosto  il  fr.  Stefano  Boemo  ricordato  dal  Chron. 
24  Gen.  (3),  non  sospettando  che  tutti  e  due  furon  realmente  compagni  del  Piancarpino, 
ma  fr.  .Stefano  soltanto  fino  ai  confini  dei  Tartari.  Peggio  però  erra  il  nostro  Melissano 
quando  riportando  un  errore  di  altri  (che  dissero  il  Piancarpino  e  fr.  Benedetto  telorum 
idiìms  confossi,  ad  extremum  gladio  iugulati  sunt,  et  in  civitate  Armaloch  die  20  iunii 
huius  anni  1248  sepulti),  distingue  due  altri  omonimi  Minoriti  per  dirli  morti  martiri  noi 
tempo  e  luogo  indicati  (4). 

1246  —  Fr.  Lorenzo  [da  Orte]  de'  Minori,  legato  apostoUoo  (1246)  in  Siria, 
Cipro,  Armenia,  Grecia,  Iconio,  ecc.,  poi  vescovo  (nel  1255)  di  Antivari. 

Al  mentoyato  fr.  Domenico  di  Aragona  (n.  54),  troviamo  succeduto  legato  apostolico  57 
per  tutto  V  Oriente  il  celebre  frate  Lorenzo  [da  Otte]  (5),  inviato  specialmente  al  patriarca 
greco  di  Antiochia,  al  Catholicon  di  Armenia,  e  al  patriarca  Maronita  del  Libano,  con 
lettere  datate  il  6  agosto  1246:  nelle  quali  il  pontefice  loda  fr.  Lorenzo  <ii  virum  scientìa 
praeditum,  morum  honestate,  et  in  consiUis  circumspectum  * ,  e  lo  munisce  di  pieno  facoltà 
«  ut  evcllat  et  dissipct,  acdificet  et  plantet,  sicut  vidèrit  expedire  » .  In  quella  data  allo 
stesso  Lorenzo,  il  poute.ice  così  si  esprime  :  «  Ti  mandiamo,  come  angelo  di  pace,  nostro 
legato  trasmarino  in  Ai  nenia,  in  Iconio,  in  Turchia,  in  Grecia  e  nel  regno  di  Babi- 
lonia (6),  con  piena  ani  )rità  non  pure  sopra  tutti  i  cristiani  di  tali  regni,  ma  eziandio 
sopra  tutti  i  greci  de'  patriarcati  dì  Antiochia,  di  Gerusalemme  e  del  regno  di  Cipro,  e 
sopra  i  Giacobiti,  Maroniti  e  Nestoriani,  affinchè  secondo  la  prudenza  che  ti  concesse  il 
Signore,  tu  quivi  abbatti,  edifichi  e  pianti.  T  ingiungiamo  poi  specialmente  di  pigliare  sotto 
la  tua  protezione  con  1'  autorità  Apostolica  della  quale  sei  fornito,  tutti  e  singoli  i  Greci, 
quale  che  sì  fosse  il  loro  nome,  né  consentir  mai  che  con  alcuna  molestia  0  violenza  ven- 
gano vessati  :  e  delle  ingiurie  od  offese  che  avessero  mai  patite  dai  Latini,  domandare  agli 


(1)  Annales  S.  Pantaleonis  Coloniensia  nei  Monumenta  Germaniae  historica,  Scriptorum 
t.  XXII  p.  542. 

(2)  Ms.  autografo  II.  II.  181.  Index  onomaaticus  scriptorum  Ord.  Min.  uaqtte  ad  an.  1650, 
al  num.  630. 

(3)  <  Dubium  oritur  an  fuerìt  (Bcned ictus  Polonns)  socius  Ioannis,  cnm  in  Chron.  24 
Gen,  noininctur  Stephanus  Boacmus  »  :  Ms.  cit. 

(4)  Vedi  Melissano  in  addit.  ad  Wadding.  an,  1248  n.  3,  t.  Ili  p.  207.  —  Cfr.  Civezza  Storia 
t.  I.  p.  457.  —  N<i  l'Amat  di  S.  Filippo  (l.  48-54),  nò  il  Yule,  nò  altri  parlarono  con  pre- 
cisione storica  del  viaggio  e  dei  compagni  del  Piancarpino.  Alcuni  gli  dettero  anche  per  com- 
pagno fr.  Lorenzo  dì  Portogallo! 

(5)  Confuso  da  alcuni  coli'  omonimo  fr.  Lorenzo  da  Portogallo  che  vuoisi  inviato  ai  Tar- 
tari nel  1245.  Che  il  suinmcntovnto  sia  da  Orte,  cittadina  degli  Stati  Romani,  Io  si  ricava  da 
uu  Breve  diretto  nel  1259  ad  un  suo  nipote  Andrea  da  Orte;  cfr.  lìtdlar.  t.  II  p.  335  n.  484. 

(G)  Cioò  nelle  })rovincic  della  vera  Babilonia  ossia  Messopotamia,  e  non  nell'  Egitto  detto 
impropriamente  Babilonia. 


216  BIBLIOTECA 


67  offensori  degna  soddisfazione,  comandando  loro  se  n«  guardassero  bene  in  avvenire,  e  i 
ribelli,  ove  accadesse,  raffrenare  e  pnnire  mercè  delle  censore  ecclesiastiehe».  Queste  e  simili 
lettere  riportate  dagli  Annalisti  dicono  assai  più  d'  ogni  elogio.  Lorenzo  vi  si  recò  in  tatti 
qne'  Inoghi,  da  per  tatto  accreditando  di  presenza  (dice  l' Henrìon)  la  &ma  che  di  lai  pre> 
correva  grande  di  prudenza  e  di  santità  (1).  —  Frate  Lorenzo,  dopo  aver  disimparato  il 
suo  ministero,  e  dopo  aver  resa  giustizia  ai  Greci  di  Cipro  (e.  1250)  con  &r  richiama 
il  loro  arcivescovo  ingiustamente  esiliato  (2),  non  sappiamo  più  per  quanto  tempo  siasi  fer- 
mato in  Oriente  ;  se  non  che  nel  1255  lo  troviamo  promosso  alla  sede  arcivescovile  di  Anti- 
varì  (3).  Di  lui  il  Salimbene:  <  Fr.  Laurentius,  amicus  et  socius  meus,  similiter  morabatur 
cum  Papa  [a  Ferrara  nel  1251]  quem  postea  fecit  archiepiscopum  Antivarensem  (4)  ». 
Lorenzo  preparò  la  via  alla  missione  in  Oriente  del  b.  Giov.  di  Parma  (Wadd.  1249  n.  4). 

1246  —  Ambasciata  del  Soldaao.  —  Si  ha  che  in  quesV  anno,  uno  de'  molti 
francescani  di  T.  S.,  si  ebbe  l' incarico  dal  Soldano  d'  Egitto  di  portar  sue  lettere 
al  Pontefice  Innocenzo  lY.  In  esse  il  Soldano  accenna  a  lettere  speditegli  assai  prima, 
e  che  gli  furono  molto  gradite.  Dice  inoltre  di  aver  ricevuto  il  messo  pontificio 
(verosimilmente  francescano,  e  forse  lo  stesso  latore  della  presente)  con  affetto,  onore, 
divozione  e  riverenza  (5). 

1246  —  Pr,  GKifirlielino  Boi.  —  Il  nobile  Signora  Raimondo  Bagiacense, 
presa  la  croce  dalle  mani  de'  Francescani  di  Borgogna,  parte  per  la  Terra  Santa  in  com- 
pagnia di  frate  Ouglielmo  Boi,  suo  confessore  e  consigliere  e  di  un  altro  Minorità, 
concessigli  da  Innocenzo  IV  (6). 

1247  —  ArmeniarG^orsia.  —  Già  vedemmo  nel  1233  inaugurate  le  Mia- 
sioni  in  Georgia.  La  prima  missione  che  vanti  1'  Ordine  Minoritico  in  Armenia  data 
da  quest'  anno  (1247),  ove  per  ordine  del  più  volte  mentovato  Pontefice  Innocenzo  IV 
vi  si  recava  il  francescano  frate  Andrea  (da  Perugia?)  con  altri  suoi  confratelli,  de- 
stinati a  procurare  1'  unione  degli  Armeni  e  de'  Georgiani  colla  Chiesa  Bomana.  Le 
gesta  di  questo  Minorità  e  de'  suoi  confratelli  sono  registate  dai  nostri  storici  (7).  Koi 
qui  solamente  notiamo  come  i  detti  Missionari  riuscissero  felicemente  di  piegare  il 
Caiolicon  (8)  e  i  suoi  vescovi  a  riconoscere  il  primato  di  onore  e  giurisdizione  del 
Bomano  Pontefice  su  tutte  le  Chiese,  come  risulta  dalle  lettere  del  detto  patriarca 
dirette  ad  Innocenzo  per  mezzo  degli  stessi  francescani,  ove  questi  son  chiamati  religiosi 
eccellenti,  virtuosi  in  tutte  le  opere  e  meritevoli  della  stima  di  tutti  gli  uomini. 
Simili  lettere  ottenne  frate  Andrea  anche  dai  vescovi  Giacobiti  e  Nestorìani,  nelle 
quali  confessano  la  Santa  Chiesa  Bomana  esser  madre  e  capo  di  tutte  le  Chiese  (9). 


(1)  I  documenti  nello  Sbaralea  Buttar,  t.  I  ;  Wadd.  t.  IIL  —  Belle  pagine  nel  Civezza 
Storia  ddle  Mìm.  t.  I  p.  405-12,  che  lo  dice  di  patria  incerta. 

(2)  Buttar,  tip.  547.  —  Vedi  Waddingo  1247,  e  1249  n.  4.  —  Cfr.  Mas  Latrie  Hi$L 
de  Chypre  t.  1.  p.  857, 

(3)  Cfr.  Buttar,  t.  II  p.  76  nota  b.  —  L'  Eubel  {Hierarchia  t.  I  p.  92)  lo  confonde  con 
fr.  Lorenzo  da  Portogallo  legato  ai  Tartari  nel  12fó  e  forse  vescovo  di  Septa  in  Africa  (cfr. 
Buttar.  1. 1  p.  354  n.  b.  e  Wadd.  t.  IH  p.  245  n.  3).  —  Il  Waddingo  pure  sospetta  l' identità 
de'  due  omonimi  Minoriti  (ib.  t.  Ili  p.  125,  n.  14). 

(4)  Chron.  p..227. 

(5)  Vedasi  il  docom.  nel  Wadding,  ArmoLe»  an.  1246,  n.  5.  —  Stadense,  ad  an.  1246. 
—  Diaz  iMeema  Hierotolymiiana  n.  XXX.' 

(6)  Vedasi  il  Breve  nello  Sbaralea  BvUar.  tip.  497. 

(7)  Cfr.  Waddingo  an.  1247  n.  13  che  non  Io  dice  di  Perugia.  —  Civezza  Storia  ecc. 
t.  L  e.  9.  —  Panfilo  Storia  t.  IL  e.  14. 

(8)  Cosi  chiamasi  il  Patriarca  d'Armenia. 

(9)  Vedi  anche  Fleury,  Bohrbacher,  e  Baynald  an.  1247. 


SECOLO  xm.  217 


e.  1247  t  —  Pr.  Enrico  da  Pisa,  Ministro  provinciale  di  Grecia  e  di  Terra 
Santa. 

Tatto  quanto  si  sa  di  qnesto  Minorità  lo  abbiamo  dal  Salimbcne  che  qni  riportiaino,    58 
colla  gianta  di  alcnne  note  per  dilncidare  la  cronologia  dei  fatti. 

«...  Eodem  anno  (MCCXLVII)  (1)  captnm  fuit  navigiam  mantnanornm  apnd  Borsellum, 
et  alind  postea  ad  Gramignatiam....  Et  apnd  Lnxariam  stetcraiit  modiolanenscs,  brixienscs, 
fcrrarienses,  bononienses  et  veneti  daobns  mensibns.  Erat  enim  valida  guerra  et  intricata 
et  periculosa.  Nam  respublica  contra  Ecclesiam  cnm  suis  seqoacibns  vivaciter  insnrrexorat, 
et  e  converso.  Et  patriarcha  Antiochenns  obiit  aipnd  Lngdnnnm,  qni  fuit  de  Rohertis  do 
Regio,  et  tempore  magni  tcrremotus  erat  episcopus  Brixiensis...  Item  iste  patriarciia  parvao 
litteraturae  fuit;  sed  recorapensabat  hunc  defectunU  in  aliis  bonis,  qnae  facicbat...  Porro 
cum  patriarcha  Antiocheno  multis  annis  stetit  frater  Henrìcns  Fisanus,  qui  fiiit'  ex  Or- 
dine fratrnm  Minornm,  qui  multa  bona  de  praedicto  patriarclia  mihi  et  aliis  fratribus  re- 
ferebat  frequenter  (2).  Iste  frater  Henricus  Pisanus  ftiit  pulcher  homo,  modiocris  tamon 
staturae,  largus,  curialis,  liberalìs  et  alacer.  Cam  omnibus  bene  conversari  sciebat,  condo- 
scendendo  se  moribus  singulorum,  fratrum  suorum  gratiam  habcns  et  saecularinm,  quod 
paucorum  est.  Item  solemnis  praedlcator  et  gratiosus  clero  et  populo  fuit.  Item  sciebat 
scribere,  miniare,  quod  aliqui  illuminare  dicunt  (prò  eo  quod  ex  minio  liber  illumiiiatur), 
notare»  cantus  pulcherrimos  et  delectabiles  invenire,  tam  modulatos,  idest  fractos,  quain 
firmos.  Solemnis  cantor  fuit.  Habebat  vocem  grossam  et  sonoram,  ita  ut  totum  replorot 
ehorum.  Quillam  vero  habebat  subtilem,  altissimam  et  acutam,  dulcem,  suavem  et  de- 
lectabilem  snpra  modum.  Meus  Custos  fuit  in  Senensi  custodia,  et  meus  magister  in  canta, 
tempore  Gregorii  Papae  noni  (3)...  Iste  frater  Henricus  Pisaìius  fuit  morigeratus  homo, 
et  Deo  devotus  et  Beatae  Yirgini  et  beatae  Mariae  MagdalQnae.  (Nec  mirum,  quia  ecclesia 
suae  viciniae  Fisis  habebat  vocabalum  huins  sanctae.  In  civitate  etiam  pisana  b.  Virgo 
vocabulum  habebat  matricis  ecclesiae.  In  qua  lui  (4)  a  pisano  archiepiscopo  diaconus  ordi- 
natus).  Multas  cantilenas  fecit  frater  Henricus  et  multas  sequentias.  Nam  illam  littoram 
fecit  et  cantum:  Christe  Deus  —  Christe  meus  —  Chrisic  Box  et  Domine... 

Item  illam  cantilonam  fecit,  litteram  cum  triplici  cantu,  s^Wicet:  Miser  homo,  cogita 
—  facta  Creatoris.  Item  cantum  fecit  in  illa  littera  magìstri  Philipp!  cancellarli  pari- 
sìonsis,  scilicet:  Homo,  guam  sit  pura  —  mihi  de  te  cura.  Et  quia  cum  essot  Custos, 
et  in  conventu  Senensi  in  infirmitorio  jaceret  infirmns  in  lecto,  et  notare  non  posset,  vo- 


I 


(1)  Nello  stesso  anno  1247,  il  Salimbene  erasi  recato  a  Lione  presso  il  Pontefice. 
Chron.  p.  62. 

(2)  Alberto  de  Rozato  o  Rizzato,  da  vescovo  di  Brescia  fa  promosso  al  patriarcato  di 
Antiochia  nel  1226.  Come  abbiamo  già  notato  sotto  un  articolo  precedente  (all'  anno  1230 
p.  159)  Roberto  fa  in  Oriente  dal  1229  al  1233,  indi  in  Italia  negli  anni  1234  38,  e  poi  di 
nuovo  in  Oriente  negli  anni  1238-45.  Ritornato' in  Europa  mori  in  Lione  di  Francia  (22  luglio 
1246)  durante  il  concilio.  (Gfr.  Eubel  Hierarcìùa  I  p.  93  e  la  Revtie  de  V  OrienUlAitin  t.  Vili 
p.  141-43).  La  lunga  convivenza  di  fr.  Enrico  col  patriarca  Antiocheno  dobbiamo  porla  ve- 
rosimilmente prima  del  1241,  essendo  che  in  quest'  anno  Enrico  era  Custode  a  Siena. 

(3)  Gr^orio  IX  governò  1227-1241.  SalimbeiìKt nacque  nel  1221  {Chron.  p.  5),  vesti  l'abito 
nel  1238  (p.  11)  nel  convento  di  Fano;  qualche  teinpo  dopo,  per  timore  del  padre,  che  voleva 
rapirlo,  con  lettere  di  Fr.  Elia  Generale  Ministro  si  portò  in  Toscana,  ove  dimorò  otto  anni  : 
€  duobus  in  civitate  Lucensi,  et  duobus  in  Senensi,  et  IIII  in  Pisana»  (p,  17):  e  cosi  ab- 
biamo per  epoca  della  sua  dimora  in  Toscana  gli  anni  1238-46  ;  e  precisamente  avremo  gli 
anni  1240-41  per  epoca  della  sua  dimora  nel  convento  di  Siena,  e  del  Custodiato  di  frate 
Enrico.  Questo  calcolo  troviamo  anche  confermato  dallo  Sbaralea  {Supplem.  ad  Scrip.  Ord. 
Min.  p.  339)  che  pone  il  nostro  Enrico  Custode  a  Siena  nel  1241. 

(4)  Cioè  tra  il  1242-46  epoca  della  bus  dimora  a  Pisa. 


218  BIBLIOTECA 


68  cavit  me  et  fui  primus,  qai,  eo  cantante,  notavi  illuni  cantnm.  Item  in  illa  alia  littera. 
qnac  est  cancellarii,  siniiliter  cantura  fecit,  scilicet:  Crux  de  te  volo  conqueri....  Sane  fr. 
Hcnricus  Pisanus  intimus  raens  amicns  fnit,  et  talis  vere,  qualem  describit  Sapiens  in 
Prov.  XVIII:  Vir  amàbiìis  ad  societatem,  magis  amicus  erit,  quam  frater.  Nam  et  ipse 
fratrcm  habebat  in  Ordine  contemporaneom  raihi,  et  ego  fratrem  contemporanenm  sibi.  Et 
longe  plos  me  diligebat,  nt  dixi,  quam  germannm  et  proprinm  fratrem.  Hic  factus  fuit 
Ministor  in  Graecia,  quae  est  provincia  Romaniae  (1),  et  mihi  obedientialem  litteram  dedit, 
per  quam  possem,  si  mihi  placeret,  ire  ad  eum  et  esse  de  provincia  sua,  cum  quocumque 
socio  voluissem.  Insuper  ot  promisit  mihi  Bibliam  se  daturum  et  alios  libros  multos.  Sed 
non  ivi,  quia  eodem  anno,  quo  pervenit  illuc,  ultimum  diem  clausit.  Obiit  autem  in  quo- 
dam  provinciali  capitnlo  celebrato  Corinthi  (2).  In  quo  loco  sepultus,  requicvit  in  pace. 
Prophetavit  autem,  sive  futura  praedixit,  audientibus  fratribus,  qui  in  capitulo  erant,  dicens: 
nunc  dividimns  libros  decedentium  fratrum,  sed  poterit  esse,  qnod  usque  ad  breve  tompus 
dividcntur  et  nostri.  Bevera  ita  &ctum  Aiit,  quia  in  eodem  capitulo  fuerunt  libri  sui  di- 
visi »  (Salimbene  Chron.  p.  64-67). 

1247  —  Di  un  Documento  arabo  a  prò  de'  Prati  del  Monte  Sion,  nel  1247? 

59  Neil'  archivio  dei  nostri  firmani  di  Gerusalemme  e'  imbattemmo  in  un   curioso  docu- 

mento giuridico,  scritto  in  arabo  con  data  dell'  egira  25  rab^el-aual  645,  che  corrispondo 
all'  era  nostra  31  luglio  1247.  In  esso  è  ricordato  un  frate  Giacomo  figlio  di  Narsis 
(o  Barsis  o  Parsis,  che  in  mancanza  di  punti  diacritici  arabi,  questo  nome  si  presta  a 
varie  lezioni)  superiore  del  convento  di  Monte  Sion.  —  Come  già  in  un  altro  nostro  la- 
voro (3),  cosi  aTiche  qui  vogliamo  ripetere  i  nostri  dubbi,  non  sull'  autenticità  del  docu- 
mento, ma  sulle  date  contenuto  in  esso,  malamente  trascritte  dal  notaio  o  dall'ufficiale 
arabo  del  tribunale.  11  documento  ha  varie  date  dubbie  e  che  si  riferiscono  ad  anteriori 
documenti  che  più  non  possediamo.  Per  es.,  è  ricordato  un  documento  dell'  egira  504  che 
corrisponde  al  nostro  1110,  epoca  in  cui  i  Crociati  erano  padroni  di  Gerusalemme  e  della 
Terra  Santa  !  Ciò  non  ostsinte  il  documento  porta  chiara  la  data  de'  25  Bàbi  et  aual  del- 
l'anno  645  (=  31  luglio  1247);  di  più,  è  vidimato  da  ben  dieci  Kadi  o  giudici,  quattro 
de'  quali  vi  apposero  i  loro  sigilli,  oltre  i  nomi  di  nove  testi  ufficiali. 

Il  contenuto  del  documento  in  parola,  è  una  sentenza  a  prò  de'  Minoriti  contro  un 
tale  Giacomo  cristiano  cho  reclamava  un  piccolo  terreno,  provata  proprietà  de'  religiosi 
franchi  del  convento  di  Sion.  I  religiosi  franchi  provarono  con  documenti  in  mano, 
cìte  detto  terreno  spettava  a  loro  come  credi  de' religiosi  franchi  che  li  precedett-cro  da 
tempi  assai  anteriori,  da  Omar  in  poi.  —  In  esso  documento  sono  ricordati  i  seguenti 
Minoriti:  —  1",  il  religioso  Giovanni  figlio  di  Pietro  —  2°,  il  religioso  Gregorio  figlio 
di  Giacomo  —  3**,  il  religioso  Andrea  figlio  di  Gioacchino  —  4°,  il  religioso  Fran- 
cesco figlio  di  l'omaso  —  5",  il  religioso  Giacomo  figlio  di  Narsis  (:=.  Narciso?) 
supcriore  del  convento  —  6",  //  religioso  Costantino  figlio  di  Giovanni,  procuratore 
degli  affari  del  convento  —  7",  Mcnkad  figlio  di  Giuseppe,  dragomanno  del  sopradetto 
convento. 


(1)  La  Provincia  d'Oriente,  unica  sino  al  12<>.-),  ebbe  promiscuauiente  le  varie  donomi- 
nazioni  di  Provincia  d'  Oltremare,  di  liomania,  di  Grecia,  dì  Sìria,  di  Terra  Santa  o  di  An- 
tiwiliia.  —  Cfr.  Serie  cronolof/tea  (lei  Superiori  di  T.  S.  pp.  XHI  e  n.  2.  —  Panfilo  Storia 
conip.  I.  4.56-57.  —  Papini  Storia  di  S.  Frane.  I.  100,  184.  —  Cfr.  aopra  p.  108,  158. 

(2)  ]h\  quanto  paro,  1'  anno  della  morte  di  fr.  Enrico  wirobbe  il  1247,  sotto  il  quale 
anno  Suliinbcne  ne  parla. 

(3)  Serie  cronologica  n.  4,  p.  4. 


SECOLO  xm.  219 


1248-64.  —  Pr.  Gilbertus  Tomacensis:  —  Hodoeporioon  primae  profe- 
otìonls  Sancii  Ludovici  Qalliarum  regie  in  Syriam. 

Prato  Gilberto  o  Guiberto  di  Tonrnai  (f  1270)  celebro  teologo  e  predicatore  della  60 
Francia  (1),  scrisse  quest'  opera  per  testimonianza  di  Enrico  di  Gand.  il  noto  dottore  e 
arcid.  di  Tonrnai  morto  nel  1293.  L'  opera  non  è  ricordata  punto  dagli  storiografi  del 
Santo  re,  o  bibliografi  della  Palestina.  L'  Arturo  ne  prende  nota  dal  Cousiii  :  «  Guilbertus, 
seu  Wilbertus  Tomacensis  dicitnr  scripsisse  Hodoeporicon  primne  profcctionis  8.  Ludovici 
regis  ad  partes  transmarinas,  teste  Consinio  lib.  4  Histor.  Tornacens.  cap.  8  et  11  (2)», 
Il  Waddingo  e  lo  Sbaraloa  (3)  riportano  1'  elenco  delle  suo  molte  opere,  e  da  loro  è  detto 
«  vir  genere  nobilis,  sed  vita  ac  moribus  nobilior  ».  Nel  1255  Alessivndro  IV  gli  inviava 
un  Breve  elogiando  una  sua  compilazione  e  chiedendone  copia.  Morì  fr.  Gilberto  nel  1270 
come  ha  il  citato  Lecoy. 

Il  Fabricio  a  proposito  del  mentovato  Hodoeporicon  scrivo  quanto  segue  :  «  Qnod 
vero  Henricus  Gandavensis  (cap.  54)  refert  eundem  scripsisse  Hodoeporicon  pim  memoriae 
(sic)  Domini  Ludovici,  Regis  Francorum,  ad  transmarinas  partes,  illud  necdum  lucem 
vidit  quod  sciam,  licet  Miraeus  iampridem  annotavit  Hodoeporicon  hoc  et  Sermones  do 
Dominicis,  Sanctis,  Quadragesimale,  Chronica  atquo  alia  a  Bunderio  in  indice  notata,  latere 
mss.  Tornaci  ad  S.  Martinum,  partim  Leodici  ad  S.  lacobum  et  alibi  (4)».  Nell'antico 
archivio  papale  che  si  custodiva  nel  medio  evo  nella  sacrestia  de'  frati  Minori  di  Assisi, 
tra  i  codd.  v'  era  un  Libellus  imperfectus  de  actibus  et  gestis  b.  Ludovici  regis  FraU' 
corum  ultra  mare  (5).  Noi  sospettiamo  che  l' autore  doli'  Hodoeporicon  abbia  accompagnato 
nella  prima  crociata  (1248-54)  il  S.  re  Luigi  IX.  —  Il  Lajard  corregge  meritamente  Nicolò 
Staphort  che  errò  nel  confondere  l' Hodoeporicon  di  Gilberto  con  le  opero  predicabili  del 
medesimo  (6). 

1249-61.  —  n  B.  fr.  Giovanni  da  Parma,  Ministro  Generale,  coi  suoi  com- 
pagni ftr.  Drudone  francese,  fir.  Bonav.  d' Iseo,  fr.  Gherardo  Boccabadati  da 
Modena,  è  inviato  Nunzio  all'  imp.  Vatacio  in  Nicea,  in  compagnia  dei  due 
Minoriti  greci  tr.  Salimbene  e  fr.  Tomaso  legati  dell'  imperatore  greco,  eoo. 

E  di  nuovo  al  cronista  Salimbene  che  dobbiamo  le  importanti  notizie  de'  sei  mentovati  61 
Minoriti  che  appianarono  le  difi&coltà  e  prepararono  l' unione,  per  quanto  effimera,  delle  due 
Chiese  nel  concilio  di  Lione  (1274).  Notevole  per  la  nostra  storia  Minoritica  in  Oriente 
è  il  ricordo  di  due  Minoriti  greci,  uno  di  nome  frate  Salimbene,  V  altro  frate  Totnaso 
«  lector  Constantinopolitanns  »,  e  ambo  legati  dell' imp.  Vatacio  al  Papa.  —  Sebbene  il 
Salimbene  ci  dica  che  il  b.  Giovianni  abbia  condotti  seco  in  Oriente,  oltre  i  frati  Drudone 
e  Bonaventura  «  et  multos  alios  idoneos  fratres^  quorum  nomina  ponere  non  expcdit 


(1)  Vedi  Lecòy  de  la  Marche  La  Chaire  frangaise  (Paris  1868)  p.  4»59.  —  Vedi  special- 
mente lina  bella  bio-bibliografìa  su  fr.  Gilberto  di  Felix  Lajard  nell'  Histoire  littéraire  de 
la  France  t.  XIX  (Paris  1838)  p.  138-142. 

(2)  Martyr.  Francisc.  snb  d.  25  aug.  p.  405  §  50  (ed.  2*  Paris  1653). 

(3)  Scriptorea  p.  100;  Siqyplem.  p.  308. 

(4)  BilìUotheca  Latina  t.  Ili  p.  169. 

(5)  Ehrle  Archiv  far  Litt.  u.  Kirch.  t.  I  p.  360. 

(6)  Hiatoire  lUt.  de  la  France  Ice.  cit.  p.  141. 


220  BIBLIOTECA 


61  modo  »,  in  sognito  omette  di  dirci  quanti  e  chi  essi  furono.  —  Al  Clarcno  poi  dobbiamo 
se  si  sa  che  anche  il  celebre  fr.  Gerardo  Boccabadati  fa  ano  tra  i  molti  compagni  del 
b.  Giovanni  in  Oriente. 

A)  —  Ex  Clironic.  fratria  Salimbene  : 

«  Igitnr  anno  Domini  MCCXLYin,  circa  festam  Pcntecostcs,  sìto  post,  ab  Altisio- 
doro  ad  convontam  Senonensem  desccndi,  quia  provinciale  fapitnlum  administrationis  Fraii- 
ciae  ibi  celebrari  dobobat,  et  domiiius  Lodovicus  Box  Franciac  illac  erat  vontnrus.  Con- 
gregato itaqoe  capitalo,  ministor  Fraiiciae  cnm  diffinitoribas  ad  fratrcm  lohanncm  de- 
Parma generalom  ministrom,  qui  in  illa  domo  erat,  accessit,  diccns  ei  :  «  Pater,  nos 
fxaminavimus  et  approbavimus  XL  fratres,  qui  ad  capitulum  vencrant,  prò  hcdxmdo 
praedicationis  officio;  et  dcdimus  eis,  et  remisimtts  cos,  ut  redeant  ad  loca  sua,  ne  ex 
multitudinc  fratrum  domus  capituU  sii  gravata».  Qnibas  gcneralìs  ministor  rcspondit, 
qno<l  insipienter  et  male  fecerant,  quia  hoc  non  conceditur  a  ministris  proviiicialibus  et 
diilinitoribns,  nisi  in  abscntia  generalis,  et  addidit:  «  examiriationem,  quam  de  eis  fecisiis, 
jam  habco  approhaiam;  sed  volo,  qnod  ovnnes  rcvoccntur,  et  a  me  officium  praedicationis 
habeant,  secundum  quod  t»  reguìa  continctur  ».  Et  factum  fuit  ita;  et  fucrunt  postoa  in 
loco  capitali  usque  ad  fiiiom  (>jns.  Plt  quia  Kex  Fraiiciae  de  Parisius  erat  ogrossus,  et  ad 
Ciipitnlum  veitiebat,  cnm  jam  uppropinqnarot  domni,  egressi  sunt  omnes  fratres  Minorcs 
obyiam  ci,  ut  honorifìcc  reciperetur  ab  eis.  Et  frater  Rigaldus  ex  ordino  Mìnorum,  ma- 
gist<?r  cathedratus  Parisins  et  Botomagen.sis  archiepiscopus  (1),  indutus  pontiticalibns  pa- 
ramentis,  egressus  est  domnm,  et  ibat  fostinanter  ad  Regom,  qnaoreudo  et  dicendo:  «  ubi 
est  liexì  ubi  est  Eex?  *  Et  ego  sequebar  eum:  n«m  solus  et  attonitus  ibat  cum  mitra 
in  Pipite  et  bacnlo  pastorali  in  manu.  Moram  onim  contnixorat  in  praeparando  so,  ita 
qnod  alii  fratres  jam  orant  egressi,  et  stiibant  hinc  inde  per  stratam,  versis  vultibus  e 
regione,  Regom  ventnrnm  videro  volentes.  (Et  miratus  snm  ultra  modnm  in  mcmetipso, 
dieoiis:  certe  l(>gi  non  semel,  noqne  bis,  quod  scnones  galli  usqiic  adeo  fuornnt  potentes, 
qnod  duce  Brenno,  Bomam  ccpernnt;  nnwc  autem  muliores  eorum,  prò  majori  parte  pedis- 
seqnae  esse  videntur.  Et,  isi  Kex  Franciao  per  Pisas,  vel  ytcr  Bononiam  transitum  fecisset, 
totus  flos  dominarnm  de  civitatibns  nominatis  obvius  occnrreret.  Tnnc  recordatus  sum, 
quod  vera  est  gallicorum  consuetudo:  nani  in  Francia  soinmmodo  burgenscs  in  civitatibns 
habitant;  milites  vero  et  nobiles  dominae  morantur  in  villis  et  possessionibns  sais).  Erat 
autem  Box  subtilis  et  gracili.s,  macilentus,  convenientor  et  longus,  habens  vultum  ango- 
licum  et  faciem  gratiosam.  Et  vcnicbiit  ad  «H'clcsiam  fratrum  Minorum  non  in  pompa  re- 
gali,  sed  in  habito  peregrini,  haliens  capsellam  et  burdonem  pert^rìnationis  ad  colluni, 
qui  optimo  scapulas  regias  decorabat.  Et  voniebat  non  equcs,  sed  \)cic8.  Et  fratres  sui 
germani,  qui  tres  comites  erant,  quorum  primns  llóbertus,  ultimus  Karoliis  diceliatnr, 
qui  fecit  magna  et  laude  dignissima,  consimilis  humilitate  et  liabitn,  s(>(|uebantur.  Nec  cn- 
rabiit  Box  de  comitiva  nobilium,  sed  magis  de  orationibus  et  suflfnigiis  panporum.  Kcvcra 
magis  erat  dicendns  monachus,  quantum  ad  devotionem  cordis,  quam  quantum  ad  afina 
bellica  miles.  Ingrossus  itaque  occlesiam  fratrum,  devotissime  factii  genuflectiuno,  còram 
altari  oravit.  Et  cnm  ogrederetnr  ecdosiam,  et  adirne  sapor  ostiam  stiirot,  ernm  jaxta 
eum.  Et  ecce  oblatns  est  ei,  et  ex  parte  thesaurarii  senononsis  e<7clesiao  repnicsentatns, 
magnns  lucius  vivas  in  aqua,  in  conca  lignea  de  abiete,  «juam  tnsci  bigou'/am  appellant,  in 
qua  lavantur  et  balneantnr  infantes  rum  in  <-nnabu]i.s  tmtriuntnr.  Siquidem  c:irus  et  pre- 
tiosus  piscia  in  Francia  lucius  repnt:itnr.  Et  rognitiatns  est  B(*x  Uxm  mittenti,  quam  exe- 
nium  praesentiinti.  Deinde  dixit  liox  int'(>lligil>ili  vo<'e,  quod  nnlins  ingrciicretur  domum 
Cifpitnli,  nisi  ossei  miles,  exceptis  fnitribns,  qnìbus  Uhiuì  volobiit.  Cam  autem  essemns  in 
aipitulo  congregati.  Bel  coepit  diccre  fattji  sua,  n^oinmendando  se  et  fratres  suos  et  do- 
minam  r(^nam  mntrom  suam  et  tot.nn  suani  societ^item,  et  devotissime  genuflect^udo,  iK'tiit 
oraiiones  et  suffragia  fratrum.  Et  ali(|ni  fratres  do  Francia,  qui  erant  juxtji  niò,  ex  devo- 
tionc  et  piotate,  quasi  inconsolabilltor  llebant.  Post  Begem  vero,  cardinalis  romanae  cnriae, 
scilicet  dominus  Oddo,  qui  quondam  parìsiensis  cancellarias  fhcrat,  et  cum  Koge  trai|sfro> 


(1)  Di  qm»to  cclòbru  MiaoritJi  clic  accompagnò  S.  Luigi  IX  nella  infanstsi  cruciatsi  del 
1270  parleremo  più  sotto,  all'an.  indicato  1270. 


SECOLO  xm.  221 


tare  debebat,  cxorsns  est  loqui:  et  paucis  rcrbis  nos  oxpedivit.  Post  istos  dnos  locntns  est  61 
frater  Johannes  de  Parma  ^eiieralis  ministor,  coi  ox  oflìcio  incoinbcbat  rosponsio,  dicons  : 
. —  «  Ecclosiasticus  docet,  XXXII  :  Loquere  major  nata,  decet  enim  te  primum  verbum, 
diligenti  scientia.  llox  nostor  et  domiuas  et  pater  et  boiiefactor,  et  qni  coiigrogationis  pau- 
peram  afifabilein  se  fecit,  venit  ad  nos  hamilitor  et  benigno.  Et  primo  locatus  est  nobis, 
sicnt  entn  decebat;  nec  petit  a  nobis  karam  et  argontam,  qnibas  por  Dei  gratiam  aerarla 
saa  snfficientor  abandant;  sed  postolat  orationos  et  saffragia  fratram,  et  prò  tali  nogotio, 
prò  quo  multipliciter  commendandas  videtnr.  Quia  rcvera,  liane  peregrinationom  et  crucis 
signationem  assampsit  dominns  Bei  ad  honorem  Domini  nostri  lesa  Christi,  et  ad  dandam 
Terrae  Sanctae  snccarsom,  et  ad  debellandam  liostes  et  inimicos  fìdei  et  Crucis  Christi,  et 
ad  honorem  nnirersalis  Ecclesiae,  et  totias  fidei  christianae,  et  prò  salate  animae  saae, 
et  omniam  qni  secam  transfretare  debebant.  Qaapropter,  qnia  fait  praecipaas  Ordinis  bo- 
nefactor  et  defensor,  non  solam  Parisias,  yerum  etiani  in  toto  Begno  suo,  et  quia  humi- 
liter  venit  ad  nos  cum  tam  digna  societate  prò  tali  negotio  ad  suffragia  Ordinis  postnlanda, 
dignam  et  congraum  est,  ut  rependamus  ei  aliqua  beneficia.  Et  quia  fratres  de  Francia 
promptiores  sont  ad  negotium  istud  sascipiendum,  et  plus  intendunt  facerc,  quam  ego 
scirem  ìmponere,  ideo  illis  nullam  lègem  impono.  Quia  vero  ego  inchoavi  Ordinem  visitare, 
disposni  in  mente  mea  cuilibet  sacerdoti  prò  Bege  et  prò  tota  sua  societate  qaatuor  missas 
ìmponere  :  unam  de  Sancto  Spirita,  aliam  de  Cruce,  tertiam  de  beata  Virgine,  et  quartaui 
de  Trinitate.  Et  si  contingat,  quod  filius  Dei  vocet  eum  de  hoc  mundo  ad  Patrem,  adhnc 
per  fjratros  superaddantur  majora.  Et  si  non  respondi  sufficienter  secundum  desiderium 
suum,  ipse  Bex  sit  dominus  praecipiendi  ;  quia  ex  parte  nostra  noti  deest  qui  impleat, 
sed  qui  jubeat».  —  Audiens  haec  Bex  regratiatus  est  generali  ministro,  et  in  tantum 
acceptavit  responsionem  suam,  quod  voluit  eam  litteris  generalis  et  sigillo  confirmatam 
habere.  Et  factum  fuit  ita.  —  Porro  Illa  die  Bex  fecit  expensas  et  comedit  cum  fratribus.  Et 
comedimus  in  refectorio.  Et  comcderunt  ibi  trcs  fratres  Begis,  et  cardinalis  romanae  curiae, 
et  generalis  minister,  et  frater  Rigaldus  archìepiscopus  Botomagcnsis,  et  provincialis  mi- 
nister  Franciae,  et  custodes  et  diffinitores  et  discreti,  et  quotquot  de  corpore  capituli  erant, 
et  fratres  hospites,  quos  forenses  nominamus.  Cognoscens  itaque  generalis  minister  quod 
cum  Bege  erat  nobilis  et  digna  societas,  scilicet  tres  comites,  et  romanae  Ecclesiae  legatus 
et  cardinalis,  et  Botomagensis  archiepiscopus,  noluit  se  obstentare  in  faciendo  opere  suo, 
quanquam  invitaretnr,  ut  juxta  Begem  discumberet;  sed  magis  voluit  opere  implere,  quod 
Dominus  docuit  verbo  et  moiìstravit  exemplo,  scilicet  curialitatem  et  humilitatem.  Elegit 
igitur  frater  Johannes  et  discubuit  in  mensa  humilium;  sed  nobilitata  est  ex  praesentia 
sua,  et  multi,  aedificati  ex  hoc,  habuerunt  bonum  exemplum.  Porro  Illa  die  Bex  implevit 
Scrìpturam,  quae  dicit,  Ecclosiasticus  lUI:  Congregationi  pauperum  affabilcm  te  facito. 
Habuimus  igitur  illa  die,  primo  corasas,  postea  panem  albissimum  ;  vinum  quoque,  ut  ma- 
gnifìcentia  regìa  dignum  erat,  abundans,  et  praecipuum  ponebatar.  Et  juxta  morem  galli- 
cornm,  erant  multi  qui  nolentes  invitarent  et  cogerent  ad  bibendum.  Postea  habuimus  fabks 
recentes  cum  lacte  decoctas,  pisces  et  cancros,  pastillos  anguillarum,  risum  cum  lacte  amigdu- 
larum  et  pulvore  cynamomi;  anguillas  assatàs  cam  optimo  salsamente;  turtas  et  juncatas; 
et  fructus  necessarios  habuimus  abundanter  atque  decenter.  Et  omnia  curialiter  faerunt 
apposita  et  sedulo  ministrata.  Sequenti  die  Bex  a^ressus  est  iter  suum.  Ego  vero,  finito 
capitulo,  secutus  sum  Begem.  Habebam  enim  obedientiam  a  generali  ministro  eundi  in 
provinciam  Provinciae  ad  morandum.  Et  facile  fuit  mihi  ipsum  Begem  reperire,  quia  de 
strata  publica  declinabat  frequenter,  ut  iret  ad  heremitoria  fratrum  Minorum  et  aliorum 
religiosorum  hinc  inde  a  dextris  et  a  sinistris,  ut  se  eorum  orationibQs  commendaret.  Et 
hoc  negotium  semper  exercuit  quousque  pervenit  ad  mare,  et  arripuit  iter,  vadens  ad  Terram 
Sanctam.  Cum  autem  visitassem  fratres  de  Altisiodoro,  de  quorum  conventu  fuerani,  ivi 
una  die  Urgeliacum,  quod  est  in  Borgundia  nobile  castrum,  in  quo  corpus  Magdalenae 
credebatur  tane  esse.  Et  in  crastinum  erat  dies  dominica.  Et  summo  mane  Bex  venit  ad 
fratres  ad  suffragia  fratrum  poscenda.  Et  totam  comitivam  suam  Bex  dimisit  in  castro,  a 
quo  fratres  valde  parum  distabant.  Et  duxit  Bex  secum  solam  modo  tres  fratres  suos,  et 
aliquos  servientes,  qui  equornm  essent  custodes.  Et,  facta  gonuflexione  et  reverentia  coram 
altari,  fratres  rospictebant  sedilia  et  ligna  in  quibus  sederent.  Bex  vero  sedit  iji  terra  et 
in  pulvere,  ut  vidi  ocnlis  roeis.  Ecclesia  enim  illa  pavimentata  non  erat.  Et  revocavit  nos 
ad  se,  dicens  :  «  venite  ad  me,  fratres  mei  dtUcissimi,  et  audite  verba  mea  » .  Et  fecfmus 


222  BIBLIOTECA 


Ol  circniam  circa  onm,  in  terra  com  eo  sedendo;  et  fratres  sai  germani  similiter.  Et  fecit 
recommondationom  saam,  et  poposcit  orationes  et  snffragia  fratrom  secnndum  formam  sn- 
perias  jam  descriptain.  Et,  post  responsioneni  sibi  factam,  egrcssns  est  ecclesiam,  at  iret 
vìam  snam.  Et  dictam  est  ei,  qiiod  Karolas  ferventer  orabat.  Et  Bcx  gandebat,  et  patienter 
oxpectabat  fratreni  orantom,  nec  ascendebat  eqatini.  Et  alìi  duo  fratres  comites  forinsecns 
similiter  expectabant  com  S^e.  Et  Karohis  erat  janior  frater  et  comes  Provinciae  (ba- 
bebat  enim  sororem  reginae  nxorem),  et  faciebat  maltas  genntlectiones  ad  altare,  qnod  erat 
in  ala  ecclesiae  jnxta  egressnm.  Et  ego  videbam  et  Earolam  ferventem  orantem,  et  Kegem 
jnxta  ostiam  exterius  patienter  expectantem  ;  et  mnltum  fui  aedificatns.  Post  baec  Rex  ivit 
yiam  suam;  et  finitis  negotiis  suis,  ad  sibi  praeparatam  naviginm  properavit.  Ego  vero 
ivi  Lngdannm  et  adhnc  inveni  ibi  dominam  Papam  Innocentium  qoartnm  cnm  cardtnalibns 
snis  »  (p.  93-97). 

«...  Papa  etiam  Inoocentins  qnartns  diligebat  fratrem  lohannem  sicnt  animam  snam; 
et,  quando  ibat  ad  enm,  recipiel)at  enm  ad  oscalnm  oris;  et  cogita vit  eum  facere  cardi- 
nalem,  sed,  morte  praeventns,  non  potnit.  Vattatius  (1)  similiter,  Imperator  graecornm, 
andiens  sanctitatem  fratris  lohannis  de  Parma,  misit  ad  Papam  Innocentium  quartum 
rogando  qnod  mitteret  ei  fratrem  lohannem  generalem;  quia  sperabat,  qnod  per  enm 
graeci  redirent  ad  praecepta  romsnae  Ecclesiae.  Cnmqne  ibi  esset  frater  Johannes,  tantum 
dilexit  enm  Vattatim,  qnod  volnit  sibi  donaria  multa  dare,  qnae  frater  Johannes  omnia 
recusayit.  Cam  autcm  vidisset  Vattatius  quod  frater  Johannes  nihil  accipere  voluit,  habuit 
indo  bonnm  exemplnm  ;  tamen  multam  thesanrum  sibi  lìbenter  dedisset.  Tane  rogavit  eum, 
quod,  amore  sai,  cum  eqoitaret  per  Graeciam  cum  societate  sua,  portaret  in  mano  quam- 
dam  scuriatam,  quam  dedit  ei.  Ille  vero,  putans  esse  flagellum  ad  rerberandam  equum, 
accepit  illud,  reminiscens  illius  versus: 

Nil  nocet  admisso  (idest:  Teloci)  subdere  calcar  equo. 

Cam  igìtur  tale  signum  graeci  viderent,  quod  erat  imperiale,  omnes  coram  fratre 
lohanne  genuflectebant,  sicnt  fEiciant  latini,  quando  Corpus  Domini  eleratur  et  demon- 
stratur  in  missa  :  et  faciebant  ei  et  societati  suae  Omnes  expensas.  Et  sic  reversos  est  frater 
Johannes  ad  Papam  Innocentium,  qui  mìserat  eum  »  (p.  133). 

Anno  Domini  MCCXLIX,  cum  abiiarem  in  convento  lanaensi  placuit  fratri  Nan- 
telmo  ministro  meo  ut  irem  ad  generalem  ministrnm  prò  negotiis  provinciae  lanuensis: 
et  in  festo  b.  Mathiae  Apostoli  [25  febr.]  intravi  mare  et  in  qnatuor  diebus  perveni  Areas 
ad  locum  fratris  Hugonis  . . .  Eramus  enim  in  principio  maioris  quadragesimae  . . .  quia 
quadragesima  imminebat  . . .  Post  prandium  vero  arripui  iter  ut  irem  ad  generalem  mi- 
nistrnm, quem  post  dies  convenientes,  Avignioni  inveni,  quia  redibat  ab  Hispania,  revo- 
catus  a  papa  Jnnocentio  quarto,  qui  morabatur  Lngduni,  ut  mitteret  eum  ad  graecos,  de 
qnibus  erat  spes,  ut,  mediante  Vattacio,  cum  romana  Ecclesia  reconciliari  deberent... 

Post  haec  ivi  Lugdunum  cum  generali  ministro,  et,  cum  fiiimus  Yiennac,  invenirous 
nuntium  Vattacii,  quem  miscrat  ad  Papam  prò  generali  ministro.  Eie  erat  ex  Ordino  fra- 
tram  Minorum,  et  dicebatar  frater  Salìmbene  sicut  et  ego,  ot  erat  graecns  ex  uno  parente 
et  latinus  ex  altero  (2);  et  optime  loqnebatur  latinis  verbis  com  clericam  non  baberet, 
optìme  etiam  in  vulgari  noverat  graecam  et  linguam  latinam;  quem  generalis  assumpsit 
et  doxit  Lagdunom.  Cumque  accessisset  generalis  ad  Papam,  suscepit  enm  Papa  ad  osca- 
Inm  oris  et  dixit  sibi:  ^parcat  tibi  Deus,  fili,  quia  multum  stetisti,  quare  non  venisti 
eques  ut  citius  venires  ad  me?  an  quia  equitaturas  et  expensas  dare  non  possum,  ideo 


(1)  Imperatore  Giovanni  III  Dacas  detto  Yatacio  (1222-55  f)  mori  in  età  di  62  anni: 
Patriarca  greco  era  Emmanuele  (1243-55  f  ),  succeduto  a  Metodio. 

(2)  Di  questo  fr.  Salìmbene  greco,  come  del  seguente  fr.  Tomaso  «  Lector  Constantino- 
politanus  graecus  ex  Ord.  Min.  >  sì  hanno  queste  poche  notizie  dal  solo  cronista  Salimbene. 
Da  esse  però  ricaviamo  non  solo  il  progresso  dell'  Ordine  Minoritìco  fra  i  Greci,  ma  che  in 
oltre  a  Costantinopoli  vi  era  lo  studio  con  propri  lettori  o  Maestri  in  teologia.  Più  tardi, 
nel  Concilio  di  Lione  (1274),  vedremo  un  altro  Minorità  greco  tfr.  Ioannes  de  Balastn  de 
Coìtstantlnopoli *  interprete  dell'Imperatone  e  de' prelati  greci  (^Anal.  frane,  t.  II.  pp.  86,  88; 
Sbaralea  BuUar.  X.  III.  p.  217). 


SECOLO  xm.  223 


dimisisti?*  Cni  frater  Johannes  respondit:  *  pater,  satis  celeriter  veni,  visis  Utteris  vestris,  61 
sed  fratres  per  qtios  transibam,  mihi  impedimcfito  fuerunt  » .  Cui  Papa  dixit  :  «  utiles 
habemus  rumores,  scilicet  quod  gracci  reconciliari  velini  cum  romana  Ecclesia;  qua- 
propter  volo  quod  vadas  ad  eos  cum  bona  societata  fratrum  Ordinis  lui,  et  poter it  esse 
quod,  te  mediante,  aliquid  boni  Deus  digndbitur  operari:  ex  parte  autem  mea  omneni 
gratiam  quam  volueris,  habeas».  Cui  dixit  frater  Johannes:  «pater,  non  deest  qui  im- 
pleat,  sed  qui  jubeat,  nam  paratus  sum,  et  non  sum  turbatus,  ut  custodiam  mandata 
tua».  Cui  Papa  dixit:  «.benedicaris  tu,  fili,  quia  bona  est  responsio  tua».  Erat  antom 
tane  temporis  Lngdani  lector  constantinopolitanus  frater  Thomas  graecus  ex  ordine  Mi- 
norum  (1),  qai  sanctus  homo  erat,  et  graece  et  latine  optiine  loquebatnr.  Hnnc  genoralis 
assumpsit  nt  ad  graecos  dnceret  secnm,  nam  ad  hoc  etiam  venerat  a  Vattatio  missns. 
Duxit  enim  secam  fratrem  Drudonem  (2)  ministrnm  Bargandiae,  qui  erat  nobilis  homo, 
pulcher  et  litteratns  et  sanctus,  nam  magnus  lector  erat  in  theologia,  et  qualibet  die  fra- 
tribus  praedicare  volebat:  duxit  similiter  secum  fratrem  Bonaventuram  de  Yseo  (3),  qui 
erat  famosus  homo  et  antiquus  minister  in  diversis  provinciis  :  duxit  et  multos  alios  ydo- 
neos  fratres,  quorum  nomina  ponere  non  expedit  modo;  et  finita  septimana  paschali,  a 
Lugduno  recessit  »  (Salimb.  Chron.  p.  148-49). 

«...  Undecimus  [socius  fratris  Ioannis]  (4)  frater  Drudo,  minister  Burgundiae,  lector 
in  theologia,  qui  qualibet  die  de  influentiis  divinis  fratribus  praedicare  volebat,  ut  auribus 
meis  audivi,  cum  in  Burgundia  essem  cum  eo.  Hic  fuit  nobilis  homo  et  pulcher,  et  hone- 
stae  et  sanctissimae  vitae  plusquam  credi  possit;  nam  ultra  humanam  aestimationcm  miro 
modo  fuit  Deo  devotus.  Hunc  duxit  secum  frater  Johannes  de  Parma,  quando  Papa  Jn- 
nocentius  quartus  boiiae  memoriae  misit  euni  ad  gfaocos,  ut  oos  reduceret  ad  unitatem 
fidei  cum  romana  Ecclesia.  Duodecimus  socius  fratris  lohannis  de  Parma  fuit  frater  Bo- 
naventura de  Jseo  (5)  quando  frater  lohannes  ivit  ad  graecos  missus  a  Papa.  Fuit  autem 


(1)  Vedi  la  nota  precedente. 

(2)  Altre  notizie  su  fr.  Drudone  vedi  in  Chron.  24  Gtn.  {Anal.  frane,  t.  Ili  p.  244-45  ; 
e  cfr.  ib.  p.  374  n.  4).  —  Cfr.  Lemmens  Fragmenta  minora:  Calai.  Sanctorum  p.  27-28. 

(3)  Di  lui  vedi  in  Chron.  24  Gen.  {Anal.  frane,  t.  Ili  pp.  263,  269,  277),  ove,  sulla 
testimonianza  di  fr.  Pellegrino  da  Bologna,  si  ha  che  frate  Bonav.  da  Iseo  fu  il  vicario  del 
Generale  Crescenzio  al  Concilio  di  Lione  nel  1245,  e  non  il  b.  Giovanni  da  Parma,  come 
scrisse  il  Salimbene  {Chron.  p.  60)  seguito  poi  dal  P.  Panfilo  (Storia  I.  590)  che  suppose  erronea 
la  testimonianza  di  jfì*.  Pellegrino.  Ma  anche  il  nostro  fedelissimo  Salimbene  poteva  errare 
scrivendo  40  anni  dopo,  se  non  vogliamo  supporre  che  tutti  e  due,  Giovanni  e  Bonaventura, 
o  simultaneamente  o  successivamente  fossero  intervenuti  al  Concilio  come  vicarii  di  Crescenzio. 
Del  resto,  una  decisiva  prova  la  troviamo  in  calce  di  una  Bolla  dì  Inn,  IV  (nella  quale  si  con- 
fermano i  privilegi  del  re  d' Ungheria)  data  Lugduni  3  idus  iulii  anno  tertìo,  e  controfirmata 
dai  due  arcivescovi  Minoriti  Odone  Rotomagense  e  Leone  di  Milano,  e  tra  questi  firma  anche 
frater  Bonaventura  vicarine  Minisiri  generalis  fratrum  Minorum.  (Vedi  Bongars  Gesta  Dei 
p.  1195,  e  Sabatier  Opuscvles  1. 1  p.  134).  Abbiamo  inoltre  la  testimonianza  del  cronista  fr.  To- 
maso di  Pavia  (vedi  l' art.  sotto  l' an.  1280)  che  fu  compagno  di  Bonaventura  nel  detto  Concilio. 

(4)  Il  Salimbene  a  pag.  317-19  parla  di  altri  dieci  socii  o  compagni  del  b.  Giovanni  da 
Parma,  ma  osserva  che  «  non  omnes  supradictos  socios  simul  habuit,  et  secum  ducebat,  sed 
successive,  quia  volebat  Ordinem  circuire  et  visitare  » .  Tra  questi  era  anche  fr.  Andrea  da 
Bologna,  Ministro  di  Terra  Santa,  di  cui  parliamo  altrove. 

(5)  Oltre  il  celebre  fr.  Elia  di  Cortona  che  si  occupò  (come  abbiamo  visto  a  p.  116-17)  di 
cose  di  Alchimia,  troviamo  anche  il  nostro  Bonav.  da  Iseo  occupato  in  simili  materie,  come 
ci  consta  da  due  codd.  che  portano  il  nome  *strano  di  Compostella.  Di  uno,  che  esisteva  nella 
biblioteca  dei  PP.  Min.  Conventuali  di  Pieve  in  Toscana,  abbiamo  un  saggio  nello  Sbaralea 
{Supplem.  ad  Script,  p.  177);  e  di  un  secondo  cod.  della  Riccardiana  di  Firenze,  segnato 
n.  119  (ms.  cart.  in  fol.  a  due  colonne  della  fine  del  sec.  XIV,  o  dei  primi  del  sec.  XV) 
diamo  qui  le  seguenti  indicazioni.  Si  noti  che,  tanto  Elia  come  Bonaventura  visitarono  l'Oriente; 
e  dall'  Oriente,  senza  dubhio,  portarono  gran  parte  della  loro  scienza  esperimentale  che  tro- 


224  BIBLIOTECA 


61  frator  Bonaventura  antiqaos  tam  in  ordine,  qoam  in  aetate,  sapiens  et  indnstrìas  et  sa- 
gacissimns,  et  homo  hoiiestac  et  sanctae  vitae,  et  dilectns  ab  IciHno  de  Bomano;  veratn-^ 
tamen  nltramoduui  baronizabat,  cnm  fìlins  fuerit  cninsdam  tabernariae,  ut  dicebatar.  Hic 
fbit  antiquus  minister  in  ordine;  nam  in  provincia  Provinciae  fnit  minister,  et  in  provincia 
Janncnsi  minister,  et  in  provincia  Bononiae  minister,  et  in  Marchia  trivisina  minister: 
magnnm  volnmon  Scrmonnm  fecit  de  festivitatibns  et  de  tempore;  laudabilem  finem  habuit, 
CQJns  anima  requiescat  in  pace  *  (pag.  319). 

Abbiamo  visto  che  secondo  il  Salimbene,  frate  Giovanni  si  mise  in  via  per  V  Oriente 
dopo  la  settimana  di  Pasqua,  la  quale  nel  1249  cadeva  sccundo  o  pridie  mmas  aprilis, 
cioè  ai  4  di  aprile.  Quindi  erra  il  Chron.  XXIV  Gen.  (1)  che  pone  il  viaggio  nel  1254. 
Frate  Giovanni  da  Lione  scendeva  a  Genova  (Salimb.  p.  151),  e  verso  la  metà  di  giugno, 
dello  stesso  anno  1249,  passava  per  Parma  (id.  p.  159).  Salimbene  non  ci  dice  altro  del 
viaggio,  né  meno  del  risultato  della  missione  di  fr.  Giovanni.  L'Affò  (2)  ce  lo  t&  giungere 
a  Costantinopoli  presso  l' Imperatore  e  Patriarca  Emanuele  (3)  senza  accorgersi  che  Co-, 
stantinopoli  era  ancora  in  potere  de' Latini  (13  apr.  1204  —  25  iul.  1261),  e  che  l'Impe- 
ratore e  il  Patriarca  greco  risiedevano  in  Nicea  di  Bitinia.  —  L'itinerario  di  Giovanni 
dovette  verosimilmente  esser  questo:  dall'Italia  a  C.poli,  e  da  II.  a  Nicomedia  (Ismit) 
peV  mare,  e  da  Nicomedia  a  Nicea  per  terra.  Quando  poi  vi  giunse,  quanto  tempo  preci- 
samen  te  vi  si  fermò,  e  quando  ritornò  dal  Papa,  nulla  si  ha  di  certo.  La  testimonianza 
autorevolissima  di  fr.  Nicolò  di  Cnrbio,  Minorità,  cappellano  e  biografo  di  Inn.  lY,  ci  as- 


▼iarao  in  questi  codici.  —  La  Compostdla  di  £r.  Bonaventura  principia  nel  cod.  Riccardiano 
a  fol.  142  v.  2  :  e  In  nomine  Dni.  amen.  Incipit  liber  Compostille  multorum  ezperimentorum 
veritatis,  ex  dictis  fratrìs  Bonaventure  de  Yseo  ordinis  Minorum,  quem  composuit  Yeneciis 
existens  in  conventu  fratrum  S.  Marie  et  in  conventn  loci  Vinee  [Convento  ottenxUo  dai  FF. 
nel  1256].  Et  est  liber'  medicinalis  et  alchimie,  cnius  capitula  sunt  multa,  quorum  tabula  hec 
est:  fìiit  autem  tempore  domini  Raineriige  [ficl per  Rainerii  Zeni,  Doge,  an.  1252-68  f  ]  ducis 
Vcnetìs.  —  ProJiemium  CompostiUe  :  Compostilla  est  liber  compositus  et  inventus  a  fre.  Bona- 
ventura de  Yseo  ord.  fratrum  Minorum  ex  dictis  multorum  phiiosophorum  qui  delectati  sunt  in 
scientiis  secretis  secretorum,  experimentorum  artis,  operis  auri  et  argenti,  que  apud  nos  vo- 
catur  alchimia...».  Segue  la  divisione  dell'opera  in  quattro  libri  coi  respettivi  capitoli.  Il 
Prohemium  quarti  operis  (fol.  143)  principia  :  <  Grandis  gratia  Dei  est  in  homine...  » ,  e  ter- 
mina :  «  Ego  quidem  fr.  Bonaventura  de  Yseo  ord.  Minorum  fui  amicus  domesticus  et  fami- 
liarìB  fratris  Alberti  Theotonici  de  ordine  Predicatorum  :  multa  contulimus  de  scientiis  et  de 
expcrimentis  in  cartis  eccretorum,  ut  nigromantìe,  alchimie  etc.  > .  Al  fol.  166  r.  1  :  e  Explicit 
liber  Compostille  fratrìs  Bonaventure  de  Yseo...  Igitur  lege,  adverte  et  fatiga  et  proba  re- 
eeptas...  Et  sic  est  finis  huius,  ideo  gratias  ».  —  Immediatamente  dopo  (fol.  166 r.  2-177  r. 2) 
segue  un'  altra  simile  opera  attribuita  a  fr.  Elia  di  Cortona  :  Incipit  liber  alchimicaXia  quem 
fr.  Helya  edidit  apud  Fredericum  imperatorem:  Liber  lumen  luminum  transactus  de  sarra- 
ceno  ac  arabico  in  latinum  a  fratre  Cypriano  ac  compositus  in  latinum  a  generali  fratrum 
Minorum  super  alchimicis.  Incipit  liber,  qui  lumen  luminum  dicitur,  ex  librìs  medicorum  et 
experimentìs  et  phiiosophorum  et  disciptlnarum  exercitarum  ac  experìmentorum  facilium  nec 
non  rerum  electarum  et  scientiarum  mirabilium  quibus  nobilis  atque  prudens  medicus  sen 
alchimista  indiget  habere  noticiam...  Explicit  liber  prìmus  alchimie.  Incipit  2us  de  ere  quo- 
modo  transmutetur  in  lunam  (sic  !).  —  Dopo  sei  libri  termina  :  «  50  partes  iovis  et  convertet 
eas  ad  se  etc.  et  sic  est  finis.  Et  sic  est  finis  huius  libri,  ideo  gratias  > . 

(1)  Anal.  frane,  t.  III  p.  277;  cfr.  Und.  t.  II  p.  73  n.  10. 

(2)  Vita  del  b.  Giov.  da  Parma  p.  44. 

(3)  Manuele  II  Charitopulo,  tenne  il  patriarcato  entro  gli  anni  1244-55,  e  dalla  storia 
sappiamo  che  egli  non  abboriva  l'unione.  Cfr.  Acta  SS.  t.  I  aug.  p.  158*. 


SECOLO  xm.  225 


sicura  col  Salimbenc,  che  fr.  Giovanni  ritornò  dal  Pontefice  a  Lione,  quindi   prima  della    61 
Pasqua  del  1251  ;  poiché  dopo  Pasqua  il  Papa  s' incamminò  per  l' Italia.  Ci  piace  ripor- 
tare por  intero  il  racconto  di  quest'altro  teste  contemporaneo  e  presente  ai  fetti  corno  il 
Salimbenc  : 

B)  —  Ex  vita  Innocentii  Papae  IV: 

«  Ad  Graecos  quoque  et  Baceium  [=  Vatacium}  Imperatorem  ipsorum  misit  ipso 
Dominus  Papa  virum  religiosum  fratrem  lohannem  de  Parmeno  generalem  Ministruni  or- 
dinis  Minoruiu,  vitae  maturitate  praeclarum,  Doctorem  in  tbeologia  egrogium,  dans  ipsi 
socios  et  sequaces  eiusdom  Ordinis  fratres,  viros  sapientia  doctos  pariter  et  maturos,  ad 
rc'ducendum  illos  ad  fidei  certitudinom  et  Ecclesiae  unitatem,  ut  fieret  nnum  ovile  et  unus 
pastor;  quibus  illnc  usque  Deo  volente  deductus,  ordinatis  bine  inde  quaestionibus  super 
quibnsdam  casibus  et  eorum  erroribus,  quibus  errabant  et  in  sua  pertinacia  se  tenobant, 
tam  super  processione  Spiritus  Sancti,  quem  cosserebant  non  a  Pilio,  sed  solum  a  Patro 
procedere,  quam  de  reverendo  sacramento  eucharistiae,  quod  dicebant  debere  confici,  non 
de  azjmo  sed  potius  fermentato,  et  quibusdam  aliis  suis  ritibus  et  doctrinis,  decìdentes 
ipsi  a  suis  opinionibus,  cum  non  haberent  eorum  stabile  fulcimentum,  deventum  est  tjxn- 
dem  et  denuntiatnm  quod  ex  eis  super  iis  decidendis  et  parendo  Ecclesiae  Eomanae  man- 
datis,  solemnes  nuntii  ad  sedem  Apostolicam  mitterent.  Diebus  vero  (^sicj  frater  Johannes 
Minister  et  eius  socii  memorati  apud  Lugdunum  ad  praesentiam  Summi  Pontificis  remea- 
runt  (1)  » . 

Dopo  il  Salimbene  e  il  da  Curbio,  abbiamo  le  seguenti  notizie  che  ci  dà  il  Clareno 
sul  b.  Giovanni  in  Oriente,  e  specialmente  sul  suo  compagno  fr.  Gerardo  da  Modena: 

0)  —  Ex  Historia  septem  Tribulationum  fr.  Angeli  Clarcni: 

«  Missus  [fr.  Ioannes]  ad  Grecos  septimo  administrationis  sue  anno  (2)  ut  legatns  a 
summo  Pontifice,  in  tanta  ab  Imperatore  et  Patriarcha  religionis  eorum  et  omni  clero  et 
popula  est  habitus  reverentia  et  estjmatione  sanctitatis  vite  et  divine  sapientie,  ut  non  se 
pntarent  hominem  quempiam  prudentem  et  ernditum  videre,  sed  unum  de  antiquis  patribus 
et  doctoribus,  vel  aliquem  de  Christi  discipulis.  Nempe  omnis  concordia  et  unitas,  que 
prin\o  cum  papa  Clemente  [7F»  1265-1268]  et  postea  cum  papa  Gregorio  [X"  1271-1276] 
tractata,  et  patenti  confessione  in  concilio  generali  [Lugduni  127'i]  ex  parte  Imperatoris 
et  Grecorum  ostensa  et  publicata  est,  initium  et  originem  traxit  a  fratre  lohanne  et  so- 
ciis.  —  Cuius  principalis  sociua  frater  Girardtts  (3),  cum  in  foro  Constantinopolitano  po- 


(1)  Baluzii-Mansii  Miscellanea  t.  1  p.  198.  —  Per  la  vita  del  nostro  Beato,  oltre  i  citati 
afutori,  cfr.  Ubertino  da  Casale  (Arbor  Vitae  Prol.  f.  1,  e  llb.  V  e.  3),  Angelo  Clareno  {De 
Tribul.  in  Archivf.  Utter.  undKircheng.X.  II  pp.  262-87),  il  Pisano  (Conform.  8*),  specialmente 
il  Waddingo  {Annales  an.  1249  n.  4-5,  an.  1250  n.  2,  e  an.  1256  n.  38),  lo  Spondano  (an.  1249 
n.  17),  il  De  Gubernatìs  {Orhis  Seraph.  de  Miss.  1. 1  p.  260  n.  43),  il  Pagi  (Brewar.  histor.  t.  II 
p.  181  n.  44,  e  p.  193  n.  13-15),  Du  Cange  (Hist  lib.  5  e.  1,  e  e.  4),  i  tre  volami  d^li  Ano- 
Iccta  franciscana,  e  il  Emo  P.  Luig^  da  Parma   Vita  del  b.  Criov.  (2"  ed.  Quaraccbi  1900). 

(2)  Corrige  :  «  terUo  administrationis  suae  anno  > ,  che  corrisponde  al  1249,  anno  certo 
della  sua  missione  in  Oriente.  Come  vede  il  lettore,  l'errore  del  Chron.  24  Gen.  più  sopra 
citato  (p.  224),  che  pone  il  viaggio  del  b.  Giov.  nel  1254,  ha  origine  dall'  errore  del  Clareno. 

(3)  E  questi  il  celebre  fir.  Grerardo  da  Modena  (de  Mutino)  de' Boccabadati,  sopranno- 
minato Moietta  nel  secolo,  come  ci  assicura  il  Salimbene:  «...  ex  potentìbns  et  divitibus 
parentibns  natus,  scilicet  de  Buccabadatis.  Hic  fdit  de  primitivis  firatribus  unus,  non  tamen 
de  duodecim.  Amicus  et  intimus  fuit  b.  Francisci,  et  aliquando  socios.  Cnrialis  homo  fuit 
valde,  liberalìs  et  largus  ;  religiosns  et  honestus,  et  valde  morigeratus,  temperatus  in  verbis 
et  in  omnibus  operibus  suis.  Parrae  litteraturae  fuit;  magnus  concionator,  optìmus  et  gra- 
tiosus  praedicator.  Totum  mondum  circuire  volebat.  Hic  prò  me  rogavit  fratrem  Heljam 

BibUot.  —  T<m.  L  16 


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61  pulo  prodicarot,  in  colum  suspiciens  ad  modicum  snstitit  ot  lacrimis  perfiisus  ad  populum 
conversus  dixit:  *  Modo  aquila  capta  est».  Et  seipsum  explicans  ad  populum  conversus 
denuo  ait  :  «  Modo  rex  Francie  vir  sanctus  Ludowicus  captus  est.  Orate  Deum  prò  li- 
beratione  ipsius  et  salute  omnium,  qui  cum  co  sunt  » .  Annotaverunt  diem  et  horain  ot 
ipsa  eadom  die  et  bora  a  saracenis  captum  [5  Apr.  1250],  none  sanctnm,  regem  Ludo- 
wicum  fuisse  roperierunt.  Hoc  ego  semel,  et  seenndo  et  tertio  audivi  a  venerabili  et  reve- 
rendo viro  episcopo  Bondunucie  (1),  qui  tunc  oius  predicationi  presens  erat  et  diem  et 
horam  signavit  et  cum  ceteris  reperii.  Hniic,  cum  misisset  frater  Johannes  ad  visitandos 
fratres  provinciae  Romanie,  Venetomm  navis  portabat  sub  hoc  pacto,  quod  ipsum  poneret 
in  portu  Corono  [presso  Moreà].  Cumque  navis  venisset  ad  conventionis  locam,  rogabat 
eos  frater  Gerardus,  quod  iuxta  promissnm  ponerent  enm  in  loco  prefato.  Naute  vero 
prospernm  habentes  tempus,  proptor  magnum  damnum  et  periculum,  se  promissnm  implere 
non  posse  fìrmabant.  Quod  vir  Dei  audiens,  secessit  ad  modicum  etoravit;  statimquo  miro 
modo  audivit  Deus  orationom  servi  sui,  et  contrarinm  ventura  misit,  quo  coacti  applicave- 
runt  ad  locum  promissum,  ac  ponentes  eum  in  scapha  miserunt  ad  terram.  Ips»  vero 
nautis,  qui  portaverant  ipsum  dixit:  «  lìedite  quam  cito,  et  patronis  dicite  navis,  quod 
iter  suum  faciant,  quia  hie  venfus  naturalis  non  est,  sed  missus  est  a  Beo,  ut  prelati 
mei  ohedicntiam  compleam  ».  Qui -audientes  verbum  et  maris  aspicientes  undas  cognove- 
runt  ita  esse,  et  ancoras,  quas  proiecerant  snbstolentes  perrexerunt  iter  suum.  Ipsi  antera 
naute  et  dominus  Raphael  Natalis,  cum  ante  locmn  illum  navigarerans,  prò  magno  mi- 
racnlo  referebant,  quod  ibidem  de  ilio  fratre  contigerat.  Similes  sibi  socios  vir  sanctus 
habcro  studebat,  ut  exemplum  sancte  conversationis  eorum  ad  bonnm  fratres,  qnos  visi- 
tabat,  posset  adtrahere  (2)  » . 

L'  AITÒ,  il  Emo  P.  Luigi  di  Parma  ed  altri,  toccano  appena  e  alla  sfuggevole  il  ri- 
sultato della  legazione  dì  fr.  Giovanni,  dandoci  a  credere  che  lo  zelo  apostolico  di  lui  non 
avesse  sortito  il  sospirato  effetto,  sia  per  la  mala  fede  dei  greci,  sia  perchè  i  loro  amba- 
sciatori furono  spogliati  per  via  dai  masnadieri  e  perciò  costretti  di  ritornarsene  in  dietro. 
—  È  vero  che  alcuni  ambasciatori  del  Vatacio,  circa  quel  tempo,  spogliati  e  maltrattati 
nel  regno  delle  due  Sicilie,  si  videro  costretti  ritornare  in  Oriente;  ma  è  poi  fuori  di  dubbio 


generalem  ministrum...  ut  ad  Ordinem  me  reciperet;  et  ezatidivit  eum  apud  Pàrmam,  anno 
Dni.  1288.  Huius  socius  aliquando  in  itinere  fai.  Huic  tempore  illius  devotionÌB  praedictae 
[ciot  :  apnd  Parmam  tempore  illius  devotionìs,  quod  dictum  fiiit  AUéluja,  nel  1233]  parmenses 
totaliter  dominium  Parmae  dederunt,  ut  eorum  esset  Potestas,  et  conoordaret  eos,  qui  guerras 
habebant,  ad  pacem.  Et  sic  fecit...  Cum  fratre  Gerardo  fui  infirmus  apad  Ferrariam  infir- 
mìtate  de  qua  mortuus  est.  Et  veniens  ipse  Mutinam,  circa  annum  novum,  ultimum  diem 
clausit.  Sepultus  est  in  ecclesia  fratrum  Minor um  in  sepulcro  lapideo.  Et  multa  miracula 
Deus  per  cum  operari  dignatus  est...»  {Chron.  p.  36-37.  Cfìr.  anche  il  Chron.  Parm.  in 
Muratori  t.  IX  p.  766).  —  Il  Puteolano  Io  ricorda  tra  i  socii  famigliari  di  S.  Francesco  :  «  Gre- 
rardus  de  Mutina  ibidem  sepultus,  vir  multis  fulsit  miraculis.  Hic  fuit  cum  b.  Francisco, 
cum  praedicavit  avibus  »  (Misceli,  frane,  t.  Vili  p.  58).  Gerardo  nel  1230  era  al  Gap.  Gren. 
(Ecclest.  p.  242),  e  nel  1263  tentò  invano  di  convertire  fr.  Elia  (Salimb.  p.  412).  Egli  mori 
entro  gli  anni  1254-57  come  possiamo  ricavare  dal  riportato  brano  di  fr.  Salimbene  che  di- 
morò a  Ferrara  per  sette  anni  1250-57.  Vari  scrittori  confusero  il  nostro  Gerardo  coli'  altro 
fr.  Gerardo  Bangoni  da  Modena  ricordato  pure  dal  Salimbene  (p.  31)  e  stato  già  podestà 
di  Arezzo  nel  1224-25  (Murat.  XXIV  p.  859).  Il  Civezza  (Storia  d.  Miss.  t.  Ili  p.  172)  cita 
la  seguente  opera  che  avremmo  desiderato  di  conoscere  :  «  Dei  beati  Gherardo  Bangoni  e 
Gherardo  Boccabadati  di  Modena  dell'  Ord.  de'  ff.  Minori,  dissertazione  dell'  ab.  Gir.  Tira- 
boschi,  edita  per  cura  del  dott.  Luigi  Maini,  con  addizioni  relative  specialmente  al  b.  Ghe- 
rardo Boccabadati.  Modena  1856  > . 

(1)  Bodonitza  presso  le  Termopili. 

(2)  Clarenus  Historia  Tribulationum  Ord.  Min.  in  Archiv  fUr  Litter.  und  Kircheng.  IL 
p.  268-69.  \ 


SECOLO  xm.  227 


che  altri  ambasciatori,  vivente  ancora  papa  Inn,  IV,  arrivarono  felicemente  in  Caria,  pre-  61 
sentando  al  Papa  una  serie  di  articoli,  in  parte  approvati  dal  suo  successore  Alessandro  rV(l). 
Gli  ambasciatori  erano:  gli  arcivescovi  di  Cizico  e  di  Sardi,  il  conte  Angelo  e  Teofilatto 
grande  interprete  del  Vatacio;  e  questi  certo  vennero  in  Italia  o  con  fr.  Giovanni  (2),  o 
poco  dopo  di  lui,  e  senza  dubbio  per  le  trattative  da  esso  intavolate  ;  le  quali  però  trattative 
restarono  sospese  per  la  morte  di  papa  Inn.  IV,  del  Vatacio  e  del  patriarca  Manuele  II, 
trapassati  tutti  e  tre  nello  stesso  anno  1255.  Non  è  vero  dunque  che  la  legazione  di  fr. 
Giovanni  riuscisse  infruttuosa;  anzi  ad  ossa  dobbiamo,  se  non  altro,  quella  serie  di  articoli 
che  poi  servirono  di  base  alle  susseguenti  trattative  continuato  da  Minoriti,  sino  al  celebre 
concilio  di  Lione  (1274),  come  vedremo  (3). 

Non  appena  licenziato  per  la  stampa  il  presente  articolo  sulla  missione  del  b.  Gio- 
vanni in  Oriente,  ci  giunge  in  proposito  una  bolla  di  Innoc.  IV  fin  qui  inedita  e  testé 
rinvenuta  dall'  illustre  Sabatier  nell'  archivio  del  Sacro  convento  di  Assisi  (Baccol.  III^ 
bulla  n.  6)  e  dallo  stesso  pubblicata  nella  Hevue  historique  di  Parigi  (4).  Ilssa  conferma 
quanto  abbiamo  detto  più  sopra  sul  felice  risultato  delle  trattative  del  b.  Giovanni,  e  del 
suo  ritorno  a  Lione  accompagnato  da  apocrisari  greci. 

Innocentius  episcopus  servus  servorum  Dei  Venerabilibus  fratribus  Archiepiscopis  et 
episcopis  ac  dilectis  filiis  nobilibus  viris..  Magno  Interpreti  et..  Kalothito  Legatis  Grecorum 
ad  sedem  apostolicam  accedentibus.  Salutem  et  apostolicam  benedictionem.  Dilatatum  est 
cor  nostrum  in  Deo  pre  gaudio  vehementi,  audito  quod  prudens  Grecia,  novo  superni  sideris 
irradiata  fulgore,  gratanter  accepit  humilem  pacis  angelum  dilectum  filium  fratrem  lohannem 
Generalem  ordinis  Minorum  Ministrum,  sibi  ab  apostolica  sede  transmissum,  et  per  ipsum 
salutaris  verbi  pulsata  Consilio,  in  auditu  auris  concepit  monita  sanitatis  de  curanda  veteris 
peste  discidii,  quo  universalis  ecclesiae  unitatem  orientalis  discessio  dampnabiliter  secuit,  per 
vos  quos  dignos  tante  legationis  baiulos  indicavit,  deliberans  nobiscum  saluberrimum  inire 
tractatum.  0  si  vobis,  preducem  divini  ductus  stellam  sequentibus,  subsequens  vos  oriens 


(1)  Vedasi  il  docum.  in  Wadd.  an.  1256  n.  38-39,  t.  IV  p.  37-40;  riportato  o  compen- 
diato poi  da  altri  storici. 

(2)  Come  vuole  il  Du  Gange  Hist.  lib.  5  e.  4,  citato  dal  Le  Beau  Storia  del  Basso  im- 
pero (Contili,  al  Rolin,  Venez.  1826,  t.  96  p.  67-69). 

(3)  Abbiamo  letto  tra  gli  altri  anche  uno  studio  sul  b.  Giovanni,  scritto  da  Felix  Lajard 
membro  dell'  Istituto  di  Francia,  e  inserito  nella  celebre  Histoire  littéraire  de  la  France  (t.  XX 
p.  23-38).  Perché  il  lettore  vegga  con  quanta  incredibile  legerezza  si  ignori  e  profani  la  ve- 
rità anche  da  accademici,  noteremo  soltanto  quello  che  il  Lajard  dice  sulla  duplice  missione 
del  b.  Giov.  in  Oriente.  Nella  prima  (1249),  Giovanni  non  riuscì  a  nulla  :  «  il  n'en  resulta 
aucun  rapprochement  entre  les  deux  églises  »  (p.  30).  La  seconda  volta  (1289)  Giovanni 
€  demanda  la  permission  de  retourner  chez  les  Grecs,  et  de  s'employer  encore,  disait-il,  à 
la  réeonciliation  de  leur  Église.  Le  pape  Nicolas  IV  y  consentit,  prenant  pour  un  courage 
admirable  dans  un  octogénaire,  cet  inutile  et  dangereux  retour  d'une  activité  trop  longtemps 
interrompue.  lean  se  mit  en  route  et  n'alia  pas  plus  loin  que  Camerino...  Si  l'on  consìdére 
que  lean  de  Parme,  honorablement  accueilli  par  les  GrecS,  ne  les  disposa  aucunement  à 
rentrer  sous  la  domination  de  l'Èglise  latine,  il  sera  permis(?!)  de  penser  qu'il  ne  prenaìt 
pas  fort  à  coeur  l'extinction  de  leur  schisme;  et  l'on  comprenderà  (!)  comment,  à  la  fin  de 
ses  jours,  il  désirait  vivement  d'alter  mourir  au  milieu  d^etix  »  !  (p.  31-34).  Lasciamo  il  giu- 
dìzio alle  anime  imparziali  e  oneste  di  dirci  quanta  onestà  e  verità  vi  sìa  in  questo  criterio 
dell'  accademico  Lajard.  A  noi  piace  constatare  ogni  tanto  questo  procedere  di  simili  sentori, 
perché  si  vegga  con  quanta  lealtà  si  scriva  la  storia,  la  quale,  assolutamente  per  tutti,  non 
dev'essere  altro  che  la  pura  verità,  sacra  ad  ogni  anima  onesta. 

(4)  Tomo  LXXXIX  (Nov.-Decem.  1905)  p.  815. 


228  BIBLIOTECA 


61  ili  domuui  iiidividnutn  sponso  uiiìcc  rcducatur,  in  quain  cum  primo  creata  in  revelationem 
geiitium  lux  celestis  illamiiiationis  indiuit,  ostcìidciis  in  commnnioiie  orthodoxe  coUectionis 
ili  Christuin  inveiiiri  pie  adorandam  intemerate  fidci  voritatem.  0  si  temporibus  nostris 
celitus  infundatur  hec  giatia,  quod  inter  lios  fluctus,  quibus  agitatur  iiisuperabilis  beati 
Petri  navicnìa,  vetus  rima  scissure  qne  potissimum  vidctur  patere  periculo  fidei  Christiane, 
per  providam  rcintegrationein  partiuin  solidetur.  Tunc  quidom  dorainus  servorum  suorum 
sorvuni  in  beata  suavitatis  pace  dimitteret,  cum  nostri  tantum  yidere  meruissent  oculi  sa- 
Intai-e,  quod  videlicet  sub  uno  pastore,  sicut  prideni,  scissa  in  gregis  dispendium  dominici 
ovilis  unitas  sarciretur.  Hinc  est  quod  adventum  vcstrum  leto  excipimus  apostolica  congra- 
tulationis  applausu,  sperantes  quod  pacern  dcsiderabilem  ferent  et  referent  pedes  vestri,  et 
supplici  prece  divine  pietatis  implorantes  clomentiam,  ut  laborum  vestrorum  studia  et  pie 
intentionis  vota,  quibus  sinceritatem  ecclesie  generalis  ad  robur  integritatis  catholice  aifec- 
tamus,  optato  prosequatur  eflfectu,  protegens  bonnui  spinen  pacis  ecclesiastice  quod  in  vobis 
qui  congregat  seminavit,  ne  qua  zizania  in  necem  futurorum  proventnum  dispergens,  super- 
seminet  inimicus.  Igitur  properct  in  gaudio  gressus  vester,  quia  nos  et  fratres  nostri  ve- 
stram  expectamus  presontiam  susci piondam  favore  condigno  in  visceribus  lesu  Christi,  et 
tiiliilominus  vobis  venientibus  providori  de  securo  conductu  in  terris  devotorum  ecclesie  per 
quas  vos  transire  contigerit  procuraraus,  ut  grata  peregrinationis  vestre  profectio  inoffenso 
ad  destinatum  calle  pertingat.  Datum  Lugduni  VI  Idus  Augusti  [8  ag.  1250]  pontificatus 
nostri  anno  octavo  (1).  —  Fr.  Gioo.  dunque  era  in  quest'epoca  già  ritornato  daiV  Oriente. 

1249  —  Convento  in  Damiata.  —  II  6  giugno  1249,  il  santo  re  Luigi 
IX  occupa  Damiata,  e  vi  stabilisce  i  Frati  Minori,  ed  altri  regolari,  somministnindo 
loro  tutto  r  occorevole  pel  cnlto  e  mantenimento  (2).  Sidata  Damiata  (apr.  1250)  ai 
Saraceni,  non  si  ha  memoria  della  sorte  toccata  ai  Minoriti  e  al  loro  convento. 

1250  —  Crociate.  —  Innocenzo  IV,  vedendo  lo  stato  lacrimevole  della  Terra 
Santa,  manda  sue  lettere  in  varie  parti  d' Europa  per  promuovere  soccorsi  a  prò 
de'  Crociati.  Al  re  d' Inghilterra  dà  licenza  di  condur  seco  de'  francescani  ;  ad  altri 
frati  dello  stesso  Ordine,  che  si  recavano  a  predicare  nelle  terre  de'  Saraceni,  con- 
ferma le  facoltà  e  i  privilegi  loro  più  volte  concessi.  Lettere  parimenti  scrive  al  suo 
nunzio  in  Inghilterra,  frate  Giovanni  Anglico,  a  prò  di  Terra  Santa,  nonché  al 
Provinciale  francescano  di  Germania  perchè  decida  i  Frigi  e  Norvegi  di  muovere  in 
soccorso  de'  Crociati  (3). 

1252.  —  Missionari.  —  Da  quest'  anno  daterebbe  secondo  alcuni  l' instìtu- 
zìone  della  famosa  Società  de' Frati  pellegrinanti  per  Gesù  Cristo  in  tutta  la 
terra,  composta  di  Francescani  e  Domenicani,  sotto  la  direzione  del  Generale  France- 
scano (4).  Questa  società,  nella  quale  si  arruolavano  anche  arcivescovi  e  vescovi,  dis- 
seminò pel  mondo  intero  una  falange  senza  numero  di  Missionari,  al  magnanimo  ar- 
dire de'  quali  deve  l' Europa  del  Medio  Evo  la  &cile  comunicazione  co'  molti  popoli 
d'  Oriente  in  que'  tempi  quasi  sconosciuti.  Le  lettere  d' Innocenzo  IV,  che  noi  ricor- 
deremo più  sotto  (1258),  ne  sarebbero  prova  (5). 


(1)  Oltre  questa,  due  altre  bolle,  osserva  il  Sabatier,  concementi  la  missione  del  b.  Giov. 
in  Oriente,  sfuggirono  allo  Sbaralea  e  agli  altri  storici  della  Chiesa.  Vedi  Potthast  n.  13385 
e  seg.  e  Berger  Begistres  cT  Innocent.  IV  n.  4749  e  seg.:  Summi  diapoaitione  paatoria  dei  28 
maggio  1249. 

(2)  Vedi  il  Contin.  di  Guglielmo  da  Tiro  nel  Reeuetl  dea  Hiator.  dea  Oroiaadea:  Hist. 
Occid.  t.  II  p.  594.  —  Cfr.  Begeato  cronol.  sopra  a  p.  103. 

(3)  Sbaralea,  Buttar,  t.  I  pp.  542,  546,  554,  559,  561. 

(4)  Cfr.  Civezza,  Storia  t.  I.  e.  XIV,  p.  468.  —  Panfilo  Storia  t.  II  e.  17,  p.  489  seg. 

(5)  Non  vediamo  le  ragioni  dì  dir  fondata  questa  Società  verso  il  1252,  il  cui  nome  non 
comparisce  nei  documenti  se  non  nei  primi  anni  del  sec.  XIV;  prima  ancora  del  1252  Do- 
menicani e  Francescani,  spesso  uniti)  predicavano  e  le  Crociate  e  percorrevano  le  stesse  re- 
gioni degl'  infedeli,  ma  non  perciò  formavano  una  Società  con  certe  l^gi  o  statuti,  né  dìpen- 


SECOLO  XIII.  229 


1253-55  —  Pr.  Willelmus  de  Rubruk  :  —  itinerarium  fratrie  Willelmi  de 
Rubnik  de  Ordine  fratrum  Minorum,  anno  gratiae  m.cc.l.iii.  ad  partes 
Orientales. 

Edito  da  Frane.  Michel  o  Tomaso  Wrigt  nel  Bccueil  de    Voyages  et  de  Mémoircs    62 
puhlié  par  la  Soc:  de  Géographie  Paris  1839  t.  IV  pp.  199-394  (cui  segue  a  pp.  400-779 
il  testo  dell'  itinerario  del  Piancarpino  del  quale   abbiamo  parlato  tiìV  an.  1245).  Questa 
edizione  del  testo  del  Knbruquis  »;  sfortunamonte  in  alcuni  punti  scorretta. 

Il  nostro  fr.  Guglielmo  di  Rubrnquis  o  Ruysbroeck  del  Brabantc  (1),  nacque  verso  il 
1220;  e  quando  nel  1253  intraprese  il  viaggio  per  la  Tartaria  egli  era  membro  della 
Missione  e  Provincia  di  Terra  Santa  con  residenza  in  Acri.  Il  7  maggio  1253  parti  da 
Costantinopoli  (2)  in  compagnia  di  fr.  Bartolowco  da  Cremona  (3)  suo  confratello,  con  un 
chierico  di  nome  Gozot,  con  un  interprete  e  un  servo,  prendendo  la  via  del  Mar  Nero  e 
giungendo  a  Saldata  (Sudak)  il  21  dello  stesso  mese.  Dopo  un  lungo  tragitto  trovò  Batti 
Kart  che  era  sul  Volga;  e  ai  27  decembre  arrivava  agli  accampamenti  dell' iuip.  Mangu 
Kan,  e  con  lui  a  Caracoriim  il  sabbato  delle  Palme  1254.  Compinta  la  sua  missione, 
lasciò  Caracorum  il  di  8  di  luglio;  e  prendendo  la  via  del  Caucxiso,  traversò  l'Armenia 
e  celebrò  la  festa  di  Natale  (25  dee.)  a  Naxivan.  Dall'  Armenia  poi  scese  al  mare  di  Ci- 
licia;  il  re  d'Armenia  (egli  scrive)  «  fecit  me  duci  usque  ad  mare,  ad  portnm  qui  dicitur 
Àuax  (4);  et  inde  transivi  in  Cìprum,  et  Nicosie  inveni  Ministrum  nostrum  (5),  qui  eodem 


deva,  come  si  dice,  dal  Generale  de'  Minori.  Il  eh.  P.  Masetti  0.  P.  nei  Monumenta  et  An- 
tiquit.  Ord.  Pracd.  (Komac  t.  I  p.  457-66)  inserì  un'  appendice  De  Congregatione  Peì'cgri- 
nantimn  propter  Christnm  de  qua  itirnfio  habetur  ttaec.  XIV  et  XV:  Exercifatio  hìstoi'ica  in 
qua  origo,  jrrogresstis  et  finis  exponitur.  Il  dotto  storico,  che  è  il  primo  tra  i  Domenicani  a 
trattarne  ex  professo,  poiché  «de  hac  Congregatione  nemo  hactenus  data  opera  edissernit», 
tace  affatto  delia  comunanza  de'  due  Ordini,  nella  fondazione  e  direzione  di  questa  Congre- 
gazione. La  congregazione  de'  frati  Domenicani  Peregrinanti  si  componeva  (egli  dico)  di  re- 
ligiosi di  tutte  le  Provincie  sottoposti  ad  un  Vicario  gmerale,  e  la  sua  vera  fondazione  data, 
non  dai  tempi  del  b.  Umberto  verso  il  1252,  come  vorrebbero  alcuni,  ma  propriamente  nel 
1312,  con  a  capo  il  primo  Vicario  che  fu  Fr.  Franco  da  Perugiat  *  Iste  fuit  primiis  Vicarine 
generalis  Societatis  peregrinantium  propt^r  Cltrintum  ».  (Nccrol.  Ord.  ihid.  p.  460).  Essa  venne 
estinta  verso  il  1500.  Società,  egli  soggiunge,  da  non  confondersi  coi  Domenicani  di  Terra 
Santa:  <  siquidem  Terra  Sancta  fiierat  in  Provinciam  erecta  an.  1238».  La  Società  quindi 
de'  FF.  Pellegrinanti,  con  a  capo  un  Vicario  generale,  era  comune  ai  due  Ordini,  ma  non 
perciò  tra  loro  unite,  se  non  nello  scopo  della  civiltà  e  della  fede. 

(1)  Il  nostro  P,  Stefano  Schoutens  0.  M.,  della  Provincia  Belgica,  prova  in  un  suo  art.  pub- 
blicato nel  BuU.  de  l'Acad.  roy.  Flamande  t.  XVI,  che  fr.  Guglielmo  di  Ruysbroeck  non  era  di 
origine  francese  come  pretesero  alcuni.  Generalmente  Io  si  crede  nato  a  Ruhrouck  nel  nord  del 
Brabante.  —  Cfr.  Hist.  litt.  de  la  France  t.  XIX  p.  114-26.  —  Études  franciscaines  t.  XIV  p.  419. 

(2)  C.poli  era  ancora  in  potere  de'  Latini  ;  e  fr.  Guglielmo  ci  d^ce  di  aver  predicato  al 
popolo  in  S.  Sofia,  prima  di  lasciare  la  città. 

(3)  Di  lui  vedi  Givezza  Storia  d.  Miss.  t.  I  p.  457  n.  1. 

(4)  Cosi  nel  testo;  Bergeron  ed  altri  la  dicono  Cura!  U Auax  non  può  esser  altroché 
r  Ayas  (=  Ai'as  =  Laizo  =  Laiazo  =  Lajacinm,  1'  antica  Aegae)  città  allora  florida  j)el 
commercio  dei  Veneti  e  Genovesi  coli'  Armenia  Minor«^  oggi  misero  villaggio  sulla  spiaggia 
sinistra  del  golfo  di  Alessandretta. 

(5)  Il  testo  ha  erroneamente  vestrttm. 


230  BIBLIOTECA 


62  die  duxit  mo  seenni  versus  Antiochiam  (1),  qne  multum  est  in  debili  statu.  Ibi  fnimus 
in  festo  apostolorom  Petri  et  Pauli.  Inde  veniinus  Tripolini  (2),  obi  fuit  capitulum  nostrum 
in  Assumcione  beate  Virginis  ;  et  diffinivit  Minister  quod  logerem  Achon,  non  permittens 
me  venire  ad  vos,  preci  piena  ut  scriberom  vobis  ea  que  vellem  per  latorem  presentium. 
Ego  autem  non  audens  reniti  contra  obedienciam,  feci  prout  potui  et  scivi,  postnlans  vonìara 
a  vestra  invicta  niansnetndine  . . .  Libenter  viderem  vos,  quosdam  amicos  specialcs  qnos 
habeo  in  regno  vestro;  unde  si  non  esset  contrarium  vestre  majestati,  vellem  supplicare 
vobis  quatonus  scriberetis  Ministro  ut  dimitteret  me  venire  ad  vos,  ad  Torram  Sanctam 
in  brevi  reversurum  »  (pag.  393-94). 

Abbondanti  sunti  del  suo  viaggio  si  hanno  presso  tutti  gli  storici  moderni  sino  al 
Civezza  <3)  e  Panfilo  (4). 

Una  notevole  memoria,  ignorata  dai  biografi  del  Eubruquis,  troverà  il  lettore  nel  se- 
guente articolo  sotto  fr.  Giacomo  da  Iseo  (a  p.  233),  cui  il  re  di  Armenia  Aitone  I  (e.  1238-70) 
ebbe  a  lagnarsi  del  poco  tatto  politico  di  frate  Guglielmo. 

Eubruquis  (dico  il  Michaud)  partito  per  la  Tartaria  durante  il  soggiorno  dì  re 
Luigi  in  Palestina,  e  ritornato  dopo  la  partenza  de'  Crocesignati,  non  condusse  a  buon 
esito  la  sua  missione  appo  il  potente  imperatore  de'  Mongoli  ;  ma  qual  viaggiatore 
seppe  osservare  con  sagacità  la  regione,  i  costumi,  le  leggi  de'  Tartari,  e  la  sua  rela- 
zione è  pur  dessa  un  monumento  prezioso,  che  nemmeno  i  moderni  viaggi  poterono  far 
obbliare  (5). 

1253  —  Convento  in  Sidone.  —  Da  un  documento  francese  (21  mar.)  pub- 
blicato dallo  Strehlke  (Tabulae  Ordinis  Theutonici,  Berolini  1869,  pag.  82  n.  103) 
e  compendiato  come  segue  dall'illustre  ROhricht,  ricaviamo  e  l'esistenza  d'un  con- 
vento Minoritico  in  Sidone  e  la  sua  posizione  sita  presso  il  mare  :  —  «  Juliein,  do- 
minus  de  Saite,  Petro  d' Avalon,  constabulario  de  Tabaria,  et  domino  de  Adelon,  pia- 
team  in  civitato  Sidonis  sitam  concedit  et  sigillo  confirmat,  qn<ae  littori  adiacens  versus 
austrum  habet  domain  Theutonicorum,  versus  meridiem  domum  Fratrum  Minorum, 
et  extenditur  versus  occidontem  usque  ad  litus  maris,  et  versus  orientem  usquo  ad 
viam,  quae  ducit  ad  mare  et  portransit  demos  ipsius  Petri  necnon  dominae  Margaritae, 
matris  Jnliani,  olim  dominae  Sidonis  (6)». 

1253  —  Bagdad-Tartaria.  —  A  richiesta  del  santo  re  Luigi  IX,  Innocenzo 
IV  scrive  al  suo  Legato  in  Oriente  di  promuovere  ai  vescovati  fra  i  Tartari  e  nella 
Soldania  di  Bagdad  religiosi  Francescani  e  Domenicani,  come  quelli  a' quali  si  deve 
la  propagazione  della  fede  cattolica  tra  quelle  genti,  e  perciò  più  atti  a  dirigere  quelle 
Missioni.  —  Sbaral.  Bullar.  t.  I  p.  651. 


(1)  Ove  la  Provincia  di  T.  S.  aveva  un  convento,  oltre  quello  sulla  vicina  Montagna 
Nera,  come  abbiamo  visto  altrove.  Vedi  a  p.  G5  s. 

(2)  È  questa  la  prima  volta  clic  incontriamo  ricordato  un  convento  a  Trìpoli;  quindi 
senza  dubbio,  dobbiamo  porre  la  sua  fondazione,  se  non  molti,  alcuni  anni  prima 
del  1255.  Vedi  a  p.  233. 

(3)  Storia  dette  Miss.  t.  I  p.  429-457. 

(4)  Storia  camp.  t.  II  p.  48-66.  —  Vedi  anche  un  articolo  dì  M.  Daunau  in  Histoire 
littér.  de  la  France  t.  XIX  p.  114-26,  ed  altri. 

(5)  Storia  delle  Crociate  lib.  XIV.  —  Un  interessante  studio  é  il  Fr.  Guillaume  de 
Eubrouck,  ainbassadeiir  de  S.  Louis  en  Orient:  récit  de  son  voyage,  trad.  de  l'originai  latin 
et  annotò  par  L.  De  Hacker,  Paris  1877,  in  8  di  pp.  336.  —  Vedi  Pacquot  Mémoires  littér. 
dcs  Pays-Bas  t.  I  p.  213.  —  Civezza  Bill.  San/rane.  p.  503-505. 

(6)  Rohricht  Re<jesta  Regni  Hierosolymitani  n.  1205. 


SECOLO  XIU.  281 


1254  —  Documento   riguardante  un  Convento  francescano  in  Nicosia,  capi- 
tale del  regno  di  Cipro. 

Nel  1254  (29  gen.)  Innocenzo  IV  dà  l'incarico  al  vescovo  di  Tripoli  e  all'arcidiacono    63 
di  S.  Giov.  d' Acri  di  decidere  srl  la  questione  sorta  tra  i  francescani  di  Nicosia  e  1'  ar- 
civescovo di  quella  città,  riguardo  un  convento  che  quelli  vendettero  illegalmente  ai  mo- 
naci Cisterciosi.  L'importante  documento  è  ignoto  ai  cronisti  dell'Ordino  Minoritìco. 

Bcscriptum  de  loco  monasterii  Belliloc'U  (\):  —  Innocentins  servus  servornm  Dei, 
Venerabili  fratri  episcopo  Tripolitano  et  dilecto  filio  archidiacono  Acconensi,  salutem  et 
apostolicam  beiiodictionem.  —  Ex  parte  Venerabilis  fratris  nostri  Archiepiscopi  Nicosiensis 
nobis  est  oblata  querela,  quod  Minister  et  fratres  Ordiiiis  Fratrum  Minorum  Nicosiensis 
quemdam  locum,  in  quo  prius  fnorant,  relinquentcs,  illuni  (qui  juxta  ipsius  Ordinis  insti- 
tuta  ad  euudcm  Archiepiscopum  tanquam  loci  diocesanum  pervenire  debuerat)  quibusdam 
monachis  Cisterciensis  ordinis  de  facto,  cum  de  jure  nequiverint,  vendiderunt:  qui  locum 
ipsum  contra  justiciam  detinent  occupatnm,  in  ipsius  Archiepiscopi  et  ecclesie  sue  non  mo- 
dicum  prejudicium  ac  gravamon;  ideoque  discretioni  vostre  per  apostolica  scripta  man- 
damus,  quatinus,  vocatis  qui  fucrint  vocandi,  et  anditis  hinc  indo  propositis,  quod  cano- 
nicum  fuerit,  appellatione  postposita,  dccernatis,  facientos,  quod  decrevoritis,  por  coiisuram 
ecclesiastica m  firmitor  observari.  Testes  vero  qui  fuerint  nominati,  si  se  gratia,  odio  vel 
timore  subtraxerint,  censura  simili,  appellatione  cessante,  cog-atis  veritati  testimonium 
perhibere,  non  obstante  si  aliquibus  a  Sede  Apostolica  sit  indultum  quod  excommunicjvri, 
suspendi  vel  interdici  non  possint  per  litteras  diete  sedis  non  facientes  plenam  et  expressam 
de  indulto  hujusmodi  mentionem.  Quod  si  non  ambo  hiis  exequendis  potueritis  interesse, 
alter  vestrum  ea  nichilominus  exequatur.  —  Datum  Laterani,  IV  Kalendas  Pebruarii,  pon- 
tificatus  nostri  anno  XI  (2). 

1254  —  Romania -Grecia-.  —  Minoriti  creati  inquisitori  nell'  impero  greco 
soggetto  ai  Latini  (Wad.  an.  cit.  n.  17).  —  1255:  Fr.  Kainerio  vescovo  di  Maine  in 
Grecia.  —  Wadd.  an.  cit,  n.  17. 

1254  —  Fr.  AfiFOstino  di  Notyngham  Vesc.  di  Laodicea.  —  «  Frater 
Augustinus,  bonae  memoriae  fratris  Willclmi  de  Notyngham  gerraanus  (3),  primo  domini 
Innocentii  papae  IV  [1243-54]  familiaris,  postea  cum  nepote  eiusdera  domino  patriarcha 
Antiocheno  (4)  in  Syriara  profectns  [1254],  postremo  episcopus  Laodiceae  factus  est  (5)». 


(1)  Bellus  loeus  =  Beaulieu,  abbazia  e  monastero  dei  Cisterciesi  situato  entro  la  citt:\  di 
Nicosia  (Mas  Latrie  in  Archi'ves  de  VOrknt  Latin  t.  II  p,  234-35),  da  non  confondersi  coli'  ab- 
bazìa Bellapaise  degli  Agostiniani,  situata  sui  monti  di  Cerinia  nel  vicino  villaggio  di  Caaafani. 

(2)  Venezia  Ma.  Cartolare  di  S.  Sofìa  n.  68,  ap.  Mas  Latrie  Histoire  de  Chypre  t.  Ili  p.  651. 

(3)  Ambo  lettori  di  teologia  nell'  universìtA.  di  Cambrige.  Cfr.  Anal.  frane,  t.  I  p.  209. 

(4)  E  questi  Opizio  de' Fleschi,  genovese,  nipote  di  Inn.  IV  e  dì  Adriano  V.  Eletto  pa- 
triarca dì  Antiochia  (ancor  soggetta  ai  Crociati)  e  legato  apost.  dell'Oriente,  arrivava  in 
Acri  ai  22  giug.  o  secondo  altri  ai  4  ott.  1254.  Cosi  abbiamo  l'anno  in  cui  lo  accompagnò  il 
nostro  fr.  Agostino'  Non  sappiamo  quanto  tempo  Opizio  siasi  fermato  in  Oriente;  dal  1264  tro- 
viamo nella  diocesi  patriarcale  un  suo  vicario  di  nome  Bartolomeo,  e  lui  in  Italia,  ove  mori 
nel  1292.  —  Cfr.  Bevue  de  l'Or.  Latin  t.  Vili  p.  143-44  e  ArcJdv.  de  V  Or.  Lai.  t.  II  B.  p.  446. 

(5)  Ex  Eccleston  in  Anal.  frano,  t.  I  p.  251.  —  Nelle  serie  de'  vescovi  di  Laodicea  (La- 
tachia  in  Fenicia)  non  apparisce  il  nostro  Agostino  nel  sec.  XIII.  L'Eubel  (Hierarchia  I.  304) 
erroneamente  lo  pone  circa  il  1310  citando  il  Gams  e  la  Si/ria  Sacra;  come  pure  il  Rey  e 
il  Du  Cange  (Familles  p,  797)  che  Io  registrano  e.  1314  e  1334,  sotto  il  quale  anno  (n.  27j 
ne  parla  il  Waddingo.  Agostino  invece  dovette  precedere  fr,  Pietro  da  Sant'  Ilario  0,  P. 
che  tenne  quella  sede  negli  anni  1264-72.  Cfr.  Eubcl  cit. 


232  BIBLIOTECA 


C.  1255  —  Pr.  Giacomo  da  Iseo,  Missionario  in  Siria. 

64  Frate  Giacomo  da  Iseo  (di  Lombardia  presso  il  lago  Iseo  o  Sabino,  tra  i  confini  di 

Brescia  e  Bergamo),  lodato  dal  Celanese  come  «  vir  in  Ordine  nostro  satis  celeber  et  fa- 
mosusi>,  non  è  par  nominato  dai  tanti  cronisti  che  vanta  l'Ordine!  —  Dal  racconto  di 
fr.  Tomaso  da  Celano,  risulta  che  frate  Giacomo  entrò  giovanetto  nell'  Ordine,  vivente  il 
Santo  Patriarca;  e  che  poco  prima  del  1230  (anno  della  transazione  del  Santo  e  della 
guarigione  di  fr.  Giacomo)  questi  «  curam  animarum  inter  cos  \Fratrcs\  suscepit  » ,  vero- 
similmente in  officio  di  Ministro  provinciale  in  Toscana.  Verso  questo  tempo  il  Salimbene 
co  lo  mostra  a  Lucca,  ove  fr.  Giacomo  negò  l' assoluzione  alla  badessa  di  Gatarolo,  la  quale 
egli  non  voleva  stesse  al  governo  delle  Clarisse  (1).  Nel  1230,  probabilmente  nella  stessa 
qualità  di  Provinciale,  intervenne  alla  traslazione  del  corpo  di  S.  Francesco  in  Assisi  ;  e 
pieno  di  fede  noi  meriti  del  Santo,  ottenne  da  Dio  la  guarigione  dalla  «  iam  inveterata  infir- 
mitate  »,  cioè  dall'ernia  che  lo  aveva  colto  ancor  bambino  (2).  Più  tardi,  verso  il  1248-50, 
sappiamo  dallo  stesso  Salimbene  che  Giacomo  «  crai  Minister  Bomanus  » ,  quando  il  Generale 
b.  Giovanni  di  Parma  gli  inviava  a  Boma  quale  Lettore  il  celebre  frate  Stefano  inglese  (3). 
Fuori  delle  surriferite  notìzie  invano  cercherebbonsi  altre  sulla  vita  di  fr.  Giac.  da  Iseo. 
Dobbiamo  quindi  ad  un  cod.  della  Vaticana  se  veniamo  a  sapere  che  questo  «  molto  ce- 
lebre e  famoso  »  Minorità  del  sec.  XIII  fu  ^ure  missionario  (e  fors'  anco  superiore)  nella 
Provincia  della  Terra  Santa.  Frate  Giacomo  dunque,  dopo  aver  governate  due  delle  più 
grandi  Provincie  dell'Ordine,  venne  in  Siria  qualche  anno  dopo  la  metà  del  secolo  XIII; 
e  lo  troviamo  a  Tripoli  in  colloquio  con  Aitone  I  re  di  Armenia  che  ebbe  a  lagnarsi  seco 
Iril  del  poco  tatto  politico  usato  dal  suo  celebre  confratello  frate  Guglielmo  Buhruquis,  il 
quale  credette  convertire  alla  fede  Cattolica  l'imperatore  de' Tartari  minacciandogli  le  pene 
dell'inferno.  Frate  Guglielmo  inviato  dal  santo  re  Luigi  IX  nel  1253  ai  Tartari,  ritornava 
in  Cipro  nel  1255,  e  da  li  lo  stesso  anno  col  Ministro  provinciale  si  recava  al  Capitolo  che 
si  celebrava  in  Tripoli  di  Siria  (4),  ove  verosimilmente  iucontrossi  anche  con  fr.  Giacomo 
da  Iseo.  La  lagnanza  del  re  Aitono  I  contro  il  Buhruquis  è  ben  seria,  e  non  può  mettersi 
in  dubbio,  data  l'intimità  e  alleanza  che  regnava  tra  lui  e  l'imperatore  de' Tartari  (5). 
E  qui  sparisce  dalla  storia  il  «  celebre  »  Minorità  d' Iseo  !  (6). 


(1)  Salimbene  Chron.  p.  29  sub  an.  1229. 

(2)  Cfr.  anche  il  cit.  Salimb.  p.  29  sub  an.  12,30. 

(3)  Salimb.  Chron.  cit.  p.  143. 

(4)  Cfr,  Civczza  Storia  t.  I  e.  13.  —  Panfilo  Storia  t.  II  e.  2. 

(5)  Aitone  I,  Hethum,  1'  Otiion  del  Sanuto,  dallo  storico  arabo  Abulfaragc  chiamato  Al- 
Tacfur-Hatem,  re  di  Armenia  (e.  1238-70),  recatosi  in  persona  alla  corte  dell'  imp.  Mangu 
Kan  (1254-5.5)  fu  accolto  onorevolmente;  d'ondo  ritornò  nei  suoi  stati  nel  1255  dopo  aver 
conchiuso  un'alleanza  coi  Tartari  e  persuaso  il  Gran  Kan  di  farsi  cristiano.  Lo  storico 
Aitone  monaco  {lliat.  Orien.  e.  24-28)  parente  del  re,  asserisce  clie  in  rt^alti  il  Tartaro  coi 
suoi  principali  signori  vennero  battezzati  da  un  vescovo  Armeno  clic  ora  cancelliere  del  re 
d'Armenia.  Holau  (Hulagu)  fratello  del  gran  Kan  col  re  Aitone  I  sconfissero  piò  volte  gli 
infedeli  come  nel  1257-60.  —  Cfr.  Du  Cange-Rey  Famillen  d'ontremer  p.  127-29.  —  Cfr. 
Tournebize  Histoire  polit.  et  relig.  de  V  Armenie  in  Bevue  de  V  Or.  Citrét.  an.  1904,  p.  229-30. 

(6)  Precisamente  verso  la  met<\  del  sec.  XIII,  e  non  dopo  il  1268,  un  fr.  lacobus  è  ri- 
cordato come  €  incola  conventus  Montanae  Nigrae  »  presso  Antiochia,  con  frate  Giovannino 
(11  de  OUi>sf)'c  fr.  Kaincrio  da  Montt;puIciano.  —  Cfr.  supra  n.  20  a  p.  70,  in  Cliran.  XXIV Gen. 


SECOLO  XIII.  233 


A)  —  Ex  Thoma  de  Celano:  64 

«  Frater  lacobns  de  Yseo,  vir  in  Ordine  nostro  satis  celeber  et  fainosns,  de  seipso 
testimoninm  dicens  ad  gloriam  patris  nostri  [Si  Francisci],  prò  aanitatis  beneficio  agit 
gratias  sancto  Dei.  Hic,  cura  puer  esset  teneUiis  in  domo  paterna,  fracturam  incurrit  cor- 
poris  valde  gravem,  defluentibns,  quae  snnt  abdita  corporis  et  qnae  in  archanis  natura 
locaverat,  ad  loca  non  sua,  cum  dura  molestia  laesionis.  Dolcbant  pater  et  sui  qui  nove- 
rant  causam,  et  cum  saepo  medicorum  iuvamenta  tontarent,  in  nullo  proficerc  videbantur. 
Coepit  tandem  iuvenis,  divino  afflatus  spiritu,  de  salute  animac  cogitare,  et  Deum  studiosa 
niente  requirere,  qui  sanat  contritos  cordo  et  alligat  contritionos  ooruni.  Itaquo  Ordinem 
sancti  Francisci  devotus  intravit,  nulli  tamen  qua  urgebatnr  infirinitati'in  d^texit.  Veruni 
aliquantisper  nioram  in  Ordine  faciente,  cum  ad  notitiam  fratrum  iuTeiiis  pervanisset  in- 
firmitas,  moti  fratres  voluerunt  euui,  licot  dolentes,  remittere  ad  parentes.  Sed  pneri  con- 
stantia tanta  fuit,  ut  coactionem  vinceret  importunani.  Curam  proinde  habuerunt  fratres 
de  iflvene,  donec  gratia  confortatus,  et  probis  moribus  redolcns  boiiun»  virum,  curam  ani- 
marum  inter  eos  snscepit,  et  laudabiliter  regnlarem  exercuit  discipliuam.  Factum  est  autem 
cum  corpus  beati  Francisci  transferretnr  ad  locum,  affuit  tunc  dictus  frater  translationis 
gaudiis  cum  moltitudine  ceterornm.  Et  appropinquans  tumbae,  in  qua  corpus  qniesccb-it 
patris  sanctissimi,  prò  iam  inveterata  intirmitato  coepit  orare  diutius.  Subito  miro  modo 
ad  loca  debita  partibus  revocjitis,  sanatum  se  senticns,  succinctorinm  deposuit,  et  ex  tunc 
ab  omni  dolore  praeterito  ponitns  liber  fuit(l)». 

B)  —  Ex  Cod.  Vatic.  Ottob.: 

«  Dixit  frater  lacobus  de  Iseo,  se  vidisse  Tripoli  in  domo  Fratrum  regem  Armeniae 
referentem,  se  sic  audiisse  a  rege  Tartarorum,  culpante  et  non  approbante  modum.  quem 
tennerat  coram  ipso  frater  GuUelmtis  [Rubruqnis]  flandricus  lector.  Cum  enim  missus  a 
domino  rege  Franciae  cum  littoris  snis  ante  illum  magnum  Regem  Tartarorum  venisset, 
coepit  ei  suadcre  fìdem  chrìstianam,  et  dixit,  quod  tam  ipsc  tartarns  quam  omnes  infìdeles 
morte  perituri  erant  aeterna,  et  igne  perpetuo  damnandi.  Respondit  ilio  quasi  admirans 
do  modo  eius,  quem  tenebat,  voletis  illi  soadero  fìdem  christianam  :  «  Nutrix,  inquit,  primo 
in  OS  pueri  stillare  incipit  guttas  lactis,  ut  puer  duìcedincm  senticns  alliciatur  ad  sugen- 
dum;  postea  praebet  ei  mamillam:  sic  primo  debueras  plano  et  rationabilìtor  snadero  nobis, 
qui  videmur  omnino  ab  liac  doctrina  alieni.  Sed  statim  comminasti  poenas  aetornas  » .  Et 
dicebatur  per  regem  illum  Armeniae,  quod  ilio  religiosus,  qui  aliter  procossorat  (2),  habuit 
gratiam  coram  rege  ilio  Tartarorum  (3)». 

1255  —  Convento  di  Tripoli.  —  Già  esisteva  in  quest'  anno,  ove,  come  ab- 
biamo visto  (a  p.  230),  il  Rubrnquis  fu  presente  al  Capitqlo  provinciale.  Oltre  la 
chiesa  e  convento  de'  Minori,  v'  era  anche  un  monastero  e  chiesa  di  8.  Chiara  (4). 


(1)  Celano  Miracula  b.  Francisci  in  Anal.  Boll.  t.  XVIH  p.  152  n.  109.  -—  Cfr.  anche 
S.  Bonav.  Tregenda  viaj.  {miracula  §  Vili.  n.  2),  ove  riporta  lo  stesso  fatto  compendiando  il. 
Celano,  e  più  chiaramente  si  esprime  là  ove  dice:  «Cum  corpus  b.  Francisci  transferretuf 
ad  locum  [ad  novam  basilicam  S.  Fr.  die.  25  maii  1280],  ubi  pretiosus  sacrocum  ossium 
eins  nunc  thesaurus  est  conditus:  affuit  et  tunc  dictus  Frater  [Jacof/us  de  Imeo']  translationis 
gaudiis,  ut  glorificati  iam  Patris  sanctissimo  corpori  honorem  debitum  exhiberct.  Et  appro- 
pinquans tumbae,  in  qua  ossa  sacra  fùerant  collocata,  prae  devotione  spiritus  sacruin  tu- 
mulum  complcxatus,  subito,  miro  modo  etc.  >. 

(2)  Cioè  quel  vescovo  Armeno  che,  secondo  lo  storico  Aìtonc  ricordato  in  una  nota  pre- 
cedente, riuscì  a  convertire  il  Tartaro. 

(3)  Cod.  Misceli.  Vatic.  Ottob.  lat.  saec.  XIV  n.  522,  fol.  164  v.;  et  Anal.  frane,  t.  I. 
p.  416-17. 

(4)  Neties  Archiv  X.  237,  ap.  Rohricht  Syria  sacra  {Zeif^chr.  d.  Denl.  Palaest.  Ver.  t.  X 
p.  317).  —  Nel  1278  è  ricordato  il  convento  di  Tripoli  in  Sbaral.  Jìullar.  t.  Ili  p.  .*^27.  - 
Per  la  storia  più  recente  vedi  la  nostra  Serie  cronol.  dei  Superiori  p.  218-19, 


234  BIBLIOTECA 


64  1256  —  Convento  di  Tiro  o  Sur.  —  Lo  stabilimento  dei  frati   Minori   in 

Tiro  data  certo  assai  prima  della  metà  del  sec.  XIII.  Una  lettera  di  Alessandro  IV, 
datata  il  1  marzo  1255,  è  diretta  al  Ministro  de' FF.  Minori  della  città  di  Tiro 
(Loda  NobisJ:  in  essa  il  Pontefice  dà  l' incarico  a  lui  e  ad  altri  di  esaminare  certe 
questioni  insorte  tra  alcuni  personaggi  della  Siria.  (Cfr.  Sbaralea  Bullar.  an.  cit.). 
Due  altre  lettere  dello  stosso  Pontefice,  date  contemporaneamente  1'  anno  dopo, 
agli  11  di  Luglio  del  1256,  e  ambe  dello  stesso  tenore  Cum  ad  promerenda,  conferiscono 
alcune  indulgenze  alle  chiese  de'  Minori  di  Acri  e  di  Tiro.  Perchè  documento  inedito, 
crediamo  bene  di  qui  inserirlo. 

«  Alexander  Episcopus  servus  servorum  Dei,  dilectis  filiis  Ministro  et  fratribns  or- 
dinis  fratrum  Minorum  Tirensium,  salutem  et  apostolicam  benedictionem.  —  Cum  ad 
promerenda  sempiterna  gaudia,  sanctorum  suffragia  sint  nobis  plnrimum  oportuna, 
loca  sanctorum  omnium  pia  sunt  dovotione  fideliuin  veneranda;  ot  dum  Dei  honoramus 
amicos,  ipsi  nos  amabiles  Deo  reddant,  et  illorum  nobis  quodammodo  vendicantes  pa- 
trocinium  apud  ipsum,  quod  marita  nostra  non  obtinent,  eorum  mereamur  interces- 
sionibus  obtinere.  Cupientes  igitur  nt  ecclesia  vestra,  in  festivitatibus  beatorum  Fran- 
cisci  et  Antonii  confessorum,  ac  beatae  Clarae  Virginis,  quae  in  ipsa  ecclesia  snnt 
praecipne  ac  solemnes,  congruis  honoribus  frequententur,  omnibus  vere  poenitentibus 
et  confessìs,  qui  eccle.siam  ipsam  annis  singulis  in  eisdem  festivitatibus,  et  usque  ad 
ceto  dies  sequentes,  devote  ac  venerabiliter  visitarint,  de  omnipotentis  Dei  miseri- 
cordia, et  beatorum  Petri  et  Pauli  apostolorum  eius  auctoritate  confisi,  centnm  dies 
do  iniuncta  sibi  poenitentia  misericorditer  relaxamus.  Datnm  Anagniae  quinto  Idus 
Julii.  Pontificatus  nostri  anno  2  »  —  Dall'  antico  Bollano  Ms.  del  Sacro  Monte  Sion, 
fogl.  48  n.  38.  —  Al  fogl.  poi  46  n.  35,  dello  stesso  Ms.,  è  ripetuto  questo  identico 
Breve  coli' indirizzo  però:  BilecUs  filiis  Ministro  et  fratrihus  ordinis  fratrum  Mi- 
norum Acconensium,  salutem  etc.  nt  snpra. 

1255  —  Convento  di  Acri.  —  In  un  docum.  de'  10  marzo  del  1255,  redatto 
nella  città  di  Acri,  il  Magister  (=-Minist€r)  Ordinis  Minorum  Acconensimn  è  pre- 
sente ad  nn  consiglio  locale  tenuto  nella  detta  città  presenti  tutti  i  capi  religiosi  (1). 

1256  —  Custode  in  Acsri.  —  Da  un  altro  documento  del  1256,  si  Hcava 
che  il  Custode  della  Siria  risiedeva  nella  città  di  Acri.  In  esso  documento,  il  Conte 
di  Giaffa  e  di  Ascalona,  donando  quattordici  villaggi  o  casali  agli  Ospedalieri  Gero- 
solimitani, sotto  certe  condizioni,  vi  si  aggiunge  che  uno  dei  tre  arbitri  in  questione, 
sarà  nominato  dall'attuale  Custode  de' frati  Minori  di  Acri.  «...  et  celui  qui  sera 
au  jor  coustode  des  freres  menors  d' Acre  i  metra  e  tierz».  L'accordo  fu  fatto  e 
firmato  a  Giaffa  contea  di  Giovanni  d' Ibolino,  li  2  febbr.  1256:  «  Ce  fu  fait  a  laphe 
en  r  an  de  l' incarnation  nostre  Seignor  Ihesu  Christ  mil  deus  cens  cinquantesis,  le 
segoni  jor  de  fevrier  (2)  » . 

1256  —  Tregue.  —  In  quest'  anno  i  due  Soldani  di  Damasco  e  di  Egitto 
firmano  una  tregua  coi  Latini  di  Siria,  duratura  anni  10,  mesi  10,  settimane  10, 
giorni  10  e  oro  10;  tregua  del  resto  poco  rispettata  dai  maomettani  (3). 

1257  —  Fr.  Lupo  Dain.  —  (Vescovo  del  Marocco  1246-57).  Si  recò  in 
pellegrinaggio  ai  Luoghi  Santi  della  Palestina  dopo  di  essersi  liberato  dal  grave  peso 
del  vescovato  nel  1257:  «  Absolutas  ab  onere  curao  pastoralis,  sacram  perogrinationem 
olim  tantopere  concupitam  cum  Pontificis  benedictione  complevìt;  eaque  per  labores, 


(1)  Ms.  della  bibl.  nazionale  di  Parigi  (ms.  lat.  p.  9071  n.  12)  citato  dal  Ròhricht,  nei 
Regesta  Regni  Hin-osolymitani  n.  1226. 

(2)  S<!b.  Palili  Codice  Diplomatico  Gerosolim.  t.  I  p.  151-53,  n,  dipi.  128.  —  Il  Pauli 
{ihid.)  erroneamente  interpreta  il  Custode  des  freres  Menors,  per  le  Gardien  actuel  ecc.  — 
Dal  testamento  di  un  tale  Saliba  cittadino  di  Tolemaide  (Acri),  si  ha  che  costui  lasciò  ai 
frati  Minori  di  Acri  5  bizanti,  nel  1264.  —  Pauli  ibid.  t.  I  p.  264. 

(3)  Ròhricht  in  Archives  de  V  Orient  Latin  t.  II  p.  370. 


SECOLO  XIII.  235 


et  nemninas  plurimas  poracta,  locisque  nostrae  Redainptioiiis  sanctissime  visitatis,  al-  64 
teraiii  ex  costis,  aliudque  os  S.  Matthiae  Apostoli,  caput  nnins  ex  Sanctis  Innocentibns, 
aliasquo  Sanctornm  rcliquias  abiiide  in  Patriain  reportans,  in  antiquo  sui  Ordinis  Ca«- 
saraujjustano  coiiventn  debita  cuin  reverentia  coUocavit  (1)  »  Il  Papa  permettendojjli 
l'andata  in  Tc^rra  Santa,  così  g-li  parlò:  «Andate  pure,  o  fu/Uo,  che  noi  ben  volen- 
tieri accondiscendinmo  alla  vostra  domanda,  sì  che  non  lupo,  ma  agnello  vi  addi- 
mostriate». Quando  Inn.  IV  comunicò  ai  Cardinali  la  nomina  di  frate  Lupo  alla  sede 
di  Marocco  uscì  in  questo  parole  :  «  È  ben  giusto  che  colui  che  da  lupo  facemmo 
agnello,  or  di  agnello  lo  tramutiamo  in  pastore  de'  lupi  (2)  » .  L'  Eubel  gli  dà  il  so- 
pranome, forse  di  famiglia,  di  Lopez  (3). 

1257  —  Martiri.  —  Prima  dì  questa  data  debbonsi  registrare  quei  Martiri 
francescani,  de'  quali  fa  menzione  Alessandro  IV  in  una  sua  lettera  diretta  al  Ministro 
Provinciale  di  Siria  e  ai  suoi  religiosi.  In  essa  dico,  che  i  detti  francescani,  combat- 
tendo per  la  difesa  della  fede,  furono  uccisi  pel  nome  di  Cristo.  Termina  col  con- 
cedere indulgenza  plenaria  a  tutti  que'  francescani  che  si  recano  nella  Missione  di  T.  S. 
0  vi  dimoreranno  per  tutta  la  vita  (4). 

1257  —  Costantinopoli.  —  Il  Papa  scrive  (iul.  15)  al  Provinciale  di  Ro- 
mania (=  dell'  Oriente  e  della  Terra  Santa)  di  procurare  delle  sovvenzioni  al  biso- 
gnoso patriarca  latino  di  C.poli,  Pantaleo  Giustiniani  (5). 

1258  —  Missioni.  —  Non  iscorsero  40  anni  da  che  il  Serafico  Patriarca 
ebbe  inaugurata  la  Missione  d'  Oriente,  e  i  PP.  Minori  già  vi  si  dilatarono  in  modo 
meraviglioso,  da  non  lasciar  terra,  a  que' tempi  conosciuta,  ove  non  vi  avessero  pre- 
dicato il  Vangelo  e  propagata  la  civiltà  Cristiana.  Notevole  ò  la  bolla  di  Alessandro  IV 
diretta  in  quest'  anno  «  Ai  diletti  figli  i  Frati  dell'  Ordine  de'  Minori  nelle  terre 
de'  Saraceni,  Pagani,  Greci,  Bulgari,  Cumani,  Etiopi,  Siri,  Iberi,  Alani,  Gazar i. 
Goti,  Zici,  Ruteni,  Georgiani,  Nubi,  Nestoriani,  Giacòbiti,  Armeni,  Indi,  Mosteliti, 
Tartari,  TJngheri  dell'  Ungheria  Maggiore,  de'  Cristiani  schiavi  presso  i  Turchi, 
e  di  altri  infedeli  delle  regioni  d'  Oriente,  ossia  di  tutte  le  parti  ove  vadano  ». 
Monumento  raro,  se  non  unico,  negli  annali  della  storia,  che  dice  assai  dell'  ardi- 
mento de'  Missionari  francescani  e  della  meravigliosa  propagazione  del  loro  Ordine 
nello  terre  d'  Oriente  (6). 

1258  —  Venezia  e  la  T.  S.  —  Nel  1258  il  Soldano  d'  Egitto  tra  le  prero- 
gative concesse  a  Venezia,  in  vari  trattati,  prometteva  inoltre:  «et  adhnc  faciemus 
habere  curam  de  Cliristianis  Surianis  (7),  qui  sunt  in  nostra  terra.  Et  faciemus  eis 
servicium  et  honorem,  et  placitum,  et  amplius  eriinus  propo  ipsos,  et  non  eos  derc- 
linqucmus  (8)  ». 

1260  —  Oonstit.  Narbonenses.  —  Le  prime  Costituzioni  doir  Ordine  com- 
pilate da  S.  Bonaventura  e  sancite  nel  Capitolo  Gen.  di  Narbona,  die  10  lun.,  ordi- 
navano :  «  Providcatur  etiam  do  lectoribus,  predìcatoribus,  de  mittcndis  intor  Saracenos 
et  alios  infideles;  de  mittendis  de  una  provincia  ad  aliam  ad  manendum,  de  novis 
Provinciis  capiendis  et  ministrationibns  distinguendis  et  huiusmodi  (0)  ». 

(1)  De  CInbcrnatis  Orbiti  Scrnph.  t.  I  d<^  Mission.  p.  534  n.  IH. 

(2)  Cfr.  Civezza  Storia  t.  I  p.  284-300.  —  Sbaralea  Hnllar.  t.  I.  —  Il  Waddingo  un.  1246, 
e  il  cit.  De  Gubernatis. 

(3)  Die.   Bìschofc  n.  3,  in  Moni.  Quartalsch.  IV. 

(^4)  Sbaral.  Ballar,  t.  II  p.  209:  Ex  relatu  fide,  digvm-inn. 
(.5)  Wadd.  an.  cit.  n.  17.  —  Sbaral.  Bidlar.  t.  II  p.  229, 
(G)  Cfr.  Sbaral.  Bidlar.  t.  II  p.  2^5. 

(7)  Ostìia  cristiani  stabiliti  in  Suria  o  Siria. 

(8)  Tafel  niid  Thomas  Fonte.s  rerum  Austriacarum  t.  II  (120.'')-r)5)  p.  491. 

(9)  S.  Bonav,  Opera  omnia  t.  Vili  p.  464.  —  Ehrle  in  Archiv  t.  VI  p.  13G-7. 


236  BIBLIOTECA 


64  C.  1260-70?  —  Fr.  Pellegrino  di  Bologna  Provinciale  in  Grecia.  — 

«  Est  autcm  villa  Polesni  ubi  frator  Feregrinus  ile  Bononia  habnit  possessiones  snas. 
Est  antem  fr.  Peregrinos  homo  spiritualis  et  litteratus,  qui  nunquam  bibit  nisi  aquam, 
et  vinnm  abliorret;  et  bis  fuit  Minister  in  Ordine  fratrum  Minornm,  scilicet  in  Graccia 
et  in  provincia  lanuensi  (1)  ». 

1260  —  Pr.  Benedictus  de  Alignano  :  —  l.  Tractatus  Pidei  pontra  diversos 
errores  —  2.  De  constructione  castri  Saphet. 

66  1.  —  Cenni  biografici  di  fr.  Benedetto.  —  Nessuno  de'  cronisti  antichi,  né  i  sotto 

citati  scrittori  (2)  seppero  darci  cenno  alcuno  della  nascita  e  dei  primi  anni  di  Benedetto; 
e  quindi  al  solo  Salimbene,  tra  gli  antichi,  dobbiamo  esser  grati  se  di  lui  ci  conservò  nella 
sua  Cronaca  pochi,  ma  importanti  cenni.  Egli  lo  chiama  «  grafia  benedictus  et  nomine  »  ; 
é,  quel  che  più  importa,  egli  lo  conobbe  di  persona  quando  nel  1247  si  recò  in  Francia, 
e  in.  modo  particolare  quando  nel  1248  dimorò  per  qualche  tempo  più  a  lungo  nel  con- 
vento di  Marsiglia  (3),  ove  il  nostro  Benedetto  era  già  vescovo.  Il  Salimbene  scrive: 

«  Ex  quo  in  Provincia  et  in  Massilia  versatur  stylns  noster,  non  ab  re  puto  scri- 
bendum  fore  qnod  occurrit  memoriae  non  tacendum.  Nam  in  Massilia  natus  est  quidam 
puer  in  festo  sancti  Benedictì,  qui  vocatns  est  Benedictus,  qui  etiam,  postqnam  ablactatus 


(1)  Salimbene  Chron.  p.  335  sub  anno  1285.  —  Nel  1268  fr.  Pellegrino  mise  la  pace  tra 
1  Bolognesi  e  Veneti  che  si  guerreggiavano  accanitamente  (ib.  p.  252).  Pellegrino  nel  1305 
scrisse  una  Cronaca  (Cfr.  Anat.  frane,  p.  XI  e  269,  287)  di  cui  testé  il  eh.  Little  trovò  un 
importante  compendio  pubblicato  nel  fìuUettino  critico  di  cose  francescane,  an.  1905,  diretto 
dal  Suttina.  —  Se  il  Provincialato  di  fr.  Pellegrino  in  Grecia  datasse  dopo  il  1263,  egli  al- 
lora non  entrerebbe  nella  serie  de'  Superiori  di  Tèrra  Santa  da  quell'  anno  divisa  dalla  Grecia. 

(2)  Di  Benedetto  (ignoto  al  Waddingo  e  ai  cronisti  francescani)  parlano  gli  autori  della 
Gallia  Christiana  nova  (Paris  1715)  t.  I  p.  651  s.,  t.  VI  p.  947.  —  il  Baluzio  in  Miscellanea 
(Paris  1678 s)  t.  VI  p.  357,  565;  e  in  ed.  2»  Mansii  (Lucae  1761)  t.  I  p.  228-31,  (ove  ab- 
biamo anonimo  il-libro  De.  constrtictione  castri  Saphet,  che  noi  col  Petit-Radel  attribuiremo 
al  nostro  Benedetto)  e  ibid.  nel  t.  II  p.  242-44  ove  si  hanno  la  prefazione  del  Baluzio  e  le 
lettere  che  Benedetto  premise  alla  sua  grande  opera  teologico-polemica.  —  L'Oudin  in  Com- 
mcnt.  de  Svrijìtoì'iJms  (ed.  1722,  t.  III  col.  487-88)  il  quale  però  ripete  e  aggrava  gli  errori 
della  citata  Gallia  Christiana,  scrivendo  che  Benedetto  fn  «  unus  ex  primis  alnmnìs  Ord. 
FF.  Minorum,  ac  S.  Francisci  (ut  creditur)  olini  ex  primis  sociis  vel  discipulis  »  !  E  segue 
poi  dicendo  che  Benedetto,  disgustato,  e  «  deposito  episcopatu,  ad  Ordinem  FF.  Minorum 
reversus  est,  eoruin  in  panpertate  divitias  amplexatus,  ut  tradit  antiquus  Codex  Ms.  (!?).  Id, 
circa  an.  1262,  poftmortem  ut  credimus  Alexandri  IV,  cui  carissimus  erat,  contigit.  Assumpto 
in  suecessorem  altero  Benedicto  de  Alignano,  quem  fulsse  ei  et  nomine  et  sanguine  proximum 
suspicor...  »  !!  eppure,  l'Oudin  cita  il  Balnzio  che  non  sognò  di  dividere  Benedetto  in  due. 
—  Lo  Sbaralea  in  DvUar.  t.  I  p  513  n.  f.,  p.  65.0  n.  a.;  e  in  Snpplem.  ad  Scriptores  p.  122, 
ove  però  erra  asserendo  che  Benedetto  «  episcopatu  dimisso,  paulo  post  niensem  augustum 
anni  1263  factus  est  frater  Minorità».  —  Coll'Oudin  la  sbaglia  anche  il  nostro  P.  Giov. 
a  S.  Antonio  (liibl.  universa  franciscana  t.  I  p.  201)  che  lo  dice  pure  uno  de' primi  discepoli 
di  S.  Francesco!  —  Il  Peti  Radei  inseri  una  buona  biografia  M  Benedetto  \\&\V Histoire 
littcraire  de  la  France  (Paris  1838)  t.  XIX  p.  84-91.  —  Ma  a  preferenza  di  tutti,  abbiamo 
spigolata  la  Gallia  Christiana  novissima  (Valence  1899)  di  Albanès  e  Ohevalier,  che  in  un 
voi.  in  fol.  ci  raccolsero  tutti  i  docum.  sulla  diocesi  di  Marsiglia:  i  numr.  239-301  contengono 
note  e  documenti  sul  nostro  Benedetto  d'Alignan,  dal  1229  ài  1268,  anno  della  sua  morte. 

(3)  Cfr.  Salimbene  Chron.  pp.  25-26,  82-93;  ma  specialm.  pp.  97,  124,  140-41,  146,  291. 


SECOLO  XIU.  237 


foit  ìli  festo  sancii  Bcnedicti  positus  fait  ad  addiscendam  lìtteras;  postquatu  vero  facius  65 
est  grandinscolns  et  litteratns,  in  festo  sancii  Benedicii  ordincm  monachorum  nig:roruni 
intravit;  et,  processu  iemporis,  in  festo  sancii  Benedicti  facius  fuit  sacrista;  et  postoa, 
intervallo  facto  per  plures  annos,  in  festo  sancii  Benedicti,  propter  bonam  vitam  et  bonos 
moi-es  qnos  habebai,  monachi  elegorunt  ipsnm  abbatem  ;  et  ita,  gradatim  ascendendo,  ca- 
nonici massilienses  in  festo  sancii  Benedicti  elegeruni  eum  in  episcopum  sunin,  ubi  se  lan- 
dabiliter  habuit;  postea  in  festo  sancii  Benedicii  intravit  ordinem  beati  Francisci,  in  quo 
humiliter  et  laudabiliicr  decera  annis  vixit;  et  in  festo  sancii  Benedicti  uliimum  diem 
clansii;  et  sepnlius  est  in  ecclesia  fratrum  Minorum  de  Massilia  in  archa  lapidea,  quem 
Deus  niiraculis  demonsiravii  illustrem.  Hic  vere  fuit  vir  viiae  venerabilis,  gratia  bene- 
dicius  et  nomine  ...  Benedicatur  ialis  episcopus,  quia  bene  inchoavit,  et  bene  finivit;  et 
mnlios  bonos  libros  liabuerunt  fratres  Minores  de  Massilia  occasione  ejus,  quia  potius  voluit 
humillari  cutn  mitibus,  qUam  dividere  spolia  cum  superbis.  Prov.  16  (1)». 

Premesso  il  racconto  del  Salìmbene,  spigoliamo  ora  i  più  importanti  documenti  che 
riguardano  il  nostro  Benedetto,  e  che  troviamo  riportati  specialmente  nella  citata  Gallia 
Christiana  novissima. 

Benedetto,  era  semplice  sacrista  monasterii  Villaemagnae,  quando  sulla  fine  del  1224 
veniva  eletto  canonice  et  unanimiter  abate  del  monastero  benedettino  di  Notre-Dame  de 
la  Grasse,  abbazia  soggetta  immediatamente  alla  S.  Sede.  Papa  Innoc.  Ili,  compatendo 
alle  ristrettezze  dell'  abbazia  che  non  permettevano  a  Benedetto  di  recarsi  a  Roma  per  la 
sua  conferma,  dava  l'incarico  al  vescovo  di  Nìmes  (con  lett.  3  gen.  1225)  di  confermare 
l'elezione  di  Benedetto,  e  come  tale  farlo  riconoscere  da  tutti  i  monaci  de' monasteri  di- 
pendenti da  quello  (2). 

Il  25  aprile  del  1228  vediamo  Benedetto  a  Rieti,  e  ai  4  luglio  dello  stesso  anno  a 
Perugia  ;  e  tutte  le  due  volte  alla  presenza  di  Gregorio  IX,  dal  quale  ottenne  la  conferma 
di  certi  antichi  privilegi  del  suo  monastero.  — ■  Senza  dubbio,  si  fu  in  questo  viaggio 
d'Italia,  in  questa  notabile  dimora  di  Benedetto  nell'Umbria,  che  egli  conobbe  ed  ammirò 
r  Ordine  Minoritico  cui  egli  allora,  o  un  po'  più  tardi,  volle  dare  il  nome.  Se  Benedetto  ai 
4  di  luglio  1228  era  con  Gregorio  IX  a  Perugia,  diremo  senza  esitare  che  il  pio  bene- 
dettino, già  Minorità  nel  cuore,  scese  anch'  egli  con  la  Curia  papale  da  Perugia  in  Assisi, 
per  assistere  alla  solenne  e  straordinaria  pompa  della  canonizzazione  di  S.  Francesco,  la 
quale  doveva  celebrarsi  pochi  giorni  dopo,  cioè  il  16  dello  stesso  luglio.  Da  questo  tempo 
dunque.  Benedetto  aveva  dato  il  coore  al  prodigioso  Francesco. 

Gregorio  IX,  che  non  poteva  ignorare  le  grandi  virtù  di  Benedetto,  non  tardò  di 
coglier  subito  1'  occasione  che  gli  si  presentava  di  nominarlo  alla  sede  vescovile  di  Mar- 
siglia, testò  rimasta  vacante  per  la  morte  del  vescovo  Pietro  di  Montlaur  (f  29  ag.  1229). 
Così,  appena  un  anno  dopo  il  suo  ritorno  dall'Italia,  e  verso  la  fine  del  1229,  Benedetto 
montava  sulla  sede  di  S.  Lazaro.  E  pochi  mesi  più  tardi  (il  27  marzo  1230),  notiamo  il 
primo  documento  ove  egli  si  prende  il  nome  di  frater,  emanando  gli  statuti  per  la  sua 
chiesa  :  «  Nos  frater  Benedictus  Dei  permissione  episcopus  et  dominus  Massiliae  (3)  » . 


(1)  Salimbene  Chron.  p.  320-21.  —  Gallia  Christiana  novissima  n.  239,  ove  si  ha  il  brano 
del  Salimbene  estratto  dall'originale  Vaticano,  cod.  lat.  7260,  fol.  440 v. 

(2)  Le  bolle  del  seguente  pontefice  Gregorio  IX,  concernenti  Benedetto  come  abate,  vedi 
in  Potthast  tra  i  nn.  8165-8238,  e  nella  nuova  ediz.  dell' ^isi.  de  Languedoc  t.  V  e.  1666-67 
(Chevalier). 

(3)  Gallia  christ.  novissima  cit.  n.  246;  così  pare  al  n.  247  (29  apr.  1230):  *NosJr.  Be- 
nedictus »  ;  al  n.  253,  14  ag.  1234;  al  n.  254,  30  giug.  1235;  nella  lettera  diretta  al  Papa 
de' 28  mag.  [1249]  al  n.  266;  e  cosi  spesso  altrove. 


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65  K  qui  apriumo  nna  parentesi.  Qnando  e  in  qaal  anno   il    nostro    Benedetto    si    rese 

Minorità?  Il  Sivlimbeno  ci  dico:  «in  feste  S.  Bcnedicti  intravit  Ordiiicni  beati  Francisci, 
in  quo  hiimilitcr  ci  laudahilitcr  dcccm  annis  vixit,  et  in  festo  S.  Bencdicti  ultimum  diem 
clausit  » .  Secondo  il  Salimbone  dunque,  Benedetto  sarebbe  entrato  nell'  Ordine  Minoritico 
il  21  marzo  1258,  e  sarebbe  vissuto  in  esso  anni  cZ/ec/,  nella  condizione  di  semplice  frate  : 
«  huiniliter  vixit  »  ;  e  sarebbe  morto  il  21  marzo  1268.  Il  Salimbene,  quantunque  abbia 
conosciuto  di  persona  il  pio  vescovo  nel  1248,  potè  tuttavia  cadere  in  alcune  inesattezze, 
tanto  più  che  egli  scriveva  di  Benedetto  per  incidenza,  e  ben  40  anni  dopo  (e.  il  1287). 
E  primieramente,  è  certo  che  Benedetto,  entrando  nell'  Ordino,  non  lasciò  il  vescovato  cbo 
ncg-li  ultimi  del  12G7  (1):  e  clie  egli  mori  non  il  giorno  di  S.  Benedetto  (21  mar.),  ma 
agli  11  di  luglio  del  1268,  come  si  La  dall'antico  necrologio  della  cbiesa  Marsigliese  ri- 
portato dal  Chevalier.  Salimbene  quindi  potè  errare  anche  negli  anni  dieci  che  gli  dà  di 
vita  fraiicescana.  Benedetto,  dandosi  il  nome  di  frater  fin  dal  27  marzo  1230,  dobbiamo 
dirlo  entrato  nell'Ordine  già  da  qualche  tempo  prima:  e  forse  in  Italia,  e  forse  in  Assisi 
stessa;  ma  con  tutta  ragione,  n'^ll' intervallo  di  tempo  che  passò  tra  la  sua  rinunzia  da 
abate  e  la  elezione  al  vescovato  di  Marsiglia;  o,  se  vuoisi,  nel  bel  principio  del  suo  epi- 
scopato, come  sappiamo  di  un  S.  Lodovico  di  Tolosa;  ma  in  ogni  caso,  prima  de' 27  marzo 
1230,  se  non  vogliamo  supporre  on  puro  capriccio  in  Benedetto  il  chiamarsi  egli  così 
spesso  frate,  dandosi  un  soprannome  non  mai  usato  da  abati  o  vescovi  benedettini.  Questo 
sarebbe  il  criterio  anche  del  citato  Petit-Kadel  che  dice  :  «  Dans  sa  vieillesse  (!)  sans  cesser 
d'ètre  évéque,  il  s'ótait  engagé  dans  l'Ordre  de  ces  derniers  rcligieux  (mineurs),  et  il  se 
noramait  lui-méme  frèrc  JBenoit  (2)  »  ;  e  prima  del  Petit,  così  ne  arguì  il  Baluzio:  «In 
uno  chartulario  monasterii  Cluniacensis  inveni  illum  fnisse  apud  Lugdnnum  cum  Eaymundo 
episcopo  Nemausensi  eo  tempore  quo  Papa  Innocentius  IV  illic  celebrabat  Concilium  ge- 
nerale [1245].  Vocatur  antem  frater  in  ea  charta  monasterii  Cluniacensis:  Ego  frater 
Benedictus  Dei  permissione  dictus  Episcopus  Massiliensis.  Quo  etiam  modo  scribit  in 
epistola  dedicatoria  commentarli  de  summa  Trinitate.  Jam  tnm  ergo  se  addixerat  instituto 
ordinis  S.  Francisci,  cui  illum  se  addixisse  reperi  in  veteri  collectione  miraculorum  patra- 
torum  in  diocesi  Magalonensi  (3)  » , 

Quando  il  nostro  Benedetto  salì  sulla  sede  episcopale  di  Marsiglia,  la  città  era  allora 
governata  in  parte  dai  visconti  del  paese,  e  in  parte  dal  vescovo  e  da  alcuni  del  clero. 
Quasi  contemporaneamente,  uno  di  questi  visconti  si  era  fatto  monaco  nell'abbazia  di 
S.  Vittore,  ed  aveva,  rinunziando,  trasferita  nella  persona  dell'abate  parte  di  quella  giu- 
risdizione civile  che  gli  spettava  come  visconte  della  città.  Questa  strana  rinunzia  piacque 
ai  monaci,  ma  spiacque  assai  al  popolo;  il  quale,  non  solo  protestò  contro  le  ingiuste 
pretese  dell'abbazia,  ma  per  di  peggio  si  diede  furibondo  a  eccessi,  predando  i  beni  del 
monastero.  Il  neoeletto  vescovo,  gratia  et  nomine  Benedictus,  principiò  il  suo  governo  col 


(1)  L'ultimo  atto  di  Benedetto  come  vescovo  è  del  13  mar.  1267;  e  il  suo  successore 
fu  eletto  il  23  dee.  1267,  avendo  Benedetto  rinunziato  per  la  grave  sua  età.  Cfr.  Gallìa 
christ.  novissima  cit.  n,  303. 

(2)  Hist.  liti,  de  la  France  cit.  p.  85. 

(3)  Balnzii-Mansii  Miscellanea  sacra  ed.  2»  t.  II  p.  244;  ivi  stesso  riporta  il  brano  ex 
collectione  miracidorum  ove  si  parla  di  Benedetto  che  dalla  Terra  Santa  portò  in  Marsiglia 
una  particella  della  santa  Croce  :  «  Dnus.  Benedictus  quondam  episcopus  Massiliensis  et 
nunc  frater  Minor,  cum  quoddam  frustum  Ugni  verao  crucis  de  ultramare  asportasset,  etc.  » . 
II  cod.  lat.  di  Parigi  n.  3555  (Colbert  4799)  ha  la  variante  :  «  condam  episc.  Marsiliensis  et 
postea  frater  Minor».  Gallìa  christ.  novissima  n.  293. 


SECOLO  xm.  239 


ridare  la  pace  al  suo  popolo,  facendo  desistere  i  monaci  dalle  loro  vane  pretese  su  quella  66 
giurisdizione  civile  che  spettava  ai  borghesi  (1).  Il  buon  vescovo  al  1  di  gen.  del  1230, 
in  forma  solenne,  assolveva  i  Marsigliesi  dàlie  censure,  e  garantiva  il  possesso  dì  certi 
beni  e  diritti  spettanti  all'abbazia  di  S.  Vittore.  Pochi  mesi  dopo  (29  apr.  1230),  ricon- 
fermava la  pace  tra  lui  e  il  conte  della  Provence:  «  Licet  nos  fr.  Benedictus  Dei  per- 
missione episcopus  et  dominus  Massiliae,  nullam  guerram  habeamus  cum  dno.  cernite  Pro- 
vinciae,  nec  cum  civitate  Arelatensi  et  eorum  valitoribus,  tamen  propter  abundantiorem 
cautelam,  pacem  statuimus  et  firmamus  nunc  de  novo,  per  nos  et  per  ecclesiam  nostram, 
et  per  praepositum,  et  per  milites  et  homines  nostros,  et  per  civitàtem  nostram  episco- 
palem  inrisdictionis  nostrae  temporalis  et  ecclesiae  sedis  Massiliensis,  et  per  omnia  castra 
nostra  et  dictae  sedis  etc. ».  Quindi  subito  dopo  (24  mag.  1230),  detta  nuovi  statuti  per 
la  riforma  spirituale  e  temporale  della  sua  diocesi;  siede  arbitro,  e  detta  la  pace  (2  ag. 
1230)  tra  il  conte  di  Provence  e  la  Comune  di  Marsiglia  ;  distoglie  il  conte  di  Tolosa  di 
far  la  guerra  a  quello  di  Provence  (giug.  1232);  e  lui  stesso,  arbitro  delle  paci,  dà  il 
lodevole  esempio  di  accettare  l'arbitrato  di  altri  a  sé  inferiori  per  l' amor  della  pace  :  così 
Bonfiglio  abate  di  S.  Vittore  sedette  arbitro  (27  gen.  1233)  tra  Benedetto  e  il  nobile  Fel- 
guerio  di  S.  Cannato.  Un  nuovo  dupplice  accordo  su  certi  diritti,  e  sul  passaggio  dei  cro- 
ciati, conchiuse  (29  ag.  1235)  col  detto  conte  dì  Provence;  e  il  medesimo  conte,  ancora 
una  volta,  per  opera  dì  Benedetto  rinova  la  pace  coi  Marsigliesi  (Aìx,  12  sett.  1235). 
In  quest'  accordo,  fra  gli  altri  presenti  come  testi  notiamo  :  fr.  Bonafortuna  minister  fra- 
trum  Minorum,  fr.  Michael  et  fr.  W.  de  Plazentia  de  ord.  FP.  Minorum  (2). 

Ebbene,  quest'uomo  di  pace  e  di  giustizia,  aveva  talmente  inasprito  alcuni  malvagi 
canonici  del  suo  clero,  dì  quelli,  come  li  chiamò  Gregorio  IX,  che  «  laicos  in  sceleribus 
suis  vincunt*,  talché  questi  «cum  quibusdam  suis  complicibus,  in  armis  et  multis  aliìs 
modis  (epìscopum)  afflixerunt  hactenus,  et  affligunt  :  propter  qnod  dictus  episcopus  a  civi- 
tate Massìlìensi  coactas  est  dintius  exulare  »!  Ordina  quindi  Gregorio  IX  (27  nov.  1235) 
ai  vescovi  dì  Arles  e  dì  Carpentras,  di  restituire  Benedetto  alla  sua  chiesa  e  dì  frenare 
i  malvagi  canonici  e  complici. 

E  qui,  privi  di  altri  documenti,  dobbiamo  sorvolare  quattro  anni  di  vescovato  del 
nostro  Benedetto,  per  seguirlo  finalmente  in  Oriente. 

Ti  baldo  V,  re  di  Na  varrà  e  conte  di  Sciampagna,  aveva  deciso  di  compier  lui  il  voto 
dì  suo  padre  Tibaldo,  morto  prima  della  quinta  crociata.  Egli  dunque  con  numerosi  cro- 
ciati guidati  da  esso  e  da'  duchi  di  Bretagna  e  dì  Borgogna,  e  col  seguito  dì  molti  conti 
e  nobili  francesi,  s' imbarcava  a  Marsiglia  nell'  agosto  del  1239,  diretto  per  la  Siria  (3). 
Non  creeremo  delle  ipotesi  se  diremo  (dato  pure  il  silenzio  della  storia),  che  il  nostro 
Benedetto  grande  zelo  addimostrò  per  questa  sesta  crociata;  e  in  prova  ci  basta  di  sa- 


(1)  Hist.  liti,  de  la  France  t.  e.  p.  84. 

(2)  Gallia  christ.  novissima  nn.  247-58.  —  In  una  traslazione  di  certe  reliquie  {GaUia 
cit.  n.  307)  fatta  tra  1'  11  mag.  e  20  giugno  1277,  troviamo  presenti  i  seguenti  Minoriti  del 
convento  di  Marsiglia:  e  in  praesentia  et  testimonio  fratria  Bertrandi  de  Socodorio,  exatoàH 
conventus  fratrum  Minorum  Massiliae,  £r.  B(aymundi)  Gaufridi,  lectoris  einsdem  conventus, 
fr.  Pondi  Bigaudi,  lectoris  conventus  fratrum  Minorum  de  Aquis,  fr.  Bertrandi  de  Secureto 
ordinis  dictorum  fratrum  Minorum  > .  —  Fr.  Poncins  è  quegli  ricordato  dal  Salimbene  Chron. 
p.  141,  143;  e  il  Gaufridi  quegli  che  negli  anni  1289-95  fri  Ministro  Generale  dell'Ordine. 

(8)  Vedi  Michaud  Storia  delle  Crociate,  sesta  crociata,  an.  1229-40.  —  Gli  Annales  de 
T.  S.  (editi  in  Archives  de  l'Or.  Latin,  t.  II  B.  p.  440)  danno  l' arrivo  in  Acri  del  re  e  com- 
pagni al  1  sett.  1239. 


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65  pere  che  egli  volle  iiocoinpiignare  i  crociati  di  Tibaldo;  e  con  essi  felicemente  approdò  in 
Acri  al  1  di  sett.  del  1239  (1). 

Arrivato  Benedetto  in  Oriente,  non  è  a  dire  qnanto  egli  abbia  fatto  di  bene  fra  quei 
popoli  e  colla  parola  e  cogli  scritti.  La  principale  sna  cura,  da  quel  tempo  in  poi,  si  fii 
r  estirpazione  dell'  eresia  che  divideva  i  cristiani  dell'  Oriente,  e  la  distruzione  della  ma- 
lefica setta  maomettana,  nemica  della  civiltà  e  della  fede  cristiana;  ciò  lo  si  vedrà  in  se- 
guito dall'  analisi  che  faremo  del  suo  grande  catechismo,  che  egli  principiò  a  scrivere  in 
Oriento  e  pei  popoli  dell'  Oriente,  nel  1239  ;  e  terminò  di  scrivere  parimenti  in  Oriente 
nel  1261,  ove  lo  vedremo  ritornato  per  una  seconda  volta. 

Benedetto,  ad  uno  zelo  così  apostolico  e  ad  una  vast;i  dottrina  teologica,  univa  anche 
una  mente  intraprendente  e  audace,  e  un  vero  genio  militare.  A  lui  la  storia  delle  Crociate 
(ingiustamente  obliato!)  deve  la  ricostruzione  della  famosa  fortezza  di  Safet  (1240),  uno 
de' baluardi  del  cristianesimo  in  Siria;  e  più  tardi  tomba  (1266)  gloriosa  dì  veri  eroi 
e  di  veri  martiri.  Tra  questi  vedremo  pure  alcuni  Minoriti,  confratelli  di  Benedetto, 
da  lui  probabilmente  ivi  collocati  come  apòstoli  de'  vicini  popoli  della  Galilea  (2).  A  luì 
parimenti  la  storia  letteraria  dell'  Oriente  (che  fin  qui  lo  ha  pur  ignorato)  deve  il  noto 
libro  I)e  consfructione  castri  Saphet,  scritto  da  lui  verso  il  1260-61,  e  fin  qui  raramente, 
ma  mai  citato  dai  Palestinografi  sotto  il  nome  di  Benedetto.  Tutta  questa  storia  risulterà  dal 
medesimo  libro  che  daremo  qui  presso,  nel  quale  egli  ci  racconterà  le  sue  premure  per  la 
ricostruzione  del  castello,  il  suo  viaggio  e  l'accoglienza  che  ebbe  dal  Soldano  in  Damasco, 
non  che  il  suo  secondo  viaggio  in  Oriento  ecc.  ecc. 

Quando  il  nostro  Benedetto  poneva  piede  in  Siria  (1  sett.  1239),  Gerusalemme  era 
ancora  in  potere  dei  Latini;  e  qualche  giorno  dopo,  dovette  egli  ricever  la  nuova  della 
morte  di  Geraldo  patriarca  di  Gerusalemme  trapassato  nella  S.  Città  e  sepolto  presso  la  Tomba 
di  Cristo  (t  7  sett.  1239)  (3).  Due  mesi  dopo  (20  nov.),  udiva  Benedetto  la  ricaduta  di 
Gerusalemme  in  potere  del  Soldano  di  Earak  (Melek  Nasser-Daud,  nipote  di  Kamel  cui 
predicò  S.  Francesco),  proprio  nel  tempo  che  scadeva  la  tregua  di  10  anni,  conchiusa 
(18  feb.  1229)  tra  Federico  II  e  il  Soldano  Earoel  (4),  e  contemporaneamente  alla  scon- 
fitta toccata  al  Duca  dì  Borgogna  tra  Gaza  e  Ascalona  (5),  ricordataci  dallo  stesso  Bene- 
detto nel  suo  libro  De  consfructione  castri  Sapliet.  —  Intanto  ì  due  Soldani  di  Karak 
e  di  Damasco  credettero  bene  di  conchindere  una  tregua  coi  Crociati  (1240),  e  render  loro 
Gcrttsalemme,  e  ai  Templari  Safet  e  Beaufori;  dopo  di  che  il  re  di  Navarra  coi  suoi  ri- 
tornò in  Europa  (6). 

Benedetto,  felice  di  veder  conchiusa  una  tregua  coi  nemici,  gli  riuscì  facile  la  visita 
di  tutta  la  Siria,  della  Terra  Santa,  e  di  Gerusalemme  ;  e  perfino  di  veder  Damasco,  dopo 
aver  ottenuto  un  salvocondotto  da  quel  Soldano.  In  queste  sue  escursioni  egli  aveva  me- 
ditato una  grande  impresa.  Dopo  aver  esplorata  la  Sìria,  la  Galilea  e  Damasco,  ritornò 
in  Acri  con  l' intento  risoluto  di  persuadere  i  Templari  a  ricostruire  l' antica  fortezza  di 


(1)  Questa  crociata  fa  per  ordine  di  Gr^orio  IX  predicata  già  dal  1234  dai  Domeni- 
cani e  Minoriti.  Vedi  più  sopra  a  p.  169. 

(2)  Vedi  più  sotto  all'  anno  1266. 

(3)  Du  Gange- Rey  FamUles  d^outremer  p.  728,   —   Cfif.  Couret  Notice  historique  sur 
rOrdrc  du  St.  Sépulcre,  Paiia  1905,  p.  59  n.  4,  e  gli  autori  ivi  citati. 

(4)  Cfr.  Couret  op.  cit.  p,  68  n.  8,  p.  59  n.  5.  —  Sanvaire  Clironique  de  Moudjir-eddyn 
p.  89.  —  Cfr.  sopra  i  nn.  40-41. 

(5)  Annales  de  T.  S.  in  Arclùve»  dt.  t.  II  B.  p.  440. 

(6)  Annalea  de  T.  S.  loc.  cit. 


SECOLO  xm.  241 


Safet  (1):  e  vi  riascì!  Agli  11  di  dee.  del  1240,  con  pompa  militare  e  religiosa,  Benedetto    65 
nel  nome  del  Signore  benediceva  e  gettava  colle  proprie  mani  la  prima  pietra  nelle  fonda- 
menta della  celebre  fortezza  :  «  et  snper  lapidem  obtalit  co  pam  argenteam  deaoratam.  pie- 
nam  pecunia  in  snbsidinm  operis  snbseqnentis  » . 

Il  8  apr.  1242  troviamo  Benedetto  già  ritornato  in  Marsiglia,  e  presente  alla  fonda- 
zione dell'abbazia  detta  del  Monte  Sion;  e  il  5  Dee.  1248  intervenuto  al  concilio  di  Ya- 
lence  (DrOme). 

Luigi  IX  re  di  Francia,  il  25  ag.  1248.  era  partito  col  suo  esercito  per  l' Oriente, 
e  tutta  la  Cristianità  ansiosa  lo  seguiva  coi  suoi  voti.  Il  vescovo  di  Marsiglia  non  lo  potè 
seguire,  ma  aveva  mandato  colà  alcuni  del  suo  clero,  e  questi  lo  tenevano  informato  di 
quanto  accadeva  in  Oriente.  Una  lettera  di  Benedetto  scritta  il  28  maggio  1250,  infor- 
mava il  Pontefice  Inn.  IV  di  alcuni  successi  dell'  esercito  cristiano  in  Egitto,  quando  in- 
vece dai  5  aprile  dello  stesso  anno  il  santo  re  era  prigioniero  dei  saraceni!  ÀI  buon  ve- 
scovo erano  testé  arrivate  queste  buone  nuove  da  uno  del  suo  clero  rimasto  probabilmente 
in  Damiata,  ma  certo  non  bene  informato.  La  lettera  è  del  tenore  che  segue: 

Sanctissimo  Patri  ac  Domino  reverendissimo  I.  divina  providentia  Pontifici  summo, 
frater  Benedictus  (2),  Dei  permissione  dictus  episcopus  Marselliae,  cnm  snmma  devotione 
reverentiam  et  obedientiam,  pedum  oscula  beatorum. 

Sicut  caverò  yolumns  ne  aures  sanctitatis  vestrae  mendaciis  aggravemus,  sic  cum  laeta 
et  certa,  quae  ad  honorem  Dei  et  Ecclosiae  pertinent  intelligimus,  cum  gaudio  intimamtts. 
Licet  autem  frequentes  rumores  audivimus,  quod  ad  exaltationem  Christianitatis  Castmm 
de  Cadrò  redditum  fuerit  domrno  regi  Franciae  divina  gratia  procurante;  quod  cum  tamen 
per  diversos  diversimode  dicebatnr,  supersedìmus  scribere,  donec  certitudinem  haberemas. 
Sed  nocte  praeterita  praeceptor  S.  Ioannis  Marselliae  misit  nobis  litteras,  in  quibus  con- 
tinetur  quod  ante  Purificationem,  per  octo  dies,  illustris  rex  Franciae,  cum  exercitu  suo 
ad  Castrum  de  Cadrò  venit  (3),  et  fuit  sibi  traditum  per  quosdam  saracenos  qui  insurre- 
xerant  contra  Soldanum,  et  per  Magistrum  Hospitalis  et  alios  Christianos  qui  ibi  sola  vi 
detenti  fnerant.  Dominus  vero  rex,  Domino  disponente,  direxit  quatnor  acies.  In  prima 
fuit  Comes  Flandriae  cum  Templariis:  in  secunda  Comes  Britanniae  et  Comes  S.  Paul!: 
in  tertia  ipse  rex,  et  Comes  Pictaviae,  et  Andegaviae,  et  Provinciae,  et  Dux  Bui^undiae, 
et  plures  alii  Barones:  in  quarta  dominus  Bobertus  Comes  Atthrebatensis  et  Magistri 
Hospitalium  et  plures  alii  Barones  (4).  Duae  vero  aliae  scalae  Baronum  et  militum  fnerant 
hinc  inde  ab  utroque  cornu.  Et  sic  ordinato  exercitu,  in  ortu  solis  congressi  sunt:  et  a 
tertia  nsque  ad  noctem  duravit  bellum,  et  fuit  strages  saracenorum  innumerabilis,  et  Sol- 
danus  obfugit,  et  nesciebatur  quo  ierat.  Ex  parte  vero  Christianorum  dicuntur  esse  mortui 
nsque  ad  mille  Inter  milites,  baliatarios,  et  armigeros.  Dominus  autem  Eex  et  sui  fratres 
sani  sunt,  licet  tamen  Comes  Attrebatensis  in  campo  per  diem  et  noctem  iacuisset  quasi 
mortuus.  Cadrum  et  Babylonem  habet  dominus  Eex(!).  Et  Alexandria,  ut  dicitur,  est  eis 
derelicta.  Ergo,  Pater  sanctissime,  benedicite  Deum  Coeli  et  coram  omnilms  vìventibus 
confitemini  UH,  quia  fecit  nobiscum  misericordiam  suam  (Toh.  12.  6),  sub  vostro  regi- 


(1)  Safet  dal  1140  al  1189  fu  in  potere  de'  Templari,  indi  di  Saladino  che  se  ne  impos- 
sessò dopo  due  anni  di  assedio:  Corradino  nel  1219  la  fece  smantellare.  —  Rey-Du  Gange 
FamUles  d'outre  mer  p.  26,  903.  —  Fr.  Llévìn  Guide  fed.  4«  t.  Ili  p.  176. 

(2)  Nel  ms.  per  errore  si  ha  un  H,  invece  dell'  iniziale  B. 

(3)  Non  in  Cairo,  ma  in  Mansurah;  ove  il  5  apr.  1250,  sconfitto  l'  esercito,  il  Santo  re 
cadeva  prigioniero.  Il  prevosto  dì  S.  Giov.  informava  il  buon  vescovo  delle  voci  che  corre- 
vano, sfortunatamente,  non  vere. 

(4)  Dall'  elenco  di  questi  personaggi  risulta  che  le  nuove  ricevute  da  Benedetto  con 
lettere  del  preposto  di  S.  Giov.  di  Marsiglia,  devono  datare  dal  febbr.  1250  e  non  prima; 
il  conte  di  Poitiers  qui  ricordato,  non  giunse  in  Egitto  in  aiuto  del  fratello  che  nell'autunno 
del  1249.  —  Snlla  cronologia  di  questa  crociata  vedi  sopra  a  p.  103. 

BiblM.  —  T<Hn.  I.  16 


242  BIBLIOTECA 


65    mine  Christianitatem  talìter  exaitando.  —  Datnm  Marselliae  quinto  Ealendas  lanii  [28 
Magg.  1250]  (1)». 

Innocenzo  IV  noi  1  maggio  1251  passava  per  Marsiglia,  e  soddisfatto  dell'accoglienza 
avuta  da  quel  popolo,  rilasciava  loro  un  privilegio  di  sua  protezione. 

Benedetto  col  vescovo  di  Toulon  danno  la  regola  di  S.  Agostino  ai  novelli  frati  della 
Penitenza  di  Gesù  Cristo  (10  magg.  1251). 

Interviene  al  concilio  provinciale  convocato  da  Giov.  Banssan  arciv.  d' Arles  all'  Isle- 
sur-Sorgues  (19  sett.  1251). 

Conchiude  un  trattato  di  pace  tra  Carlo  d'  Anjou  e  i  Marsigliesi  (Aix  26  lugl.  1252); 
e  simili  accordi  con  altri,  ecc. 

n  13  marzo  1253  Inn.  IV  ingiunge  a  Benedetto  di  obbligare  i  PP.  Minori  e  Predi- 
catori di  inculcare  al  popolo  1'  obbligo  di  pagare  le  decime  ecclesiastiche  (2). 

Nel  1257,  Benedetto,  d' accordo  coi  suoi  canonici,  cede  tutto  il  dominio  civile  della 
superiore  Marsiglia  a  Carlo  d'  Anjou,  e  per  compenso  ottiene  alcuni  feudi  in  diverse  castella. 

Durante  il  suo  vescovato,  verso  il  1257,  s' introdusse  nella  sua  diocesi  un  novello 
Ordine  religioso  detto  de'  frati  della  B.  F.  Maria  madre  di  Cristo,  confermato  da  Clem.  IV 
nel  1266  e  poi  soppresso  dal  Concilio  di  Lione  nel  1274.  Da  un  atto  del  1258,  abbiamo 
che  un  signore  cedette  tutti  i  suoi  beni  al  vescovo  di  Marsiglia  (Petit-Radel). 

Il  4  gen.  1258,  Benedetto,  seguendo  le  istruzioni  del  Papa,  concede  la  regola  di  S. 
Agostino  ai  Servi  della  B.  Vergine  Maria.  —  Il  4  apr.  1259,  Benedetto  promulga  nuovi 
statuti  per  la  chiesa  Marsigliese. 

Alessandro  FV  (24  giugno  1260)  dirige  la  bolla  Audiat  orbis  al  vescovo,  al  priore 
de'  Domenicani  e  al  guardiano  do'  FP.  Minori  di  Marsiglia,  invitandoli  di  predicare  ai  Mar- 
sigliesi la  crociata  e  di  soccorrere  in  vari  modi  il  minacciato  regno  latino  della  Siria.  Be- 
nedetto promulga  questa  bolla  il  1  agosto  dello  stesso  anno,  e  si  decide  anche  di  fare  un 
secondo  viaggio  in  Oriente.  Prima  di  lasciare  Marsiglia,  stende  una  specie  di  testamento 
(27  ag.  1260)  fondando  alcuni  annui  legati  pii,  ove  tra  gli  altri  lasciti  notiamo:  ai  Do- 
menicani 20  soldi,  ai  PP.  Minori  20  sol.,  alle  monache  di  S.  Clara  10  sol.  ecc.,  e  cosi  a 
venti  altri  istituti  della  città. 

Benedetto,  dopo  aver  scritto  questo  testamento,  subito  dovette  imbarcarsi  per  l' Oriente» 
perchè  lo  vediamo  giunto  ai  4  ott.  1260  in  Siria.  Da  lì,  mosse  egli  subito  per  la  Galilea 
alla  visita  del  forte  di  Safet.  Lo  vide,  e  ne  ammirò  la  costruzione  perfetta  con  vera  sua 
soddisfazione,  senza  che  per  allora  neppur  la  minima  ombra  di  triste  presagio  futuro  ve^ 
nisse  a  turbargli  il  cuore  in  un  opera  da  lui  giudicata  inespugnabile,  ma  che  poi,  sei  anni 
dopo,  seppe  esser  stata  tomba  di  molti  eroi,  suoi  amici  e  suoi  confratelli!  —  Omettiamo 
di  parlar  qui  di  questo  tragico  avvenimento  che  costò  la  vita  a  migliaia  di  eroi,  poiché 
ne  parleremo  altrove  sotto  l' an.  1266. 

Benedetto  in  Oriente  (ove  si  trattenne  per  circa  3  anni,  fino  al  1263)  ebbe  la  como- 
dità di  ultimare  la  sua  grande  opera  Tractatus  fidei,  e  da  11  spedire  copie  in  vari  luoghi. 
Abbiamo  quattro  sue  lettere  accompagnatorie  del  Trattato  che  il  zelante  vescovo  indirizzò 
a  vari  personaggi. 


(1)  Achery  SpicUegium  seu  coUectio  veterum  acriptorum  ed.  1*  t.  VII  p.  225;  ed  2" 
(Baluze-Martène,  Paris  1723)  t.  Ili  p.  628,  ove  ci  danno  la  data  erronea  1249. 

(2)  Sbaralea  Bullar.  t.  I  p.  653;  documento  oroesBO  dalla  Gallia  christ.  novissima.  Un 
altro  docum.  parimenti  ignoto  ai  compilatori  della  cit.  Gallia  è  de'  27  apr.  1248  che  riguarda 
la  fuga  e  carcere  di  un  tale  Maestro  di  fisica  fr.  Baìnerìo  {BuU.  cit.  t.  I  p.  512). 


SECOLO  xm.  243 


La  prima  è  dirotta:  «  Sanctissimo  in  Christo  patri  ac  reverendissimo  Domino  Alexandre  66 
[IV:  1254-61]  Dei  providentia  Pontifici  sommo,  frater  Benedictus  Dei  permissione  dictns 
episcopus  Massiliae  cum  somma  devotione,  obedientia  et  reverentia,  devota  pednm  oscola 
beatorora.  —  Cum  citra  et  ultra  mare  varios  errores  invenerimus  deviantes  ab  orthodoxae 
fidei  puritate  et  Ecclesiae  catholicae  adversantes,  nos  toio  animo  cupientes  ad  honorem 
Dni.  leso  Christi  fideles  ac  fidem  catholicam  munire  flrmiter  ac  firmare  contra  fidei  ini- 
micos  rationibos,  aoctoritatibos,  et  exemplis,  et  erroneos  cnm  sois  erroribns  radicitus  extir- 
pare,  et  qualiter  per  doctrinam,  soUicitudinem,  et  diligentiam  sanctae  sedis  apostolicae 
extirpati  et  extirpandi  sint  evidentios  declarare  ;  ideo,  prout  nobis  divina  gratia  inspiravit, 
studuimos  exponere  symbolom  constitutum  in  universali  Concilio  Lateranensi  a  bonae  me- 
moriae  papa  Innocontio  tertio  celebrato,  qnod  symbolum  incipit:  Firmiter  credimus;  in 
verbis  singulis  dicti  symboli  eliduntur,  et  quibus  erronei  innituntur  contra  fidem  et  Ec- 
clesiam  catholicam,  et  qualiter  eis  valeat  responderi,  et  qualiter  fides  catholica,  qoam  tenet 
et  docet  Sedes  apostolica,  potest  probari  rationibos,  auctoritatibus,  exemplis,  et  similitudi- 
nibus,  quibus  infideles  apertius  convincontur  et  fideles  in  fide  firmius  roborantnr.  Quia 
experti  somos,  iam  est  dio,  qood  sanctae  paternitatis  vestrae  devotio  ad  hoc  totis  viribus 
iiivigilat  ut  fides  D.  N.  I.  C.  et  catholica  Ecclesia  semper  proficiat,  et  errores  ac  erronei 
contrarii  extirpentor,  hoc  opos  sanctae  paternitatì  vestrae  daximus  destinandum,  supplì- 
cantes  ut  si  quid  vero  reprehensìbile  vel  insufficiens,  infirmitati  meae  ac  imperitiae  sanctae 
paternitatis  vestrae  pia  et  dulcis  affectio  indulgeat,  corrigat,  snppleat,  et  emendet,  nosque 
ac  gregem  nobis  commissum  in  vestris  sanctis  orationibus  et  meritis  habere  dignemini  com- 
mendatos  ».  —  Questa  lettera  non  porta  data;  ma  dalla  seguente  risulterebbe  averla  egli 
diretta  da  Acri,  alquanto  prima  della  morte  o  della  nuova  della  morte  di  Alessandro  TV 
(t  25  mag.  1261). 

La  seconda  lettera  è  diretta  a  fr.  Tomaso  Agni  domenicano,  vescovo  titolare  dì 
Betlemme  e  Legato  apostolico,  il  quale  trovavasi  allora  in  Oriente  (1):  «Sanctae  pater- 
nitati  vestrae  mittimus  tractatum  qoem  composuimus  super  erroribus  quos  citra  et  tìltta 
mare  invenimus  a  fide  catholica  aberrantes  et  ab  unitate  Sedis  apostolicae  deviantes.  Qoem 
tractatum  misimus  Domino  Papae  bonae  memoriae  Alexandro  (2),  sicut  patet  in  littera 
praecedenti,  et  postea  dirivavimus  ad  religiones  fratrum  Praedicatorum,  ei  Minonvm,  et 
Cisterciensium  et  de  poenitentia  lesu  Christi,  et  ad  alias  plures,  et  ad  archiepiscopos  et 
episcopos,  et  diversas  provincias  et  dioceses  in  partibus  transmarinis,  et  per  vos  in  istis 
partibns,  ubi  opos  incepimus,  volomus  dirivari.  Vos  aut«m  corrigatis  quae  videritis  corri- 
genda, et  faciatis  copiam  aliis  transcribendi  secundum  quod  viderilis  expedire...  Datum 
Accon  anno  Dni.  MCCLXI  in  festo  S.  Matthei  [21  sett.]  ». 

La  terza  lettera  è  diretta  al  testé  eletto  Patriarca  di  Gerusalemme,  Guglielmo  vescovo 
di  Agen,  destinato  anche  Legato  apostolico  in  Oriente  e  amministratore  di  Acri:  essa  porta 
la  data  da  Marsiglia  ai  9  agosto  1263,  e  dalla  quale  veniamo  a  sapere  che  già  il  nostro 
Benedetto  era  ritornato  dall'  Oriente.  Benedetto  gli  spedisce  copia  del  suo  Trattato  e  gli 
dice  :  «  Firmiter  credimus  qood  merito  sanctitatis  Testrae  Dirina  Providentia  vos  vocavit 
ad  porgandam  Terram  Sanctam  ab  erroribus  inndelium  et  a  spurcitiis  vitiornm  quibus 
existit,  peccatis  exigentibos,  longis  temporibus  multipliciter  prophanata.  Et  quia  optamus 
fieri  participes  tanti  meriti  ac  laboris,  etsi  malora  non  possumus  ut  vellemos,  saltem  vobis 


(1)  Cfr.  Riant  Histoire  de  V  église  de  BethUèm  p.  38-40. 

(2)  Il  papa  dunque  era  già  morto,  quando  Benedetto  indirazzava  questa  lettera  al 
vescovo  Bfìtletnitano. 


244  BIBLIOTECA 


65  offerimns  mnnas  exignnm,  sed  utile  ad  ìmpugnandnm  infìdeles  et  ad  mnniendam  fideles 
anctoritatibus,  rationibus,  et  exemplis,  con  tra  errores  qoos  invenimus  citra  et  ultra  mare 
a  pnritate  iìdei  aberrantes.  Hoc  opus  incepimus  olim  quando  primo  transfretavimus  prò 
subsidio  Terrae  Sanctae  [cioè  tra  il  1239  e  1241].  Quod  opus  misimus  Dno.  papae  Ale- 
xandre, sicut  patet  in  littera  praecedenti,  et  postea  diriravimus  ad  diversas  provincias  et 
dioceses  et  religfiones,  et  ad  dirivandum  dedimus  ven.  patri  Thomae  Dei  gratia  episcopo 
Bethlemitano  Sedis  apostolicae  legato  quando  ultimo  reversi  faimus  a  partibus  transma- 
rinis.  Yos  autem  corrigite  corrigenda  etc.  ...  Datum  Massiliae  an.  Dni  MGCLXUI  in  tì- 
gilia  S.  Laurentii  » . 

La  quarta  lettera,  con  un  esemplare  della  sua  opera,  ò  diretta  al  priore  de'  Domenicani 
di  Montpellier,  ecc.  probabilmente  in  data  della  precedente  (1). 

Benedetto  dunque  era  già  ritornato  in  Marsiglia  nell'  agosto  del  1263  ;  e  il  24  ott. 
dello  stesso  anno  lo  vediamo  convocare  un  sinodo  nella  quale  promulgò  una  sentenza  sulle 
decime.  —  In  un  documento  (e.  1265?)  troviamo  registrati  i  nomi  e  la  paga  di  sette 
giudei  al  servizio  del  vescovo  di  Marsiglia.  —  H  17  luglio  1266  instituisce  e  regola  l'officio 
dell'  elemosiniere  della  sua  chiesa.  —  D  13  marzo  1267,  riforma  e  ordina  riuovi  statuti 
per  il  decoro  del  suo  clero,  in  specie  de'  suoi  canonici,  E  questo  fu  probabilmente  l' ultimo 
atto  pubblico  di  Benedetto  ormai  vecchio  e  desideroso  di  dimettersi  dal  grave  peso  del- 
l' episcopato. 

Una  lettera  di  Clemente  lY,  data  da  Viterbo  il  23  decembre  1267,  nominava  a  suc- 
cessore di  Benedetto  il  suo  vicario  di  nome  Raimondo  di  Nimes;  in  essa  dice  il  Pontefice: 
«  Yen.  frater  noster  Benedictus  olim  episcopus  Massiliensis,  longa  supportatione  pontificalis 
sarcinae  fatigatus,  et  ad  eam  ulterins  sufferendam  sibì,  debilitate  multa  ex  languore  quo 
est  confractus,  ac  ex  senio  ad  quod  iam  devenit,  specialiter  procedente  gravato,  vires  non 
assurgere  corporeas  asseverans,  ex  zelo  quo  erga  ecclesiam  suam  commissumque  sibi  domi- 
nicum  gregem  fervebat,  elegit  humiUter  pontificaftis  officium  diiMitere,  ne  per  eius  impo- 
tentiara  vel  defectum,  ipsius  gregis  aut  ecclesiae  posset  profectibus  quomodolìbet  deperire: 
attente  postulans  cessionem  eius  a  nobis  recipi,  sibiqne  sic  lasso  quietis  locum  quem  sua 
requirebat  conditio,  benignius  indulgeri,  volenti,  praemissa  de  causa,  regimini  ecclesiae 
cedere  praolibatae.  Quam  cessionem  sponte  oblatam,  propter  multiplicis  tamen  supplicationis 
instantiam,  duximus  admittendam ;  sicque  provisione  etc*.  — Da  quel  di  il  santo  uomo, 
grafia  et  nomine  Benedictus,  ottenne  per  pochi  mesi  un  meritato  riposo  in  questa  terra, 
fino  al  dì  11  luglio  1268  giorno  del  suo  eterno  riposo,  registrato  nel  Mortuologio  ecclesiae 
Massiliensis  (2). 

2.  —  Biljliofirrafla  di  fìr.  Benedetto.  —  Tra  i  codd.  noti  che  contengono  la  grande 
opera  di  fr.  Benedetto  Tractatus  fldei,  il  principale  e  più  importante  crediamo  sia  quello 
di  Parigi  studiato  dal  Petit-Eadel.  —  Il  cod.  della  Nazionale  di  Parigi,  tra  i  mas.  latini 
n.  4224,  è  un  grosso  volume  membranaceo  in  4*  di  476  fogli,  scritto  in  due  colonne  a 
caratteri  molto  belli  e  ben  leggibili.  Ha  per  titolo  :  «  Tractatus  fidei  contra  diversos 
errores,  super  titnlum  De  summa  Trinitate  et  fide  catholica  in  decretalibus».  Nelle  ultime 
quaranta  pagine,  v'  è  dello  stesso  autore  un'  esposizione  del  Pater  e  dell'  Ave  Maria,  e 
in  calce,  a  fol.  476  v.  la  sententi^i  lata  in  synodo  super  decimas  [Massil.  24  oct.  1263]  (3). 
—  È  questo  il  ced.  illustrato  del  citato  Petit-Badel  che  qui  noi  riassumiamo: 


(1)  Tutte  e  quattro  queste  lettere  sono  in  Baluzio  MùceU.  cit.  t.  II.  p.  242. 

(2)  Gallia  christ.  noviss.  n.  301-303. 

(3)  E»  Pettt-Radel  Hist.  liUér.  cit.  p.  90,  et  Gallia  christ.  novùs.  cit.  n.  297. 


SECOLO  xra.  245 


Il  Trattato  di  Benedetto  (scrive  il  Petit-Radel)  è  nn  vasta  esposizione  della  dottrina  66 
cristiana,  ossia  un  trattato  di  teologia  prattica,  esposta  per  domande  e  risposte,  metodo 
che  lo  rende  molto  chiaro  e  intelligibile  (1).  —  Esso  è  diviso  in  tre  parti  grandi  e  ben 
distinte:  \sl  prima  parte  tratta  della  fede:  del  simbolo  degli  Apostoli,  del  mistero  della 
SS.  Trinità,  degli  angeli,  dell'  eternità  del  premio  e  della  pena  ecc.  :  argomenti  divisi  e 
suddivisi  in  numerosissimi  ma  brevi  capitoli.  La  seconda  parie  divisa  in  ben  599  capitoli, 
tratta  dell'  umana  natura  di  Cristo,  de'  suoi  attributi,  virtù  e  qualità  :  de'  misteri  dell'  in- 
carnazione e  redenzione:  delle  virtù  e  prerogative  della  B.  V.  Maria,  e  de' diversi  nomi  e 
figure  sotto  i  quali  essa  ci  viene  raffigurata  nel  Vecchio  Testamento.  In  questa  parte  sono 
enumerati  e  confutati  i  molti  errori  che  gli  eretici  insegnarono  contro  la  dottrina  di  Gesù 
Cristo;  e  Benedetto  termina  questa  seconda  parte  con  una  lunga  dissertazione,  nella  quale 
prova  che  la  riparazione  del  genere  umano  fu  assai  più  ammirabile  della  sua  creazione. 
tiSL  terga  parte,  e  ultima,  tratta  della  Chieda  e  de' Sacramenti,  suddividendo  la  materia  in 
ben  novecento  e  novanta  capitoli.  —  Ognuna  di  queste  tre  parti  è  preceduta  da  un  indica 
alfabetico  delle  materie  con  l' indicazione  de'  capitoli,  indice  redatto  in  modo  minuto  e  par- 
ticolareggiato, ciò  che  contribuisce  a  maggior  chiarezza  del  suo  metodo  particolare,  metodo 
del  tutto  opposto  a  quello  de'  Sommisti  e  commentatori  delle.  Sentenze,  e  di  cui  non  si 
ha  punto  esempio  o  traccia  nel  trattato  di  Benedetto. 

Al  seguito  di  questo  trattato,  l'  autore  stesso  vi  aggiunse  un  Compendio,  molto  cu- 
rioso e  istruttivo,  di  cui  ecco  la  forma.  Nel  mezzo  di  11  pagine  del  codice,  trascrisse  un 
simbolo  della  dottrina  cattolica,  in  ventun  brevi  colonne,  ma  in  caratteri  grandi  ;  a  destra 
e  sinistra  d'  ogni  colonna,  in  caratteri  minuti,  egli  indica  contro  quali  errori  è  diretta  ogni 
singola  parola  del  simbolo  quivi  inserito.  Ogni  parola  del  simbolo  ha  sul  margino  viciao 
una  nota  dottrinale  che  principia  Contra  ilìos  qui  ecc.,  contro  quegli  eretici  o  errori  che 
si  oppongono  alla  dottrina  espressa  nel  simbolo.  Questi  paragrafi  Contra  illos,  sorpassano 
il  numero  di  duecento,  e  il  Compendio  occupa  undici  pagine  del  manoscritto.  Nel  pream- 
bolo di  esso.  Benedetto  cosi  si  esprime  :  «  Nel  Trattato  precedente'  noi  abbiamo  fatto  co- 
noscere gli  errori  che  sono  riprovati  dal  simbolo  che  segue  :  ed  abbiamo  riportate  le  testi- 
monianze e  le  ragioni  per  le  quali  quelli  che  sono  nell'  errore  si  'sforzano  di  rimanervi. 
E  da  parte  nostra,  noi  abbiamo  esposte  autorità,  ragioni  ed  esempi,  che  ci  son  parsi  più 
confacenti  a  convincere  i  miscredenti  e  a  consolidare  i  fedeli  nella  fede  cattolica.  Ma  esso 
Trattato  parve  ad  alcuni  prolisso,  perchè,  distratti  in  altre  occupazioni,  non  hanno  il  tempo 
per  la  lettura  :  altri,  per  lo  contrario,  provando  disgusto  nella  lettura  delle  sacre  scritture, 
poco  se  ne  curano;  altri,  finalmente,  perchè  trovano  superiore  alla  loro  capacità  le  molte 
e  difficili  cose  esposte  in.  quel  Trattato.  Por  tutte  queste  ragioni,  e  perchè  colla  brevità 
da  noi  si  possa  contentar  tutti,  noi  abbiamo  compilato  questo  Compendio  ove  son  notati 
tutti  gli  errori  indicatici  da  ogni  parola  del  simbolo,  aggiungendovi  le  ragioni  per  la  forza 
delle  quali  gli  erranti  e  i  loro  errori  sono  confutati,  e  i  fedeli  conformati  nella  purità  della 
fede  e  nell'  unione  della  Chiesa  cattolica  » . 

Dopo  questo  Compendio,  segue  nel  cod.  un'  esposizione  del  Pater  noster  e  dell'  Ave 
Maria  in  quaranta  pagine,  opera  dello  stesso  fr.  Benedetto.  In  calce  del  cod.  si  ha  per 
ultimo  la  indicata  Sentenfia  super  deeimas,  pubblicata  nelle  citate  Miscellanea  del  Baluzio 
e  nella  Gallia  Christiana  novissima. 


(1)  Nel  modo  dei  catechismi  moderni:  e  se  non  erriamo,  £r.  Benedetto  sarebbe  il  primo 
tra  gli  antichi  scolastici  che  abbia  usato  il  metodo  de'  catechismi  moderni  nell'  insegnamento 
della  dottrina  cattolica,  scostandosi  cosi  dal  metodo  degli  scolastici  del  suo  tempo. 


246  BIBLIOTECA 


66  Un  altro  ms.  ò  quello  di  Roma,  bibl.  Alessandrina,  cod.  141  in  4"  picc.  del  soc.  XIII, 

in  caratteri  gotici  a  due  colonne,  colle  iniziali,  titoli  e  note  marginali  in  rosso.  Dopo  le 
lettere  dedicatorie  nel  1*  fol.,  il  Trattato  principia  al  fol.  2v.  in  rosso:  *  Incipit  Tractatus 
fidei  cantra  diversos  errores,  super  titulum  de  summa  Trinitate  et  fide  catholica,  in  de- 
cretalibus.  Quoniam  fides  est  spiritualis  aedificii  fandamentum  ...»;  e  termina  al  fol.  359: 
«si  scit  aliquem  alium  peccasse  in  aliquo  de  praedictis  ».  E  in  rosso:  «  Qui  fecit  hunc 
librum  per  saecula  sii  benedictus  (1)». 

La  seconda  opera  di  fr.  Benedetto,  che  alcuni  palestinologi  e  storici  delle  crociate 
hanno  citato  come  anonima,  ò  V  importante  libro  De  oonstruotione  castri  Saphet,  di 
cui  non  conosciamo  che  due  soli  codd.,  quello  Colbertino  n.  5129  (Parigino  lat.  n.  5510 
fol.  84-89  sec.  XIV)  edito  dal  Baluzio  (2),  e  l' altro  della  Nazionale  di  Torino  (segnato 
DXCV  1.  III.  28)  datoci  dagli  editori  del  catalogo  della  stessa  biblioteca  (3). 

A  dir  vero,  il  libro  De  constructione  castri  Saphet  non  porta  il  nome  di  fr.  Benedetto, 
e  nei  citati  codd.  esso  è  anonimo  :  anzi  di  lui  ivi  si  parla  in  terza  persona,  e  lo  si  appella 
con  lode  Episcopus  Marsiliae,  re  ac  nomine  Benedictus  (4),  parole  che  non  converebbero 
forse  sulla  penna  dell'  umile  vescovo,  se  non  vogliamo  supporle  una  giunta  dell'  amanuense. 
Del  resto,  il  tenore  di  tutto  il  libro,  in  ispecie  i  dialoghi,  il  prologo  e  la  conclusione,  ci  pa- 
lesano non  altri  esserne  1'  autore  che  lui  ;  o  per  certo  fu  lui  l' inspiratore  e  dettatore  di  chi 
per  lui  scriveva.  Il  Petit-Radel,  che  non  discute  punto  se  sia  o  no  opera  di  Benedetto,  l' attri- 
buisce senz'  altro  a  lui  ;  e  a  lui  noi  la  attribuiremo  puro,  senza  la  minima  esitazione.  Gli 
editori  del  citato  catalogo  Torinese  inclinano  a  crederla  opera  del  Vitriaco  perchè  la  trovano 
nel  medesimo  cod.  che  contiene  la  sua  Historia  Hierosolymitana,  e  perchè  vi  scorgono  lo 
stile  e  l' ideale  del  Vitriacense  ;  ma  i  dotti  scrittori  non  badarono  che  Giacomo  di  Vitry 
era  già  morto  il  1  mag.  1240  (5),  e  che  1'  opera  De  constructione  castri  Saphet  non  fu 
certo  scritta  prima  del  1260. 

Ciò  premesso,  daremo  qui  il  testo  del  cod.  Torinese,  che  è  non  solo  integro  ma  assai 
più  corretto  che  non  il  testo  del  cod.  Parigino  edito  dal  Baluzio.  In  calce  poi,  daremo 
soltanto  le  più  notabili  varianti  del  testo  Baluziano,  non  curandoci  di  notare  tutti  gli  evi- 
denti errori  dell'inesperto  copista  o  tipografo. 

De  oonstruotione  castri  Saphet. 

[Prologus]. 

Quum  sit  nostrum  fìrmum  et  salubre  propositum  in  hiis  que  sunt  ad  honorem  Dei 
semper  intendere,  ac  in  hiis  jugiter  immorari,  et  precipue  in  hiis  que  ad  oxaltationem  fidei 
et  Ecclesie,  et  que  (a)  ad  salutem  animarum,  que  ad  subsidium  Terre  Sancte,  [que]  ad  de- 


(a)  Il  testo  Baluziano:  et  quae  ad  aedificationem  proximorum,  quae  ad  salutem  etc. 


(1)  Troviamo  citati  anche  i  seguenti  codd.  Parigini  che  contengono  non  sappiamo  se 
una  parte  sola  degli  scritti  di  Benedetto,  ovvero  tutto  anche  il  Tractatus  fidei:  cod.  Col- 
bertino n.  1454  usato  dal  Baluzio,  e  cod.  Colbertino  n.  4799  (Parigino  lat.  n.  3555). 

(2)  In  cit.  Miscellanea  t.  VI  p.  357-69;  e  nell'  ediz.  2*  del  Mansi  in  t.  I  p.  228-31. 

(3)  Codices  mss.  hibliothecae  Taurinen.  (Taurini  1749)  t.  II  p.  152-58.  —  Cfr.  Rohricbt 
Bibl.  geogr.  Palaestinae  n.  154. 

(4)  E  cosi,  lui  vivente,  lo  chiamava  in  una  sua  lettera  Gerardo  di  Frachet:  *  Dei  grafia, 
re  et  nomine  Benedicto  . ..»  (Gallia  christ.  novissima  cit.  n.  296);  cosi  pure  il  citato  Salimbene: 
•  Hic  vere  fuit .  ..  grafia  et  benedictus  nomine». 

(5)  Cfr.  sopra  a  p.  3  le  nostre  notizie  sul  Vitriaco. 


SECOLO  xin.  247 


fensionem  fidelium,  qne  ad  offensionem  infidelium  cemimas  pertinere  (a),  et  pioptor  hoc    65 
castrum   Saphet  spìritualiter  (b)  et  principaliter  sit  constractam  :  qaaro   et  quando   fieri 
incepìt,  et  qnaliter  constractaiu  faerit,  proponìmns  declarare. 

Quare  et  quando,   et  qualiter  cepit  construi  castrum  Saphet. 

Qanm  igitnr  ad  sabsidinm  Terre  Sancte  venisset  raagnus  exercitus  Christianoruni,  in 
qao  erat  Rex  Navarie  (e),  Comes  Campanie,  Dox  Bargnndie,  Comes  Britanie,  Comes  Vioii- 
uensis,  et  Porensis  (d),  Comes  Montisfortis,  Comes  Baresis  (e)  et  Comes  Mariscononsis  (/'),  et 
plures  alii  Comites  et  Barones,  et  in  quo  milites  in  apparata  militari  plus  quam  M.L.  (g)  nu- 
merati fuerant,  preter  alios  quibus  non  erat  apparatus  sufficiens  militaris,  et  Balistariorum  et 
peditum,  qui  (h)  innumerabilis  multitudo,  et  venissent  apud  Joppen  et  Ascalonam,  et  deli- 
berassent  qualiter  procedere  deberent:  quidam  nobiles  de  suis  viribus  presumentes,  et  Tem- 
plariorum,  et  Hospitalariorum  et  aliorum  Religiosorum  ac  nobilium  de  terra,  consilium 
contempnentes,  de  nocte  ab  oxercitu  recesserunt;  et  quum  non  dederint  (i)  gloriam  Deo  cujus 
est  Victoria,  sed  eam  sibi  visi  sunt  usurpare  (h),  vieti  fuerunt  ignominiose,  et  plures  capti 
et  mortui,  et  exercitus  reversus  est  cum  confusione  maxima  apud  Joppen  (1).  Ubi  ad  role- 
vandum  et  mitigandum  confusionem,  deliberatum  fuit  quod  reedificaretur  castrum  Saphet, 
quia  non  poterant  ita  bonum  opus  construero  toti  terre;  et  ut  magister  Templi  opus  in- 
ciperet,  promisorunt  quod  darent  ei  ad  subsidium  construendi  Vllm.  (/)  marcharum,  et  quod 
esset  exercitus  ibi  per  duos  menses,  ut  securius  et  levius  hedificarotur.  Sed  cum  reversi 
fuissent  in  Sabulo  Accon,  obliti  sunt  promissorum,  nec  iverunt  ad  construendum,  nec  ad 
hoc  feciendum  aliquid  contulerunt.  Cum  a  facta  (w)  treuga  cum  Soldano  Damasci  Dominus 
Kex  et  exercitus  magnus  repatriasset,  Episcopus  Marsilie,  re  ac  nomine  Benedictus,  ivit 
ad  Sanctam  Mariam  de  Sardania  (n)  per  peregrinationem  (2),  cum  competenti  ducatu  dicti 
Soldani  ;  et  cum  mondato  (o)  Soldani  per  aliquot  dies  expectasset  in  Damasco,  frequenter 
veniebant  ad  eum  plures  querentes  ab  eo  si  hedifficaretur  Saphet.  Et  cum  ipse  reqnireret 
ab  eis,  quare  cum  tanta  instantia  inquirebant,  respondebant  quod  hedificato  castro  dicto 
Saphet,  Damasci  portalia  essent  clausa.  Cum  ergo  dictus  Episcopus  recessit  a  Damasco, 
consideravit  diligenter  terr?  s  usque  Saphet;  et  non  vidit  munitionem  aliquam  preter  Su- 


(a)  Bai.  :  guae  ad  confusionem  et  destructionem  infit  ^^lium  credimut  pertinere.  —  (6)  Bai.  : 
Sajihet  specialitei'  sit  constructum.  —  (e)  Bai.:  in  quo  erant  Rex  Nàvarrae...  —  (d)  Bai. : 
Comes  Nivernensis  et  Forenciae.  —  (e)  Bai.  :  Barensis.  —  (/)  Bai.  :  Masticonensis.  —  {g)  Bai.  : 
miUe  et  quingenti.  —  (Ji)  Bai.:  quasi.  —  (i)  Bai.:  et  quia  non  dederunt.  —  (k)  Bai.:  ecm  sibi 
nisi  sunt  deputare.  —  (l)  Bai.:  septem  millia  marcarum.  —  (m)  Bai.:  Cum  autem  facta 
treuga...  —  («)  Bai.:  de  Sardinia.  —  (o)  Bai.:  de  mandato. 


(1)  Il  Duca  di  Bretagna,  avendo  recata  la  guerra  sul  territorio  del  Soldano  di  Damasco, 
era  tornato  in  Acri  con  un  ricco  bottino.  Tosto  altri  Crociati  invidiosi  del  buon  esito  di 
quella  spedizione,  concepirono  il  disegno  di  assalire  Gaza.  Partiti  alla  volta  di  quel  paese, 
senza  ordine  e  precauzione  alcuna,  vennero  sorpresi  e  sconfitti  dai  saraceni.  Il  Duca  di  Bor- 
gogna che  capitanava  l'impresa,  scappò  dal  disastro,  e  se  ne  venne  in  Acri  a  piangere  la 
morte  e  la  schiavitù  di  molti  suoi  cavalieri  e  baroni.  Questo  disastro,  invece  di  riunire  i 
crociati,  accrebbe  le  loro  discordie;  vennero  separatamente  a  patti  cogli  infedeli,  e  i  Tem- 
plari ed  alcuni  capi  dell'esercito  stipularono  una  tregua  col  Soldano  di  Damasco  dal  quale 
ottennero  la  restituzione  de' luoghi  santi  (Michaud  Storia  delle  crociate,  lib.  XII  an.  1229-40). 
Questa  tregua,  ricordata  anche  dal  nostro  Benedetto,  sussegui  a  quella  di  10  anni  conchiusa 
da  Federico  II  e  che  scadeva  precisamente  entro  il  1239.  Vedi  quello  che  diciamo  a  p.  240 
sulla  tregua  del  1240.  Cfr.  Archives  de  V  Or.  Latin  t.  II  B.  p,  440.  —  Giaffa,  ove  ripara- 
rono i  suddetti  crociati  sconfitti,  era  in  potere  allora  di  Gualtiero  di  Brienne,  il  Grande, 
che  la  ebbe  da  re  Giov.  di  Brienne  suo  zio.  —  Du  Cange-Rey  FamUles  d'outre  mer  p.  347. 

(2)  e  Sardanaia,  lonzi  da  la  cita  (di  Damasco)  sete  miglia  da  Oriente  > .  Suriano  Trat- 
tato di  Terra  Santa  p.  152. 


248  BIBLIOTECA 


66  bobam  (a)  qaam  tonebat  nepos  dlcti  Soldani.  Et  cum  venisset  apod  Sapbet,  invenit  ibi  accr- 
vum  magnum  lapidum  sine  omni  edificio,  ubi  centra  fuerat  castrnm  nobile  ac  famosum  (6)  ; 
et  ibi  recepit  eam  cura  magno  gaudio  frater  Irumbardus  de  Caro  (e)  qui  erat  terre  ibidem  ca- 
stoUanus;  sed  non  habuerunt  ubi  caput  reclinarent,  nisi  garbelarias  quas  portant  servientcs 
fratrum,  ubi  faciunt  lectos  dominorum  suorura.  Cum  igitur  dictus  Episcopns  inquisiissot  di- 
ligenter  circumstantias  et  districtum  dicti  castri,  et  quare  Saraceni  hedificationem  ejus  tam 
formidarent:  et  invenisset  quod  si  illud  castrum  fierct  esset  defensio  et  securitas,  et  quasi 
scutnm  Christianornm  usque  Accon  centra  Saraccnos,  et  esset  impugnati©  fortis  ac  formi- 
dabilis,  et  facilitas  et  opportunitas  faciendi  insultus  et  discursus  in  terra  Saracenorum  usque 
Daraascum,  et  propter  hedificationem  dicti  castri  amitteret  Soldanus  multam  pecuniam  et 
magnum  succursum  (d)  in  horainibus  et  rebus  illorum  qui  essent  de  territorio  (e)  dicti 
castri:  amitteret  quoque  in  terra  sua  principalia  casalia  (f),  et  agriculturara  et  pascua,  et  alia 
consueta,  quia  non  auderent  terrara  excolere  propter  metum  dicti  castri,  unde  (g)  verteretur 
in  heremum  et  solitudinem  sua  terra,  et  itcrum  oporteret  eum  facere  multas  expensas  et 
tenere  multos  stipendiarios  prò  defensione  Damasci  ot  prò  terris  circum  adiacentibus  ;  et  bre- 
viter,  invenit  per  famam  comunem,  quod  non  esset  fortalitium  uliquod  in  terra  illa  (h)  unde 
possent  Saraceni  tantum  dampnificari,  et  Christiani  tam  adjuvari,  et  Christianitas  dilactari. 
Cum  hoc  Consilia  dictus  Episcopus  audivisset  (i),  venit  Accon;  et  cum  visitaret  Magi- 
strum  Templi  nomine  Armanum  (1),  qui  jacebat  infirmus,  quesivit  ab  eo  idem  Magister  quid 
viderat  et  audierat  apud  Damascnm.  Et  Episcopus  respondit  id  quod  videbatur  sibi  magnifì- 
centius,  quod  viderat  et  audierat  in  quanto  timore  ac  tremore  et  querendi  sollicitudine  existe- 
rent  Saraceni  super  hedificatione  castri  de  Saphet.  Et  sic  roferrendo  predicta,  cepit  persua- 
dere diligenter  et  instanter  quod  intenderent  totis  viribus  et  celeriter,  dum  tempus  habebant 
treuge  (k),  ad  illud  hedificandum.  Magister  vero  cum  suspirio  dixit:  «  Domine  Episcope,  non 
est  facilis  hedificatio  Saphet;  nonne  vos  audivistis  quod  Rex  Na varie  (i),  Dux  Burgundie, 
Comites  et  Barones  exercitus  promisorunt  quod  venirent  apud  Saphet,  ut  securius  et  citins 
hedificaretur,  et  starent  ibi  per  duos  menses,  et  darent  Vllm.  marcharum,  prò  faciendo 
hedificio,  et  tamen  unum  denarium  (w)  prò  hedificio  non  dimiserunt,  et  vos  dicitis  quod  hedi- 
ficemus  sine  subsidio  (m)  ».  Et  tune  Episcopns  dixit:  «Magister  conquiescatis  in  lecto  vostro, 
et  detis  (o)  voluntatem  vestram  bonam,  et  efficax  verbum  vestrum  fratribus,  et  ego  confido  in 
Domino,  quod  plus  facietis  de  lecto  vestro,  quam  fccerit  totus  exercitus  cum  mnltitndine  ar- 
matornm,  et  babundantia  suarum  divitiarum».  Et  cum  instaret  Episcopns,  dixerunt  majores 
qui  erant  ibi:  «  Domine  Episcopo,  vos  dixistis  quod  bonnm  vobis  videro  tur;  et  Magister  ha- 


(a)  Bai.  :  Subebeam.  Senza  dubbio  trattasi  dell'  antico  castello  detto  Sebele,  Sebebe  o  Su- 
beibe,  situato  sn  d' una  montagna,  a  mezza  lega  dalla  città  di  Balìnas,  o  Panca  (Banias  =  Cae- 
sarea  PhUippi),  al  di  la  del  Giordano;  castello  ricordato  appena  dai  Du  Gange  e  Rey  in  Far 
milles  cit.  p.  247.  Cfr.  Archives  de  V  Or.  Latin  t.  II  p.  379,  395.  —  (6)  Bai.  erronee:  invenit 
ibi  asertiumiX)  sine  aedificatione,  ubi  quondam [\)  fuerat  castrum...  —  (e)  Bai.:  Raymundus  de 
Caro,  qui  erat  tunc  ibidem  ca^tellanus  ;  personaggio  ignoto  ai  Du  Gange  e  Rey.  —  (d)  Bai.: 
succursum  et  servitium.  —  (e)  Bai.:  erronee:  de  seto{ì)  dicti  castri.  —  (/)  Bai.:  propria  ca- 
salia.  —  (^r)  Bai.:  et  inde.  —  (h)  Bai.:  quod  noìi  esset  castrum  tam  fortissimum  in  terra 
illa...  —  (»)  Bai.:  Cum  haec  et  similia  audivisset  dictus  Episcopus...  —  (le)  Bai.:  dum  habe- 
bant  treugas.  —  {l)  Bai.  :  Navarrae.  —  (m)  Bai.  erronee  :  et  tamen  unde  (!)  ad  aedificium 
non  dimiserunt.  —  (n)  BaL:  sine  suòsidio  aliquorum.  —  (o)  Bai.:  et  dicaOs. 


(1)  Armando,  o  Herman,  o  Harmaonns  de  Périgord  gran  Maestro  dell'Ordine  de' Tem- 
plari, il  quale  cadde  prigioniero  de'  Gorasmiai  nella  celebre  battaglia  di  Gaza  (18  ott.  1244), 
e,  secondo  il  continuatore  di  Guglielmo  di  Tiro  (lib.  33  e.  57),  mori  in  prigione.  —  Cfr.  Du 
Cange-Rey  FamUles  d'outre  mer  p.  886,  i  quali  sembra,  abbiano  ignorato  il  presente'  libro 
De  constntctione  castri  Saphet  donde  potevano  ricavare  tanta  storia  per  la  biografia  di  Ar- 
manno.  Di  lui  cfr.  anche  gli  Archives  de  V  Orient  Latin  t.  II  B.  p.  155;  il  quale  non  è  da 
confondersi  con  Hermann  de  Salza  (ih.  t.  I  p.  418,  t  II  B.  p.  166)  gran  Maestro  dell'  Ordine 
Teutonico^  cbe  nel  1219  combatté  sotto  Damiata.  —  Cfr.  Da  Gange  e  Re^  op.  cU.  p.  902. 


SECOLO  xm.  249 


bebit  consilium  et  respondebit  vobis».  Cum  autom  recessissct  Episcopus  a  Magistro,  vocavit    65 
€0S  qui  erant  majores  in  Consilio,  et  persuasit  eis  id  quod  (a)  dixerat  Magistro,  et  placuit  eis 
plurimum  (6),  et  dixerunt  ei,  quod  sequenti  die  venirct,  et  faceret  tantum,  quod  Magistcr 
ponoret  hoc  in  Consilio  coram  illis. 

Qualiter  Episcopus  Marsilie  persuasit  Magistro  Templi  et  ejus  Consilio  quod 
construerent  castrum  Saphet. 

Sequenti  vero  die  venit  idem  Episcopus  ad  Magistrum,  et  rogavit  illum  ut  vocaret 
Consilium  snmn,  qnod  volebat  ei  loqui  aliqua  sibi  cara:  et  cum  vonissent,  dixit  (e)  Episcopus: 
«  Domini,  ego  intellexi  quod  Religio  vestra  fuit  primo  spiritualiter  (d)  instituta  per  sanctos 
milites  qui  se  totaliter  devoverunt  ad  tuitionem  Christianorum  et  ad  impugnationem  Sara- 
cenorum;  et  quia  in  bis  (e)  se  strenue  ac  fideliter  habuerunt,  Dominus  exaltavit  et  dilatavit 
Religionem  vestram  apud  Sedem  Apostolicam  (/"),  et  apnd  Keges  et  Principes,  et  est  coram 
Deo  et  hominibus  vestra  Eeligio  hodie  plurimum  Celebris  ac  famosa:  et  quod  factum  fuit 
tunc  per  illos  sanctos  milites,  mihi  (g)  videtur  quod  per  vos  sit  siinilitor  faciendnm.  Quia  cum 
essem  apud  Damascum,  intellexi  per  plures,  quia  non  est  aliud  (h)  quod  Saraceni  tantum 
timeant,  quantum  (i)  Saphet  hedificetur;  quia  hcdificato  ilio  castro,  portale  Damasci  reputant 
esse  clausum  ;  et  nos  ipsi  vidimus  et  consideravimus  circumstantias  dirti  loci,  et  est  fama 
publica,  quod  non  potest  hedificari  castrum  vel  fortalitium  in  terra  ista,  per  quod  possit 
ita  defendi  Christianitas,  et  Saracenorum  infidelitas  impugnari,  sicut  per  castrum  Saphet. 
Propter  quod  ego,  ut  amicus  vester  fìdelis  (lì),  attendens  honorem  Dei,  sjilutem  animarum,  et 
promotionem  Religionis  vestre,  rogo,  consulo,  et  requiro,  ut  vos,  tamquam  Deo  fideles  ac 
devoti 'et  strenui  milites,  respiciatis  ad  exempla  illorum  sanctorum  priorum  militum  (l),  qui 
Eeligionem"  vestram  instituerunt,  et  exemplo  illorum  priorum  exponatis  vos  et  ve^ra  ad 
hedificationem  castri  de  Saphet,  per  quod  tanta  impugnati©  infidelium  (ni),  et  tanta  defensio 
fidelium  semper  fiat.  Ego  autom  non  liabco  pecuniara  quam  vobìs  ad  hoc  offoram  suffi- 
cientem  ;  sed  personam  offcro  ad  faciendam  ibi  peregrinationem,  si  vultis  hedificare  ;  si  autem 
nolueritis  («),  predicabq^  peregrinis,  et  vadam  ibi  hedificare  cum  eis  do  maceria,  cum  sit  ibi 
acervus  (o)  magnus  lapidum,  et  faciam  murum  in  circuitu  de  siccis  lapidibus,  ad  defensionem 
Christianorum,  et  ad  impugnationem  Saracenorum  ».  Quo  audito,  dixit  quasi  ridendo  Magister: 
«Bene  habet  in  corde  quod  fiat,(j))»;  et  Episcopus  subjunxit:  «  habeatis  et  vos  ad  hoc 
bonum  consilium,  et  Deus  sit  vobiscum  »  ;  et  sic  (q)  recessit  ab  eis.  Doniiiins  autem  direxit 
eorum  Consiltnm  et  concordaverunt  unanimiter,  quod  dictum  castrum  rchedificarctur  sino 
mora,  dnm  durabant  treugc  cum  Soldano  Damasci,  qnod  si  differeretnr,  possit  (r)  hcdifi- 
catio  de  focili  impedir!. 

De  leticia  construendi  castri  Saphet  (s). 

Qunm  antem  deliberatum  fnisset  quod  hedificaretur  Saphei;,  leticia  magna  fuit  in  domo 
Templi,  et  in  civitate  Accon,  et  in  populo  Terre  Sancte;  et  sine  mora  electa  est  militum 
servientinm,  balistariorum  et  armatorum  aliorum  laudabilis  comitiva,  et  saumagia  multa  (t) 
ad  portandum  arma  et  victualia  et  alia  necessaria,  et  aperta  sunt  granaria  et  cellaria  et 
thesauraria,  et  alie  ofEìcine  ad  faciendas  expensas  magnifice  ac  gaudenter;  et  missa  est  ibi 
multitudo  operariorum,  et  clavorum  cum  instrumentis  et  impensis  sibi  necessariis  ;  et  letata 
est  terra  in  adventu  eorum,  et  exultavit  vera  (m)  Christianitas  Terre  Sancte.  Idem  vero  Epi- 
scopus Marsilie  ibi  venit  cum  quibus  potuit  peregrinis,  et  posuit  tentoria  sua  in  parte  ubi 


(a)  Bai.:  Ulttd  quod  Episcopus  dixerat...  —  (é)  Bai.:  pienissime.  —  (e)  Bai.:  dixit  illis. 

—  (d)  Bai.:  principaliter.  —  (e)  Bai.:  in  hoc.  —  (/)  Bai.  erronee:  apud  »e(!)  et  apud  Eeges. 

—  (g)  Bai.  :  milites,  modo  videtur...  —  (A)  Bai. :  quod  non  est  aliquid.  —  (i)  Bai.  :  quantum 
quod.  —  (fc)  Bai.:  ego  vester  amicus,  vester  fidelis.  —  (l)  Bai.  mutilo  sic:  respiciatis  ad 
exempla  illorum  priorum,  et  exponatis  vos  etc.  —  (m)  Bai.  :  infidelium  semper  fiat.  —  (n)  Bai.  : 
volueritis.  —  (o)  Bai.  erronee:  cum  eis  damacia,  «m»7tfer  (!)  tòt  acervtts...  —  (p)  Bai.:  Do- 
mine, hahetis  m  corde...  —  {q)  Bai.  :  et  tunc.  —  (r)  Bai.  :  differretur,  posset  —  (s)  Bai.  : 
Quod  gaudenter  et  magnifice  ineeptum  fuit  Saphet,  et  a  quo,  et  quando.  —  {t)  Bai.  :  et  san- 
marti  multi.  E  cosi  passim.  —  (u)  Bai.:  erronee:  naturam{ì). 


250  BIBLIOTECA 


66  fuerat  Sinagoga  Jadeorum  et  Meschida  (a)  Saracenorum,  ut  per  hoc  (b)  aperte  significaret 
quod  castram  Saphet  hedificabatar  ad  depellendas  (e)  infidelitatcs  infidelinm,  et  ad  roboran- 
dam  et  defendendam  fidem  Domini  Nostri  Ihesa  Chrìsti.  Ccm  autem  parata  essent  ea  qne 
ad  incipiendoru  tam  preclarnm  opus  pertinebant,  post  celebrationera  Misse  venit  idem  Epi- 
scopas,  et  facto  brevi  sermone  ad  devotionem  assistentium  provocandam,  invocata  Spiritus 
Sancti  gratia,  cum  benedictione  et  solempnitato  debita,  posnit  primarium  (d)  lapidem  ad 
honorem  Domini  Jhesu  Christi,  et  ad  exaltationem  fidei  Christiane,  et  super  lapidem  obtulit 
cupam  unam  argenteam  deauratam,  plenam  pecunia,  in  subsidium  opcris  subsequentis,  anno 
Domini  M.CC.XLIII.  idibus  (sic!)  Decera bris  (e). 

Qualiter  inventus  est  putheus  aque  viventis  (f)  infra  castrum  Saphet. 

Et  cum  esset  ibi  defectus  aque,  et  cum  mnltis  sauraagiis,  laboribus  et  expcnsis  affere- 
retur  a  remotiore  (g),  et  Episcopus  singulis  diebus  queroret  fonticulos  ad  facienda  barquilia 
ut  aque  coUigerentur  (h),  quidam  Saracenus  senex  dixit  dispensatori  Episcopi  :  «  si  Dominns 
yester  daret  mihi  tunicam,  ego  ostenderem  sibi  fontem  aque  viventis  infra  castrum  ».  Qui 
cum  ei  tunicam  promisisset,  ostendit  ei  locum  ubi  est  modo  putheus,  super  quem  erant  ruine 
turrium  (i)  et  murorum,  et  (A;)  multi  acervi  lapidum,  et  cum  quereretur  ab  eo  iterum  signum 
certum,  dixit,  quod  in  ore  puthei  invenirent  ensem  et  capellum  de  ferro,  et  ita  inventum 
est;  et  propter  hoc  ibi  attentius  et  fortius  laboratum  est,  donec  aqua  scaturiens  optima 
inventa  est,  in  magna  habundantia  toti  castro.  Mansit  autem  ibi  dictus  Episcopus,  donec 
castrum  firmatnm  fiiit,  ita  quod  posset  se  deffendero  contra  fidei  inimicos  ;  et  cum  repa- 
triavit,  dedit  dicto  castro  tamquam  filiolo  karissimo  prelecto  (l)  omnes  equitaturas  suas, 
et  tentoria,  et  suppellectilia  (nt),  et  data  sibi  benedictione,  tradidit  operis  et  operantium  in 
custodiam  et  promotores  (n)  Domino  Jhesu  Christo,  ad  cujus  honorem  inceptum  fuit,  et  ejus 
nomini  dedicatum. 

De  mirabili  constructura  castri  Saphet  (o). 

Qnum  autem  idem  Episcopus  reversus  fuisses  ad  subsidium  Terre  Sancte  contra  Tartaros, 
anno  Domini  M.CCLXIIII.  non.(/)  Octubris(p),  et  venisset  ad  visitandum  Saphet,  invenit 
quod  ab  uno  passagio  quo  rediit  Episcopus  apud  Marsiliam  usque  ad  aliud  passagium  quo  re- 
versus [est]  apud  Saphet,  per  Dei  gratiam  et  providentiam,  et  strenuitatem  ac  magnificentiam 
fratrum  Sancte  Domus  Templi,  dictnm  castrum  cum  tanta  industria,  tanta  mirificentia,  et 
magnificentia  est  constructum,  quod  ejus  exquisita  et  excellens  constructio  non  solum  ab 
homine,  sed  facta  a  Dei  omnipotentia  potius  videatur.  Ad  quod  sciendum  est,  pleninsque  (q) 
notandum,  quod  castrum  Saphet  situm  est  inter  civitatem  Accon  et  Damascum,  quasi  in 
medio  in  superioribus  Galileo  (r)  in  qiiodam  promontorio  circumcluso  montibus  et  collibus  et 
prerumptis  precipitiis,  et  scopolis  ac  rupibus,  et  est  propter  viarum  difficultates,  arduitates 
et  angustias,  ex  magna  parte  quasi  inaccessibile  et  inexpugnabile  ;  a  parte  vero  Damasci 
quasi  prò  vallo  habet  fluvium  Jordanem  et  stagnum  Genesareth,  mare  Galilee,  ac  mare  Tybe- 
riadis,  et  hec  sunt  (s)  prò  fortalicio  naturaliter  a  remotis  ;  artificiose  vero  sunt  ibi  intus  (t) 
et  extra  munitiones  et  hedificia  admiranda.  Que  autem  et  qualia  siiit  ibi  hedificia,  que  et 


(a)  Bai.:  agota...  et  mesquida...  —  (b)  Bai.:  ut  per  hoc  innueret.  —  (e)  Bai*:  ad  debel- 
landas.  —  (d)  Bai.  :  primum.  —  (e)  Qui  evidentemente  errano  o  gli  editori  del  Catalogo 
o  il  testo  Torinese,  e  dobbiamo  attenerci  alla  lezione  del  testo  Baluziano  che  ha  invece: 
anno  Domini  MCCXL.  tertio  idus  Decembris  [11  dee.  1240];  poiché  troviamo  Benedetto 
già  ritornato  in  Francia  nell'aprile  del  1242.  Vedi  sopra  a  p.  241.  —  (/)  Bai.:  aquae 
^ivae;  e  cosi  passim.  —  Ig)  Bai.:  a  remotis.  —  (h)  Bai.:  barquilia  ubi  coUigerentur.  — 
(»)  Bai.:  rupium.  —  (fc)  Bai.:  et  ob  hoc.  —  {1}  Bai.  erronee:  filiolo  Symon  praeelecto. 
—  (ni)  Bai.:  tectoria  et  superlectUia.  —  (n)  Bai.:  operantium  custodiam  et  promotionem.  — 
(o)  BaL:  In  qua  brevitate  tempori»  tam  magnifice  »it  constructum,  et  quanta  sint  fortaliUa 
castri.  —  {p)  Corrige  :  anno  Dni.  MCCLX.  IV  Non.  Octobris  (4  ott.  1260)  come  lesse  bene  il 
Baluzio.  Benedetto  nell'  agosto  del  1263  era  di  già  ritornato  in  Francia  dal  suo  secondo  viaggio 
in  Oriente.  Vedi  sopra  a  p.  242  s.  —  (q)  Bai.  :  sciendum  plenius.  —  (r)  Bai.  :  qiMsi  in  medio 
Galileae.  —  (*)  Bai.  :  sunt  ei.  —  (t)  BaL  :  ^dem  prope  inttis. 


SECOLO  XIII.  251 


quales,  quot  [et]  quante  mnnitiones  et  fortalicia  in  soffatis,  que  habont  in  profando  rupis  VII.  65 
canas,  et  sex  in  lato  ;  que  in  muris,  qui  (a)  habent  in  altitudine  XX.  canas,  et  in  latitudine 
in  suramo  canam  et  dimidiam,  que  in  antemuralibus  et  scamis,  que  habent  in  altitudine  X. 
canas,  et  in  circuitu  CCCLXXV.,  que  in  vivo  sub  terra  profunde,  inter  antemuralia  et  fos- 
sata,  cum  crotis  in  circuitu  totius  castri  P.  CCCLXXV,  canas;  que  in  crotis,  qui  dicuntur 
fortie  coaperte,  que  sunt  super  scamas  et  subtus  antemuralibus  (6),  ubi  possunt  (e)  esse  ba- 
listarii  cum  magnis  balistis,  et  defendere  scamas,  et  alia  propinqua  et  remota,  et  non  possunt 
ab  aliis  exterius  videri:  ubi  possunt  esse  secure  sino  aliis  armaturis;  que  in  interioribus  et 
propugnaculis,  ubi  sunt  VII.  turres,  quarum  qualibet  habet  in  altitudine  XXII.  (d)  canas, 
in  latitudine  X.,  in  spissitndine  IL  in  summo;  que  in  divorsis  officinis  ad  omnes  usus  nec- 
cessarios,  que,  in  balistarum  et  qnarelorum  (e)  et  machinarum,  et  aliorum  armorum  mnltitu- 
dine,  ac  magnitudine  et  varietate  artificialium,  et  cum  quantis  laboribus  et  sumptibns  hec 
sunt  facta,  quante  cotidiane  custodie,  quanta  presidia  armatorum  ad  custodiendum  et  de- 
fendendum,  et  adversarios  impugnandum  sint  ibi  necessaria  continue,  quot  opcrarii  diver- 
sornm  operum,  que  ac  quante  expense  sint  in  hiis  cotidie  faciendo,  non  est  facile  scriptura 
vel  verbo  plenarie  explicare.  Quia  vero  (f)  tam  preclara,  tam  oximia,  tamque  cxcellentia  et 
necessaria  opera  ad  honorem  Dei,  et  ad  exaltationem  Christiani  nominis,  ad  depressionem  (^r) 
infidelium  et  ad  hedificationem  fidelium,  hec  sunt  facta  et  etiam  facienda,  non  convenit 
penitus  sub  silencio  preteriri,  sod  saltem  aliqua  ad  devotionem  ot  compassionem  fidelium 
provocandam  expedit  recitari. 

De  sumptibus  magnis  cotidie  habitis  prò  custodia  castri  Saphet  (h). 

Ad  honorem  igitur  Domini  Nostri  Jhesu  Christi,  et  ad  hostendendara  devotam  stre- 
nuitatem  et  immensam  necessitatem  sancte  Keligionis  militie  Templi,  et  ad  provocandam 
devotionem  et  compassionem,  et  ad  accendendam  caritatom  Christianorum  fidelium  erga 
dictam  Roligionem  et  dictum  castrum,  referiraus  expensas  quas  fecit  ibi  in  hedificiis  Domus 
Templi.  Nam  sicut  inquisivimus  et  inquiri  fecimus  diligenter  a  majoribus,  et  per  majores 
Domus  Templi  (i),  in  primis  duobns  annis  et  dimidio,  expendit  Domus  Templi  in  hedificando 
castro  Saphet,  preter  reditns  et  obventiones  dicti  castri,  undecies  centum  milia  bisanciorom 
Saracenorum;  et  singulis  sequentibus  annis  secundum  magis  et  minus,  XLm.  bisanciorom 
Saracenorum  ;  in  cotidianis  expensis  dantur  victualia  mille  et  septingentis  personis  et  plus  ; 
et  tempore  guere  duobos  milibus  et  ducentis.  In  stabilimento  cotidiano  castri  sunt  neces- 
sarii  L.  milites,  et  XXX.  servientes  fratres  cum  equis  et  armis,  et  L.  Turcopoli  cum  equis 
et  armis,  et  balistarii  CCC,  in  operibus  et  aliis  officiis  DCCC.  et  XX.,  et  sciavi  CCCC.  Et 
expenduntur  ibi  annuatim  secundum  magis  et  minus  plusquam  Xllm.  (h)  muli  honerati  inter 
ordeum  et  frumentum,  preter  alia  victualia  et  stipendia  que  dantur  stipendiariis  et  personis 
advonticiis,  et  preter  equos,  et  equitatnras,  et  arma  ot  alia  necessaria,  quo  non  facile  est 
computare. 

De  cxcellentia  dicti  castri  Saphet  (/). 

Ad  ostendendam  vero  excellentiam  dicti  castri,  ne  vidoatur  inutile,  onerosum  et  di- 
spendiosum,  et  insufficiens  tantum  opus,  vel  ad  habitandum  inhabile,  notandum  quod  ca- 
strum Saphet  est  amenitate  aeris  temperatum  et  sanum,  ubertate  viridariorum,  vinearum, 
arborum  et  herbamm  placidum  ac  jocundum,  fecunditate  ac  diversitato  fructuum  locuplox 
et  habundans,  ubi  crescunt  et  abundanter  fructìficant  ficus,  sicut  malagranata  et  amigdala, 
et  oliva:  cui  dedit  Dominus  de  rore  celi  et  de  pinguedine  terre  benedictionem,  et  habun- 


(a)  Bai.:  qxMe.  —  (6)  Dalla  nota  a  fino  alla  nota  h,  è  stranamente  storpiato  nel  testo 
Baluziano  cosi:  *  quae  habent  in  altitudine  viginti  canna»  et  in  latitudine  decem  cannas,  et 
in  circuitu  CCCLXXV.  quae  immensibus  {\)  terra  profunde  in  antemuralia  et  foasata  cum 
crotis  quae  durua  (!)  fosaae  coopertae  quae  super  scamas  et  sub  antemMralibus,  etc.  »  (!!).  — 
(e)  In  Bai.  manca  possimi,  come  anche  nell'  inciso  che  segue  !  —  {d)  In  Bai.  :  duodecim 
cannas.  —  (e)  Bai.:  caleriorum.  —  (/)  Bai.:  Quod  vero.  —  (g)  Bai.:  ad  offenaionem.  — 
[11)  Bai.:  Quantum  expensis  sit  constrnctum.  —  (i)  In  Bai.  deest:  Nam  ||  maiorea  Domus 
Templi.  —  (fr)  Bai.:  dttodecini  millia.  —  {1}  Bai.:  De  excellentia  et  aufficientìa  castri  Saphet. 


252  BIBLIOTECA 


66  dantiam  framenti  vini  et  olei,  legominom  et  olernm,  et  frnctanm  electornm,  lactis  et  mcllis 
copiam,  et  pascna  nntrimentis  animalium  congruentia  :  nemora,  arbores  et  arbnsta  prò  fa- 
ciendis  furnis  calcis,  et  prò  coqaendis  cibariis  copiose,  et  lapidicinas  optimas  ibidem  ad 
opera  facienda,  et  irrigua  fontìnm  ac  magna  barqnilia  ad  aqnanda  animalia  et  ad  piantata  (a) 
irriganda,  non  solam  extra  castmm  sed  etiam  intra  castrum  (b),  nbi  snnt  aqne  vive  optime 
habnndantes  (e)  et  plnres  magne  cisterne,  secnndam  qaod  snnt  necessarie  cailibet  officine. 
Sant  et  ibi  XII.  molendina  de  aqna  extra  castram,  et  infra  plarima  de  animalibas  et  de  vento, 
et  forni  safficientissimi  sicnt  decet.  Ne  aliqnid  desit  (d)  nobilitati  et  necessitati  dicti  castri, 
ibi  snnt  venationes  diversarnm  yenationnm,  et  piscationes  diversoram  pisciam  copiose  de 
flamine  Jordanis,  de  mari  Galiloe,  de  mari  Genesareth,  et  de  mari  magno  de  diversis  locis  (e) 
afferri  possunt  salsi  cotidie  ac  recentes.  Inter  alias  antera  excellentias  qnas  habet  castrom 
Saphet,  illnd  est  notabile,  qnod  per  pancos  potest  defendi,  et  secnndam  defensionem  ma- 
nitionam  saaram  (f)  maltos  potest  colligere,  nec  potest  nisi  per  maximam  moltitadinera 
obsiderì,  sed  illam  maltitadinem  dia  necessaria  non  babcre  (g),  qnia  neqae  aqaam  neqne 
Yictnalia  inreniret,  nec  multitado  maxima  posset  ibi  esse  simal  perpetue  (h),  et  si  divide- 
retar  per  loca  remota,  non  posset  se  inyicem  adjayare. 

De  utilitate  castri,  et  de  Locis  devotis  circa  positis  (i). 

Quantum  autem  sit  castrum  utile  ac  necessarìum  toti  terre  Christianorum,  et  infidelibus 
quam  nocivom,  scire  possant  per  experientiam,  qui  noverunt  qaod  ante  hedificationem  (k) 
dicti  castri,  Saraceni,  Biduini,  Coramìni  (t)  et  Turcomani  faciebant  insultns  freqnentes  usqno 
Accon  [et]  per  tcrram  aliam  Chistianorniii.  Sed  hedifìcato  castro  Saphet,  positura  [est]  repu- 
gnaculum'  et  obstaculum  ne  ad  nocendum  publice  transire  audeant  a  flumine  Jordanis  usque 
Accon,  nisi  esset  maxima  multitudo;  et  ab  Accon  usque  Saphet  yadunt  secure  honerati  sau- 
marii  (m)  et  quadrige,  et  agriculture,  et  terre  colonia  libere  ab  omnibus  exercetur  (n).  A  flu- 
mine yero  Jordanis  usque  Damascum  remanet  terra  inculta  et  quasi  yasta,  propter  raetum 
castri  Saphet.  Unde  fiunt  grandes  insultus,  et  depredationes  et  yastationes  usque  Damascum, 
et  nbi  &cte  sunt  plures  miracnlose  yictorie  per  fratres  Templi  contra  fidei  iniraicos,  quas  non 
esset  facile  recitare,  quia  inde  posset  fieri  magnus  liber.  Illnd  autem  non  est  obraittendum 
quia  (o)  ex  parte  Accon  sub  castro  Saphet  in  forti  loco  est  burgum  siye  villa  magna,  ubi  est 
mercatura  et  populi  multitado  (p),  et  potest  defendi  a  castro.  Habet  autem  castrum  Saphet 
sub  dorainio  et  districto  suo  casalia  que  in  gallico  Ville  dicuntur,  plusquam  CCLX.  in 
quibus  manet  plusquam  Xm.  (g)  hominnm,  cum  arcubus  et  sagitis,  preter  alios  ex  quibus 
haberì  potest  multa  pecunia  Inter  (r)  castrum  Saphet  et  alias  Beligiones  (s),  et  Barones  ac 
milites,  ad  quos  pertinent  dieta  casalia,  de  quibus  parum  aut  nihil  habebat  (t)  ante  hedifi- 
cationem Saphet.  Nec  haberent  hodie  nisi  castrum  esset  hedificatam,  quia  omnia  haberet 
Soldanus  et  alii  Saraceni. 

Ula  vero  ntilitas  non  est  obmittenda  que  supergreditur  nnìversas:  quod  modo 
potest  predicarì  libere,  in  omnibus  predictis  locis,  fides  Domini  nostri  Jhesu  Christi, 
et  destra!  ac  reprobar!  publice  !n  sermonibus  blasphemia  Machometi,  quod  non  poterat 
fieri  ante  constructionem  Saphet.  Neque  Saraceni  ausi  sunt  ibi  ptiblice  (u)  proclamare 
sicut  ante  &ciebant  blasphemias  Machoraeti  contra  fidera  Domini  nostri  Jhesu  Christi. 
Possant  et  modo(t;)  visitar!  loca  famosa  que  sunt  in  districtu  Saphet:  ni  cisterna  Jos^h 
ubi  fnit  venditus  a  fratrìbus  suis,  et  civi^s  Capharnaum  que  est  in  finibus  Sabulon  et 
NeptaUm,  ab!  habitavit  et  cepit  predicare,  et  operatus  est  raulta  rairacula  principaliter  (x) 

(o)  Bai.:  plaìUaria.  —  (6)  Bai. j.  «ed  etiam  infra.  Ibi  sunt  aquae...  —  (e)  Bal.i  abun- 
danter.  -^  {d)  Bai.:  Ne  quid  autem  desit.  —  (e)  Bai.:  locis  unde  pisces  afferri...  —  (/)  Bai.: 
et  sub  defensione  in  mvmtionem  suam  multos...  —  (ff)  Bai.:  sed  Ula  multitudo  diu  neces- 
saria non  haberet,  quia...  —  {h)  Bai.:  esse  prope  insimul.  —  (i)  Bai.:  De  utilitate  praedicti 
castri  Saphet.  —  (fc)  Bai.:  noverunt  quot  et  quantos  contra  aedificationem.  - —  (l)  Bai.:  Co- 
romini.  —  (m)  Bai.:  sagmarii.  —  (n)  Bai.  erronee:  et  terrai  coloni.  Ab  omnibus  exaltetur 
Deus{V.l).  —  (o)  Meglio  quod,  come  in  Bai.  —  (p)  In  Bai.  erronee  e  con  lacuna:  mercatum 
et...  instituta  (!).  —  (q)  Bai.:  decem  millia  hominum.  —  (r)  Bai.  erronee:  iutus.  —  («)  Bai.  er- 
ronee: regùmes.  —  (t)  BaL:  habebant.  —  («)  BaL:  m  pubìico.  —  (v)  Bai.:  Possunt  ibi  modo. 
•—  (x)  BaL;  pertonoMier. 


SECOLO  xm.  253 


Dominns  Jhesns  Christus,  et  obi  Petrus  solvit  tribntura  de  statere  invento  in  ore  piscis  66 
prò  se  et  prò  Domino  Ihesu  Christo:  Mat.  XVII;  et  ubi  Matheus  sedebat  ad  theloneura,  de 
quo  sumptus  est  ad  Apostolatum.  Item  ibi  prope  in  monte  (a)  versus  Tyheriadem  est  locns 
ubi  de  quinque  panibus  ordeacis  et  dnobus  piscibus  saciavit  Dominus  Vm.  hominum,  de 
qnibus  superfaerunt  XII.  cophani  (6)  fragmentorum.  Et  est  ibi  prope  locus  ubi  post  resu- 
rectioneni  manifestavit  se  Jhesus  discipuìis  suis,  et  comedi!  cum  eis,  secundum  quod  legitnr 
in  "Evangelio  feria  IIII.  post  Pascba,  et  ille  locus  dicitur  vulgariter  mensa  Domini,  ubi 
est  ecclesia,  et  peregrinatio  solempnis.  Item  ibi  prope  juxta  mare  Tjberiadis  est  casale 
quod  dicitur  JBethsaida,  ubi  nati  fuerunt  Petrus  et  Andreas,  Philippus  et  Jacopus  minor, 
et  ubi  Chri'stus  elegit  ad  Apostolatum  Petrum  et  Andream,  et  duos  filios  Zebedei.  Item 
ibi  prope  juxta  mare  Tyberiadis  versus  Tabariam  est  locus  qui  dicitar  Magdalon,  ubi  di- 
citur nata  fuìsse  Magdalena.  Loca  etiam  solempniora  sunt  Nazareth,  Mons  Tahor,  Cana 
Galike,  et  alia  plurima,  propter  constructionem  castri  Saphet  possunt  liberius  et  securius 
visitari.  Et  propter  hoc  potest  scirì  quantum  minuitur  et  subtrahitur  infidelibus  Saracenis, 
et  quantum  accrescit  et  additur  Christianitati  propter  constructionem  et  stabilimentum  castri 
Saphet,  quod  factum  est  ad  amplificandum  et  debilitandum  et  reprimendum  infìdeles,  et 
ad  dilatandum,  multiplicandum  et  confortandum  fideles.  Ad  honorem  Domini  Nostri  Jhesu 
Christi,  et  ad  exaltationem  Ecclesie  Sancte  Dei  amen.  Explicit  liber  Saphet  (e). 

1261  S.  —  Fr.  Paolo  de'  Conti  di  Segni,  Vescovo  di  TripoU  in  Siria  a261-86): 
Cernii  biogrrafici. 

Di  frate  Paolo  vescovo  di   Tripoli,   discendente   dalla   nobilissima   famiglia   romana    66 
de'  Conti  di  Segni,  e  pronipote  d' Innocenzo  in,  appena  si  ha  memoria  nei  nostri  Annali. 
Di  lui  abbiamo  raccolto  queste  poche  notizie  : 

Dal  Conte  Biccardo  Duca  di  Sora  (fratello  di  papa  Innocenzo  III),  sorti  Paolo  l 
Conte  di  Segni  e  proconsolo  Eomano,  che  sposò  Filippa  Galarda  o  Gagliarda.  Questi  fa- 
rono  i  genitori  del  nostro  fr.  Paolo  vescovo  di  Tripoli,  e  di  Lucia  che  andò  sposa  nel  1235 
a  Boemondo  V  principe  di  Antiochia  (1233-51).  Il  figlio  di  costoro,  Boemondo  VI,  prin- 
cipe di  Antiochia  e  di  Tripoli  (1251-1275  mag.  11  f),  vide  cadere  Antiochia  in  potere 
di  Bibars  (il  18  mag.  1268):  e  Boemondo  VII  (figlio  di  Boemondo  VI)  mori  senza  lasciare 
posteri,  nel  1287  (1). 

Pr.  Paolo,  secondo  l'Eubel,  ebbe  il  vescovato  di  Tripoli  l'il  ott.  1261,  e  tenne  questa 
sede  (da  essa  spesso  assente)  fino  alla  morte  1285  (2).  Nel  1263  lo  troviamo  partito  per 
Tripoli,  come  risulta  da  una  lettera  papale  compendiata  dal  citato  Eubel: 

«  Panlns  (Ord.  Min.  episcop.  Tripolitanus,  sedit  11  oct.  1261)  de  comitibus  Signiae, 
Panli  Anagnini  proconsulis  Bomani  filins  —  «  proxima  consanguinitate  conjunctus  cum 
Nicolao  filio  J.  de  Polo  comitis  viri  (=  mariti)  Sarraconae,  sororis  quondam  Ioannis  Pra- 
iapanis  »  —  cui  ad  ecclesiam  suam  personaliter  se  conferre  desideranti,  Urbanus  IV  an. 
1263  Mali  26  indulsit,  ut  Boemundnm  principem  Antiochenum  et  comitem  Tripolitanum, 


(a)  Bai.:  Item  tòt  in  monte  prope  versus  Tyberiadim.  —  (ò)  Bai.:  cophini  pieni.  —  (e)  In 
Bai.  termina  cosi:  quod  fcustum  est  ad  damnificandum,  et  destituendum,  et  reprimendum  infi- 
deles,  et  ad  delectandvm,  multiplicandum  et  confortandum  fideles,  ad  honorem  D.  N.  J.  Ch. 
et  ad  exaltationem  Ecclesiae  et  sanctae  fidei  chriatianae. 


(1)  Cfif.  Bevue  de  V  Orieni  Latin  t.  IV  p.  399,  405-6.  —  Du  Gange-Bey  FamUles  d' outre 
mer  p.  205-210,  485  s.  —  Secondo  alcuni  Antiochia  cadde  il  16  maggio,  aeconda  altri  il 
17,  il  19  e  29  maggio!  Cfr.  Archives  de  l'Or.  Latin  t.  II  p.  391  n.  109. 

(2)  Hierarchia  cath.  medii  aevi  t.  I  p.  526. 


254  BIBLIOTECA 


QQ  iiepotem  sunrn,  ab  epìscopo  Bethlecmitano  et  apost.  Sedis  legato  oxcommunicatum,  lite  pen- 
dente, neqoaqnam  vitare  deboret(l)». 

Il  vescovo  di  Betlemme  aveva  scomunicato  tutti  coloro,  .che  commerciavano  o  rice- 
vevano i  Tartari;  cosi  la  scomunica  aveva  colpito  anche  Boemondo  VI  che  non  poteva 
astenersi  dal  commerciare  coi  Tartari  vicinissimi  ai  suoi  stati.  Questi  perciò  appellò  alla 
S.  Sede,  e  pendente  l'appello  fr.  Paolo  ebbe  licenza  dal  Papa  di  trattare  e  comunicare 
col  nipote  (2).  Nel  1274,  lo  troviamo  nel  concilio  di  Lione,  a  fianco  de' due  celebri  Mi- 
noriti Rigaldo  arciv.  Rotomagense  e  S.  Bonaventura  che  vi  presiedeva  per  ordine  del 
Papa  (3). 

Dopo  il  concilio,  fr.  Paolo  ritornò  alla  sua  sede  di  Tripoli  ;  ove,  non  dal  nipote  Boe- 
mondo VI  che  mori  li  11  maggio  1275,  ma  dal  pronipote  Boemondo  VII,  ebbe  a  soffrire 
non  poche  contrarietà  per  certi  attriti  politici,  e  per  fino  fu  costretto  ad  esulare  dalla 
sua  sede,  circa  il  1278,  come  saviamente  congetturò  il  Eaynaldo  (4).  Boemondo  VII,  pre- 
vedendo forse  che  la  S.  Sede  non  avrebbe  lasciato  di  prenderne  le  difese  (come  in  fatti  le 
prese,  in  favore  del  vescovo  persf^guitato),  firmò  una  carta  nella  quale  dichiara  solenne- 
mente di  rimettere  tutto  le  sue  divergenze  con  fr.  Paolo  all'arbitrato  de' comuni  amici 
Roggero  di  S.  Severino  Conte  di  Marsico  e  di  Nicolò  de  Lorgne  gran  Maestro  degli  Ospe- 
dalieri: la  lettera  porta  la  data  18  sett.  1278  (5).  —  Intanto,  fr.  Paolo  che  si  era  por- 
tato a  Roma,  espose  la  gravità  del  caso  a  Nicolò  III,  il  quale  mandò  in  proposito  severe 
lettere  a  Boemondo  VII  con  data  del  1  giugno  1279  (6).  Da  quest'epoca  fino  alla  sua 
morte  (1285),  non  sappiamo  se  fr.  Paolo  sia  più  ritornato  in  Oriente;  lo  troviamo  invece 
nella  curia  del  Papa,  e  più  volte  legato  dalla  S.  Sede  por  seri  negozi  presso  i  principi 
d'Europa,  come  presso  Rodolfo  d'Austria  re  de' Romani,  con  lettere  de'  7  di  giugno  1279  (7). 
La  città  di  Tripoli  il  26  aprile  1288  (o  meglio  1289  secondo  Aitone)  cadeva  per  sempre 
in  mano  dei  Saraceni  (8). 

1263  S.  —  Pr.  Simone  d' Auvergne,  e  compagni  tr.  Pietro  de  Moras,  fr. 
Pietro  di  Orest,  tr.  Bonifacio  d'Ivrea,  nunzi  di  Urbano  IV  a  Michele  Pa- 
leologo  imp.  di  C.poli  1263.  —  Ciii  segruono  altri  due  niinzi  tr.  Gherardo 
da  Prato  e  fr.  Bainerio  da  Siena  nel  1264. 

67  Alessio  Stratigopulo  toglieva  C.poli  ai  Latini  il  25  luglio  1261,  e  Michele  Paleologo, 

lasciata  l'Asia,  vi  faceva  il  solenne  ingresso  ai  14  del  seguente  agosto.  Balduino  II  e  il 
patriarca  latino  Pantaleo  Giustiniani,  ebbero  appena  tempo  di  mettersi  in  salvo  e  riparare 


(1)  HiefUrchia  loc.  cit. 

(2)  Cfr.  Pauli  Codice  Diplomatico  t.  I  p.  198,  536. 

(3)  Cfr.  Wadd.  an.  cit.  n.  11.  —  Armi,  frane,  t.  II  p.  85;  t.  HI  p.  353.  —  Sbarai.  BuUar. 
t.  Ili  index. 

(4)  Annal.  an.  1278  n.  81.  —  L'  Eubel  {Hierarck.  cit.  I.  526)  cadde  in  una  svista,  attri- 
buendo a  Boemondo  VI  l'espulsione  di  fr.  Paolo  dalla  sede  di  Tripoli;  la  lettera  eh' ei  cita 
di  Nicolò  III  (1  iurl.  1279)  non  poteva  riguardare  che  Boemondo  VII,  figlio  di  Boem.  VI 
morto  nel  1275. 

(5)  Vedi  il  docum.  nel  cit.  Codice  Diplom.  del  Paulì. 

(6)  Sono  in  Sbaral.  Bidlar.  t.  Ili  p.  394-96:  Ad  audientiam. 

(7)  Cfr.  Sbaral.  Bullar.  t.  Ili  p.  397,  437. 

(8)  Du  Cange-Rey  op.  cit.  p.  488. 


SECOLO  xm.  255 


in  Italia  (1).  Il  Ginstiniani,  prima  di  fnggire  da  C.poli,  vi  aveva  lasciato  suo  vicario  pa-  67 
triarcale  un  tale  Minorità  di  nome  fr.  Antonio,  confermato  più  tardi  (31  ott.  1263)  nella 
stessa  carica  da  Urbano  IV,  con  divieto  ai  Superiori  dell'  Ordine  di  disturbarlo  da  un  tale 
ufficio  (2).  Il  Paleologo,  che  doveva  ancor  temere  lo  spodestato  Balduino  e  l' ambizione  del 
re  Carlo  di  Napoli,  rispettò  le  proprietà  che  ì  Latini  avevano  entro  Bizanzio  e  lasciò  loro 
una  certa  libertà  (3)  ;  anzi  si  affrettò  d' inviare  suoi  legati  al  Papa  per  placarlo,  e  disar- 
marlo per  avventura  con  i  soliti  voti  di  un'unione  delle  due  Chiese.  Ebbe  però  l'impru- 
denza, 0  impudenza,  di  scegliere  per  suoi  legati  due  officiali  già  stati  sottosegretarii,  e  tra- 
ditori di  Balduino  II,  uno  detto  Niceforizza  e  l'altro  Alubarde  o  Aluvarde.  Il  primo  cadde 
nelle  mani  probabilmente  de' partigiani  di  Balduino,  e  fu,  dice  il  Pachymero,  se  dice  il 
vero,  scorticato  vivo;  l' Alubarde  invece  riuscì  a  salvar  la  pelle  colla  fuga  (4).  Ciò  non 
pertanto,  il  Paleologo  inviò  tre  altri  suoi  legati  al  Papa  nel  1262;  tra  i  quali  notiamo 
un  monaco  di  nome  Massimo  Alufardo,  che  forse  sarà  lo  stesso  che  l' Aluvarde  suddetto, 
pria  salvatosi  colla  foga.  Urbano  risponde  al  Paleologo  con  tutta  amorevolezza  e  gli  pro- 
mette r  invio  di  suoi  nunzi  (5). 

L'anno  seguente  (1263),  Urbano  potè  appena  destinare  i  summentovati  primi  quattro 
nunzi  Minoriti,  presentatigli  da  S.  Bonaventura.  I  quali,  muniti  con  lettere  datate  dal  28  dì 
luglio  al  1  agosto  1263  (6),  non  sembra  siano  tosto  arrivati  a  C.poli,  poiché  entro  il  1264 
vediamo  arrivato  in  Italia  Nicolò  vescovo  di  Cotrone  in  Calabria,  nuovo  legato  del  Paleo- 
logo (7)  che  sollecitava  la  desiata  unione  e  l' invio  dei  nunzi  del  Papa,  nel  momento  forse 
in  cui  i  quattro  Minoriti  giungevano  a  Costantinopoli.  Urbano  IV  con  sollecitudine  risponde 
al  Paleologo  con  lunghe  lettere  Mediator  Dei  in  data  de'  22  giugno  1264,  rimandandogli 
il  vescovo  Nicolò  in  compagnia  di  due  altri  apocrìsarii  Minoriti,  cioè  frate  Gerardo  da 
Prato  (8)  e  frate  Bainerio  da  Siena  (9).  In  queste  lettere  il  Papa  suppone  già  arrivati  a 
C.poli  i  quattro  primi  nunzi;  e  nel  caso  questi  fossero  già  di  ritorno,  gli  rimanda  per 
conchiudere  le  trattative  i  detti  Nicolò  e  ì  due  nuovi  nunzi  Minoriti,  assai  lodati  dal  pon- 
tefice. 

Poco  dopo  la  partenza  de'  due  nunzi  Gerardo  e  Bainerio  per  C.poli,  Urbano  IV  mo- 
riva ai  2  ott.  dello  stesso  anno  1264;  cui,  pochi  mesi  dopo,  succedeva  Clemente  IV  (9  fdb. 
1265-29  nov.  1268  t). 


(1)  Belin  Histoire  de  la  latinité  de  C.pU.  ed.  2*.  1894,  p.  87  s. 

(2)  Sbaral.  Btdlar.  t.  II  p.  524  n.  103.  —  Probabilmente  crede  lo  Sbaralea  che  questo 
fr.  Antonio  sia  quello  de  Regio  di  cui  in  Bullar.  t.  Ili  p.  195  n.  15. 

(3)  Pachymero  De  Mich.  Palaeol.  1.  2  ce.  32,  35  (Migne  P.  G.  t.  143). 

(4)  Pachymero  qp.  dt.  1.  2  e.  36. 

(5)  Cfip.  Wadding  an.  1262  n.  1-2.  —  Sbarai,  Bullar.  t.  II  p.  449. 

(6)  Wadding  an.  1263  n.  1-6.  —  Sbaral.  loe.  cit.  p.  486-96. 

(7)  Le  sue  lettere  portate  da  Nicolò  e  pubblicate  dal  Waddingo  (1264  n.  1),  non  ricor- 
dano punto  r  arrivo  a  C.poli  dei  quattro  nunzi  Simone  e  compagni  ;  non  erano  quindi  ancor 
arrivati  a  destinazione. 

(8)  Quegli  che  più  tardi,  nel  1278,  fu  con  altri  frati  legato  ai  Tartari.  Suoi  cenni  bio- 
cronologici  vedi  in  Atml.  frane,  t.  Ili  p.  376  nota  2  ;  e  nella  prefìiz.  al  BrevUoqitium  super 
libros  Sententiarum  fr.  Gerardi  de  Prato  edito  dal  P.  Marcellino  da  Civezza  (Prato  1882) 
p.  53-61. 

(9)  Wadding  an.  1264  n.  2.  —  Sbaral.  Bullar.  t.  Il  p.  564;  e  ibid.  p.  567  not.  d,  fr.  Bai- 
nerio è  creduto  membro  de'  nobili  Piccolomini  di  Siena,  stato  Ministro  Provinciale  della  Ro- 
mana e  della  Toscana. 


256  BIBLIOTECA 


67  Alcuni   fecero   dire  al   Waddingo  che  i  quattro  primi  nunzi,  fr.  Simone  e  compagni, 

penarono  tre  anni  nella  corte  Bizantina,  senza  conchiuder  nulla.  Ma  di  questi  pretesi  tre 
anni  di  nunziatura  non  troviamo  cenno  alcuno  né  nel  Waddingo  né  nei  documenti  noti; 
invece  tre  anni  dopo,  cioè  nel  1267,  vediamo  riattivate  le  trattative  tra  Bizanzio  e  Eoma, 
e  nuovi  legati  dell'  imperatore  greco  giungere  a  Viterbo  presso  il  pontefice  Clemente  IV  (1). 
Nella  lettera  che  il  Papa  diede  per  risposta  all'imperatore,  datata  da  Viterbo  il  4  di  marzo 
1267,  gli  ricorda  i  predetti  4  nunzi,  fr.  Simone  e  compagni,  inviatigli  dal  suo  predecessore 
Urbano,  i  quali  (dice)  «  aliquandiu  (2)  in  tua  Curia  commorati,  cum  non  possent  ad 
plenum  assequi  quod  volebant,  volentes  tandem  obtinere  quod  poterant,  in  quamdam  tecum, 
ut  dicitur,  convenere  scripturam,  certos  articnlos  continentera.  Magnitudini  tuae  bona  fide 
spondentes,  se  apud  dictara  Sedem  instituros,  quantum  esset  in  eis,  ut  scripturam  huius- 
modi  Sedes  eadem  acceptaret».  Segue  il  Pontefice  lagnandosi  coli' imperatore  che  i  suoi 
ambasciatori  greci  testé  arrivati,  pretendevano  (senza  esser  autorizzati  da  lettere  imperiali 
e  senza  ragione)  che  la  S.  Sede  confermasse  la  detta  scrittura  già  accettata  con  le  debite 
riserve  dai  suoi  quattro  nunzi.  Indi  egregiamente  scolpa  i  suoi  nunzi  che  l'accettarono,  e 
nega  di  volerla  sancire. 

Che  cosa  conteneva  la  scrittura  accettata  con  riserva  dai  4  nunzi?  Il  testo  non  Io 
conosciamo  ;  ma  dal  tenore  della  lettera  di  Clemente  IV  sappiamo  1",  che  i  Greci  tra  le  altre 
cose,  pretendevano  di  trattare  l'afEare  del  dogma  e  dell'unione  in  un  concilio  da  tenersi 
in  Grecia  (3);  e  in  2*  luogo,  Ohe  la  professione  di  fede  in  essa  scrittura  contenuta  non 
era  chiara,  ma  ambigua:  in  fatti,  il  Pontefice  dice  all'imperatore: 

«  Nos  quoque  petitionem  a  praefatis  tois  Apocrisariis  super  ipsius  scripturae,  inspecto 
tenore,  cum  nonnulla,  quae  continentur  in  ea,  nec  accommoda,  nec  utilia,  immo  dispen- 
diosa, et  damnosa  potius  tanto  et  tali  n^gotio  [unionis]  reputemus,  de  praedictorum  fra- 
trum  nostrornm  Consilio,  einsdem  negotii  qualitate  pensata,  non  duximus  admittendam; 
praesertim  cum  ipsi  tui  Apocrisarii  ad  roborandam  eamdem,  prò  te  tuique  imperii  clero 
vel  populo  nullum,  ut  praemisimus,  mandatum  vel  potestatem  haberent,  nec  tu  de  peti- 
tione  praemissa  tnis  aliquid  litteris  duxeris  ìnserendum  ;  immo  ab  eadem  scriptura,  utpote 
de  cuius  corroboratione  iam  elapso  fere  triennio  non  curasti,  nec  per  nostros  Apocrisarios, 
post  superius  nominatos  novissime  ad  te  missos  (4),  qui  apud  te  moram  diutius  contraxe- 
runt,  nobis  misisti  aliquid  verbo  vel  scripto,  recessisse  verisimiliter  credi  posses,  quam- 
quam et  alias  non  fnisset  a  nobis  eadem  petitio  admittenda...  » .  —  Questa  petizione  infatti 
consisteva  nella  pretesa  di  tener  un  concilio  in  Gr«cia:  «  Licet  in  praefata  scripUtra  de 
convocatione  Concila  ageretur,  et  licet  tu  per  tuas  pràéfatas  litteras  Concilinm  in  terra  tua 
convocar!  petieris,  Nos  tamen  nullo  modo  proponimus  Concilium  ad  discussionem,  seu  defi- 
nitionem  huiusmodi  convocare...».  —  Riguardo  poi  alla  professione  di  fede,  compresa  nello 
scritto,  il  Pontefice  dice  all'imperatore:  —  «In  eis  etenim  quae  sunt  fide!,  et  veritatem 
respicinnt,  sine  qua  salus  esse  non  potest,  explicite  non  sub  involttcro  est-  agendum...  »; 
e  perciò  gli  manda  una  professione  di  fede  chiara  e  precisa  che  vuole  da  lui  e  dal  suo 


(1)  Vedi  r  originale  greco  delle  lettere  del  Paleologo  al  Papa  nel  periodico  romano  il 
Bessarùme,  Anno  IV  p.  48. 

(2)  Cioè  alqtianto  tempo,  e  non  già  per  tre  anni,  come  scrissero  alcuni  basandosi  sem- 
plicemente sull'  intervallo  di  tempo  che  vi  corre  tra  il  1264-67. 

(3)  Cfr.  Sbaralea  in  Buttar,  t.  ITI  p.  113  nota  a,  e  p.  116. 

(4)  Cioè  i  frati  Gerardo  da  Prato  e  Rainerio  da  Siena  su  mentovati.  —  Da  questo  passo 
risulta  che  i  quattro  primi  nunzi  Minoriti  non  si  erano  trovati  insieme  a  C.poli  con  questi 
due;  quelli  quattro  aliquandiu,  e  questi  due  diutius  si  trattennero  in  quella  capitale. 


SECOLO  xm.  257 


clero  professata.  In  ultimo  gli  promette  d'inviargli  suoi  nunzi  che  potranno  illuminarlo;    67 
e  intanto  attenderà  gli  apocrisari  imperiali,  dopo  l' arrivo  de'  quali,  e  dopo  abbracciata  la 
professione  di  fede,  potrà  ad  caritatis  vinculum  rohorandum  convocarsi  un  concilio  ove 
crederà  meglio  la  S.  Sede  (1). 

Cinque  anni  tardò  il  Paleoìogo  per  rispondere  alla  S.  Sede!  Ma  vedremo  che  final- 
mente egli  assenti  a  quanto  chiedeva  nelle  sue  lettere  papa  Clemente  IV,  inviando  nel 
1272  al  suo  successore  Gregorio  X  il  Minorità  greco  fr.  Giovanni  Parastron,  quegli  che 
felicemente  con  fr.  Girolamo  d' Ascoli  e  compagni,  riuscirono  a  fer  conchiudere  l' accordo 
nel  famoso  concilio  di  Lione  (1274). 

Ora  torniamo  brevemente  ai  mentovati  4  nunzi,  fr.  Simone  e  compagni.  —  Molti  storici 
della  Chiesa,  tra  i  quali  il  Eaynaldo,  il  Eohrbachcr  ed  altri,  li  accusano  essi  di  aver  ec- 
ceduto nel  loro  mandato  e  di  aver  oltrepassato  i  limiti  delle  loro  facoltà  col  accettare  che 
fecero  la  scrittura  o  petizione  del  Paleoìogo.  Anzi,  con  lo  stesso  criterio  de'  dotti  accusa- 
tori, potremmo  aggiunger  noi  una  più  grave  accusa,  e  incolpare  i  nunzi  di  aver  essi  ac- 
cettata anche  una  professione  di  fede  greca,  oscura  ed  equìvoca  !  Se  non  che,  in  mancanza 
del  testo  accettato  dai  nunzi,  è  vago  ogni  giudizio  in  proposito  ;  e  non  è  possibile  supporre 
che  un  S.  Bonaventura  abbia  presentati  al  Papa  per  la  nunziatura  religiosi  cotanto  ingenui 
da  accontentarsi  di  una  formula  di  fede  dubbia  e  non  chiara.  In  quanto  poi  all'  accusa  in 
materia  politica,  cioè  di  aver  essi  oltrepassato  i  limiti  delle  loro  facoltà,  1'  accusa  è  più 
che  vaga,  e  del  tutto  insussistente  per  chi  abbia  letta  anche  superficialmente  la  ricordata 
lettera  di  Clemente  IV  diretta  al  Paleoìogo;  ove  il  Pontefice  conchiude:  «  Videat  itaque  tua 
Sublimitas,  quam  pure,  quam  liquide  dicti  fratres  apocrisari!  Sedis  eiusdem  suae  potestatis 
et  ministeri!  reservarunt  seriem  et  fines,  seu  terminos  expresserunt  etc.  (2)...». 

In  ultimo  dovremmo  dire  qualche  cosa  del  ricordato  Nicolò  vescovo  di  Cotrone  in 
Calabria,  legato  del  Paleoìogo  al  Papa  nel  1264,  e  che  noi  sospettiamo  Minorità.  —  Ap^ 
partenne  egli  o  no  air(Vdine  de'  Minori?  La  cosa  è  molto  dubbia  secondo  l'Eobel  (3);  che 
poca  probabilità  se  ne  i  vrebbe  da  ciò  che  egli  è  detto  Mctgister,  titolo  comune  ai  maestri 
0  dottori  di  teologia  neìl' Ordine,  e  per  averlo  Innocenzo  IV  inalzato  (2  sett.  1254)  alla 
sede  di  Cotrone  per  opera  di  fr.  Giov.  d'  Aversa  Ministro  provinciale  de'  PF.  Minori  in 
Calabria.  Il  Pontefice  scrive  al  Ministro  fr.  Giovanni  :  «...  discretioni  tuae,  per  apostolica 


(1)  Sì  è  detto  che,  dopo  il  ritomo  da  C.poli  de'  quattro  nunzi  francescani,  Clemente  IV 
avesse  inviati  colà  altri  nunzi  appartenenti  all'  Ordine  de'  Predicatori,  i  quali  pure  non  avreb- 
bero conchiuso  nulla  (Cfr.  Civezza  Storia  deUe  Missioni  t.  II  p.  89).  Vi  sono  infatti  lettere 
di  papa  Clemente  Quantum  et  quoties,  date  il  9  di  giugno  1267  e  dirette  al  Ministro  Gen. 
de' Domenicani,  al  quale  chiede  tre  de' suoi  religiosi  per  inviarli  a  C.poli;  questi  però  non 
partirono,  per  la  ragione  che  gli  apocrisari  greci  aspettati  dal  Papa  mancarono  di  venire, 
e  il  legato  dell'  imperatore  greco  (fr.  Giov.  Parastron  Minorità)  si  fece  aspettare  sino  al  1272, 
al  tempo  di  papa  Gregorio  X.  Tanto  risulta  dalle  lettere  di  questo  pontefice,  Qui  misera^ 
tione  (24  ott.  1272),  dirette  al  Paleoìogo,  cui  notifica  aver  Egli  proclamato  un  concilio  a 
Lione  pel  1274,  ove  infatti  vedremo  conchiusa  finalmente  l'effimera  unione  delle  due  Chiese 
per  opera  di  altri  nunzi  francescani,  come  diremo  a  suo  luogo.  —  Cfr.  Sbaral.  Buttar,  t.  Ili 
p.  116  nota  a,  e  p.  187. 

(2)  Cfr.  anche  Civezza.  Storia  di.  1  II  e  2:  ove  però  l'egregio  Padre  tralasciò- di  par- 
larci della  successiva  nunziatura  dei  due  Minoriti  firati  Gerardo  e  Rainerio. 

(3)  In  Buttar,  t.  V  p.  607  n.  42,  e  in  Bom.  Q^artal.  IV  p.  195  n.  39,  ove  però  per  ab- 
baglio lo  chiama  Giovanni  invece  di  Nicolò;  ma  nella  Hierarchia  medU  aevi  L  221,  gli  d& 
il  vero  nome  di  Nicolò. 

BiiìM.  ->  Tom.  L  17 


258  BIBLIOTECA 


67  scripta  mandamns  dilectnm  filinm  magistrum  Kicolanm  de  Darachio  Camerae  nostrae  cle- 
ricum,  in  latina  et  graeca  lingua  peritura,  virom  utique  litteratum,  providum  et  discretnm, 
ac  in  spiritnalìbns  et  temporalibas  circnmspectnm,  eidem  ecclesiae  (Cotroncnsi)  aactoritate 
nostra  in  episcopnm  praeficias  et  pastorem  :  amoto  exinde  Manro  presbytero  qui  prò  ipsias 
electo  se  gerit,  et  per  saecalarem  potentiam  se  in  illa  procnravit  intrudi. ..  (1)  »,  La  ca- 
rica di  clericus  camerae  apostoUcae  non  osterebbe,  ma  non  abbiamo  altre  prove  per  dirlo 
Minorità. 

Non  si  sa  per  quanto  tempo  Nicolò  abbia  tenuto  la  sede  di  Cotrone.  Nel  1264  lo 
vediamo  arrivare  da  C.poli,  legato  dell'  imp.  Paleologo  presso  papa  Urbano  IV,  assai  lo- 
dato da  ambidne.  È  quindi  rimandato  a  C.poli  coi  due  ricordati  nunzi  Minoriti  fr.  Gerardo 
da  Prato  e  fr.  Bainerìo  da  Siena  (2).  —  Nei  primi  mesi  del  1267  il  Paleologo  scrivendo 
a  Clemente  IV  per  riattivare  le  trattative  dell'  unione,  gli  ricorda  la  missione  di  Nicolò 
presso  Alessandro  IV  suo  predecessore,  dal  quale  ebbe  lettere  «  per  sanctissimum  episcopum 
Cotronae  dominum  Nicolaum  virum  summa  reverentia  et  aequitate  praeditum,  et  propter 
magnam  doctrinam  prudentiamque  celebratum  (3)  ».  —  Troviamo  ricordato  il  vescovo  Nicolò 
nella  storia  del  greco  Pachymero,  là  ove  ci  ricorda  che  il  Paleologo  le  più  volte  usava  per 
suoi  ambasciatori  al  Papa  e  eius  generis  hominum,  quos  latini  Frerios  vocant,  quasi  di- 
ceres  fratres,  quos  ad  id  sibi  officii  praestanduin  artificio  blanditiarum  ntebaiur.  Horum 
interventu  multus  erat  (Imperator)  in  obsecrando  Pontifico  Bomano  ne  sineret  Carolum 
(Siciliae)  exequi  quae  destinaverat . . .  Imperator  magis  magisque  attendebat  paci  Ecclesiae 
procurandae  acriusque  strìngendae  bomines  Italicae  ditionis,  maxime  si  ecclesiastici  essent 
et  latini  ritus,  forte  Constantinopolt  peregrinantes  aut  degentes,  benevolentissime  admittens 
adhibensque.  Id  quod  observare  licuit  in  episcopo  quondam  Crotonae,  viro  litteris  divinis 
pererudito,  et  lingua  iuxta  ntraque  diserto,  qnem  in  patriarchae  comitatu  collocatum,  eique 
commendatnm,  post  aliquod  tempus  sacris  graeci  ritus  vestibus  indnit,  volens  procuransqué 
ut  ecclesia  (aliqua)  hic  ei  gubernanda  per  delegationem,  ut  solet  dici,  traderetur;  cuius 
delegationis  capax  erat,  quippe  qui  eius,  quam  primum  foerat  sortitus,  cura  et  gubenm- 
tione  liber  esset.  Quod  effcctnm  band  dubie  fuisset,  nisi  sub  haec  ille  deprehensus  molirì 
nescio  quid  inimico  animo  in  nostrum  damnum,  in  vesUiu  quidem  graeco  perseverare  per- 
missus,  amisit  tamen  imperatoris  gratiam,  et  exul  circa  Heracleam  Ponti  misstts  est. 
Interim,  eo  Ucet  exulante,  non  óbstahat  ut  ecclesia  ilio  uteretur  ad  quodcunque  utilem 
putaret.  Alios  vero  qtuimplurimos  Frerios  [=  Fratres]  excipiebat,  et  in  Ecclesiam  mit- 
tébat  ad  episcopos  et  patriarcham  ;  ex  quorum  participatione  in  sacris  ritibus  psalmodiae, 
ingressus  adytorum  et  statioftum,  ex  participatione  sacri  panis,  quem  antidorum  vocant  (i), 
et  in  aliis  omnibus,  excepta  sacra  Synaxi  (hanc  enim  non  quaerebant),  iam  proximam 
ecclesiarum  pacem  firmabat,  praemuniébatque  (5)  ».  —  Di  Nicolò  non  troviamo  altre  me- 
morie. Secondo  il  eh.  N.  Festa,  non  è  improbabile  che  egli  fosse  stato  uno  del  numero  di 
quelli  apocrisari  che  nel  1250  focevano  la  traversata  da  Durazzo  a  Brindisi  per  recarsi 


(1)  Sbaral.  BtMar.  t.  I  p.  766.  —  UglieIli-€!oleti  ItaUa  Sacra  t  IX  col.  385. 

(2)  Vedi  le  lettere  papali  e  qadli  dd  Paleolc^o  in  Wadd.  an.  1264  n.  1-2,  e  in  Sbaral. 
Bvllar.  t.  II  p.  564  seg. 

(3}  Vedi  r  originale  in  cit.  Bessarióne,  Anno  lY  p.  48. 

(4)  'Av-H&opov  =  retributìo,  cosi  detto  il  semplice  pane  benedetto  cui  partecipano  tatti 
i  presentì  al  s.  sacrificio,  e  non  le  specie  di  pane  eonsecrato. 

(5)  Pacbym.  De  Mich.  Palaeol.  L  5  e  8  (Migne  P.  G.  t.  143  coL  811-13).  Tutto  U 
brano  espresso  qui  in  eoraivo,  fa  da  noi  alquanto  ritoccato  sul  testo  originale  grieco,  non 
credendo  esatta  la  versione  del  Possino. 


SECOLO  xm.  259 


presso  Innocenzo  IV  da  parte  dell'  irap.  Giov,  Vatace,  con  grande  rammarico  di  Federico  II    67 
suocero  di  questo.  In  seguito  Teodoro  II,  Duca  Lascaris,  indirizzava  al  vescovo  di  Cotrone 
il  suo  trattato  Jrep'i  Ix^opeuceu?  tou  àf'iou  rveup-axo?,  il  cui  tono  inflessìbile  deve  aver  con- 
tribuito a  rendere  infruttuose  le  pratiche  di  conciliazione  durante  il  pontificato  di  Ales- 
sandro IV,  con  il  quale  Teodoro  fu  anche  in  corrispondenza  diretta  (1). 

1263  —  Nazaret.  —  Neil'  aprile  di  quest'  anno,  il  Soldano  Bibars  accampato 
tra  il  Tabor  e  Naim,  invia  l' emiro  Ala-eddin-Taibar  contro  Nazaret  che  la  distrugge, 
devastando  anche  la  celebre  basilica  dell'  Annunziazione.  Similmente  Bibars  devasta  il 
Santuario  della  Transfigurazione  sul  Tabor,  tutti  i  santuari  della  Galilea  e  tutto  il 
territorio  fin  quasi  alle  porte  di  Acri  (2). 

1265  —  Cesarea  e  Arsuf.  —  US  marzo.  Cesarea,  dopo  7  giorni  di  assedio, 
cade  in  potere  di  Bibars  per  capitolazione.  L'arabo  Abulfeda,  dice  che  Bibars  non 
mantenne  le  promesse,  e  fece  massacrare  i  cristiani  (3). 

Il  26  di  aprile  la  città  di  Arsuf  e  il  29  la  cittadella,  dopo  40  giorni  di  assedio, 
cadono  in  potere  di  Bibars,  che  al  solito  abusa  della  capitolazione  senza  rispetto  né 
alla  vita  né  alla  libertà  dei  prigionieri  (4). 

1265  —  Famagosta.  —  In  questo  anno  troviamo  vescovo  di  Famagosta  in 
Cipro  il  Minorità  frate  Velasco,  celebre  nella  storia  della  Chiesa  per  le  sue  molto 
legazioni  presso  quasi  tutti  i  principi  di  Europa.  Il  17  sett.  1267  egli  fa  traslaio 
alla  sede  di  Idanha  in  Portogallo  (5). 

1266.  —  Pr.  lacobus  de  Podio,  Custode  delia  Custodia  di  Terra  Santa  in 
Siria,  e  suoi  tre  compagni  martiri  in  Safet  della  Galilea. 

L' anno  1266  fti  uno  de'  più  tragici  pei  Crociati  della  Terra  Santa.  Il  feroce  Bibars,  68 
fornitosi  di  nuove  truppe,  partiva  dal  Cairo  alli  8  di  mag^o,  traversando  Gaza  ai  10,  e 
quindi  sostò  alquanto  a  Gerusalemme.  Un  emiro  col  grosso  delle  truppe  fu  inviato  contro 
Tiro,  un  altro  contro  Sidone,  un  terzo  contro  Monforte,  ed  altri  contro  Athlith  e  contro 
altre  località  fortificate.  Lui,  Bibars,  il  1  di  giugno  si  fé'  vedere  sotto  le  mura  di  Acri,  e 
poi  ai  13  dello  stesso  mese  si  accampò  alle  vicinanze  della  fortezza  di  Safet. 

Ai  7  di  luglio  il  Soldano  diede  l' ordine  per  l' assalto  generale  contro  la  fortezza,  pro^ 
mettendo  300  monete  d'  oro  ai  primi  10  pionieri  che  avessero  svelta  una  pietra  del  forte, 
L'  assalto  fu  accanito,  condotto  dallo  stesso  Bibars  ;  ma  il  risultato  fu  umiliante,  perchè 
furono  respinti  dagli  assediati.  L'  assalto  fu  ripetuto  il  13  e  il  19  di  luglio,  ma  con  in- 
felice successo.  Molti  de'  suoi  generali  stanchi  della  difficile  impresa,  diedero  appena  segno 
di  volersi  riposare,  e  Bibars  ne  fece  arrestare  40  !  ma  fé'  loro  presto  grazia  per  rianimarli 
all'  impresa.  Intanto,  gli  assediati  vedendosi  ogni  giorno  indeboliti  senza  alcuna  speranza 
di  soccorso,  vennero  a  trattative  di  resa  col  Soldano.  Questi  loro  promise  di  lasciarli  li- 


(1)  Cfr.  periodico  Bessarione  Anno  ÌV,  voi.  Vi  p.  531-32. 

(2)  Archtves  de  l'Or.  Latin  t.  II  p.  374;  quivi  l'erudito  Ròhrieht  cade  in  una  svista 
quando  asserisce  che  secondo  il  Pisano  [Conform.  fol.  125)  sarebbero  periti  in  quest'anno 
a  Nazaret  31  frati  Minori!  Il  Pisano  invece  riporta  questo  numero  di  màrtiri  come  morti 
nei  limiti  di  tutta  la  Terra  Santa,  dall'origine  della  Provìncia  Minoritica  (1217)  fino  al 
tempo  in  cui  egli  scriveva  (e.  1385). 

(3)  Cfr.  Archives  de  l'Or.  Ixitin.i.  II  p.  378  nota  52. 

(4)  Cfr.  Archives  eit.  t.  II  p.  380-81. 

(5)  Cfr.  Wadding  an.  1267  n.  8.  —  Eubel  Hierarch.  ~  Sbaral.  Buttar,  t.  II  e  III. 


260  BIBLIOTECA 


68  beri  a  ritirarsi  in  Acri,  a  condizione  di  cedergli  tatto  quello  che  possedevano.  Le  condi- 
zioni furono  accettate;  ma  non  appena  gli  assediati  uscirono  dalle  porte,  che  furono  ar- 
restati e  tenuti  prigionieri. 

Quest'  atto  sleale  dell'  infedele  Soldano  è  diversamente  spiegato  dai  cronisti  arabi.  Il 
Makrisi  ne  incolpa  i  cristiani,  i  quali,  dice,  mancarono  primi  alla  parola  nascondendo  fra 
le  loro  vesti  1'  oro  e  l' argento.  Invece,  Ibin-Ferat  e  Ibin-Abderrahim  riferiscono  che  il 
Bibars  deliberatamente  volle  ingannare  i  cristiani,  col  pretesto  che  non  egli  ma  altri  in 
sua  vece  aveva  giurata  la  capitolazione  coi  cristiani  (1). 

Safet  cadde  il  25  di  luglio  1266,  secondo  la  testimonianza  più  autorevole  del  Chro- 
nicon  Lemovicense  (2).  I  miseri  vinti,  in  numero  di  circa  3000,  tra  i  quali  150  cavalieri 
e  767  altri  combattenti  e  quattro  frati  Minori,  furono  condotti  sur  una  collina,  e  là, 
dopo  la  proferta  di  aver  salva  la  vita  se  rinnegavano  la  fede,  vennero  tutti  trucidati.  H 
Sanuto  e  V  Erphordiense  dicono  la  strage  compiuta  al  tramonto  del  sole,  il  Makrisi  nella 
mattina  dei  24  luglio  (3). 

Dei  quattro  Minoriti  uccisi  secondo  il  Chron.  Lemovicense,  due  soltanto  sono  nomi- 
nati dall'  Erphordiense  e  dal  Sanuto  :  cioè  fr.  Giacomo  Custode  de'  frati  Minori  di  Siria, 
soprannominato  dal  Sanuto  come  originario  de  Podio  (Puy  nella  Linguadoca?),  e  frate 
Geremia  suo  compagno,  che  vuoisi  da  Lecce  (4).  —  Ciò  premesso,  ecco  ora  il  racconto  di 
tre  antichi  cronisti: 

A)  —  Ex  Chronico  Monasterii  Lemovicensis  (5)  : 

«  MCCLXVI.  Soldanus  Babyloniae  obsedit  castrum  Cephet,  quod  tenebant  Templari!: 
et  illud  obtinuit  in  festo  beati  Christophori  proditione  cujasdam  fratris  sui  natione  Syrii, 
qui  Leo  vocabatur,  et  fuerat  frater  per  triginta  annos.  Hujos  proditi onis  quidam  Anglicus 
dicebatur  esse  particeps,  quem  obsessi  interfecerunt.  Iste  maledictus  Leo,  qui  Castellanus 
erat  loci,  non  permittebat  quod  se  defenderent  christiani,  quia  minabatur  eis  pejora.  Tandem 
maledictus  Soldanus  affidavit  per  juramentum  obsessos  et  quod  cnm  armis  et  oneribus  snis 
recederent  securi,  castro  reddito  :  de  quibus,  cum  exissent,  interfecit  et  decapitavit  septies 
viginti  fratres  et  decem  Templi,  ezceptis  Hospitalariis,  et  septingentos  et  sexaginta  septem 
viros  bellatores  et  quatuor  fratres  Minores,  exceptis  mulieribus  et  parvulis.  Qui  omnes 
aestimati  faerunt  usque  ad  tria  millia.  Et  maledictus  Leo  fidem  nostram  coram  omnibus 
negavit.  Dicebatur  etiam  quod  caput  unius  fratris  Minoris  abscissnm  consnmmavit  an- 
tiphona  beatae  Yii^nis  qnam  cantabant,  scilicet  Saive  Regina.  Hac  de  causa  Ludoricus 


(1)  Ci  sorprende  non  poco  che  l' illustre  palestìnol<^  B.  Bdbrìcht  (dal  quale  compoi- 
diamo  questi  fatti),  inclini  quasi  s^npre  a  prestar  fede  al  suo  preferito  Makrisi,  sia  pure 
che  questi  venga  contradetto  da  scrittori  e  arabi  e  cristiani  !  £  si,  che  oggi  da  molti  pale- 
stinologi  sì  vuole  a  scapito  della  sincerità  storica  riabilitare  la  memoria  di  un  Bibars  come 
quella  di  un  Federico  II,  e  di  -tanti  altri,  forse  perchè  la  loro  forza  e  potenza,  sia  pur  bru- 
tale, tanto  ci  affiuscinano  1'  animo  guerriero  ! 

(2)  Il  Sanuto  ed  altri  cronisti  citati  n^li  Archwe»  II.  383,  danno  chi  la  data  dei  24  o  22 
giugno,  e  chi  circa  festum  omnium  Sanctorum  1 

(3)  Cfr.  Rdhricht  in  Archive»  de  V  Orimi  Latin  t.  II  p.  381-84. 

(4)  Da  Lecce  lo  dice  il  Civezza  Storia  delle  Miss.  t.  II  p.  31  ;  ma  il  P.  Enbel  (in  Pro- 
vinciale Ord.  Min.  n.  324)  gli  dà  il  soprannome  di  Leve!  —  Di  questi  parlano  il  Chron.  24 
Gen.  (Anal.  frane,  t.  III  p.  416);  il  Glassberger  (^Anal.  cit.  t.  II  p.  79);  il  Wadding  Annales 
an.  1266  n.  8. 

(5)  Auctore  Petra  dorai  enudem  loci  abbate  in  Miscellanea  Baluzii  t.  I  p.  231.  —  £  in 
BecueU  de»  Hist.  de  la  France  t.  XXI  p.  773.  —  Vedi  anche  il  racconto  del  Minorità 
Erphordiense  nel  s^uente  art.  sotto  l' an.  1266,  n.  60,  p.  264,  e  il  P.  Lemmens  Fragmenta 
minora  p.  25. 


SECOLO  xm.  261 


Plus  rei  Franciae,  omnes  Barones  regni  qui  habebant  trecentas  libras  in  redditibns,  Parisins    68 
in  Annunciatione  beatae  Virginia  venire  fecit,  et  ipsis  praesentibus  (ipse)  et  tres  filii  sui 
cruces  sumpserunt,  et  Comes  Àtrebatensis,  et  Britanniae,  et  plnres  alii  Archiepiscopi  et 
Episcopi  et  Barones,  quorum  non  erat  numerus  » . 

B)  —  Ex  Chron.  Minoritele  Erphordiensis  (1): 

Soldanus  Babyloniae  «  cepit  quoque  et  perfodiens  expugnavit  castrum  munitissimnm 
Templariorum,  quod  dicitur  Saphet,  in  quo  fratres  cruciferos  et  alios  christianos  inventos 
duris  Tincnlis  constrinxit  ad  duo  roilia  et  plures.  Hos  omnes  Soldanus  singillatim  examinari 
jussit  promissionem  faciens  publicam  de  vita  eis  danda,  quicumque  ex  eis  Christum  Jesum 
et  fidem  Christi  negaret,  et  Machometura  secundum  ritum  Sarracenorum  coleret.  In  illa 
tam  periculosa  ac  valida  tentatione  fìdelium  duo  fratres  Minores,  videi icet  frater  Jacobus 
custos  fratrum  et  ejus  socius  frater  Jeremias,  sincerissimi  servi  Dei,  zelo  fidei  accensi  con- 
stantissime per  medium  captivorum  discurrentes,  singulariter  universos  et  univcrsaliter 
singulos  in  fide  katholica  confortabant,  ex  quibus  8  timore  mortis  impulsi  fidem  negantes 
publice  apostataverunt,  ceteri  omnes  in  confessione  nominis  Dei  perseverantes  pariter  de- 
collati sunt,  Soldano  jubente.  Ultimo  post  omnes  ipsi  duo  minores  fratres  jam  nominati 
capitalem  sententiam  subeuntes  gloriosum  martyrium  compleverunt  ». 

0)  —  Ex  Marini  Sanuti  Secreta  fidelium  Crucis  (2)  : 

Soldanus  «  obtento  castro,  post  solis  occasnm  misit  Admiratum  snadens  ut  Saracenornm 
legem  suscipiant;  alfoquin  gladio  cuncti  perirent.  At  universi  duonim  fratrum  Minorum, 
qui  aderant,  monitia  tota  nocte  confortati  martyrium  potius  elegerunt,  quam  Christi  negare 
fidem  :  fiuebatque  sanguis  per  montis  declìvum  quasi  aquae  rivulns  ;  fuerunt  autem  ultra  DC. 
Post  hoc  vero  fratrem  Jacobum  de  Podio  et  fratrem  Jeremiam,  quia  ceteros  in  fide  firma- 
verant,  et  priorem  Templariorum  excoriari  fecerunt,  deinde  fustigar!,  postremo  ad  locum 
ceterornm  deducti  capite  caesì  sunt.  Fecit  autem  Soldanus  locum  materia  circumdari,  quia 
noctibus  super  corpora  splendebat  lux  etiam  cernentibus  Saracenis  ». 

Dopo  questa  spaventevole  carneficina,  il  Soldano  divise  tra  1  suoi  emiri  le  ricchezze 
della  città,  e  una  moltitudine  di  prigionieri  uomini,  donne  e  fanciulli.  Frattanto  venne  da 
lui  una  deputazione  de'  cristiani  di  Acri  por  chiedergli  licenza  di  seppellire  i  loro  morti. 
Bibars  concesse  loro  udienza  ma  per  il  giorno  dopo,  senza  dar  loro  intanto  altra  risposta; 
ma  nella  notte  stessa  il  barbaro  fece  una  incursione  sul  territorio  di  Acri  uccidendo  molti 
cristiani.  Al  suo  ritorno  chiamati  a  sé  i  deputati  cristiani  disse  loro:  «Voi  siete  venuti 
a  cercar  qui  de'  martiri  ;  voi  ne  troverete  molti  là  in  Acri  ;  noi  ne  abbiamo  aggiunti  molti 
là  gin  più  che  voi  non  ne  desideriate  » .  E  ili  di  agosto  Bibars  si  ritirava  in  Damasco  (3). 

1266-70  —  Minorità  Erphordiensis  :  —  Ohronica  Minor,  auctore  Minorità 
Erphordiense. 

Edita  dall' Holder-Egger  nei  Monumenta  Crermaniae  historica,  Scripforum  t.  XXIV    69 
pp.  172-213. 

Questo  Minorità  anonimo  lasciò  un  compendio  di  Cronaca  dai  primordi  del  Cristiane- 
simo sino  circa  il  1266.  Altri  Minoriti,  continuatori  della  stessa,  vi  aggiunsero  alcuno 
notizie  brevi  sino  al  1291.  L'editore  osserva  che  in  detta  Cronaca  «omnino  plura  (invenis) 


(1)  In  Monum.  Germaniae  histor.  t.  XXIV  p.  205.  —  Di  questo  cronista  vedi  l' articolo 
che  segue  ai  num.  69. 

(2)  In  Gesta  Dei  per  Franco»  ed.  Bongars,  t.  II  p.  222,  iib.  5  par.  12  e.  18. 

(3)  Anche  questo  barbaro  procedere  del  più  feroce  tra  i  Soldani  ci  é  riferito  dagli  storici 
arabi  editi  dal  Reinaud  e  citato  dal  Bòhricht  in  Archives  cit.  t.  II  p.  384  n.  83. 


262  BIBLIOTECA 


69  do  extremis  partibus  terrarnm,  praesertim  de  Terra  Santa,  qnae  sive  litteris  sive  narrata 
a  Fratribus  in  diversis  partibas  constitutis  auctor  comperit  ».  Diamo  qui  quei  brani  che 
interessano  e  illustrano  tanti  fatti  della  nostra  storia  di  Terra  Santa. 

«...  Anno  Dni.  1200  sub  papa  Innocentio  III,  et  tempore  Heiurici  imperatoris  cepit 
in  Accon  Ordo  fratrum  Theutonice  domus  . . . 

Hnius  pape  Innocentii  III,  pontificatus  anno  10,  anno  vero  ab  incarn.  Domini  1206, 
Franciscus  ut  sapiens  architectus  cepit  penitenciam  agere  et,  Dee  misericorditer  dispo- 
nente, iniciavit  Ordinem  Fratrum  Minorum,  et  tunc  ipse  prefatus  papa,  statim  ut  yidit 
et  audivit  sanctum  Franciscum,  divinitus  inspiratus  Ordinem  approbavit,  dans  sancto 
Francisco  mandatum  ut  predicaret  verbum  Dei,  et  suis  sociis  ac  fratribus  similiter  dedit... 

Anno  Dni.  1201  sub  hoc  papa  civitas  Constantinopolitana  capta  est,  et  spoliata  a 
christianis  plurimis  diviciis  et  rebus  ac  multis  sanctorum  reliquiis,  ut  apparet  in  Venecia 
et  in  Halberstat... 

Anno  Dni.  1213  regina  Hungarie,  mater  sancte  Helizabeth,  occisa  est,  et  pueri  pro- 
fecti  sunt  ultra  mare  cum  multitudine  ;  sed  peregrinacio  illa  annichilata  periit  [11  Cod.  B. 
3-6^  C.  qui  aggiunge:  per  beatum  Franciscum  et  sanctam  Claram  virgtnem  cepit  Ordo  Pau- 
perum  Dominarum,  yidelicet  post  sextum  annum  conversionis  sancti  Francisci.  JÉJ  »7  Cod.  B.  2 
qui  pone  :  Eodem  tempore  Pratres  in  Marrochium  missi  per  sanctum  Franciscum,  quinque 
ex  eis  inssu  regis  martirizati  sunt,  per  quorum  reliquias  coutigerunt  plnra  miracula]... 

Anno  Dni.  1215  beatus  Dominicus  . . .  iniciavit  Ordinem  fratrum  Predica torum  . . . 

Sequenti  anno  (1216)  confirmatus  est  Ordo  fratrum  Predicatornm  a  papa  Inn.  ITE: 
Sequenti  anno  (1217)  confirmatus  est(!)  Ordo  Fratrum  Minorum. 

Anno  Dni.  1217,  Inn.  papa  III  in  Perusio  feliciter  obiit  et  ibidem  sepultus  est  ... 

Defuncto  Inn.  papa  III,  Honorius  papa  187  ordinatur:  sedìt  annis  11.  Hic  papa  Ho- 
norius  III  vitam  et  regulam  sancti  Francisci  confìrmavit  et  in  registro  posuit.  Hoc  con- 
tigit  ad  salutem  multarum  animarum  anno  Dni.  1224  [Cod.  B.  2  ha  invece:  Anno  Dni. 
1223  beatus  Franciscus  ab  Honorio  papa  regulam  accepit  Ordinis  fratrum  Minorum  bul- 
latam  et  registratam]  . . . 

Anno  Dni.  1224  beatus  ille  servus  Dei  Franciscus  contuens  in  aere  Seraphim  in  cruce 
positum,  ex  tunc  in  palmis,  latere  et  pedibus  effigiem  plagarum  Christi  tulit  usque  ad 
felicem  exitum  suum,  multis  tunc  utrinsque  sexus  videntibus  illa  in  eo  Christi  stigmata. 

Anno  Dni.  1226  . . .  Honorii  pape  anno  10,  Friderici  Imperatoris  anno  7  imperii,  ex 
quo  perfectissime  adhesit  Christo  anno  20,  ipse  b.  Franciscus  apud  Assìsium  feliciter  et 
sicut  stella  choruscans  migravit  ad  Christum  etatis  sue  anno  45.  Igitur  in  statu  perfec- 
tionis  et  sancte  religionis  10  annos  sub  papa  Inn.  III  et  alios  10  annos  sub  papa  Ho- 
norio III,  Dei  clementia  favente  perfecit. 

Anno  Dni.  1227  . . .  fait  multa  crucesignatorura  turba  congregata  aput  Brandeiz 
(Brundusium),  ut  parit^r  cum  Friderico  Imperatore  in  Terre  Sancte  subsidium  transfre- 
tarent;  set  dolo  Friderici  imperatoris,  ut  fertur,  interveniente,  illud  passagium  impeditum 
fuit,  et  magna  railicia  illa  christianorum,  que  amplius  quam  60  milia  estimabatar,'  dissi- 
pata fnit.  Et  ille  illustris  langravius  Thuringio  Ludevicus,  paratus  corde  et  corpore  cum 
omnibus  suis  armatis  transire  mare  in  subsidium  Terre  Sancte,  ibi  aput  Otrant  (Otranto), 
ut  fertur,  veneno  intoxicatns,  obiit  feliciter,  et  reductns  sepultus  est  in  Reinhersburnen. 
Hic  papa  Gregorius  IX  vocabatur  Hugolinus. 

Iste  papa,  anno  Dni.  1228,  pontificatus  vero  sui  anno  2,  canonizavit  sollempnissime 
beatum  Franciscum  in  civitate  Assisii.  Postea  idem  venerabilis  papa  tres  sanctos  succes- 
sive canonizavit,  videlicet  b.  Dominicum  . . .,  et  b.  Antonium  Ord.  Fr.  JVIinorum,  et  b.  Eli- 
zabeth de  Màrcburg,  relictam  videlicet  illustrissimi  principis  Ludewici  langravii  Thuringie. 
Hic  papa  Gregorius  IX  Eomae  celebravit  sollempniter  magnum  generale  capitulum  Fra- 
trum Minorum,  in  quo  frater  Albertus  de  Pisis  electus  fuit  in  aure  ipsius  Gregorii  pape 
in  generalem  Ministrum  eiusdem  Ordinis  fratrum  Minorum  et  mox  confirmatus  ab  ipso 
papa  anno  Domini  1239,  [Altri  codd.  erroneamente:  1229  e  1240].  Ipso  eodem  anno 
Gregorius  excommunicavit  Fridericum  imperatorera,  obicens  ei  multos,  graves  et  enormes 
articulos  . . .  Hic  papa  cum  esset  Cardinalis  et  episcopus  Hostiensis  fovit  sanctum  Fran- 
ciscum a  principio  nascentis  Ordinis  sui,  qaem  ad  modum  gallina  fovet  puUos  anos;  ipse 
namque  ab  Honorio  papa  constitutas  fuerat  protector  Ordinis  novelli . . . 


SECOLO  xm.  263 


Iste  Gregorius  IX  duos  Ordines  confirmavit,  quos  sanctus  Franciscus  ordinavit,  unum    69 
pauperum  dominàrum  sanctimonialium,  alterum  penitencium,  qui  sexum  capit  utrnmqne, 
sciljcet  clericos,  coniuges,  virgines  et  continentes  . . . 

[Anno  Domini  1245.1  ^ic  (Innoc.  papa  IV)  in  concilio  Lugdunense  constituit,  ut 
octava  nativitatis  beate  virginia  Marie  ab  omnibus  clericis  et  religiosis  annnatim  sollem- 
pniter  celebretnr.  Tempore  huius  pape  Ludevkus  rei  Francie  cum  Christiane  cxercitu 
centra  consilium  pape  transfretavit  [1248],  et  fagientibns  barbaris  a  facie  eius,  cepit  et  in 
possessione  pacifica  habuit  Damiatam.  Postea  in  brevi  bello  ipse  idem  rex  Francie  a  soldano 
Babilonie,  id  est  a  Pharaone  rege-  Egipti,  captus  est,  et  suus  christianus  exercitus  totus 
dissipatus  et  occisus  est.  Bex  autem  Ludevicus  prò  redempcione  sua  dedit  soldano  ccntnm 
milia  marcarum  argenti  et  civitatem  Damiatam.  Verum  arma,  tentoria,  vasa  preciosa, 
equos  electos,  alimenta  chri»tianorum  Sarraceni  in  ilio  prelio  obtinuernnt. 

[Anno  Domini  1254  sancta  Clara  virgo  migravit  ad  Christum,  postquam  fiierat  in 
ordine  pauperum  dominarum  42  annis]. 

Anno  Domini  1255  Alexander  papa  194  ordinatur.  Hic  cardinalis  Hostiensis  episcopus 
vocabatur  Keinaldus,  pater  et  protector  ordinis  fratrum  Minornm  fuit,  frequenter  eos  seenni 
tenuit. 

Anno  Domini  1256  hic  papa  Alexander  canonizavit  beatam  Claram  virginem,  que 
prima  plantula  fuit  ordinis  sancti  Damiani,  quem  instituit  fidelis  et  prudens  servus  Dei 
beatus  Franciscus. 

Iste  papa  Ezelinum  de  Tervis,  tortorem  cbristianorum,  interfectorem  60  fratrum  Mi- 
norum  et  aliorum  fidelium  plurimorum,  persecutorem  sacre  fidei  katholice,  prò  heretico, 
et  omnes  fautores  suos  sentencialiter  condempnaVit  et  cxcommanicavit . . . 

. . .  Hostes  sevissimi,  oppressores  crudelissimi  omnium  nacionum,  Tartari,  potentis- 
sime expngnavernnt  partes  orientales,  videlicet  regnum  Indie,  regnum  Armenie,  regnum 
Ninive,  regnum  de  Baldach  potentissimum,  interfecto  eorum  papa  kalifa,  regnum  de  Halap, 
regnum  lerosolimitanum,  Anthiochiam  et  partes  cbristianorum  ultra  mare,  et  fugatis  tam 
christianis  quam  Sarracenis,  lerusalem  et  Arabiam  possiderunt.  Porro  soldanus  Babilonie, 
qui  est  Pharao  rex  Egipti,  resumptis  utcumque  viribus,  cum  exercitu  barbarorum  clam 
irruit  in  castra  Tartarorum  et  multa  ex  eis  milia  interfecit.  Soldanus  Babilonie  ideo  di- 
citur,  quia  in  tercia  mansione  in  exitu  Israel  ex  Egìpto,  scilicet  Ethan,  rex  Pharao  con- 
struxit  civitatem  munitam,  quam  appellavit  Babiloniam  novam. 

Anno  Domini  1262  rex  Tartarorum  misit  sollerapnes  nuncios,  circiter  24  nobiles  Tar- 
taros  cum  duobus  fratribus  ordinis  Predicatorum  (1),  qui  essent  iiiterpretes  linguarum,  ad 
regem  Francie  Ludevicum,  ut  se  et  totnm  regnum  Francie  dicioni  subiccret  Tartarorum; 
alioquin  Franciam  impugnaret  tempore  procedente.  Quod  Ludevicus  rex,  habito  Consilio 
cum  primoribus  regni  sui,  constanter  renuit;  ipsos  tamen  nuncios  honorifice  Parisius  te- 
nuit et  usque  ad  papam  Alexandrum  pacifice  remisit . . .  Eodem  anno  papa  Alexander  . . . 
defnnctns  est . .  . 

Anno  Domini  1262  . . .  Urbanus  papa  IIII,  congregata  multitudine  tara  cleri  quam 
populi  cum  cardinalibus  et  pontificibus,  14  kal.  Decembris  incepit  predicare  sollempniter 
crucem  in  succursura  Terre  Sancte  et  fratribus  Minoribus  ac  Predicatoribus  per  litteras 
apostolicas  datas  Viterbii,  stricte  dedit  in  mandatis,  eandem  crucem  constanter  et  diligcnter 
predicare  per  Dei  ecclesiam  cum  larga  indulgencia  in  subsidium  Terre  Sancte . . . 

Anno  Domini  1265  . . .  Soldanus  Babilonie  inpuguans  christianos  in  Terra  Sancta, 
cepit  Azotum  castrum  firmissimum  domus  Hospitalis  quod  alio  nomine  vocatur  Assur  (2), 
in  quo  habitabant  duo  milia  hominnm,  quos  omnes  occidit,  set  fratres  milites  domus  Ho- 
spitalis et  domus  Templi  180  captivos  ac  stricte  vinculatos  deduxit  in  Egiptura;  copit 
eciam  castrum  et  civitatem  Cesaream;  necnon  et  civitatem  quo  vocatur  Cayphas  idem 
Sarracenus  soldanus  violenter  cepit  et  tenet.  Albertus  langravius  Thuringio  et  marchio 
Otto  de  Brandinburg  cum  filiò  suo,  Albertus  eciam  dux  de  Brnnsvic  et  multi  alii  in  Pru- 
sciam  peregrinando  contra  paganos  cum  signo  crucis  profecti  sunt. 


(1)  I  tre  Codici  B  4,  B  5,  B  5 a,  hanno  invece  «  Fratrum.  Minorum  ».  —  Su  questa  le- 
gazione tartara  in  Francia  il  Kòhricht  (Archives  de  V  Or.  Latin  t.  I  p.  650  n.  81)  rimanda 
a  Giov.  Vìtodurano  ed.  Wyss  p.  22,  e  al  Pistorius  Compii,  chronol.  I,  744. 

(2)  Arsuf. 


264  BIBLIOTECA 


69  Confinuationes  —  Continuatìo  i»  Minoritae  Erphordiensis  (1). 

Anno  Domini  1266  Clemens  papa  missis  litteris  dedit  in  mandatis  per  regnam  Ale- 
manie  fratribns  Predicatoribus  et  Minoribus  predicare  crncem  fideliter  et  instanter  centra 
soldannm  Babilonie,  qui  est  Pharao  Egipti,  et  centra  Sarracenos  altra  mare,  nt  succur- 
rator  affliccioni  christianornm,  et  in  snbsidium  Terre  Sancte  . . . 

Dao  de  ordine  fratrnm  Minorum  felici  transita  ex  hoc  secalo  migrantes,  videlicet 
frater  Petrus,  minister  fratrum  Minorum  provincialis  in  Calabria,  et  frater  Wilhelmus, 
confessor  et  presbyter  in  Tuderto,  Domino  declarante  merita  sanctitatis  eorum,  plurimi» 
et  stupendis  miraculis  claruerunt,  in  tantum  ut  eciam  4  mortuos  snscitarent.  Archiepiscopns 
Knpertus  in  Magdeburg  obiit,  et  per  compromissionem  alium  concorditer  elegerunt. 

Itenim  et  iterum  soldanus  Babylonie,  prophanus  hostis  Christi  et  ecclesie,  venit  in 
terminos  cristianorum  cum  multitudine  gravi,  subiugavit  sibi  Terram  Sanctam,  quam  Sal- 
vator noster  proprio  suo  sanguine  consecravit,  videlicet  lernsalem,  Nazareth,  Bethleem, 
Betlifage,  Sepulchrum  Domini,  montem  Syon,  montem  Oliveti,  montem  Thabor,  Galileam 
totam  et  mare  Tyberiadis  cum  omnibus  civitatibus  suis,  lericho  cum  omnibus  suburbanis, 
Cesaream  Philippi,  aliam  quoque  Cesaream  Palestine  et  alia  multa,  quibus  dominatur  et 
possidet,  constituens  in  eis  capitaneos  et  custodes  Sarracenos,  loca  sanctissima  suis  spur- 
ciciis  prophanantes,  ut  heu!  dici  possit:  Facta  est  lerusalem  quasi  polluta  menstruis 
Inter  eos.  Cepit  quoque  et  perfodiens  expugnavit  castrum  munitissimum  Templariorum, 
quod  dicitar  Saphct,  in  quo  fratres  cruciferos  et  alios  christianos  inventos  duris  vinculis 
constrinxit  ad  duo  milia  et  plures.  Hos  omnes  soldanus  singillatim  examinari  iussit,  prò- 
missionem  faciens  publicam  de  vita  eis  danda,  quicumque  ex  eis  Christum  lesum  et  fidem 
Christi  negaret  et  Machometum  secnndum  ritum  Sarracenorum  coleret.  In  illa  tara  peri- 
culosa  ac  valida  tcmptacione  fidelium  duo  fratres  Minores  (2),  videlicet  frater  lacobus 
custos  fratrum  et  eius  socius  frater  leremias  (3),  sincerissimi  servi  Dei,  zelo  fidei  accensi, 
constantissime  per  medium  captivorum  discurrentes,  singulariter  universos  et  universaliter 
singulos  in  fide  katholica  coufortabant,  ex  quibus  8  timore  mortis  impulsi  fidem  negantes, 
publice  apostataverunt,  coteri  omnes  in  confessione  nominis  Dei  perseverantes,  pariter  de- 
collati sunt,  soldano  iubente.  Ultimo  post  omnes  ipsi  duo  Minores  fratres  iam  nominati 
capitalem  sentenciam  suboantes,  gloriosum  martyrium  compleverunt. 

Quinque  tantum  civitates  cristianus  populus  adhuc  possidet  in  Terra  Sancta  et  tria 
forcia  castra.  Civitates  sunt  iste  :  Accon,  Tyrus,  Sydon,  loppe,  Beritus.  Castra  autem 
sunt  hec:  Castrum  Peregrinum,  Mons  Fortis  et  Mons  BelU-fortis. 

Clemens  papa  dedit  generali  ministro  Ordinis  fratrum  Minorum  fratri  Bonaventure 
vacantem  archiepiscopatum  Eboracensem  in  Anglia,  annuatim  habentem  in  redditibus  plus 
quam  triginta  milia  marcarum,  quem  ipse  vir  virtutis  et  homo  boni  exempli  ac  doctor 
Parisiensis  in  theologia  atque  diviciarum  contemptor  accipere  penitus  recusavit. 

Anno  Domini  1267  cruce  signati  sunt  in  snbsidium  Terre  Sancte  Ludvicus  rex  Francie, 
rei  Ajiglie,  rex  Arragonie,  rex  Navarrie,  rex  Sicilie,  comes  frater  regis  Francie  et  filli 
regis  Francie,  archiepiscopns  Rotomagensis  (4),  alii  comites  et  nobiles  milites  et  cives  ac 
viri  bellatores  malta  milia  . . . 

Anno  Domini  1269  in  provincia  Syrie  septem  fratres  Minores  a  Sarracenis,  videlicet 
a  soldano  Babilonie  et  satellitibus  eius,  prò  fide  Ka,tholica'occisi  sunt.  Qui  postquam  mar- 
tyrium compleverunt,  unus  ex  eis  nomine  Cunradus  de  Hallis  (5)  sacerdos  decoUatus,  in 
mare  a  perfidis  est  proiectus;  et  ecce  duo  clara  luminaria,  omnibus  videntibus  tam  chri- 


(1)  Queste  ContinuaHones  sono  giunte  di  un  altro  Minorità  anonimo,  come  giustamente 
osserva  1'  editore. 

(2)  Altra  relazione  sui  nostri   martiri  di  Safet  vedi  sotto  l'anno  126B  n.  68,  ove  son 
detti  quattro  i  Minoriti  martiri  in  Safet  di  Galilea. 

(3)  lacobus   de   Podio   (Puy);  cfr.   Sanuto  Secr.  fidel.  1.  5  par.  12.  e.  18  (Bongars  II. 
p.  222)  riportato  sopra  a  p.  261,  e  il  Quaresmius  Elucid.  T.  S.  lib.  7,  peregr.  8,  cap.  8. 

(4)  Il  Minorità  Odo  Rigaldi,  di  cui  parliamo  altrove  sotto  l'an.  1270. 

(5)  Cfr.  Chron.  24  Gen.  in  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  416.  —  P,   Lemmens  Fragmenta  mù 
nera:  Catalogus  ss.  Fratrum.  p.  26.  —  Vedi  al  n.  72. 


SECOLO  xm.  265 


stianis  quam  Sarraconis,  stabant  in  fluctibus  maris  saper  eam,  videlicet   unum    luminare    60 
saper  caput  eius  et  aliud  luminare  super  corpus  eius  quasi   per  triduum.   Ascendentibus 
quoque  procellis  maris  in  altum,  luminaria  non  videbantar,  sed  recedentibas  procellis,  ite- 
rum  ab  omnibus  in  littore  existentibus  vidfibantur.  Quo  miracolo  territi  Sarraceni,  omnes 
fugierunt  ab  ilio  loco,  dicentes:  «Deus  christianorum  pugnat  prò  ipsis  christianis  » . 

Item  [1268]  soldanus  Babilonie,  scilicet  Pharao  rex  Egipti,  naci^ne  Turcus,  nomine 
Melchasar  (1),  sevissiraus  hostis  sancte  katholice  ecclesie,  civitatem  Ànlioohiam  magnam 
et  opulentam  ac  Christian©  populo  plenam,  bello  expugnavit  et  cepit,  spolians  eam  innu- 
meris  opibus,  ac  incendio  vastavit;  occidit  quoque  in  ea  plus  quam  centum  milia  et  30 
milia  hominum,  et  hoc  maxime  in  odium  Tartarorum,  quia  ipsa  Antiochia  subiocta  fuit 
et  tributaria  Tartaris  (2).  Soldanus  pnblice  apostatanti  bus  et  Christum  negantibus  multis 
milibus  dedit  vitam.  Solempnes  nuncii  soldani  predicte  Babilonie,  et  solempnes  nuncii  regis 
Tartarorum  missi  ad  principes  christianos  et  maxime  ad  Ludvicum  regem  Francie,  navi- 
gantes  per  mare  Mediterraneum,  convenerunt  a  casa  in  civitate  lanuensi,  et  videntes  se, 
pugnare  ceperunt,  pars  contra  partem,  in  platea  civitatis,  ut  simul  se  occiderent,  quia 
odium  inveteratum  et  rancorem  portant  ad  invicem  Sarraceni  et  Tartari.  Quod  videntes 
cives  lanuenses,  ut  decebat  eos,  lites  interceperunt,  pognas  sedaverunt  eorom.  Denique 
prefati  nuncii  cum  pervenissent  ad  regem  Francie,  Sarracenos  nunccios  soldani  nec  videre 
voluit  nec  audire,  nunccios  autem  regis  Tartarorum  et  Tartaros  gloriose  ac  honorifice  su- 
scepit  et  procuravit,  et  legaciones  ipsorum  notabiliter  et  utiliter  terminavit  ipse  illustris 
Ludvicus  rex  Francie. 

In  exercitu  Gallici  Karoli  regis  Sicilie  [in  Syria]  (3),  unus  gruardianus  fratrum  Mi- 
noruzn  [et]  cum  ipso  10  firatres  eiusdem  Ordinis  in  suo  claustro  capti  et  vestibus 
spoliati,  ac  ducti  sic  nudi  ad  vendendum  publice  sunt  per  exercitum,  ita  quousque  illos 
Deus  propter  suam  innocenciam  per  quendam  abbatem  ordinis  beati  Benedicti  a  vinculis 
et  obprobrio  liberavit,  et  dato  predo  redemit... 

Anno  Domini  1270  germanus  sancte  Elizabeth  de  Marcburg,  videlicet  illustris  et  pò- 
tens  rex  Bela  in  Ungaria  feliciter  obiit.  Hic  enim  fiiit  Dei  ac  divini  ofi&cii  solempnis  amator. 
Paulnlum  post  mortem  prefati  regis,  regina  uxor  eius  et  consors  regni,  nacione  Greca,  fe- 
liciter obiit.  Similiter  christianissimus  rex  Francie  Ludvicus  in  peregrinacione  obiit.  Filius 
quoque  eiusdem,  nomine  Johannes,  aput  patrem  in  peregrinacione  prope  Terram  Sanctam 
in  castris,  non  in  bello,  set  febre  sicut  et  pater  suus  obiit  super  mare  aput  Tunis.  Ibidem 
multi  militos  in  dissenteria  mortui  sunt,  et  plura  milia  peregrinorum  submersi  sunt  in 
mari.  Igitur  ossa  huius  Ludvici  regis  et  filii  eius  lohannis  solempniter  Parisius  et  hono- 
rifice sunt  reducta  et  in  sepulchro  patrum  suorum  honorifice  sunt  sepulta  in  loco  celebri. 
Iste  Ludvicus  rex  Francie  per  omnia  laudabilis  scilicet  in  divino  cultu,  in  iudiciis  iustis, 
in  operibus  pietatis,  in  domibus  religiosorum  edificandis  ac  in  plurimis  karismatum  donis 
precellens,  cruce  signatus  cum  Philippe  et  lohanne,  filiis  suis,  in  commemoracione  sancti 
Pauli  ad  Aquas  Mortuas  aput  Marsiliam  ascendit  mare,  circiter  cum  60  milibus  armato- 
rum,  in  subsidium  Terre  Sancte  navigans.  Qui  mare  non  transivit,  set  febre  mortuus  est. 
Multi  alii  nobiles  et  barones  de  eiusdem  regis  exercitu  in  bello  mortui  sunt.  Item  inclita 
Thuringie  lantgravia  Margareta,  filia  Friderici  imperatoris,  feliciter  obiit  in  Franckenfurt. 
In  captura  allecium  plurimi  sunt  submersi,  scilicet  numero  quasi  mille  viri  et  una  navis 
portans  allecium  40  lastones  submersa  est.  Item  rex  Arragonie  et  rex  Navarrie  nocnon 
et  r«x  Anglie  Odevardus  cruce  signati  cum  suis  exercitibus  in  subsidium  Terre  Sancte  por 
mare  cum  rege  Francie  profecti  sunt,  set  minime  pervenerunt,  et  contra  Sarracenos,  hostes 
ecclesie,  nichil  vel  parum  utique  profecerunt.  Kothomagensis  archiepiscopus  nomine  Bigaldus, 


(1)  Melek  es-Saher  Bibars  I,  soprannominato  Bendokdar. 

(2)  Boemondo  VI,  principe  di  Tripoli  e  di  Antiochia,  era  alleato  e  non  propriamente  tri- 
butario dei  Tartari. 

(3)  In  Syria  in  exercitu  Caroli  etc.  Vedi  il  Glassberger  (in  Anal.  frane,  t.  II  p.  82)  che 
copia  il  nostro  cronista.  —  Sui  diritti  di  Carlo  I  d'Anjou  re  di  Napoli  sulla  città  di  Acri 
e  sul  regno  gerosolimitano,  vedi  le  prore  che  ne  dà  il  Ròhricht  in  Archivea  de  l'Orient  Latin 
t.  I  p.  641  n.  35.  Re  Carlo  manteneva  varie  truppe  nella  città  di  Acri,  e  un  governatore 
in  sua  vece. 


266  BIBLIOTECA 


69  set  professione  et  habitn  Ordinis  fratrara  Minornm,  olim  magister  et  doctor  theologie  Pa- 
risius  in  kathedra,  edam  cam  rege  Francie  cruce  signatns  in  Terre  Sancte  subsidium  na- 
vigayit,  Frisones  cruce  signati,  sicnt  estimati  sunt  circiter  40  milia  et  amplius,  tunc  tem- 
poris  cura  suis  propriis  navibns  profccti  sunt  in  subsidium  Terre  Sancte.  Magistri  in 
theolologria  et  confessores  et  predìcatores  fratres  Minores  mvilti  profecti  simt 
cum  praefatis  regibus  nobilibus  ac  eiercitibus  christianis;  plurimi  sacerdotes,  capellani 
et  alii  clerici  necnon  religiosi,  set  precipue  de  fratribns  Minoribus  et  Predicatoribus  sunt 
profecti  multi  ultra  mare  ad  salutem  animarum.  In  ilio  passagrio  defiincti  sunt  viginti 
fratres  Minores  . . .  » . 

1267.  —  Pr.   Guglielmo   Vesc.  di  Tortosa  (Antarados)  in  Siria  e  il   clero 
orientale. 

70  Frate  Guglielmo  de'  Minori  fu  eletto  alla  sede  di  Antarados  in  Siria  con  breve  di 
Urbano  IV  de'  9  apr.  1263  (1).  Di  lui  ci  resta  una  convenzione  fatta  nel  1267  cogli 
Ospedalieri  Gerosolimitani,  ai  quali  cede  lo  decime  delle  entrate  del  castello  Craco  (2)  sito 
nella  sua  diocesi,  per  mille  bisanti  trìpolitani  (3),  rilasciando  quel  di  più  che  gli  competeva 
a  sussidio  del  detto  castello.  Di  notevole  in  esso  documento  è  quel  che  segue  relativamente 
al  clero  orientale  : 

«  Yolnmns  etiajn,  atque  concedimns,  quod  Yicarii,  qui  Grecis  et  alìis  nationìbus  a  la- 
tinis,  in  locis  predictis,  conformes  singulis,  iuxta  formam  arbitrii,  perficientur  (praeficienktr?) 
a  nobis,  illos  curent,  ordinent,  et  tractent  in  omnibus  vice  nostra,  et  specialiter  in  eornm 
ecclesiis  construendis  secundum  debitum  ritum  eorum.  Si  quis  vero  ex  eis  Archiepiscopus, 
Episcopus,  Abbas,  seu  quelibet  persona  ecclesiastica,  scismaticus  fnerit  jnanifestus,  si  ve 
obedientiam  Antaradensi  ecclesie  prestare  noluerit  et  Romane,  Magister  et  fratres  pre-. 
dicti  {hospitalis  S.  Ioannis),  per  predictum  arbitrium  non  teneantur  ad  aliud  in  hac  parte, 
nisi  quod  illum,  vel  illos,  in  errore  hujusmodi  non  manuteneant,  vel  defendant.  Speramus 
tamen  quod  ìpsi  iuvabunt,  dante  Domino,  ad  hoc  ut  illi  ad  obedientiam  veniant,  sicut 
expedit  saluti  eorum.  In  matrimoniis  siquidem  conjungendis,  et  levibus  questionibus  que 
oriuntur  ex  eis,  volumus  atque  concedimus,  quod  Prior  Craci,  vel  Cappeìlanus  ecclesie 
latinorum  in  burgo  cognoscat,  et  percipiat  vice  nostra,  ita  quod  in  aliis  formam  arbitrii 
non  excedat.  Datum  Accon,  an.  Dni.  1267,  sept.  Eal.  'Sov.  (4)  ». 

1267.  —  Pr.  Rogerius  Bacon:  —  De  situ  Terrae  Sanotae,  eto. 

71  1.  —  Questo  trattato  di  frate  Eogero  vide  più  volto  la  luce  nel  suo   Opus  Majus 

edito  prima  dal  Jebb  Londra   1733,   e   poi   nella   seconda   edizione   della   stessa  opera 


(1)  Sbaral.  BuUar.  t.  II  p.  461  e  p.  559.  Cfr.  ib.  p  528,  545-46.  —  Eabel  Hierarch.  1. 1 
p.  92  n.  1.  —  Guglielmo  mori  prima  del  1274. 

(2)  Ossia  la  celebre  fortezza  degli  Ospedalieri  detta  Krak  o  chàteau  des  Curdes,  e  oggi 
dagli  arabi  Kalaat-elHosn.  Sulla  storia  di  lei,  caduta  in  potere  di  Bibars  30  mar.  1271,  vedi 
Archives  de  V  Orient  Latin  t.  II.  p.  398  s.  —  E  sulla  sua  struttura  militare,  con  pianta  e 
disegni  illustrata  da  G.  Eey  in  Étude  sur  les  monumenta  de  V  architecture  militaire  dee  Croiséa 
en  Syrie  (^Paris  1871)  p.  39-67  e  le  piante  IV- VII  in  fine  del  volume. 

(3)  Il  citato  Bey  (ÉJtude  cit.  p.  64)  calcola  i  mille  bisanti  in  oro  per  10,500  fr.  di  nostra 
moneta.  —  Il  bisante  saraceno  di  Siria,  lungo  i  secoli  XIII-IV  valeva  10  dirhem  (=  dramme 
d'  argento).  —  Cfr.  Cornelio  Desimoni  in  Archives  dk  V  Orient  Latin  t.  I  p.  437  s. 

(4)  Pauli  Codice  Diplomatico  voi,  I  p.  183-84,  dipi.  n.  145.  —  Non  è  da  confondersi  il 
nostro  Guglielmo  coli'  omonimo  Domenicano  parimenti  vescovo  di  Tortosa  alcuni  anni  prima. 


SECOLO  xm.  267 


curata  dai  Minori  con  note  e  un  prologo  galeato  in  difesa  del  Bacone,  Venetiis  1750  in  71 
fol.;  ove  a  pag.  153-65  si  ha  il  trattato  de  situ  T.  S.  Recentemente  il  Dr.  John  Henry 
Bridges  ridava  una  nuova  e  più  corretta  edizione  dell'  Opus  Majus,  resasi  ormai  rarissima 
e  scarsa  quella  del  citato  Jebb,  col  titolo  :  The  «  Opus  Majus  »  of  Boger  Bacon,  edited 
with  introducUon  and  analitical  table  by  J.  H.  Bridges,  Oxford  1897,  splendida  odiz. 
uso  inglese,  in  due  voi.  in  8  di  pp.  CLXXXV-404  e  568.  In  questa  edizione  (che  noi 
usiamo)  il  trattato  de  situ  T.  S.  fa  parte  della  Geographia  del  Bacone  che  è  ivi  nella 
Quarta  pars  Operis  Majoris  voi.  I  p.  286-376. 

Come  nota  il  Kòhricht,  Rogero  scriveva  questa  geografia  nel  1267  (1).  In  essa  il  ce- 
lebre Minorità  ci  lasciò  il  più  esatto  trattato  di  geografia  contemporaneo  che  vanti  il 
medio  evo  cristiano.  La  lettura  ne  è  dilettevole,  e  soddisfa  anche  i  dotti  per  la  varia  eru- 
dizione che  vi  mostra.  Egli  stesso  ci  narra  il  motivo  e  lo  scopo  nobile  che  si  ebbe  nel 
compilare  la  sua  Geographia.  —  «  Cognitio  locorum  mundi  (ei  dice)  valde  necessaria  est 
reipublicae  fidelium  et  conversioni  infìdelium  et  ad  obviandum  infidelibus  et  Antichristo,  et 
aliis.  Nam  propter  diversas  utilitates  reipublicae,  et  propter  praedicationem  fidei  mittuntur 
homines  ad  loca  mundi  diversa  ;  in  quibus  occupationibus  valde  necessarium  est  proficiscen- 
tibus  ut  scirent  complexiones  locorum  externorum,  quatenus  scirent  eligere  loca  temperata 
per  quae  transirent.  Nam  valentissimi  homines,  aliquando  ignorantes  naturam  locorum 
mundi,  seipsos  Christianorumque  negotia  peremerunt,  eo  quod  loca  nimis  caìida  in  tempo- 
ribus calidis,  aut  nimis  frigida  in  frigidis  transierunt.  Receperunt  etiam  pericula  infinita, 
eo  quod  nesciverunt  quando  intra verunt  regiones  fidelium,  quando  schismaticorum,  quando 
Saracenorum,  quando  Tartarorum,  quando  tyrannorum,  quando  hominum  pacificorum,  quando 
barbarorum,  quando  hominum  rationabilium  ...  Et  ideo,  sive  prò  conversione  infidelium  pro- 
ficiscatur,  aut  prò  aliis  Ecclesiae  negoiiis,  necesse  est  ut  sciat  ritus  et  conditiones  omnium 
nationum,  quatenus  proposito  certo  locum  proprìum  petet;  ne  si  velit  paganos  adire,  cadat 
in  idololatras,  vel  si  illos  intendat,  scismaticos  invadat,  vcl  prò  scismaticis  obedientes  Ro- 
manae  ecclesiae  eligat,  aut  indifferentes  utrique  parti,  cujusmodi  sunt  populi  qui  vocantur 
Aas  (2);  quatenus  etiam  Nestorianos  desiderans  Nicholaitas  declinet;  et  sic  multis  gentibns 
sectarum  diversarum  ne  unam  prò  alia  eligat  oberrando.  Quam plurimi  enim  a  negotiis 
Christianorum  maximis  sunt  frustrati,  eo  quod  regionum  distinctiones  nesciverunt.  Deinde 
non  modica  nec«ssitas  sciendi  loca  mundi  oritur  ex  hoc,  quod  oportet  Ecclesiam  optime  sciro 
situm  et  conditiones  decem  tribuum  ludaeorum,  qui  exibunt  in  diebus  futuris  (1.  301-2)  » 

«  Quoniam  igitur  infinita  est  utilitas  cognitionis  locorum  hujus  mundi  prò  philosophia 
et  theologia  et  Ecclesia  Dei,  volo  adhuc  alium  sermonem  de  hujusmodi  locis  componere  et 
divisiones  regionum  evidentiores  assignare;  et  sequar  Plinium  abundantius,  quem  omnes 
sancti  et  sapientes  sequuti  sunt.  Ubi  autem  aliquod  certum  per  alios  auctores  invenero 
tam  per  sanctos,  ut  Hieronymum,  Orosium,  Isidorum,  quam  per  alios  auctores,  non   ne- 


(1)  B^l.  geogr.  Palaest  n.  135.  •—  Cfir.  Ingram  in  Naturai  hiet,  revitio,  Dublio  1858,  V.  (>. 
—  Se,  come  vuoisi,  Rogero  Bacone  nel  1248  contava  34  anni  d' età,  egli  sarebbe  nato  nel  1214. 
Piets  e  il  Waddingo  lo  dicono  morto  gli  11  giugno  1284;  altri  nel  1292,  e  il  Jebb  nel  1294 
data  che  sembra  la  più  probabile  al  Daunou  in  Hist.  littér.  de  la  France  t.  XX  p.  233. 

(2)  Popoli  limitrofi  agli  Alani  posti  lungo  il  Don  e  il  Caspio,  t  Deinde  superius  ad 
Orieutera  sunt  montes  Alanorum  et  Aas,  qui  sunt  Christiani,  et  recipiunt  indiflferenter  omnes 
Christianos  tam  Latinos  quam  Graecos,  unde  non  sunt  scbismatici,  et  pugnant  cum  Tartaris; 
et  similiter  Alani.  Post  eos  ad  orientem  sunt  Saraceni,  qui  vocantur  Lelgì,  qui  propter  teirae 
fòrtitudinem  pugnant  cum  Tartaris  >  (Rog.  Baco  Opus  Majus  t.  I.  p.  3tì3-4).  Qui  i  Lelgi  sa- 
rebbero forse  1  Lyergis  ricordati  sopra  dal  Piancarpino  a  p.  208,  210.  I  Ligyes  del  Caucaso? 


268  BIBLIOTECA 


71  gligam  qnae  necessaria  sant  assignare  ...  Et  assigiiabo  ritns  et  sectas  gentinm,  ut  qui  sant 
pagani,  qui  idololatrae,  qui  Tartari,  et  sic  de  aliis,  nt  certior  apprehensio  locornm  pateat 
perlegenti.  Haec  aatem  via,  qua  procedam,  non  est  per  certificationem  astronomiae,  scilicet 
per  veras  longitudines  et  latitudines  locomm  respectu  coeli;  quia  nondum  hàbent  eam 
Latini,  sed  est  snmpta  ex  auctoribus  qui  mandi  regiones  describunt  secondum  qnod  quilibet 
potest  loca  natalis  soli  describere,  et  per  alios  de  locis  extraneis  edoceri.  Konnnnqnam 
tamen  plura  reperiontur  scripta,  quae  ex  rumore  magis  quam  per  experientiam  habnernnt 
anctores.  Nam  et  Plinins  minus  bene  dixit  mare  Caspinm  oriri  ex  mari  Oceano,  et  Ptolomeas 
in  Àlmagesti  de  plano  errayit  de  sita  Britanniae  majoris  et  minoris,  sicnt  manifestnm  est 
cnilibet,  et  sic  isti  de  aliis  maltis,  et  caeteri  aactores  similiter.  Propter  quod  recurram 
ad  eos  qui  loca  hujus  mundi  prò  magna  parte  peragrati  sunt.  Et  maxime  in  regionibas 
aqailonaribns  sequar  frafrem  praedictum  (Willielmum),  qaem  Dominas  Eex  Pranciae  Lo- 
do vicns  misit  ad  Tartaros  anno  Domini  1253,  qai  perlustra vit  regiones  orientis  et  aqailonis 
et  loca  in  medio  mundi  bis  annexa,  et  scripsit  haec  praedicta  illustri  regi;  quem  librum 
diligenter  vidi,  et  cum  ejus  auctore  contuli,  et  similiter  cum  multis  aliis,  qui  loca  orientis 
et  meridiana  rimati  sunt  (I.  304-5)  ». 

Cosi,  sulla  scorta  dei  citati  autori,  non  che  di  Giuseppe  Flavio,  di  Egesippo,  di  Al- 
fragano  (il  cosi  detto  arabo  scrittore  Ahmad  Ibn  Muhammad  Ibin  Kathir),  de' due  Mi- 
noriti Bubruquis  e  Piancarpino  e  di  altri,  cui  spesso  spesso  fa  cenno,  il  nostro  Bacone 
traccia  un  vero  capo  lavoro  di  geografia  del  medio  evo,  correggendo  non  pochi  errori 
de'  suoi  contemporanei  e  degli  antichi. 

Notiamo,  per  gli  studiosi  cartografi,  che  alla  geografia  di  Bacone,  vi  era  unita,  una 
mappa  o  carta  geografica  da  luì  stesso  delineata,  come  risulta  dalle  seguenti  sue  parole  : 
«  Secundum  igitur  praedicta,  praesentem  afferò  doscriptionem  in  albiori  parte  pellis,  ubi 
civìtates  notantur  per  circnlos  rubros  :  nam  in  alia  parte  pellis  alia  descriptio  poterit  as- 
signari  propter  evidentiam  majorem  locorum  mundi.  Et  hanc  secundam  descriptionem  addo 
propter  summam  utilitatem  locorum  »  (I.  300;  cfr.  etiam  pp.  296-97). 

È  evidente,  dice  il  Bridges,  da  questo  e  da  altri  passi,  che  Bacone  preparò  una  Mappa 
del  mondo  per  illustrare  questa  parte  dell'  Opus  Majus.  Tuttavia  nessuna  traccia  di  questa 
Mappa  spedita  al  Pontefice,  è  stata  finora  scoperta  (loc.  cit). 

2.  —  Opere  geografiche  del  Bacone.  —  H  Baleo  (1)  nel  lungo  catalogo  delle  opere 
di  Bacone  (ne  scrisse  oltre  ottanta)  distingue  due  opere  del  medesimo  sulla  Terra  Santa: 

a)  —  De  situ  Palestìnae  liber  unus. 

b)  —  De  locis  sacris  liber  unus. 

Lo  stesso  scrittore  registra  anche  le  seguenti  opere  geografiche  di  Bogero: 
e)  —  Descriptiones  loooram  mundi  lib.  unus,  coli' incipit:  «Ad  hoc  antem 
quod  certius  et  plura...». 

d)  —  Oosmographia  lib,  1. 

e)  —  De  regrionibus  mundi  lib.  1.  — ^  H  Cordier  nell'opera  Les  Voyages  en  Asie 
du  B.  fr.  Odoric,  Paris  1891,  a  p.  LXXV,  descrive  un  cod.  della  Ducale  di  Wolfenbùttel 
« n.  41  Weissernburg  »  che  contiene  quest'  opera:  Bogerus  Bacon,  de  regionibus  adpapam 
Ckmentem,  nei  ff.  91-120. 

f)  —  De  regibus  mundi  lib  1  (2). 


(1)  Seriptores  iUustr.  majori»  Brytaniae  CcUcdogtts  Basileae  1559  p.  342. 

(2)  Il  Waddingo  e  lo  Sbaralea  {Svpplem.  p.  643)  registrano  anche  un  altro  cod.  De  sita 
Orbis  lib.  1,  ms.  Cautabrigiae  in  Colico  S.  Benedicti  cod.  192  n.  2;  e  nello  stesso  Colleg.  il 


SECOLO  XUL  269 


3.  —  Opere  edite  del  Bacone.  —  Oltre  le  suddette  opere  edite  dal  Jebb  e  dal  Bridges  (1),  71 
il  eh.  J.  S.  Brewer  pubblicò  Fratris  Bogeri  Bacon  opera  quaedam  hactenus  inedita,  Londra 
1859,  in  8°  gr.  di  pp.  C-573,  che  contiene  1'  Opus  Tertium,  V  Opus  Minus,  nn  Com- 
pendium  Philosophiae  e  De  nulUtate  magiae.  Il  Sig.  Bobert  Stcele  attualmente  (1905) 
intraprende  la  pubblicazione  delle  opere  inedite  del  Bacone,  di  cui  usci  il  1  fascicolo  con 
la  Metaphisica  Fr.  Bogeri,  e  il  De  viciis  contractis  in  studio  Theologiae,  Londra  Alex. 
Moring,  in  8»  di  pp.  Vm-56. 

In  ultimo  non  vogliamo  lasciare  di  riportare  il  giudizio  che  Alessandro  Humboldt  £& 
dei  meriti  di  Rogero  sulla  geografia  de'  suoi  tempi  e  sulle  scoperte  più  recenti.  —  Dopo 
averci  dimostrato  che  i  grandi  missionari  e  viaggiatori  francescani  (i  Piancarpino,  Bubruk, 
Corvino,  Marignólli  e  Odorico)  conobbero  scientificamente  potersi  andare  alle  Indie  per  vi? 
d'  occidente,  tenendosi  sulle  parti  delle  terre  abitabili,  nonché  i  rapporti  tra  la  superficie 
de'  continenti  e  quella  de'  mari,  soggiunge  :  «  Questi  cenni  si  trovano  in  frate  Buggero 
Bacone,  uomo  prodigioso  per  la  varietà  delle  sue  conoscenze,  per  la  vigoria  del  suo  intelletto 
e  r  indirizzo  de'  suoi  lavori  alla  riforma  degli  studi  fisici  ;  e  questi  studi  furono  quelli  che 
determinarono  la  scoperta  del  Nuovo  Mondo.  Fra  gli  autori  che  consultava  il  Colombo,  il 
più  a  lui  prediletto  fa  senza  dubbio  il  Cardinale  d'Ailly  (Petrus  de  Alliaco);  e  sopra 
tutto  pare  che  lo  colpisse  il  capitolo  ottavo  del  Cardinale  che  ha  per  titolo  De  quantitate 
terrae  hàbitahilis;  capitolo  che  inseri  quasi  per  intero  nella  lettera  che  Colombo  scrisse 
ai  monarchi  di  Spagna  il  1498  dopo  il  suo  ritomo  ad  Haiti  dalla  costa  di  Paria.  Ora  io 
verificai  (dice  l' Humboldt),  che  questo  tratto  copiato  dal  Colombo,  il  Cardinale  d'  Ailly 
lo  aveva  preso  quasi  alla  lettera  dall'  Opus  Majus  del  francescano  Buggero  Bacone.  Vero 
è  eh'  ^lì,  il  Cardinale,  alla  fine  della  sua  Imago  Mundi  la  chiama  scriptura  expluribus 
auctoribus  recollecta  an.  1410;  ma  a'  molti  nomi  di  autori  classici  e  di  cosmografi  arabi  che 
cita,  si  guarda  bene  dall'  aggiungere  quello  del  celebre  frate  francescano  ».  E  l' Humboldt 
dà  i  tre  testi,  perchè  il  lettore  a  suo  agio  possa  confrontarli,  e  soggiunge  :  «  Il  fatto  è,  che 
r  opera  di  frate  Buggero  Bacone  precedette  quella  del  d' Ailly  di  più  che  cent'  anni,  e  che, 
in  quanto  riguarda  l'interiore  dell'Asia  e  l'estremità  orientale  di  quel  continente,  era 
molto  più  ricca  di  cognizioni  che  non  l' Imago  Mundi  (2)  ». 

1268  —  Qiafib,  e  il  Convento  de'  Minori.  —  Ai  7  di  marzo  dì  qaest'  anno, 
il  Soldano  Bibars  s' impossessa  della  città  e  castello  di  Giaffa  in  meno  di  12  ore. 
Dopo  aver  permesso  agli  abitanti  di  ritirarsi  in  Acri,  egli  ordina  la  distruzione  della 
città,  riserbandosi  il  l^name  e  i  marmi  4>er  decorare  l' interiore  della  moschea  Daherì, 
sita  nel  quartiere  Hosainiah  del  Cairo  (3).  Cosi  finì  il  gran  convento  e  chiesa  de'FF. 
Minori  costruitivi  dal  re  Luigi  IX  nel  1252.  Vedi  sotto  qnest'  anno,  a  p.  103  (4). 


lib.  De  regionibus  mundi.  —  Tutti  questi  sei  libri  geografici  del  Bacone  sarebbero  tante 
parti  della  sna  Geographia  contenuta  nella  quarta  parte  del  suo  Opus  majus,  come  osserva 
il  Jebb,  e  dopo  di  lui  Victor  le  Clero  in  Histoire  littéraire  de  la  France  t.  XX  p.  247,  ove 
si  ha  un'  abbondante  bio-bibliografia  del  nostro  Bacone. 

(1)  Il  Bridges  poco  fa  pubblicò  anche  un  volume  supplementare  dell'  Opus  Majus  (Londra, 
pp.  Xy-187)  che  non  abbiamo  visto  ancora.  —  Un  cenno  biografico-crìtico  sulla  vita,  e  alcuni 
brani  delle  varie  opere  di  Bogero  Bacone  vedi  in  Monum.  Cferm.  histor.  Scrlptor.  t.  XXVIII 
p.  569-83. 

(2)  Hist.  de  la  géogr.  ap.  Civezza  Storia  delle  Miss.  t.  VII  par.  Il  p.  647-61. 

(3)  Archives  de  V  Orient  Latin  t.  II  p.  379. 

(4)  Cfr.  nostra  Serie  cronologica  dei  Superiori  di  T.  S.  p.  205-6. 


270  BIBLIOTECA 


"71  1268  —  Caduta  di  Antiochia  —  Martiri.  —  Assediata   da  Bibars  il   15 

maggio,  cade  in  suo  potere  il  di  18,  spargendovi  la  desolazione  e  la  morte.  Gli  otto 
mila  nomini,  donne  e  fanciulli  riparati  nella  cittadella  furono  condotti  prigioni,  dando 
la  libertà  soltanto  agli  apostati  (1). 

In  questa  triste  circostanza  furono  devastati  1  due  conventi  che  i  francescani  vi 
avevano,  uno  entro  la  città,  e  1'  altro  nelle  vicinanze  sulla  famosa  Montagna  Nera. 
I  religiosi  che  li  abitavano  ebbero,  senza  dubbio,  quella  sorte  che  toccò  ad  altri  loro 
confratelli,  o  uccisi  coi  17  mila  cittadini,  o  menati  in  iscbiavitù  (2). 

Il  patriarca  latino  e  quattro  frati  Domenicani  furono  sgozzati  avanti  l' altare 
maggiore  della  cattedrale  (3). — Secondo  il  Bzovio  (4),  qui  in  Antiochia,  sarebbero 
perite  le  Clarisse  che  per  conservare  la  castità  si  deturparono  il  viso;  fatto  che  il 
Vitodurano,  il  Waddingo,  S.  Antonino  ed  altri  (come  vedremo)  riferiscono  avvenuto 
nella  caduta  di  Acri,  1291.  L'  Echard  (5)  negherebbe  anche  il  fatto  come  avvenuto 
in  Acri,  per  la  ragione  che  prima  dell'  assedio  le  belle  donne,  i  fanciulli  e  gì'  inutili 
ripararono  in  Cipro  !  —  Del  resto,  oltre  il  monastero  di  Clarisse  perite  nel  massacro 
di  Acri,  possiamo  concedere  con  ragione  anche  1'  esistenza  d'  un  altro  monastero  di 
Clarisse  nella  città  di  Antiochia,  quelle  verosimilmente  che  professando  la  regola  di 
S.  Benedetto  furono  nel  1257  riformate  dai  Minoriti,  ed  ottennero  poi  indulgenze  per 
le  festività  de' santi  Francesco,  Antonio  e  Chiara  (6). 

1269  —  S.  Bonaventtira  e  la  Crociata.  —  «  Neque  S.  Bonaventura  Mi- 
norum  Primicerius  scgniter  adlaboravit  (ut  exercitus  in  Orientem  quantocius  trans- 
ferretur):  nam  coactis  Assisii  Comitiis,  Keipublicae  christianae  discrimen  consodalium 
precibus  commendavit,  deinde  deputatis  ad  praedicandam  crucem  Ministris,  omni  sol- 
licitudine  satagebat  ut  per  se  suosque  Christian!  Principes  et  Dynastae  in  sacrum 
bellum  coirent  (7)  » 

Bibars,  non  ostante  abbia  conchiuso  1'  anno  precedente  trattati  di  pace  con  quasi 
tutti  i  principi  cristiani  di  Siria,  trovò  al  solito  1'  occasione  di  romper  loro  guerra. 
H  23  di  maggio  devastò  con  incendi  e  massacri  i  dintorni  di  Tiro  (8). 

1269.  —  Fr.  Gonrado  de  Hallìs  e  sei  oompaerni  martiri  in  Siria.  —  Altri 
Tmdici  Minoriti  catturati  dai  Saraceni. 

72  Abbiamo  il  racconto  del  loro  martìrio  nella  cronaca  più  sopra  riportata  (sub  an.  1269 

p.  264-65)  del  contemporaneo  Minorità  Erphordiense  che  li  dice  uccisi  dalle  orde  del  feroce 
Bibars  nel  1269.  Lo  stesso  in  compeRdio  ci  racconta  il  Qlassberger  (9).  —  Ambo  questi 


(1)  Rohricht  in  Archives  de  l'Orìent  Latin  t.  II  p.  391-92;  cfr,  ibid.  la  nota  111.  —  Sauvaire 
Chronique  de  Moudjireddyn  p.  238.  —  Wadding  an.  1268  n.  2.  —  Vedi  specialm.  Michand 
Storia  delle  Crociate  lib.  XV,  agli  anni  1255-70,  e  ivi  la  lettera  che  Bibars  scrìsse  dopo  la 
caduta  di  Antiochia  al  principe  Boemondo  VI. 

(2)  Vedi  sopra  a  p.  65-70.  —  Cfr.  Wadding  an.  1268  n.  2.  —  Givezza  Storia  delle 
Miss.  t.  II  e.  1.  —  La  catena  dell' AmAnus  che  si  stende  dal  colle  di  Beylan  sino  a  Ras  el 
Khanzir,  era  chiamata  la  Montagna  Nera  coperta  di  grandi  foreste  e  irrigata  da  molte  sor- 
genti. Su  qaesta  montana  regione  vi  erano  molti  monasteri  di  monaci  greci  e  latini;  ai  qtiali 
ultimi  apparteneva  quello  detto  di  S.  Giorgio  spesso  ricordato  nei  documenti  del  principato 
di  Antiochia.  —  Cfr.  K  G.  Rey  in  Archives  de  l'Or.  Latin  t.  II  p.  332-33. 

(3)  Le  Qaien  Oriens  Chriat.  III.  1162. 

(4)  Annoi.  1268  n.  68. 

(5)  Servptores  I.  423. 

(6)  Vedi  il  breve  Lic^t  is,  5  mar.  1257,  in  SbaraL  Bvllar.  t.  Il  p.  202. 

(7)  Haroldns  Annoi,  an.  1269  n.  1.  —  Cfr.  Wadding  an.  cit. 

(8)  Rohricht  in  Archives  de  V  Or.  Latin  t.  II  p.  395-96. 

(9)  Anal.  frane,  t  II.  p.  82. 


SECOLO  xm.  271 


cronisti  registrano  inoltre,  che  le  stesse  orde  saracene  avevan  catturati  e  tolti  da  nn  con-    72 
vento  francescano  della  Siria  il  guardiano  e  dieci  religiosi,  che  poi  nn  devoto  abbate  bene- 
dettino riscattò  e  mise  in  libertà.  —  Il  CatcUogus  ss.  FF.  e  il  Chron.  24  Gen.(l)  con- 
temporaneamente ai  suddetti  martiri  ne  registrano  altri  diie:  «  Alii   etiam  duo  fratres, 
quorum  alter  senez,  et  alter  iuvenis  prò  fide  Christi  a  saracenis  fuerunt  decollati  ». 

1270.  —  Fr.  Odone  RigaJdi  (Rigaud),  Arcivescovo  Rotomagense  (Bouen), 
compagno  di  8.  Luigi  IX  nella  seconda  Crociata  in  Oriente  :  cenni  bio- 
grafici. 

Fra  i  principi  e  baroni  che  accompagnarono  il  santo  monarca  Luigi  IX  nella  seconda    73 
sua  crociata  in  Oriente,  deve  la  nostra  storia  mentovare  il  celebre  prelato  Minorità  fr. 
Odone  Bigaldi,  del  quale  non  abbiamo  ancora  una  biografia  degna  di  lui,  se  non  pochi 
cenni  qua  e  là  sparsi  negli  Annali  del  Waddingo  (2)  e  nel  Bullarium  (3)  e  Supplementum 
ad  Scriptores  (4)  dello  Sbaralea. 

n  Sigr.  Bonnin  che  nel  1852  ripubblicò  il  Regestum  Visitationum  del  nostro  Eigàldi  (5) 
fu  anche  il  primo  a  darci  nella  prefazione  una  succinta  biografia  dì  lui,  la  quale  noi  qui 
riassumiamo  completandola  con  altri  dati,  perchè  si  conosca  tra  noi  meglio  un  benemerito 
nostro  confratello  troppo  dimenticato. 

Odo  0  Odone  Bigaud  (Odo  Bigaldm  o  Bigaldi)  figlio  di  Pietro  de  Bigaud  cavaliere, 
era,  secondo  la  testimonianza  di  Matteo  Paris,  di  origine  francese  e  discendente  di  nobile 
famiglia;  ma  ignorasi  ancora  la  data  precisa  e  il  luogo  della  sua  nascita.  Noi  1236  egli 
entrò  nell'  Ordine  de'  Minori,  e  terminò  i  suoi  studi  a  Parigi  sotto  il  famoso  dottore  frate 
Alessandro  di  Hales.  Ottenuto  il  dottorato  (6)  in  teologia  (1242),  presto  si  acquistò  grande 
riputazione  come  predicatore,  e,  se  vogliam  credere  alla  tradizione  popolare,  si  fu  durante 
un  corso  di  predicazioni  che  egli  dava  a  Bouen,  che  il  capitolo  della  città,  lo  elesse  a 
quella  sede  arcivescovile.  Checché  ne  sia,  sappiamo  dal  Salimbene,  che  il  santo  re  Luigi  IX 
molto  si  adoperò  perchè  Odone  vi  fosse  eletto  (7),  non  ostante  la  viva  opposizione  del- 
l' umile  religioso  che  bramava  condur  la  vita  nel  rigore  e  nella  semplicità  monacale.  Fi- 
nalmente la  sua  renitenza  fu  vìnta;  e  venne  consacrato  a  Lione  nel  marzo  del  1248  da 
Papa  Innocenzo  IV  che  colà  risiedeva,  causa  le  persecuzioni  dì  Federico  II  che  spadro- 


(1)  Lemmens  Catal.  di.  p.  26,  e  Anal.  frano,  t.  Ili  p.  416. 

(2)  Tomi  II  p.  419  n.  16;  III  p.  160  n.  37;  IV  p.  398  n.  11;  V  p.  5  n.  5. 

(3)  Tomi  I-III,  vedi  rispettivi  indici. 

(4)  P.  568-69.  Ma  né  lo  Sbaralea,  né  il  Waddingo  né  altri  nostri  Cronisti,  per  quanto 
sappiamo,  ricordano  il  viaggio  del  Rigaldi  in  Oriente. 

(5)  Coi  tipi  di  Augusto  Le  Brument,  Bouen  1852;  un  voi.  in  4'»  di  pp.  VII-860,  che 
abbraccia  i  soli  anni  1248-69  dell'  arcivescovato  del  Rigaldi,  I'  altra  parte  del  Cod.  essendo 
smarrita.  —  Un'  anteriore  ediz.  dello  stesso,  Rouen  1847  in  4",  è  citata  neU'JJwtoire  Kttér.  de  la 
France  t.  XXI  p.  LXXIX  e  616-28,  ove  si  ha  un  abbondante  cenno  biografico  di  fir.  Odone. 

(6)  Il  Salimbene  (p.  93)  lo  dice  €magÌ8ter  cathedratus  Parùtus»,  il  che  vuol  dire  che 
Odone,  tenne  cattedra  nell'  università  di  Parigi  dopo  1'  Alense.  Cfir.  Chron.  24  Gen.  [Anal. 
frane,  t.  Ili  p.  220)  ove  in  nota  lo  si  dice  nato  e.  1200-1205.  —  «  Celeber  Odo  Rigaldi  Ord. 
Min«,  qui  ante  electionem  ad  sedem  arcbiepiscopalem  actu  regebat  in  theologica  facultate 
Parisiis  » .  Deuifle  Ord.  Praed.  Chartularium  Unheriitatia  Parieiensis  tip.  305.  —  Ad 
Odone  nella  cattedra  succedette  il  Minorità  Guglielmo  de  Melitona.  Ih.  t.  I  p.  211  n.  4. 

(7)  Salimbene  Chron.  ed.  Parma  1857,  p.  220. 


272  BIBLIOTECA 


73  neggiava  da  barbaro  in  Italia.  Il  di  di  Pasqua  Odone  Eigaldi,  57»  arciyescovo  di  Bonen, 
entrava  solennemente  nella  sua  metropoli  succedendo  a  Odone  Clément  morto  il  5  maggio 
1247,  col  quale  spesso  venne  confuso  da  alcuni  scrittori  (1). 

Zelante  qual  era,  subito  egli  intraprese  la  visita  pastorale  della  sua  estesa  diocesi  e 
del  resto  della  Normandia  che  gli  apparteneva,  mentre  Luigi  IX  partiva  per  la  sua  prima 
crociata  il  12  giugno  1248.  Il  21  di  aprile  1249,  1'  arcivescovo  interrompe  il  corso  delle 
sue  visite  pastorali  e  s' imbarca  a  Wissant  per  l' Inghilterra,  a  fine  di  rivendicare  da 
Enrico  III  certi  beni  appartenuti  alla  sua  diocesi  e  che  quel  monarca  aveva  sequestrati. 
Il  7  di  maggio  lo  vediamo  ritornare  in  Francia  e  riprendere  le  sue  visite  apostoliche.  Il 
23  settembre  egli  presiedette  ai  funerali  di  Gautioro  vescovo  di  Parigi,  e  verso  la  fine 
dell'  anno  andò  a  soggiornare  a  Lione  presso  Innocenzo  IV.  Quando  Luigi  IX  cadeva  (1250) 
prigioniero  col  suo  esercito  nella  battaglia  di  Mansurah,  il  pio  arcivescovo  ordinò  pub- 
bliche preci  per  la  liberazione  del  santo  re,  come  ordinavano  le  bolle  papali.  Nello  stesso 
anno  ei  visitò  le  sei  diocesi  della  Normandia,  mostrando  una  prodigiosa  attività,  e  senza 
punto  interrompere  le  sue  fatiche  se  non  per  recarsi  due  volte  presso  il  Papa  a  Lione  ove 
lo  chiamavano  gravi  interessi  del  regno. 

Dopo  la  Pasqua  del  1251  Innocenzo  IV  potè  ritornare  tranquillo  in  Italia,  poiché  era 
morto  il  suo  feroce  persecutore  Federico  II.  Odone,  dopo  aver  tenuto  un  concilio  provin- 
ciale a  Rouen  (1252),  e  dopo  aver  assistito  ai  funerali  (29  nov.)  della  pia  regina  madre 
Bianca,  regente  del  regno  per  Luigi  assente,  si  vide  costretto  (1253)  di  prendere  la  via 
di  Roma  per  rivedere  il  Papa  e  con  lui  aggiustare  le  serie  difficoltà  insorte  tra  la  giu- 
risdizione sua  e  quella  de'  suoi  suffraganei  ;  e  non  ritornò  in  Francia  che  dopo  ottenute 
le  bolle  che  mettevan  fino  ad  ogni  questione. 

Il  Salimbene,  non  conosciuto  dal  Bonnin,  ricorda  l' arrivo  di  Odone  in  Mantova 
(16  mar.  1253),  accompagnato  da  un  equipaggio  di  80  cavalcature  e  da  numerosa  co- 
mitiva. A  questa  pompa  dovuta  al  suo  grado,  e  secondo  gli  usi  dì  quei  tempi  feudali, 
Odone  univa  una  squisita  carità  coi  poveri  cui  ogni  giorno  offriva  in  due  vasi  di  argento 
di  ogni  qualità  di  cibi  che  gli  venivano  apposti  sulla  mensa.  Poi  Salimbene  soggiunge: 
«  Frate  Eigaldi  dell'  Ordine  de'  Minori  ed  arcivescovo  Botomagense  era  uno  de'  maggiori 
chierici  del  mondo.  Fu  maestro  cattedratico  in  Parigi,  e  per  molti  anni  insegnò  teologia 
in  quel  convento  de' frati;  era  ottimo  disputatore  ed  oratore  improvìso:  scrisse  un'opera 
sulle  Sentenze  (2),  e  fu  amico  di  Luigi  re  di  Francia  che  s' impegnò  perchè  fosse  promosso 
a  quella  sede  arcivescovile.  Egli  amò  molto  l' Ordine  de'  Predicatori  come  il  suo  de'  Minori, 
ed  ambo  beneficò.  Era  deforme  di  aspetto,  ma  grazioso  nelle  opere  e  nei  costumi,  poiché 
era  uomo  santo  e  a  Dio  devoto,  e  sì  bene  fini  la  sua  vita;  cuius  anima  per  misericordiam 
Dei  requiescat  in  pace.  Ebbe  egli  un  fratello  germano  nell'  Ordine,  uomo  bello  e  chierico 
distinto,  che  si  chiamava  frate  Adamo  le  Bigalde;  ed  ambo  vidi  più  volte  in  diversi 
luoghi  (3)  » . 


(1)  Il  aostro  Odone  tenne  1'  arcivescovato  Botomagense  (Ronen)  dal  marzo  1248  fino 
alla  sua  morte  2  luglio  1275.  Dal  Ciaconio  è  erroneamente  posto  tra  i  Cardinali  nominati  da 
Inn,  IV  (Eubel  Hierarch.  I.  p.  7  nota  2),  e  lo  confuse  probabilmente  col  omonimo  Card.  Odone 
de  Castro  morto  nel  1273,  quegli  stesso  forse  che  è  ricordato  dal  Salimbene  (Chron.  95,  133) 
come  legato  di  Curia  nell'  esercito  di  S.  Lodovico  IX  che  s' imbarcava  per  1'  Oriente.  (Cfr. 
Sbaralea  BuUar.  t.  I.  p.  547,  651  in  nn.). 

(2)  Vedi  r  elenco  di  molte  sue  opere  nel  Waddingo.  —  Sbaralea  Supplementwm  p.  568-69. 

(3)  Salimbene  Chron.  p.  219-20.  —  In  calce  del  presente  articolo  riportiamo  tutto  il 
brano  della  cronaca  Salimbeniana. 


SECOLO  xm.  273 


Dal  Registro  delle  sue  visito  veniamo  a  sapere,  che  Odone  si  trattenne  in  Italia,   73 
fermandosi  nello  principali  città,  fino  all'agosto  del  1254;  nell'andata  si  fermò  4  giorni 
in  Assisi,  e  nel  ritorno  da  Koma  passò  tatto  il  mese  di  maggio  del  1254  in  compagnia 
di  papa  Innocenzo*  IV  (1),  il  quale  poco  dopo  moriva  a  Napoli  il  7  dee.  dello  stesso  anno, 
succedendogli  Alessandro  IV. 

Ee  Luigi  era  ritornato  dall'  Oriente  ed  entrava  a  Parigi  il  dì  7  sett.  1254;  e  alli  30 
dello  stesso  mese  vi  arrivava  Odone.  E  da  questo  momento  noi  vediamo  Y  arcivescovo  di 
Bouen  entrare  nelle  relazioni  più  intime  col  santo  monarca  e  diventare  il  suo  abituale 
consigliere  negli  affari  più  grandi  del  regno.  In  questo  stesso  anno  (7  dee.)  il  re  lo  in- 
viava incontro  al  sovrano  d'Inghilterra  che  veniva  a  Parigi;  e  il  6  di  aprile  dell'anno 
seguente  Odone  benediceva  il  matrimonio  di  Isabella,  figlia  di  Luigi  IX,  sposata  a  Tibaldo  Y 
re  di  Navarra.  Ai  4  decembre  del  1257,  nel  giardino  de' re  a  Parigi,  alla  presenza  de' due 
monarchi  di  Francia  e  d' Inghilterra  e  di  un  gran  numero  di  Signori,  Odone  legge  e  pub- 
blica n  trattato  di  pace  tra  i  due  re,  pel  quale  Enrico  m  rinunziava  a  tutte  le  sue  pretese 
su  la  Normandia. 

Luigi,  figlio  primogenito  di  Luigi  IX,  era  morto  (25  dee.  1259)  in  età  appena 
di  16  anni;  e  l'arcivescovo,  allora  in  giro  per  la  diocesi,  apprese  soltanto  il  15  gen- 
naio dell'  anno  seguente  il  luttuoso  avvenimento  che  colpiva  il  santo  monarca  nei  suoi 
più  teneri  affetti.  Odone  si  mise  subito  in  cammino  per  consolare  il  prìncipe;  ma  vìa 
facendo  egli  stesso  cadde  infermo,  e  non  potè  raggiungere  Q  re  che  ai  26  gennaio  a 
Pont-de-l'  Arche. 

Dai  4  ai  22  luglio  del  1260,  lo  vediamo  di  nuovo  in  Inghilterra  per  af^rì  del  regno, 
per  r  esecuzione  cioè  del  trattato  recentemente  firmato  dai  due  sovrani.  Per  quasi  tutto  il 
febbraio  del  1261,  Odone  dovette  risiedere  a  Parigi  ed  occupare  il  seggio  nel  Parlamento. 
Poi  (6  lugl.  1262),  a  Clermont  di  Auvergne,  celebra  lo  sposalizio  di  Filippo,  figlio  del  re 
ed  erede  di  Francia,  con  Isabella  di  Aragona;  e  ai  31  dello  stesso  mese  va  col  re  incontro 
al  sovrano  d' Inghilterra  che  per  la  terza  volta  veniva  a  Parigi. 

Nel  1267,  ai  S  di  giugno,  assistette  alla  ceremonia  che  si  fece  a  Parigi,  quando 
Filippo,  figlio  del  re,  fu  creato  cavaliere.  In  questa  circostanza  anche  il  nostro  arcive- 
scovo prese  la  croce  per  la  Terra  Santa  col  re  di  Navarra,  col  conte  di  Dreux  e  una 
grande  moltitudine  di  altri  principi,  e  tenne  un  discorso  all'  immenso  popolo  accorso  al- 
l'isola  di  Notre-Dame.  Prima  di  partire  per  l'Oriente,  celebrò  l'ultimo  concilio  provinciale 
(25  sett.  1269)  de'  dieci  che  sappiamo  da  esso  convocati  e  presieduti  ;  e  nel  nov.  e  dee. 
dello  stesso  anno  visita  per  congedarsi  varie  chiese,  e  poi  parte  con  la  seconda  crociata 
di  Luigi  IX  (2). 

Noi  non  ci  fermeremo,  e  neppur  compendieremo  questa  gloriosa,  ma  tragica  crociata 
che  costò  la  vita  al  Santo  monarca  e  perchè  troppo  nota,  e  perchè  nulla  sappiamo  di  par- 
ticolare che  riguardi  il  nostro  Odone,  se  non  che  egli  pure  e  più  che  altri  dovette  parte- 


(1)  Regesium  Visitationum  archiep.  Rothom.  p.  179-83. 

(2)  In  questo  viaggio  lo  seguirono  molti  francescani  tra  i  quali  i  due  seguenti:  «Obiit 
eodem  anno  [1270]  christianissimus  Rex  Frantcorum,  Ludovicus,  in  peregrinatione  ultra  mare, 
et  filius  eius,  nomine  Johannes.  Navigaverat  cura  ipso  rege  ultra  mare  cruce  signatus  domirut 
Rigaldus  archiepiscopus  Rothomagensis  et  doctor  Parisiensis  Ordinis  Minorum,  in  subsidium 
Terrae  Sanctae,  et  mtiltì  religiosi  de  Ordine  Minorum  et  Praedlcatorum  ;  ìnter  quos 
fuerunt  frater  lohannes  de  Prisco  et  fr.  Walterus  de  Hoyo.  Sed  post  mortem  regis  aliqui  red- 
ierunt» .  —  Glassberger  Chron.  in  Anal.  frane,  t.  II.  p.  82.  —  Di  fr.  Bigaldi  cfr.  Chron.  24 
Gen.  ibid.  t.  Ili  pp.  220  n.  2,  314  e  353. 

Bibliot.  —  Tom.  I.  18 


274  BIBLIOTECA 


73  cipare  alle  sofferenze  di  un  intoro  esercito,  o  restarno  addolorato  sino  all'  anima  per  la 
morte  del  sao  amico  e  sovrano  Luigi  IX.  Sappiamo  che  già  durante  il  tragitto,  prima  di 
arrivare  in  Àfrica  e  presso  le  costo  di  Sardegna,  nel  Inglio  del  1270,  Lnigi  lo  nominava 
sul  mare  uno  degli  esecutori  delle  ultime  sue  volontà,  in  caso  di  morte.  E  lui  morto, 
Filippo  m  suo  figlio,  nel  settembre  dello  stesso  anno,  lo  proclamava  sul  campo  di  Car- 
tagine primo  consigliere  di  Pietro  d' Alen^on,  già  prescelto,  in  caso  di  regenza,  luogotenente 
generale  del  regno  di  Francia. 

Nel  1271  Odone  era  ritornato  cogli  altri  principi  in  Francia;  e  senza  dubbio  adempì 
fedelmente  la  volontà  del  suo  santo  monarca.  Due  anni  dopo,  nel  1273,  lui  fu  uno  de'  tre 
prelati  cui  Gregorio  X  affidò  il  processo  della  canonizzazione  di  Luigi  IX.  Lo  stesso  Pon- 
tefice, r  anno  dopo  (1274),  lo  prescelse  coli'  altro  Minorità  frate  Paolo  vescovo  di  Tripoli, 
per  compagno  di  S.  Bonaventura  cardinale,  generale  dell'  Ordine,  e  vice-preside  del  concilio 
ecumenico  di  Lione  (1). 

Bonaventura  moriva  durante  il  concilio  ai  14  di  luglio  del  1274;  e  un  anno  dopo,  ai 
2  di  luglio  del  1275,  lo  seguiva  il  suo  confratello  Odone  Bigaldi,  che  pieno  di  meriti 
presso  Dio  e  gli  uomini,  moriva  a  Bouen,  e  veniva  sepolto  con  degna  pompa  in  quella 
cattedrale.  Il  suo  corpo  venne  collocato  a  destra  della  cappella  della  Vergine,  dietro 
il  coro. 

L' editore  del  Begestum  Visitationum  del  nostro  Odone,  dopo  aver  fatte  risaltare  le 
virtù  e  gl'insigni  servigi  resi  aUa  Chiesa  e  alla  Francia  da  questo  insigne  Minorità,  si 
duole  meritamente,  e  non  sa  spiegarsi  che  la  storia  abbia  quasi  dimenticato  in  lui  uno 
de'  più  benemeriti  prelati  della  Francia.  H  Bonnin  promise  di  darci  a  tempo  più  propizio 
una  più  completa  biografia  di  Odone  Rigaud,  ma  noi  non  sappiamo  se  il  eh.  editore  abbia 
potuto  mantenere  la  promessa. 

Chiudiamo  questi  pochi  cenni  con  una  pagina  della  cronaca  del  citato  Salimbene: 

«...  Magister  Martinus  de  Parma  [l^atus  Pontificìs  in  Lombardia],  curialis  homo, 
humìlis,  benignus  et  liberalis,  largas  ezpensas  fecit  Mantuae  fratri  Rigaldo  et  toti  familiae 
suae,  cum  transisset  per  eum  116-17  martii  1253}  eando  ad  Curiam  ;  et  misit  ante  eum 
senescalcum  suum,  volens  sibi  &cere  expensas  usque  Bononiam:  sed  firater  Bigaldus  hoc 
non  est  passus,  quia  dixit  quod  de  medietate  reddituum  suorum  poterat  splendide  vivere 
et  decenter  cum  tota  familia  sua,  et  aliam  medietatem  habebat  snperfluam.  Et  habebat 
LXXX  equitaturas  in  ilio  itinere  et  decentem  familiam;  et  cum  comedit  Ferrariae  [19  mar]. 
in  civitate,  tenuit  secum  ad  comedendum  quatuor  fratres  Minores,  qui  iverant  ad  visitandum 
ipsum.  Et  habebat  ante  se  super  mensa  duas  magnas  concas  argenteas,  in  quibus  prò 
pauperibus  ponebantur  cibaria  ;  et  portabat  dapifer  semper  duo  fercula  de  quolibet  ciborum 
genere  secundum  diversitates  ciborum,  et  ponebat  ante  frntrem  Rigaldum.  Ille  vero  unum 
fercnlum  retinebat  sibi,  de  quo  comedebat,  aliud  vero  prò  pauperibus  refundebat  in  concas; 
et  sic  fitciebat  de  qnalibet  apposi  tione  et  di  versi  tate  ciborum.  Erat  antem  frater  Bigaldus 
ex  ordine  fratrum  Minorum  et  Botomagensis  archiepiscopus,  et  unus  de  maioribus  clericis 
de  mnndo  :  magister  cathedratus  fnit  Parisius  [1241  ss.],  et  multis  annis  legit  theologiam 
in  domo  fratrum:  optimus  disputator  fuit  et  gratuitus  sermocinator :  opus  fecit  super 
Sententias:  amicus  fhit  B^is  Franciae  sancti  Lodoici,  qui  etiam  laboravit  prò  eo  ut  ar- 
chiepiscopatnm  Botomagensem  haberet:  ordinem  fratrum  Praedicatorum  multum  dilexit, 
sicnt  et  ordinem  fratrum  Minorum  de  quo  erat,  et  fuit  eorum  benefactor;  turpis  erat  in 
£&cie,  sed  gratiosus  in  moribus  et  operibus  snis:  nam  sanctus  homo  fuit  et  Deo  devotus, 
et  bene  finivit  vitam  suam  [2  ivi.  1275];  cuius  anima  per  misericordiam  Dei  requiescat 
il»  pace.  —  Fratrem  germanum  habuit  in  Ordine,  pnlcrura  hominem  et  magnnm  clericum, 
qui  dicebatur  frater  Adam  le  BigaMe.  Àmbos  pluries  vidi,  et  in  diversis  locis  (2)  ». 


(1)  Cfr.  CkTon.  24  Gen.  in  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  853. 

(2)  Salimbene  Chron.  cit.  p.  219-20. 


SECOLO  xm.  275 


1270  —  Pr.  Giovarmi  dal  Monti.  —  H  P.  Sigismondo  {Biografia  Serafica  73 
p.  77)  sotto  r  anno  1270,  ricorda  nn  fr.  Giovanni  dai  Monti,  religioso  assai  caro  a 
S.  Luigi  IX  re  di  Francia,  confessore  di  Margherita  regina  di  Navarra  figliuola  del 
santo  re,  e  qualche  volta  confessore  dello  stesso  re.  Giovanni  avrebbe  accompagnato 
il  monarca  francese  nella  crociata  di  Tunisi;  e  dopo  la  morte  di  lui,  sarebbe  stato 
inviato  dal  principe  Filippo  a  portar  la  triste  nuova  in  Francia.  Fa  distinto  predi- 
catore, e  lasciò  opere  predicabili. 

C.  1270  —  Fr.  Andrea  da  Bologna,  Ministro  provinciale  di  Terra  Santa 
o.  il  1270. 

Nella  nostra  Serie  Cronologica  de' Suj>eriori  di  Terra  Santa  registrammo  (p.  5-6)    74 
frate  Andrea  da  Bologna,  assegnandogli  il  governo  verso  il  1270.  I^li  morì  nel  1284  nella 
Curia  del  Papa  di  cui  era  cappellano.  Il  solo  Salimbeno  ha  quanto   segue   sulla  vita  di 
Andrea,  del  quale  nulla  altro  sappiamo. 

«...  Secundus  socius  fratris  lohannis  de  ParmA,  quando  Minister  generalis  erat 
[1247-57],  fuit  frater  Andreas  de  Bononia,  qui  homo  honestus  et  benignus  et  gratiosus 
et  familiaris  et  religiosus  et  Deo  devotus  fuit.  Hic  fuit  bonus  dictator,  et  dictavit  illas 
litteras,  quas  habuit  sanctus  Lodoycus,  in  capitulo  senensi  in  primo  passagio  \_1348],  quae 
multum  placuerunt  sibi  ob  liberalitatem  et  curialitatem  fratris  lohannis  de  Parma  gene- 
ralis Ministri.  Item  supradictus  frater  Andreas  Ultramarinae  provinciae  fuit  Minister,  sci- 
licet  Terrae  Sanctae,  sive  promissionis  (  . . .  Embescat  igitur  Fridericus  secundus  Imperator 
quondam,  qui  sive  trufatorie,  sive  credendo  verum  dicere,  insultando,  Deo  dicebat  quod 
non  viderat  regnuin  suum  quod  in  Sicilia  habebat  et  in  Calabria  et  Apulia,  quia  non  * 
tantum  commendassot  promissionis  terram).  Igitur  frater  Andreas  laudabUiter  vitam  suam 
terminavit  in  pace,  cum  in  curia  domini  Papae  poenitentiarius  e8set(l)». 

1270   —   Pr.   Giovannino   de   Ollis   da   Parma,    Custode  di   Terra   Santa 
(1270-79),  e  Missiomurio  Apostolico  in  Egitto  (1279^2). 

Fr.  Giovannino  delle  Olle  da  Parma  in  quale  anno  e  dove  vestisse  T  abito  francescano    76 
non  ci  è  dato  saperlo. 

Si  sa  che  attendeva  agli  studii  nel  convento  di  S.  Francesco  di  Parma,  quando  per 
ordine  de'  superiori  venne  mandato  in  Francia  in  compagnia  di  frate  Salimbene,  il  cronista, 
dal  quale  solo  abbiamo  queste  notizie. 

Dalla  Francia  Giovannino  si  portò  a  Genova,  ove  venne  ordinato  diacono  nel  1248; 
e  nel  1250  ritornò  in  provincia,  chiamatovi  dal  suo  Ministro  fra  Vitale  (2).  Dimorò  lungo 
tempo  in  Bologna  ;  e  dopo  essersi  rimesso  in  salute  da  un'  infermità  sofferta,  si  portò  nella 
provincia  di  Terra  Santa  (ivit  ad  provinciam  Ultramarinam),  giusto  nell'  anno  1270 
quando  re  Luigi  IX  si  recava  alla  guerra  di  Tunisi.  Tenne  colà  la  carica  di  Custode,  forse 
sino  il  1279,  nel  quale  anno  invece  del  Custode,  si  era  recato  a  rappresentarlo  nel  Ca- 
pitolo generale  celebrato  in  Assisi.  Poi  lo  vediamo  di  bel  nuovo  in  Oriente  per  conforto 
de' cristiani  schiavi  in  Egitto,  dal  1279  al  82. 

«  Convaluit  tandem  (frater  lohanninus  de  Ollis),  et  post  multos  annos  ivit  ad  pro- 
vinciam Ultramarinam,  eo  anno  quo  Rex  Franciae  transfretavit  secundo,  et  Tnnisinm  ivit 
[1270}:  et  fuit  ibi  custos,  et  prò  custode  ad  generale  capitulum  venit,  quod  fuit  Asisii 

(1)  Salimbene  Chron.  p.  317  sub  an.  1284;  a  p.  323  dice  che  fr.  Andrea  era  guardiano 
del  conv.  di  Bologna  quando  viveva  colà  un  tale  fr.  Nicolò  da  Montefeltro  religioso  di  san- 
tissima vita. 

(2)  Salimbene  Chron.  p.  127,  139. 


276  BIBLIOTECA 


75  colebratum  [1279],  in  quo  frater  Bonagratia  &ctus  fnit  generalis  Minister,  et  declaratio 
rogulao  fratribns  data.  Et  qnia  christiani,  qui  apud  Aegyptum  a  saracenis  in  vinculis  te- 
nebantur,  luisorant  ad  Papam  Nicolaum  tcrtium  [1277-80]  ut  amore  Dei  mitteret  eis 
unum  bonum  et  ydoneum  sacerdotem,  cum  quo  possent  de  peccatis  suis  fiducialiter  confi- 
teri,  Papa  hoc  negotium  commisit  generali  Ministro;  et  frater  Bonagratia  generalis  Mi- 
nister voluit  quod  iste  iret  ad  christianos  captivos.  qui  erant  in  Aegypto,  in  merito  obe- 
dientiae  salutaris,  et  in  remissionem  suorum  omnium  peccatorum.  Ipse  vero  a  generali 
obtinuit  quod  ad  sequens  generale  capitulum  [1282]  posset  venire,  et  postmodum  de  pro- 
vincia Bononiae  esse,  sicut  antiquitus  fuerat:  quae  omnia  laudabiliter  facta  sunt.  Nam 
christiaiiis  illis  multa  bona  fecit,  et  fecit  fieri:  et  unicornura  vidit  et  vineam  balsamitam, 
et  do  manna  attulit  in  vase  vitreo,  et  de  aqua  fontis  sanctae  Mariae,  sine  cujus  irriga- 
tione  vinea  balsomita  fructificare  non  potest,  et  de  lignis  balsami  secum  portavit,  et  multa 
talia  nobis  ignota,  quae  fratribus  ostendebat;  et  referebat  quo  modo  Saraceni  habent  in 
vinculis  et  faciunt  eos  fodere  foveas  castroròm  suorum,  et  terrara  cum  cophinis  asportare, 
et  quod  qualibet  die  non  dantur  nisi  tres  panes  parvi  cnilibet  Christiane.  Igitur,  cum  ce- 
lebratuni  fuisset  in  Alemannia  apud  Argentinam  generale  capitulum  [1282]  in  quo  iste 
intorfuit,  in  reversione  sua,  in  primo  loco  fratrum  prope  Argentinam  ultimum  diera  clausit, 
et  miraculis  fulsit.  Iste  fuit  frater  lohanninus  de  OlUs  de  Parma,  qui  fnit  de  provincia 
Romaniae,  sive  Graeciae,  et  de  provincia  Bononiae  et  de  provincia  Terrae  Sanctae  (1); 
et  socius  meus  fuit  in  Francia,  in  Burgundia,  in  provincia  Provinciae,  et  in  lanuensi  con- 
ventu:  bonus  scriptor,  l)onu3  cantor,  bonus  praedicator,  honestus  et  bonus  et  utilis  homo, 
cujus  anima  requiescat  in  pace.  In  conventu,  in  quo  obiit,  erat  quidam  frater  Minor  ex 
diuturna  infirmitate  incurabiliter  infirmus,  quantum  ad  medicos,  qui  totum  se  contulit  ad 
rogandura  Deum,  ut  amore  istius  fratris  daret  sibi  integram  sospitatera,  et  statim  factum 
fuit:  audivi  hoc  a  fratre  Paganino  de  Ferrarla,  qui  praesens  erat  (2)». 

Minoriti  in  Tunisi  nel  1270.  —  «...  Et  cum  de  morte  Éegis  (Ludovici  IX) 
christianorum  exercitus  turbaretur,  et  exercitus  saracenorum  exaltaretnr,  Karolus  Rex  Si- 
ciliae,  prò  quo,  adhuc  vivens  Rex  Pranciae  frater  suus,  venerat,  cum  magna  militia  advenit. 
. . .  Tandem  Tunicium  per  mare  et  per  terram  oppugnare  intendebant  :  quod  videntes  sara- 
ceni, timore  compulsi,  pacta  cum  christianis  inierunt.  Inter  quae  dicuntur  faisse  praecipua, 
ut  oranes  christiani,  captivi  in  ilio  regno,  liberi  dimitterentur;  et  quod  in  monasteriis,  ad 
honorem  Christi  nominis,  in  omnibus  civitatibus  regni  illius  constructis,  fides  Christi  per 
fratres  Minores  et  Praedicatores  et  per  alios  quoscumque  libere  praedicetnr;  et  volentes 
baptizari,  libere  baptizentur;  et  solutis  expensis  Regibus,  quas  ibi  fecerant,  Rex  Tunicii  Regi 
Siciliae  tributarius  est  effectus.  Plnra  alia  pacta  fuorunt,  quae  hic  longum  fuisset  ponere  (3)». 

c.  127O-80  —  PY.  Bartholomaeus  Anglicus:  —  G^ographia  Orbis  et  de- 
scriptio  Terrae  Sanctae  —  (in  Tractatu  de  proprietatibus  rerum  vene- 
rabilis  fratris  Bartholomaei  Anglici  Ord.  Min.  etc.). 

76  Comunemente  tutti  gli  storici  e  bibliografi  col  Lelando  e  Waddingo  dissero  il  nostro 

Bartolomeo  fiorito  nella  metà  del  secolo  XIV  circa  il  1360;  errore  che  fu  ripetuto  dal 


(1)  Qui  chiaramente  il  Salimbene  distingue  ormai  la  provincia  di  Grecia  o  di  Romania 
da  quella  di  Terra  Santa,  ambe  dal  1217  sempre  unite  sotto  un  provinciale,  sino  al  Capitolo 
generale  Pisano  del  1263,  nel  quale  anno  furono  separate  in  due  distinte  provincie  con  ri- 
spettivi Ministri  provinciali.  —  Vedi  Regesto  cronol.  sopra  a  p.  104. 

(2)  Salimb.  Chron.  p.  140-43.  Di  fr.  Giovannino  parla  anche  altrove,  p.  127-28. 

(3)  Salimb.  Chron.  p.  256.  —  Lo  stesso  abbiamo  nella  Cronaca  di  Giov,  Villani  lib.  7 
e.  38  :  «  Feciono  pace  per  lo  'nfrascritto  modo  :  primo,  che  tutti  i  Cristiani  eh'  erano  pre- 
gioni  in  Tunisi  o  in  tutto  quello  reame,  fossono  liberi,  e  che  monisteri  e  chiese  per  gli  Cri- 
stiani si  pò  tessono  edificare,  e  in  quelle  l'uficio  sacro  si  potesse  celebrare;  e  che  per  gli 
frati  Minori  e  Predicatori  e  per  altre  persone  ecclesiastiche  si  potesse  liberamente  predicare 
il  Vangelo  di  Cristo;  e  qual  Saracino  si  volesse  battezzare,  e  tornare  alla  fede  di  Cristo, 
liberamente  il  potesse  fare  ecc.  » . 


SECOLO  xm. 


277 


Fabricio  (1),  dall'  Ondin  (2)  e  da  cento  altri  sino  al  Chevalier  (Reperioire)  sogniti  anche  76 
dal  Ròhricht  (3)  che  lo  registra  tra  i  palestinologi  circa  il  1350!  Eppnre,  il  dotto  Sbaralea 
aveva  già  dimostrato  che  Bartolomeo  visse  nel  sec.  XIII,  e  che  doveva  aver  scritto  la  sua 
opera  entro  gli  anni  1260-1296  e  non  più  tardi.  Ma  e  lo  Sbaralea  pure,  con  i  mentovati 
autori,  cadde  nell'  altro  errore  confondendo  il  nostro  Bartolomeo  Anglico  coli'  omonimo  Mi- 
norità inglese  sopranominato  di  Glanville,  del  nobile  casato  dei  Conti  di  Norfolk,  il  quale 
componeva  le  sue  opere  nella  metà  del  sec.  XIV  (4).  —  Frate  Salimbene,  che  scriveva 
le  prime  pagine  del  suo  Chronicon  nel  1283,  ricorda  in  fatti  1'  opera  di  Bartolomeo  che 
dice  divisa  in  XIX  Ubellos:  «Horum  animalium  (parla  degli  elefanti)  in  Acthiopia  magna 
copia  est,  quorum  naturam  et  propriotates  frater  Bartholomaeus  Anglicns  (5)  ex  Ordine 
Minorum  in  libro,  quem  De  proprietatibus  rerum  fecit,  sufficienter  exposuit.  Quem  etiam 
tractatum  in  XIX  libellos  divisit.  Magnus  clericus  fuit,  et  totam  Bibliam  cursorie  Parisius 
Icgit».  Troviamo  inoltre  che  il  suo  libro  De  proprietatihtts  rerum,  in  un  elenco  del 
1286,  era  tassato  dall'  Università  di  Parigi  per  la  pubblica  vendita  (6).  Non  v'  è  dunque 
dubbio  che  il  nostro  Bartolomeo  fioriva  nel  sec.  XIII,  e  che  la  sua  opera  era  certo  scritta 
prima  ancora  del  1283  ;  e  probabilmente,  come  congettura  il  Felder,  nella  metà  del  sec.  XIII. 

Della  sua  vita  nulla,  o  ben  poco  sappiamo  (7);  eppure  le  sue  molte  opere  erano 
tra  le  più  stimate  nel  medio  evo  ;  che  1'  opera  De  proprietatibus,  neU'  ultimo  quarto  del 
sec.  XV,  conta  circa  trenta  edizioni  in  latino,  francese,  inglese,  olandese  e  spagnolo, 
oltre  un  numero  stragrande  di  codd.  sparsi  in  tutte  le  biblioteche  d'  Europa.  Bartolomeo 
aveva  compilata  una  vera  enciclopedia,  che  fu  la  prima  nel  medio  evo,  e  nella  quale  tratta 
di  quasi  tutto  lo  scibile  del  suo  tempo,  di  geografia,  astronomia,  antropologia,  storia  naturale 
ecc.,  dividendo  le  materie  in.  tanti  libri  o  trattati,  o  questi  in  capitoli  che  principiano  quasi 
sempre  col  nome  della  materia  in  ordine  alfabetico,  al  modo  dei  dizionari  moderni. 

Senza  entrare  in  un  esame  serio  de'  varii  codd.  da  noi  visti,  notiamo  soltanto  che  il 
Salimbene  e  i  più  dei  codd.  registrano  soltanto  novendecim  libros  in  tutta  l' opera  De 
proprietatSms ;  altri  codd.  meno  (perchè  o  mutili  o  incompleti),  altri  invece  venti,  come 
il  cod.  (sec.  XIV)  della  biblioteca  del  Santo  in  Padova  da  noi  studiato  (8),  ed  alcuni 
ventuno:  *  Scripsit  de  Proprietatibus  rerum  libros  21  (9)  ».  L' edizione  di  Parigi  del  1573 
contiene  in  fatti  due  libri  di  più,  cioè  21  :  «  addito  libro  XX  de  rerum  accidentibus,  nn- 
meris,  mensuris,  ponderibus  et  sono,  et  libro  de  proprietatibus  apum  (10)  »  :  libri  questi 
che  van  pure,  crediamo,  attribuiti  a  Bartolomeo,  ma  che  o  gli  amanuensi  o  gli  editori  aggiun- 
sero posteriormente  ai  dicianove  che  componevano  la  primitiva  opera  De  proprietatibus. 


(1)  Biblioth.  med.  aetatìs  ed.  2»  Pafavii  1754,  t.  I  p.  179. 
(2;  Commmt.  de  SeriptorUnu  t.  ITI  col.  969-70. 

(3)  BibUoth.  geogr.  PalaesUnae  p.  88  n.  206. 

(4)  Suppl.  ad  Script,  p.  115.  —  Nel  doppio  errore  cadde  anche  il  P.  Àngelas  a  S.  Fr.  nel 
suo  Certamen  Seraph.  Prov.  Angliae  (Qoaracchi  1885)  p.  278-79.  —  Cfr.  P.  Hilarìn  Felder  Geseh. 
der  WissenachfU.  Studien  im  Framislcanerorden,  Freiburg  1904,  p.  248-53,  ivi  un  dotto  studio  su 
fr.  Bart.  che  con  dispiacere  conoscemmo  troppo  tardi,  e  quando  il  presente  fogL  era  in  macchina. 

(5)  Salimb.  Chron.  p.  48.  E  cosi  in  tutti  i  codd.  é  detto  sempre  Anglicug,  e  mai  de  GlanvUla. 

(6)  Denifle  Ord.  Pr.  e  Chatelain  Chartularwm  Univ.  Paris,  t.  I  p.  644. 

(7)  Fu  lettore  a  Parigi,  e  poi  (1231)  in  Sassonia.  —  Jord.  in  Anal.  frane.  1. 1.  p.  17-18. 

(8)  Come  pure  un  cod.  della  Palatina  di  Vienna  del  sec.  XV  n.  5272  contìme  20  libri: 
«  De  rerrtm  naturaUum  propriet4iiS)us  libri  XX.». 

(9)  P.  Angdus  in  Certamen  eit.  p.  279. 

(10)  Fabrieius  BibUotìt.  cit.  p.  179. 


278 


BIBLIOTECA 


76  Secondo  il  Brunet  (1),  le  più  antiche  edizioni  della  presente  opera  devono  datare 

prima  del  1470,  sebbene  quelle  che  si  conoscono  di  quest'  epoca  non  portino  l' indicazione 
del  luogo,  né  data  alcuna.  Da  esso  Brunet  e  dal  Hain(2)  ci  piace  indicare  qui  le  principali: 

Ediz.  in  latino:  Coloniae  sine  1.  et  an.  et  typ.;  Basileae,  s.  1.  et  an.  et  typ.  (per 
Richel  e  Wensler);  Argentinae  1480;  Coloniae  1481;  Lngduni  21  nov.  1482;  et  eodem 
anno  1482  dee.  10,  alibi;  Coloniae  1483;  Nurenbergae  1483;  Argentinae  1485;  altra 
alibi  sine  loco  1488;  Argentinae  1488;  ibidem  1491;  Nurenbergae  1492;  Argentinae  1495; 
e  molte  altre  nei  susseguenti  anni  che  possono  vedersi  nei  bibliografi. 

Ediz.  in  francese:  Paris  sine  anno;  Lyon  s.  a.;  ibidem  1482,  1485  (contempora- 
neamente due  edizioni  nello  stesso  anno,  una  per  Guil.  le  Boi  25  jan.,  e  l' altra  per 
Mathieu  Husz  12  ott),  1487,  1491  e  1500:  cioè  sette  edizioni  nella  sola  Lione,  entro  si 
pochi  anni!  —  Fu  re  Carlo  V  di  Francia  che  nel  1372  diede  ordine  al  suo  cappellano  fr.  Giov. 
Corbichon  agostiniano  di  farne  la  traduzione  in  francese. 

Edie.  in  inglese:  London  senza  data.  —  Edis.'  in  olandese:  sine  loco  nel  1479  e 
U8h.  —  Edìz.  in  spagnolo:  Tolosa  1494,  e  Toledo  1529. 

Bartolomeo  consacrò  molti  capitoli  della  sua  enciclopedia  alla  storia,  topografia  ed  etno- 
grafia deir  Oriente  in  generale,  e  della  Terra  Santa  in  particolare,  come  vedrà  lo  studioso  dal 
scg.  sommario.  E  siamo  d' avviso  che,  una  nuova  ediz.  critica  della  sua  opera,  illustrerebbe  1% 
scienza  medioevale  a  pari  di  quella  del  suo  contemporaneo  Vincenzo  di  Beauvais  (f  1264).  — 
Usiamo  il  cod.  del  sec.  XIV  della  biblioteca  del  Santo  di  Padova  (Membr.  Scaff.  18,  n.  383). 

Libro  XIII,  cap.  18:  De  lacu  Tyberiadia.  —  e.  19:  De  lacu  Genesareth. 

Libro  XIV,  cap.  3:  De  monte  Ararath.  —  e.  4:  De  monte  Bethel.  —  e.  5:  De 
monte  Caucaso.  —  e.  6:  De  monte  Ebal.  —  e.  7:  De  monte  Ermon.  —  e.  8:  De  monte 
Ebron.  —  e.  9:  De  monte  Ethyopie.  —  e.  10:  De  monte  Seyr.  —  e.  12:  De  monte  Ephraim. 

—  e.  13:  De  monte  Fasga.  —  e.  14:  De  monte  Fogor.  —  e.  15:  De  monte  Galaad. — 
e.  16:  De  monte  Gallazim  (=  Garizim).  —  e.  17:  De  monte  Gelboe.  —  e.  18:  De  monte 
Golgata  (=  Calvariae).  —  e.  19:  De  monte  Gaas.  -  e.  20:  De  monte  Hefron:  «  mon- 
ticulus  in  tribù  luda  septentrìonem,  in  XX  ab  Elya  miliario,  ubi  est  villa  pregrandis  qua 
Effrea  nuncupatur  ut  dicit  losephus  ».  —  e.  21:  De  monte  Israel:  «  montes  totius  terre 
promissionis...».  —  e.  23:  De  monte  Harmelo  (Carmelo).  —  e.  24:  De  monte  Libano.  — 
e.  25:  De  monte  Moria:  «in  eodem  loco  creditnr  lacob  dormivìsse,  et  angelorum  ascen- 
dentium  ^e^  scalam  visionem  ridisse».  —  e.  26:  De  monte  Nebo.  —  e.  27:  De  monte 
Hor.  —  e.  28:  De  monte  Oliveto:  «  iuita  lemsalem,  sic  dictus  propter  copiam  olivarum... 
In  hnjus  montis  radice  sive  pede,  fluit  rivulus  qui  dicìtur  torrens  Cedron  ;  inter  cujus  ripam 
et  montcm  fiiit  ortus  quem  Dominus  orationis  et  quietis  gratia  sepius  subintravit.  lindo 
etiam  captus  fuit  proximo  in  orto  qui  Gesseman  dictus  fuit.  Ibi  etiam,  sed  in  pede  montis, 
iuxta  torrentem,  fuerat  quondam  villnla  dieta. Gethsemani...  In  hoc  monte  erat  quidam 
viculus  nomine  Bethphage,  qui  Sacerdotum  erat,  in  cujus  montis  latere  erat  civitas  Bethania 
dieta,  quo  fuit  civitas  Marthae,  Lazari  et  Marie. . .  In  hoc  monte  Dominus  ad  celes  ascendit». 

—  e.  30:  De  monte  Oreb.  —  e.  34:  De  monte  Sephara.  —  e.  35:  De  monte  Segor.  — 
e.  36:  De  monte  Synay  (non  ricorda  S.  Caterina).  —  e.  37:  De  monte  Syon  (non  ricorda 
il  Cenacolo).  —  e.  38:  De  monte  Selmon.  —  e.  39:  De  monte  Sophyn.  —  e.  40:  De 
monte  Saron.  —  e.  41:  De  monte  Seon.  —  e.  42:  De  monte  Semon:  «  est  mona 
de  quo  ps.  XIII  in  quo  est  mons  Sebaste,  ubi  reliquie  Ioan.  Baptiste  requiescnnt  ».  — 


(1)  Manuel  de  Bibl.  X.  II  col.  1619  s. 

(2}  Rqperiorium  Bibliogr.  t.  II  p.  323  s.,  ove  son  registrate  26  ediz.  inconabnli. 


SECOLO  xm.  279 


e.  43:  De  monto  Thabor:   «Saper  omnia  antem  montem  istam  reddit  coramendabilem    76 
preseotia  Salvatoris,  quia  ipsom  freqnentia  bonoraTit. . .  ».  —  e.  44:  De  Ziph:  «in  quo 
latnit  David». 

Liber  XV,  ubi  agitur  de  Orbe  et  Provinciis  terrarum:  «...  Huic  operi  snnt  inse- 
renda  maxime  illa  de  qaibas  S.  Scriptnra  sepias  inrenitar  lacere  mentionem».  — Gap.  1: 
De  Orbis  divisione.  —  e.  2:  De  Asya.  —  e.  3:  De  Assiria.  —  e.  4!  De  Arabia.  —  e.  5: 
De  Armenia.  —  e.  6  :  De  Aradia  «  sive  Aradin,  est  insula  qne  tota  est  civitas  sita  in 
mari  mediterraneo  non  longe  a  Tyro».  —  e.  7:  De  Albania:  «Asie  majoris  est  provincia 
a  colore  popoli  nnncnpata  eo  quod  crine  nascantur».  —  e.  8:  De  Attica  (Graecia).  — 
e.  9:  De  Achaya.  —  e.  10:  De  Archadia.  —  e.  12:  De  Amazonia  (in  Asia).  —  e.  22: 
De  Babilonia  (prov.  in  Caldea).  —  e.  32:  De  Capadocia.  —  e.  33:  De  Caldea.  —  e.  34: 
De  Cedar  (ubi  ysmaelite).  —  e.  51:  De  Ethyopia.  —  e.  53:  De  Egypto.  —  e.  75:  De 
Tdnmea.  —  e.  76:  De  ladea.  —  e.  109:  De  Ophyr.  —  e.  112:  De  paradiso  terrestri 
(tre  langbe  colonne,  riporta  varie  opinioni  antiche),  —e.  129:  De  Romania  (Impero  C.poli): 
«  Usqae  hodio  Greci  non  se  vocant  Grecos.vnlgariter,  sed  potius  Eomanides».  —  e.  133: 
De  Samaria.  —  e.  146:  De  Syria.  —  e.  162:  De  Tripolitana.  —  ecc.  ecc.  —  Qacsto 
codice  di  Padova,  come  abbiamo  notato,  termina  col  cap.  21  del  libro  XX. 

I  bibliografi  tra  le  varie  opere  di  Bartolomeo,  registrano  anche  nn  Chronkon  de 
Sanctis,  del  quale  sfortunatamente  non  abbiamo  traccia  alcuna. 

II  citato  Bohricht  ricorda  un  cod.  compendio  del  sec.  XY  col  seguente  titolo:  Geo- 
graphia  sive  descriptio  tam  terrae  quam  mùris  ex  libro  de  Proprietatibus  rerum  com- 
pilato a  fr.  Bartholomaeo  Anglico  de  Ordine  Fratrum  Minorum  (1). 

1271  —  Pr.  Mauritil  Ord.  Min.:  —  Itìnerarium  in  Terram  Sanctam. 

Sono  appena  pochi  urani  del  suo  grande  itino''ario  (forse  miseramente  perduto)  con-    77 
servatici  nel   cod.  della  biblioteca  di  Cristiania  Archiv  n"  29,  e  pubblicati  da  G.  Storm 
nei  Monum.  histor.  Norvegiae,  Christiania,  W.  Brogger  1880,  a  pag.  163-68  (2). 

Pèrchò  frate  Maurizio  è  del  tutto  ignoto  ai  nostri  scrittori,  ci  preme  qui  riportare 
quel  che  di  lui  ci  narra  nella  citata  opera  il  conte  Biant. 

«  Andres  Nikolasson  et  frère  Maurice  (1271).  —  Un  baron  norvógien  que  nona 
avons  déja  vu  figurer  dans  les  négociations  d'Hàkon  et  de  Saint  Louis,  Andres  Nikolasson, 
arme  pour  la  Terre  Sainte  uno  expédition  dont  le  récit,  compose  par  son  chapelain,  frère 
Maurice,  du  monastèro  des  Franciscains  de  Bergen,  et  conserve  par  fragments  dans  un 
manuscrit  authographe  des  Archives  de  No/vòge,  nous  a  déja  fonmi  des  indications  géo- 
graphiques  importantes.  Le  baron  Andres  avait  été  l'nn  des  fòvoris  dn  fon  roi,  qui  Tavait 
employó  dans  plus  d'une  ambassade  difficile  ;  c'était  en  memo  temps  l'un  des  plus  braves 
capitaines  des  armées  norv%ìennes.  Alìié  de  fort  près  aux  Arnunges-Bjarkey,  les  demiers 
restes  des  puissants  jarls  du  Bomsdal,  Andres,  à  la  mort  d'Hàkon  le  Vicux,  s'était  vu 
délaissé  par  Magnùs  Hàkonarson,  et,  à  l'eiemple  de  ses  ancètres,  n'avait  trouvé  à  prendre 
dans  sa  disgràce  qu'un  seni  parti  digne  de  son  nom;  il  était  alle  mourir  où  etait  mort 
le  vieux  Skopti  et  où  s'étaient  éteinis  tant  d'antres  grands  noms  norvógiens.  H  prit  avec 
lui  frère  Maurice  qui  l'avait  accompagno  dans  ses  autres  voyages  et  qui  devait  jouer  plus 


(1)  BibUoth.  geògr.  PalaesUnae  p.  88. 

(2)  Cfr.  ibid.  p.  XLYIMX,  e  il  Riant  Ije»  Seandmaves  en  Terre  Samte  pp.  72,  357, 
412;  e  il  Bohricht  BOd.  geogr.  PaUust.  n.  139« 


280  BIBLIOTECA 


77  tard  un  certain  ròle  dans  Ics  affaìres  de  Norvège.  Hs  partirent  en  1271  de  Seley,  le  jonr 
de  S.  Antoine  (17  janvier);  ils  passèreiit  par  le  détroit  de  Gibraltar,  vinrent  à  Cartha- 
gène,  puis  à  Marseille  et  enfin  en  Syrie  en  cOtoyant  l'ile  de  Sardaigne.  Andres  monrot 
de  la  fièvre  en  roate  (1273);  quant  à  frère  Manrice,  il  revint  en  Noryège  où  il  mit  au 
service  du  roi  Magnùs  VII  sa  longno  expérience  et  les  le9ons  d' Andres.  En  1281  il  alla 
en  Écosse  conciare  le  mariage  du  prince  de  Norvège,  Erik,  avec  la  Princesse  Marguerite, 
et,  au  retour,  écrivit  longuement  le  récit  de  ses  voyages  et  des  négociations  dont  il  avait 
étó  chargé  (1)  » . 

Nella  citata  opera  del  Riant  (p,  370)  leggiamo  che  il  pio  vescovo  di  Linkoping,  Enrico 
svedese,  mori  in  Acri  (f  1283,  Enbel  Hierarch.  I.  319),  e  fa  ivi  sepolto  nella  chiesa  dei 
Minori. 

1271  —  Bibars  in  Siria  —  Nella  pricciavera  di  quest'  anno,  Bibars  di  nuovo 
devasta  i  dintorni  di  Tripoli:  e  conquista  la  fortezza  di  Safitha  (=  Castel  Blanc 
=r  Blonkastel)  difesa  debolmente  da  700  Templari,  i  quali  dopo  la  capitolazione  si 
ritirarono  nelle  terre  dei  cristiani.  Nel  marzo,  prende  nello  stesso  modo  il  castello 
Kurde^  nel  maggio  le  fortezze  dì  Akkar,  e  ai  11-12  giug.  Montfort  ed  altre.  Bibars 
firma  una  tregua  di  10  anni  col  principe  di  Tripoli,  Boemondo  VI  (2). 

1271-72  —  Pr.  Roberto  di  Tumliam  e  fr.  Guglielmo  di  EQdley  ooUe 
truppe  infiflesi  di  Eduardo  I  in  Oriente. 

78  n  di  24  di  giugno  del  1268,  in  un  sinodo  convocato  a  Northampton,  il  principe 
Eduardo,  figlio  di  re  Enrico  m  d' Inghilterra,  aveva  fatto  voto  di  recarsi  in  soccorso  della 
Terra  Santa.  Suo  fratello  Edmondo  ed  altri  principi  e  baroni  seguirono  il  suo  esempio.  I 
Frati  Minori  e  i  Predicatori,  che  furono  incaricati  di  percorrere  le  città  e  le  campagne  per 
predicare  la  crociata,  arruolarono  un  buon  numero  di  guerrieri. 

Ai  29  di  sett.  1270,  Eduardo  arrivato  ad  Aigues  Mortes  per  congiungersi  col  s.  re 
Luigi  IX,  come  avevano  convenuto,  seppe  che  quegli  era  già  partito  e  accampato  davanti  a 
Tunisi.  Ripreso  il  mare  (4  ott.),  in  Sardegna  ebbe  la  notizia  della  morte  del  santo  re;  e 
finalmente  il  10  nov.  sbarcava  coi  suoi  in  Tunisi,  quando  già  re  Carlo  di  Sicilia  aveva  con- 
chiusa  la  pace  coi  Tunisini.  Da  li,  con  re  Carlo  ritornò  a  Trapani  per  passarvi  l' in- 
Yemo  (3).  Una  furiosa  tempesta  (22-23  nov.)  distrusse  in  quelle  spiagge  una  parte  delle 
sue  navi  ;  e  dovette  vettovagliarne  altre  che  gli  somministrarono  i  genovesi  e  francesi  (4). 
Cosi,  nella  primavera  del  1271  potè  riprendere  la  via  per  V  Oriente,  toccar  Y  isola  di  Cipro, 
e  ai  9  di  ma^o  approdare  in  Acri.  Dopo  un  mese  intraprese  le  sue  spedizioni  contro  i 
saraceni,  e  marciò  sopra  Lidda  devastandone  i  dintorni.  —  Per  le  altre  sue  gesta  in  Oriente 
rimandiamo  lo  studioso  al  dotto  lavoro  compilato  dal  S.  Bòhricht  e  pubblicato  nei  citati 
ArdUves  de  VOrient  Latin. 

Fra  i  molti  Minoriti  che  dovettero  accompagnare  le  truppe  di  Eduardo  in  Oriente, 
di  due  soli  troviamo  memoria.  —  H  primo  è  un  tale  fr.  Guglielmo  di  Hidley  di  cui  non 


(1)  Riant  op.  dL  p.  %7-8.  —  Vedi  iiudtre:  Absalon  Pederson  Norriges  Beskrivehe,  ed. 
Nikolayseo,  p.  1(^-4;  Ano.  M.  ad  um.  1273;  Mimch  Y.  451,  471,  478,  VI.  23,  dt.  in  Riant. 

(2)  Arckioes  de  VOrient  Latin,  t.  II  p.  397-401. 

(3)  C&.  Arekivt»  de  VOnenl  Lati»  t.  I  p.  617  s. 

(4)  Fra  le  navi  genovesi  nol^g^ate  da  Eduardo  d'Inghilterra  nel  porto  di  Trapani 
(3  gen.  1271)  per  condurre  le  sue  truppe  in  Siria,  notiamo  due  chiamate  Sanctus  Franeùeug, 
e  una  Sanetu»  Antìtotùus  Peire  (=  Pera,  sobborgo  dei  senoresi  di  Costantinopoli).  —  Ar- 
ebioet  de  VOr.  Lati»  t.  Il  p.  407. 


SECOLO  xm.  281 


si  ha  memoria  nelle  storie  francescane,  e  che  ci  è  ricordato  come  compagno  di  Edoardo  78 
dal  Chron.  de  Lanercost  (pag.  81)  citato  dal  Eohricht  (1).  —  Il  secondo,  ò  fr.  Roberto 
de  Turnham  (o  Tarneham),  già  dottore  di  teologia  in  Londra,  uomo  pio,  erudito  e  sopra- 
tutto eloquentissimo  predicatore,  prescelto  da  Eduardo  a  predicatore  del  suo  esercito,  co- 
nosciuta eh'  ebbe  la  potente  eloquenza  del  Minorità.  Egli  sopra  ogni  aspettazione  adempì 
un  così  nobile  officio. 

Di  fr.  Roberto  l'Eccleston  scrive  :  «  Frater  Robertus  de  Tornam  (al.  Turnham),  primo 
Guardianus  Lenniae  (al.  Linniae),  postea  per  multos  annos  custos  Cantabrigiae,  postremo 
ineffabili  fervore  impetrata  licentia  proficiscendi  cum  crucesignatis  in  Terram  Sanctam,  cum 
famam  incomparabilcm  tam  saecularium  quam  fratrum  in  officio  gravi  acqnisivit,  tantao 
nobilis  suae  salvationis  in  morte  signa  monstravit,  ut  de  salute  sua  nullus  fìdelis  ambi- 
gere  debeat  (2)  » . 

Un  altro  storico  inglese  scrive  di  lui:  «  Frater  Robertus  Turnehamus,  ex  convontu 
Londinensi,  ubi  Inter  suos  professor  sacras  Litteras  docuit  :  vir  pius,  eruditus  et  m  primis 
tum  eloquens,  tum  vehemens  concionator.  Unde  cum  Eduardus  princeps,  regis  Henrici  III 
filius,  contra  Saracenos  in  Syriam  expeditionem  pararet,  et  consultaretur  de  insigni  aliquo 
oratore,  qui  militem  in  hostes  animare  et  in  quamcumque  partem  dicendi  vi  flecterc  posset 
et  prò  arbitrio  ducere;  Turnehamus  ad  hoc  omnium  aptissimus  repertus  est.  Itaqne  cum 
exercitu  profectus,  adeo  strenue  munus  iniunctum  praestitit,  ut  de  se  conceptam  expecta- 
tionem  longe  superaverit.  Multa  egragia  scripta  concinnasse  dicitur(3)». 

Intanto  re  Carlo  di  Sicilia  credè  bene  di  venire  a  trattative  di  pace  con  Bibars,  e 
questi  accettò  per  divergere  le  sue  forze  contro  i  Tartari  che  lo  minacciavano.  La  pace 
quindi  fu  conchiusa  a  Cesarea  di  Palestina  il  22  aprile  1272  per  un  periodo  di  10  anni, 
10  mesi,  10  settimane,  10  giorni  è  10  ore.  Per  questo  trattato  tutto  il  piano  di  Acri, 
colle  località  e  paesi  d'intorno  e  con  la  via  per  Nazaret  furon  dichiarati  esenti  da  ogni 
tributo  e  dipendenti  dai  Crociati.  Eduardo  solo  non  volle  aver  parte  a  questa  tregua,  per 
la  sete  che  lo  divorava  di  combattere  il  più  crudele  tra  i  Soldani.  Gli  abitanti  invece  di 
Acri  no  gioirono,  e  si  credettero  felici  di  poter  riprendere  i  sospesi  pellegrinaggi  ai  Luoghi 
Santi.  Molti  pellegrini  in  massa  si  recarono  allora  in  Nazaret  e  a  Betlemme,  ma  pochi 
ardirono  arrivare  sino  a  Gerusalemme,  per  tema  di  incorrere  nelle  censure  ecclesiastiche 
che  vietavano  allora  il  pellegrinaggio  al  Sepolcro  di  Cristo  per  non  arricchire  i  nemici  del 
nome  cristiano. 

Eduardo,  che  il  16  giugno  1272  accoppò  V  assassino  che  voleva  ucciderlo  per  istigar- 
zione  del  feroce  Bibars,  decise  finalmente  di  ritornarsene  in  Inghilterra  ove  era  richiamato. 
Lasciato  in  Acri  un  corpo  di  truppe  mantenute  a  sue  spese,  partì  per  Trapani  verso  la 
fine  del  1272  e  lì  ebbe  la  nuova  della  morte  del  re  suo  padre.  Ai  5  di  febbraio  1273 
giunse  a  fioma;  e  ai  14  dello  stesso  mese,  accompagnato  dal  re  Carlo  di  Sicilia  si  portò 
a  Orvieto  dal  papa  Gregorio  X  che  conobbe  da  l^ato  apostolico  in  Siria.  Percorsa  tutta 
l'Italia  e  la  Francia,  giunse  a  Londra  il  18  agosto  del  1274,  e  il  giorno  dopo  ih  coro- 
nato re  da  Boberto  arcivescovo  di  Cantorbery.  Eduardo  morì  il  7  luglio  1307  (4). 


(1)  In  Arehivea  de  V  Orimt  Latin  t.  I  p.  626  nota  ^. 

(2)  Th.  de  Eccleston  in  Anal.  frane,  t."  I  p.  %1;  cfr.  ib.  p.  269. 

(3)  Fr.  Angelas  a  S.  Frane  Certamen  Seraph.  Provòudae  Angliae  (ed.  Qaaracchi  1885) 
p.  240.  —  Fr.  Angelo  scriveva  nel  primo  quarto  del  sec.  XVII,  e  1»  prima  ediz.  del  Cerfamm 
usci  a  Donai  nel  1649,  e  la  2*  ibid.  1661,  questa  quasi  sconosciuta. 

(4)  Archives  de  VOr,  Latin  t.  I  p.  625-29. 


282  BIBLIOTECA 


78  1272  —  Donna  Sanoia  d'Arafirona  in  Gherusalemme.  —  Donna  Sancia, 

una  delle  figlif>  di  re  Giacomo  I  d' Aragona,  recatasi  in  pellegrinaggio  a  Gcrosalcmmc 
nel  1272,  colà  moriva  nello  spedale  di  S.  Giovanni,  dopo  aver  jper  parecchi  anni  atteso 
a  servire  gì'  infermi  e  i  poveri  pellegrini  (1). 

1272  —  n  Soldano  Bibars  ooncede  Firmckni  ai  FF.  Minoriti  di  Terra  Santa. 

70  Nel  precedente  articolo  abbiamo  accennato  al  trattato  di  pace,  per  10  anni,  conchiaso 

tra  Bibars  da  una  parte,  e  il  re  Carlo  di  Sicilia  coi  Crociati  di  Siria  dall'altra  parte;  e 
come  qnindi  i  cristiani  ripresero  i  soliti  pellegrinaggi  pei  Luoghi  Santi.  Senza  dabbio,  che 
i  Minoriti  nqn  si  lasciarono  sfuggire  qnest'  occasione  per  ritornare  nei  luoghi  da  dove  fii- 
rono  0  cacciati  o  massacrati  dalle  orde  di  Bibars.  E  noi  in  quest'epoca  (se  non  qualche 
anno  prima),  dobbiamo  porre  la  emanazione  dei  Firmani  o  decreti  dati  dal  Bibars  in  fa- 
vore de'FF.  Minori.  Bibars  I  tenne  il  soldanato  d'Egitto  dal  1260-1277  anno  della  sua 
morte.  I  Firmani  da  lui  emanati  a  prò  de' frati,  furono  di  poi  successivamente  e  senza 
interrózione  confermati  da  tutti  i  Soldani  che  gli  succedettero  (2). 

Che  se  per  le  tristi  vicende  di  sette  secoli  trascorsi,  non  fummo  fortunati  di  scoprire 
e  dare  qui  agli  studiosi  copia  di  qualcuno  dei  firmani  di  Bibars,  perchè  o  miseramente 
perduti  o  tuttora  sepolti  nell'  oblio  ;  ci  rimangono  però  testimoni  fuor  d' ogni  dubbio  della 
loro  esistenza,  quei  jBrmani  cioè  de' susseguenti  Soldani  d'Egitto  del  sec.  XY  i  quali  con- 
stantemente  ricordano  quelli  emanati  dai  Soldani  predecessori,  e  tra  i  quali  precisamente 
il  primo  nella  serie  fra  tutti  i  Soldani  è  ricordato  il  famoso  Bibars.  Cosi,  ad  esempio,  il 
Soldano  Barsabai-Asceraf,  nel  suo  firmano  emanato  il  24  nov.  1427,  dichiara  che  «  i  Be- 
lìgiosi  franchi  dimoranti  in  Grernsalemme,  nel  convento  dì  Sion,  in  Betlemme  ed  in  Ain- 
Carem...  si  presentarono  al  maestoso  nostro  palazzo  e  sollecitarono  con  preghiere  l'abbon- 
danza delle  nostre  nobili  beneficenze,  proponendosi  dì  ottenere  dalla  nobile  nostra  benevo- 
lenza che  c'interessassimo  di  loro,  essendo  essi  sotto  la  nostra  nobile  protezione,  e  l'alto 
nostro  governo;  e  che  &cessimo  di  nuovo  un  secondo  nobile  firmano  generale,  da  annet- 
tersi al  primo  già  emanato  in  loro  favore,  il  contenuto  del  quale  è,  che  :  —  «  questi  re- 
ligiosi hanno  in  mano  nobili  firmani  dati  loro  dai  Be  predecessori,  i  quali  sono:  il  vitto- 
rioso re  Melek-Saher-Bibars  [1^60-77],  il  vittorioso  re  Melek-Mansur-Kalaun  \1279-90], 
il  vittorioso  re  Melek-Naser-Muhammad  [1293-94  e  1299-1341],  il  vittorioso  re  Melek- 
Naser-Hasaan  [1347-51  e  54-61]  ed  i  suoi  fratelli  (3),  l'illustrissimo  re  Melek-Asceraf- 
Soiaaban  [1363-78],  il  martire  vincitore  Saher-Barkuk  [1382-99],  il  vittorioso  re  Melek- 
Naser-Faragi  [1399-14U3],  il  forte  re  Melek-Muajed-Sceikh  [1412-21]  ed  il  suo  vitto- 
rioso figlio  el-MusafiGar  [1421},  il  vittorioso  re  Melek-Saher-Tattar  [1421],  ed  il  suo 
figlio  il  re  virtuoso  Melek-Saleh  [1421-22]  ».  —  Come  pure  (prosegw  il  Soldano)  pos- 


(1)  Cfr.  Michaud  Storia  delle  Crociate  lib.  XV.  —  Il  Conret  Notice  historique  sur  VOrdte 
du  St.  Sondare  (ed.  1905)  p.  117,  ci  dà  l'anno  1272  del  pell^rinaggio  di  questa  pia  donna. 
—  Non  ostante  le  continue  guerre,  spesso,  durante  le  tregue,  i  cristiani  potevano  recarsi  in 
pellegrinaggio  ai  Luc^hi  Santi.  Cosi  dopo  la  tr^ua  conchiusa  nel  1256,  molti  pellegrini  si  re- 
carono in  Gerusalemme,  ma  furono  e  maltrattati  e  spogliati.  —  Ofr.  Archives  de  VOrient  Latin 
t  II  p.  370. 

(2)  Vedi  la  nostra  /Serie  Cfrorud.  de' Repertori  di  T.  S.  p.  XVIU,  p.  168,  178,  e  p.  185. 

(3)  I  fratelli  di  Hassan  che  renarono  prima  o  dopo  di  Ini,  furono  :  Abubekr-Mansur 
1341,  Oaciuk-Asceraf  1341-42,  Ahmad-Na8eivSGeha1>-Eddin  1342,  Ismail-Essalah 
1342-44,  Soiaaban-Kamel  1344-46,  Melek-Hassi  134647,  e  Melek-Bssalah  1351-54. 


SECOLO  xra.  283 


seggono  il  nobile  nostro  firmano  generale,  il  quale  contiene  quanto  siamo  per  dire,  che    70 
cioè  :  ...  »  ecc.  ecc.  come  nella  nostra  Serie  Cronologica,  ove  nell'  appendice  riportammo 
tatto  il  testo  arabo  a  p.  163,  e  la  versione  italiana  a  p.  167. 

Lo  stesso  tenore,  e  la  medesima  serie  dei  Soldani  è  ripetuta  e  continuata  in  un  altro 
firmano  emanato  il  17  aprile  1472  dal  Soldano  Kaietbai-Mahmud  che  può  vedersi  nel  testo 
arabo  e  italiano  nelV  appendice  della  citata  nostra  Serie  Cronologica  a  p.  173  e  178(1). 

1272-74  —  Pr.  Girolamo  d' Ascoli  con  i  frati  Raimondo  di  Berengario,  Bo- 
nagrazia  di  Persiceto  e  Bonaventura  di  Mugello,  nunzi  del  Papa  all'  imp. 
Michele  Paleologo  in  Costantinopoli. 

Si  tratta  della  celebre  legazione  a  C.poli  che  ebbe  per  effetto  immediato  la  sospirata    80 
unione  della  Chiesa  greca  colla  latina  nel  secondo  concilio  ecumenico  di  Lione;  legazione 
guidata  da  fr.  Girolamo  Massio  o  Masci  d'Ascoli,  che  fu  poi  Generale  dell'Ordino  (lugl. 
1274-1279  mag.).  Cardinale,  e  quindi  Sommo  Pontefice  col  nome  di  Nicolò  IV  (15  feb.  1288- 
4  apr.  1292  f)  (2). 

Questa  bella  pagina  di  storia  ecclesiastica  è  troppo  nota  dagli  atti  del  concilio  e  dagli 
storici  della  Chiesa  ;  ad  essa  nulla  abbiamo  da  aggiungere,  se  non  far  riviver  la  memoria 
d' un'  altro  Minorità  che  fu  compagno  ai  sunnominati,  e  che  per  avventura  fu  anche  troppo 
trascurato  dagli  annalisti  della  Chiesa.  È  questi  il  seguente  fr.  Giov.  Parastron. 

Di  una  pretesa  seconda  missione  di  £r.  Girolamo  a  C.poli,  parleremo  sotto  gli  anni 
1276-77. 

1272-75  —  Pr.  Giovanni  Parastron,  Minorità  greco  di  o.poii,  legato  del- 
l' Imp.  greco  al  Papà,  interprete  al  concilio  di  Lione,  ecc.  (1272-76  f  ). 

La  parte  principale  che  ebbero  i.  Minoriti  nella  solenne  unione  delle  due  Chiese,  com-  81 
pinta  nel  concilio  di  Lione,  ci  è  ormai,  come  abbiamo  detto,  troppo  nota  dalla  storia  delle 
due  Chiese  (3).  Ma  del  principale  campione  di  questa  unione,  che  fu  il  Minorità  £r.  Gio- 
vanni Parastron  (detto  da  alcuni  Balastri  o  Palastro,  greco  di  nascita,  cittadino  dì  C.poli 
e  dotto  teologo)  tu  appena  troverai  ricordato  il  nome  nelle  storie  dell'  Ordine  e  della  Chiesa  ! 
H  Waddingo  ignorandone  il  cognome  di  famiglia  o  del  paese  (Parastron  =  'Iwàwjjv  n«- 
pàoTpov  e  TCopàtjrpwv  in  Pachym.  infra  citato)  prima  lo  confuse  con  fr.  Giovanni  dì  Monte- 
corvino  {ann.  1272  n.  3  p.  345),  e  poi  poche  pagine  dopo  [ann.  1274  n.  5  p.  394)  ci 
ricorda  un  fr.  Giov.  dà  Costantinopoli  che  cantò  in  pieno  concilio  il   simbolo  in   greco. 


(1)  Il  Soldano  Kaietbaì,  ripetendo  in  questo  suo  firmano  la  stessa  serie  de'  soprannomi- 
nati Soldani  collo  stesso  ordine  da  Bibars  (1260-77)  sino  al  Melek-Saleh  (1421-22),  la 
protrae  poi  continuandola  sino  ai  suoi  tempi,  mentovando  anche  i  firmani  emanati  dui  se- 
gnenti  tre  suoi  immediati  predecessori  cioè  :  Asceraf-Barsabai  (1422-38),  Saher-G-iakmalk 
(1438-53)  e  Asceraf-Binal  (1453-61). 

(2)  Un  bel  compendio  della  vita  di  fr.  Girolamo  d' Ascoli  abbiamo  nella  Storia  del  P.  Pan- 
filo, t.  II  e.  1  p.  1-27.  Altre  fonti  veggansi  citate  nel  seguente  art.  su  fr.  Giov.  Parastron. 

(3)  Vedi  Raynaldus  Annales  Eccles.  an.  1272-74.  —  Wadd.  t.  IV  an.  1272-74.  —  Sbaralea 
Bvllar.  t.  Ili  p.  187-88,  217.  —  Civezza  Storia  t.  II  capp.  2  e  5  e  gli  aut.  ivi  citati.  — 

Panfilo  Storta  t.  I  p.  638  s Palmieri,  nel  Bessarùme,  rivista  di  studi  Orientali,  Anno  V 

voi.  8  fase.  53-54,  e  gli  aut.  greci  e  latini  ivi  citati  :  Demetrakopulos  'laropia  toù  o^ioit«TO( 
Lipsia  1867.  —  Hei^enrother  H^tovre  de  VEgliae,  Paris  1888,  voL  IV,  ecc. 


284  BIBLIOTECA 


81  La  confusione  fu  poi  ripotata  anche  dall'annotatore  del  margino  della  seconda  edizione 
degli  Annali  Waddinghiani  (t.  IV  p.  389  in  margine).  Lo  Sbaralea  poi,  che  lo  ricorda 
col  soprannome  di  Belastro  (1),  lo  confonde  con  l'altro  Minorità  fr.  Giovanni  d'Ancona, 
creato  arcivescovo  di  Cipro  nel  1288,  come  vedremo  sotto  quest'anno.  Nell'errore  dello 
Sbaralea  cadde  anche  il  dotto  Eubel  (2);  ma  nella  sua  pregiata  HierarcMa  (I.  382)  si 
corregge,  poiché  al  nome  dell'  arcivescovo  di  Cipro,  fr.  Giovanni,  non  vi  appone  il  sopran- 
nome di  Parasfron.  Il  nostro  Parastron  non  fu  dunque  mai  promosso  a  sede  vescovile, 
e,  come  si  vedrà,  mori  appena  ritornato  coi  legati  greci  in  Costantinopoli,  cioè  nel  1275, 
l'anno  dopo  la  celebrazione  del  concilio. 

Dal  greco  Pachymero,  storico  contemporaneo,  che  più  sotto  riportiamo,  risulterebbe 
che  Gregorio  X  già  da  quando  era  in  Siria  (3)  aveva  inviato  certi  nunzi  frati  al  Paleologo 
comunicandogli  officiosamente  la  sua  elezione  al  papato,  e  invitandolo  in  pari  tempo  a  con- 
tinuare le  trattive  con  esso  lui  snll'  unione  della  due  Chiese.  In  fatti,  dalla  prima  lettera 
di  Gregorio  (diretta  al  Paleologo  in  data  de' 24  ott.  1272)  abbiamo  che  l'imperatore  aveva 
già  inviato  al  Papa  qual  suo  legato  il  nostro  fr.  Giovanni  Parastron,  il  quale  giunse  cer- 
tamente in  Italia  dopo  il  1  aprile  1272,  data  della  proclamazione  del  iuturo  concilio  indetto 
pel  1  maggio  1274  a  Lione.  In  essa  lettera  così  si  esprime  il  Papa  all'imperatore: 

«  Super  quo  (Concilio)  licet  ab  esordio  indictionis  huiusmodi,  ad  Magnificentiam  tuam 
litteras  et  Nuncios  disposuerimus  destinare,  ipsorum  tamen  consulto  suspendimus  missionem 
anxii  expectantes,  ut  a  te  super  iis,  quae  felicis  recordationis  Clemens  Papa  praedecessor 
noster  novissime  tuae  celsitudini  scripserat,  Apocrisariis  receptis  aliquibns,  nostros  plenius 
mitteremus  instructos.  Nobis  vero  de  tuorum  Apocrisariorum  expectatione  sollicitis,  dilectus 
fìlius  frater  Ioannes  de  Ordine  Minorum  a  tua  Serenitate  transmissus,  bonus  de  terra 
longinqna  nuncius  supervenit,  tuas  nobis  devotione  plenas,  et  laetitiae  causa  non  vacuas 
litteras  repraesentans  ;  in  qoibus  gaudium  de  nostro  quem  sperabas  ad  tuas  partes  adventa 
conceptum...  exprìmens,  etc.». 

H  Parastron  dunque  era  arrivato  in  Italia,  nunzio  dell'  imperatore,  nel  o  dopo  l' aprile 
del  1272.  Poi,  dopo  il  29  ott.  1272  (data  della  lett.  papale  Dilectos  filios),  egli  in  compagnia 
de' nunzi  del  Papa,  fr.  Girolamo  d'Ascoli  e  compagni,  riprese  la  via  per  Costantinopoli. 

Ora  sentiamo  come  il  greco  Pachymero  ci  racconta  la  missione  e  lo  zelo  addimostrato 
da  fr.  Giovanni  Parastron  per  la  desiata  unione.  Daremo  per  maggior  fedeltà  il  barbaro 
testo  greco  del  Pachymero  con  a  fianco  una  nostra  versione  letterale,  non  essendoci  pia- 
ciuta quella  del  Possine  troppo  libera  e  non  sempre  fedele. 

ta  .  *Oicc>K  araOévTo;   xamca  too  TpTffo^ou,  ó  e.  IL  QuomodOf  comUiuto  papa  Gh-egcriOf 

^aaùjòìi  3cpò$  T^v  (ter'  Ixsivoo  eìpi^v^v  i^xo-      Js^perator  cum  eo  paeem  iractaòaL 

[P.  251]  TàXos  ToìJ  xorà  Sof^ocv TpTiTopioo,  Tandem,  Gr^orio  qnì  erat  in  Syria,  viro 

ov^ràc  S(B6e6or^i£you  et;  oprnìv  xtù  J^rpuorou  xrfi      TÌrtntis  fama  celeberrimo  et  antiquae  Eccle- 
«p^AOf  rSfi  *Eba)jf)otSv  Et(>^vi)s  xoù  ó^tovoidi;,      siamm  pacis  atque  concordìae  aemalatore,  in 

(1)  BtMoT.  t.  ra  p.  187;  efr.  ibid.  p.  188,  e  217. 

(2)  Bischofe  etc.  aug  dem  Mmoritenorden  in  Bom.  ^uirtalach.  IV  p.  239  n.  103  e  nella 
eontànnazìone  del  BvUaritaa  t.  Y  p.  613  n.  104. 

(3)  Gr^orio  fa  eletto  il  1  sett  1271,  quando  ancora  si  trovava  in  Acri  con  Edoardo  pri- 
mogenito del  re  d'Inghilterra;  ricevute  le  lettere  della  sua  nomina,  s'imbarcò  per  l'Italia  nel 
noT.  dello  stesso  anno;  al  1  gen.  1272  approda  a  Brindisi,  ai  27  marzo  è  consacrato  a  Boma; 
al  1  «pr.  indice  il  emuàlio  pei  1  mag.  dd  1274.  —  Cfr.  Pagi  Brtv.  kitior.  t.  II  p.  221  e  seg. 


SECOLO  xm. 


285 


«5  tÒ  najcmxòv  7cpo3xXrì6lvTO?  à^tcojicc  xat  TjSr) 
T^v  E7CI  'Ptójirji;  Ix  Supia5  avóovTOc,  ytvETai  ol 
èv66[jLiov  (rJxouaTO  yàp  Ixeivw  xax  twv  tou  ^aat- 
Xéw;  (j.r|Vu[jiaTcov  Tipo;  :ia7:nav  w?  triv  eìprjvrjv 
TóJv  'ExxX7)CTtwv  aìpoiTo)  ni(j.i}/ai  Tcpòs  PaatXéa, 
xa\  (ptXtxòj?  (lèv  tà  Jtpwra  èxsivov  aartàaaoBai, 
a^a  8è  xat  SrjlóSoai  ttiv  xX^aiv,  xa\  w;  t^?  S'PV 
VTjs  IxTOTttos  TóSv  'ExxXrjatòJV  òplyoiTO,  xiv  ^oi- 
XotTO  TouTO  xat  ó  PaaiXEÓ?,  oùx  av  Iv  aXXw  ye- 
vla6ai  xaXXtov  rj  aùrou   ys   ttiv   JiaJCTCìXTiv  a^iav 

Tauia  TOu  rpTjYopiou  8ta  «ppspttov  Siajtrjvj- 
oajiivou,  8^ov  ^v  w;  ó  (xÈv  xparOv  xaxà  8EtXiav 
T^v  Tipo?  tÒv  KàpouXov  T^v  elpi^vrjv  È^rjTEt,  w? 
oÙt^?  Y^  JJ^^l  ouCT»)s  {17)8'  £t5  vouv  cpépEiv  IxEivrjv 
jct&TtOTE,  ot  81  TCEpi  tÒv  FprjYÓpiov  8t'  auro  touto 
tÒ  t^;  Etp^^vrjs  xaXòv  xa\  tviv  tìóv  'ExxXrjatttv 
Evtootv.  Mr)8l  yàp  8ixaiov  {Jir,8'  oXw?  euXoYov,  fOvr) 
TOtauta  È;c\  [jLixpoT§  tkji  8iayip£a6at,  aXX'  ^  ajco- 
8ou{iEvov  rà?  attia;  ròv  atxtwjjLEVov  EipTivE^Eiv  Jia- 
pÉj^^Eiv  T0T5  a8eX«poTc;,  tj  ji^v  Iv  toij  t8iots  òy^pt- 
xtot?  Etx'  ouv  Tcpovopoi;  ovO'  ÉxaTEpov  [P.  252J 
p.^  ouTto  8ta^6pws  ?j(^£iv  xa\  axTjpuxxtDS  aXX^qXot; 
«TiEj^^OàvEoOai  •  opxEiv  yàp  ajjiipoTlpoii;  toù?  Ej^Opoù? 
TOu  aTaupou,  wv  tÒ  t£Xos  «TiwXsta,  xat  ayanT)- 
tÒv  ajroj^ptóvTO)?  iplpovia;  ovovia  tou  XptaTOiJ 
itpò;  EXEivou;  (laj^EaBat,  otcou  xa\  tÒ  vixSv  Inai- 
vetÒv  xo\  tÒ  axoTu-^avEtv  (jtoT:^piov,  fpyw  Tifjv 
jcpoOujiiov  SEi^aoiv. 


OuTw  [lÈv  ouv  ::pòs  àXi^XXou?  EyovTS?  pa<jt- 
Xeùs  xa\  rp»iYÓptos,  ó  jaIv  tjVev  Et;  to  Trpóoto  ttiv 
5(^£tpoTOvtav  8e5Ó[i.evo?,  PadiXEÙs  Zi  izoXùs  :^v  Iv- 
TEuOev  T^  ouvó8t{)  liziyiiiy*  xat  tÒv  naTptapj^rjv  6w- 

TtEUTtXùSs    U7C£p)^Ó[4EV0S     ÙjTOxXtVEtV     Xa\     àvuElV     TO 

O7tou8aljó[j.£vòv  •  Etvai  fàp  xa\  SvSpa  tJJs  etpi^vTj': 
tÒv  TtànTcav  xa\  ÈTiiOujjiias  ttJs  xpsiTTOvo?. 

Mex'  ou  izoXìi  8c  xaTaaTctvxo?  tovJ  rp»)Yopioo, 
npicSEt;  £X£T9ev  xaTaXajiSàvouoi  to  BuJ^ivTtov, 
xa\  Ot  jcpéaSEi?  ^pépioi,  wv  eU  ^v  'Iwàvvrjs  Ila- 
pàdTptov  (I)vo[Aaaji£vos,  tuoXitjjs  àpj^^^OEv  xoi  ^uv- 


papalem  dignitatera  vocato,  et  ìam  e  Syria  81 
Eomam  proficìscenti,  in  mentem  venit  legatos 
ad  Imperatorem  mittere  (siquidem  Gregorius 
audierat  vota  imperatoris  ad  praedecessorem 
Pontificem  transmissa,  quibus  Ecclesiarum  pa- 
cem  monstrabat  desiderare)  et  in  primis  eum 
amieabiliter  salutare,  suam  pariter  electionem 
ad  papatum,  et  dein  ingens  eius  desiderium 
de  concilianda  Ecclesiarum  pace  notificare: 
quam  si  et  imperator  voluerit  pacem,  nusquam 
haec  cum  alio  melior  evaderei,  quam  cum  ipso 
qui  tunc  papalera  dignitatem  obtinebat. 

Cum  talia  Gregorius  per  Fratres  [Mìno- 
res]  (1)  imperatori  nuntiasset,  manifcstum  ftiit 
imperatorem  quidem  ob  timorem  Caroli  regìs 
pacem  opta  visse:  qui  si  timor  defuisset,  pro- 
fecto  nec  in  mentem  ei  usquam  haec  cogitatio 
venisset;  e  con  tra,  qui  circa  Gregorium  erant 
hoc  unum  optabant,  bonum  scilicet  pacis  et 
Ecclesiarum  unionem.  Non  enim  iustum,  et 
nequaquam  conveniens  erat,  ut  tales  et  tantae 
nationes  in  exiguis  rebus  discreparent:  sed 
potìus,  illa  quae  in  causa  culpabilis  deprehcn- 
ditur,  haec  causas  amoveat,  sic  fratribus  pa- 
cem praebendo;  vel  secus  si  unaquaeque  in 
propriia  officiis  et  privilegiis  iure  fuerit  in- 
venta, bis  gaudeat,  caveatque  in  dissidio  per- 
sistere et  implacabiliter  invicem  odisse:  suf- 
ficit enim  utrisque,  qui  amatissimum  Christi 
nomen  portant,  crucis  oppugnare  inimicos, 
,quorum  finis  interitus,  ubi  et  vincere  glorio- 
sum  et  vinci  salutare  erit  :  opere,  ergo,  bonum 
animum  ostendant. 

Sic  igitur  se  se  invicem  imperator  et  Gre- 
gorius habebant;  hic,  consecrationem  recep- 
turus  coopta  via  progrediebatur  (2),  imperator 
vero  exinde  totus  erat  in  ambienda  Synodo, 
et,  blanditiis  circumveniendo,  Patriachae  (3) 
consensum  ad  intentum  carpere  conabatur: 
Pontificem  enim  (aiebat)  virura  esse  pacis  et 
desideri!  praestantioris. 

Non  multo  post,  constituto  in  sua  sede 
Gregorio,  legati  inde  Byzantium  appulerunt, 
et  legati  isti  Fratres  [Minores]  fuerunt;  inter 
quos  unus  erat  Ioannes  Parastron  dictus,  ori- 


(1)  Il  compilatore  degli  indici  della  storia  del  Pachymero  (Migne  P.  G.  1. 144  col.  1410) 
erroneamente  attribuisce  qui  il  nome  di  Frerii  ai  frati  dell'  Ordine  de'  Predicatori. 

(2)  Dal  surriferito  brano  e  da  quel  che  segue,  risulterebbe  aver  Gregorio  inviata   una 
prima  missione  a  C.poli  composta  di  frati  Minori,  già  da  quando  era  in  Siria. 

(3)  Era  questi  di  nome  Giuseppe  I  eletto  il  28  dee.  1267  e  deposto  dall'  imperatore  Mi- 
chele nel  1274  perchè  nemico  dell'  unione.  —  Cfr.  BoUand.  Acta  SS.  t.  I  aug.  p.  165*. 


286 


BIBLIOTECA 


81  8TÒ5  ti  I?  YXwooav  "EXXrjva,  u)  8^  x(v.  C^o?  ^v 
iitip  T^s  Twv  'ExxXr,5twv  Ivtóaeco;,  tl)5  Ixeivo? 
Xl^wv  Tcapidia,  UKjTe  xai  7:oXXaxi5  xareuyEaOai 
lauTOu  auTtxa  Odtvaxov,  ry  (xóvov  7cpo6aiT)  ra  t^? 
£tp:^vrj§,  0  87J  xai  f^vSTai  uaxepov,  Taut'  fXrfe, 
xat  rais  aXrj6etat5  a7tou8aaTT|5  :^v  t^s  etpTJVT)?  6ep- 
{jLÓTaT05,  wate  TioXXaxt?  xal  napaSaXXtov  itct- 
Tpiapj^»!  te  xai  t?}  auvóSto  xaTeXinaipet  xai  tai- 
T7)V  IrcéoneuSe,  ri  [i.è<  xa6'  rifjias  Ix9£ta^(tìv,  tò<iT' 
lv(oTe  xai  ore  ó  narpiàp^^^T,;  XeiTOup^oiT],  oÙtÒv 
ànoTi6é(jLevov  ttiv  xatXójrrpov,  où  (t^v  SI  aXXà  xo\ 
Toùs  [UT*  oÙtou  5uXXo{Ji6«vovT«,  Eiaép^EaBat  ri 
aSuTa,  xat  nopà  tòv  xuj^^óvta  ap^iEpéa  laTccfiEvov 
ras  (lUdTtxàf  auvavttYivwffxeiv  eùy^à^  jAerà  iziam 
IvOouotó-n^To;.  Tot;  ftlv  ouv  7)(j.eTépoi5  outw  xo- 
(rptico;  xa\  eùXa6S;  npoaetpépETO  '  npò;  B'  'iTaXoù; 
OKpopcov,  xaXòv  Eivat  xoi  ««jtpaXÈ?  IXeyev  àfE(ii- 
vous  T^{  7cpo»6:^xr,5  Et?  axàvSaXov  jrpoEi|iiv>]s,  TOt? 
aScX(poT(  ouT{a$  EÌpTjVEÓEiv.  Et  S-  ouv,  xoì  aùroù; 
aTCoXo^ou^vou;  Int  tt]  TcpoaOVjxi)  Bixatov  SI/^e- 
aOai,  wijTÉ  xa\  tot?  (ìÈv  Xéyovxac  ex  IlaTpò; 
Ttou  TÉ,  v^aii  EX  IlaTpòt  8t'  Tìou  tò  nvEtJ(ia 
tÒ  xy^ov  ÈxnopsósaOat,  TcapanXrjXTt^Etv  xat  a^ui 
eU  0eou  (luoTi^pta  napaxÓTTTOVTas.  —  'Exstvo?  jxév 
TauT*  fXrfE  xat  auaxtà^tdv  xo  Ixi  tw  Su^SóXio 
TÓXjjtrjjia,  «pl(j6u?  wv  xo\  npoSpyou  (laXXov  wav- 
tÒ;  tÒ  7:pEa6Euó(jLEVov  6iXti>v  àvÓTEtv  •  01  SI  TTjt 
'EìxxXTiala;  xaXòv  jjlIv  IXé^ov  t^v  stp^^vT^v  Etvoi, 
xoì  TtòSs  Y»P  0^  >  xat  (laXXov  'EìxxXTjoiats  toi«6- 
Tat5,  XEÌpaX^;  Xó^ov  lyiodsaii  toTs  [P.  253]  óitou- 
Si^jcote  Tou  Eip7)vàpj(^ou  XpioTDu  (laSriTaTs,  kX^v 
jiet'  a^ipaXEia;  xa\'  ou^  &i  Itu^év  •  Eivat  Y«p  tÒv 
xivSuvov  {liyav  toT{  tou  òpOovJ  Ótoooouv  à^iapTa- 
vouoi. 


—  «  Kaì  TOuTO  oùy^  THi.iv  apTt  ^uv£6r,  ntKpÒiy^' 
Oat,   0)5   xat    atTiav    ty^uv  tou  te  xaivoTOjjiEiv  a 

OÙSEt(     KpÓTEpOV,    xat    TOU    [AT)    OéXfitV     (JLETaSàXXElV 

KfltXtv  £15  o  xa\  jcpiv  ^qfiEV  •  aXX'  avSpE?  (lEyaXot 
Trjv  apETTjv  xa\  ao(po\  Trjv  ^w'^aiv  jcEpi  toótojv 
XaXf,aavT£t  StTjvé^OTjaav,  xat  Só^av  IxEivot;  Sté- 
aTTjoav.  TÒ  SI  xal  £15  nXÉov  ttjv  Iptv  IxTEtVEoOai 


gine  Constantìnopolitanas  et  in  lingua  graeca 
doctus,  cai  et  zelas  magnus  inerat  prò  unione 
Ecclesiarum,  sicuti  ipse  loquendo  demonstra- 
bat,  ita  ut  frequenter  audiretnr  sibi  ipsi  mor- 
tem  subitam  optare,  dummodo  quae  pacib 
erant  feliciter  procederent;  quod  et  revera 
postea  evenit  (1).  Haec  dicebat,  et  revera  pro- 
moter erat  pacis  ardentiseimus;  ita  ut  più- 
ries  accedens  Patriarcham  et  Synodum  im- 
pense  rogaret,  et  pacem  hanc  urgeret;  usus 
vero  nostros  ita  magni  faciebat,  ut  cnm  in* 
terdum  Patriaroha  sacrum  faceret,  ipse  de- 
tecto  capite,  suis  secum  comitibus  assnmptis, 
Sacrarium  ingrederetur,  stansque  ibi  coram 
quocumque  adstante  praesule,  mysticas  cum 
eo  preces  decantabat  maximo  cum  fervore. 
Ille  quidem,  ita  erga  nos  et  ritus  nostros  de- 
core  et  pie  se  gerebat;  ad  Italos  vero  adstan- 
tes  prospiciens,  bonum  et  tutum  esse,  aiebat, 
ut  amoto  additamento  in  Symbolo,  causa 
scandali,  ita  fratribus  sese  reconciliarent.  Ve- 
rumtamen  [nostrìs  dicebat]  aequum  esse,  quas 
latini  rationes  allegabant  in  favorem  addita- 
menti  in  Symbolo  inserti,  ut  idoneas  accipe- 
remus:  ita  quod,  et  illi  qui  dicunt  ex  Patre 
et  FUio,  et  vos  ex  Palre  per  Filium  Spiritnm 
Sanctum  procedere,  ambo  convenitis  et  Dei 
mysteria  ambo  attingitìs  [aiebat].  —  Ille  haec 
dicebat,  excnsabatque  temerariam  additionem 
in  Symbolo,  et  ut  legatus  nihil  tanti  faciebat 
quam  ut  legationis  finem  attingeret.  Nostri 
vero  Ecclesiae  praelati,  bonam  esse  pacem 
respondebant;  et  revera  quare  non?  pacem 
praesertim  inter  adeo  conspicuas  Ecclesias, 
quae  capitum  instar  habentur  ab  ubivis  ter- 
rarum  degentibus  discipulis  Christi,  principis 
pacis?  Verum  pax  haec  secura  tutaque  debet 
esse,  nec  utcumque  Btabilienda;  periculum 
magnum  imminet  illis  qui  a  veritate  aberrant. 
—  «Et  haec  eadem  nobis  [aiebant]  non 
recenter  contigit  fhisse  proposita,  quasi  nos 
culpabiles  essemus  novitatis  quam  nemo  prius 
attentavit,  et  quasi  pertinaces  nolimus  redire 
ad  ea  quae  prius  tenebamus;  ast,  viri  etiam 
magni  virtute  et  sapientia  de  bisce  tractan- 
tes   discreparunt,   et   famam   sibi  compara- 


(1)  Con  questa  espressione  qvod  et  revera  postea  evenit,  il  Pachymero  allude  certamente 
al  reale  compimento  de' voti  di  frate  Giovanni,  avveratisi  poco  dopo:  cioè  l'unione  delle 
Chiese  e  la  morte  del  fervido  Minorità.  Giovanni  Parastron  infatti,  non  appena  ritornato 
dal  concilio  di  Lione,  moriva  a  Costantinopoli  l'  anno  dopo,  nel  1275,  come  abbiamo  dal 
cronista  Glassberger  che  riporteremo  più  sotto. 


SECOLO  xm. 


287 


Tou  ii£Tp(ou  o5t'  èxEtvoi;  rjv  OsXrjóv,  xat  toT? 
j:Xeova^ou<nv  «jiaOI;  aXXut  xa\  ToXjjLTjpòv  ó  tcXeo- 
vaaiió;.  IlXfiv  to  xai  7)|i.a«  ttiv  7cpoo0^xr,v  Jtpo- 
«pIpEtv  ù(j.Tv  t6t'  av  jbip(xv  ti-^z  xai  Stxatto;  òvet- 
8tJ^ot{jLe0a,  et  SuaoeSeias  ùita?  Ij  aatSEias,  tò 
yEiptorov ,  Sta  ttjv  rpóoOEdiv  l^paspófiEOa ,  ws 
ó(j.oi(o;  xa\  fijMÓv  aaÈ6oóvTii>v  8tà  ttiv  npoaO^^XTjV 
tÌ  0[j.otiz.  'Eitet  Se  Trjv  Ini  tC  2ju(i.6óX({>  jtpo- 
aS/jXTjv  àj:oTpe7tó[i.£0a,  w;  [i.^  xaXòv  aXXcu;  ov 
{tTj5'  «ayaXÈ?  tÒ  oóvoXov  xaTr,af  aXta(>ivoi$  Ijcey- 
yEipEiv,  xSv  IvtÒs  XéYotEv  Tou  òpOoti,  jcou  5txaiov 
*){».iv  TtpoTEivEiv  tà  ojioia  ;  T15  yàp  7)[iiì>y  ètóX- 
p.7jo£  7:tÌTC0TE   ouTw;   «<)?   Xé^Ei?   {iExà    npoa6i^X7i5 

ÓjioXOfEtV  ;    KaXÒv    OUV    Xol    (3\i\t.fÌpOV    TTlV  ElpI^VTiV 

ce  oTCEÓSovta  tCv  'ExxXVjattuv  ooxto  TOtpSaOat  ouv- 
laxàlv  TaÓTr,v,  oocpSìc  olxovojjiouvTa  nap'  'iTaXo's 
T^v  TOU  ax<zv8aXou  acpaipEoiv,  xav  T)p«T(  bi\i£v  o\ 
aiTtc^iiEvoi  TOu  axavSàXou,  Sixa'.u;  tjjjlTv  IsirXi^T- 
Tovta  t«>?  lToi[iot$  ouoi  8l-^E(j0ot  T^v  |jiirX>j5iv. 
Et  81  Tcap'  lxelvot(  tò  axàvSaXov  ffiXagrev,  i'tayxTi 
ffveuiiartxòv  ovto  xat  7cpeo6euT^v  t^?  etpi^VTj?  Ixei- 
voi?  ttfOstv  mipSoOot  xò  lirt  x^  xQRV0T0(Lia  xou 
Iju{jl6óXou  à(i,apx7j|jia  >.  — > 


runt.  Praeterea,  neqae  illi  volebant  ut  con- 
tentio  ultra  convenientes  limitcs  erumperet; 
nam,  et  ipsis  aliorsum  insoleutìbus,  insolentia 
ìgnorantia  est  et  temeritas.  Caeterum,  quoad 
ìllud,  quod  nos  vobìs  additamentum  Symboli 
obiicimus,  tunc  profecto  querela  vestra  locum 
haberet,  et  ìuste  nobis  ezprobraretur,  si  nos 
vos  irreligiositate,  aut,  quod  esset  pessimum, 
impietate  ob  additamentum  hoc  accusaremus; 
quia  pari  ratione  nos  etiam  impietate  argue- 
remur  ob  aequalia  dogmata  additamento.  Cum 
ergo  additamentum  in  Symbolo  repudiamus, 
quemadmodum  in  securo  stantìbus  non  licet 
aggredi  rem  non  aliunde  bonam  nec  omnino 
securam,  etsi  additamentum  hoc  intra  fines 
sistat  veritatis,  ubi  quaeso  iustitia  est  ut 
nobis  talia  proponantur?  Quia  enim  nostro- 
rum  ausus  est  unquam,  ita,  ut  asserfs,  cum 
additamento  fidem  profiteri?  Bonam  ergo  et 
utilem  iudicamus  pacem  quam  soUicitas  Ec- 
clesiarum;  ita  etiam  sapienter  istam  incul- 
care studeas  apud  Italos,  curando  scilicet  ut 
scandalum  amoveant,  licet  illi  nos  scandali 
incusent;  et  tunc  merito  nos  obiurgaTerìs  [si 
pacem  negaremus  rei  si  causa  scandali  esse- 
mns],  et  paratos  nos  invenìes  ut  meruisse  re- 
prehendi.  Quod  si  secus  scandalum  ab  illis  or- 
tum  duxit,  necesse  erit  te,  religiosum  virum 
et  pacis  ministrum,  satagere  ut  illos  inducas 
novitatis  errorem  ex  Symbolo  auferre».  — 
Sic  dicebant  Ecclesiae  proceres,  et  sic  pa- 
rati erant  in  nullo  prorsus  audìre  imperato- 
rem,  si  quae  circa  ista  iusserit,  etiamsi  gra- 
vissima quaeque  minaretur. 

Nei  seguenti  capitoli  del  lib.  V  prosane  lo  storico  greco  a  narrarci  le  serie  difficoltà 
superate  dall'  imperatore  collo  buone  e  colle  brutte,  per  indurre  il  suo  clero  all'  unione 
colla  chiesa  Eomana  (lib.  V  ce.  12-21).  —  Finalmente  furono  prescelti  i  legati  che  l' im- 
peratore inviava  al  concilio  con  ricchi  doni  pel  potefice:  —  «  Electì  ergo  in  legatos  hi 
sunt:  Germanus  qui  patriarcha  fiierat,  et  episcopus  Nicaeae  Theophanes;  praeterea  ex 
senatoriis  m^rnus  logotheta  Acropolita,  praeses  vestiarii  Panaretus,  et  magnus  interpres 


81 


OGxto?  fXeyov  01  x5Js  'ExxXTjota^,  xoi  ouxtt»« 
etj^ov  «!)«  oi8lv  axouaró|uvot  PaotX£«i>s,  et  Tcpod- 
Tctaaoi  èv  xoóxon,  xat  e*  yg  xx  \tiyiaTa  àneiXet(l). 


(1)  Gregoriì  Pachymerae  De  Michaele  Pcdaeologo  lib.  V  cap.  11  (Migne  P.  G.  t.  143 
col.  821-26),  —  Lo  stesso  storico  ricorda  una  seconda  volta  il  nostro  fr.  Giovanni  Para- 
stron,  là  ove  parla  delle  feroci  persecuzioni  che  Andronico  successore  di  Michele  mosse 
contro  gli  unionisti:  e  ...  Archidiaconis  vero  Meliteniotae  et  Metochitae,  quod,  legati  ab  im- 
peratore [Michaele]  missi,  celebranti  Papae  adstiterant,  quanquam  pari  modo  se  Constanti- 
nopoli  Ioannes  Parastron  et  eius  socii  Frerii  a  Papa  legati  gesserant,  sacrum  facienti  pa- 
triarchae  tum  losephi  et  ipsi  assistentes,  quo  removerl  orane  a  tali  fecto  crimen  plerisque 
videbatnr;  tamen  eam  ob  causam,  ut  atrocissimi  reis  sceleris,  perpetuam  dignitatis  amis- 
sionem  irrogarunt».  De  Andronico  Palaeol.  lib.  I  e.  6  (Migne  P.  G.  t.  144  col.  27). 


288  BIBLIOTECA 


81  Berrhoeota.  His  triremes  ab  imperatore  datae  snnt  duae;  nnain  qni  ex  Ecclesia  erant 
simul  conscenderant,  altera  regii  vehebaniur  exccpto  magno  logotheta.  Extolerunt  autem 
seciim  malta  et  pretiosa  snpellectilis  sacrae  dona,  stolas,  et  aareas  effigies,  tam  compo- 
sita ex  variis  speciebns  aromatam  ingentis  pretii  tbjmiamata.  Ad  haec  et  majoris  ec- 
clesiae  endyten  sive  tapetem  altaris,  rosei  coloris,  auro  illasom,  nnionibus  insertis 
(lib.  V  e.  17)». 

JPartenza  e  naufragio  dei  legati  Greci,  e  loro  arrivo  a  Lione,  ecc.  —  «  Legati  alieno 
navigare  orsi  tempore,  sub  initium  videlicet  martii  11274]  nave  conscensa,  ad  Maleam, 
qaem  volgo  lignivorum  ob  crebras  illic  navium  subraersiones  vocant,  extrema  mensis  eins 
decade  pervenerunt.  Ibi  quinta  die  maioris.hebdomadae  129  »nar.(l)]  sub  vesperam  nau- 
fragium  miserabile  fecere . . .  {La  nave  che  portava  i  legati  civili  e  i  doni  pel  Papa  perì 
miseramente  tra  gli  scagli,  salvo  uno  solo  della  comitiva) . . .  At  episcopi  cnm  magno  lo- 
gotheta noctem  totam  cnm  fincta  mariqne  omni  naatarnm  industria  lactati,  ac  saepe  in 
extremnm  demersionis  admoti  discrimen,  aegre  snmma  vi  snb  anroram  Methonem  tennernnt, 
elapsi  praeter  omnem  spem  periculo  praesentissimo.  Ibi  qnievemnt  diebus  aliqnot,  expec- 
tantes  indiciom  de  eo  qnod  comitibns  evenisset,  si  qno  forte  tempestas  similiter  salvam 
appnlisset  sociam  triremim.  Yemm  non  mnlto  post  trìstis  eos  nanfragii  nnntins  percnlit. 
Unde  intellecto  sibi  iam  solis  band  amplins  coUegas  expectandos,  nec  caasam  esse  cnr  re 
infecta  revcrterentur,  versus  Bomam  solverunt,  et  paucis  diebus  pervenientes  ad  Papam, 
legatione  functi  sua  sunt,  perhumaniter  illos  excipiente  Papa,  adeo  ut  eos  honoraverit  tiaris, 
mitris  et  annulis  quibus  insignibus  episcopos  omarì  mos  illic  obtinet.  Vere  igitur  et  in- 
sequenti  aestate  ibi  exactis,  omnibus  culti  a  Papa  benevolentiae  indiciis,  transegerunt  quae 
in  mandatis  habebant.  Tum  extremo  autnmno,  mutuos  ipsis  adiunctos  a  Papa  legatos  Con- 
stantinopolim  perduxerunt  (lib.  V  e.  21)». 

n  Pachymero  non  ci  dice  se  nella  nave  che  conduceva  il  clero  greco  vi  fosse  anche 
fr.  Criov.  Parastron  coi  legati  del  Papa;  questi  probabilmente  rimontavano  la  nave  papale 
che  li  aveva  condotti  a  Costantinopoli.  Neppure  ci  dice  se  i  legati  greci  e  latini  partirono 
simultaneamente  da  C.poli  per  l' Italia.  Sappiamo  però,  che  1'  anno  avanti  (poco  prima 
dei  21  nov.  del  1273,  data  d'  una  lett.  del  Papa  al  Paleologo  Littcrarum  series),  V  im- 
peratore aveva  rimandati,  ed  erano  giunti  a  Lione,  due  dei  compagni  di  fi-.  Girolamo 
d'  Ascoli,  cioè  i  frati  Raimondo  e  Bonaventura  con  due  legati  greci  apportatori  di  buone 
speranze;  e  che  finalmente  fr.  Girolamo  d'Ascoli,  fr.  Berengario  da  Persioeto,  con  fr. 
Giov.  Parastron,  in  compagnia  de'  legati  greci,  entravano  in  Lione  ai  24  giugno  1274  (2). 
Il  risultato  del  concilio  è  troppo  noto.  La  desiderata  unione  fu  conchiusa  il  29  giugno, 
festa  dei  Ss.  Apostoli;  e  «deindo,  ipso  domino  Papa  Gregorio  X  Missarum  solemnia  cele- 
brante, interfuerunt  graeci,  et  Symbolum  cum  confessione  articuli  de  processione  Spiritus 
Sancti  ter  successive  canta verunt,  ad  hoc  informati  per  eorum  interpretem,  fratrem 
lohannem  de  Balastri  de  Constantinopoli  de  Ordine  fratrum  Minorum,  sufficienter  in 
utraque  lingua,  videlicet  graeca  e  latina,  eruditum  (3)  ». 

n  Pachymero  ci  ha  detto  che,  al  ritorno  de'  legati  greci,  il  Papa  inviò  in  loro  com- 
pagnia altri  suoi  nunzi  diretti  al  Paleologo.  Di  questi,  gli  annali  del  Waddingo  e  Eay- 


(1)  Come  computa  il  De  Rubeis,  che  corregge  1'  abbaglio  del  Possine,  in  Migne  P.  G. 
t.  142  p.  69-70. 

(2)  Wadding  loc.  cit.  —  Anal.  frane,  t.  II  p.  86  s.  —  Cfr.  De  Rubeis  loc.   cit.  p.   70. 
—  Raynal.  Annoi,  an.  1274. 

(3)  Glassberger  Chron.  in  AnaX.  frane,  t.  II  p.  86.  —  Wadd.  an.  1274  n.  6. 


SECOLO  xm.  289 


naldo  (1)  non  ci  ricordano  che  il  solo  abate  di  Montecassino  (2),  munito  di  lettere  papali    81 
date  5  Kal.  aug.  (28  luglio).  Da  una  lettera  però  di  Gregorio  X,  ignota  ai  ricordati  an- 
nalisti, sappiamo  di  certo  che  anche  il  nostro  fr.  Giov.  Parastron  fu  rimandato  coi  legati 
greci  a  Costantinopoli: 

«  Gregorius  etc.  —  Dilecto  fdìo  fratti  lohannl  dicto  Belastro  Ord.  fr.  Minorum, 
salutem  et  apostoUcam  henedictionern-  —  Cum  in  negotio,  quod  actum  est  his  diebns  do 
reductìone  Graecorum  ad  Ecclesiasticam  unitatem,  diu  et  utiliter  laboraris,  et  adhuc  sit 
circa  illud  utilis  labor  tuus:  Tolumus,  et  praescntium  tibi  auctoritate  mandamus,  quatenus 
personaliter  cum  Xunciis  praedictorum  Graecorum  ad  partes  illas  accedens,  consummationi 
eiusdem  negotii  fideliter  et  solerter  intendas  »  [anno  1274  die  ...  lulii]  (3). 

Dunque  fr.  Giov.  Parastron  ritornò  a  Costantinopoli  coi  legati  greci,  nell'  autunno 
dello  stesso  anno  1274,  come  risulta  dal  Pachymero  e  dai  documenti  citati.  Per  quel  che 
poi  ivi  seguì,  prò  e  contro  la  fatta  unione,  rimandiamo  il  lettore  al  citato  Pachymero 
lib.  V  e.  22  e  seg.  —  Finalmente  anche  a  C.poli  1'  unione  fa  celebrata  e  proclamata  in  pre- 
senza dei  legati  papali,  l' ab.  di  Montecassino  e  fr.  Giov.  Parastron  :  «  Ejusdem  porro 
mensis  die  sexta  decima  lianuarii  1275],  Nicolao  Chalcedonensi  episcopo  celebrante  in 
palatii  sacra  sede  [legatis  ibi  cum  imperatore  praesentibus  (4)],  legitur  duplici  lingua 
epìstola  Apostoli,  tum  sectio  illa  ex  Actibus  Apostolorum  (Petri  enim  principis  Aposto- 
lorum  agebatur  festum,  quod  Ecclesia  celebrat  titulo  Depositionis  sacrorum  vinculorum); 
sacrum  quoque  Evangelium  pariter  recitatum  est  graece  et  latine,  et  inde,  loco  proprio,  Papae 
mentio  facta  est  a  diacono:  et  Gregorius,  summus  pontifex  et  apostolicae  Ecclesiae  occu- 
menicus  papa  fait  proclamatus  (5)  » . 

Arrivati  a  questo  punto,  non  ci  resta  altro  che  registrare  la  morte  del  nostro  Pa- 
rastron che  lo  colse  a  Costantinopoli  nel  1275.  Abbiamo  visto  che  il  greco  Pachymero  ac- 
cenna la  morte  del  Parastron  come  avvenuta  poco  dopo  la  desiderata  unione,  e  secondo  i  voti 
del  fervido  Minorità  che  diceva  di  offrire  in  sacrifizio  la  sua  vita  a  Dio,  purché  arrivasse  a 
vedere  1'  unione  de'  suoi  fratelli  con  la  Chiesa  Cattolica.  All'  implicita  testimonianza  del 
Pachymero,  diamo  ora  quella  esplicita  e  chiara  del  nostro  cronista  Glassberger  che  ne 
registra  la  morte  con  le  seguenti  notizie,  sotto  1'  anno  1275  :  —  «  Item,  frater  Johannes 
de  Balastri  Ordinis  nostri,  tam  graeca  quam  latina  lingua  sufficienter  peritus,  pridem  in 
concilio  Lugdunensi  interpres  Imperatoris  graecorum  et  praelatorum  Graeciae,  remissus  ab 
eodem  concilio  cum  graecis  ad  Graeciam,  Constantinopoli  feliciter  migravit  ad  Dominum; 
qui  die  obitus  sui  amplius  quam  trecenta  miracula  Dei  virtute  fecit.  Unde  graeci  in  eius 
vigiliis:  Begetn  Confessorum  Dominum  etc.  et  in  Introitu  Missae  exsequiarum:  Os  iusti 
etc.  et  of&cium  Confessorum  cantaverunt;  et  prò  eius  canonizatione  Imperator  graecorum 
et  praelati  Graeciae  instanter  ad  dominum  Papam  laborabant  (6)  » .  —  Chi  ha  potuto 
constatare  la  fedeltà  del  compilatore  e  cronista  Glassberger,  vorrà  con  noi  esser  persuaso 
aver  egli  attinte  queste  notizie  sul  Parastron  da  qualche  autorevole  cronista  contempo- 
raneo e  presente  al  concilio  di  Lione.  Se  mal  non  ci  apponiamo,  il  Glassberger  desunse  questo 


(1)  Ad  annum  1274. 

(2)  Bernardo  Ayglerio,  ricordato  dallo  Sbaralea  Bvllar.  t.  Ili  p.  216. 

(3)  Sbaralea  Bullar.  t.  Ili  p.  217  n.  48. 

(4)  Twv  nploSswv  (7uva|jia  tO  PaotXei  èxeid*;  napóvTtov,  frane  obli.ita  dal  traduttore  Possine! 
Abbiamo  perciò  ritoccato  anche  questo  brano  del  Possino  sul  testo  originale. 

(6)  Pachyra.  lib.  V  e.  22  in  Migne  P.  G.  t.  143  col.  853. 
(6)  Anal.  frane,  t.  II  p.  88;  cfr.  ibid.  p.  86. 
BibUot.  —  Tom.  L  19 


290  BIBLIOTECA 


81  brano  dalle  ancor  desiderate  cronache  o  di  fr.  Bernardo  da  Bessa  o  di  fr.  Pellegrino  di 
Bologna,  ambo  già  segrotarii  di  S.  Bonaventura  anima  del  concilio  Lionese. 

1273-74  —  Pr.  Alberto  de'  Gonzaga,  Legato  ApostoUco  4ài  Gregorio  x  a 
Michele  Paleologo  imp.  di  Costantinopoli, 

82  «  Nato  il  nostro  Alberto  dalla  principesca  famiglia  de'  Gonzaga  di  Mantova,  avversò 
sii)  da  giovinetto  le  delizio  del  mondo,  e  prese  l'  abito  de'  francescani  sotto  il  generalato 
del  Serafico  S.  Bonaventura.  Sotto  la  scorta  di  un  tanto  maestro,  Alberto  progredì  talmente 
nella  pietà  e  nella  dottrina  che  atirasse  gli  sguardi  del  Pontefic*  Gregorio  X,  il  quale  aven- 
dolo sperimentato  adorno  di  senno  politico  nel  disimpegno  di  pubblici  negozi,  lo  spedi  suo 
nunzio  a  Onglielmo  marchese  di  Monferrato  ed  ai  Visconti  di  Milano,  onde  tra  le  subalpine 
e  lombarde  provincie,  sconvolte  dalla  guerra,  facesse  risuonare,  in  nome  del  Vicario  di 
Gesìi  Cristo,  la  parola  di  pace;  ed  egli  vi  andò  e  parlò  e  trattò  con  tanta  efficacia,  che 
la  pace  si  stabili. 

Dopo  altre  minori  incombenze,  lo  stesso  Pontefice  mandollo  su  superba  galèa  Legato 
Apostolico  a  Costantinopoli  presso  l' Imperatore  greco  per  conchiudere  il  ben  avviato 
affare  della  riunione  della  chiesa  greca  alla  Latina.  In  queir  arduo  incarico  il  Gonzaga 
si  maneggiò  con  tanta  destrezza  e  prudenza,  che  la  riunione  si  compiè  nel  concilio  Lio- 
nese II,  al  quale  anch'  egli  prese  parte  non  per  diritto  che  ne  avesse,  ma  per  bisogno 
che  aveasi  di  Ini.  —  Morto  Gregorio  X  nel  gennaio  del  1276,  in  meno  di  nove  anni  sei 
Pontefici  si  assisero  sulla  cattedra  di  S.  Pietro,  ed  in  quel  fluttuante  periodo  il  Gonzaga 
modestissimo  si  tenne  appartato  nella  divata  oscurità  del  chiostro,  sino  a  che  Nicolò  IV, 
che  da  generale  del  nostr'  Ordine  ne  avea  conosciuto  appieno  lo  zelo,  la  prudenza  e  la 
dottrina,  nominollo  vescovo  d' Ivrea  [nel  1389]  e  volle  consacrarlo  egli  stesso  colle 
proprie  mani.  Alberto,  dopo  aver  saggiamente  governata  la  chiesa  d'  Ivrea  morì 
nella  pace  de'  giusti  nel  1321  e  fu  sepolto  nella  chiesa  da  lui  edificata  in  onore  di  S. 
Francesco  (1)  » . 

1273  —  Fr.  Giov.  Batt.  Zanni  a  Gerusalemme.  —  In  questo  anno  il 
Wadd.  (2)  pone  la  fondazione  del  Convento  di  Bagnacavallo  ;  ove  alla  consacrazione 
della  chiesa,  fatta  il  26  decembre,  intervenne  gran  moltitudine  di  popolo  per  venerare 
una  sacra  icone  della  Vergine  portata  da  Gerusalemme  dal  P.  G.  B.  Zanni  di  Ba- 
gnacavallo. 

1274  —  Crociata.  —  Nel  ricordato  concilio  di  Lione,  Gregorio  X  proclama 
la  crociata  contro  i  Saraceni  che  occupavano  Terra  Santa.  A  ben  trenta  Provinciali, 
compreso  quello  di  Siria,  ingiunge  con  lunghissimo  lettere  la  predicazione  della  detta 
crociata:  e  i  rispettivi  superiori  a  ciò  destinano  un  vero  esercito  di  predicatori  fran- 
cescani (3). 


(1)  Dalle  Memorie  storielle  della  Chiesa  d' Ivrea  del  Can.  Giov.  Saroglia  Vie.  Gcn. 
d' Ivrea,  citate  dal  P.  Bassi  nella  sua  opera  Ms.  Cronaca  de'  Francescani  del  Piemonte 
p,  19-20:  ms,  autografo  del  Bassi  comunicatomi  dal  gentile  mio  confratello  P.  Lett.  Vin- 
cenzo Vallare  della  Prov.  di  Torino.  —  Cfr.  Wadding  an.  1274  n.  25,  t.  IV  p.  405.  — 
Cfr.  Sbaralea  Bullar.  t.  IV  p.  74,  90.  —  Non  abbiamo  trovato  l'anno  preciso  della  lega- 
zione di  fr.  Alberto  a  Costantinopoli  ;  del  resto,  egli  dovette  esser  compagno  o  del  principale 
nunzio  fr;  Girolamo  d'  Ascoli,  o  dell'  ab.  di  Montecassino  sopra  ricordato,  a  p.  289. 

(2)  Annal.  t.  IV  n.  18  p.  385. 

(3)  Si  mentes  fidelium,  13  nov.  1274,  Sbaral.  Bullar.  t.  III  p.  223-26. 


SECOLO  xin.  291 


1274-80  —  Fr.  Pidentius  de  Padua:  —  incipit  Uber  recuperatioms  Terrae 
Sanotae  S.mo  ac  B  jno  in  Christo  Patri  ac  Domino  Domino  Nicholao,  Dei 
gratia  S.  Bom.  ao  univ.  Ecclesiae  summo  Pontifici:  Fidentixis  (de  Padua) 
Ord.  Minorum  minlmvis  ad  pedum  oscula  beatorum. 

È  il  titolo  quale  co  lo  dà  il  P.  Marcellino-  da  Civezza  che  dice  il  cod.  membranaceo  83 
in  4»,  di  78  carte,  con  bellissime  miniature  e  nella*  biblioteca  Nazionale  di  Parigi  (1). 
Nei  cataloghi  di  quella  biblioteca  lo  troviamo  infatti  registrato  tra  i  codd.  fonds  latins 
n.  7242,  membr.  scritto  nel  sec.  XIV,  che  tra  i  foli.  85r-126r.  contiene:  «Pidentius 
de  Padua,  ord.  Min.  Liber  de  recuperanda  Terra  Sancta  ad  Nicolaum  papam,  cum 
figuris  (2)  » . 

Non  sappiamo  chi  sia  questo  fr.  Pidenzio  da  Padova,  cui  papa  Gregorio  X  già  nel 
concilio  di  Lione  (1274)  aveva  dato  l' incarico  di  stendere  la  presente  opera  storico-strategica 
per  la  prossima  crociata  inculcata  nel  detto  concilio,  opera  che  frate  Fidenzio  compi  e 
presentò  a  papa  Nicolò  III.  Non  abbiamo  prove  per  identificarlo  coU'  omonimo  B.  Fidenzio 
da  Padova,  morto  non  sappiamo  quando  e  sepolto  nella  basilica  di  S.  Antonio  di  Padova, 
e  ricordato  appena  dalle  nostre  memorie  come  uomo  santo  e  vissuto  nel  sec.  XIII  (3).  Un 
fr.  Fidenzio  di  Padova,  che  crediamo  il  nostro,  fa  con  altri  legati  spedito  dal  Doge  Ve- 
neto nel  1286  al  Papa,  dal  quale  ottennero  la  revoca  dell'interdetto  inflitto  alla  Eepub- 
blica  (4).  Che  il  nostro  Fidenzio  sia  stato  in  Oriente,  non  v'  è  da  dubitare. 

Ciò  premesso,  diamo  la  descrizione  del  cod.  che  ne  diede  il  cit.  P.  Marcellino  da  Civezza. 

€  Pelicis  recordationis  Dominus  Papa  Gregorius  Sancto  Spiritu  inflammatus,  totis  vi- 
sceribus  liberationem  Terrae  Sanctae  desiderans,  quam  Salvator  noster  Dominus  Jesus 
Christus  proprio  sanguine  conquisivit,  mihi  mandavit  in  Concilio  Lugdunensi  ut  in  scriptis 
ponerem  qualiter  Terra  Sancta  acquiri  posset  de  manibus  infìdelium  ;  et  qualiter  acquisita 
posset  a  Christifidelibus  conservari.  Ego  sane,  licet  minus  idoneus,  scribendum  exstimavi 
Sanctitati  Vestrae  quod  super  premissis  Dominus  inspiravìt  ad  laudem  et  honorem  Domini 
nostri  Jesu  Christi  et  ad  directioiiem  eorum  qui  amore  Salvatoris  nostri  sunt  in  maria 
transituri,  simplici  oratione  insinuans  ea  quae  prò  parte  ocuUs  meis  tndi  et  manibus  attra- 
tavi  ».  —  Ed  entrando  nell'  argomento  narra,  come  la  Terra  Santa,  primo  fuit  gmtilium 
dispersorum;  seomdo,  ludeorvm;  tertio,  Assiriorvm;  quarto,  Romanorum;  quinto,  diri- 
stianorum;  sexto,  Saracenorum;  aggiungendo  che  da  ultimo  mf  di  nuovo  Christianorum. 
Parlando  della  prima  possessione  che  n'  ebbero  i  cristiani,  mostra  per  quali  cause  dipoi  la 
perdessero;  che  furono  i  vizi  pagani,  di  cui  si  resero  infetti:  cioè  esterminatio,  indiscrefiOj 
divisio,  defectio,  derelictio.  Poi  venendo  all'acquisto  che  ne  fecero  i  Saraceni,  ragiona  a 
lungo  de  Machometo  et  eius  vita,  e  di  quel  che  lasoiò  per  exedità  ai  suoi  seguaci,  cioè 
infidelitas,  foeditas,  crudelìtas,  cupiditas,  sagacitas,  stolUditas,  instabilità.  Finalmente 
passando  a  dimostrare  quod  Terra  Sancta  debeat  esse   Christianorum:  Nec  prophetizo 


(1)  Bibliografia  Sanfranc.  p.  441  n.  480. 

(2)  Cfr.  Jnventaire  de  VOrient  Latin  (Génea  1882)  p.  13.  —  Archives  de  V  Orient  Latin 
t.  II  p.  140.  —  Rohricht  BibHoth.  geogr.  PàUiest.  p.  75,  che  dimentica  però  di  registrare 
fr.  Fidenzio  nel  sec.  XIII  nel  qnale  scrìsse. 

(3)  Wadding  Annal.  sub  an.  1249.  —  Arturo  Mariyrol.  die  31  lan.  —  Eubel  Provin- 
ciale Ord.  Min.  p.  62.  —  Lemmens  Catal.  S».  Fratmm  p.  17.  —  Sigismondo  da  Venezra 
Biografia  Serafica  p.  62  sotto  1'  an.  1251. 

(4)  Vedi  Sbaral.  Buttar,  t.  IH  p.  563. 


292  BIBLIOTECA 


83  (egli  dice)  quia  propheta  non  sum  :  scd  ea  narro  quae  scripta  reperi,  atque  ex  scripto- 
ribiis  coniicere  potui.  E  i  mezzi  sono  :  Exercitiis  suffìcieniia,  bonitafis  eminentia,  capitis 
praescientia.  Quanto  al  primo,  oporiet  ut  bellatores  multi  sint  numero,  periti  prelio,  fortcs 
animo,  sagaces  ingenio.  Poi  decenter  armati,  bene  ordinati,  ad  intncem  dispositi.  Il  sa- 
gaces  ingenio  comprende  castrorum  fixio;  castrorum  moderatio;  castrorum  custoditio; 
inimicorum  ea^loratio;  in  fugis  cautio;  continua  unio;  agendorum  consideratio.  Il  bonitas 
comprende  caritas,  casiitas,  humilitas,  pietas,  unitas,  sobrietas,  legalitas,  pacientia,  cu- 
piditatis  carentia,  orationis  frequentia.  U  praesideniia  unius  capitis  espone  le  qualità  di 
cui  il  supremo  capitano  vuol  essere  adorno:  cioè potentia  excelsus,  vita  honestus,  sapientia 
conspicuus,  iudicio  aequus,  probitate  animosus,  largitale  copiosus,  diligentia  sollicitus, 
conversafione  mansuetus,  stàbilitate  firmus.  Si  debbono  allestire  due  eserciti  :  uno  por  terra, 
l'altro  per  mare;  parlando  dell'esercito  di  mare,  ragiona  con  molta  perizia  de  loco  ga- 
learum,  de  hominibus  gàlearum,  de  rectoribus  galearum  :  e  così  di  quello  per  terra.  Quel 
che  può  nuocere  è  necessariorum  defcctibilitas,  hostis  magnanimitas,  adiuiorii  longin- 
quitas,  iemporis  morositas.  Qui  aggiunge  un  trattatalo  geografico  con  una  carta  rispon- 
dente della  Terra  Santa,  per  mostrare  come  il  detto  esercito  per  terra  s' abbia  a  disporre, 
intrattenendosi  specialmente  de  Antiochena  civitate  et  ditionibus  eius.  Finalmente  si  fa  a 
ragionare  de  Terrae  Sanctae  conscrvatione,  la  quale  richiede  sufliciens  militia,  maris 
custodia,  munitio  firma,  competens  praesidentia,  Immilis  sapientia;  e  quindi  passa  a  dire 
della  poca  solidità  dell'  esercito  del  Sultano,  essendo  composto  di  rinnegati  cristiani:  Cum 
Bit  chrisiianorum  malorum,  che  facilmente  gli  si  volteranno  contro.  E  conchindc: 

«  lam  attendai  diligenter  Dolor  meus  renovatur, 

Qui  Christum  amat  ferventer:  Hostis  stridet  et  crassatur. 

Christns  exclamat  exprobrans:  An  dilectns  non  exurget, 

Qnis  erit  inflammatus,  Qucm  et  vis  amoris  nrget, 

Qui  me  tegat  denudatnm,  Ut  malignos  hostes  sternat, 

A  maiignis  crnciatum?  Et  aeternum  lumen  cernat? 

Sacra  mea  sunt  deiecta,  Felix  qui  per  me  se  dabit, 

Feris  lupis  iacent  spreta;  Mecum  semper  conregnabit. 

«  Explicit  liber  editus  a  Fratre  Fidentio  de  Fadua  de  Ordine  Minoram.  Et  est  qnod 
Terra  Sancta  posset  recnperari  de  manibus  infidelium  et  teneri  ».  —  I  lettori  v^^ono  da 
sé  il  pregio  di  questo  Manoscritto.  —  Il  nostro  Fidenzio  precedette  così  molti  anni  il  ce- 
lebre Marìn  Sannto  che  nei  primi  del  sec.  XIV  compilava  una  simile  opera,  ma  assai 
più  estesa. 

1276-77  —  Pr.  Girolamo  d'Ascoli,  Ministro  generale  dell'Ordine  (1274-79), 
fu  egli  rimandato  legato  a  Ck>stantinopoli  per  la  seconda  volta  nel  1276-77? 
Esame  crìtico. 

84  Della  legazione  di  fr.  Girolamo  a  C.poli  in  compagnia  de'  frati  Baimondo,  Bonagrazia 

e  Bonaventura,  abbiamo  già  trattato  più  sopra,  indicando  semplicemente  le  fonti  sotto  l' anno 
1272-74,  senza  aver  nulla  aggiunto  di  particolare,  salvo  quei  pochi  cenni  che  riguardano 
il  loro  confratello  greco  e  compagno  fr.  Giovanni  Parastron. 

Ora  lo  Sbaralea  è  il  primo  e  il  solo  fra  gli  autorevoli  scrittori  francescani,  che  abbia 
ammesso  una  seconda  missione  di  fr.  Girolamo  in  Costantinopoli  nel  1277,  in  compagnia 
di  tre  altri  Minoriti,  diversi  dai  samraentovati,  cioè  con  i  frati   Guidone  Ministro  della 


SECOLO  xni.  293 


Bomana,  Angelo  Ministro  della  Serafica  e  Gentile  da  Bettona,  qaesV  oltimo  già  Inquisitore  84 
0  poi  (9  ott.  1279)  arcivescovo  di  Beggio  in  Calabria;  missione,  che  a  giudizio  dello  stesso 
autore,  realmente  avrebbe  avuto  effetto  nel  1277,  sotto  il  breve  pontificato  di  papa  Gio- 
vanni XXI  (eletto  8  sett.  1276,  e  morto  20  mag.  1277),  cui  vuole  anche  attribuite  le 
lettere  papali  già  pubblicate  per  la  prima  volta  dai  Martène  e  Durand  (1),  i  quali  però 
le  attribuiscono  non  a  Giov.  XXI,  ma  al  suo  predecessore  Innocenzo  V  (2)  che  visse  appena 
cinque  mesi  nel  pontificato  (21  gen.-22  giug.  1276  f). 

Ma  innanzi  tutto,  crediamo  utile  di  riassumere  brevemente  il  tenore  de'  documenti  in 
questione. 

Sono  essi  sei  lettere  pontificie;  o  meglio,  tre  lettere  pei  destinatari  a  C.poli,  e  un 
Memoriale  tripartito,  ossia  un  memoriale  con  più  due  cedule  supplementari,  contenenti 
le  istruzioni  e  le  norme  di  procedere  pei  nunzi.  Si  noti,  che  tutti  e  sei  questi  documenti 
editi  dai  Martène  e  Sbaralea,  non  portano  data  alcuna. 

1.  —  Nella  prima  lettera  «  Quanto  gaudio»,  diretta  all' imp.  Michele  Paleologo,  il 
pontefice  gli  ricorda  la  gioia  della  Chiesa  universale  per  la  testé  effettuata  unione  nel 
concilio  di  Lione  (1274)  sotto  il  suo  predecessore  Greg.  X.  Ora  lo  invita  a  rinforzare  so- 
lecitamente  detta  unione  nei  modi  che  gli  verranno  suggeriti  dai  nunzi  che  gli  invia  €  che 
gli  raccomanda  :  «  dilectum  filium  Hieronymum  Generalem,  Guidonem  Bomanum,  et  An- 
gelum  S.  Francisci  Provinciarum  Ministros,  et  Gentilem  de  Bectovio  (3)  Ordinis  Minorum 
Fratres,  viros  utique  claros  verae  fidei  claritate,  voluntariae  paupertatis  humilitate  conspi- 
cuos,  hnmiles  Christi  pauperis  scctatores,  de  ipso  fratrum  Consilio  [cardinalium]  delibera- 
vimus  praemittendos, . . .  qnatenus  quae  ad  praemissam  solidationem  petierint,  studeas  cum 
omni  plenitudine  adimplere  > . 

2.  —  Nella  seconda  lettera  allo  stesso  imp.  Michele  «  Pacis  aemulus»,  che  é  tutta 
di  argomento  politico,  gli  raccomanda  di  trovare  i  mezzi  per  far  la  pace  coi  Latini  e  col 
re  Carlo  di  Sicilia  pre  «ndente  all'impero  di  Bizanzio,  e  di  venir  a  tregua  concesso  loro; 
e  perciò  ancora  gli  inviava  i  suddetti  nunzi. 

3.  —  Nella  terza  «  Grandis  affectus*,  diretta  al  Patriarca  e  ai  prelati  greci,  il  pon- 
tefice  li  esorta  di  cooperare  coi  suoi  nunzi  per  consolidare  la  effettuata  unione,  T  armonia 
vicendevole  ecc. 

4.  —  La  quarta  lettera  <  In  commissi  vobis  »,  contiene  il  triplice  memoriale  o  istru- 
zione data  ai  nunzi  sul  modo  di  procedere  nel  delicato  affare  loro  affidato.  Nel  primo 
€  In  commissi*,  indice  loro  di  salutargli  e  benedirgli  affettuosamente  l'imperatore  e  il 
suo  primogenito  Andronico  :  e  di  esporre  loro  i  motivi  della  presente  legazione,  presentando 
in  primo  luogo  la  lettera  di  argomento  spirituale,  ossia  la  prima  che  principia  :  «  Inno- 
centius  Carissimo  in  Ch.  f.  n.  Michaeli  Palaeologo.  —  Quanto  gaudio  ...*,  poi  quella 
diretta  al  Patriarca  «  Grandis  Affectus  »  ;  e  quindi  delicatamente  entrare  nell'  ai^omento 


(1)  Amplissima  coUectìo  t.  VII  col.  246-57  n.  29  seg.  —  Sbaralea  BuUar.  t.  Ili  p.  267-74: 
il  quale  ivi,  a  p.  274  nota  e,  crede  provata  una  seconda  legazione  di  fr.  Girolamo  dalle  sus- 
seguenti lettere  papali  di  Nicolò  ITI;  ma  queste,  se  ricordano  una  missione  al  Paleologo, 
tacciono  affatto  il  nome  di  Girolamo  e  compagni.  Vedremo  invece  che  Nicolò  III  allude  alla 
missione  di  ft.  Giacomo  vesc.  di  Ferentino  e  suoi  compagni  Domenicani,  missione  non  ignota 
allo  stesso  Sbaralea  che  la  ricorda  Snd.  p.  271  nota  a. 

(2)  Il  celebre  Domenicano  fir.  Pietro  di  Tarantasia,  quegli  che  col  suo  compianto  amico 
S.  Bonaventura  cotanto  si  erano  adoperati  per  l' unione  delle  due  Chiese  conchiusa  in 
Lione  (1274). 

(8)  Lo  Sbaralea  osaerva:  «1^^  de  Bettonio  alias  Yettonio,  vulgo  Bettona».  {BnU.  IIL  269). 


294  BIBLIOTBCA 


84  politico  presentando  all'  imperatore  l' altra  lettera  «  Pacis  aemulus  »  nella  quale  gli  sug- 
gerisce r  accordo  cogli  avversari.  Di  più,  chiedano  all'  imperatore  di  riconfermare  con  giu- 
ramento e  propria  firma  la  professione  di  fede,  che  gli  esibiranno  in  iscritto,  e  che  fu  già 
professata  a  Lione  a  nome  dell'  imperatore  dal  suo  Logoteta.  La  stessa  professione  si  chieda 
anche  dal  primogenito  Andronico;  e  per  mezzo  loro,  lo  stesso  facciano  col  Patriarca  e 
clero  :  e  tutto  ciò  si  faccia  con  prudenza  e  carità.  —  L' altro  memoriale  o  cedula  «  Inter 
celerà  » ,  prescrive  ai  nunzi  che,  se  non  potranno  ottenere  la  professione  di  fede  pubblica 
del  Faleologo,  questa  potrà  esser  privata,  ma  alla  presenza  dei  magnati  del  clero  e  de'  no- 
biU  ;  e  che  se  non  si  potrà  sperare  da  lui  un  solenne  giuramento,  in  questo  caso  basterà 
che  ^li  confermi  la  professione  del  suo  Logoteta.  H  pontefice  prescrìve  altre  simili  norme 
da  tenersi  col  clero  su  vari  articoli  espressi  nel  primo  memoriale.  —  Una  seconda  cedula 
«  Licei  ea  quae  in  Memoriali  »  traccia  la  condotta  che  devono  tenere  i  suoi  nunzi,  e 
suggerisce  loro  sommo  tatto  e  prudenza  nell'afEare;  e.  finalmente,  se  non  potranno  ottenere 
tutto  quanto  è  prescritto  nel  Memoriale,  «duce  prudentia  ...  ea  quae  poteritis  commoda  re- 
cipere  studeatis  » . 

Questo  il  tenore  de'  documenti.  Ora,  a  quale  pontefice  dobbiamo  attribuirli  ?  a  Inno- 
cenzo V,  come  vorrebbe  il  Martène,  o  a  Giov.  XXI  come  la  pensa  lo  Sbaralea  ?  Il  Martène, 
dal  tenore  del  contenuto  e  specialmente  dal  Memoriale,  ove  il  papa  è  espressamente  nomi- 
nato Innocentius  Quintus,  li  attribuisce  a  questo  pontefice.  In  conferma  dell'  opinione  del 
Martène,  sappiamo  in  fatti  dalla  storia  della  Chiesa  che  Inn.  Y  aveva  (destinata  una  lega- 
zione pel  Paleologo,  ma  colto  dalla  morte,  quella  venne  rimandata,  e  spedita  poi  dal  suo 
successore  Giov.  XXI  (1).  Anche  un  Ms.  della  Marciana  darebbe  ragione  al  Martène,  ove 
si  ha  il  Memoriale  che  il  Valeìitinelli  pure  dice  esser  Innocentii  papae  V  ad  Michaelem 
Pàlaeologum  e  che  spedai  ad  avmum  1276  (2).  tJn'  altra  prova  più  seria,  di  questa  pre- 
tesa seconda  missione  di  fr.  Girolamo  e  compagni  durante  il  pontificaio  di  Inn.  V,  ce  la 
somministrerebbe  l' archivio  Angioino  di  Napoli  (Beg.  Ang.  1275  B.  n.  23  fol.  177)  dove 
si  ha  che,  il  28  maggio  (1276)  da  Boma,  Re  Carlo  di  Sicilia  col  pontefice  spediscono 
fr.  Girolamo  Ministro  generale  de'  Minori,  in  qualità  di  loro  nunzio,  al  Paleologo  per 
trattare  la  tregua  tra  esso  re  Carlo  e  l' imperatore  greco  (3). 

Lo  Sbaralea  invece,  basandosi  sui  nomi  de'  Minoriti  registrati  nelle  predette  lettere, 
e  sur  una  testimonianza  dubbia  del  Chron.  24  Generalium  (che  più  sotto  riporteremo), 
non  che  sul  vago  accenno  che  Nicolò  III  fe  al  Paleologo  d'  una  legazione  precedente,  am- 
mette senza  difficoltà  una  seconda  missione  di  fr.  Girolamo  e  compagni  in  C.poli,  ma  sotto 
il  pontificato  di  Giovanni  XXI,  nel  1277,  cui  pure  attribuisce  le  lettere  in  questione.  La 


(1)  Cfr.  Pagi  Brev.  histor.  t.  II  p.  243  sub  Ioan.  XXI  num.  6.  —  Il  dotto  P.  de  Eubeis 
(in  Vita  Georgii  Cypriiìn  Mìgne  P.  G.  t.  142  col.  73)  cosi  riassume  questo  periodo  storico: 
€  Pro  confirmatione  unioais  cum  Latina  Graecae  Elcclesiae,  legatos  ad  Michaelem  impera- 
torem,  et  Andronicnm,  ac  Ioannem  patriarcbam  anno  1276  designaverat  Innocentius  V.  Adire 
Constantinopolim  jussit  eos  Ioannes  XX  dictus  XXI,  eodem  anno  1276,  electus  die  15  sep- 
tembrìs,  denatusque  XVII  kal.  iunii  anno  inseqiienti.  Successìt  Nicolaus  III,  die  25  Novem- 
bris:  quo  sedente,  Graeci  legati  pervenerunt  cum  litteris  Michaelis  et  Andronici  impera- 
torum,  et  Ioannis  Becci  patriarchae:  quibus  ratutn  habebatar,  qnidquid  ab  eis  in  n^otìo 
pacis  expetitum  fiierat  » . 

(2)  Biblioth.  Ms.  S.  Marci  Codd.  Lai.  t.  II  p.  129  (cod.  n.  27,  fol.  5-7);  è  un  ms.  del 
sec.  XV  e  non  del  XIV,  ove  il  Valentinelli  malamente  lesse  Generalem  de  Berchonio  invece 
di  Geniilem  de  Bectovio. 

(3)  Cfir.  ArcMv.  ator.  ital.  anno  1876,  Ser.  3,  t  25  p.  38. 


SECOLO  XIII.  295 


ragione  per  cui  lo  Sbaralea  attribuisce  queste  lettere  a  papa  Giov.  XXI,  è  perchè  più  tardi  84 
Nicolò  III  in  un  suo  memoriale  (oct.  1278,  Buttar.  III.  p.  355)  cita  appunto  come  let- 
tera di  Giov.  XXI  quella  che  principia  Pacìs  aemulus,  quale  dal  Martène  è  attribuita  a 
Inn.  V.  Ma  anche  il  Memoriale  (riassunto  più  sopra  al  num.  4),  che  secondo  lo  Sbaralea 
{Buttar.  Ili  p.  271)  sarebbe  di  Giov.  XXI,  attribuisce  esplicitamente  a  Innocenzo  V  tutte 
0  tre  le  suindicate  lettere! 

Che  cosa  dunque  dubbiamo  dire,  sia  in  proposito  delle  lettere,  sia  riguardo  a  questa 
seconda  missione  di  fr.  Girolamo?  —  Papa  Innocenzo  V  aveva  in  fatti  decisa,  anzi  desti- 
nata una  legazione  per  Constantinopoli  all'  imp.  Paleologo,  come  ce  lo  attestano  unanimi 
gli  storici  della  Chiesa  (1);  e  i  legati  a  ciò  prescelti  furono  senza  dubbio  il  nostro  fr.  Gi- 
rolamo d'  Ascoli  coi  suoi  tre  confratelli  Guidone,  Angelo  e  GenUle  nominati  nelle  suddette 
lettere  di  Inn.  V;  la  missione  venne  anche  combinata  (il  28  mag.  1276)  dal  Papa  con  ro 
Carlo  di  Sicilia,  e  alle  lettere  papali,  pronte,  non  mancava  che  la  data,  ossia  la  spedizione  e 
il  congedo  dei  legati.  In  questo  frattempo,  quasi  sulle  preparative  per  la  partenza  di  Giro- 
lamo, e  non  appena  passato  un  mese,  Inn.  V  moriva  a  Roma  il  22  giugno  1276:  siche 
la  missione  necessariamente  restò  interdetta.  Gli  succede  intanto  (12  lugl.  1276)  Adriano  V, 
il  quale,  non  ancor  consecrato,  muore  ai  18  agosto  dello  stesso  anno,  e  vien  sepolto  nella 
chiesa  de'  Minori  in  Viterbo.  Talché,  né  sotto  di  lui  potè  aver  luogo  la  missione  di  fr.  Gi- 
rolamo. Quasi  un  mese  dopo,  il  15  sott.  1276,  sale  al  pontificato  Giovanni  XXI.  Qnesti 
allora  credè  bene  di  sospendere  l' invio  di  Girolamo  a  C.poli,  e  di  spedirlo  invece,  in  com- 
pagnia del  generale  dei  Domenicani,  suo  nunzio  al  re  di  Francia;  le  lettere  accompagna- 
torie sono  datate  un  mese  dopo  1'  elezione  del  Papa,  cioè  de'  15  ott.  1276  (2).  Girolamo 
dunque  non  potè  recarsi  a  C.poli  nò  entro  il  1276,  né  meno  nel  1277  al  suo  ritorno  dalla 
Francia,  nò  poco  prima  della  morte  di  Giov.  XXI  (f  16  mag.  1277),  come  vorrebbe  lo 
Sbaralea  (Bull.  Ili  p.  270  nota  6);  e  ciò  per  la  semplice  ragione  che  il  Papa,  invece  di  Giro- 
lamo e  i  detti  compagni,  aveva  già  prescelti  e  spediti  al  Paleologo  altri  nunzi,  i  due  cioè 
vescovi  Domenicani  Giacomo  e  Gaufrido,  accompagnati  da  altri  due  loro  confratelli;  i  quali 
furono  muniti  precisamente  con  le  identiche  lettere  che  Inn.  V  aveva  preparate  per  fr.  Gi- 
rolamo e  compagni,  e  lasciato  senza  data.  Al  tenore  identico  di  queste  lettere,  Giov.  XXI 
non  fece  altro  che  sostituirvi  il  suo  nome,  quello  de'  nuovi  nunzi  Domenicani,  e  apporvi  in 
calce  la  data  da  Viterbo  20  nov.  1276.  Si  confrontino  per  es.  i  due  testi  di  quella  che 
principia  Grandis  affcctus  (3).  I  nunzi  Domenicani  partirono  in  fatti,  e  ritornarono  coi 
legati  dell'  imperatore  dopo  la  morto  di  Giov.  XXI  (f  16  mag.  1277)  in  sede  vacante  (4); 
e  quel  che  più  interessa,  ritornarono  dopo  aver  ottenuto  pienamente  lo  scopo  della  loro 
missione,  come  risulta  dalle  lettere  del  Paleologo  che  ci  danno  i  due  principali  annalisti 
della  Chiesa  (5). 


(1)  Cfr.  il  Pagi  e  il  de  Rubeis  sopra  citati.  —  Vedi  anche  il  Raynaldo  an.  1276  n.  24, 
t.  Ili  p.  401. 

(2)  Sono  nel  Waddingo,  Sbaralea  an,  cit.,  e  in  Raynaldo  an.  cit.  n.  47-48,  t.  Ili  p.  411  : 
«  Habet  infausti  » . 

(3)  Una  in  Sbarai  Buttar,  t.  Ili  p.  270,  e  1'  altra  in  Raynaldo  Annoi,  an.  1276  n.  45, 
t.  Ili  p.  409. 

(4)  Cfr.  Raynal.  an.  1277  n.  21,  25,  27. 

(5)  Raynal.  an.  et  loc.  cit.  —  Waddingo  an.  1277  n.  3.  —  Il  nostro  annalista  dopo  aver 
riportate  le  lettere  de' due  imperatori  Michele  e  Andronico,  suggiunge:  <  Ex  his  litterìs, 
Michaelis  praesertiin,  constat,  praedictos  nuntios  (Ord.  Praedicatorum)  ab  Innocentio  littcras 
accepìsse,  missos  tamen  a  Ioanne  »  ;  non  badò  il  dottissimo  Waddingo,  che  Inn.  V  era  morto 


296  BIBLIOTECA 


84  H  supporre  dunque,  come  suppone  lo  Sbaralea  (III  p.  270  not.  6),  due  successive  e 

immediate  missioni  (prima  quella  de  quattro  Domenicani  e  poi  quella  di  fr.  Girolamo  e 
compagni)  è  cosa  inammissibile,  anzi  erronea.  Non  è  possibile  concedere  due  distinte  e  suc- 
cessive missioni,  munite  con  lettere  verbalmente  identiche  e  dirette  ad  una  medesima  per- 
sona, massime  quando  sappiamo  di  certo  aver  la  prima  missione  ottenuto  pieno  effetto;  e 
meno  poi,  quando  si  sa  che  i  nunzi  Domenicani  ritornarono  da  C.poli  dopo  la  morte  del 
Papa.  Fr.  Girolamo  quindi,  in  ogni  caso,  non  potò  da  Giov.  XXI  esser  mandato  una  se- 
conda volta  al  Paleologo. 

n  Chron.  24  Gen.,  già  citato  dallo  Sbaralea,  accenna  come  segue  al  fatto  della  se- 
conda destinazione  di  Girolamo  per  1'  Oriente,  ma  prudentemente  pone  in  dubbio  la  sua 
definitiva  partenza. 

«  Eodem  anno  (1276)  iterato,  super  aliquibus  punctis,  legatio  isti  Generali  [fr.  Hie- 
ronymo]  imponitur  ad  Graeciam  —  ntrum  tamen  iverit,  non  inveni  —  sed  ob  hoc  impe- 
ditns,  non  potnit  esso  in  capìtnlo  generali  Padoae  celebrato,  sed  misit  ibi  snnm  vicarium 
fratrcm  Bonagratiam,  qui  sibi  postea  in  generalata  snccessit.  Et  eidem  capitulo  anno  Dni. 
1276  in  Pentecoste  [24  Maii]  celebrato,  misit  [fr.  Hieronymus]  litteras  efficaces  quibus  officio 
resignabat,  allegando  insufficìentìam,  impotentiam  acnegotia  Eccclesiae;  nihilominus  tamen 
fait  in  officio  confirmatus  (1)  » . 

In  ultimo  crediamo  conveniente  notare  due  altri  abbagli  che  potrebbero  ingerire  con- 
fusione in  questo  fatto  storico.  —  Nel  Muratori  (2)  troviamo  pubblicato  da  un  Ms.  del 
sec.  XIY  un  antico  catalogo  o  sommario  dell'  archivio  della  S.  Sede.  Il  compilatore  di  esso 
catalogo,  compendiando  in  un  breve  sommario  le  due  solenni  professioni  di  fede  del  Pa- 
ledlogo,  fatte  nel  1274  e  1277,  confuse  nomi  e  &tti  di  queste  due  epoche  ben  distinte, 
si  da  dirci  erroneamente  che  fr.  Girolamo  coi  compagni  Baimondo,  Bonagrazia  e  Bonaven- 
tura furono  spediti  a  C.poli  nel  1277  da  papa  Giov.  XXI!  H  Paleologo  rinovando  la  pro- 
fessione di  fedo  nel  1277  alla  presenza  de'  nunzi  Domenicani,  non  fece  altro  che  consegnare 
loro  il  testo  identico  della  professione  già  fatta  nel  1274  alla  presenza  de' nunzi  France- 
scani, cui  però  aggiunse  un  solenne  giuramento  ripetuto  a  C.poli  nell'anno  greco  6785, 
mense  aprilis,  indict.  V,  che  perfettamente  corrisponde  al  1277.  H  compilatore  del  detto 
catalogo  non  fé' dunque  che  confondere  nomi  e  &tti  di  due  epoche  diverse. 

n  Waddingo,  non  avendo  badato  al  tenore  delle  due  professioni  di  fede,  identiche  ma 
date  in  diverso  tempo,  pubblicò  sotto  Y  anno  1274  (n.  2)  il  testo  greco  e  latino  di  quella 
consonata  ai  nunzi  Domenicani,  e  che  porta  la  data  greca  6785  =  1277,  dalla  quale 
soppresse  soltanto  la  clausola  del  giuramento.  Del  resto,  salvo  la  data,  il  testo  Waddin- 
ghiano  è  perfettamente  quello  che  portò  seco  fr.  Girolamo  e  che  abbiamo  int^^o  nei  mo- 
numenti ecclesiastici  (3),  e  qua  e  là  sparso  negli  annali  del  Bajnaldo  (4). 


il  22  giugno  1276,  e  che  i  nunzi  Domenicani  partirono  con  le  lettere  di  Giov.  XXI  datate 
il  20  nov.  dello  stesso  anno,  come  abbiamo  or  ora  detto.  Del  resto,  dalle  lettere  de'  due  im- 
peratori non  risalta  quel  che  asserisce  il  nostro  annalista. 

(1)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  357.  —  Lo  stesso  asserisce  anche  il  Glassberger  (Anal.  cit. 
t.  II  p.  89),  ma  senza  porre  in  dubbio  la  partenza  di  Girolamo  per  CostantinopolL 

(2)  Antiquitatea  italicae  t.  VI  p.  102. 

(3)  Cfr.  la  collezione  ConcUiorum  tom.  XXYIII  p.  535  s. 

(4)  Annoi.  Eccles.  an.  1274  n.  14;  cfr.  ib.  an.  1267  n.  75,  et  an.  1277  n.  27.  —  Nel  testo 
latino  del  Raynaldo  troviamo  soppresso  il  nome  del  Minorità  fr.  Giovanni  (Parastron)  li 
ove  l'imperatore  confessa  il  domma  del  Porgatorìo;  RoupYomi>plou, . IJTOt  xaOafniplou,  xaOù;  ó 
aStXf  ò(  IcaawT);  7)(i7v  StEoaf tjoe  =  pnrgatorìi  seu  catharterii,  ncutnobitfrater  loannu  expkmavit. 


SECOLO  xni.  297 


e.  1277  S.  —  Pr.  Quilelmus  de  S.  Patusio  :  —  l.  vita  S.  Ludovici  IX  regia 
—  2.  Laudatio  9.  Ludovici  IX  regis  Prancoruin  —  3.  Senno  de  vita  S.  Lu- 
dovici IX  regìa  Franciae. 

Tatte  0  tre  sono  opere  del  Minorità  frate  Guglielmo,  ignoto  agli  scrittori  dell'Ordine.  85 
La  prima,  che  è  la  più  copiosa  vita  che  si  abbia  del  Santo  re,  scritta,  come  già  indovi- 
narono gli  antichi  BoUandisti,  da  un  Minorità  anonimo  in  latino,  ma  tramandataci  nel 
vecchio  idioma  gallico,  fu  da  loro  pubblicata  negli  Ada  SS.  24  ang.  t.  V  p.  571-672, 
sotto  il  titolo  di  Vita  secunda,  auctore  anonymo  rcginae  Margaritae  confessarlo,  latine 
reddita  ex  Ms.  gallico,  interprete  Ioanne  Stiltingo.  Ora,  dopo  i  diligenti  stadi  del  eh. 
H.  Pranpois  Delabordo,  conosciamo  e  il  nome  dell'autore  Minorità  e  abbiamo  un'accurata 
edizione  dell'antica  versione  francese  (1).  Egli  ha  pure  egregiamente  provato,  come  notano 
gli  odierni  BoUandisti,  che  il  testo  francese  non  è  che  una  traduzione  del  testo  originale 
latino  scritto  da  frate  Guglielmo,  ma  oggi  ancora  sconosciuto  (2). 

La  seconda,  Laudatio  ecc.,  fu  pubblicata  da  Leopoldo  Delisle  nel  citato  Journal  des 
Savants,  an.  1901  p.  231-36;  e  la  terza,  che  è  un  diffuso  Sermo  o  panegirico,  testé  fu 
dato  alla  luce  dal  mentovato  Delaborde  (3). 

Guglielmo  da  S.  Patusio,  fu  per  più  di  18  anni  confessore  della  regina  Margherita 
(1221-95)  vedova  del  santo  re  Luigi  IX,  cioè  dal  1277  in  poi;  e  nei  1314  fu  uno  degli 
esecutori  testamentari  della  stessa  regina.  Fu  famigliare  e  confessore  anche  di  Bianca 
figlinola  de' suddetti,  rimasta  vedova  di  Ferdinando  de  la  Gerda,  a  preghiere  della  quale 
egli  compilò  nel  1302-1803  la  vita  del  santo  re  in  latino,  la  quale  a  noi  pervenne,  come 
abbiamo  detto,  soltanto  nella  redazione  francese  summentovata.  Il  bollandista  Stiltingo  che 


(1)  H.  F.  Delaborde,  Vie  de  Saint  Louis,  par  Guillaume  de  Saint-Patìius,  eonfeasew  de 
la  reine  Marguerite,  puMiée  d'après  le»  mss.  Paris,  Picard  1899  in  8,  pp.  XXXII-166  (fii 
parte  della  CoUection  de  textes  pour  aervir  à  Vétude  et  à  P  enseignement  de  l'histoire).  —  Ci 
piace  riportare  una  breve  recensione  dell'opera  che  ne  diede  là  stampa  francese:  cLetexte 
donne  par  M.  Delaborde  est  un  des  plus  rìches  en  renseignements  sur  la  vie,  les  moeurs  et 
la  personne  de  saint  Louis.  Il  a  été  moins  consulte  qn'il  ne  le  méritait,  parce  que  les  sources 
qti'avait  utilisées  l'auteur,  les  enquétes  de  cauonisation,  étaient  considérées  comme  perdnes, 
et,  partant,  le  confiance  inspirée  par  cette  oeuvre  diminuée.  Àujourd'hui  des  fragments  de 
cette  enquéte  ont  éte  retrouvés  et  prouvent  la  fidélité  de  1'  auteur  et  le  scrupule  avec  lequel 
il  s'en  est  servi.  En  outre,  par  un  examen  plus  approfondi  du  manuscrit  et  de  judicieuses 
comparaisons  avec  des  textes  contemporains,  M.  Delaborde  est  parvenu  à  retrouver  le  nom 
de  r  auteur.  L'originai  latin  est  perdu  et  a  été  traduit  en  fran^ais  par  deux  auteurs.  La 
première  partie  seule  est  intéressante  pour  l'histoire  generale,  et  c'est  la  seule  que  M.  De* 
laborde  a  reproduite,  l'autre,  contenant  seuleme-nt  le  récit  des  miracles  opérés  par  saint  Louis, 
n'ofi&e  qu'un  iutérét  d' édification.  Un  index  fort  èomplet  termine  cette  édition  et  permet 
l'utilisation  complète  d'un  texte  très  important  pour  l'étude  d'un  de  nos  plus  grands  rois. 
Cette  édition  était  d'autant  plus  importante  que  celle  donnée,  dans  le  tome  XX  des  Histo- 
riens  de  France,  ne  marquait  pas  un  progrès  sur  celle  donée  au  XVIII*  siécle  par  Cape- 
ronnier,  et  celle-ci  ne  pouvait  presentar  les  avantag^  que  les  méthodes  critiques  modemes 
offrent  auz  lecteurs  > .  Catal.  Picard. 

(2)  Cfr.  Analecta  BoUand.  t.  XVII  p.  258,  t  XX  p.  llj,  t.  XXI  p.  224-25.  —  Leop. 
Delisle  in  Journal  des  Savants,  1901  p.  228-39. 

(3)  Une  oeuvre  nouveUe  de  Guill.  de  St.  Pathus  nella  Siblioth.  de  l' École  des  Chartes 
t.  LXm  (1902)  p.  261-88. 


298  BIBLIOTECA 


85  la  tradusse  in  latino  e  la  illustrò  noi  suoi  commentari,  conchiuso:  «  summa  huius  Vltac 
auctoritas  ahumle  niilii  videtur  probata  »  {Acta  SS.  cit.  p.  278  n.  13). 

Guglielmo  in  questa  vita  ricorda  la  fondazione  del  convento  e  della  chiesa  de'  Minori 
in  Giaffa  di  Palestina  per  opera  del  s.  re  che  presenziò  alla  ricostruzione  della  città  e 
de' forti  dal  15  aprile  1252,  giorno  del  suo  arrivo,  sino  ai  23  giugno  1253,  giorno  della 
sua  partenza  per  Sidone.  In  questo  frattempo  il  santo  re:  «  Fundavit  ecclesiam,  domuinquc 
fratrum  Minorum  urbis  lafensis  tram  mare  :  jussitque  construi  dcccm  calices  argenteos 
inauratos,  vestesqtie,  aliaque  templi  ornamenta  ad  deccm,  quae  ibidem,  sunt,  altaria  in- 
struenda.  lussit  etiam  libros  fieri  ad  cultum  divinum,  ac  fratrum  studia,  instruxitquc 
memoratam  domum  lectis,  aliaque  supelkctile  necessaria  (1)  » . 

Guglielmo,  in  tutti  i  sedici  capitoli  della  prima  parte  della  Vita,  bellamente  espone 
lo  gesta  del  Santo  specialmente  in  Oriente,  narrando  i  fatti  non  per  ordine  cronologico, 
ma  per  ordine  di  materia.  La  cronologia  invece  è  dottamente  illustrata  nei  premessi  com- 
mentarii  del  dotto  bollandista  Stiltingo. 

Qni  però  vogliamo  riportare  alcuni  brani  del  Sermone  originale  di  frate  Guglielmo  edito 
dal  Delaborde,  e  che  riguardano  alcuni  fatti  del  Santo  in  Oriente.  In  nota  indichiamo  i 
relativi  fatti  che  si  hanno  nella  Vita  bollandiana. 

n.  10.  liane  soliditatem  constantie  habuit  beatns  Lndovicus:  nam  ultra  mare  captus, 
dum  Saraceni,  interfocto  Soldano  suo,  cruentatos  adhuc  gladios  tenentes,  intendendo  mortem, 
juramentum  de  servando  pactum  quod  cum  Soldano  habuerat  exigerent,  implicantes  quod 
Christum  negaret  et  fidem,  si  centra  veniret,  horruit  rex  beatus  et  in  vera  fide  firmns  et 
stabilis  respoiidit  voce  libera:  «  Nunquam  sum  hoc  facturus»;  et  cum  furerent  infideles, 
nani  similem  conditionem  in  jurando  se  servaturos  pactum  quod  ad  ouni  Soldanus  habuerat 
oxacti  adjoccrant,  dicentibus  suis  tam  cloricis  quam  laicis  qui  aderant  quod  secure  illnd 
poterat  dicere,  cum  pactum  omnino  servare  proponeret,  dixit  beatus:  «  Tantum  horrco 
vcrbiim  illud  etiam  sub  conditióne  audire,  quod  nequaquam  possem  illud  verbo  expri- 
mercy>.  Mutu  itaquo  divino  flexi,  pepercerunt  sibi  Saraceni  de  hac  conditióne,  constantiam 
snam  admirantes  plurimam  (2). 

n.  11.  Praetorea  cum  admiraldas,  qui  Soldannm  statim  occiderat,  ut  diccbat,  esset 
coram  rege  evaginato  et  sanguinolento  ense,  et  ipse  crnentatus  sanguine,  ensem  vibrans 
ac  si  vellet  cum  co  ferire,  et  diceret  quod  ipsum  regem,  si  vellet,  poterat  occidere  vel  eum 
poterat  liberare,  et  quod  hoc  faceret,  si  rex  beatns  Ludovicns  eum  railitem  facero  vellet: 
quod  consulebant  beato  regi  aliqui  magni  christiani  assistentes  ei,  et  beatus  rex  sicut 
constans  respondit,  quod  nullo  modo  faceret  militem  aliqnem  infidelem,  sod  si  vellet  fieri 
christianus,  eum  in  Franciam  duceret,  multam  terram  sibi  daret,  et  eum  militem  faceret; 
sed  Saracenus  noluit  consentire  (3). 

11.  14.  Cepit  ab  ineunte  pneritia  super  afflictos  panperes  pia  gestare  viscera  caritatis. 
Exomplum  patet  dum  esset  ultra  mare,  et  multi  paupores  infirmi  essent  in  exercitu,  Rex 
sanctus  timens  periculnm  quod  iraminero  poterat  ex  conflictibus  qui  fiebant  inter  Christianos 
et  Saracenos,  precepit  cuidam  de  suis  quod  iret  ad  naveà,  que  per  flnmen  venerant  ascendendo, 
in  qnibus  erant  victualia  regis,  et  eas  faceret  evacuari  et  in  flumine  victualia  projici,  re- 
tentis  solnm  victualibns  prò  octo  diebus,  et  faceret  debiles  et  infirmos  ascendere  naves;  quod 
ille  adimplevit,  et  bene  tisque  ad  mille  infirmos  et  panperes  in  navibns  sunt  recepii  (4). 


(1)  Ada  SS.  cit.  p.  584  n.  48  par.  I  e.  4;  cfr.  ib.  p.  434  n.  714.  —  Sulla  storia  di  questo 
convento  vedi  la  nostra  Serie  cronolof/iea  p.  205-6,  e  gli  autori  ivi  citati.  Giaffa  nel  12G8 
cadde  in  potere  del  terribile  Bìbars  che  fece  demolire  tutte  le  fortificazioni  inalzate  da 
Luigi  IX,  e  allora  senza  dubbio  spari  e  il  convento  e  la  chiesa  dei  Minori,  che  dovcvan 
esser  grandiosi  dal  numero  degli  altari  che  contava  la  chiesa.  —  Cfr.  sopra  a  p.  269. 

(2)  Cfr.  AHa  SS.  Vita  secunda,  pars  I  e.  2  n.  20-21  pag.  577. 

(3)  Cfr.  Acta  SS.  loc.  cit.  n.  22  pag.  577, 

(4)  Cfr.  Acta  SS.  cit.  par.  I  e.  7  n.  78  pag.  592. 


SECOLO  xnr.  299 


n.  15.  Itetn,  in  tempore  captionis  sue,  cam  esset  infinnus,   sibi   fiierat  consnltam  a    85 
mnltis  qnod  exercitnm  dimitteret  et  per  floraen  in  Acon  (1)  rediret,  ut  fecit  Legatus,  noluit 
compatiens  exercitui;  sed  dixit  quod  ipse  duxerat  militiam  suain  secum  et  volebat  eam 
reducere  secum,  vel  capi  seu  mori  cura  eis. 

n.  16.  Itera  per  aliud  patet.  Kege  capto  et  pluribus  christianis,  audivit  quod  divites 
volebant  se  redimere  pauperibus  dimissis;  hoc  rex  pius  districte  et  sub  maxima  pena 
inhibuit,  ne  per  hoc  contingeret  liberationem  pauperum  impediri,  et  promisit  quod  delibe- 
rationem  suam  sine  aliorum  non  procuraret,  et  snam  et  aliornm  redempturam  ipse  solus 
integre  solveret  de  suo  :  quod  fecit  quemadmodum  dixit  (2). 

1277  —  Domenicani  in  T.  S.  —  Nel  Capitolo  celebrato  a  Bordeaux  nel  1277, 
r  Ordine  de'  Domenicani  contava  in  Terra  Santa  tre  soli  conventi  :  in  Terra  Santa 
conventus  tres  :  Achon,  Nicosiae,  Tripoli  (3) . 

1278-79  —  Pr.  Bartolomeo  d'Amelia  vescovo  di  Grosseto,  con  i  com- 
pagni fr.  Bartolomeo  di  Siena,  fr.  Filippo  di  Perugia  e  fr.  Angelo  dì  Or- 
vieto, ntmzi  di  Nicolò  m  al  Paleologo. 

Non  ostante  gli  ottimi  risultati  ottenuti  da  fr.  Girolamo  d'Ascoli,  e  da  altri  testé  ritor-  86 
nati  dalla  legazione  di  Costantinopoli,  papa  Nicolò  III  vide  il  bisogno  di  riavvivare  lo  zelo 
di  Michele  Paleologo  e  saldare  vie  più  1'  unione  delle  due  Chiese.  Destinò  quindi  un'  altra 
legazione  presso  l' imperatore  o  il  clero,  composta  dai  seguenti  Minoriti  ;  fr.  Bartolomeo 
di  Amelia  vescovo  di  Grosseto,  fr.  Bartolomeo  da  Siena  Ministro  Provinciale  di  Siria,  fr. 
Filippo  da  Perugia,  e  fr.  Angelo  da  Orvieto:  missione  abbondantemente  esposta  negli 
annali  del  Raynaldo,  Waddingo  (4),  nel  bollano  dello  Sbaralea  (5),  e  nella  Storia  del  P. 
Marcellino  da  Civezza  (6). 

Alle  fonti  indicate,  aggiungiamo  qui  soltanto  due  decreti  inediti  di  re  Carlo  I  di 
Napoli,  che  riguardano  questa  legazione  e  contemporaneamente  un'altra  missione  di  Ni- 
ceforo  Duca  fin  qui  ignota  ai  nostri  Annalisti  e  condotta  da  un  Minorità  di  nome  fr. 
Giacomo.  1  due  documenti  ci  danno  la  data  della  vicina  partenza  di  ambedue  questo 
ambasciate. 

Pro  nunciis  Bni  Pape  et  Paleologi.  —  Scriptum  est  magistris  portulanis  et  prò- 
euratoribus  Curiae  etc.  : 

«  Volumus  et  fidelitati  vestre  districte  precipiondo  mandamus  quatenus,  Venerabilem 
patrem  episcopum  Crossetanum,  fratres  Bartholomeum  de  Senis  ministrum  Syrie,  Philip- 
pum  Perusinum  et  Angelum  Urbeoetanum  lectores  ordinis  Minorum,  domini  nostri  summi 
pontificis  nuutios,  nec  non  nuncios  seu  apocrisarios  Paleologi,  cum  ipsis  domini  pape  nunciis 
procedentes  vel  ipsorum  nuncios  presentes  lictpras  deferentes,  vasa  prò  ipsorum  familiorura, 
equitaturiarum,  samariorum  et  honorum  eorum  transitu  necessaria,  a  quibnscumque  illa 
locare  volentibus  permictatis  condacere  libere  et  sine  pedagio  vel  iure  aliquo  exiture.  Datura 
Neapoli  die  TIP  lanuarii  [1279]  ».  —  (Napoli,  Archiv.  di  Stato,  Registro  di  Carlo  1, 1378 
B.  n.  30  fol.  32  r.). 


(1)  Corrige:  in  Damiatam,  come  vuole  il  DeIaboI^de,  e  come  in  fatti  si  ha  nella  Vita 
par.  I  e.  7  n.  79  in  Acta  SS.  cit.  pag.  592. 

(2)  Cfr.  Acta  SS.  cit.  p.  I  e.  7  n.  80  pag.  593. 

(3)  Quétif-Echard  Biblioth.  t.  I  p.  I. 

(4)  An.  cit.  n.  2-7. 

(5)  T.  in  p.  348-61. 

(6)  T.  II  e.  6  p.  271  s.  —  A  questa  legazione  composta  di  soli  francescani,  si  riferisce 
senza  dubbio  il  lungo  racconto  che  ci  lasciò  il  greco  Pachymero  nella  Storia  di  Mich.  Paleol. 
lib.  VI  e.  14-18  (Migne  P.  G.  t.  143  col.  914-926),  e  gli  storici  ne  dovrebbero  tener  conto. 


300  BIBLIOETCA 


86  Pro  nunciis  Despoti.  —  Scriptum  est  magistris  portulanis  et  vieeportulanis  Apulie: 

«  Fidolitati  tue  preclpiondo  mandamas,  qaatenus  dictnm  Magnici,  fratrem  lacobum 
ordiiiis  Minorum  et  Nicholaum  Andracopolnm,  niilites,  noncios  Magnifici  viri  Domini  Ne- 
chofori  despoti  Comnini  Dncis  ad  partes  Eomanie  transfretari  volentes  cum  eorum  fainiliis, 
qnataor  equis  ad  arma,  dnobns  mnlis,  nno  soranno,  necnon  victoalibns  ac  annona  ipsornm 
oqoorum  ad  eorum  transitnm  nessariis  exinde,  de  qnoconqnc  ponte  Apulie  voluerint  [exire] 
libero  permictentes,  nullam  eis  in  personis  vel  rebus  molestiam  inferatis,  proviso  quod 
pluros  equos  ad  arma  aliaque  prohibita  secnm  aliquatenus  non  transducant,  nihilque  ferant 
vel  transfcrant  nostre  contrarium  maiestati,  presentibus  post  menses  duos  minime  valituris. 
Datum  apnd  Turrim  [S.  Erasmi]  Vili"  aprilis  VIP  Ind.  [1279]  ».  —  (Napoli,  Archiv.  di 
Stato,  Kegistro  di  Carlo  I,  1278  B.  fol.  95  v.). 

Simili  lettere  (ibidem)  dirette  al  Bainlo  di  Barletta,  perchè  prepari  l' occorrente  por 
r  imbarco  de'  mentovati  ambasciatori  che  orano  venuti  a  trattare  dì  pace  e  prestare  omaggio 
di  fedeltà,  al  re  Carlo  (1). 

A  proposito  del  nostro  fr.  Bartolomeo  di  Siena,  Provinciale  di  Terra  Santa,  osser- 
viamo col  dotto  critico  P.  Papini  che  egli  apparteneva  alla  nobilissima  famiglia  Senese 
de'  Piccolomini.  Dopo  il  Provincialato  di  Siria,  e  dopo  aver  lodevolmente  compiuta  la  le- 
gazione pontificia,  con  i  suddetti  suoi  confratelli,  presso  l' Imperatore  di  Costantinopoli, 
ebbe  la  carica  d' Inquisitore  (1284-7)  e  poi  quella  di  Provinciale  in  Toscana.  Da  Boni- 
facio Vili  fatto  vescovo  di  Fiesole,  rinunziò  il  vescovato  senza  prenderne  possesso,  a  te- 
stimonianza del  Nuti  citato  dal  Papini  (2).  Qual  uomo  fosse  il  nostro  Bartolomeo  rilevasi 
dalle  lettere  di  Nicolò  III  al  Paleologo,  ove  è  lodata  la  scienza  e  lo  zelo  per  la  fede  cat- 
tolica di  lui  e  dei  suoi  compagni  (3). 

Dell'altro  fr.  Bartol.  di  Amelia  (Umbria)  scrive  il  Benoffi:  «  Fr.  Bartholomaeus  de 
Ameria  Inquisì tor  in  Provincia  Romana,  electus  est  Episcopus  Crossetanus  anno  1278. 
Postmodum  delegatns  Nuncius  Apost.  ad  Imperatorem  Orientis  prò  unione  Ecclesiae  Graecae 
cum  Latina,  deìnde  de  Intere  Legatus  ad  Regem  Angliae,  demum  Vicarius  D.  N.  Papae 
in  Urbe  Roma  (4)». 

In  quanto  a  fr.  Filippo  dì  Perugia,  si  ha  che  poi  fu  promosso  al  vescovato  di  Fiesole 
(12  feb.  1282  —  22  apr.  1298),  e  morì  circa  il  1307  (5). 

Di  fr.  Angelo  da  Orvieto  non  troviamo  notizie. 

1278  —  Minoriti  in  Tartaxià.  —  Già  dal  nov.  del  1276  erano  arrivati 
ambasciatori  del  re  tartaro  Abaga  e  del  re  di  Armenia  presso  il  Papa  e  presso  i 
Sovrani  d'  Europa  ;  Nicolò  III,  il  1  apr.  1278,  destina  suoi  nunzi  al  Tartaro  i  Mi- 
noriti fr.  Gerardo  da  Prato,  fr.  Antonio  da  Parma,  fr.  Giovanni  da  S.  Agata,  fr. 
Andrea  da  Firenze  e  fr.  Matteo  d'  Arezzo  (6).  —  Cfr.  sopra  a  pag.  193  e  la  nota  4v 

1278  —  G-li  Assassin.  —  I  terribili  Assassin  della  Sìria  erano  il  terrore 
de'  Sovrani  anche  lontani.  Ruggero  di  S.  Severo,  governatore  di  Acri  a  nome  dì  Carlo  I, 
faceva  avvisato  il  suo  re,  che  il  terribile  Bìbars  aveva  inviato  dodici  individui  degli 


(1)  Cfr.  Archiv.  8tor.  ital.  an.  1878  t.  II  p.  199. 

(2)  Bonifacio  Vili  il  21  marzo  1301  aveva  eletto  alla  sede  di  Fiesole  il  nostro  fr.  Bar- 
tolomeo allora  Provinciale  della  Toscana;  ma  vi  rinunzia,  e  gli  succede  un  tale  Antonio 
Orsi.  —  Eubel  Hierarchia  I.  258. 

(3)  Papini  Etruria  Francescana  p.  9.  n.  15;  p.  55  n.  4;  e  p    98  n.  8. 

(4)  Benoffi  De  Inquisitoribus,  Ms.  Antoniano  di  Padova,  Scaff.  XXIII  n.  698  fol.  51  v. 

(5)  Eubel  Hierarch.  1.  258.  —  Cfr.  Sbaral.  Script,  p.  620,  e  Buttar,  t.  ITI  p.  349  nota  e. 

(6)  Documenti  in  Sbaral.  Buttar,  t.  Ili  pp.  289-94,  296-97,  299.  —  Wadd.  an.  1278.— 
Civezza  Storia  t.  Il  e.  5,  e  e.  7  p.  296-97,  303,  e  a  p.  306,  ove  congettura  che  il  fr.  Antonio 
che  mori  martire  a  Salmastro  di  Persia  e.  il  1284,  sia  il  saddetto  fr.  Antonio  da  Parma. 


SECOLO  xm.  301 


Assassin,  travestiti  da  frati  Minori,  sn  d'  una  nave  genovese,  per  attentare  alla  vita    86 
di  lui  e  a  quella  di  Filippo  re  di  Francia  :  per  il  che  re  Carlo  ordinò  in  tutti  i  porti 
un'  attiva  sorveglianza  (1). 

C.  1279  —  Pr.  Marco  di  Montefeltro  fonda  ìl  Convento  di  Sebaste  (Sivas) 
in  Armenia. 

€  Pr.  Bonagratia,'Miiiister  Generalis,  misit  multos  fratres  ad  partes  infidelinin  Aqnilo-  87 
nares,  etcum  magna  dilatatione  ampliavit  Vicariani  Aquìlonis.  —  In  capitulo  praedicto,  Assisii 
celebrato  [1279]  confirmata  est  fratri  Marco  [de  Montefeltro],  olim  socio  Genoraliura  Mi- 
nistrorum,  gratia  ei  in  capitulo  Pisano  sub  fratre  Bonaventura,  Gen.li  Ministro,  concessa,  quod 
quilibet  sacerdos  post  mortem  eius  celebraret  unam  Missam  prò  co.  Ipse  coepit  aedificare  lo- 
cum  de  Sebaste,  qui  locus  demum  assignatus  fuit  fratribus  commorantibus  inter  Tartaros  (2)  » . 

Fr.  Marco  di  Montefeltro  fu  Ministro  della  Marca  Anconitana,  eletto  nel  1270,  secondo  il 
P.  Luigi  da  Fabriano  (3).  Fa  compagno  de' Generali  Crescenzio,  Giov.  da  Parma  e  di  S.  Bo- 
naventura: 0  morì  nel  1284.  È  assai  celebrato  dal  Salimbene  suo  amico.  —  La  fonda- 
zione del  convento  di  Sebaste  ebbe  luogo  probabilmente  entro  gli  anni  1279-83  del  genera- 
lato di  frate  Bonagrazia,  e  cioè  alcuni  anni  dopo  il  provincialato  di  fr.  Marco  nelle  Marche. 

Frater  Marchus  de  Montefeltro,  honestus  homo  et  sanctus,  qui  longo  tempore  vixit: 
et  fìiit  socius  fratris  Crescentii  et  fratris  Johannis  de  Parma  et  fratris  Bonaventurae.  Hic 
fuit  de  Mutino;  quiescit  in  Urbino;  miraculis  coruscat . . .  Item  frater  Marchus  fuit  mi- 
nister  provincialis  in  Marchia  Anchonitana,  et  laudabiliter  se  habuit  ibi.  Item  bonus 
dictator  fuit,  et  velox  et  intelligibilis  ;  et  prò  labore,  quem  sustinuit  associando  generales 
ministros  et  scribendo  eis  litteras,  promeruit  sibi,  et  in  quodam  generali  capitulo  obtinuit, 
quod  quilibet  sacerdos  ordinis,  post  deccssum  spum,  diceret  prò  anima  sua  unam  missam 
de  mortuis.  Obiit  autem  anno  Domini  MCOLXXXIIII.  Hic  fuit  meus  specialis  amicus;  et 
generalem  ministrum  fratrem  Bonaventuram  in  tantum  dilexit,  quod,  post  mortem  ejus, 
quando  recordabatur  magnae  litteraturae  ipsius  et  omnium  gratiarura,  quas  habebat,  ex 
quadam  dulcedine  erurapebat  in  lacrymas.  Item  quando  frater  Bonaventura  generalis  mi- 
nister  clero  predicare  debobat,  ibat  ad  eum  frater  Marchus  et  sibi  dicebat  :  «  tu  es  quidam 
mercenarius,  et  alia  vice,  quando  praedicasti  nescivisti  quod  diceres;  sed  spero  quod  non 
facies  modo  ».  Hoc  autem  ideo  frater  Marchus  dicebat,  ut  eum  ad  melius  dicendum  provo- 
caret:  et  tamen  frater  Marchus  omnes  sermones  fratris  Bonaventurae  scribebat  et  habere 
volebat.  Gaudebat  autem  frater  Bonaventura,  quando  frater  Marchus  ei  dicebat  convicia, 
propter  quinque:  primo,  quia  homo  erat  benignus  et  patiens;  secundo,  quia  in  hoc  imi- 
tabatur  beatum  patrem  Pranciscum;  tertio,  quia  constabat  sibi  quod  eum  intime  diligebat; 
quarto,  quia  habebat  occasionem  vitandi  vanam  gloriam  ;  quinto,  quia  habebat  occasionem 
melius  praevidendi.  (Salimb.  Cliron.  p.  136;  cfr.  anche  p.  139,  317  idid.). 

1279  S.  —  Pr.  Giovanni  da  Montecorvino,  Missionario  in  Armenia,  Per- 
sia, India  e  Cina:  e  primo  Arcivescovo  di  Pekino.  —  Sue  lettere  dal- 
l' Oriente,  ecc. 

Non  possiamo  indicare  la  data  precisa  della  prima  missione  del  Montecorvino  in    88 
Oriento.  Il  Waddingo,  e  dopo  luì  altri,  ce  lo  dicono   partito  eum  aliis  plerisquc  conso- 

(1)  Cfr.  Archivio  si.  ital.  1878,  I  p.  437,  ap.  Archivea  de  V  Or.  Latin.  1. 1  p.  626  nota  55, 
ove  Io  studioso  troverà  indicate  una  quantità  di  opere  riguardo  la  storia  della  famosa  setta 
degli  Assassin  di  Siria. 

(2)  Anal.  frane,  t.  II  p.  96.  —  Sebaste,  oggi  Sivas  nell'Asia  Minore.  Di  questo  convento 
non  troviamo  piiì  memoria  nella  metà  del  sec.  XIV. 

(3)  Cenni  della  Prov.  Picena  p.  255.  Nel  1281  gli  succede  fr.  Ugolino  di  Montebello. 


302  BIBLIOTECA 


88  dalibus,  sotto  il  generalato  di  frate  Bonagrazia  (1279-83),  e  che  d' allora  Orientis  regiones 
tmiversas  ferme  percurrerunt  con  risultati,  senza  alcun  dubbio,  meravigliosi  per  la  scienza, 
per  la  fede  e  per  la  civiltà  cristiana  (1).  Circa  dieci  anni  dopo,  cioè  nel  1289,  lo  vediamo 
in  Italia  reduce  dall'  Armenia,  dalla  Persia  e  dalle  altre  regioni  d'Oriente;  e  l'anno  stesso, 
in  compagnia  di  altri  missionarii,  ripartire  per  1'  Oriente  in  qualità  di  legato  di  Nicolò  IV, 
munito  da  esso  di  dieci  e  più  lettere  che  doveva  presentare  una  ad  Artone  II. re  di  Ar- 
menia, una  ad  Argum  Kan  re  tartaro  della  Persia,  e  una  a  Kubilay  Kan  grande  impe- 
ratore della  Cina  in  Pekino,  e  le  altre  ad  altri  principi  e  magnati  dell'  Oriente  (2). 

Clemente  V,  con  lettere  de'  23  luglio  1307,  creava  il  Montecorviuo  primo  arcivescovo 
di  Pekino,  e  contemporaneamente  per  suoi  suffraganei  gli  inviava  i  seguenti  sei  Minoriti: 
fr.  Andrea  da  Perugia  (non  da  Parigi),  fr.  Nicolò  di  Bancia  (3)  ex  Ministro  della  Serafica, 
fr  Gerardo  Albuini,  fr.  Ulrico  di  Seyfriesdorf  di  Germania,  fr.  Peregrino  di  Castello  e 
fr.  Grugliemo  di  Villanova  di  Francia.  —  L' Eubel  sospetta  che  di  tutti  questi,  il  solo 
fr.  Guglielmo  mancò  di  portarsi  in  Oriente,  e  cita  una  lettera  del  Papa  del  1  mag.  1308; 
ma  queste  lettere  inculcano  anzi  a  fr.  Guglielmo  di  partire  sine  dilatione.  Più  tardi  assai 
(1323),  ebbe  egli  la  sede  di  Sagena  in  Corsica,  e  poi  quella  di  Trieste  (4).  —  «:  Nicolaus 
et  Ulricus  praedicti  una  cum  fr.  Andreuccio  de  Assisio  eiusdem  Ord.  Min.  (quem  ipsum 
nonnulli  in  episcopum  suffr.  sedis  Cambaliensis  assumptum  esse  dlcunt)  «  in  ingressu  Indiae 
inferioris,  in  terra  quadam  crudelissima  »  perierunt.  Ceteri  tres  (AndreoiS,  Gerardus  et  Pe- 
regrinus)  usque  Cambalum  pervenerunt,  ìbìque  secundum  mandatnm  apostolicum,  fratrl 
loanni  de  Montecorvino . . .  munus  consecrationis  impenderunt  palliumque  assignarunt,  et 
ab  eo  postmodum  successive  episcopi  Zaytonenses,  in  eodem  imperio  Tartarorum,  constituti 
8unt.  Primns  episcopus  Zaytonensis  erat  Gerardus,  qui  panlo  post  obiit;  ei  successit  Pe- 
regrinus,  quo  an.  1323  mortuo,  Andreas  huic  ecclesiae  praefectus  est,  cnius  litteras  an. 
1326  ad  guardianum  conventus  Perusini  scriptas  Waddingus  Ann.  Min.  ad  an.  1326  n.  2 
exhibet  (5)  ».  —  Alla  nuova  della  morte  de' frati  Nicolò  ed  Ulrico,  Clemente  V  (ai  19 
feb.  1311)  consacrò  tre  altri  Minoriti  destinandoli  a  suffraganei  del  Montecorvino;  essi 
furono  un  fr.  Tomaso,  fr.  Pietro  da  Firenze  e  il  noto  fr.  Girolamo  poi  vescovo  di 
Caffa  (prima  del  1318)^  e  che  ora  sappiamo  oriundo  di  Catalogna  e  grande  avversario 
dei  Clarenitani  (6). 

In  che  anno  morì  il  Montecorvino?  —  Sappiamo  che  nacque  nel  1247,  perchè  egli 
stesso  nella  sua  lettera  degli  8  gen.  1305  ci  dice  che  in  qu€st'  anno  egli  contava  anni  58 


(1)  Cfr.  Wadding  Annales  ad  an.  1289.  —  Givezza  Storia  delle  MUs. frane,  t.  Il  ce.  9  e  10; 
t.  Ili  ce.  1-3,  6,  e  passim.  —  Panfilo  Storia  t.  II  e.  3. 

(2)  Veggansi  in  Wadd.  cit.,  e  per  ordine  in  Sbaralea  BvUar.  t.  IV  p.  83-90;  efr.  ib. 
p.  326  n.  17  e  p.  394  n.  68. 

(3)  O  BantUt,  o  Bantra,  o  Bontra  in  Eubel  Buttar,  t  V  nn.  86,  87,  e  à  p.  615  n.  172. 
In  Waddingo  (an.  1326  n.  2)  Nieolaus  de  Banthera!  che  è  quegli  che  altrove  è  detto  fr.  Nic. 
de  Apulia  (Wadd.  an.  1307  n.  8). 

(4)  Eubel  BuUar.  francisc.  t.  V  n.  112;  cfr.  ibid  n.  489,  ove  Giov.  XXII  U  28  feb.  1323 
destinandolo  alla  sede  Sagonense,  dice  di  lui  :  <  te,  qncm  . . .  Clem.  papa  V ...  ad  praedicandam 
in  terra  Tartarorum  verbum  Domini  deputavìt».  Se  Guglielmo  non  si  fosse  mai  recato  fra 
i  Tartari,  vana  crediamo  e  inopportuna  sarebbe  l' allusione  onorevole  Che  gli  fa  il  Pontefice. 

(5)  Eubel  Btdlar.  franoisc.  t.  V  p.  38  n.  86;  cfr.  ibid.  nn.  112,  176.  —  Cfr.  Civeaza 
Storia  t.  Ili  ce.  6  e  15. 

(6)  Cfr.  Eubel  BvUar.  cit.  p.  74  nota  7.  —  Etole  Arohiv  t.  I  p.  528*29;  t.  HI  p.  13. 

—  Ànnibalis  de  Latera  Supplem.  BuUarU  p.  160  nota  21.  —  Wadd.  Annoi,  t.  VI  pasaim. 

—  Civezza  Storia  cit.  t.  Ili  loc.  cit.  e  i  ce.  9-10,  e  t.  VI  p.  22. 


SECOLO  XIII.  303 


d'età.  Ma  una  data  precisa  della  sua  morte  non  abbiamo;  chi  lo  dice  morto  nel  1330  e    88 
chi  nel  1333.  Nelle  lettere  di  Giov.  XXII  dei  18   sett.   1333,   colle  quali  eleggeva  alla 
sede  di  Pekino  un  altro  Minorità  di  nome  Nicolò,  è  detto  che  il  Montecorvino  «  dudum . . . 
in  partibus  illis  diem  clausit  extremum  (1)  ». 

Il  nostro  fr.  Giovanni  MarignoUi  di  Firenze,  che  fu  in  Pekino  l'an.  1342,  ricordando 
il  Montecorvino,  riferisce  di  lui  alcune  particolarità  della  sua  vita  trascurate  o  ignote  ai 
suoi  biografi.  Egli  scrive:  «  Summi  etiam  principes  sui  imperii  totius  [scil.  magni  Kam  do 
Cambalec],  plus  quam  triginta  millia,  qui  vocantur  Alani  et  totum  gubernant  imperinm 
Orìentis,  sunt  Christiani,  re  vel  nomine,  et  dicunt  se  sclavos  Papae,  parati  mori  prò  Fran- 
quis;  sic  enim  vocant  nos,  non  a  Francia,  sed  a  Franquia.  Horum  primus  apostolus  fuit 
fra  ter  Johannes  dictus  de  morite  Corvino,  qui  primo  miles,  judex  et  doctor  Friderici  im- 
peratoris  (!)  post  LXXII  annos  C'O  Cactus  frater  Minor  doctissimus  et  scientissimus  — 
quem  sanctum  venerantur  Thartari  et  Alani  (2)  ».  Il  prof.  Angelo  De  Gubernatis,  il  quale 
sofistica  troppo  sull'ignoranza  geografica  del  MarignoUi,  lascia  passare  senza  punto  notare 
il  doppio  anacronismo  da  noi  notato  coi  due  ammirativi.  Del  resto,  noi  crediamo  a  quel 
che  ci  dice  il  MarignoUi  sulla  vita  precedente  del  Montecorvino  milite,  giudice  e  dottore, 
perchè  era  in  grado  di  saperlo,  ma  il  nome  dell'  imperatore  e  i  72  anni  del  Montecorvino 
prima  di  farsi  frate,  sono  due  errori  così  gravi  che  non  possiamo  attribuirli  al  contempo- 
raneo MarignoUi,  ma  piuttosto  o  al  codice  o  al  copista  del  Dobner  primo  editore  della 
cronaca  del  MarignoUi. 

Premessi  questi  dati  storico-cronologici,  ci  rimane  ora  di  dire  qualche  cosa  sugli  scritti 
del  nostro  Montecorvino. 

Lettera  1»  —  Cui  manca  l' indirizzo,  e  principia:  «  Ego  fr.  Ioannes  de  Monte  Corvino 
de  Ord.  FF.  Minorum,  recessi  de  Thaurisio  civitate  Persarum  anno  Domini  MCCXCI  et 
intravi  in  Indiam  ||  nec  princeps  in  mundo  possit  acquari  Cham  in  latitudine  terrae,  et 
mnltitudine  populi,  et  magnitudine  divitiarum.  Finis.  Data  in  civitate  Cambaliech  regni 
Catay,  an.  Dni  MCCCV  die  Vili  raensis  lanuarii».  —  É  in  Waddingo  (an.  1305  n.  13), 
in  Raynaldi  (an.  1305  n.  19-20,  t.  IV.  401),  in  De  Gubernatis  (Orbis  Seraph.  de 
Miss.  t.  I.  373-74),  e  tradotta  in  italiano  nel  Da  Civezza  {Storia  delle  Miss,  t.  III  in 
n.  a  p.  135-38). 

Tra  le  notizie  importanti  che  in  essa  ci  dà,  dice  :  «  Ego  fr.  Ioannes . . .  recessi  de 
Thaurisio  civitate  Persarum  anno  Dni  MCCXCI,  et  intravi  in  Indiani,  et  fui.  in  contrada 
Indiae  ad  Ecclesiam  S.  Thomae  Apostoli  [nel  Màlabar]  mensibus  XIII,  et  ibi  baptizavi  circa 
centum  personas  in  diversis  locis,  et  socius  fuit  meae  viae  fr.  Nicolaus  de  Pi  storio  de  Ordine 
fratrum  Praedicatorum,  qui  mortuus  est  ibi,  et  sepultus  in  eadem  ecclesia.  Et  ego  ultorvus 
procedens  perveni  in  Katag  \corr.  Katay]  regnum  Imperatoris  Tartarorum,  qui  dicitur 
Magnus  Cham . .  ;  et  ego  suro  apud  eum  iam  ante  duos  annos  (3) . . .  Ego  vero  solus  in  hac 
peregrinatione  fui,  sino  socio,  annis  undecim,  donec  venit  ad  me  frater  Arnoldus,  Ale- 


(1)  Eubel  Bullar.  t.  V  n.  1037-43,  t.  VI  n.  89  nota  2.  —  Questo  Nicolò,  arrivato  a 
Tschagatai  {Turkestan  =  Buchara)  ivi  mori:  cfr.  ibid.  t.  V  R.  1057.  —  Vedi  in  Civezza 
Storia  cit.  t.  ili  p.  599-602  la  relazione  sulla  morte  e  funerali  del  Montecorvino,  lasciataci 
dal  Domenicano  fr.  Guglielmo  Adami  arciv.  di  Sultanieh  che  vi  fu  presente. 

(2)  Il  testo  del  MarignoUi  estratto  dall'  ediz.  del  Dobner  fu  riprodotto  dai  Meinert,  Kunst- 
mann,  Yale,  poi  dal  prof.  De  Gubernatis  Storia  dei  viaggiai,  ital.  p.  142-60,  indi  dal  Civezza 
in  Bibliogr.  Sanfran.  p.  372-83.  —  Cfr.  Domenichelli   Vita  b.  Odorico  p.  29. 

(3)  Da  questo  passo  risulta  che  fir.  Nicolò  gli  mori  entro  il  1292-93;  e  che  il  Montecor- 
vino si  stabili  a  Pekin.)  dal  1302. 


304  BIBLIOTECA 


88  mannas  de  provincia  Coloniae,  nane  est  annus  secnndns(l)». Parla  della  coiiTersione  d'an  re 
Giorgio  nestoriano  morto  sei  anni  prima  (donqae  circa  il  1299):  «  qni  erat  de  genero  illustri 
Magni  Eegis,  qni  dictns  fuit  praeshyter  Ioannes  de  India  *  ;  il  così  detto  Prete  Gianni 
che  molti  cronisti  medioevali  e  recenti  confnsero  coi  sovrani  di  Abissinia.  Domanda  de'  con- 
fratelli per  aioto  nella  missione,  ecc.  ;  e  dice  che  da  dodici  anni  non  ebbe  nuove  della  S.  Sede 
né  deir  Ordine  sno.  «  Ego  iam  senni . . .  snm  enim  annoram  quinquaginta  oeto.  Didici  com- 
petenter  lingnam  et  litteram  Tartaricam  . . .,  et  iam  transtnli  in  lingnam  illam  et  litteram 
totnm  Novum  Testamentum  et  Psalterium,  qnao  feci  scribi  in  palcherrima  littera  eomm, 
et  scribo  et  lego,  et  praedico  in  patenti  et  in  manifesto  testimoninm  legis  Christi.  Et 
tractavi  cam  snpradicto  rege  Georgio,  si  vixisset,  totam  Officium  latinom  transferre,  nt 
per  totam  terram  cantaretar  in  dominio  sno;  et  eo  vivente,  in  ecclesia  sna  celebrabam 
Missam  secandam  ritnm  latinnm,  in  littera  et  lingua  illa  legens  tam  verba  Canonis, 
qttam  Praefationis  * . 

Lettera  2*  —  Diretta  :  «  Revdo.  in  Cho.  Pri.  Fri.  NN.  Vicario  [et]  Generali 
Ministro  Ord.  FF.  Minorum,  et  Vicario  Fratrum  et  Magistro  Ord.  Praedicatorum, 
et  Fratribus  Ordinis  utriusque  in  provincia  Persarum  manentibus:  fr.  Ioannes  de 
Monte  Corvino  . . .  Legatus  et  Nuncius  Sedis  Apost.  Romanae,  salutem  eie.  Ordo  exi- 
miae  caritatis  invitat,  nt  longe  lateqne  distantes  ||  qnibus  est  semper  aestas,  et  nnmqnam 
hyems.  Baptizavi  ibi  circa  centom  personas . .  » .  —  Così  mutila  in  fine  è  in  Waddingo 
(ih.  n.  14)  di  cui  dice  deest  finis.  —  La  stessa  in  De  Gubernatis  (C^ftis  cit.  p.  374-75); 
in  italiano  e  a  brani  in  Civezza  {Storia  t.  IH  p.  141-48),  il  quale  nota  che  questa  let- 
tera è  stata  trascurata  dal  Fleury,  dal  Bohrbacher,  e  appena  accennata  dall'  Henrion 
e  dal  HucI 

Sebbene  mutila,  dal  contenuto  però  risulta  che  questa  lettera  pure  fu  scritta  nello  stesso 
anno  1305,  e  poco  dopo  la  festa  di  S.  Francesco  (4  ott.).  In  questa  ricordate  di  aver  scritta 
un'  altra  lettera,  nel  gennaio  dell'  anno  precedente  (1304),  diretta  al  P.  Vicario  della  pro- 
vincia di  Gazaria,  ma  della  quale  sfortunatamente  non  si  conosce  il  tenore  (2):  «  Nunc 
autem  notifico  vobis,  quod  anno  praeterito  in  principio  lanuarii,  per  quemdam  amicum 
nostrum,  qui  fuit  ex  sociis  domini  Kathan  Chamis . . .,  ego  misi  litteras  patri  Vicario  et 
Fratribus  provinciae  Gazariae  de  statu  et  conditione  mea,  paucis  verbis  exaratas,  in  quibns 
litteris  rogavi  eumdem  Vicarium,  quod  exempla  ìllarum  vobis  transmitteret,  et  iam  intel- 
lexi  per  aliquas  personas . . .  quod  meae  litterae  ad  vos  pervenerint,  et  quod  ille  idem 
nuncius,  qui  portavit  litteras  meas,  postmodum  de  Sara  [=  Saray'\  civitate  venerit  Thauri- 
siùm,  propter  quod  de  factis  et  contentis  in  illis  [litteris]  cogitavi  non  fecere  mentionem, 
nec  iterato  scribere ...  In  isto  autem  anno  Domini  MCCCV  ego  incepi  alium  locum  novum 
coram  ostio  Domini  Chamis . . .  Dominus  Petrtcs  de  I/uco-longo,  fidelis  christianus  et  magnus 
mercator,  qui  fuit  socìus  meus  de  Thaurisio,  ipse  emit  terram  prò  loco  quem  dixi,  et  dedit 
mihi,  prò  amore  Dei . . .  De  India  maiorem  partem  ego  vidi,  et  quaesivi  de  aliis  partibus 
Indiae;  et  esset  magnus  profectus  praedicare  eis  fidom  Christi,  si  Pratres  venirent.  Sed 
non  essent  mittendi  nisi  viri  solidissimi;  nam  regiones  sunt  pulcherrimae,  plenae  aroma- 
tibus  et  lapidibus  pretiosis,  sed  de  fructibus  nostris  parum  habent,  et  propter  magnam 
temperantiam  et  caliditatem  aeris  et  regionis,  nudi  vadunt  medio  corpore,  verenda  coope- 


(1)  Abbiamo  dunque  che  fr.  Arnoldo  gli  arrivò  in  aiuto  verso  il  1303.  —  Di  una  rela- 
zione di  questo  Minorità  tedesco  parleremo  sotto  il  1310  di  questa  nostra  Biblioteca. 

(2)  Vedi  Civezza  Storia  cit.  t.  Ili  p.  143,  che  fu  il  primo,  e  forse  il  solo  che  notò 
e  la  data  e  la  mancanza  di  questa  lettera,  che  il  Piancarpino  dice  dì  aver  scritta  nel  gen. 
del  1304. 


SECOLO  xm.  305 


perientes,  et  propterea  artìbns  nostris  sartornm  et  cordonom  et  artificiis  non  indigent,    88 
qnibns  est  semper  aestas  et  nnmqnam  hyems  (1)». 

Il  Ynle,  segQÌto  dal  P.  Domenichelli,  assegna  a  questa  lettera  1'  anno  1306,  perchè 
nella  medesima  si  fa  cenno  d' un'  altra  scritta  1'  anno  precedente  che  pel  Ynle  sarebbe 
quella  degli  8  gennaio  1305  (2).  Ma  il  Tuie  non  badò,  che  il  Montecorvino  scriveva  questa 
seconda  lettera  precisamente  nel  1305  :  «  In  isto  autem  anno  Domini  1305  ego  accepi 
alium  locum  etc.  »  ;  e  che  dalle  particolarità  cui  ivi  accenna  il  Montecorvino,  non  può  esser 
quella  degli  8  gen.  1305,  ma  un'  altra  scrìtta  nel  gen.  del  1304^  la  quale,  secondo  noi  e 
il  P.  Marcellino  da  Civezza,  ci  è  ancora  ignota  o  smarrita. 

Lettera  3"  —  Data  da  Cambalich  civitate  regni  Kathay  an.  1306  in  Barn.  Qidn- 
quagesimae  mensis  februarii.  —  Di  questa  non  abbiamo  che  un  breve  sunto  tramandatoci 
dal  Chfonicon  pseudo-Odorici  e  riportato  dal  Waddingo  (sub  an.  1307  n.  6,  t.  VI  p.  91-92). 
Ivi  ci  si  narra  che  «  solemnes  nuntii  venerunt  ad  eum  de  quadam  parte  Aethiopiae  » 
pregandolo  d' inviar  loro  colà  dei  Missionari  (3).  —  Questa  lettera  fu  portata  in  Europa 
dal  suo  compagno  il  b.  fr.  Tomaso  da  Tolentino  che  nel  1307  giungeva  in  Francia  presso 
Clemente  V  per  informarlo  dello  stato  di  quelle  Missioni  ecc.  —  Cfr.  Wadd.  loc.  cjt. 

Lettera  4"  —  Ignota  al  Waddingo,  allo  Sbaralea  e  ad  altri,  in  sino  a  che  il  Eunst- 
mann  (4)  e  il  Civezza  (5),  che  sono  i  soli,  crediamo,  la  pubblicarono  per  intero  dall'  unico 
cod.  Laurenziano  (Plut.  76  n.  74;  a  foli.  187  r.-191  v.,  ms.  del  sec.  XY)  che  ce  la  conservò 
in  volgare,  tradotta  dal  Domenicano  frate  Menentillo  da  Spoleto  al  quale  erroneamente 
fin  qui  fu  attribuita  prima  dai  Qnétif  ed  Écbard  (6),  e  poi  da  altri.  Fr.  Menentillo,  sia  o 
non  sia  mai  stato  in  Oriente,  non  fu  che  agente  di  trasmissione,  traduttore  e  compendia^ 
tore  della  presente  lettera  che  egli  potè  avere  dal  messo  del  Montecorvino  e  inviare  al 
suo  confratello  fr.  Bartolomeo  da  San  Concordi©  (7). 

Dal  testo  di  Menentillo,  essa  ci  apparirà  non  solo  compendiata,  ma  in  alcuni  punti 
mutila,  e  per  di  più  erronea  nella  data  anno  MCCX  (sic),  ove,  senza  dubbio  all'amanuense 
sfuggì  dalla  penna  forse  non  più  d'  un  C,  per  non  dirlo  troppo  distratto  qualora  volessimo 
supporre  sfuggitegli  più  lettere  ancora,  e  sostituirvi  o  l' anno  MCCXCII  o  MCCXCIII  secondo 
alcuni  (8),  o  il  MCCCXX,  secondo  altri  (9).  A  noi  invece  sembrerebbe  più  ragionevole 
assegnare  a  questa  lettera  1'  anno  MCCCX,  per  esser  così  più  vicini  al  codice  e  supporre 
in  esso  r  omissione  di  una  e  non  di  più  lettere  numeriche.  Varrebbe  anche  per  la  nostra 
data  notare,  che  questa  lettera  fu  certo  scritta,  e  spedita  col  messo,  buon  tempo  dopo  la 

(1)  Sui  prodotti  e  clima  del  paese,  colle  stesse  quasi  parole,  parla  anche  nella  qttarta 
lettera  che  riportiamo  più  sotto. 

(2)  P.  Teof.  Domenichelli  La  vita  e  »  viaggi  del  B.  Odorico  (Prato  1881)  p.  22  nota  3. 

(3)  L'  Huc  e  il  Civezza  qui  per  Etiopia  intenderebbero  Ceylan;  il  Kunstmann  invece 
pensa  a  Socotra.  —  Cfr.  Domenichelli  Vita  e  viaggi  del  B.  Odorico.  p.  23. 

(4)  In  Munchener  gelehrte  Anzeigen:  24  e  25  dee.  1855,  p.  164  s. 

(5)  Storia  delle  Miss,  francese,  t.  VI  p.  309-314;  cfr.  la  sua  Bibliografia  eanjraneescana 
p.  409-10. 

(6)  Bibliotheca  Ord.  Praed.  t.  I  p.  541. 

(7)  Questi  fioriva  nel  1314;  fini  di  scrìvere  la  nota  Summa  de  casibus  nel  1838,  e  mori 
nel  1347.  —  Échard  Biblioth.  cit.  t.  I  p.  623. 

(8)  Secondo  U  prof.  Angelo  De  Gubematia  nella  sua  Storia  dei  viaggiatori  italiani  p.  96; 
e  Domenichelli  in  op.  cit.  Vita  e  viaggi  del  B.  Odorico  p.  21-22. 

(9)  In  Civezza  Storia  cit.  t.  VI  p.  314.  —  Non  sappiamo  la  data  che  le  assegna  il  cit. 
Kunstmann,  ma  in  ogni  caso  crediamo  arbitraria  quella  che  da  lui  riproduce  T  Amat  da  S. 
Filippo  i^Studi  Bibliografici  p.  79-80,  ed.  2»)  cioè  U  22  dicemb.  1302,  o  1303. 

Bibliot.  —  Tom.  I.  20 


306  BIBLIOTECA 


88  morte  di  fr.  Nicolò  da  Pistoia  (f  1292-93),  e  che  fa  indirizzata  dal  Menentillo  a  frate 
Bartolomeo  quando  questi  era  già  celebre  nel  sao  Ordine  e  in  Italia,  celebrità  che  per  Ini 
data  soltanto  dalla  prima  decade  del  secolo  XIV  (e.  il  1314),  e  non  dal  1292  quando 
forse  era  ancor  giovanotto  o  non  ancor  entrato  tra  i  Predicatori  :  egli  morì  nel  1347.  Non 
possiamo  del  resto  nasconderci  una  grave  difficoltà  che  sorgerebbe  assegnando  alla  presente 
lettera  la  data  del  1310.  In  questo  caso  dovremmo  dire  che  il  Montecorvino  avesse  lasciata 
Pekino  e  ritornato  nel  Maàbar  (=  Minibar,  ossia  a  Maliapur)  sulla  costa  orientalo  del- 
l'Indostan,  d'onde  fu  spedita  la  presente  lettera;  quando  invece,  dal  1293  in  poi,  lo  ve- 
diamo stabilito  a  Pekino  e  non  altrove.  Ma  data  la  misera  condizione  in  cui  ci  pervenne 
il  testo  di  Menentillo,  noi  non  siamo  in  grado  di  precisarne  la  data. 

Checché  ne  sìa  quindi  della  precisa  data  di  questa  lettera,  noi  ci  siamo  presi  la  pena 
dì  ricopiarla  dal  cod.  Laurenziano  per  darla  agli  studiosi  orientalisti  nella  sua  integrità 
quale  ce  la  tramandò  il  Menentillo,  e  speriamo  di  darla  senza  errori  di  stampa.  Notiamo, 
che  nel  ms.  non  v'  è  punteggiatura  ;  o  se  v'  è  alcuna,  essa  è  tutta  a  caprìccio  della  penna 
del  mediocre  amanuense. 

Allo  in  Xpo.  frate  Bartolomeo  da  santo  CJionchordio  suo  per  tutte  le  chose  frate 
Menentillo  de  Spuleto,  salute  et  sapiensia  :  perciò  che  chonoscho  che  voi  grande  chura 
avete  innisciensia  et  molto  sapete,  et  voreste  tutte  le  chose  sapere,  spesialmente  quelle 
elle  non  sapete,  et  voresti  avere  sapimento  et  chogniosciensia  de  tutte  le  chose,  imperciò 
scrivo  a  voi  ciert-e  chose  le  quali  aguale  (sic)  sono  scritte  delle  parte  dindia  superiore 
per  uno  frate  Minore,  lo  quale  fue  chonpagnio  di  frate  Nicholaio  da  Pistoia  lo  quale 
moritte  innindia  superiore  andando  al  Signiore  de  tutta  lin^a:  lo  messo  viddi  et  parlai 
chollui,  in  delle  chui  braccia  lo  detto  frate  Nicholaio  moritte:  e  cho^  testifichava. 

La  chondissione  dellindia  chosì  è  chome  di  sotto.  Si  dicìe  innindia  sempre  è  chaldo, 
et  mai  non  ve  verno  et  non  ve  chaudo  (sic)  soperchio,  et  la  rf^ione  è  questa,  perchè 
qnìne  sono  venti  dogni  tempo  che  temperano  laria  et  lo  chalore;  la  ragione  perchè  non  vi 
può  essere  verno  è  questa,  perchè  ragione  [regione]  disposta  sobto  al  aìdiacho,  in  del  modo 
chessi  dicìe  dì  sotto,  cioè  che  lo  sole  quando  è  in  del  principio  della  vergine,  cioè  a  dì  XXTTTT* 
daghosto,  sichome  io  choUì  miei  ochj  viddi  et  estimai,  &e  radio  perpedichulare  sicché  non 
fae  ombra  dalchuna  parte,  et  simile  fae  in  principio  dellariete  chentra  la  fine  dì  marzo; 
et  poi  passando  lo  ariete  passa  in  verso  aquilone  et  fee  ombra  di  verso  lo  merizo  in  fin 
che  va  . . .  (1)  et  torna  a  vergine  :  et  simigliantemente  passando  lo  segnìo  della  vergine  poi  fe 
ombra  di  verso  aquilone,  et  però  non  può  essere  tanto  slonghamento  di  sole  che  vi  sia  freddo; 
et  perciò  non  vi  sono  due  state,  imperciò,  sichome  è  detto  4i  sopra,  non  ve  frodo,  ne  verno. 

Bella  grandessa  del  die  et  della  nocte,  quanto  pottì  cierchai  per  mìzura  et  per  estimo 
de  segni:  lo  die  est  (sic)  quando  lo  sole  fae  lo  radio  ritto  sensa  alchuna  onbra  in  dellì 
ditti  due  termini,  lo  die  è  XV  ore,  et  la  notte  Villi;  quando  vero  lo  sole  è  in  solstitio 
del  chalcro  [=  cancro}  lo  die  ae  XIIII  ore  u  pocho  meno,  et  la  notte  è  X  et  poche  piò, 
cioè  una  quarta  parte  d'ora;  quando  vero  lo  sole  est  'nsolstitio  di  chaprìchorno,  cioè  in 
del  mese  dì  dicìenbre,  lo  die  ae  ore  XI,  la  notte  XIII,  perciò  che  [v'è]  lunghamento  del 
sole  alquanto  magiore  quando  è  in  chaprìcorno,  che  quando  è  in  chaucro. 

Stella  vero,  la  quale  sì  dicìe  tramontana,  è  sì  di  presso  uvero  sotto,  che  apena  si 
pare  ;  per  la  qual  chosa  mi  parve  che  se  io  fussì  stato  in  luogho  alto  arei  potuto  vedere 
laltra  tramontana  la  quale  è  posta  in  chontrario:  molto  ghuardai  di  vederla,  et  vidi  piò 
segni  che  gli  andavano  intomo,  per  li  quai  li  chonovi,  et  parvemì  chelli  fiisseno  vicini 
veramente,  perchè  le  fumusità  vi  sono  chontinue  chontra  quelle  parte  sotane,  per  lì  chalori 
et  per  lì  venti  :  ella  è  molto  al  di  sotto,  non  meno  potei  ciertìfichare,  imperciò  che  lindia 
è  grande  regione  et  ìnnalchuno  luogho  era  piò,  et  inalchuno  meno:  io  ciò  oservai  chome  io 
petti  la  region  tanto  dellindia  saperiore  che  sì  dicìe  Maabar  (2)  in  della  chontrada  di 
Santo  Tomeo. 


(1)  Puntini  nel  codice. 

(2)  Maabar  =  Mabar,  osala  la  costa  detta  di  Coromandel.  Vedi  la  nota  4*  a  p.  308. 


SECOLO  xm.  307 


Bella  chondissìone  della  terra  dindia  superiore.  La  chondissione  della  soprescritta  88 
terra  dindia  chosì  è,  chella  [è]  terra  assai,  et  bene  avitata,  et  grande  città  vi  sono;  le 
chase  anno  miserabile,  perciò  che  sono  fabricate  cho  loto  sabuloso,  et  chomunemente  clio- 
perte  di  fronde.  Dallori  monti  va  pochi  :  fiumi  innalchuno  luogho  monti  [=  molti],  et  in- 
nalchuno  pochi:  fonti  nulla,  u  molte  poche:  possi  [=  pozzi]  monti:  et  la  ragione  è,  perchè 
chomunamente  vi  si  trova  quiné  aqua  a  due,  overo  III  passi,  et  meno  :  quel  aqua  non  è 
bene  buona  da  bere  perchè  est  alquanto  molle  et  lassa  lo  ventre;  et  ano  chomunemente 
pescine  uvero  vallette  quasi  chome  fosse,  innelle  quali  si  raunano  aque  piovane,  et  quelle 
beno;  animali  ano  poghi;  chavalli  non  vi  si  trova,  se  non  apo  li  re  et  grandi  baroni:  et 
molte  poghe  mosche  vi  sono,  pulcie  nulla;  et  albori  che  producieno  frutto  dogni  tenpo, 
siche  apo  loro  quelli  medesimi  arbori  et  derbe  si  trovano  frutti  perfetti  in  messo  tempore. 
Simigliantemente  de  ogni  tenpo  si  semina  et  rachoglie,  et  questo  è  perchè  dognie  tenpo 
è  chaldo  et  non  freddo.  Sono  quìne  le  spesie  aromatiche  in  buono  merchato,  altre  più  et 
altre  meno,  sechondo  la  diversità  delle  spesie:  sonvi  arbori  che  producieno  sucharo,  et  altri 
che  producieno  mele,  et  altri  che  producieno  lucore  che  à  savore  de  vino,  et  di  quello 
usano  et  benno  gli  abitatori  di  quelle  chontrade:  et  queste  tre  chose  sono  di  piccula  va- 
luta ;  et  évi  larbore  che  fa  pepe,  et  este  nodoso  et  sottile  sichome  vite  et  molto  sasimiglia 
alla  vite,  ecietto  che  [è]  piò  sottile  e  trapiantasi. 

Lo  zinsano  è  sichome  channa,  e  sichome  radicìe  di  channa  si  chava  et  trapiantasi; 
le  channe  suoe  sono  alto  sichome  alberi,  et  ano  ghovito  [=  gomito]  uno  et  piò  di  grosessa 
intorno,  rami  sottili  et  spinosi  et  foglie  minute. 

Lalbore  del  bersi  è  albore  sottile  et  alto  et  spinoso  tutto  sichome  rubro:  le  foglie 
sono  chome  felcie  ;  le  nocie  dindia  sono  grosse  chome  poponi  :  cholore  anno  verde  sichome 
chochosse:  li  rami  et  le  foglie  loro  sono  chome  rami  et  foglie  di  palmo;  larbore  del  ci- 
namomo  mezanamente  grosso  et  non  molto  alto  et  in  ghambo  et  in  buchia  et  in  foglie 
è  simile  [aZ^jalorio,  et  molto  sasimiglia  [aZZ'Jalorio  del  quale  este  grande  chopia  al  isula 
apresso  a  Maabar  (1). 

Delli  omini  da  maravigliare,  cioè  chontrafatti  da  gli  altri,  et  delli  animali,  et  del  pa- 
radiso teresto,  monto  adimandai  et  cierchai  ;  alchuna  chosa  trovar  none  potti.  Li  buoi  sono 
apo  loro  animali  sagrati,  et  perciò  le  loro  charne  non  mangiano  per  reverensia,  ma  lo 
latte  loro  usano  et  lo  loro  servigio  sichome  lautre  giente.  Piovevi  in  cierti  tempi. 

La  chondissione  ìelli  avitanti  dindia  è  chotale.  Li  omini  di  quella  regione  sono  ido- 
latri et  sensa  leggle,  jt  sensa  lettera,  et  sensa  libri:  anno  alfabeto  chol  quale  scrivono 
suoi  ragioni  et  orasioni  uvero  coniurasioni  didoli,  et  non  anno  charta  ma  scriveno  in  foglie 
dalbori,  le  quai  sono  chome  foglie  di  palme;  et  non  anno  chonosciensia  dalchuno  pechato. 

Case  anno  dellidoli,  in  dello  quali  sadorano  quasi  innogni  ora,  siche  non  si  raunano 
per  andare  ad  adorare  innalchuna  ora,  ma  chatuno  va  ad  adorare  quando  li  piacie,  et 
adorano  ad  ognio  parte  (sic)  in  quelli  loro  idoli  di  die  et  di  nocte:  frequentemente  vi  apa- 
rechiano  ;  di  digiuni,  feste,  nò  alchuno  die  da  ghuardare  non  anno,  né  settimana,  né  mese. 
In  anno  una  volta  solamente  si  maritano;  et  morendo  lo  marito,  quella  femina  piò 
non  si  marita;  pechato  charnale  alloro  non  si  reputa  pechato,  nò  di  dirlo  non  si  ver- 
ghogniano. 

In  delle  parti  marine  sono  molti  saracini,  et  ànnovi  grande  forza.  Infra  terra  pochi 
christiani;  et  giudei  va  molti  pochi  et  di  pocho  valore  contra  li  christiani:  et  quelli  che 
anno  nome  di  christianitade  molto  li  perseghuitano. 

Li  morti  loro  non  sepeliscieno,  ma  àrdenoli,  et  ad  ardelli  portano  clion  {strumenti  et 
chon  chanti,  avegnia  chelli  parenti  del  morto  innaltri  luoghi  grandi  dolori  et  ranchori 
menano  sichome  lautra  giente. 

Este  lindia  regione  grande,  et  sonvi  piò  r^ni  et  piò  linghue:  sonovi  li  omini  asai 
dimestichi  et  familiari  et  di  poche  parole  et  quasi  chome  omini  di  ville,  et  sono  non  apos- 
tutto neri,  uvero  ulivigni,  et  monto  bene  formati,  chosi  le  femine  chome  li  omini:  vanno 
a  piedi  dischalsi  et  nudi,  portando  una  tovaglia  intorno  alli  membri  verghognievoli  ;  li 
gharsoni  e  le  fanciulle  in  fino  a  Vili  anni  nulla  chosa  portano,  ma  chosi  restieno  nudi, 
et  vanno  chome  del  ventre  della  madre  stitteno.  Barba  non  si  radono  ;  molte  volte  lo  die 


(1)  Neil'  isola  cioè  di  Ceylan. 


308  BIBLIOTECA 


88  si  lavano  ;  pane  et  vino  non  anno  ;  dell!  nostri  frutti  che  noi  usiamo,  pochi  n  niente  anno  ; 
ma  usano  in  cibo  chotidiàno  riso  et  pocho  latte,  et  mangiono  balordamente  sichome  porci, 
cioè  chon  tutta  la  mano  nvero  pngnio,  sensa  chuchiaio;  in  del  mangiare  paiono  magior- 
mente  porci,  che  omini. 

La  terra  este  monto  sighura:  scherani  u  robatori  rade  volte  si  trovano:  pedagi  molti 
vi  si  paghano:  artifici  va  pochi,  però  che  larte  et  lartificio  pocho  vi  vagliene  et  piciulo 
luogho  vanno;  spade  et  choltella  asai  usano  sichome  noi:  se  veramente  fanno  battaglia, 
in  piciulla  ora  se  ne  spacciano,  avegniachè  loste  sia  grande  ;  inperciò  che  nudi  vanno  alla 
battaglia  chon  sole  spade  et  chon  choltella:  ae  tra  loro  alchuni  saracini  soldanieri  che 
portano  archi. 

La  chondissione  del  mare  dindia  è  questo  e  in  questo  modo:  che  lo  mare  è  molto 
abondevole  di  pesci  et  peschavisi  innalchuno  luogho  perle  et  pietre  presiose:  li  porti  vi 
sono  molti  radi,  et  mali  ;  et  deste  da  sapere  che  questo  este  lo  mare  mezano,  uvero  ocheano, 
sie  che  da  parte  de  merizo  non  si  trova  terra,  se  non  isule  :  et  in  quello  mare  sono  molte 
isnle  oltra  dodici  miglia,  et  molte  di  quelle  sono  abitate,  et  molte  no:  nàvichavisi  daisse(l) 
infine  adormesse  (2)  et  a  quelle  parte  le  quali  si  dicie  che  siano  due  miglia  migliaia  di 
migliaia  (sic),  intra  scielocho  \^=z  scirocco^  et  levante;  de  Minabar  (3)  a  Maabar  (4)  chontra 
a  tramontana  ecc.  migliaia;  intra  levante  et  ghrecho  de  Menahar  a  Gruigimencota  (5) 
altre  ecc.  migliaia:  nàvichavisi  intra  ghrecho  et  tramontana;  lo  residuo  non  è  veduto, 
perciò  non  ne  dicho.  —  Le  piaggio  del  soprascritto  mare  :  sono  in  mare  innalchuno  luogho 
e.  migliaia  e  piò,  unde  vi  si  teme  che  non  ficano  li  legni  in  terra,  et  no  vi  si  può  navi- 
chare  sennò  una  volta  lanno;  perchè,  dalla  intrata  daprile  in  fine  alla  fine  dottobre, 
li  venti  sono  occidentali,  siche  ninno  potrè  (sic)  navichare  in  verso  occidente;  et  per  lo 
chontrario,  cioè  dal  mese  dottobre  infine  al  marso,  da  mezo  magio  infine  a  la  fine  de 
luglio,  sono  li  venti  si  valorosi  che  le  navi  che  in  quello  tenpo  si  trovano  fuori  delli  porti, 
launque  vanno,  sono  tenuti  disperati,  et  se  champano  è  per  ventura;  unde  in  dallanno 
passato  peritteno  piò  che  nave  Ix,  et  in  questo  anno,  in  luoghi  omnino  vicini,  vii. 

Dellautre  regioni  non  avemo  novelle.  Le  loro  nave  sono  molto  fraile,  distorte,  senza 
ferro,  e  senza  chalchatura,  et  sono  chucite  chon  fané  sichome  vestimento  ;  unde  se  lo  filo 
si  ronpe  innuno  luogho,  vaccio  si  rompe;  unde  ogni  anno  si  rachonciano,  una  volta  lo 
meno,  et  piò  se  volo  navichare.  Et  anno  pure  uno  timone,  fraile  e  sottile  chome  una  taula 
di  larghessa  duno  ghonito  (sic),  in  meso  della  poppa;  et  quando  denno  girare,  chon  grande 


(1)  Cosi  nel  codice:  tdaisse».  In  Civezza.  {Storia,  cìt.  VI.  313):  «da  Joaa  fino  ad 
Ormisaa  > .  Ma  è  veramente  una  città  o  isola  detta  Isse,  o  non  piuttosto  un  pronome  (da 
esse)  che  si  riferirebbe  alle  isole  ricordate?  Il  Montecorvino  volle  forse  dirci  che  da  esse 
isole  fino  ad  Armuz  il  mare  è  navigabile.  Se  poi  Isse  è  un  isola,  non  paia  strano  se  gli 
attribuiremo  la  cognizione  della  nota  isola  del  Griappone  lesso.  Quaerendo  dicimus. 

(2)  Ormesse  =  Ormuz  nel  golfo  Persico. 

(3)  Minabar  o  Menabar  o  Minibar,  è  la  nota  costa  del  Malabar  sul  mare  occidentale 
dell' Indostan.  —  Cfr.  P.  Domenichelli   Vita  e  viaggi  del  B.  Odorico  p.  307-13. 

(4)  Maabar  o  Mabar,  fu  cosi  detta  dagli  antichi  viaggiatori  la  regione  o  costa  di  Co- 
romandel,  sul  mare  orientale  dell' Indostan;  Maabar  fu  detta  Sinché  la,  Maliapur  o  Meliapur 
l'antica  capitale  del  Coromandel,  sulle  cui  rovine  i  Portoghesi  fondarono  S.  Tomaso  o  S. 
Tome,  in  memoria  del  santo  Apostolo  che  vuoisi  sepolto  in  cima  d'  un  vicino  monte.  À  una 
lega  di  Maliapur  sorge  oggi  vicina  Madras,  nuova  capitale  degli  Inglesi.  Da  Maliapar  dunque, 
scrìveva  la  presente  lettera  il  Montecorvino. 

(5)  Guigimencota  lesse  pure  il  P.  Marcellino  da  Civezza  (Storia  cìt.  VI.  314);  il  prof. 
De  Gubematis  (Storia  de' viaggiatori  ital.  p.  96)  lesse  invece:  *■  Siu  Simmoncota  (\)  l&  cui 
posizione  geografica  (dice)  è  ancora  da  determinarsi  » .  —  Guigi-mencota  potrebbe  essere  la 
«  Melianeota,  che  tra  lor  vuol  dir  città  grande,  la  qual  ha  nove  miglia  di  circuito»,  visitata 
dal  Conti  nel  Malabar?  —  Vedi  il  Conti  nella  cit.  opera  del  De  Gubematis  (p.  Ili  e  174):  ove 
questi  osserva  che  neppur  gli  riusci  di  riscontrare  la  Melianeota  del  Conti,  e  dubita  vi  sia 
un  errore  d'  amanuense. 


SECOLO  xm.  309 


pena  girano:  et  sello  vento  è  potente  non  puonno  girare.  Vela  anno  una  et  uno  alboro,    88 
et  sono  vele  di  stuoie  u  di  miserabile  panno.  Le  funi  sono  di  resti  ;  ànchoro  anno  poghi, 
et  non  buoni  marinai;  unde  molti  pericholi  vi  chorrono,   siche  si  dicie  che,  quelle  nave 
che  vanno  sane  et  salve,  Dio  le  ghoverna,  et  lumano  artificio  pocho  vi  vale. 

Iscritta  fu  questa  lettera  in  Màbar  cittade  della  provincia  di  Sitia  dellindia  di 
sopra  (1),  die  XX  dicienbre,  anno  domìni  MCCX.  (sic!). 

C.  1280  f  ?  —  Fr.  Thomas  de  Papia:  —  Gesta  Imperatomm  et  Pontiflcum 
(in  Monum.  Germ.  Histor.  Scriptores  t.  XXII  p.  483-528,  editore  Ern.  Ehreii- 
feuchter,  1872). 

Queste  Gesta  che  l'editore  meritamente  attribuisce  ad  un  Minorità  di  nome  Tomaso  (2),  89 
senza  però  alcun  fondamento  lo  disse  di  nazione  toscano  (natione  crai  tuscus),  quando 
invece  vi  sono  fondate  ragioni  per  attribuirle  a  frate  Tomaso  da  Pavia  lodato  dal  Salim- 
bene.  La  semplice  ragione  che  egli  sia  vissuto  lunghi  anni  in  Toscana  e  che  della  Toscana 
ci  dia  abbondanti  notizie,  non  crediamo  bastare  per  dircelo  toscano,  o  aretino  come  vor- 
rebbe il  Winkelmann  (3)  citato  dal  dotto  editore.  Tomaso  abbonda  anche  di  notizie  su 
Pavia,  e  a  Pavia  sappiamo  aver  egli  passata  la  sua  fanciullezza  :  «  Huc  usquc  sunt  po- 
sita,  ut  audivi  Papiae,  dum  adhuc  puer  essem,  a  senioribus  terrae,  qui  temporibus  illis 
erant  »  (Gesta  p.  504).  Il  Salimbene  gli  consacra  una  bella  pagina  che  non  possiamo 
non  premettere  come  biografìa  di  un  Minorità  che  fu  anche  in  Oriente: 

«...  Dominus  Phylippus  archiepiscopus  Bavennas  (4)  ...  volens  mori  in  terra  sua, 
faciebat  se  portari  in  quodam  lecto  ligneo  a  viginti  hominibus,  decem  et  decem  succeden- 
tibus  sibi  ;  et  cum  fuit  Imolae,  voluit  esse  in  loco  fratrura  Minorum,  et  ego  tunc  temporis 
habìtabam  ibi;  et  totum  refectorium  concessimus  sibi,  et  non  fuit  nobiscum  nisi  una  die. 
Cum  autem  esset  Pistoni,  misit  prò  fratre  Thoma  de  Papia,  qui  erat  notus  et  amicns 
suus  ab  antiqnis  diebus,  et  confessus  est  secum,  et  ordinavit  bone  cum  eo  de  salute  animae 
suae  ;  et  sic  quievit  in  pace,  sepultus  in  ecclesia  fratrnm  Minorum  do  Pistorio.  Fuit  frator 
Thomas  de  Papia  sanctus  homo  et  bonus  et  magnus  clericus,  et  lector  in  theologia  Parmao 
et  Bononiae  et  Ferrariae  multis  annis  :  antiquus  erat  in  Ordine  fratrum  Minorum,  sapiens 
et  discretus,  et  vir  boni  et  sani  consilii:  familiaris  homo  fuit,  alacer,  humilis  atque  be- 
nignus  et  Deo  devotus,  et  praedicator  gratiosus  atque  sollemnis:  multis  annis  minister 
provincialis  fuit  in  Tuscia  :  Chronicam  magnam  fecit  ;  quia  multum  abundabat  et  erat  pro- 
lixus  :  fecit  etiam  tractatum  Sermonum  ;  fecit  similiter  magnum  opus  in  theologia  et  multum 


(1)  Detta  pure  Indo-Scizia  da  alcuni  geografi  antichi. 

(2)  Lo  Sbaralea  (Supplem.  p.  56  n.  335),  che  fu.il  primo  a  descriverci  il  cod.  di  S.  Croce, 
oggi  Laurenziano  Chronicon  Imperatorum  et  Roman.  Pontificum,  lo  attribuì  ad  un  Minorità 
anonimo  italiano  —  Il  cod.  Laurenziano  PI.  XXI,  Cod.  5  n.  624,  memb.  di  foli.  92,  in  due 
colonne,  diviso  in  Centuriae,  e  scritto  da  due  mani  verso  la  metà  del  sec.  XIV,  non  porta 
nome  d'autore.  L'altro  di  Parigi,  memb.  lat.  n.  6818,  in  grande  formato,  del  sec.  XIII,  in 
due  colonne,  tutto  di  una  mano,  contiene  le  6re«to  entro  i  foli.  111-178,  col  nome  dell'autore: 
CHRO  THO,  cioè  Chronicon  Thomae,  diviso  l' argomento  in  capitoli  o  tesi.  Consta,  né  l' uno 
né  r  altro  esser  autografo  di  Tomaso.  L' editore  Ehrenfeuchter,  nel  darci  il  testo  delle  Gosfu 
su  questi  due  soli  codd.  a  lui  noti,  omise  tutta  quasi  la  parte  antica  che  Tomaso  verbal- 
mente copiò  da  autori  troppo  noti.  Nel  Potthast  {BibltotJi.  med.  aevi  t.  II  p.  1065  e  1066) 
troviamo  registrati  altri  due  codd.  delle  Gesta:  Paris  Nazion.  sec.  XIV  n.  6815.  6,  e  Londra 
Mus.  Brit.  Karl,  sec,  XIV  n.  3723  (-1266);  3775.  4. 

(3)  In  Forschungen  zur  Deutsch.  Geschichte  IX  p.  450. 

(4)  Filippo  (Fontana)  arcivescovo  di  Ravenna  dal  1251  in  poi,  mori  verso  il  luglio  del 
1268;  cfr.  Eubel  Hierarch.  t.  I  p.  436. 


310  BIBLIOTECA 


89  diffasum,  quod  prò  sui  magnitudine  Bovem  appellavit  :  provinciam  Tusciae  ad  bonos  mores 
reduxit:  multum  fuit  amicus  meus,  quia  multis  annis  in  conventu  Ferrariensi  habitavi 
cura  eo  (1):  cuius  anima  per  misericordiam  Dei  requiescat  in  pace,  amen  (2)». 

Altre  notizie  di  Tomaso  le  abbiamo  dalle  sue  Gesta  e  da  qualche  altra  memoria. 

Nel  1245  lo  vediamo  in  Francia  al  Concilio  di  Lione  :  «  Haec  verissima  esse  scio, 
sicut  qui  interfui  ipsi  concilio  et  socius  eram  vicarii  generalis  ministri  orcUnis  Mino- 
rum  (3),  qui  suum  sigillum  apposuit  et  privilegia  legi  diligenter  audivit  »  (p.  492). 

Nel  1253,  sappiamo  da  lui  stesso  che  era  in  Romania,  ossia  in  Grecia,  o  meglio  a 
dire  in  Oriente;  senza  però  dirci  in  che  carica  e  per  quanto  tempo  vi  si  fosse  fermato. 

Sembra  che  qualche  tempo  prima  del  1258,  o  in  quest'anno,  Tomaso  fosse  già  Mi- 
nistro provinciale  della  Toscana,  quando  il  b.  frate  Stefano  a  lui  attuale  provinciale  fece 
il  racconto  delle  stimmate  di  S.  Francesco  (4).  Secondo  il  Terrinca:  «P.  Thomas  Papiensis 
hanc  provinciam  regehat  circa  an.  1260  (5)  »  ;  e  tenne  questa  carica  «  multis  annis  » 
come  abbiamo  dal  citato  Salimbene,  e  forse  sino  al  1279  quando  gli  succedette  nel  pro- 
vincialato  il  P.  Filippo  da  Perugia  (6). 

Dal  1260  fino  al  1270  lo  troviamo  quasi  sempre  in  Toscana.  Nel  1260,  Tomaso 
stesso  ci  dice  che  ei  fa  presente  alla  fratricida  battaglia  di  Monte  Aperto  (p.  518)  che 
sappiamo  combattuta  fra  i  Ghibellini  di  Siena  e  i  Guelfi  di  Firenze,  nella  quale  prese 
parte  anche  Dante  Alighieri.  Nel  1267  Tomaso  accompagnava  re  Carlo  di  Sicilia  nella 
spedizione  per  la  Toscana;  fu  per  qualche  tempo  colla  sua  corte,  e  forse  lo  accompagnò 
al  ritorno  nelle  Puglie  (p.  520  e  seg.).  L'anno  seguente  (circa  il  20  ag.  1268),  pochi 
giorni  prima  della  sconfìtta  di  Corradino,  Tomaso,  senza  nominarsi,  chiaramente  però  ci 
fa  capire  che  egli  fu  uno  de'  due  Minoriti  che  si  recarono  alla  corte  di  Napoli  messaggeri 
allo  stesso  re  Carlo  di  negozi  importanti.  In  questa  occasione  re  Carlo  volle  esser  infor- 
mato che  ne  era  del  celebre  frate  Benedetto  di  Arezzo  (7). 

Tomaso  stesso  ebbe  a  provare  lo  spirito  profetico  di  Benedetto,  come  si  ha  nella  vita 
del  beato  scritta  dall'aretino  Nanni  (8)  e  nelle  conformità  del  Pisano  (9).  Questo  è  tutto 
quanto  sappiamo  della  vita  del  nostro  cronista. 

Tomaso  da  Pavia  compilava  questa  sua  Cronaca  nel  1278  e  79  (10),  dopo  aver  per- 
corsa tutta  l'Italia,  parte  dell'Oriente,  e  visitate  la  Francia,  la  Germania,  la  Boemia  e 


(1)  Salimbene  [Chron.  p.  90  e  159-60)  dice  di  sé  che  abitò  nel  convento  di  Ferrara  dagli 
ultimi  del  1249  per  sette  anni  continui,  occupato  a  scrivere  varie  cronache. 

(2)  Salimbene  Chron.  p.  217-18,  ove  parla  di  ambedue  questi  personaggi  per  incidenza. 

(3)  Vicario  in  detto  Concilio  del  generale  frate  Crescenzio,  sappiamo  ora  di  certo  che 
fu  frate  Bonaventura  d'Iseo;  cfr.  Sabatier  Opuscvl-es  t.  I  p.  119-20,  e  ibid.  la  giunta  a  p.  134. 
In  oltre  veggasi  Bongars  Gesta  Dei  p.  1195,  ove  si  ha  per  esteso  una  bolla  papale  che  con- 
ferma i  privilegi  del  re  d'Ungheria,  firmata  anche  da  frate  Bonaventura  come  vicario  del 
Ministro  generale.  —  Vedi  sopra  pag.  223  nota  3». 

(4)  Papini  Etruria  francescana  (Siena  1797)  p.  8  n.  7.  —  Cfr.  Wadding,  Annalea  t.  IV 
p.  92  n.  9,  sub  an.  1268. 

(5)  Terrinca  Theatrum  Etrusco-Minoriticum,  p.  31. 

(6)  Terrinca  Theatrum,  cit.  p.  31. 

(7)  Da  noi  illustrato  più  sopra  al  n.  36  della  presente  Biblioteca. 

(8)  Vedi  sopra  al  n.  36  p.  141-42. 

(9)  Conform.  8%  fol.  56  r.  ed.  1513  —  Vedi  sopra  a  p.  148. 

(10)  E  come  egregiamente  prova  il  eh.  editore  Ehrenfeucbter,  fu  compilata  da  Tomaso 
ormai  vecchio  nel  1278  e  79;  anzi  «  statuendum  erit,  eum  uno  quasi  impetu  eodemque  tem- 
pore, certo  ante  obitum  Caroli  I  Siciliae  regis  (f  1285),  probabiliter  ipso  anno  1279  totam 


SECOLO  xm.  311 


la  Dalmazia.  Peccato  che  in  questa  Cronaca  egli  non  ci  racconti  nulla  del  suo  viaggio  in 
Oriente,  e  sorvoli  i  fatti  celebri  occorsi  nel  suo  tempo  in  quello  regioni.  Il  racconto  che 
egli  ci  fa  delle  gesta  de'  Crociati  e  Saraceni  in  Oriente,  6  tutta  roba  tolta  verbalmente 
dall'opera  di  Guglielmo  di  Tiro,  e  ben  poco  o  nulla  aggiunge  del  suo.  Curioso  è  soltanto 
un  lungo  capitolo.  De  Mahumet  et  quo  tempore  et  quomodo  ad  dominium  venit  (p.  492-94), 
che  egli  riprodusse  da  un  antiquissimo  libro  trovato  nella  sacrestia  d' una  chiesa  di  Bo- 
logna. 

Quando  morì  il  nostro  Tomaso?  L' Ehrenfeuchter  non  avendolo  identificato  col  frate 
Tomaso  di  Pavia  celebrato  dal  Salimbene,  nulla  seppe  dirci  della  vita  di  lui,  e  ben  poche 
notizie  ricavò  dalla  sua  cronaca  a  suo  riguardo.  Saviamente  però  il  doito  editore  osserva  che, 
quando  Tomaso  scriveva  nel  1279,  tunc  grandaevus  erat,  e  nuli'  altro.  Ora,  il  Salimbene, 
che  stendeva  nel  1284  il  periodo  storico  che  abbraccia  i  fatti  da  esso  narrati  sotto  l' anno 
1250  (1),  quivi  per  incidenza  parla  di  Filippo  arciv.  di  Eavenna  e  di  frate  Tomaso  da 
Pavia  e  li  dice  ambo  morti;  abbiamo  quindi  un  indizio  certo  che  Tomaso  nel  giugno  del 
1284  non  viveva  più.  Da  ciò  pure,  risulta  vie  più  certo,  quello  che  già  acutamente  con- 
getturò il  dotto  editore  di  Tomaso,  che  cioè,  i  pochi  cenni  della  cronaca  ove  trattasi  di 
fatti  occorsi  nel  1285  e  1297,  sono  giunte  di  mano  posteriore. 

Ora  ci  sia  lecito  formulare  un  dubbio,  che  crediamo  fondato.  I  codici  Laurenziano  e 
Parigino,  contengon  eglino  tutta  la  cronaca  di  Tomaso,  o  non  ne  scrisse  anche  una  più 
ampia  ricordata  dal  Salimbene,  come  quegli  che  la  disse  Chronicam  magnani  fecit,  quia 
muUum  abundabat  et  erat  prolixus?  Y&n^  Ta%ìom  ci  persuaderebbero  che  la  cronaca 
quale  l' abbiamo  nei  due  suddetti  codd.  non  sia  quella  a  cui  alluse  il  Salimbene,  e  quindi 
i  detti  codd.  non  conterrebbero  che  un  compendio  della  Chronica  magna,  ossia  una  seconda 
cronaca  o  compilazione  fatta  più  tardi  da  Tomaso  stesso.  E  le  ragioni  sarebbero,  che  cioè, 
in  nessuno  dei  due  codd.  abbiamo  l'autografo  di  Tomaso,  e  che  ambo  dipendono  da  uno 
stesso  codice  archetipo,  come  lo  dice  anche  il  dotto  editore  Ehrenfeuchter.  Il  cod.  Lauren- 
ziano, che  vedemmo  in  Firenze,  è  diviso  in  centuriae,  laddove  il  cod.  Parigino  è  ridotto 
in  capitoli  0  tesi:  il  che  evidentemente  mostra  due  amanuensi  o  compilatori  differenti  nella 
forma.  —  Inoltre,  Tomaso,  come  abbiamo  notato,  compilava  queste  Gesta  quando  era  già 
vecchio,  entro  gli  anni  1278-79,  ossia  qualche  anno  prima  della  sua  morte,  avvenuta  verso 
il  1280,  poiché  il  racconto  non  passa  l'anno  1279;  ora,  stando  al  Salimbene,  queste  Gesta, 
e  pel  tempo  impiegato  nel  compilarle,  e  per  la  mole  non  grande  dell'opera,  non  posson 
dirsi  Chronica  magna,  né  Tomaso  poteva  esser  tacciato  per  queste  Gesta  come  multum 
abundabat  et  prolixus.  Le  Gesta  di  Tomaso,  specialmente  nella  storia  antica,  e  per  mole 
e  per  prolissità,  non  superano  certo  il  Chronicon  del  suo  censore  Salimbene.  E  tanto  più 
che  Tomaso  preavvisa  nelle  sue  Gesta  che  «  brev^itatem  ac  proUxitatem  devitare  cupimus,  eo 
quod  brevitas  nimia  nubilum  obscuritatis  inducit  et  famem  desideriumque  sciendi  non  minuit, 
sed  incendit...;  et  ipsa  proliiitas  nimia,  debito  moderamine  non  frenata,  fastidium  logen- 
tibus  saepe  parit...  Nos  ergo  inter  paucum  et  nimium,  via  media  incedontes,  et  dicemus 
utilia,  quantum  expedire  videbimns,  et  superflua  relinquemus.  Nam  nimia  brevitate  sunt 
usi  plerique,  qui  cronicas  conscripserunt,  sed  prolixitatis  vitium  ut  plurimum  incurrerunt. 


opus  scripgisse  »  (p.  484).  Tomaso  ricorda  virente  re  Carlo  il  quale  <  usque  nunc  in  Sicilia 
regnai,  acilicet  1278,  mense  novembris  die  mensis  20  in  /etto  Helisabet  »  (fol.  152  del  cod. 
Parig.). 

(1)  Cfif.  Chron.  ed.  Parmae,  p.  212:  *  agitar  nunc  annua  1284,  in  vigilia  b.  lohannis 
BapUatae,  cura  scribimu»  ista  »  ;  e  quattro  pagine  dopo  (p.  217)  parla  dell' arciv.  Filippa  e 
di  frate  Tomaso  sotto  l' anno  1250. 


312  BIBLIOTECA 


89  qui  conscripserant  historias  »  (p.  490).  —  Crediamo  dunque  a  due  compilazioni  di  Tomaso; 
0  queste  Gesta  per  noi  non  sarebbero  che  un'  opera  diversa  o  un  compendio  della  sua 
Chronica  magna  ricordata  dal  Salimbene. 

Un  cod.  membranaceo  S.  Antonii  de  Urbe,  del  secolo  XIV  (1)  contiene  un  lungo 
brano  di  quattro  colonne  sulla  vita  di  frate  Stefano  compagno  di  S.  Francesco  ;  brano  che 
il  coù.  attribuisce  a  frate  Tomaso  da  Pavia  Ministro  provinciale  in  Toscana,  e  che  cre- 
diamo lo  abbia  egli  estratto  da  qualche  cronaca  di  Tomaso  oggi  a  noi  sconosciuta.  Questo 
racconto  di  Tomaso  sulla  vita  di  frate  Stefano  occupa  nel  citato  cod.  i  fogli  58  v.  2.  — 
59  V.  2.,  in  parte  conosciuto  dal  Mariano  e  dal  Waddingo  (2),  fu  da  noi  riportato  per  esteso 
più  sopra,  sotto  il  n.  34  a  p.  127-28. 

1282  —  Fr.  Matteo  Vicario  del  Ministro  provinciale  di  T.  S,,  Pr.  Giacomo 
dì  Antiochia  guardiano  del  convento  de'PF.  Minori  di  IVipoli,  e  fr.  Ugo  Minorità 
vescovo  di  Gibelet  in  Sìria,  trovansi  presentì  in  un  processo  tra  i  Tenìplàri  e  il  prin- 
cipe di  Antiochia  (3). 

1284  —  Minoriti  e  Domenicam  venuti  dall'  Oriente.  —  <  Item  millesimo 
supraposito  (1284)  alii  insonuerunt  rumores.  Dicunt  enim  veridici  relatores,  qui  de 
ultramarinis  partibus  nuper  venerunt,  scìlicet  fratres  Minores  et  Praedicatores,  Inter 
Tartaros  et  Saracenos  foro  factam  maximam  novitatem.  Ajunt  enim  qnod  filius  Begis 
tartarorum  defuncti  surrexit  in  praelinm  centra  patruum,  qui  regnabat,  et  adhaeserat 
saracenis,  et  occidit  eum,  et  saracenorum  multitudinem  nimiam  interfecit:  insuper 
mandavit  Soldano  Babjloniae  ut  fngiat  in  Aegiptum:  alioquin  occidet  eum,  si  eum 
ceperit,  cura  veniret  ad  partes  suas,  ad  quas  intendit  festinanter  venire:  proponit 
enim,  ut  dicitur,  esse  in  sabbato  sancto  in  Hierusalem,  et,  si  viderit  ignem  descen- 
dentem  de  coelo,  ut  asserunt  christiani,  promittit  se  occisurum  omnes  agarenos  quos 
poterit  invenire.  Nam,  antequam  iret  ad  praclium  jam  praefatum  cnm  georgiauis  et 
ceteris  christianis,  quibus  adhaesit,  fecit  fieri  monetam,  et  ex  una  parte  sepulchrum, 
et  ex  alia  litteras  continentes:  In  nomine  Patris  et  Filii  et  Spiritiis  saneti;  fecit 
etiam  vexilla  et  arma  crucis  signaculo  insigniri,  et  in  Crucifixi  nomine  de  sara- 
cenis et  tartaris  sibi  contrariis  duplicem  stragem  fecit.  Hoc  autem  audientes  Sol- 
danus  Babyloniae  et  àgafeni  sibi  subjecti,  qui  festinabant  in  adjutorium  tartarorum, 
recesserunt,  velociter  fugiendo,  ne  et  ipsi  male  perirent  eum  inimicantibus  christianis. 
Explicit»  (Salimb.  Chron.  p.  308).  —  Cfr.  Tournebize  Hist.  polit.  et  reUg.  del'  Ar- 
menie in  Èevue  de  V  Orient  Chrétien  An.  1905,  p.  370. 

1286  —  Pr.  GelebertO  Custode  de*  Frati  Minori  in  Siria. 

90  Frate  Geleberto,  Custode  della  Custodia  di  Siria  o  della   Terra   Santa  (4),  risiedeva 

probabilmente  nel  gran  convento  di  Acri,  come   risulterebbe   da   un   documento   di   quei 
tempi  (5).  —  Geleberto  fu  presente  con  altri  Minoriti  ad  una  convenzione  conchiusa  tra 


(1)  È  una  miscela  preziosa  sulla  vita  di  S.  Francesco,  e  de' suoi  compagni  ecc.,  compilata 
su  antiche  memorie,  ed  è  tra  i  codd.  S.  Antonii  de  Urbe,  in  parte  illustrato  dal  P.  Lemmeng 
O.  F.  M.  nei  Documenta  antiqua  franeiscana  III  p.  72-73. 

(2)  Annales  t.  IV  p.  92,  an.  1258  n.  9. 

(3)  Vedi  Mas  Latrie  Hist.  de  Chypre  t.  Ili  p.  662-67,  e  p.  673  n.  1.  —  C£p.  nostra  Serie 
cronologica  de'  Superiori  di  T.  S.  num.  10. 

(4)  Come  sappiamo,  la  Provincia  di  Terra  Santa  si  suddivideva  in  due  Custodie,  una 
di  Siria  e  una  di  Cipro,  con  proprii  Custodi  residenti  in  uno  dei  conventi  principali  della 
rispettiva  Custodia,  e  ambo  dipendenti  dal  Ministro  Provinciale  di  Terra  Santa  o  di  Sìria. 

(5)  Cfr.  Bohricht  Sgria  sacra  in  ZeUschr.  des  Deuisch.  Paiaest.  Verein»  t.  X  p.  22. 


SECOLO  xm.  313 


Enrico  II  re  dì  Cipro  e  di  Gerosalemme  e  i  militi  del  re  di  Francia.  Nel  documento  redatto    OC 
dalle  due  parti  egli  è  detto  «  Gelébertus  Custos  Minorum  (1)  » . 

1286  f  —  Albertus  Milioli  3^  Ord.  S.  Frane:  -—  i.  Liber  de  temporibiis 
et  aetatibus  ab  an.  1-1286.  —  Memoriale  Potestatum  civitatis  Reglnae 
1154-1286.  —  Oontinuatio  Begrina  1285-1290.  —  G-esta  obsidionis  Damiatae  : 
1218  mai. -1219  nov.  5.  —  2.  Chronica  Imperatonim  Latinorum  et  Grae- 
oorum,  et  Regum  Longrobardorum  et  alianun  nationTim,  usque  ad  an.  1213. 
—  Et  additamenta  varia. 

Alberto  Milioli,  cronista  ^n  qui  sconosciuto,  e  perchè  appartenente  al  terz^  Ordine  91 
nostro  e  perchè  abbondante  compilatore  di  memorie  sull'Oriente,  merita  alcuni  cenni  in 
questa  nostra  biblioteca,  cenni  che  riassumiamo  dalla  lunga  e  dotta  prefazione  che  il  eh. 
Holder-Egger  premise  alle  suddette  opere  del  Milioli,  edite  recentemente  e  quasi  integra- 
mente (2)  con  impareggiabile  erudizione  nei  Monumenta  Germaniae  historica,  Scriptorum 
t.  XXXI,  praef.  pp.  235-352,  e  testo  pp.  353-668  (Hannover  et  Lipsiae  1903). 

Alberto,  figlio  di  Grerardo  Milioli,  nacque  verosimilmente  non  molto  prima  del  1220, 
cioè  contemporaneamente  a  frate  Salimbene  (nato  1221),  poi  suo  amico,  suo  confessore  e 
suo  maestro  in  religione  e  in  istoria.  Nel  1242  lo  vediamo  in  officio  di  sacri  palatiinó- 
iarius  in  Beggio  d'Emilia  sua  patria.  Per  ordine  del  Podestà  di  Beg^io,  dal  1265  sino 
quasi  al  1273,  egli  raccolse  ed  ordinò  in  bella  forma  oltre  quattordici  libri  degli  statuti 
della  città,  tutt'oggi  conservati  in  quell'archivio  di  Stato.  Alcuni  anni  dopo  il  1273,  la- 
sciato forse  l' officio  di  notaro,  diedesi  Alberto  a  compilare  cronache  e  le  memorie  di  sua 
patria.  In  questo  frattempo  egli  conobbe  il  nostro  ormai  celebre  frate  Salimbene  degli 
Adami  che  nel  1281  era  venuto  di  &miglia  nel  convento  di  Beggio  e  dal  quale  si  ebbe 
non  pochi  incoraggiamenti  e  materiali  pel  lavoro. 

n  eh.  critico  Alfredo  Dove  (3)  che  egregiamente  illustrò  il  cronicon  di  Salimbene  e 
utilizzò  i  manoscritti  del  Milioli  (che  egli  non  conosceva  di  nome),  li  giudicò  lavoro  di  un 
Minorità.  L' Holder-Egger  però  nega  che  il  Milioli  in  età^axanzata  siasi  fettto  mai  Mino- 
rità, ma  concede  come  probabile  che  egli  fosse  ascritto  al  terz' Ordine  di  S.  Francesco, 
come  quegli  che  mensilmente,  secondo  il  prescritto  della  regola,  e  puntualmente  si  confes- 
sava dal  suo  intimo  e  amico  frate  Salimbene.  E  là,  ove  Alberto  sembra  parli  come  fosse 
Minorità  (p.  567-68),  consta  non  essere  cbe  un  brano  della  cronaca  del  Salimbene  che 
egli  abbondantemente  ricopiò  nella  sua.  Checché  ne  sia,  «  il  pio  e  buon  *  Alberto  lasciava 
questa  vita  e  l'amico  Salimbene  verso  la  fine  del  1286,  come  si  congettura;  che  certo 
dopo  il  1287  egli  non  viveva  più. 

Ora  diamo  qualche  cenno  della  sua  opera  «  opus  mirum  et  monstruosum  »  come  la 
qualifica  il  dotto  critico  editore  (p.  336);  che,  Alberto  *stupendae  simpUcitatis  fuit,  rudis, 
Unguae  lati/noe  ignarus»,  e  quindi  *qualis  auctor,  tale  opus  eius  »  (p.  338). 


(1)  Cfìr.  Mas  Latria  Hiatoire  de  Chypre  t.  Ili  p.  671.  —  E  qui  intendiamo  annullata 
tutta  la  nota  che  trovasi  nella  nostra  Serie  cronol.  de' Superiori  sotto  il  num.  11  a  p.  7,  a 
proposito  di  un  certo  fr.  Giacomo  che  fu  realmente  Ministro  provinciale  circa  il  1290  come 
vedremo  a  suo  luogo. 

(2)  Il  dotto  editore  credè  bene  di  lasciare  nell'  oblio  il  Librum  ponUficalem  pieno  di 
mende  e  già  edito  nella  cronaca  di  Giovanni  de  Deo  (ibid.  p.  301-324)  e  del  quale  si  è 
servito  Alberto. 

(3)  Die  Doppelchromìeon  von  Beggio  und  die  Q,tieUen  Salimbene' s;  Lipsia  1878. 


314  BIBLIOTECA 


Tanta  semplicità  però  e  rozzezza  non  offese  punto  l' ingenuità  e  la  sinceHtà  di  Alberto 
fedele  compilatore,  alla  diligenza  del  quale  oggi  la  critica  deve,  come  al  Salimbene, 
buona  parte  del  testo  puro  della  cronaca  maggiore  di  Sicardo,  che  dicesi  smarrita  (1),  e 
che  egli  si  ebbe  dall'amico  Salimbene,  si  da  schiarirci  oggi  non  poco  le  fonti  antiche  e 
recenti  d'onde  attinse,  e  che  ora  si  conoscono  e  giudicano  meglio.  Ad  Alberto  in  modo 
particolare  dobbiamo  il  lungo  periodo  di  anni  1-1167  contenuto  nel  racconto  che  si  la- 
menta perduto  della  Cronaca  Sicardo-Salimbeniana,  come  egregiamente  provò  il  citato  A. 
Dove  (2),  e  pienamente  consente  l' editore  di  Alberto  (3). 

Salimbene,  come  viensi  ora  a  sapere  di  certo,  aveva  rifuso  nella  sua  cronaca  grande 
quasi  tutto  il  testo  di  Sicardo,  specialmente  la  cronaca  maggiore  di  lui,  oggi  desiderata; 
e  siccome  per  maggior  sfortuna,  i  primi  207  fogli  del  cod.  Vaticano  che  contenevano  il  rac- 
conto di  Salimbene  sino  al  1167,  andarono  anch'essi  miseramente  perduti,  così  dobbiamo 
ad  Alberto  le  reliquie  di  questa  parte  perduta  del  prezioso  cronicon  Sicardo-Salimbeniano 
dal  quale  egli  copiò  ed  inseri,  prima  alcuni  brani,  nei  margini  del  suo  Liber  de  tempo- 
ribus, e  poi  rifuse  compilando  con  esso  la  massima  parte  della  sua  Chronica  Impera- 
torum  (4).  «  Edimus,  dice  l' Holder,  Sicardi  chronicam  quae  extat,  sed  libros  Alberti 
MilioU  et  fratris  Salimbene  adhibuimus  ad  illius  textum  restituendum  »  (p.  76). 

Ma  anche  gli  Orientalisti  dovran  esser  grati  all'ingenuo  compilatore  Alberto,  so  non 
altro  per  averci  conservato  due  nuovi  cimeli,  uno  leggendario  e  l'altro  storico  riguar- 
danti r  Oriente.  —  Il  primo  è  la  leggenda  De  vindicta  passionis  Jesu  Christi  facta 
super  ludaeos  ab  imperatoribus  Tito  et  Vespasiano  in  civitate  Jerusalem,  inserita  da 
Alberto  al  cap.  Ili  del  suo  Liber  de  Temporibus  (a  p.  373-79),  e  che  per  forma  o 
compilazione  differisce  dai  testi  noti  e  pubblicati  dal  Tischendorf  (5).  —  La  seconda 
operetta,  tutta  storica  e  di  somma  importanza  per  la  storia  delle  crociate,  è  un  nuovo 
testo,  0  a  meglio  dire  una  nuova  compilazione  delle  famose  Gesta  obsidionis  Damiatae 
1218-1219. 

Delle  G«sta  obsidionis  Damiatae,  sulle  quali  c'interessa  formarci  un  tantino,  si 
conoscono  fin  qui  cinqm  differenti  testi  o  compilazioni,  tutte  e  cinque  del  sec.  XIII,  una 
sola  perduta  cioè  il  testo  originale,  e  le  altre   quattro  ora  le  abbiamo  collettivamente  e 


(1)  Il  testo  della  cronaca  universale  di  Sicardo  ricostruito  dall' Holder- Egger  deve  senza 
dubbio  avvicinarsi  assai  al  testo  originale  oggi  perduto.  Van  Ortroy  ÌD'Analecta  BoUandiana 
t.  XXII,  p.  358. 

(2)  Doppelchronikon,  p.  79-109. 

(3)  Praef.  p.  75:  il  quale  anche  ammette,  di  più  che,  oltre- il  cronicon  Sicardo-Salimbe- 
niano, Alberto  usò  in  alcuni  luoghi  il  testo  puro  di  Sicardo  datogli  dal  Salimbene. 

(4)  Il  Muratori  giudicando  questa  Chronica  Imperatorum  (che  a  noi  piacerebbe  chiamare 
Sicardo-Salìmbene-Albertìna)  opera  di  Sicardo  con  giunte  altrui,  la  pubblicò  nei  Scriptores 
rerum  italic.  t.  VII,  col.  529-626  (d' onde  passò  poi  nel  Migne  Patr.  Lai.  t.  213  col.  437-540) 
€resectÌ8  quae  nativitatem  Christi  praecedunt,  e  codicibus  biblioteca^  Vmdobonerm  et  Extenn  • , 
ma  eoa  non  poche  mende  e  mutilazioni.  Poi  {ib.  t.  Vili  col.  1073-1174)  pubblicò  come  ano- 
nimo anche  il  Memoriale  potestatum  Regienaium  del  nostro  Alberto,  che  altri  credettero  di 
attribuire  al  Salimbene  perché  vi  scorsero  lunghi  brani  del  suo  Cbronicon,  come  il  Balzani 
{Le  Cronache  italiane  nel  medio  Evo,  Milano  Hoepli  1884  p.  249)  e  il  dotto  Tabarrini  {Studi 
di  critica  storia  p.  87),  e  prima  di  loro  l' eruditissimo  P.  AflFò  Ord.  Min. 

(5)  Evangelia  apocryphà  ed.  2  (Lipsiac  1885)  p.  471-86;  e  cfr.  p.  CXXXII  s.  —  Vedi 
un  bel  lavoro  con  un  testo  italiano,  edito  dal  giovane  Mich.  0.  Tirrito  sotto  la  direzione 
del  eh.  prof.  Guido  Mazzoni  che  lo  pubblicò  nelle  pregiate  sue  Esercitazioni  sulla  letteratura 
religiosa  in  Italia  nei  sec.  XIII  e  XIV,  Firenze,  Alfìini  1905,  p.  301-342. 


SECOLO  xin.  315 


con  più  severa  critica  edite  dall'  Holder-Egger  nel  31  volume  dei  citati  Monumenta  Ger- 
manìae  historica. 

1"  Il  primo  testo  ufficiale,  compilato  senza  dubbio  giorno  per  giorno  da  uno  del  clero 
italiano  che  segui  il  Card.  Pelagio  all'  assedio  di  Damiata,  oggi  lo  si  crede  perduto,  e  non 
lo  si  riconosce  che  nei  brani  più  o  meno  fedelmente  riprodotti  dai  quattro  seguenti  com- 
pilatori, che  lo  rimaneggiarono  e  rifusero  nelle  loro  singole  relazioni  con  giunte  più  o  meno 
abbondanti  ricavate  da  altre  memorie.  Consta  che  tutti  e  quattro  ebbero  sott'  occhio  e  per 
guida  questo  primo  testo  ufi&ciale  oggi  smarrito. 

2"  Il  secondo  testo,  che  l' Holder-Egger  vuole  sia  compilazione  di  un  autore  svevo 
0  tedesco  del  secolo  XIII  (1),  ha  per  titolo  Liber  Duelli  christiani  in  ohsidione  Damiatae 
exacti:  mai.  1218-1220  fébr.  (nei  cit.  M.  G.  H.  t.  31  p.  675-705  occupa  le  pagine  a 
destra).  Dal  tenore  del  testo  (cfr.  cap.  4  e  17  pp.  681  e  699)  l'autore  fu  certo  presento 
all'assèdio,  o  verosimilmente  egli  fu  uno  del  clero  tedesco;  e  senza  dubbio  ebbe  sotf  occhio 
il  primo  testo  originale  da  lui  rifatto  in  miglior  forma  latina  e  continuato  sino  ai  fatti 
de' 2  febbraio  1220. 

3»  Il  terzo  testo,  col  titolo  di  Gesta  obsidionis  Damiatae  mai.  1218-1220  febr.  2 
(in  cit.  M.  G.  H.  p.  674-704,  occupa  le  pagine  a  sinistra)  è  d'un  tale  che  si  dice  sa- 
cerdote Joannes  de  Tulbio  (da  Tolve  di  Potenza)  che  non  si  sa  se  fu  autore  o  copista 
delle  Gesta,  e  se  "fu  o  non  fu  presente  ai  fatti;  poiché  egli  non  fa  che  inserire  nel  suo, 
brani  del  testo  primo  ufficiale  perduto,  mutandolo  in  alcuni  punti,  trasponendo,  corrom- 
pendo, omettendo  fatti,  e  poche  cose  aggiungendo.  Egli  segue  il  secondo  testo,  il  Liber 
duelli,  e  come  questo  termina  il  suo  racconto  il  2  feb.  1220  (2). 

4'*  Il  quarto  testo,  collo  stesso  titolo  di  Gesta  obsidionis  Damiatae  :  mai.  1218-1219 
nov.  5  (in  cit.  M.  G.  E.  p.  463-503  nelle  pagine  a  destra)  viene  attribuito  al  notaio 
piacentino  Giovanni  Codagnello  noto  compilatore  del  Chronicon  Placentinum  ab  an.  1012 
usque  ad  an.  1235,  il  quale  non  sappiamo  se  fa,  e  verosimilmente  non  fu  presente  all'  as- 
sedio (3).  Fra  tutti  i  compilatori  delle  Gesta,  Codagnello  «  infimus  tenendus  est  »,  come 
quegli  che  colla  sua  solita  vana  verbosità  aumentò,  esagerò,  corruppe  e  con  finti  racconti 
adulterò  il  puro  testo  del  primo  autore  italiano.  Quindi  non  è  da  credergli  ciecamente  là 
ove  non  concorda  con  gli  altri  compilatori  o  con  altre  fonti.  Egli  termina  le  sue  Gesta 
ai  5  nov.  1219,  il  che  sarebbe  un  argomento  che  egli  non  ebbe  il  testo  de' due  precedenti, 
ma  il  testo  primitivo  del  chierico  Italiano  e  qualche  altra  relazione,  seppure  non  vogliamo 
congetturare  col  Huillard-Bréholles  che  il  testo  Codagnelliano  provenga  dal  seguente  testo 
Albertino,  congettura  che  non  piacerebbe  ai  dotti  critici  Holder  e  Rohricht  che  dan  la  pre- 
cedenza di  tempo  al  testo  Codagnello. 

ò"  Il  quinto  testo  intitolato  pure  Gesta  obsidionis  Damiatae,  mai.  1218-1219  nov.  5, 
(in  cit.  M.  G.  H.  p.  462-502  nelle  pagine  a  sinistra)  è,  come  vuole  l' Holder-Egger,  tutta 
compilazione  del  nostro  Alberto  Milioli,  perchè  da  esso  inserito  nei  cap.  219-220  del  suo 


(1)  Lo  stesso  giudica  il  eh.  R.  Rohricht:  Quinti  belli  sacri  scriptores  minoì'es  t^.'KXWW, 
ove  a  pp.  141-66  ci  pubblica  il  Liber  Duelli  dallo  stesso  cod.  di  Heidelberg  segnato  Salem 
g.  29,  ma  con  minor  cura  dell' Holder. 

(2)  Il  testo  del  da  Tolve  fu  pubblicato  per  la  prima  volta  dal  cit.  Rohricht  Quinti  belli  etc. 
(Genevae  1879)  p.  117-40  dallo  stesso  cod.  Harleiano  n.  108  del  Museo  Britannico,  ma  da 
una  copia  non  troppo  fedele. 

(3)  Huillard-Bréholles  Clironicon  Placentinum  (Paris  1856)  Pref.  p.  XVH-XX,  crede 
che  queste  Gesta  furono  aggiunte  dal  copista  al  cod.  della  Cronaca  di  Codagnello,  e  perciò 


316  BIBLIOTECA 


01  Liber  de  temporibus,  o  più  precisamente  nella  seconda  parte  di  questo  Liber  che  ha  per 
titolo  Memoriale  Potestatum  civitatis  Beginae  ab  an.  1154-1286,  dandogli  il  luogo  dopo 
l'anno  1219  di  esso  Memoriale  (1) .  Secondo  lo  deduzioni  più  o  meno  fondate  dell' Holder- 
Egger,  Alberto  avrebbe  avuto  tra  le  mani  un  altro  testo  sconosciuto  e  perduto,  cioè  una 
seconda  relazione  originale  che  riassumeva  in  sé  oltre  il  testo  della  prima  ufficiale  molte 
altre  notizie  assai,  tutte  serie  e  notevolissime  e  degne  di  fede,  perchè  confermateci  da  Oli- 
vero e  dall'  autore  fragmenti  Provincialis,  sì  da  dover  facilmente  credere  a  tutto  il  resto 
del  racconto  che  l' autore,  pure  italiano,  avrebbe  compilato  sotto  Damiata.  Ora  questa  re- 
lazione, che  noi  diremmo  seconda  (e  perduta  come  la  primu  ufficiale),  sarebbe  stata  da 
Alberto  inettamente  rimpastata  e  confusa  col  testo  Codagnelliano,  senza  badar  tanto 
all'ordino  e  serie  de' fatti  distinti.  Utinam  Albertus  Milioli  (conclude  l'editore)  hunc  li- 
iellum  deperditum  scriptoris  itali  integrum  descripsisset  !  Sed  grates  ei  agimus,  quod 
auctor  inscitus  partes  huius  haud  parvas  satis  fideliter,  etsi  negligenter,  descriptas  ser- 
vaverit,  et  quod  magnas  partes  libelli  Codagnelliani  ex  codice  bono  exscripserit,  ex  quo 
cvenit,  ut  eius  ope  multa  menda  codicis  nostri  Parisini  (Codagnelli)  tollere  potuimus  » 
(p.  673).  Il  testo  quindi  di  Alberto  è  il  ^iù  abbondante  e  più  minuto  degli  altri  compi- 
latori, come  quello  che  contiene  in  sé  e  la  prima  relazione  ufficiale  comune  a  tutti,  e  buona 
parte  della  mentovata  seconda  relazione  posseduta  dal  solo  Alberto;  e  termina  il  racconto 
col  Codagnello  ai  5  nov.  1219  (2). 

In  ultimo,  senza  pregiudicare  al  merito  di  Alberto,  né  contradire  il  giudizio  del  eh. 
Holder-Egger  e  di  altri,  ci  sia  lecito  porre  un  quesito.  È  poi  certo  che  si  debba  tutta  ad 
Alberto  la  compilazione  di  queste  Gesta  che  egli  inserì,  quasi  fuor  di  luogo  e  scopo,  nel 
suo  Memoriale  Potestatum  civitatis  Beginae?  Il  eh,  Alfredo  Dove  (3),  cui  pienamente 
consente  il  dotto  editore  di  Alberto  (4),  provò  ad  evidenza  che  Alberto  non  fece  che  rac- 
cogliere, copiare  ed  ordinare  in  un  corpo  tutta  la  parte  del  Memoriale  dal  1154  sino  al 
1273,  composta  già  da  altri  cronisti  di  Reggio,  e  che  lui  non  compose  realmente  che  la 
sola  parte  contenuta  tra  gli  anni  1273-1281.  Ora  le  Gesta  appunto  entrano,  e  senza  al- 
cuna ragione,  nel  periodo  del  1219,  tra  le  memorie  cioè  da  Alberto  raccolte,  ma  non  da 
esso  composte.  Quindi,  siccome  sappiamo  che  Alberto  usufruì  del  materiale  datogli  da  frate 
Salimbene  e  dalla  Cronica  di  lui  copiò  e  se  ne  servì  abbondantemente  (5)  ;  non  senza  qualche 
fondamento  possiamo  avanzare  una  nostra  idea  ed  attribuire  al  Salimbene  almeno  la  pa- 
ternità del  testo  della  seconda  compilazione,  oggi  perduta,  e  da  Alberto  usata  e  rimaneg- 
giata col  testo  di  Codagnello.  Checché  ne  sia,  per  ora  dobbiamo  ad  Alberto  uno  dei  più 
preziosi  monumenti  della  storia  delle  Crociate. 


(1)  Questo  Memormle  colle  unite  Gesta  obs.  Pamiatae  furono  pubblicate  per  la  prima 
volta  dal  Muratori  Script,  rer.  ital.  t.  Vili  col.  1071-1180,  ma  con  molte  mende  ed  omis- 
sioni, e  gìudicoUe  opera  d'un  Minorità. 

(2)  Dall'  intimità  che  vi  é  tra  il  testo  Albertino  e  quello  di  Codagnello,  fu  indotto  senza 
dubbio  il  eh.  Ròhricbt  a  rifondere  i  due  testi  in  uno  e  pubblicarli  in  Quinti  belli  sacri  seri- 
ptores  minorcs  p.  71-115,  preferendo  or  l' uno  or  l' altro,  e  ponendo  in  nota  le  varianti  ;  modo 
che  non  piacque  ad  alcuni  critici  tra  i  quali  l'Holder,  e  ben  a  ragione. 

(3)  Op.  cit.  p.  68-85  ap.  Holder-Egger  M.  G.  H.  p.  346. 

(4)  Praef.  p.  338  e  346. 

(5)  Oltre  quanto  abbiamo  detto  più  sopra,  Alberto  trascrisse  nella  sua  opera  tutta  la 
parte  del  1281-84  che  nel  ms.  dì  Salimbene  corrisponde  ai  foli.  420  438;  cosi  pure,  giudica 
r  Holder-Egger,  son  brani  di  Salimbene  le  vite  di  Niccolò  III  e  di  Martino  V  che  Alberto 
inserì  nei  cap.  290,  298,  e  tanta  altra  parte  che  tratta  dei  Minori  e  dei  fatti  d'Oriente. 


SECOLO  xm.  317 


1287  —  Pr.  Salimbene  de  Adaan  (1221-1200?):  —  Chronica  fratria  Saiim- 
bene  Parmensis  Ordinis  Minorum,  ex  Codice  Bibliothecae  Vaticanae  ntinc 
prìmum  edita.  (Parmae,  Fiaccadori  1857). 

*  Un  volume  in  4"  di  pp.  XIV-424  (1).  —  In  attesa  djella  nnova,  complela  e  critica 
edizione  del  cod.  Vaticano  unico  e-  autografo  (lat.  n.  7260  sec.  XIII)  della  cronica  Salim- 
beniana  promessaci  dal  eh.  Holder-Egger  pel  32"  tomo  de'  Monumenta  Germaniae  histo- 
rica,  siamo  costretti  di  servirci  per  ora  della  meschina  e  monca  edizione  del  Fiaccadori, 
curata  con  mediocre  cura  dalla  società  editrice  de'  Monumenta  ad  provincias  Parmensem 
et  Placentinam  pertìnentia,  contenta  di  pubblicare  la  meschina  copia  che  dal  cod.  Vaticano 
ricavò  l'abate  Amati  sotto  la  guida  di  Mons.  Gaetano  Marini.  Gli  editori  giustamente  si 
lagnano  che  il  Marini  avesse  riputato  inutile  trascrivere  dal  cod.  Vaticano  «  alcuni  trat- 
tatelli,  dei  quali  la  cronaca  ne  porge  intitolazioni  valevoli  a  suscitare  i  nostri  e  desideri 
e  lamenti,  parecchie  canzoni  popolari  e  satire,  ed  altro  ;  il  che  tutto  avrebbe  valso  almeno 
a  vieppiù  dichiarare  lo  spirito  de' tempi  intorno  a  cui  la  Cronaca  stessa  si  aggira.  Ciò 
nulla  meno,  la  Dio  mercè,  tanto  ne  rimane  da  renderla  uno  stupendo  monumento».  Ma 
questo  veramente  stupendo  monumento  lo  giudicheranno  i  dotti  quando  uscirà  completo  nei 
citati  Monum.  Germaniae  corredato,  come  ne  siam  certi,  di  critica  imparziale,  e  con  nuovi 
dati  bio-bibliografici  su  Salimbene  che  oggi  ignoriamo  (2). 

Per  noi  il  Salimbene  è  una  delle  più  antiche  e  più  abbondanti  fonti  storiche  per 
r  Oriente,  come  quegli  che  ci  lasciò  belle  pagine  sulla  vita  di  molti  francescani  missionari 
in  Terra  Santa  e  nel  resto  dell'  Oriente  (3)  ;  ed  è  perciò  che  diamo  qui  alcuni  cenni  della 
sua  vita  e  specialmente  delle  sue  opere,  che  fino  ad  oggi  tutte  (salvo  parte  della  sua 
grande  cronaca)  sono  0  sepolte  nell'oblio  0  disgraziatamente  perdute!  —  Ma  si  domanderà: 
fu,  0  non  fu  egli  mai  in  Oriente  ?  Egli  non  ce  lo  dice  chiaramente,  né  sappiamo  se  nelle 
altre  sue  tre  cronache  perdute,  accenni  0  no  a  qualche  suo  viaggio  in  quelle  regioni,  che 
dovevano  certamente  solleticare  la  mente  sua  irrequieta  e  desiosa  di  vedere,  conoscere 
e  prender  nota  di  persone  e  cose  da  esso  illustrate.  Qualche  tempo  prima  del  1247,  quando 
egli  aveva  appena  compiti  i  cinque  lustri,  frate  Enrico  da  Pisa  Ministro  provinciale  della 
Grecia  e  di  Terra  Santa,  suo  grande  amico,  gli  aveva  ottenuta  1'  obbedienza  di  seguirlo 
in  Oriente;  ma  morto  lui,  non  vi  andò:  «Frater  Henricus  Pisanus  intimus  meus  amicus... 
longe  plus  me  dillgebat  quam  germanum  et  proprium  fratrem.  Hic  factus  Ministcr  in 


(1)  Carlo  Cantarelli  ne  diede  una  versione  italiana  Cronaca  di  fra  Salimbene  Parmi- 
giano... corredata  di  note  e  di  un  ampio  indice  per  matei'ie  (l'arma,  lìattei  1882,  due  voi. 
in  8"  picc.  di  pp.  XV-3-49  e  370).  «  Infelice  traduzione  »  è  detta  dal  Nevati  nel  Giornale  Sto- 
rico della  lett.  ital.  I  (1884)  409. 

(2)  Dopo  aver  compilato  questo  articolo  sul  Salimbene,  il  eh.  Holder-Egger  con  animo 
squisitamente  gentile  regalava  al  nostro  Collegio  di  Quaracchi  le  desiderate  primizie  del  suo 
dotto  lavoro,  la  prima  parte  cioè  della  Cronaca  Salimbeniana,  testé  appena  terminata  ma 
non  ancora  pubblicata.  Il  bel  volume  in  4°  di  pp.  1-360  contiene  integri  e  senza  lacune  tutti 
i  primi  208a-359b  fogli  dell'originale  Vaticano,  cioè  sino  a  circa  il  1250  iniziato,  parte 
che  neir  ediz.  del  Fiaccadori  corrisponderebbe  alle  pp.  1-176,  oltre  il  liber  de  Praelafo  che 
il  vecchio  editore  volle  rilegare  in  calce  della  sua  ediz.  a  p.  401-14.  L'  Holder-Egger  ci  fe 
sperare  che  la  seconda  parte  del  suo  lavoro,  di  maggior  mole,  uscirà  nel  venturo  anno  1907. 

(3)  Belle  ed  importanti  pagine  che  noi  sempre  riproducemmo  corredate  di  note,  dispo- 
nendole sotto  il  loro  rispettivo  anno  in  questa  Biblioteca. 


318  BIBLIOTECA 


92  Graeda,  quae  est  provincia  Bomaniae,  mihi  ohedientialem  Utteram  dedit,  per  quam 
possem,  si  mihi  piacerei,  ire  ad  eum  et  esse  de  provincia  sua,  cum  quocumque  socio  vo- 
luissem.  Insuper  et  promisit  mihi  Bibliam  se  daturum  et  alios  libros  multos.  Sed  non 
ivi  quia  eodem  anno,  quo  pervenit  illuc,  uUimum  diem  clausit.  Obiit  autem  in  quodam 
provinciali  capitulo  celebrato  Corinthi,  in  quo  loco  sepultus  requievit  in  pace»  {Chron. 
p.  67).  Né  sappiamo  se  più  tardi  vi  si  recò.  Un  sospetto  ne  avremmo  là  ove,  nella  stessa 
cronaca,  parlando  della  grotta  di  Santa  Maria  Maddalena  da  lui  visitata  presso  Marsiglia 
vi  notò  una  sorgente  che  egli  dice  formata  «ad  modum  fontis  Siloe»  (p.  292).  Come  egli 
appella  alla  celebre  fontana  di  Gerusalemme  ?  Questo  però,  nulla  proverebbe  in  proposito. 

1.  —  Cenni  biografici.  —  Nacque  Salimbene  in  Parma  il  9  di  ottobre  del  1221  da 
Guido  di  Adamo  e  da  Imelda  di  Cassio. 

Suo  padre,  uomo  di  guerra,  aveva  preso  la  croce  e  militato  in  Oriente  con  Baldovino 
conte  di  Fiandra  (1).  La  madre,  donna  umile  e  divota,  mori  monaca  in  S.  Chiara  di  Parma 
(p.  22),  come  quasi  tutti  1  suoi  più  prossimi  parenti  i  quali  avevano  abbracciato  o  il  primo 
0  il  secondo  Istituto  francescano.  Salimbene,  quindicenne  appena,  fu  ricevuto  all'  Ordine 
da  frate  Elia,  vestendo  V  abito  (4  feb.  1238)  a  Fano  (p.  12).  Passati  vari  anni  nei  conventi 
di  Toscana  (Lucca  1239-41,  Siena  1241-43,  Pisa  1243-47,  Pistoia  1247),  nel  1247  lo  ve- 
diamo recarsi  a  Lione  da  Papa  Innocenzo  IV,  che  lo  accolse  molto  amorevolmente,  perchè 
gli  era  conosciutissimo  e  quasi  parente  (p.  25-6)  ;  nella  quale  occasione  il  Papa  lo  nominò 
predicatore,  conferendogli  anche  vari  favori  e  grazie.  In  Francia  (1  nov.  1247-1249  apr.), 
Salimbene  percorse  e  visitò  molti  conventi  do'  nostri,  e  a  Sens  conobbe  il  celebre  fra  Gio- 
vanni da  Piancarpino,  il  quale  allora  ritornava  dalla  Tartaria  ove  era  stato  inviato  da 
Innocenzo  IV  (p.  83-88).  Infermatosi  a  Sens,  passò  al  convento  di  Auxerre  per  rimettersi 
in  salute;  e  per  la  Pentecoste  del  1248,  lo  rivediamo  ritornare  a  Sens,  ove  il  Ministro 
generale  fr.  Giovanni  da  Parma  celebrava  il  capitolo  provinciale,  presente  anche  il  Santo 
monarca  Luigi  IX  colà  venuto  coi  suoi  tre  fratelli,  per  raccomandarsi  alle  preghiere  de'  frati 
pria  di  porsi  in  cammino  per  1'  Oriente  (p.  92-94).  Nello  stesso  anno  1248,  sceso  a  Ge- 
nova, venne  consacrato  sacerdote  (p.  144);  e  poi  lo  rivediamo  di  nuovo  percorrere  la 
Francia  (p.  146),  e  di  nuovo  a  Genova  nel  1249  (p.  148).  Nel  giugno  dello  stesso  anno, 
ritornò  a  Parma,  ove  stette  cei'to  fino  agli  ultimi  del  1250  (p.  185-86),  testimone  del- 
l' attentato  di  Uberto  Pallavicino  che  volle  impossessarsi  della  città  dopo  la  morte  di  Fe- 
derico II,  e  introdurvi  i  Ghibellini.  In  questa  circostanza,  quando  altri  nasconde van  le  cose 
più  preziose,  Salimbene  nascose  i  suoi  libri  :  «  abscondi  libros  meos  » .  Nello  stesso  anno 
1250  (decembre?)  passò  a  Ferrara,  ove  si  fermò  sette  anni  interi,  intento  a  scrivere  e 
comporre  cronache  e  trattati.  Di  fatto,  egli  ci  assicura  che  in  detto  anno  compilò  la  Cro- 
naca che  comincia  Octavianus  Caesar  Augustus  (p.  90,  159-60),  e  probabilmente  ivi  pure 
compilò  le  altre  due  cronache  delle  quattro  che  scrisse  (p.  123-24);  e  l'ultima  che  è  il 
Chronicon  Parmense,  principiò  a  scrivere  nel  1283  continuandola  fino  al  1287.  E  qui 
cessa  la  cronologia  certa  della  vita  del  più  veridico  e  simpatico  cronista  che  vanti  il  medio 
evo.  E  se  più  ne  sapremo  più  tardi,  lo  dovremo  alle  diligenti  cure  del  nuovo  editore 
Holder-Egger,  da  cui  ci  aspettiamo  abbondanti  notizie  fin  qui  sconosciute. 

2.  —  Bibliografia.  —  Salimbene,  cultore,  più  che  altri  mai  tra  i  suoi  contemporanei» 
esimio  della  storia  e  della  poesia  popolare,  scrisse  molte  opere,  e  tra  queste  ben  quattro 


(1)  «  Fuit  autem  pater  meus  Guido  de  Adam,  pulcher  homo  et  fortis,  qui  aliquando  trans- 
fretavit  prò  Terrae  Sanctae  auccursu  tempore  Balduini  comitis  Flandriae  (e.  1204),  de  quo 
passagio  supra  descripsi,  et  ego  necdum  natus  eram  > .  Chron.  Parm.  p.  9. 


SECOLO  xin.  319 


differenti  cronache  oltre  vari  trattati,  per  lo  più  storici  essi  pure,  come  vedrassi  in  qaesto 
elenco  che  raccogliamo  dal  sno  grande  Chronicon. 

1'  —  Chrbnlca  maior  o  Chronica  Sicardo-Salimbeniana  (che  così  chiameremo 
in  distinzione  delle  altre),  è  quella  del  cod.  Vatic,  lat.  n.  7260,  edita  monca  dal  Fiaccadori, 
e  che  quanto  prima  vedremo  ripubblicata  con  severa  erudizione  critica  dal  ricordato 
Holder-Egger.  —  Questa,  ultima  forse  per  compilazione,  la  notiamo  prima  in  ordine  per 
il  suo  merito  impareggiabile.  Essa,  dalla  creazione  del  mondo  continuava  il  racconto  sino 
al  1287;  e  il  Salimbene  nella  prima  parte  (così  diremo  noi  quella  parte  che  abbracciava  gli 
anni  di  Cristo  1-1213)  vi  aveva  inserita  con  sue  giunte  tutta  la  cronaca  di  Sicardo  vescovo 
Cremonese;  ma  poiché  quasi  tutta  questa  prima  parte  del  cod.  Vatic.  di  Salimbene  (cioè 
i  primi  207  fogli  che  contenevano  il  racconto  degli  anni  1-1167)  andò  sgraziatamente 
smarrita,  così  fin  qui  si  lamentava  quasi  perduta  la  genuina  cronaca  di  Sicardo,  spesso 
citata,  ma  poco  conosciuta  ;  e  di  cui  oggi  soltanto  possiamo  dire  di  possedere  un  testo  ri- 
fattoci dall'  Holder  (1)  che  la  ricostruì  su  vari  codd.  e  sul  testo  della  cronaca  di  Alberto 
Milioli,  3  Ord.  S.  Fr.,  il  quale  nella  sua  aveva  rifusa  quella  Sicardo-Salimbeniana  (2).  Oggi 
dunque  non  resta  del  cod.  Vaticano  che  la  seconda  parte  della  Cronaca  di  Salimbene,  quella 
cioè  che  dagli  anni  1167  va  sino  al  1287. 

2»  —  Ohrordca  brevior  seu  de  xn  sceleribuB  Priderioi  H  Imp.,  com'egli  in 
più  luoghi  la  ricorda. 

Sotto  r  anno  1247,  mentovando  la  sconfitta  di  Federico  e  la  distruzione  della  città 
Vittoria  da  esso  fondata  presso  Parma,  scrive  :  *  Duces  fuerunt  exercitus  (dei  Guelfi)  Gre- 
gorius  de  Montelongo  legatus,  vir  sapiens  et  in  multis  expertus,  et  Philippus  Vicedominus 
civis  Placentinus,  homo  strenuus  et  probus,  tunc  Parmae  civitatis  Potestas,  sicut  in  alia 
Chronica  posui,  in  qua  duodecim  scelera  Friderici  Imperatoris  desoripui*.  (Ed.  !•  p.  81, 
ed.  2»  dell' Holder  p.  204). 

E  poco  dopo;  «  Fridericus . . .  in  pieno  concilio  Lugdunensi  depositus  fuit. ab  Imperio 
ab  Innocentio  Papa  quarto  anno  Domini  MCCXLV.  Item  de  Friderico  sciendum  est,  quod 
postquam,  destructa  Victoria,  fecit  omnia,  quae  in  alia  Chronica  posui,  reversus  est  in 
Apuliam...».  (Ed.  1*  p.  82,  ed.  2»  p.  205). 

E  più  sotto:  «Et  multa  mala  fecit  (Fridericus),  antequam  rediret  in  Begnum,  ut 
infra  dicemus,  et  ut  in  alia  posuimus  Chronica  ».  (Ed.  1'  p.  87,  ed.  2»  p.  211). 

Dopo  aver  enumerati  Dieci  infortunii  di  Federico  (sotto  1'  anno  1250)  soggiunge  in 
parentesi:  «  (Istis  decem  infortuniis  Friderici  Imperatoris  quondam,  possumus  addere  adhuc 
duo,  ut  duodenarium  numerum  habeamus  :  primum,  quia  excommunicatus  a  Papa  Gregorio 
nono  fait:  secundum,  quia  Ecclesia  regnum  Siciliae  ei  conabatur  auferre.  Et  hoc  sine  culpa 
sua  non  erat;  cum  enim  misisset  eum  Ecclesia  ultra  mare  ad  Tcrram  Sanctam  recupe- 
randam,  pacem  cum  Saracenis  fecit  sine  Christianorum  utilitate;  insuper  et  nomen  Macho- 
metti  fecit  in  tempio  Domini  publice  de[can?]tari,  sicut  in  alia  Chronica  posuimus,  ubi 
descrijpsimus  XII  scelera  Friderici)  ».  (Ed.  1*  p.  164-65,  ed.  2»  p,  344). 

Nello  stesso  anno  1250,  parlando  delle  Sfiiperstieioni  di  Federico  ne  enumera  sette, 
e  poi  rimanda  ad  altra  sua  cronaca,  che  dev'  essere  questa  stessa  in  cui  parla  de'  XII 
scelera  Friderici.  —  «Nunc  de  superstitionibus  Friderici  aliquid  est  dicendum...  Prima... 
Quarta...  Porro  alias  superstitiones  et  curiositates  et  maledictiones  et  incredulitates  et  per- 
versitates  et  abusiones  habuit  similiter  Fridericus,  de  quibus  aliquas  in  alia   Chronica 


(1)  Nei  Monum.  Germaniae  historica  t.  XXXI  p.  22-183. 

(2)  Vedasi  al  n.  91  1'  articolo  su  Alberto  Milioli  3  Ord.  S.  Fr. 


320  BIBLIOTECA 


02  posui;  ut  de  homine,  qnem  vivnin  inclndebat  in  vegete,  donec  ibi  moreretur,  volens  per 
hoc  demonstrare  qnod  anima  totaliter  deperirei . . .  Septima  et  ultima  cariositas  eins  et  sa- 
perstitio  fait,  sicut  etiam  in  alia  Chronica  posui,  qaia,  cnm  qnadam  die  interrogasset 
Michaelem  Scothum  astrolognm  samn,  quantum  distabat  a  coelo,  et  ille  quod  visum  sibì 
fiierat,  respondisset  etc.  ».  (Ed.  1'  p.  167-69,  ed.  2»  p.  351-53). 

Sotto  r  anno  poi  1285,  la  ricorda  per  l' ultima  volta  chiamandola  Chronica  brevior: 
«Alias  pravitates  Friderìci  Imperatoris  quondam  superius  posui:  similiter  et  in  alia  Chronica 
breviori  diligenter  eas  descripsi  sed  non  omnes;  erant  enim  multae  valde  ».  (Ed.  1»  p.  349), 
-^  Di  questa  importante  cronaca  non  abbiamo  traccia  alcuna  ;  e  speriamo  che  l' Holder-Egger 
r  abbia  a  rintracciare  o  indicare  se  mai  altro  cronista  l' abbia  rifusa  nel  proprio  chronicon. 

3«  —  Obronioa  brevis  seu  anni  1250.  La  chiameremo  così  quella  che  egli  dice 
di  aver  scritta  nel  convento  di  Ferrara  Y  anno  1250.  Salimbene  allora  contava  29  anni 
di  età,  ed  essa  forse  fu  la  prima  cronaca  da  lui  semplicemente  compilata  «  ex  diversis 
scriptis*.  Dal  vago  inizio  dì  questa  cronaca  «quae  sic  inchoat:  Octavianus  Caesar  Au- 
gustus  »  crediamo  dì  scorgerla  nelle  due  cronache  del  surricordato  Alberto  Mìlìoli  il  quale, 
specialmente  nella  Cronica  Imperatorum,  ricopiò  ì  manoscritti  avuti  dal  Salimbene  (Vedi 
l'art,  su  Aìb.  Milioli  al  n.  01,  p.  313-16).  Infatti  il  Liber  de  temporibus  del  Milioli,  col 
cap.  1  principia  *  de  nativUate  Christi  et  de  Odaviano  fidelissimo  ImpercUore  {1)  * ,  e 
ivi,  e  nella  Chronica  Imperatorum  riassume  la  storia  dei  27  re  Longobardi,  ultimo  de'  quali 
Desiderio  (2).  H  Salimbene  parlando  per  incidenza,  sotto  il  1247,  di  scrittori  e  commentatori, 
cosi  ricorda,  questa  sua  breve  cronaca: 

«Notandum,  quod  interpretatio  sermonum  potest  sumi  duobus  modis.  Uno  modo  ut 
dicantur  interpretes,  translatores,  qui  transferunt  libros  de  una  lingua  in  aliam,  de  quìbus 
sufficienter  posui  sub  Adriano  Imperatore,  prò  eo  quod  Aquila  primus  interpres  sub  eo, 
hoc  est,  eo  imperante,  transtulit.  De  quibus  require  in  ìUa  Chronica,  quae  sic  inchoat: 
Octavianus  Caesar  Augustus  etc.,  quam  feci  in  conventu  Ferrariensi  eo  anno,  quo  Lodo- 
vicus  Rex  Franciae  a  Saracenis  in  ultramarinis  partibus  captus  fuit,  scilicet  anno  Domini 
MCCL,  cuius  Chronicae  stylum,  colligens  ex  diversis  scriptis,  usque  ad  Longobardorum 
perduxi  historiam.  Postmodnm  calamum  temperavi,  cessavique  scribere  quantum  ad  Chro- 
nicam  illam,  quia  ita  eram  pauper,  quod  defectum  chartarum  sive  pergameni  habebam. 
Et  agitur  nunc  annus  MCCLXXXIY.  Non  autem  cessavi  quantum  ad  plures  alias  Chro- 
nicas,  quas  optime,  secundum  meum  judicium,  feci,  ex  quibus  resecavi  superfluitates,  abu- 
siones,  falsitates  et  contrarietates,  verumtamen  non  omnes,  quia  aliqua  quae  scribuntur  ita 
sunt  usitata,  quod  totus  mundus  non  posset  ea  removere  a  cordibns  eorum,  qui  ita  in 
principio  didicerunt».  (Ed.  1»  p.  90,  ed.  2«  p.  216-17). 

4°  —  Ohronioa  quarta.  Cosi  battezziamo  questa  di  cui  Salimbene  non  ci  dà  cenno 
altrove,  se  non  quando  ricorda  semplicemente  di  aver  scritte  qiMttro  cronache. 

Sotto  l'anno  1248,  parlando  di  Sagarello  e  suoi  settatori,  dice:  «  Mirum  est  autem, 
quod  abbas  Ioachym  de  istis  apostolis  in  scripturìs  suis  nullam  videtur  &cere  mentionem, 
sicut  fecit  de  Ordine  fratrum  Minorum  et  fratmm  Praedicatorum,  quos  in  multis  fignris 
Yeterìs  Testamenti,  antequam  mundo  apparerent,  venturos  esse  praedixit:  sicut  in  hoc 
Chronica  et  in  alia,  et  in  tertia  et  in  quarta,  nec  non  et  in  tractatu  quem  de  Helyseo 
feci,  optime  et  pluries  demonstravi  ».  (Ed.  1*  p.  123-24,  ed.  2*  p.  293). 


(1)  Momm.  Germ.  hist  t.  XXXI  p.  353,  371. 

(2)  Ibid.  in  Libro  de  Temp.  capp.  66-158,  pp.  401-434;  e  in  Cren.  Imper.  capp.  61-74, 
pp.  614-623. 


SECOLO  xm.  321 


5«  —  Tractatus  de  Helyseo:  Ricordato  nel  precedente  brano,  e  Terosimilmente    02 
trattava  di  Gioacchino  abate,  delle  sue  dottrine  e  de'  saoi  segnaci.  In  questo  trattato  avrà 
probabilmente  consacrata  qualche  bella  pagina  sulla  vita  del  b.  Giovanni  da  Parma  che 
ebbe  non  poche  noie  per  certe  sue  simpatie  verso  le  dottrine  del  celebre  abate. 

6*  —  Expositlo  in  commentarìos  abbatis  loachim  super  quatuor  Evan- 
firelistas.  «  Anno  Dni.  1248  [mènse  Inlio]  cnm  essem  cum  fratre  Hugone  in  provincia 
Provinciae  apnd  castrum  Areamm...  accepi  ab  eo  quod  habebat  de  expositione  abbatis 
Ioachjm  super  quatuor  Evangelistas  et  ivi  in  civitatem  Aqnensem,  et  abitavi  ibi  in  con- 
ventu  fratrnm  Minorum,  et  scripsi  cum  socio  meo  [fratre  lohannino  de  Ollis]  illam  expo- 
sitionem  abbatis  loachim  prò  generali  Ministro  fratre  lohanne  de  Parma,  qui  simìliter 
maximus  erat  Ioachita».  (Ed.  1*  p.  124,  ed.  2'  p.  294).  —  Se  qui  il  Salimbene  non 
allude  al  molto  che  scrisse  su  Gioacchino  nella  stessa  grande  cronaca  sotto  l'anno  1248, 
allora  dobbiamo  ammettere  che  egli  scrisse  sui  commentarii  del  celebre  abate  un  libro 
speciale  che  egli  chiama  Expositio  ecc. 

?•  —  Liber  Taediorum.  «In  supradicto  millesimo  (1259)  habitabam  in  burgo  Sahcti 
Domnini,  et  composnì  et  scripsi  alium  librum  Taediorum  ad  similitndinem  Patecli  ».  (Ed. 
1*  p.  238).  Vuoisi  opera  in  versi  volgari,  e  con  ragione  (1). 

8»  —  Tractatus  Papae  Qregrorii  X  :  che  tenne  il  pontificato  negli  anni  1271-76  ; 
il  Salimbene  forse  ne  scrisse  le  gesta.  Ricorda  questo  trattato  così:  «  Porro  princeps  Man- 
fredus  aliquas  habuit  bonitates,  quas  in  Tractatu  Papae  Gregorii  decimi  descripsi  suffi- 
cienter».  (Ed.  1*  p.  245). 

9*  —  Vita  S.  Antoni!  Patavini.  Bicordando  sotto  l'anno  1231  la  morte  del  santo, 
soggiunge  :  «  De  quo  in  alio  lX)co,  si  fuerit  vita  comes,  abnndantius  disseremus  et  copiosicb 
perorabimns  » .  (Ed.  1»  p.  30,  ed.  2*  p.  68).  Questa  promessa  faceva  Salimbene  nel  1283 
quando  principiava  a  compilare  la  sua  grande  Cronaca;  se  poi  l'abbia  mantenuta  non  si  sa. 

10*  —  De  B.  P.  Francisco.  Accennata  che  ebbe  la  conformità  di  Francesco  stini- 
matizzato  con  Gesù  Crocifisso,  soggiunge  :  «  In  quibus  autem  (b.  Pranciscus)  fuerit  similis 
(Christo),  qtia  alibi  scripsi,  ideo  hic  taceo,  quia  ad  alia  dicenda  festino  ».  (Ed.  1*  p.  75, 
ed.  2*  p.  195).  Allude  senza  dubbio  a  qualche  vita  o  a  qualche  trattato  sulle  conformità 
di  Francesco  con  Cristo,  opera  sfortunatamente  fin  qui  sconosciuta! 

11*  —  liiber  de  Praelato,  ossia  Liber  de  G«neralibus  Ministris  Ordinis  B. 
Francisci.  Ambo  titoli  che  ricaviamo  dallo  stesso  Salimbene.  Il  Liber  è  pubblicato  mutilo 
dal  cod.  Vaticano  in  calce  alla  cronaca  edita  coi  tipi  del  Fiaccadori  (pp.  401-414):  «  Incipit 
Liber  de  Praelato  quem  feci  occasione  fratris  Heliae,  et  multa  bonaetutilia  continei». 
Nel  codice  esso  occupa  i  fogli  246c-278d;  ed  ora  c'è  dato  per  intero  nella  prima  parte 
dell'  ediz.  dell'  Holder,  a  pp.  96-163.  —  Esposto  con  grandi  tratti  il  tempo  del  generalato 
di  frate  Elia,  la  sua  vita,  il  bene  e  il  male  che  lo  resero  famoso,  Salimbene  conchiude  di- 
cendo :  «  Et  haec  de  fratre  Hclia  dieta  sufficiant.  Quia  enim  intentionis  nostrae  fui!  loqui 
de  generalibus  Ministris  Ordinis  beati  Francisci,  cnm  tempus  occurreret  opportunum,  et 
Helyas  qui  fuit  unns  ex  illis,  qui  etiam  me  recepit  ad  Ordinem,  grandem  matcriam  histo- 
riae  continebat,  ideo  me  prius  volui  expedire  de  ipso,  ut,  eius  deposita  sarcina,  facilins 
historiam  prosequerer  inchoatam . . .  (p.  413) ».  —  Il  Salimbene  dunque,  ebbe  l'intenzione  di 
parlarci  in  modo  particolare  di  tutti  i  Ministri  generali  dell'  Ordine  vissuti-nel  suo  tempo. 


(1)  In  più  laoghi  il  Salimbene  ricorda  <  magistram  Gerardum  Pateclum  qui  focìt  librum 
rfe  Taediis*  (p.  21);  e  a  pag.  402  riporta  alcune  strofe  di  versi  volgari  italiani  estratti  dal 
libro  Taediorum  Patecli.  Salimbene  dunque  scrisse  il  suo  libro  Taediorum  in  versi  ))upolari. 

Bibliot.  —  Tom.  I.  21 


322  BIBLIOTECA 


02  Ma  se  si  eccettuano  le  abbondanti  pagine  che  egli  consacrò  nella  sua  cronaca  al  b.  Giov. 
di  Parma,  e  qualche  minimo  cenno  di  appena  due  o  tre  altri  Ministri  generali,  invano 
cercheremmo  in  essa  un  ricordo  degli  altri  dieci  o  undici  Ministri  che  governarono  l'Ordine 
durante  la  vita  del  nostro  Salimbene.  0  lui  dunque  non  fu  fedele  alla  sua  promessa,  o 
dei  Ministri  generali  scrisse  a  parte. 

La  perdita  o  lo  sperpero  di  questo  e  degli  altri  scritti  Salimbeniani  non  possono  non 
rammaricare  quanti  amano  la  storia  genuina  del  medio  evo  e  quella  dell'  Ordine  Minoritico. 
Nutriamo  fiducia  che  il  eh.  Holder-Egger  nella  prefazione  che  premetterà  alla  sua  critica 
edizione  del  cod.  Vaticano  ci  somministrerà  nuova  luce  e  sulla  vita  e  sulle  opere  scritte 
dal  più  sincero,  dal  più  erudito  e  dal  più  grazioso  cronista  che  vanti  il  medio  evo. 

Il  Minorità  P.  Affò,  vir  sane  doctissimus  et  (zcutissimus,  come  lo  chiama  l' Holder  (1), 
e  che  fu  il  primo  a  scrivere  con  cognizione  di  frate  Salimbene  e  della  sua  cronaca  (2),  fu 
anche  il  primo  ad  attribuirgli  la  cronaca  intitolata  Memoriale  Potestaium  Reginensium 
edita  dal  Muratori  (3)  e  da  questo  aggiudicata  ad  un  anonimo  Minorità.  Al  giudizio  del- 
l' Affò  assentirono  molti  altri  critici,  tra  i  quali  il  dotto  Tabarrini  (4),  il  Balzani  (5)  ed 
altri,  basati  su  forti  ragioni  di  uniformità  tra  il  Memoriale  e  il  Chronicon  di  Salimbene. 
E  realmente  in  ambedue  queste  storie  gli  autori  si  scoprono  per  Minoriti  :  scrivono  come  te- 
stimoni di  fatti  con  una  coincidenza  di  tempi,  con  la  stessa  opinione  guelfa,  con  i  medesimi 
giudizi  sulle  persone  e  cose,  con  lo  stesso  metodo  nel  citare  la  Scrittura,  i  versi  di  Mer- 
lino ;  e  la  dottrina  dell'  abate  Gioacchino  è  esposta  sommariamente  da  ambedue  senza  dif- 
ferenza neppur  di  una  sillaba.  Queste  e  molte  altre  somiglianze  indussero  a  credere  che 
il  Salimbene  avesse  scritto  anche  il  Memoriale  per  commissione  forse  dello  stesso  Comune 
di  Beggio,  che  lo  teneva  in  grande  estimazione  e  gliene  diede  pubblica  testimonianza  (6). 
Ora  però,  dopo  che  l'  Holder-Egger,  con  vigorosa  critica  scoprì  e  pubblicò  (7)  le  opere,  o 
meglio  dire  le  compilazioni  storiche  del  snmmentovato  Alberto  Milioli  (del  3.  Ord.  di  S. 
Francesco,  amico^  penitente  e  discepolo  in  istoria  del  Salimbene),  dobbiamo  a  lui  almeno 
la  raccolta  e  la  disposizione  della  materia  contenuta  nel  Memoriale  quale  si  ha  oggi,  senza 
perciò  negare  la  paternità  al  Salimbene  di  molta  parte  del  materiale  usufroito  dal  Milioli 
compilatore-copista. 

Cosi  pure,  più  al  Salimbene  che  al  Milioli  devesi,  crediamo  noi,  attribuire  anche  un 
antico  testo  delle  famose  Gesta  óbsidionis  Damiatae,  inserito  dal  Milioli  più  o  meno  ge- 
nuino tra  i  capp.  219-220  del  suo  Memoriale  Potestatum,  come  abbiamo  notato  sotto  l'art, 
del  Milioli,  a  p.  S16. 

1287  —  Oonstitutiones  T.  S.  —  «Anno  Domini  M'CC'LXXX'IX*  [corr. 
1287]  in  capitulo  generali  apud  Montempossnlanum  celebrato,  mandat  generalis  mi- 
nister  [fr.  Matthaeus  de  Aquasparta]  et  capitulnm  generale,  quod  nullns  minister 
scienter  mittat  fratres  insolentes  ad  provinciam  Terrae  Sanctae  (8)  » . 


(1)  In  Monum.  Germ.  hist.  t.  31  p.  339. 

(2)  Il  P.  Affò  nel  1781  riusci  ad  avere  un  estratto  della  cronica  Salimbeniana  per  mezzo 
di  Mons.  Gius.  Reggi,  e  se  ne  servi  nelle  vite  che  scrisse  di  fr.  Elia,  del  B,  Giov.  da  Parma 
e  nella  Storia  della  città  di  Parma  e  nelle  Memorie  degli  scrittori  e  letterati  Parmigiani  ecc. 

(3)  Scriptores  t.  Vili  col.  1073-1174. 

(4)  Studi  di  critica  storica  (Firenze  1876)  p.  90-91. 

(5)  Le  cronache  ital.  del  medio  Evo  descritte  (Milano,  Hoepli  1884)  p,  249. 

(6)  Cosi  il  cit.  Tabarrini. 

(7)  In  cit.  Momim.  Germ.  hist.  t.  31. 

(8)  Cfr.  Cod.  Borghese  ap.  Ehrie  Archiv  fwr  Literaiur  und  Kircheng.  t.  VI  p.  58. 


SECOLO  xm.  323 


1288  —  PP.  Minori  in  Persia  e  Armenia.  —  Romae  2  Aprii.:  —  Nicolaus    92 
IV  Argoni,  regi  Tartarorum  significat,  se  ipsins  nuntios  Barsaumam  Episcopuin,  Saba- 
dium,  Thomam  de  Anfusis,  et  Ugiietum  interpretem,  benigne  recepisse,  et  pluribus  fidei 
cristianae  elogiis  interjectis  eum  eXcitat,  ut  baptisionm  et  veram  religionem  accipiat(l). 

Eodera  anno,  meiivse  ac  die,  idem  eumdem,  qui  confirmaverat  se,  sì  regnum  Hie- 
rosolymitannm  de  manibus  impiorum  liberari  contigerit,  in  civitate  Hierosolymitana 
baptismi  lavacro  renasci  desiderare,  adhortatnr,  nt  ad  baptismum  promptus  acce- 
leret  (2)  ;  deinde  et  Tuctanen  et  Elegagem,  reginas  Tartiirornm,  monet,  ut  augendae 
religioni  christianae  studium  impendant  (3). 

Apr.  7  Romae,  —  Nicolaus  IV  Dionysio  Episcopo  Taurisiensi,  qui  so  fidem  ca- 
tholicam  a  fratribus  Minoribus  acceptam  servare,  epistolis  confessus  erat,  gratulatur, 
eumque  rogat,  nt  fidei  forma  praesentibus  adjuncta  populos  imbuat  (4). 

Eodem  anno,  mense  ac  die,  idem  Nic.  IV  Yaulaham  (Episc.  Nestorianus  Yàbalaha) 
epìscopum  in  partibus  Oriontis  constitutnm,  qui  litteras  per  Barsaumam  Episcopum,  Saba- 
dinum,  Thomam  de  Amfusis  et  Uguetum  interpretem,  nuntios  Regis  Tartarorum,  praesen- 
tatas  miserat,  laudat,  quod  fratres  Minores  fidem  catholicam  praedicantes  favore  suo 
prosequatur,  et  ejusdem  fidei  formara  raittens,  monet,  ut  eam  snbditis  suis  inculcet  (5). 

1288  —  Passio  B.  fr.  Prancisci  [de  Spoleto]  in  civitate  Damiatae  Aegyptì. 

Il  racconto  più  antico  del  martirio  di  fr.  Francesco  [da  Spoleto],  squartato  in  due    93 
dai  maomettani  in  Damìata,  ci  è  dato  dal  più  volte  citato  Chron.  24  Gen.  (6)  che  perù 
omette  dircelo  da  Spoleto,  come  dopo  il  compilatore  del  Firmamentum  trium  Ordinum  (7) 
lo  denominarono  tutti  i  susseguenti  cronisti.  Dal  Waddingo  è  questi  appena   ricordato,  e 
gli  assegna  come  anno  del  martirio  la  data  del  1288  assegnatagli  dal  cit.  Firmamentum  (8). 

L'  Hueber  (9)  lo  chiama  Franciscus  de  Damiata,  e  lo  fa  morire  in  Cairo  nel  1370! 
L' Arturo  (10)  lo  chiama  Franciscus  Picenus  seu  a  Marchia,  e  nell'  indice  topografico  sotto 
la  parola  Damiatae  gli  dà  il  soprannome  di  Franciscus  a  Christo!  Così,  anche  il  nostro 
Quaresmìo  (11),  con  quanti  altri  cronisti  vanta  1'  Ordine,  dì  un  Francesco  martire  in  Da- 


(1)  Sbaral.  Bullar.  t.  IV  p.  6-8  n.  5.  —  Potthast  n.  22,631.  —  Rohricht  Regesta  n.  1475. 

(2)  Sbaral.  t.  IV  p.  8  n.  6.  —  Potthast  n.  22,632. 

(3)  Sbaral.  t.  IV  p.  8  n.  7.  —  Potthast  n.  22,633.  —  Roh.  Regesta  n.  1475. 

(4)  SbaraL  t.  IV  p.  9  n.  9.  —  Potthast  n.  22,643.  —  Ròh.  Regesta  n.  1477. 

(5)  Sbaral.  t.  IV  p.  9  n.  10.  —  Potthast  n.  22,644.  —  Roh.  Regesfa  n.  1477.  —  Altri 
simili  documenti  si  hanno  in  tutto  il  tomo  IV  del  Bullar.  francescano,  in  Waddingo  ecc. 
Un  sommario  dal  1289-92  in  Rohricht  Regesta  p.  387-94.  —  Notiamo  qui  un  interessante 
lavoro  documentato  edito  dal  Dr.  G.  B.  Chabot  nella  Revue  de  V  Orient  Latin  (voi.  I-II) 
sulla  famosa  ambasciata  del  Patriarca  Nestoriano  Mar  labalaha  III,  ricevuto  dal  Pontefice 
francescano  Nicolò  IV,  il  cui  pontificato  fu  uno  de' più  grandi  nella  storia  della  Chiesa. 
Il  titolo  è:  Histoire  du  Patriarche  Mar  labalaha  III  e  du  moine  Rahban  Qaunia,  traduit 
du  Syriaque  par  J.  B.  Chabot  {Revue  citata,  t.  I  pp.  567-610;  t.  II  pp.  73-142,  235-304, 
630-643).  V'è  un'edizione  tirata  a  parte  in  I  voi.  in -8»  di  278  pagine,  Parigi  1895,  E.  Lerou.x. 
Importante  lavoro  per  la  storia  delle  Missioni  francescane  nell'Armenia,  Persia  e  Caldea. 

(6)  In  Andl.  frane,  t.  III  p.  418. 

(7)  Parte  I  fol.  30 v.,  ed.  Paris  1512:  «  Eodem  anno  (1288)  fr.  Franciscus  de  Spoleto 
apud  Egyptum  in  civitate  Damiata  a  saracenis  crudeliter  occisus  est  » . 

(8)  Annales  t.  I  p.  153  n.  5;  e  t.  V  an.  1288  n.  36  p.  188.  —  Cfr.  eiusd.  catalogum 
martyrum  in  calce  ad  Scriptores  Ord.  Min. 

(9)  Menologiwm  die  12  aprilis. 

(10)  Martyrologium  sub  die  5  lulii;  cfr.  ibid.  die  1  lan.  de  b.  Frane.  Sjmletano. 

(11)  Elucidatio  Terrae  Sanctae  lib.  8,  peregr.  1.  cap.  11. 


324  BIBLIOTECA 


93  miata  ne  fecero  due  (che  in  due  lo  divisero  anche  i  turchi!)  indottivi  in  errore  probabilmente 
prima  da  fr.  Marco  da  Lisbona  (1),  poi  dal  Tossignano  (2),  e  poi  anco  dal  Waddingo 
stesso,  che  senza  avvedersene  copiò  e  propagò  1'  errore  di  fr.  Marco  o  del  Tossignano  (3). 
Un  fr.  Francesco  Marchigiano  o  a  Christo  che  sia,  e  morto  in  Damiata  nella  seconda 
metà  del  secolo  XIV  non  è  mentovato  punto  nelle  memorie  dei  cronisti  antichi;  e  quello 
che  i  recenti  dicono  di  lai,  tutto  si  conviene  al  nostro  Francesco  detto  da  Spoleto. 

1288?  —  Mart3n*ium  B.  fr.  Philippi  de  Amicio  seu  de  Podio  [=  Le  Puy] 
in  castro  Azoti  Palaestinae  [ast  cuino  1265  f]. 

04  Frate  Filippo  (benedetto  da  S.  Antonio  di  Padova  nel  seno  della  madre  incinta)  nacque 

durante  il  soggiorno  del  Santo  in  Francia  (1224-26)  e,  secondo  la  profezia  del  grande 
Taumaturgo,  mori  in  fatti  martire  della  fede  nella  caduta  di  Gaza.  La  relazione  del  suo 
martirio  leggesi  nel  Chron.  24  Gen.  (4).  Vedi  il  VITaddingo  (5).  Vedi  anche  in  Quaresmio 
e  nei  Bollandisti  (6)  il  racconto  che  ne  dà  S.  Antonino. 

Lo  Speculum  seu  Firm.  Ord.  Min.  Par.  I  (7),  e  dopo  di  lui  il  Waddingo  e  i  Bol- 
landisti, con  tutti  gli  altri  nostri  storici,  assegnano  corno  epoca  del  martirio  1'  anno  1288  : 
«  Fr.  Philippus  de  Anisio,  in  castro  Azoti  cum  duobns  millibus  christianis  (quos  ad  mar- 
tyrii  palmam  perduiit  confortando)  decollatus,  gloriosum  martyrium  consummavit  » .  — Ma 
Azoto,  oggi  Asdud,  antica  piazza  forte  situata  tra  Giaffa  e  Ascalona,  cadeva  in  potere  del 
Soldano  Bibars  nello  stesso  anno  che  Cesarea,  cioè  nel  1265  (8),  come  pure  la  piazza  di 
Arsur  (=  Assur  =  Arsuf,  l'antica  Apollonia)  posta  tra  Giaffa  e  Cesarea  (9):  e  tutte 
queste  piazze,  da  quel  tempo  fino  ad  oggi,  restarono  sempre  in  potere  de'Soldani.  Perciò 
dunque,  e  per  le  altre  circostanze  che  abbiamo  nel  cit.  Chron.  24  Gen.  sul  martirio  di 
fr.  Filippo,  e  sul  numero  degli  altri,  prigionieri  e  martiri,  che  in  sostanza  combinano  con 
la  storia  delle  Crociate,  devesi  porre  il  martirio  di  Filippo  in  Gaza  si,  ma  nel  1265  e  non 
nel  1288.  —  E  per  non  confondersi  viepiù,  notiamo  la  confusione  che  il  nostro  Minorità 
Erphordiense  (sopra  a  p.  263)  fa  di  Azoto  con  Arsur  o  Assur,  come  fossero  una  e  me- 
desima città;  se  non  vogliamo  piuttosto  supporre  nei  codd.  scritto  Asiut  invece  di  Assur. 

c.  1288  —  Passio  fr.  Gonradi  de  Saxonìa  et  fr.  Stephani  Hungari. 

06  Uccisi  dai  Greci  scismatici  *in  Iveria  (Georgia)  iuxta  montes  Caspios*.  Il  racconto 

è  nel  Chron.  24  Gen.  (10)  che  assegna  il  tempo  del  martirio  sotto  il  generalato  di  fr. 


(1)  Cfir.  Cren.  Parte  II  lib.  5  e.  17,  e  lib.  9  e.  30. 

(2)  Histcr.  Seraph.  Religionia  fol.  100  v. 

(3)  Cfr.  Annales  ad  an.  1369  n.  10,  t.  Vili  p.  214. 

(4)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  134-35  e  p.  416-17. 

(5)  An.  1231  n.  18,  e  an.  1288  n.  36. 

(6)  Elucid.  T.  S.  lib.  8,  peregr.  1,  cap.  3-.  —  Acta  SS.  13  jan.  II  p.  729,  et  7  mar.  I 
p.  629,  ed.  1". 

(7)  Ed.  Venet.  1513  fol.  34v.;  ed.  Parigi  1512  fol.  30v. 

(8)  Vedi  Michaud  Storia  delle  Crociate  lib.  XV.  —  Raynaldi  an.  1265  n.  40.  —  Vedi 
più  sopra  a  p.  259. 

(9)  Cfr.  Fr.  Liévin  Guide-Indicateur  de  la  T.  S.  ed.  4«  t.  III  p.  258,  e  gli  antt.  ivi 
citati  per  la  storia  di  Arsur. 

(10)  Anal.  frane,  t.  III  p.  417-18. 


SECOLO  xra.  325 


Matteo   d' Acqnasparta  (1287-89).   —  Il   Waddingo   ne   parla   sotto   1'  anno   1284  (1),    05 
ma  il  Firmamentum   trium    Ordinum,   Parte  I,   assegna  loro  per  anno  del  martirio 
il  1288  (2). 

Fr.  Stefano  Ungaro  non  è  da  confondersi  coli'  omonimo  martire  «  in  civitate  Sarai  » 
(=  Zarew,  a  Est  di  Zaritzin,  e  al  Nord  di  Astrakan  sul  Volga),  ucciso  sotto  il  gene- 
ralato di  fr.  Gerardo  Oddone  nel  1334,  il  cui  racconto  abbiamo  pure  nel  citato  Chron.  ib. 
p,  515-24,  nel  Pisano  Conform.  8*  fol.  70  ed.  1513,  e  cenni  nel  Catalogus  SS.  fratrum 
del  P.  Lemmens  pp.  41  e  46  (3). 

C.  1288  —  Passio   fr.   Monaldi   de  Ancona  et  sociorum  Francisoi  de  Pe- 
trìolo  et  Antonii  de  Mediolano  in  Arzenga  Armeniae. 

n  racconto  lo  abbiamo  nel  Chron.  24  Gen.  (4)  ;  in  Waddingo  (5)  ;  in  Civezza  (6)  ;  96 
negli  Ada  SS.  16  mar.  (7).  —  Sull'  epocfa  del  martirio  più  probabile  è  di  attenerci  al 
Chron.  24  Gen.  che  gli  assegna  il  tempo  del  generalato  di  fr.  Matteo  d'  Acquasparta 
(1287-89),  e  più  precisamente  nel  1288  come  ha  l'accreditato  Firmam.  trium  Ordinum (8); 
laddove  il  Pisano  (9)  pone  la  loro  morte  «  tempore  fratria  Akxandri  generalis  Ministri 
1314*.  I  nostri  PP.  di  Quaracchi,  editori  del  citato  Chron.,  congetturano  che  il  1314 
sia  la  data  della  lettera  o  relazione  del  martirio  che  scrisse  fr.  Carlino  de' Grimaldi  gnl 
luogo  e  molti  anni  dopo  il  martirio,  come  risulterebbe  dall'  introduzione  che  è  a  pag.  597 
del  detto  Chronicon.  La  relazione  del  Grimaldi  sembra  mutila,  mancandovi  e  la  data 
e  la  conclusione  della  lettera.  H  da  S.  Antonio  (10)  ricorda  un  cod.  ms.  della  Cotto- 
niana  n.  9. 

Areengn,  luogo  del  martirio  (che  i  geografi  scrivono  dififerentemente  Arzingam, 
Artzinga,  Artzinganis,  o  Ertzinga)  città  situata  in  Armenia  presso  l' Eufrate,  è  cre- 
diamo r  odierna  Erzindjan  del  Willajet  di  Erzerum. 

128&-96  —  Pr.  Giovanni   d'Ancona  deU'Ord.  de' Minori,  Arcivescovo  di 
Nicosia  nell'isola  di  Cipro:  cenni  biografici. 

L' illustre  storiografo  di  Cipro,  il  conte  di  Mas  Latrie,  scrìsse  una  breve  ma  dotta    9t 
biografia  di  questo  Minorità,  quasi  ignoto  agli  storici  francescani,  pubblicandola  negli  Ar- 
chives  de  V  Orient  Latin,  d'  onde  noi  desumiamo  questi  pochi  cenni. 

Frate  Giovanni  d' Ancona  fu  eletto  Arcivescovo  di  Cipro  dal  Pontefice  Nicolò  IV  ai 
20  d'  ottobre  del  1288.  Poco  sappiamo  della  vita  di  questo  umile  Minorità;  è  però  lodato 
assai  dagli  storici  per  la  sua  dottrina,  modestia  e  disinteresse.  Portò,  dice  l' illustre  storico 


(1)  Wadd.  an.  cìt.  n.  2,  t.  V  p.  128:   li   dice   morti   «in   Ormetìa  (?)  iuxta  montes 
Caspios  »  ;  e  nei  SyUabo  martyrum  ripete  :  «  in  Ormeria  seu  Ormetia  » .  Sarebbe  Urmia  f 

(2)  Ed.  Parigi  1512  fol.  30v.  —  I  BoUandiati  {BHL.  p  290)  per  abbaglio:  il  5  apr.  1282. 

(3)  Cfr.  anche  Enbel  Provinciale  Ord.  Minorum  p,  78  n.  324. 

(4)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  412  15;  cfr.  ib.  p.  597. 

(5)  Ad  an.  1314  n.  9,  t.  VI  p.  224-26. 

(6)  Storia  delle  Missioni  t.  II  e.  8  p.  362-72. 

(7)  T.  II  p.  412-13  (407-408). 

(8)  Part  I  fol.  30  V.  ed.  Parigi  1512;  ed.  Venet  1513  fol.  34. 

(9)  Conform.  8%  fol.  70r  ed.  1513. 

(10)  Bibl.  univ.  frane,  t.  III  p.  12. 


326  BIBLIOTECA 


97  di  Cipro  (1),  sulla  sede  di  Nicosia  le  virtù  del  B.  Ugo  da  Fagiano,  senza  avere  nò  lo 
spirito  intraprendente  né  le  abbondanti  risorse  di  lui.  Giovanni,  datosi  ai  doveri  del  suo 
ministero  spirituale,  poco  curavasi  de'  beni  temporali,  sfruttati  da  altri,  contento  e  felice 
nella  povertà  francescana.  Ma  una  bolla  Pontificia,  data  da  Orvieto  li  26  aprile  del  1291, 
metteva  in  dovere  certi  pretendenti  che  abusavano  della  troppa  bontà  dell'  umile  france- 
scano (2).  Mon  ostante  la  sua  povertà,  l'Arcivescovo  Giovanni  arma  a  proprie  spese  una 
galea  e  la  conduce  egli  stesso  in  soccorso  di  S.  Giovanni  d'  Acri  assediata  dal  Soldano 
d' Egitto  (3).  Poco  altro  si  sa  del  nostro  Giovanni.  Desideroso  di  menare  una  vita  pacifica, 
chiede  al  Pontefice  Bonifacio  Vili  di  esser  alleggerito  del  grave  peso  della  diocesi  arcivesco- 
vile di  Cipro;  al  cui  desiderio,  in  parte  annuendo  il  Pontefice,  viene  traslatato  (1295)  alla 
sede  arcivescovile  di  Torre  in  Sardegna  (4).  Egli  fu  il  primo  che  usò  la  formola,  poi  di- 
venuta comune:  «Dei  et  Apostolica  grafia  Nicosiensis  Arehiepiscopus  (5)  » . 

1289  t  —  B.  fr.  Oonrado  d' Ascoli.  —  Sua  vita,  suo  apostolato  in  Egitto 
e  Libia  (recatovi;!!  durante  il  generalato  di  fr.  Girolamo  d'  Ascoli  1274-79),  e  sua 
morte  in  Ascoli  ai  19  apr.  1289.  —  Vedi  le  addenda  del  Waddingo  in  Annales  an. 
1289  n.  27-31,  t.  V  p.  212-15.  —  Ada  SS.  t.  II  apr.  p.  741-42.  —  Pisanus 
Conform.  8*  iti  Prov.  Marchiae. 

1289  —  Pafo  —  Pr.  Roberto  de'  Minori,  Vescovo  della  città  di  Pafo  nel- 
l' isola  di  Cipro  1289-98.  —  Eeg.  Nic.  IV  ed.  Langlois  n.  814. 

1289  —  Convento  di  Tripoli.  —  Il  Soldano  Kelaun,  detto  anche  Melek-el- 
Mansur  (1279-90),  prose  varie  piazze  agli  Ospedalieri;  e,  dopo  un  mese  di  assedio, 
cadeva  in  suo  potere  anche  la  città  di  Tripoli  il  26  di  aprile  del  1288,  o  meglio 
dell'  anno  1289,  come  scrive  il  monaco  armeno  Aitone  (6).  La  maggior  parte  degli 
uomini  fa  massacrata,  i  fanciulli  e  le  donne  condotti  schiavi  e  la  città  demolita  (7). 
Non  è  a  dire  che  sorte  sia  toccata  al  convento  che  dai  primordi  della  Provincia  vi 
avevano  i  FF.  Minori,  che  vuoisi  distrutto,  e  i  religiosi  massacrati  o  menati  in  ischia- 
vitù  (8).  —  Sotto  r  anno  1282  abbiamo  visto  un  guardiano  di  Tripoli  di  nome  fr. 
Giacomo  di  Antiochia. 

1289  —  Clarisse  martiri  in  Tripoli.  —  A  proposito  delle  Clarisse  di  Tripoli, 
che  avrebbero  subita  la  stessa  sorte  toccata  a  quelle  di  Acri  (1291),  e  come  quelle 
si  avrebbero  deturpato  il  volto,  abbiamo  una  testimonianza  del  Chronicon  di  Lanercost 
che,  non  avendo  potuto  consultare,  la  raccogliamo  da  una  nota  del  Rohricht: 

«Le  Chron.  de  Lanercost  (Bannatine  Club,  p.  129)  qui  puise  dans  les  rapports  do 
l'évéque  Hugues  de  Byblos  (=  Gibelet),  le  quel  vécut  denx  ans  en  Angleterre,  donne 
le  nom  de  l'abbesse  Luceta,  mais  ajoute  que  celle-ci  sauva  d'une  autre  manière  son 
innocence,  en  assurant  a  un  des  émirs  qu'elle  possédait  un  préservatif  magique  contro 
la  mort  violente,  et  en  l' invitant  à  en  faire  l'épreuve  sur  elle,  sur  quoi  elle  subit 


(1)  Histoire  des  ArcJiev.  de  Chypre  del  conte  Mas  Latrìe  negli  Archiv.  de  l'Or.  Latin, 
t.  II  p.  246-249. 

(2)  Ibidem  p.  247,  ove  citasi  il  Cartulaire  de  S.  Sophie  n.  92,  e  ì  Docum.  noiw.  melange 
t.  IV  p.  349.  —  Notiamo  che  la  detta  bolla  non  è  riportata  nel  Bullarium  dello  Sbaralea. 

(3)  Ibidem,  e  nella  sua  Hist.  de  Chypre  t.  I  p.  492. 

(4)  Cfr.  Ughelli  Italia  sacra.  —  Le  Quien  Oriens  Chr.  t.  Ili  p.  1206.  —  Mattei  Sar- 
dinia sacra  p.  158,  citati  dal  Mas  Latrie  ìò.  p.  249. 

(5)  Mas  Latrie  Archiv.  cit.  p.  223  nota  83,  e  p.  248. 

(6)  Du  Cange-Rey  Familles  d'  outre-mer  p.  488. 

(7)  H.  Saiivaire  Chronique  de  Moudjir-ed-Dyn  p.  241. 

(S")  Cfr.  Civezza  Storia  delle  Miss.  t.  Il  e.  8.  —  Calahorra  Chronica  de  Syria  lib.  II 
ce.  20-2.  —  La  nostra  Serie  cronol.  dei  Superiori  di  T.  S,  p.  218. 


SECOLO  XIII.  327 


la  inort,  Cette  source  contient  aassi  quclques  renseignements  sur  la  prise  de  Trìpoli,    07 
et  snr  celle  d'Acre  (p.  128-30,  13940)  (1)». 

C.  1289  —  Fr.  Guiscardo  de'  Q-uiscardi  di  Cremona.  —  Lo  Chevalier 
(in  Repertoire)  ove  (ita  l'Arisio  (Cremona  sacra  p.  133)  e  lo  Sbaralea  (Supplem. 
p.  704),  ce  lo  danno  come  vf's:;ovo  di  Tripoli  e.  il  1288,  e  martire  il  18  marzo  1291. 
Dal  Waddiiigo  non  lo  troviamo  ricordato  né  negli  Annali,  né  nel  Syllabo  scriptornm. 
Come  vesc.  e  martire  nella  caduta  di  Tripoli  è  lodato  dal  Kodulfio  (Hist.  Scraph. 
f.  267  V.).  Lo  Sbaral<'a  però,  citando  vari  autori  che  ne  parlano,  osserva  che  questi 
tutti  caddero  in  errore  per  colpa  di  Anton.  Campo  (Hist.  lib.  3):  «  Omnes  tamen  a 
Campo  docepti,  vel  in  toto,  vel  erraiit  in  nomine  episcopatus,  dum  Tripolini,  scribunt 
prò  Ptolomaide,  siqnidem  Tripolis  an.  1289  capta  est,  non  1291;  eiusque  episcopns 
erat  Bernardus  non  Gniscardus  » .  È  vero,  come  dice  qui  lo  Sbaralea,  che  vescovo  di 
Tripoli  nel  1289  era  un  tal  Bernardo  che  viveva  ancora  dopo  la  caduta  di  questa 
città;  ma  la  sbaglia  più  gravemente  quando  invece  suppone  il  nostro  Guiscardo  ve- 
scovo di  Acri,  e  colà  ucciso  noi  1291!  —  Del  resto,  un  Guiscardo  Minorità  che  abbia 
occupata  la  sede  episcopale  sia  di  Tripoli  sia  di  Acri,  non  è  punto  conosciuto  nello 
memorie  del  secolo  XIII. 

C.  1289  S.  —  Pr.  lacobus  Minlster  Provlnciae  Syriae  seu  Terrae  Sanctae, 
et  fr.  Paulus  de  Marchia  Guardianus  conventus  PF.  Minorum  in  civitate 
Acon  seu  Ptolomaidos. 

Per  lo  meno  da  quest'  anno  1289  sin  quasi  al  1295  (2),  troviamo  Provinciale  della  gs 
Terra  Santa  un  tale  fr.  Giacomo  ricordatoci  dal  Waddingo  (3),  sotto  il  cui  governo  la 
Custodia  di  Siria,  con  quasi  tutti  i  conventi,  subì  la  stessa  sorte  che  toccò  nel  1291  alla 
città  di  Acri,  caduta  in  potere  dei  saraceni,  come  vedremo.  —  Frate  Giacomo  Ministro 
provinciale,  o  perchè  avverso  alquanto  ai  religiosi  co.si  detti  zelanti,  o  perchè  costretto  dai 
rilassati,  si  vide  obblig  \to  di  scrivere  al  re  Aitone  II  di  Armenia  contro  i  frati  Tomaso 
da  Tolentino  e  compag  ni,  seguaci  del  Clarp.no,  i  quali  testé  erano  giunti  come  Missionàri 
in  Armenia  (1290),  inviativi  con  le  debite  lettere  obbedienziali  dal  Ministro  generale  fr. 
Raimondo  Gaufredi  che  li  aveva  liberati  dalla  dura  carcere  che  subivano  nelle  Marche. 
Per  questa  ingiusta  persecuzione,  tre  anni  dopo  (e.  1294)  quei  buoni  religiosi  dovettero 
abbandonare  1'  Armenia  e  ritornarsene  chi  in  Europa  e  chi  riparare  altrove. 

Fra  i  più  accaniti  avversarli  di  questi  zelanti,  si  distinsero  i  frati  della  Custodia  di 
Siria,  e  specialmente  quelli  della  città  capitale  Acri,  ove  allora  era  guardiano  di  quel  con- 
vento un  tale  fr.  Paolo  delle  Marche,  quegli  appunto  che  era  stato  «  socius  Ministri  Mar- 
chiae  »  quando  circa  il  1276  quei  fervidi  religiosi  furono  chiusi  in  dura  carcere  in  uno 
dei  conventi  delle  Marche.  Costui,  e  i  religiosi  di  Siria  avevano  costretto  il  Ministro  pro- 
vinciale fr.  Giacomo  di  scrivere  al  re  Armeno  contro  i  suddetti.  —  La  città  di  Acri  non 
era  ancora  caduta  in  potere  dei  Saraceni  ;  quindi,  questo  accanimento  e  le  lettere  dirette  al 
re  Aitone  devono  datare  entro  il  1290  e  poco  prima  dell'  assedio  e  della  caduta  di  Acri 


(1)  Rdhricht  in  Archives  de  V  Orient  Latin  t.  II  p.  392  nota  111.  —  Con  nostro  vero 
rammarico  dobbiamo  constatare  di  non  aver  potuto  ancora  trovare  in  Italia  un  esemplare 
del  Chronicon  di  Lanercoat,  opera  di  un  Minorità  di  Oxford  come  veniamo  ora  a  sapere  dal 
P.  Felder  0.  M.  Gap.  (Gesch.  der  Wissenschaftl.  Studiai  ini  Framiskanerorden  p.  278).  Nella 
Biòiiotìieca  del  Pottbast  non  lo  troviamo  rostrato  perchè  forse  di  recente  pubblicata. 

(2)  Nel  quale  anno  troviamo  un  altro  Provinciale  di  nome  fr.  Nicolò  de  Sali,  come  ve- 
dremo sotto  il  1295. 

(3)  Annale»  an.  1290  n.  10,  t.  V  p.  236. 


328  BIBLIOTECA 


(1-18  mag.  1291).  Chi  ci  vieterà  di  credere  che  la  Divina  giustizia  volle  punire  in  qaella 
terribile  catastrofe  col  cloro  e  popolo  poco  morigerato,  anche  i  religiosi  nostri  fratelli,  i  quali 
con  irreligioso  accanimento  perseguitarono  religiosi  buoni  e  solo  colpevoli  di  esser  venuti 
nella  vicina  Armenia,  inviativi  dalla  somma  autorità  dell'  Ordine,  per  menare  una  vita  tutto 
apostolica  e  secondo  il  desiderio  del  loro  S.  Patriarca?  La  mano  Divina  quando  colpisce, 
colpisce  per  punire,  sanare  e  anche  per  premiare  l' innocente.  Melek-el-Asceraf  allagò  dì 
sangue  cristiano  le  vie  di  Acri  ;  tra  le  migliaia  di  morti,  la  storia  ci  registra  quattordici 
PF.  Minori  che  preferirono  la  morte  alla  fuga  prescelta  dagli  altri  loro  confratelli  ritiratisi 
a  tempo  in  Cipro.  E  tra  i  fuggiti,  la  storia  registra  appunto  il  P.  Guardiano  di  AcriI 
E  chi  sarebbe  costui,  se  non  il  fr.  Paolo  delle  Marche  Guardiano  di  Acri,  il  fervido  av- 
versario del  b.  Tomaso  da  Tolentino  e  compagni?  Egli  non  si  sentì  forte  al  martirio, 
come  i  14  altri,  e  fé'  bene  a  ritirarsi  in  Cipro  coi  deboli  ;  colà  visse  forse  vari  anni  an- 
cora, e  visse  forse  fino  il  di  9  apr.  1321,  quando  il  perseguitato  da  lui,  fr.  Tomaso  da 
Tolentino,  sapeva  dare  coraggiosamente  la  vita  per  Gesù  Cristo  nell'  età  sua  di  anni  ses- 
santa (1).  Ex  fntctilms  eorum  cognoseetis  eós... 

Tutta  questa  storia  risulta  dal  racconto  che  esporremo  qui  appresso  nei  seguenti 
numeri. 

1289  S.  —  Fr.  Giovanni  O  Aitone  n,  re  d'Armenia,   e  frate   Minore  ecc> 
Cenni  biografici. 

Date  le  troppo  brevi  notizie,  e  queste  spesso  inesatte,  che  sul  nostro  re  Aitone  ci 
diedero  il  Waddingo  e  gli  altri  storici  dell'Ordine  (2),  spetta  quindi  allo  storico  fran- 
cescano della  Terra  Santa  (alla  quale  appartenne  la  Cilicia)  quasi  rifare  la  storia  di  questo 
celebre  frate  e  monarca  sulle  tracce  di  documenti  più  recenti,  quali  non  ebbero  né  il  Wad- 
dingo né  quelli  che  lo  seguirono.  E  noi,  meno  sfortunati  di  loro,  siamo  in  grado  di  quasi 
ricostruire  questa  bella  pagina  di  storia  francescana,  tenendo  di  scorta  i  più  recenti  studi, 
come  quelli  del  Bey  e  Du  Cange  (3),  dell'  armeno  mechitarista  P.  Alishan  (4),  del  palesti- 
nologo  B.  Bdhricht  (5),  e  segnatamente  del  dotto  orientalista  gesuita  P.  Fr.  Tournebize 
prof.  dell'Università  cattolica  di  Beirut  in  Siria  (6),  e  qualche  altra  memoria  che  qua  e 
là  abbiamo  potuto  raccogliere  da  altre  fonti  che  passo  passo  citeremo.  —  Più  che  tessere 
una  completa  biografia  di  questo  grande  re  di  Armenia,  noi  ci  limiteremo  ai  principali 
fatti  della  sua  vita  che  han  qualche  relazione  colla  storia  dell'Ordine  nostro  in  Oriente. 


(1)  Cfir.  Wadding  Annalw  an.  1321  n.  1. 

(2)  Wadding  Annales,  in  tom.  V  et  VI  ed.  2*.  —  Panfilo  da  Magliano  Storia  compen- 
diosa t.  II  e.  14.  —  Civezza  Storia  delle  Miss,  frane,  t.  II  ce.  7,  9  e  14. 

(3)  Bey  e  Du  Cange  Ijes  FamiUes  d'outre-mer:  les  roys  d'Armenie,  a  p.  105-167. 

(4)  Armeno- Veneto  compendio  storico,  e  documenti  sulle  relazioni  degli  Armeni  coi  Vene- 
ziani,  Venezia  1893  tip.  armena  di  S.  Lazaro. 

(5)  Reinhold  Rohricht,  i  soci  stadi  sulle  gaerre  d'Oriente:  ÉKudes  sur  les  demiers  temps 
du  Royaume  de  Jérusalem:  Les  batailles  de  Hims  (1281  et  1289);  pubblicati  negli  Archives 
de  l'Orient  Latin  t.- 1  p.  633-52 

(6)  Fr.  Tournebize  Sistoire  poUtique  et  religieuse  de  r Armenie  nella  Sevue  de  l'Orient 
Chrétìen,  principiata  nel  tomo  o  Anno  VII"  (1902)  e  terminata  nell'Anno  X  (1905):  che  è, 
a  nostro  giudizio,  il  lavoro  recente  più  serio  ed  esatto  che  si  abbia  stili'  Armenia  cat- 
tolica. 


SECOLO  XIII.  329 


Per  chi  ne  volesse  di  piò,  ricorra  agli  autori  da  noi  citati  e  a  qnelli  indicatici  nel  Ré-    99 
jpertoire  dello  Chevalier  (1). 

Morto  Livone  o  Leone  III  re  di  Armenia  (f  6  feb.  1289),  che  lasciò  sette  figli  e  tre 
figliuole,  gli  succedette  (1289)  nel  trono  il  primogenito  Hethoum  o  Aithon,  o  Aitone  II 
di  questo  nome.  Le  memorie  antiche  non  ci  dicono  se  Aitone  abbia  o  no  presa  moglie; 
e  la  testimonianza  del  solo  fr.  Stefano  de' Lusignani,  il  quale  asserisce  aver  Aitone  spo- 
sata Maria  figlia  del  re  Ugo  III  di  Cipro,  ò  smentita  dal  solo  fatto  che  egli  confonde 
questa  figliola  con  Margarita  di  lei  sorella  che  andò  (1286)  sposa  a  Thoros  III,  fratello 
di  Aitone  (2).  La  storia  del  resto,  e  in  ispecie  l'antico  libro  delle  genealogie  delle  famiglie 
reali  di  Armenia,  non  fan  parola  del  suo  matrimonio,  né  registrano  alcun  discendente  di 
Aitone,  il  quale  poi  vedremo  cedere  il  trono  al  suo  nipote  Leone  IV,  nel  1305  (3). 

Lo  storico  armeno  recente  (il  P.  L.  Alishan)  asserisce  che  A  itone,  dalla  sua  tenera 
età  ebbe  una  particolare  divozione  per  S.  Francesco  e  pe'  suoi  religiosi  (già  sparsi  per 
l'Armenia  (4)  e  per  tutto  l'Oriente),  e  che  aveva  maturato  il  disegno  di  ascriversi  al  loro 
Ordine,  come  di  fatto  lo  compì  più  tardi  prendendo  il  nome  di  frate  Giovanni.  Nome 
(aggiungiamo  noi)  che  Aitone  avrà  preso,  senza  dubbio,  in  memoria  e  per  istima  del  suo 
amico  e  apostolo  dell'Armenia,  frate  Giovanni  da  Montccorvino,  che  egli  non  appena 
montato  sul  trono  di  Armenia,  inviava  suo  nunzio  al  papa  francescano  Nicolò  IV  (5). 

Aitone,  ereditata  la  corona  di  suo  padre,  non  volle  mai  cingersela  in  fronte,  come 
asseriscono  tutti  i  cronisti  antichi:  sia  perchè  meditasse  di  ritirarsi  dal  mondo,  sia  per 
altro  motivo  che  ignoriamo.  Umile,  pio,  e  religioso»  paragonato  dal  Tournebize  a  Roberto 
il  Pio,  era  inoltre  dotato  di  una  grande  prudenza  politica  e  d'una  attività  e  coraggio 
non  comuni.  Il  suo  regno  era  allora  minacciato  dai  Tartari  e  Saraceni,  che  lo  investivano 
da  ogni  lato.  Il  Soldano  Kelaun  esigeva  un  tributo,  promessogli  da  Leone  III,  e  le  città 
di  Marasch  e  di  Behesni.  Aitone  sperò  invano  soccorsi  da  Filippo  IV  di  Francia  e  dalla 
Cristianità.  Alfonso  HI  d'Aragona,  il  re  Giacomo  di  Napoli  e  la  Repubblica  di  Genova 
avevano  testé  conchiuso  un  trattato  di  commercio  col  potente  Soldano;  sicché  ad  Aitone 
non  restava  altra  speranza  che  l'aiuto  del  Papa,  Ricorse  egli  quindi  a  Nicolò  IV;  e  seb- 
bene il  Tournebize  asserisca  che  il  pontefice  ripetè  invano  un  appello  alla  crociata,  egli 
non  dimeno  per  opera  de' predicatori  Minoriti  e  Domenicani  potè  inviare  in  Oriente  2000 
pedoni  e  500  cavalieri  (6).  —  Chi  abbia  perorata  la  causa  di  re  Aitone  presso  il  Papa 


(1)  BuU.  accad.  scien.  St  Petershourg  (1862)  IV,  289.  —  Heumann  Armen.  Liter.  (1836), 
207.  —  Patcanian  Càtal.  littér.  Armén.  (1860)  123.  —  Ree.  hist.  Croisades  (1869)  Armén.  I, 
541-49.  —  Revue  AreUolog.  (1850)  VII,  365-68.  —  Semai  Letter.  Armen.  (1829)  126-7. 

(2)  Cfr.  Du  Cange-Rey  Familles  p.  133,  137,  166. 

(3)  L'autore  del  libro  Lignages  cToufre-mer  compilato  e.  il  1321,  e  citato  dai  Du  Gange 
e  Eey  (Familles  p.  166)  cosi  compendia  il  regno  di  Àitone  II:  «  Fuis  la  mort  du  roy  Livon, 
Heì'ton  son  fis  ot  la  seignorie  et  ne  se  vost  coroner,  eins  vesti  abit  de  Menours,  et  dona  la 
seignorie  a  Thoros  son  frere;  puis  li  toli  et  la  dona  a  Semblat  son  autre  frere  et  fu  corone 
dou  royaurae  d'Ermenie.  Thoros  esposa  Marguerite,  la  fiUe  dou  roi  Hugue  de  Chipre,  et  ot 
un  fis,  Livon...  Le  dessusdit  Semblat  fit  tuer  Thoros  son  frere,  puis  Hai'ton  le  fit  prendre, 
et  dona  la  seignorie  h  Constans,  son  frere  ;  puis  fit  il  prendre  Constans,  et  manda  Semblat 
et  Constans  en  Constantinople  ;  là  morut  Constans,  et  il  dona  la  seignorie  a  Livon  son  neveu. 
qui  fu  fis  de  Thoros  et  de  Marguerite  » . 

(4)  Vedi  sopra  a  p.  216  l'inizio  delle  missioni  in  Armenia  dal  1247. 

(5)  Sul  Montecorvino  vedi  l'art,  sotto  l'anno  1279,  n.  88. 

(6)  Vedi  Wadding  Annal.  an.  1289  n.  19,  e  gli  altri  storici  della  Chiesa. 


330  BIBLIOTECA 


99  e  i  sovrani  d'Europa,  non  ce  lo  dice  la  storia;  ma  è  facile  supporre,  e  non  irragioneyol- 
mcnte,  che  pure  per  questo  fine  fa  inviato  dal  buon  re  il  ricordato  fr.  Giovanni  da  Mon- 
iccorvino.  Il  Montecorvino  giunto  testé  (1289)  in  Europa,  doveva  presto  ritornare  in 
Oriente  munito  di  varie  lettere  papali  dirette  ai  magnati  di  Armenia  e  della  Persia  tar- 
tara, avversari  de'  Saraceni.  Abbiamo,  è  vero,  le  sole  lettere  papali  di  scopo  religioso  ;  ma 
queste  suppongono  necessariamente,  secondo  il  solito  agire  de' Papi,  altre  lettere  ed  istru- 
zioni di  scopo  politico,  le  quali  noi  non  conosciamo. 

Sei  furono  le  lettere  che  Nicolò  IV  consegnò  al  Montecorvino  per  l'Armenia,  e  tutte 
e  sei  sono  datate  da  Rieti  il  dì  14  luglio  del  1289,  epoca  della  vicina  partenza  di  fr.  Gio- 
vanni per  l'Oriente  (1). 

Nella  prima,  diretta  al  re  Aitonc,  il  Papa  seco  lui  si  congratula  delle  buone  nuove 
portategli  dal  Montecorvino  sul  progresso  della  fede  cattolica  in  Armenia,  rallegrandosi 
che  il  suo  genitore  Leone  III  era  passato  d;i  questa  vita  coli' amore  alla  fede  della  Chiesa 
Romana.  Loda  la  sua  pietà,  e  ne  lo  incoraggia  a  compiere  l'unione  di  tutta  l'Armenia 
alla  Chiesa,  stando  ai  dettami  del  Montecorvino  e  dei  suoi  compagni  cotanto  da  lui  fa- 
voriti per  lo  avanti.  —  La  seconda  lettera  è  diretta  alla  zia  del  re.  Maria,  sorella  di 
Leone  III  e  moglie  a  Guido  d'Ibelino.  In  essa  si  fa  cenno  del  precedente  apostolato  del 
Montecorvino  e  dei  suoi  compagni  in  Armenia:  «  Nuper  ad  Apostolatus  Nostri  praesen- 
tiam  dilectus  filius  fr.  Ioan.  de  Monte  Corvino  de  Ordine  Minorum  lator  praesentium,  de 
Armeniae  partibus  rediens,  ubi  Christi  prosecutns  obsequia,  et  animarum  salutem  iuxta 
datam  sibi  a  Domino  gratiam  extìtit  operatus,  grata  et  accepta  quampluriraum  de  tuis 
laudabilibus  actibns,  piisque  studiis  Nobis  referre  curavit:  inter  cetera  esprimendo,  quod 
ad  observandam  fidem  catholicam,  quam  Romana  tenet  Ecclesia,  et  eius  unionem  stabilera 
prosequendam  fervens  dirigitur  desiderium  mentis  tuae...».  La  loda,  la  incora^ia,  la  be- 
nedice, e  le  raccomanda  «  Fratrem  (Joannem)  et  eius  socios  supradictos  ad  partes  rede- 
untes  easdem,  praefata  prosecuturos  obsequia:  et  alios  etiam  christianos  in  partibus  de- 
gentes  habendo  benigne  ac  favorabiliter  commendatos,  dictisque  Fra  tri  et  Sociis  tuum  in 
hac  parte  praebendo  auxilium  opportunnm  ...».  —  La  terza,  diretta  a  Thoros  e  agli  altri 
fratelli  del  re,  è  dello  stesso  tenore  della  precedente.  —  La  quarta,  a  Leone  connestabile, 
ossia  generalissimo  delle  truppe  d' Armenia  ;  la  quinta  al  maresciallo  del  regno,  e  la  sesta 
a  tutto  il  popolo  Armeno,  nel  quasi  stesso  tenore  che  le  precedenti.  —  Contemporanea- 
mente il  Montecorvino  portava  una  lettera  del  Papa  per  Argun  Kan  (1284-91  f)  impe- 
ratore tartaro  della  Persia,  assai  benevolo  ai  cristiani  e  alleato  degli  Armeni. 

In  pari  tempo  con  i  suddetti  compagni  del  Montecorvino,  o  se  si  vuole  poco  tempo 
dopo  (entro  il  1290),  troviamo  un'altra  schiera  di  FF.  Minori  partire  per  l'Armenia,  ri- 
chiesti dal  re  Aitone  con  lettere  dirette  al  Ministro  generale  fr.  Raimondo  Gaufrcdi  (2^. 
1  prescelti  furono  in  numero  di  sei,  secondo  il  Waddingo  che  ci  nomina  soltanto  il  famoso 
fr.  Angelo  Clareno,  fr.  Marco  di  Montelupone  del  distretto  di  Macerata,  e  nn  fr.  Pietro 
d'incerta  patria.  Dal  Clareno  però  conosciamo  anche  i  nomi  degli  altri  tre,  i  quali  furono: 


(1)  Sono  in  Sbaralea,  in  Waddingo,  Raynaldi  an.  1289.  —  Beg.  Nic.  IVI  IL  ep.  50-53, 
59.  —  Cfr.  Tournebize  toc.  eit.  an.  1905  p.  367.  —  Civezza  Storia  delle  Miss.  t.  II  e.  9. 

(2)  Wadding  Annal.  an.  1290  n.  10:  €  Destinando  duxit  (Generalis  Minister)  cum  aliis 
trìbus  dusdem  spiritns  viri^,  Angelo  Clareno,  Marco  de  Montelupone,  et  qaodam  Petro  ad 
regein  Armeniae,  a  quo  paulo  ante  litteras  accepit,  qdibus  rogabat,  quosdam  sibi  mitti  buina 
(nstituti  viros,  tum  propter  animae  suae,  et  suoram  solatium,  tum  ad  instituendum  populum 
m".ltutn  nimìs,  qui  ad  chrìstianorum  fìdem  quotidie  accedebant».  —  Vedi  Civezza  Storia 
delle  Misa.  t.  Il  e.  14. 


SECOLO  XIII.  331 


il  b.  fr.  Tomaso  di  Tolentino,  fr.  Angelo  parimenti  di  Tolentino,  e  fr.  Pietro  di  Mace- 
rata; ai  quali  devesi  anche  aggiungere  fr.  Liberato  di  Macerata,  che  vedremo  compagno 
de'  suddetti  (1).  Questi  pure  arrivarono  felicemente  alla  loro  destinata  missione,  ricevuti 
dal  buon  re  Aitone  come  angioli  venutigli  dal  Cielo:  «  a&  Armenorum  Rege  tanquam 
angelos  codi  receptos».  E  tosto  questi  buoni  religiosi  seppero  farsi  amare  dalla  corte  e 
dal  popolo  armeno. 

Intanto  re  Aitone,  che  si  vedeva  incessantemente  minacciato  dai  Saraceni,  e  pensava 
di  rivolgersi  per  aiuto  alla  Cristianità,  prescelse  due  de' testò  arrivatigli  religiosi,  cioè  il 
b.  fr.  Tomaso  di  Tolentino  e  fr.  Marco  di  Montelupone,  inviandoli  col  nobile  Gaufrido 
Comitissae  suoi  legati  al  Papa,  e  ai  re  di  Francia  e  d'Inghilterra.  Ai  primi  del  1292,  i 
legati  erano  arrivati  in  Europa,  e  ai  25  maggio  li  vediamo  nel  Capìtolo  generale  di  Pa- 
rigi presentare  al  Ministro  generale  Gaufredi  lettere  da  parte  del  re  Aitone,  nelle  quali 
lo  si  ringraziava  per  avergli  inviato  così  buoni  e  santi  religiosi,  «  quos  tamquam  angelos 
Dei  venerahatur  y> .  Con  queste  buone  nuove,  il  Generale  potè  alquanto  disarmare  molti 
Padri  capitolari  che  gli  si  mostrarono  assai  contrari  per  aver  egli  inviati  quei  zelanti  in 
Armenia,  liberandoli  cosi  dalla  carcere  la  quale  avevano  subita  nelle  Marche.  —  Se  non  che, 
le  misere  gare  che  allora  desolavano  l'Ordine  intero,  avevano  valicato  anche  il  mare:  e 
i  frati  della  Siria  o  della  Terra  Santa,  non  si  diedero  pace  fino  a  tanto  che  non  videro 
quei  buoni  religiosi  allontanati  dall'  Armenia  la  quale  entrava  nei  limiti  della  loro  giurisdi- 
zione 0  Provincia.  Costoro,  a  malincuore  li  videro  stabiliti  entro  i  limiti  della  loro  Provincia; 
0  temevano  forse  che  l'eccessivo  zelo  di  quelli  per  la  povertà  francescana,  portasse  la  di- 
scordia anche  tra  i  frati  dell'Oriente.  Per  questo,  e  per  calmare  le  ire  degli  antizelanti, 
il  Ministro  provinciale  della  Siria  fu  costretto  di  scrivere  al  re  Aitone  perchè  allontanasse 
dai  suoi  stati  quei  religiosi  ;  sicché  questi,  per  non  cagionare  dei  dispiaceri  al  buon  re,  la- 
sciarono spontaneamente  la  Cilicia  con  rammarico  del  principe,  do'  baroni  e  del  popolo  ar- 
meno, e  ripararono  chi  in  Italia  (e.  1294),  chi  in  Grecia  e  chi  altrove,  dopo  trascorsi  soli 
tre  anni  di  fruttuoso  apostalato  in  Armenia  (2).  —  Anche  il  b.  Tomaso  da  Tolentino 
verosimilmente  dovette  abbandonare  intanto  l'Armenia,  poiché  nel  1302  lo  troviamo  dal- 
l'Italia passare  in  Grecia  (Achaia)  con  12  altri  compagni  destinati  per  le  missioni  tra 
gl'infedeli  d'Oriente  (3),  Ma  egli  ritornò  in  Oriente;  rivide  l'Armenia,  e  la  Persia,  e  per- 
corse tutta  l'India  giungendo  fino  a  Pekino;  d'onde  poi  lo  vediamo  nel  1307  ritornato 
in  Europa  latore  di  una  lettera  del  Montecorvino  (datata  da  Cambalek  nel  febbr.  1306), 
e  portatore  di  buone  novelle  su  quello  missioni  a  papa  Clemente  V  che  tosto  creò  il  Mon- 
tecorvino primo  arcivescovo  di  Pekino  (4).  Coi  sette  suffraganei  che  Clemente  inviava  in 
Cina,  ripartì  probabilmente  anche  il  b.  Tomaso,  che  poi  finalmente  vedremo  morire  per 
la  fede  a  Tana  dell'India  il  9  apr.  1321  (5).  —  E  torniamo  in  Armenia. 

Più  che  mai,  tristi  volgevano  le  condizioni  de'  poveri  cristiani  dell'  Oriente.  Melek-el- 
Asceraf,  figlio  di  Kelaun,  dopo  tre  violenti  assalti  s'impossessava  di  Acri  (maggio  1291); 
e  poi  Tiro,  Sidone,  Beirut  cadevano  in  suo  potere  con  immane  carneficina  de' cristiani. 

L'anno  seguente  (1292),  le  truppe  saracene  penetrano  sino  all'Eufrate  e  investono 
Bomcla,  fortezza  difesa  dall'eroico  francese  barone  B.aimondo,  zio  materno  del  re  Aitone. 


(1)  Vedi  più  sotto  l'art,  su  fr.  Angelo  Clareno  all'an.  1290-93. 

(2)  Cfr.  Wadding  loc.  cit.,  et  an.  1292  nn.  1  e  14;  an.  1294  n.  9. 

(3)  Wadding  Annales  an.  1302  n.  8. 

(4)  Wadding  Annales  an.  1307  n.  6-11.  —  Vedi  sopra  a  p.  305. 
(6)  Wadding  Annales  an.  1321  n.  1.  —  Anal.  frane,  t.  Ili  p-  5978. 


332  BIBLIOTECA 


99  Colà  risiedeya  allora  Stefano  IV  il  Catholicos  degli  Armeni.  —  Caduta  la  piazza,  la  guar- 
nigione, dice  il  Makrisi,  fu  sgozzata;  le  donne  e  i  fanciulli,  con  a  capo  il  patriarca  Ste- 
fano, furono  condotti  schiavi  a  Damasco  (16  giug.  1292).  Neil' enorme  saccheggio,  gli  Ar- 
meni si  videro  portar  via  il  più  ricco  tesoro  che  possedevano,  un  braccio  di  S.  Gregorio 
l'Illuminatore  (1). 

Aitone,  impossibilitato  a  resistere  da  solo  alla  crescente  potenza  saracena,  si  vide  costretto 
per  ottenere  tregua  di  cedere  al  nemico  le  piazze  Behesni,  Marasch  e  Till-Hamdun  (1293). 

Intanto  El-Asceraf  cadeva  sotto  il  pugnale  di  un  emiro,  e  il  mamalucco  Eetbogha 
usurpava  il  trono  d'Egitto  al  giovane  Naser  Mohammed.  Ketbogha  credè  utile  di  rifare 
la  pace  col  re  di  Armenia,  restituendogli  il  braccio  di  S.  Gregorio,  i  vasi  sacri  tolti  a 
Eomcla  e  parte  de' prigionieri  (1294).  Il  CatJwlicos  Stefano  IV  era  però  morto  durante 
la  cattività  (2). 

Il  nostro  Aitone,  immediatamente  dopo  la  perdita  di  Behesni  e  di  Marasch  (1293), 
persuaso  che  suo  fratello  Thoros  III  fosse  più  capace  di  Ini  a  difendere  l'Armenia, 
gli  cedette  il  trono;  e  luì  si  ritirò  in  un  convènto  fraticescano,  ove  prese  l'abito  col 
nome  di  frate  Giovanni,  nel  1293,  nell'  anno  stesso  in  cui  l' armata  Veneta  veniva  scon- 
fitta dall'  ammiraglio  genovese  Nicolò  Spinola  nelle  acque  di  Aiazzo,  entro  il  golfo  di  Ales- 
sandretta  (3). 

Comunemente  tutti  gli  storici,  compreso  il  nostro  Waddingo  (4),  assegnano  l' anno 
1293,  0  1294  per  l'ingresso  di  re  Aitone  nell'Ordine  Minoritico,  da  quando  cioè  egli  ce- 
dette il  trono  al  fratello  Thoros:  la  quale  epoca  risulterebbe  certa  da  quel  che  ci  dice 
r  antico  autore  del  ricordato  libro  Lignages  d'outre  mer  ove  cosi  si  esprime  :  «  H^ton 
vestì  Vàbit  de  Menours,  et  dona  la  seignorie  a  Thoros  son  frere  » .  Ma  una  difficoltà, 
in  proposito  di  questa  data,  sarebbe  la  testimonianza  (se  non  è  errata)  del  compilatore 
delle  Continuationes  Anglicae;  il  quale,  ricordando  l' arrivo  a  Cantorbery  (6  giugno  1300) 
di  due  frati  Minori  della  Siria  ambasciatori  del  re  Aitone,  dice,  che  questi  riferivano 
esser  il  re  entrato  nell'Ordine  dei  Minori,  e  che  di  già  erano  14  mesi  da  che  portava 
r  abito  (5).  Da  questa  asserzione  (se  esatta)  risulterebbe  che  Aitone  vesti  l' abito  entro  il 


(1)  Toumebize  Hiatoire  de  l'Armenie  Ice.  cit.  p.  394. 

(2)  Lo  Schlumberger  (in  Archives  de  l'Or.  Latin  t.  I  p.  671  s)  scrive  che  Costantino  II, 
predecessore  di  Stefano  IV,  fii  eletto  Patriarca  Catìfiolicos  nel  1286,  e  che  fu  deposto  il  7  gen. 
1290,  per  aver  abbracciata  la  fede  della  Chiesa  latina  a  Sis,  e  per  causa  della  gelosia  dì  Ste- 
fano IV  che  gli  succedette:  e  che  quindi,  per  ordine  del  re  Aitone,  esiliato  dall' Armenia,  Costan- 
tino riparò  in  Siria.  —  Tanto  risulterebbe  da  quel  che  narra  il  continuatore  di  Samuele  d' Ani 
(che  però  lo  dice  deposto  nell'  anno  d' Egira  737  =  9  gen.  1288-7  gen,  1289);  ma  con  più  savio 
giudizio  il  Toumebize  osserva,  che  una  tale  condotta  non  può  attribuirsi  ad  Aitone  since- 
ramente cattolico  ;  Costantino  II  invece  fu  deposto  nel  1289  per  accuse  mossali  da  falsi 
testimoni,  e  la  sua  deposizione  fu  tutta  opera  della  gelosia  come  asserisce  la  Chronica  di 
Sempad  (Toumebize  op.  cit.  an.  1905  p.  368).  —  Caduta  Romcla,  secolare  residenza  de'  Ca- 
tholicos d'Armenia,  in  potere  de' saraceni  (1292),  la  sede  dei  patriarchi  fìi  trasportata  a  Sis. 
Costantino  II  reintegrato  nel  patriarcato  verso  il  1306,  tenne  quella  sede  sino  alla  morte 
(1321).  Nel  1307,  sotto  il  regno  di  Leone  IV  presiedette  un  concilio  nella  grande  chiesa  di 
S.  Sofia  a  Sis,  concilio  ^vorevole  a  Roma,  e  un  secondo  a  Adana  nel  1314  sotto  il  re  Oscin 
o  Osimo.  —  Schlumberger  e  Toumebize  locc.  citi. 

(3)  Cosi  il  Toumebize  loc.  cit.  p.  395;  e  l'Alishan  op.  supra  cit.  —  Il  Desimoni  pone 
la  sconfitta  dei  Veneti  nel  1294.  Cfr.  Archives  de  l'Orient  Latin  t.  I  p.  435. 

(4)  Annales  an.  1294  n.  11-12.  —  Cfif.  Alishan,  Toumebize,  Du  Cange-Rey  locc.  eitL 

(5)  Vedi  le  Continuationes  Anglicae  più  sotto  all'an.  1299-1300. 


SECOLO  xm.  333 


marzo  o  aprile  del  1299.  Del  resto,  Aìtone  (se  vogliamo  conciliare  le  date),  potè  entrare 
nell'Ordine  nel  1293,  o  94,  e  professare  nel  1299. 

Checché  ne  sia,  Thoros  non  finì  di  governare  due  anni  la  Cilicia,  che  obbligò  il  fra- 
tello Aitone  di  riprendere  le  redini  del  governo;  e  a  ciò  ve  lo  indussero  anche  i  magnati 
del  regno.  —  Il  secondo  governo  di  Aitone  daterebbe  verso  gli  ultimi  del  1294,  circa  il  tempo 
in  cui  si  conchiudeva  la  pace  con  Ketbogha,  e  nel  mentre  tutti  i  grandi  del  regno  assi- 
stevano al  matrimonio  di  sua  sorella  Isabella  con  Almerico  conte  di  Tiro  e  fratello  di 
Enrico  II  re  di  Cipro  (1). 

Risalito  sul  trono.  Aitone  nel  1295  si  recò  in  Persia  a  Dihburkan  presso  l'impera- 
tore Cassan,  col  quale  conchiuse  un'  alleanza  contro  i  saraceni,  inducendolo  anche  di  revo- 
care r  editto  che  ordinava  di  cangiare  le  cJiiese  in  moschee.  —  Eitornato  a  Sis  verso  la  fine 
d'ottobre,  Aitone  trovò  due  ambasciatori  di  Andronico  II,  che  venivano  a  chiedergli  una 
delle  due  sorelle  per  isposa  a  Michele  figlio  dell'imperatore.  Aitone,  dice  il  Tournebize, 
accolse  con  gioia  l'offerta  d' un' alleanza  cosi  vantaggiosa.  E  il  16  gen.  del  1296,  Rita  o 
Margherita  sorella  maggiore  di  Aitone,  giunta  a  Costantinopoli,  sposava  Michele  testé  asr 
sunto  al  trono  da  Andronico  (2).  I  greci,  dopo  averla  unta  col  sacro  crisma,  le  cangia- 
rono il  nome  in  quello  di  Maria  o  Xene,  che  vuol  dire  straniera  (3). 

Nel  1296,  troviamo  di  nuovo  il  re  Aitone  nella  corte  di  Cassan,  recatovisi  come  sempre 
per  gì'  interessi  de'  cristiani  e  per  muoverlo  contro  1  saraceni  (4).  Nel  decembre  dello  stesso 
anno  lo  vediamo  già  arrivato  a  Costantinopoli,  ove  si  era  recato  col  fratello  Thoros  per  vi- 
sitare sua  sorella  Rita  sposa  all'  Augusto,  e  senza  dubbio  per  ottenere  de'  soccorsi  contro 
i  comuni  nemici.  L' epoca  del  suo  arrivo  colà  ci  è  data  dal  Pachymero,  il  quale  aggiunge 
che  Aitone  prese  dimora  presso  i  Frati  (Minori)  italiani  (5),  i  quali,  come  sappiamo,  avevano 


(1)  Tournebize  loc.  cit.  p.  395. 

(2)  Tournebize  loc.  cit.  p.  395-96. 

(3)  Vedi  il  Pachymero  De  Andron.  Palaeol.  lib.  3,  ce.  5  e  6  (Migne  P.  G.  t.  144,  col. 
222-27,  e  la  cronologia  del  Possine  ibid.  p.  897)  che  a  lungo  parla  delle  brighe  e  viaggi  dei 
due  ambasciatori  per  trovar  una  sposa  a  Michele,  evitando  di  rivolgersi  al  Papa  il  quale 
non  avrebbe  certo  permesso  il  matrimonio  d' una  cattolica,  qual  era  Rita,  con  uno  scisma- 
tico, se  non  con  le  dovute  condizioni.  Aitone,  dice  il  Pachymero,  esibì  tutte  e  due  le  sorelle 
Rita  e  Theophano,  a  scelta  di  Michele;  e  tutte  e  due  partirono  cogli  ambasciatori  greci. 
Ma  Teophano,  riunta  pure  dai  greci  e  chiamata  Theodora,  prima  di  arrivare  dal  suo  sposo 
Griovanni  il  Sebastocratore  cui  fu  destinata,  mori  per  via  e  fu  sepolta  a  Tessalonica.  —  Lo 
storico  cattolico,  in  questo  procedere  di  re  Aìtone  (cattolico  e  per  giunta  frate  Minore  !)  tro- 
verà a  ragione  qualche  biasimo,  se  non  vogliamo  sospettare  molte  reticenze  nello  storico 
greco,  e  supporre  che  Aìtone  avrà  agito  in  proposito  con  tntte  le  cautele  che  richiedeva  il 
caso;  ovvero  supporre,  che  se  Aitone  era  veramente  cattolico,  non  lo  erano  tali  le  sorelle.^ 
Lo  storico  poi  civile,  inspirato  alle  moderne  dottrine,  troverà  nella  condotta  di  Aitone  l' in- 
teresse dello  stato,  la  politica,  o  checché  altro  o^i  sì  voglia  escogitare  dai  troppo  moderni 
machiavellisti. 

(4)  Cfr.  ArcJiives  de  V  Orient  Latin  t.  I  p.  643  n.  39. 

(5)  Pachymero  De  Andron,  Palaeol.  lib.  3,  e.  20  (Migne  P.  G.  t.  144  col.  267)  ove  cosi 
si  esprìme  sulla  dimora  del  re:  xat  aùxou  TotJ  pr,YÒs  'Apiuvla^  tuj^óvto?  Iv  jióXsi,  04  Sri  xai  xoxà 
tppEpiou;  'iTaXoù;  BiT^ye  ;  che  noi  traduremmo  :  e  Rex  etiam  Armeniae  aderat  tunc  in  civitate, 
quippe  qui  apttd  Fratres  italos  versabatur  »  ;  e  il  Possìno  interpreta  :  «  quippe  cum  Freriis 
italia  vivens*j  e  in  questo  senso  si  esprime  anche  nelle  sue  note  (Migne  l.  e.  col.  814)  di- 
cendolo dimorante  presso  ì  Minori  dì  C.poli,  dandoci  anche  la  data  dee.  1296  (ib.  col.  899). 
E  questi  frerii  o  frati  erano  senza  dubbio  i  frati  Minori.  Il  Du  Cange  (in  FamiUes  d'outre 


334  BIBLIOTECA 


99  un  convento  nel  quartiere  Veneto  entro  le  mura  della  vecchia  Bizanzio.  Aitone,  dice  lo 
storico  greco,  trovossi  allora  presente  quando  i  genovesi  di  Galata  assalirono  i  Veneti  nel 
loro  quartiere  di  C.poli  facendone  orribile  macello,  con  indicibile  disgusto  del  buon  re  che 
invano  si  era  interposto  mediatore  di  pace  fra  i  due  accaniti  avversarii. 

Assentandosi  dall'Armenia,  Aitone  aveva  affidate  lo  redini  dello  stato  al  terzogenito 
suo  fratello  di  nome  Sembat.  Questi,  vinto  dall'  ambizione  di  regnare,  riuscì  a  usurparsi  il 
trono  col  pretesto  che  A  itone,  avendo  abdicato  por  farsi  frate,  non  aveva  più  diritto  al  regno; 
e  cosi  riuscì  a  guadagnare  alla  sua  causa  i  tre  fratelli  minori  e  il  patriarca  Gregorio  VII 
che  lo  consacrò  re  nella  capitale  Sis.  Aitone  e  Tboros,  ritornati  da  Costantinopoli  (1297), 
furono  espulsi  dal  regno.  Invano  questi  ricorsero  ai  loro  antichi  alleati:  il  re  di  Cipro 
fé' loro  le  sue  condoglianze;  l'imperatore  di  Costantinopoli  somministrò  loro  una  somma 
di  denaro,  e  Cassan  rispose  non  poter  contrariare  Sembat  che  da  lui  ebbe  l'investitura 
della  Celicia  e  prese  per  moglie  una  principessa  della  famiglia  di  Gengiskan  (1).  Tuttavia 
Sembat,  vedendo  che  i  due  esuli  continuavano  a  rivendicare  i  giusti  loro  diritti,  li  fece 
catturare  presso  Cesarea  (di  Cilicia)  e  rinchiudere  nella  fortezza  di  Partzerpert.  E  subito 
dopo,  per  suo  ordine,  Thoros  fu  strangolato,  e  Aitone  ebbe  bruciati  gli  occhi  con  un  ferro 
arroventato  (2).  Quest'atto  barbaro  di  Sembat  deve  porsi  non  più  tardi  del  1297.  —  Sembat 
pure,  vessato  dalle  continue  incursioni  de'  Saraceni,  si  vide  costretto  di  ricorrere  a  papa  Boni- 
facio VIII  e  ai  re  di  Francia  e  d' Inghilterra  per  aver  de'  soccorsi.  Il  Papa  gli  risponde 
(28  ott.  1298)  di  aver  ricevuto  i  suoi  ambasciatori  e  di  agire  in  proposito  coi  detti  Mo- 
narchi (3).  Ma  intanto  Sembat  era  già  stato  balzato  dal  trono. 

La  crudeltà  sua  mostrata  contro  Aìtone  e  Thoros,  dicesi,  abbia  talmente  indignato 
r  animo  del  principe  fratello  Costantino,  che  questi  gli  si  rivoltò  tutto  contro;  e  gli  riuscì 
di  sorprenderlo,  catturarlo,  e  liberare  Aitone.  Ma  volle  per  sé  la  corona,  «  se  la  cinse. 
Intanto  Aitone,  sia  per  grazia  del  Cielo  (come  vogliono  gli  storici  Armeni),  sia  che  il  car- 
nefice non  gli  abbia  totalmente  lesi  gli  occhi  (come  asserisce  l'arabo  Abulfeda),  dopo  alcuni 
mesi  egli  riacquistò  il  dono  della  vista.  I  magnati  del  regno  vedendolo  atto  a  rimprendere 
le  redini  dello  stato,  ne  lo  pregarono  vivamente  ;  ed  Aitone  accettò  di  salire  per  la  terza 
volta  il  trono.  Ma  Costantino  non  voleva  sapere  di  cedeteli  il  posto;  che  anzi,  liberato 
Sembat  dalla  prigione,  ambo  opposero  una  viva  resistenza  ad  Aitone.  Se  non  che  Aitone, 
con  un  soccorso  avuto  dai  militi  Templari  ed  Ospedalieri,  presto  soggiogò  i  due  fratelli 
(1299);  quali  poi  mandò  in  esilio  a  Costantinopali,  ove  morirono  (4). 

Durante  il  breve  regno  di  Costantino,  i  saraceni  avevano  nuovamente  invasa  la  Ci- 
licia, arrivando  fin  sotto  le  mura  di  Sis,  commettendo  orribili  massacri,  e  conquistando 
HamoQS,  e  Tell-Hamdoun  (la  Canamella  dei  Crociati)  situata  all'  estremittà  settentrionale 
del  golfo  di  Alessandretta.  Costantino  a  mala  pena  riusci  di  aver  pace  col  nemico  ceden- 
dogli Hamous  e  una  decina  di  altre  fortezze  (ag.  1298).  Ma  qualche  mese  dopo,  i  saraceni 


mer  p.  133)  interpreta  invece  questo  passo  in  un  senso  vago  supponendolo  ospite  della  corte 
imperiale,  ma  vestito  dell'abito  dei  frati  Minori:  *  Pachymères  remarquant  quHl  demeuroit 
parmy  dea  frtres  italiens,  c'est-à-dire  qu'il  avoit  Vhabit  de  frère  mineur  » . 

(1)  Da  Gange  e  Rey  FamUles  cit.  p.  134,  dicono  che  al  proposito  Aitone  si  era  recato 
in  persona  dai  mentovati  principi. 

(2)  Toumebize  loc.  cit.  p.  396.  —  Partzerpert  (=  alta  fortezza),  era  una  fortezza  sul 
Taarns,  sar  un  affluente  dell'  alto  Pyramus  (Djihan-Tchai)  verso  l'  estremità  settentrionale 
delia  Cilicia,  a  una  giornata  di  cammino  e  a  Nord  di  Sis.  Id.  ib.  p.  113  n.  2. 

(3)  Cfr.  Wadding  an.  1298  n.  5.  —  Dn  Cange-Rey  op.  cit.  p.  134. 

(4)  Tournebize  loc.  cit.  p.  396-97,  —  Cfr.  Dn  Cange-Rey  op.  cit.  p.  136. 


SECOLO  xm.  335 


sentendo  1'  appressarsi  dei  Mongoli  in  aiuto  di  Aitone  rimesso  sul  trono,  abbandonarono  99 
tosto  qnello  fortezze  che  ritornarono  in  potere  di  Aitone  (1).  —  Da  questo  tempo  in  poi, 
Aitone  e  Cassan,  noti  cessarono  di  sgominare  dappertutto  il  feroce  nemico  su  cui  ripor- 
tarono varie  vittorie.  È  celebre  specialmente  quella  riportata  sui  campi  di  Emesa  (Homs) 
il  22-23  decembre  1299,  attribuita  dagli  storici  principalmente  alle  truppe  armene  guidate 
da  Aitone,  vestito  del  saio  francescano. 

Cassan,  contiindo  sulle  truppe  cristiane  degli  alleati  Armeni  e  Crociati,  lasciava  Tauris 
il  16  ott.  1299.  Dopo  aver  toccata  Mardin  e  passato  l'Eufrate,  scende  in  Siria  con  90  mila 
cavalieri,  s' impadronisce  di  Aleppo,  e  quindi  accampa  presso  Salamieb.  Intanto  dall'Egitto 
gli  veniva  incontro  il  Soldano  Melek-Naser-Mohammed  colle  truppe  più  scelte,  e  non  certo 
inferiori  in  numero  come  vorrebbero  i  cronisti  arabi.  La  terribile  zuffa  ebbe  luogo  nelle 
vicinanze  di  Emesa  (22-23  dee),  e  il  successo  decisivo  lo  si  attribuisce  alle  truppe  cri- 
stiane che  si  erano  gettate  sul  nemico  quando  già  Cassan  pensava  alla  ritirata.  Aitone, 
coi  suoi  10  mila  cavalieri  (3  mila  secondo  altri),  ne  uccise  sei  mila,  perseguitando  11 
nemico  per  dieci  giorni,  senza  dargli  tregua,  fino  alla  città  di  Doli  (Dehliz  =  Moulk  = 
Gaza).  In  questo  luogo  dice  una  cronaca  armena,  Airone  fé'  porre  un  inscrizione  di  questo 
tenore:  «  Ciò  che  fin  qui  ho  fatto,  mi  basta;  poiché  son  giunto  fino  a  questo  luogo 
come  un  gigante  e  con  forno  indomabile.  Nessuno  dei  miei  antenati,  nessuno  de' cri- 
stiani è  arrivato  mai  fin  qui  con  tanta  energia  perseguitando  il  nemico  ».  Il  Soldano 
riuscì  a  mala  pena  a  sfuggirlo  e  riparare  in  Egitto  con  soli  18  uomini,  a  detta  dell'arabo 
Makrisi.  Intanto  Cassan  entrava  trionfalmente  in  Damasco  il  2  gennaio  del  1300,  procla- 
mando un'amnistia  per  tutti  i  fuggitivi.  Il  re  Aitone,  ritornato  dal  perseguitare  i  sara- 
ceni, fu  a  raggiungerlo  a  Damasco,  e  insistè  fortemente  per  vendicare  col  ferro  e  col  fuoco 
sulla  città  di  Damasco  le  orribili  stragi  che  i  saraceni  avevan  perpetrate  in  Cilicia  ;  ma 
r  emiro  Kandjak  no  lo  distolse,  cedendogli  invece  per  la  vendetta  le  città  Salahijah,  Mizza 
e  Daria,  ove  dicesi  prese  le  sue  vendette  su  dieci  mila  musulmani!  Cosi  in  breve  tempo  gli 
alleati  avevano  soggiogata  quasi  tutta  la  Siria;  ma  Cassan  presto  (4  feb.  1300)  dovette 
ripartire  per  la  Persia  invasa  da  Baldo,  dando  ordine  ai  suoi  luogotenenti  di  ridare  la 
Terra  Santa  ai  Crociati.  In  fatti,  il  generale  Mulay  con  20  mila  cavalli,  scendeva  per 
Bàlbek  e  Gerusalemme  sino  a  Gaza,  dappertutto  seminando  stragi  e  rovine.  Se  non  che  lui 
pure,  dopo  il  tradimento  (29  apr.)  di  Kandjak,  che  si  era  rappattumato  col  Soldano  Naser, 
dovette  presto  ritornarsene  in  Persia.  —  Più  tardi,  Cassan  ritornò  di  nuovo  in  Siria  ac- 
campandosi sotto  Aleppo  (6  gen.  1301);  ma  il  rigore  dell'inverno  lo  costrinse  a  indietreg- 
giare (febbr.),  abbandonando  a  sé  stessi  gli  alleati  cristiani,  i  quali  perciò  non  poterono  ef- 
fettuare il  loro  progetto  di  attaccare  Tortosa,  come  già  dal  1299  il  conte  Guido  di  Giaffa 
e  Giovanni  di  Antiochia  avevano  combinato  con  re  Aitone  a  Byblos  (Gibelet). 

Le  trattative  di  pace  offerte  da  Cassan  al  Soldano  non  essendo  riuscite,  il  generale 
tartaro  Kutluksciah  ripassò  di  nuovo  l'Eufrate  (30  gen.  1303);  ma  presso  Damasco  fu 
completamente  battuto  (20-21  apr.);  e  in  mezzo  ai  preparativi  d'  una  quarta  campagna 
Cassan  sfortunatamente  moriva  il  15,  ovv.  il  17  maggio  del  1304  (2). 

La  nuova  delle  prime  vittorie  di  Cassan  si  era  difusa  per  l' Occidente  come  un  lampo. 
Fra  i  rumori  sparsi,  correva  la  falsa  voce  che  Cassan  si  era  fatto  cristiano;  quando  in- 


(1)  Tournebize  loc.  cit.  p.  397-98. 

(2)  Ròhricht  I^s  hataillcH  de  Hima  (1281  e  1299)  in  Archives  de  V  Orient  iMtin  1. 1  p. 
643-48.  —  Il  Kobler  lo  dice  morto  li  11  mag.  1305,  rigettando  come  erronea  la  data  1304. 
Cfr.  Bevue  de  l' Orient  JMtin  t.  IX  p.  243  n.  2; 


336  BIBLIOTECA 


00  vece  non  fu  che  assai  benevolo  e  alleato  de'  cristiani.  Molti  cronisti  di  quei  tempi  ci  tra- 
mandarono pure  che  Cassan  si  era  impossessato  del  Cairo,  dell'  Egitto  e  di  tutta  la  Terra 
Santa:  e  che  perfino  il  Soldano  cadde  nelle  mani  di  re  Aitonc.  Queste  e  simili  dicerie 
ormai  sfattate  dalla  seria  critica  del  eh.  palestinologo  Rohricht,  non  hanno  più  luogo  nella 
storia;  ma  non  assentiamo  al  dotto  critico  quando,  al  numero  delle  mentovate  dicerie, 
sembra  voglia  annoverare  anche  il  fatto  storico  dell'  ambasciata  di  due  frati  Minori  che 
Cassan  e  gli  alleati  inviarono  al  Papa  ed  ai  sovrani  dell'Occidente  (1).  Ma  il  fatto  sta  che 
due  frati  Minori  della  Siria  furono  inviati  dagli  alleati  a  Papa  Bonifecio  Vili  a  Soma, 
1  quali  poi  da  Eoma  si  recarono  allo  stesso  scopo  a  Parigi  e  a  Londra  presso  quelli  so- 
vrani. Come  vedremo  nelle  Continuationes  Anglicae,  i  due  frati  Minori  arrivavano  a  Can- 
torbery  ai  6  di  giugno  1300  portando  la  nuova  delle  vittorie  di  Cassan,  e  la  notizia  che 
il  re  Aitone  portava  già  da  quattordici  mesi  1'  abito  di  S.  Francesco  et  hàbitum  Ordinis 
portans  contra  Soldanum  in  praeliis  (2). 

Altri  cronisti  aggiungono,  che  entro  1'  ottava  dell'  Epifania  del  1300,  i  cristiani  erano 
rientrati  in  Gerusalemme,  e  che  ivi  celebrarono  solennemente  la  Pasqua  (lÒ  apr.).  La 
Chronique  du  royaume  d' Armenie  (3)  riferisce  inoltre,  che  re  Aitone  nel  gennaio  del 
1300  sostò  per  quindici  giorni  a  Gerusalemme,  ristabilendovi  il  culto  cristiano:  e  che 
inoltre  il  possesso  della  S.  Città  e  dei  dintorni  gli  fu  of&cialmentc  conferito  da  un  diploma 
di  Cassan,  che  poi  andò  a  raggrangere  a  Damasco.  Queste  ed  altre  particolarità  riportate 
da  vari  cronisti  del  tempo,  si  conciliano  perfettamente  con  la  cronologia  e  con  le  gesta  di 
Cassan  e  degli  alleati,  i  quali,  per  lo  meno  fino  ai  29  di  aprile  del  1300  (epoca  del  tra- 
dimento di  Kandjak),  erano  rimasti  padroni  della  Siria  e  Palestina. 

Morto  Cassan,  come  abbiamo  detto,  nel  1304,  gli  succedette  suo  fratello  Oldjaitu 
Eharbendeh  (1304-17)  nato  da  madre  cristiana  e  battezzato  col  nome  di  I^icolò  da  suo 
padre  Argnn  Ean  che,  come  sappiamo,  era  assai  benevolo  ai  cristiani.  Ma  Oldjaitu  apostatò 
e  passò  al  maomettismo,  immitando  cosi  l'esempio  di  Cassan  che  per  politica  ai  era  fatto 
maomettano  verso  il  1296,  senza  però  esser  stato  mai  battezzato  come  asserirono  alcuni 
cronisti  occidentali.  —  Da  quest'  epoca  in  poi  l' infelice  Armenia  non  poteva  sperare  pace 
né  sicurezza  dai  tartari  dichiaratisi  maomettani;  quindi  essa  era  costretta  di  pagare  un 
doppio  tributo,  ai  tartari  e  ai  saraceni,  per  vivere  in  una  pace  effimera  che  ad  ogni  mi- 
nimo pretesto  veniva  rotta  da  quegli  infedeli. 

Il  generale  tartaro  Bilargu  con  i  suoi  500  mongoli,  incaricato  già  da  Cassan  a  di* 
fendere  le  frontiere  della  Cilicia  contro  i  saraceni,  spadroneggiava  da  despota  sugli  Armeni, 
e  odiava  nel  cuor  suo  il  re  Aitane  specialmente,  perchè  questi  non  volle  mai  permettergli 
la  costruzione  d'una  moschea  nella  capitale  di  Sis.  D'altra  parte,  il  preteso  alleato  e 
protettore  dell'Armenia,  l'apostata  Oldjaitu  Ean,  aveva  gettata  la  maschera  di  protettore 
dei  Cristiani,  e  obbligava  colla  spada  e  colle  torture  ad  abiurare  la  fede  numerosi  popoli 
cristiani  della  grande  Armenia,  della  Georgia  e  dell' Albania  del  Caucaso.  Dall'Oriente  poi, 
i  saraceni  piombavano  ogni  tanto  sull'infelice  Cilicia,  massacrando  e  devastando,  sotto  il 
pretesto  che  Aitone  tardava  a  mandare  il  tributo  al  governatore  di  Aleppo. 

Tante  avversità  dovevano  accorare  1'  animo  più  forte  ;  e  Aitone,  nella  speranza  di  can- 
giare le  sorti  dell'  afflitta  patria  col  ridiscendere  dal  trono,  abdicò,  e  per  la  quarta  volta  lasciò 
il  governo  in  favore  di  suo  nipote  Leone  IV,  figlio  di  Thoros  III  e  di  Margherita  de' Lu- 


(1)  Rohricht  loc.  cit.  p.  649-50. 

(2)  Vedi  sotto  l'an.  1299-1300. 

(3)  In  Recueil  des  hist.  d.  Orois.  t.  I  p.  660,  ap.  RShricht  op.  cit.  t.  I  p.  649  n.  75. 


SECOLO  xm.  337 


signano,  giovane  ancora  non  contando  19  anni  d'età.  Leone  IV,  consacrato  re  dal  pa-  99 
triarca  Gregorio  VII,  era  docile  e  intelligente,  e  si  consigliava  sempre  col  zio  Aitone  che 
si  era  ritirato  nel  convento  dei  francescani;  e  come  lui  fa  un  fervido  e  forse  troppo  ze- 
lante propugnatore  dell'unione  de' pochi  dissidenti  colla  chiesa  Romana.  Il  giovane  mo- 
narca, montato  che  ebbe  il  trono,  tosto  riattivò  le  relazioni  col  Papa,  inviando  una  solenne 
ambasciata  a  Clemente  V  che  risiedeva  in  Francia.  In  proposito  abbiamo  due  lettere  del 
Papa  datate  da  Bordeaux  (2  iul.  1306):  nella  prima,  diretta  ai  Minoriti  fr.  Forchetto 
arcivescovo  di  Genova  e  a  fr.  Filippo  di  Savona,  risponde  il  Pontefice  a  certe  lettere  ri- 
guardanti l'Armenia  cui  intendeva  soccorrere;  e  nella  seconda  risponde  al  patriarca  Gre- 
gorio VII,  al  re  Leone  e  ai  «  nobilibus  viris  fratri  Ioanni  ordinis  Minorum  guhernatori 
terrae  Armenorum,  Uxino  [Oscino]  et  Almacho  [Alinach]  patruis  regis  eiusdem»,  incorag- 
giandoli di  attendere  la  prossima  crociata,  nel  mentre  inviava  loro  un  abbondante  soccorso 
in  denaro  (1). 

Il  partito  degli  Armeni  dissidenti,  che  a  testimonianza  degli  storici  era  la  minoranza, 
tuttavia  persisteva  nel  turbare  la  pace  della  chiesa  Armena,  e  né  volle  mai  sottoscrivere  alle 
riforme  liturgiche  sancite  nel  sinodo  celebrato  (marzo  1307)  nella  cattedrale  di  S.  Sofia  a 
Sis.  Anzi,  inaspriti  vie  più,  ricorsero  perfino  al  tradimento,  congiurando  contro  la  vita  del 
monarca  e  di  Aitone.  I  traditori  fecero  ricorso  al  generale  mongolo  Bilargu,  che  coi  suoi 
500  soldati  accampava  presso  Anazarbe.  Questi,  come  abbiamo  detto,  era  di  già  inasprito 
contro  Aitone  che  gli  aveva  ricusato  il  permesso  di  costruire  una  moschea  in  Sis:  e  i  con- 
giurati finirono  d' inasprirlo  dipingendogli  Leone  e  Aitone  come  nemici  e  traditori  de'  mon- 
goli. Il  barbaro  che  illa  sete  della  vendetta,  ambiva  anche  d'impadronirsi  della  Cilicia, 
combinò  un  infame  t:  adimento  contro  i  due  principi.  Invitatili  di  recarsi  ad  Anazarbe  per 
conferire  seco  lui  su  iffari  riguardanti  il  regno,  Aitone  e  Leone  nulla  sospettando,  vi  si 
recarono  tosto,  scortati  da  soli  quaranta  principali  Signori  del  regno,  tra  i  quali  il  conne- 
stabile  Oscino.  Introdotti  nell'accampamento  di  Bilargu,  il  fanatico  maomettano  sguainò 
la  spada,  e  nell'atto  di  proferire  la  preghiera  del  Corano -4 ZZaft  è  iZ^rrawde,  die  l'esempio 
ai  suoi  di  precipitarsi  sui  principi  inermi  ;  e  tutti  i  quaranta,  nessuno  salvo,  perirono  tru- 
cidati il  18  nov.  1308  (2). 

Così  fini  Aitone,  trucidato  sì,  e  per  la  fede  e  per  la  patria,  ma  sotto  le  mura  di 
Anazarbe,  e  non  sul  campo  di  battaglia  contro  i  saraceni,  come  asseriscono  comunemente 
i  nostri  scrittori  francescani  (3).  Il  corpo  del  buon  re  Aitone,  dice  il  citato  Cìironicon  24 
Generalium,  fu  poi  «  in  conventu  [FF.  Minorum]  Sisii  solemniter  tumulatus  (4)  » . 


(1)  Sbaralea-Eubel  BuUarium  t.  V  p.  27  nn.  57-58.  —  Waddìng  Annales  an.  130G 
n.  24-26. 

(2)  Toumebìze  op.  cit.  p.  399-402.  —  Cfr.  Du  Cange-Rey  FamUles  p.  136-37,  ove  ab- 
biamo nn  altro  motÌTO  dell'  odio  di  Bilargu  contro  Aitone,  che  non  rolle  cedergli  il  possesso 
della^città  di  Anazarbe  presso  la  quale  accampava  il  barbaro:  raccontasi  inoltre  che  il 
massacro  fu  commesso  nel  momento  che  i  principi  Armeni  interrenivano  al  banchetto  pre- 
parato loro  dal  Bilargu.  —  Cfr.  Nouvdle  biographie  ed.  Didot,  t.  XXIV  p.  594  alla  v. 
HetJumn  II. 

(3)  Cfr.  Chron.  24  Gen.  in  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  462.  —  Wadding  sub  an.  1306  n.  26, 
ove  rigettò  l'opinione  vera  del  Pseudo-Odorico  che  disse  uccido  Aitone  dal  Bilargu.  —  Ci- 
vezza  Storia  delle  Miss.  t.  II  p.  562-63.  —  Panfilo  Storia  t.  II  p.  437-38. 

(4)  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  462  ;  ove  però  in  nota  è  erroneamente  confusa  Sis  la  capitale 
ddla  Cilicia,  con  Sissium  o  lAmissium  (Limassol)  nota  città  deli'  isola  di  Cipro,  ove  pure  i 
Biinoriti  avevano  un  convento. 

BOiìM.  —  Tom.  L  28 


338  BIBLIOTECA 


09  Dopo  la  morte  di  Aitone  e  de'  principi  armeni,  Bilargu  credè  di  poter  tosto  sorpren- 

dere la  guarnigione  armena  di  Anazarbe  e  impadronirsene;  ma  fu  vergognosamente  re- 
spinto. Intanto  la  triste  nuova  era  giunta  a  Sis.  Il  principe  Osano,  quarto  fratello  di 
Aitone,  armò  subito  un  pugno  di  bravi,  e  marciò  in  soccorso  di  Anazarbe,  ove  sconfisse 
Bilargu  cacciandolo  dalla  Cilicia.  Dopo  ciò  Oscino  fu  consacrato  re  a  Tarso  nella  cattedrale 
di  S.  Sofia  ;  e  il  suo  generoso  fratello  gemello,  principe  Alinach  (perito  poi  nel  Cydno 
24  ag.  1310),  perseguitò  sino  alla  corte  di  Oldjaitu  il  traditore  Bilargu  che  per  politica 
fa  condannato  a  morte  (1). 

Jl  nostro  Aitone  II  fu  anche  scrittore  e  poeta;  di  lui  ci  restano  alcuni  versi  che 
contengono  delle  importanti  notizie  sulla  religione  e  sui  costumi  de'  suoi  tempi  (2).  —  Lo 
storico  armeno  P.  L.  Alishan,  Mechitarista  del  monastero  di  Venezia,  compendiando  la 
vita  di  re  Aitone,  che  egli  trova  ora  in  un  convento  dei  frati  Minori  con  in  dosso  la  grossa 
tonaca,  ora  in  mezzo  ai  suoi  eserciti  vestito  sempre  dell'abito  monacale,  aggiunge  questa 
interessante  notizia  :  «  In  tal  costume  religioso-militare,  bizzarro  agli  occhi  del  secolo,  si 
trova  dipinto  in  vari  monasteri  e  chiese  dell'Ordine  francescano.  Abbiamo  visto  noi  pure 
(die'  egli),  e  forse  si  vede  ancora  a  San  Giobbe  di  Venezia,  un  suo  ritratto,  in  una  cella 
di  queir  antico  convento  francescano  ;  e  per  caso  singolare,  questo  è  l' unico  ritratto  salvo  che 
rimane  de' molti  che  v'erano  prima,  in  grazia  del  custode  di  quel  locale,  che  per  un  corto 
rispetto  a  quel  Beato,  non  permise  venisse  abraso  come  lo  furono  gli  altri,  tenendo  per 
tradizione  che  frate  Giovanni  Hethum  avesse  un  tempo  abitato  quella  cella.  Di  certo  si 
ha  che,  per  la  morte  di  Hethum,  per  la  sua  fede,  e  pei  suoi  buoni  costumi,  fu  il  nostro 
Ke  annoverato  fra  i  Beati  dell'Ordine  francescano  che  egli  amò  e  che  in  pari  tempo  era 
da  esso  amato  (3)  » . 

Oscino,  successore  di  Aitone,  persuaso  che  la  politica  de'  suoi  predecessori  era  la  sola 
che  potesse  salvare  la  fede  del  suo  popolo  e  la  libertà  della  patria,  continuò  sinceramente 
le  relazioni  con  la  S.  Sede  mostrandolesi  fedelissimo  figlio.  Visto,  che  con  le  buone  non 
gli  riusciva  di  vincere  l' ostinatezza  de'  pochi  armeni  dissidenti,  fu  costretto  di  usare  il  ri- 
gore dell'esilio  e  della  carcere  contro  i  più  malvagi  che  avevano  già  cooperato  e  alla 
morte  di  Aitone  e  messa  in  pericola  la  patria.  Nel  1316  egli  fé'  convocare  un  concilio 
armeno  i  Adana,  ove,  lui  presente,  furono  confermati  i  decreti  già  sanciti  dal  concilio  di 
Sis  celebrato  nel  1307  (4).  Oscino  mori  il  20  luglio  1320. 

Oscino,  ad  esempio  di  Aitone  II,  tenne  egli  pure  nella  sua  corto  sei  frati  Minori 
come  risulta  da  una  lettera  di  Clemente  V  data  il  22  giugno  del  1311.  In  essa  il  Pon- 
tefice scrive  al  Ministro  provinciale  di  Terra  Santa  residente  in  Cipro  (e  da  cui  dipendevano 
i  frati  dell'Armenia  Minore)  ingiungendogli  che  «  sicut  ex  tenore  petitionis  dicti  regis 
(Osini)  accepimus,  ipse  sex  ex  fratribus  tui  Ordinis  domestico  ac  familiariter  secum  con- 
tinue cupiat  retinero, . . .  discretioni  tuae  mandamus,  quatenus  sex  ex  fratribus  ipsis  probos 
et  bonos  viros  eligas,  eosque  ad  dictum  regem,  cum  super  hoc  ab  eo  fueris  requisitus, 
transmittere  non  postponas,  secum  familiariter  moraturos  ».  —  In  un' altra  lettera  diretta 
al  re  Oscino  (con  la  stessa  data)  il  Papa  gli  notifica  il  tenore  delle  lettere  dirette  al  Pro- 
vinciale di  Cipro,  e  benevolmente  gli  concede  «  tecum  domestice  et  familiariter  retinendi 

(1)  Tournebize  op.  cit.  p.  401-2. 

(2)  Cfr.  NouveUe  biographie  cit.  t.  XXIV  p.  594. 

(3)  Armeno- Veneto:  Compendio  storico  e  documenti  delle  relazioni  degli  Armeni  coi  Ve- 
neziani, pag.  43-49. 

(4)  Cfr.  Du  Cange-Rey  FamiUes  p.  140.  —  Tournebize  op.  cit.  in  Bevue  cit.  an.  1904 
p.  402;  e  ibid.  an.  1905,  p.  378. 


SECOLO  xm.  339 


sex  ex  fratribus  Ord.  fr.  Minorum,  pront  alias  clarae  memoriae  Hettoni  fratri  tuo,  regi    99 
Armeniae,  faisse  asseris  ab  apostolica  Sede  concessnm  (!)»• 

C.  1289  —  Convento  di  Sia  in  Cilicia.  —  Non  potendo  precisare  la  data 
della  fondazione  del  convento  Minoritico  in  Sis,  capitale  della  Cilicia,  ove  abbiamo  visto 
re  Aitone  II  vestire  l'abito  francescano  e  ivi  esser  sepolto,  lo  notiamo  sotto  que- 
st'  anno  come  fondato  già  alcuni  anni  prima,  e  probabilmente  da  fr.  Giovanni  di  Mon- 
tecorvino  o  da  qualche  suo  confratello  che  lo  precedette  in  Armenia.  —  Fin  quasi 
tutto  il  sec.  XIV  troviamo  memoria  di  francescani  in  Sis.  Nel  1346-48  troviamo  evan- 
gelizzare il  popolo  armeno  il  Minorità  Vesc.  di  Gaeta  fr.  Antonio  de  Aribandis  (2). 
Maria  di  Leone  V  re  d' Armenia,  nel  1372  inviava  a  papa  Gregorio  XI  e  ai  sovrani 
d'Europa  un  Minorità  di  nome  fr.  Giovanni  arcivescovo  di  Sitia  (=  Sis,  secondo  il 
Key),  personaggio  quasi  ignoto  agli  storici  francescani  (3). 

Il  convento  francescano  di  Sis  dovette  perire  nella  rovina  totale  dell'  infelice 
reame  di  Cilicia,  caduto  definitivamente  in  potere  de' saraceni  nel  1371-73  (e  perciò 
non  registrato  dal  Pisano).  I  saraceni  presero  ed  incendiarono  Sis  e  condussero  prigio- 
niero in  Cairo  (e.  1375)  l'infelice  Leone  V,  ultimo  re  d'Armenia,  il  quale,  dopo  sei 
anni  di  cattività,  riacquistò  la  libertà  (4)  per  opera  del  Minorità  fr.  Giovanni  Dardel 
della  Provincia  di  Francia,  suo  confessore  e  famigliare  durante  la  cattività,  e  scrittore 
d'una  pregiata  Chronique  d'Armenie  (5)  testé  edita  dall'Accademia  francese  per  cura 
del  Xohler  (6),  e  fin  qui  rimasta  ignota  ai  bibliografi  antichi. 

1290  —  Fr.  Paolino  da  Milano  e  compagni,  predicatori  della  Crociata. 

Tra  i  celebri  predicatori  della  crociata  nel  Padovano,  la  nostra  storia  deve  registrare  loo 
il  nome  di  frate  Paolino  da  Milano  eloquentissimo  oratore,  dal  cui  labbro  fecondo  pen- 
deva ammirato  ogni  ordine  di  persone.  «  La  fede,  dice  il  P.  Gonzati  (7),  ispirata  dalla  ec- 
cellenza del  sapere  e  dalla  bontà  della  vita  era  sì  grande,  che  popolo  e  grandi  ricorreano 
a  Paolino  per  ricomporre  disordini,  per  riamicare  rivali  famiglie,  onde  meritò  dall'  univer- 
sale il  titolo  di  frate  paciero.  H  Legato  dell'Apostolica  Sede  nella  Marca  Trevigiana, 
Bernardo  Vescovo  di  Tripoli,  inviava  a  fra  Paolino  un  onorevole  Breve,  in  data  del  16 
gennaio  1290,  con  cui  afiBdava  a  lui  ed  a  frate  Antolino  di  Castiglione,  il  bando  della 
crociata  (nelle  provinole  Padovane).  E  se  non  fu  pieno  l'effetto  cui  mirava  quella  predi- 
cazione, mosse  però  molti  tra  i  cittadini  a  prender  le  armi,  ad  elargir  soccorsi,  e  ad  av- 
viarsi alla  liberazione  del  S.  Sepolcro».  Mori  il  nostro  Paolino  nel  1323,  e  fu  sepolto 
nella  basilica  del  Santo  a  Padova,  presso  la  porta  del  campanile.  La  sua  tomba  porta 


(1)  Sbaralea-Eubel  BuUarium  t.  V  p.  76  nn.  181-82.  —  Non  abbiamo,  osserva  l' Eubel, 
il  diploma  papale  di  questa  concessione  fatta  ad  Aitone;  ma  il  Waddìngo  (ad  an.  1290  n.  10) 
asserisce  che  Aitone  ebbe  per  ordine  di  Nicolò  IV  sei  Minoriti,  inviatigli  dal  Ministro  Go 
nerale  £r.  Raimondo  Gaufredi,  quelli  che  noi  abbiamo  menzionati  più  sopra,  cioè  i  frati 
Tomaso  da  Tolentino  e  compagni. 

(2)  Cfr.  Sbaral.  Supplem.  ad  Scriptorcs  n.  552,  e  Sbaralea-Eubel  Buttar,  t  VI  p.  132, 
388,  423.  —  Cfr.  Anal.  frane,  t.  III  p.  506. 

(3)  Du  Cange-Eey  Familles  p.  149.  —  L'  Eubel  in  Buttar,  t.  VI  p.  467,  sospetta  si 
tratti  di  fr.  Giov.  de  Clavaxio,  episcopo  SiHense  (di  Sitia  in  Creta). 

(4)  Du  Cange-Rey  op.  cìt.  p.  151. 

(5)  Cfr.  Archivea  de  V  Orient  Latin  t.  II  p.  1-15. 

(6)  Nel  RecueH  dee  histor.  de  Croisad.:  Hist.  Armen.  t.  II. 

(7)  La  BaaUica  di  S.  Antonio  di  Padova,  descritta  ed  illustrata  dal  P.  Bernardo  Gon- 
zati Min.  Gonv.  con  tavole,  Padova  1853  in  due  grossi  volumi  in  folio:  voi.  II  p.  31-33  e 
Docum.  146. 


340  BIBLIOTECA 


100  scolpiti  alcuni  distici  latini  riprodotti  dal  Gonzati  nella  citata  sna  opera;  ne  riportiamo 
tre  soli: 

Pacifer  hic  Fatavo  sedavit  scandala  terre, 

Exnlibns  patrios  restitaitqne  lares. 
Federa  dom  Regi  ferret  landanda  Boemo, 

Urbe  Tridentina  turbine  febris  obit. 
Transtnlit  hoc  camm  Fadae  Bespnblica  corpus, 

Qnod  colnit  tempio  qno  cabet  ipse  sno> 

1290  —  Tradìtio  Crucis  ad  iter  lerosolymitanum! 

101  Traditio .  Crucis  ad  iter  lerosolymitanum.  —  Ex  registro  GuiUelim  Ferandi  no- 
tarii  Massiliensis.  —  MassU.  22  Septetnb.  1290.  —  Anno  Domini  mill.  ce.  nonagesimo, 
decimo  kal.  octobris,  bora  circa  mediam  tertiam.  Noverint  nniyersi  praesens  instrumentum 
inspectnri,  quod  ego  frater  Fucho  de  Flasanis,  guardianus  Ord.  frat.  Minorum  Massiliae, 
ad  praedicandam  crucem  in  snbsidìum  Terrae  Sanctae  a  Sede  Apostolica  constitntus,  de 
Consilio  quorumdam  fratrum  dedi  et  tradidi  crucem  Hugoni  de  Fonte,  not.  Massiliae, 
praesenti  et  humilìter  et  devotissime  postulanti,  bujus  instmmenti  praesenti  exhibitione, 
in  remissionem  suorum  peccatorum,  prout  caeteris  Christi  fidelibus  traditur  in  Terra  Sancta 
peregre  volentibns  proficisci,  eidem  auctoritate  mihi  a  Sede  Apostolica  commissa  districtius 
ìnjungendo . . .  aut  quod  idem . . .  primo  futuro  generali  passagìo  in  Terra  Sancta  debeat 
personaliter  transfiretare  vel  saltem  . . .  juste  ìmposui,  subsidium  de  bonis  a  Deo  sibi  collatis 
&ciat  Terrae  Sanctae.  —  Actum  in  ecclesia  fratrum  Minorum  Massiliae  in  praesentia  et 
testimonio  Domini  Gaufridi  de  Fonte  sub  vicarii  Massiliae,  fratris  Ugonis  . . .  praedicti 
ordinis,  Matthaei  de  Boquite,  Bugonis  de  Mota,  et  Bt  Bainoardi  * .  (Parigi,  Bibl.  Nazion. 
ms.  fr.  9074  fol.  224,  della  raccol.  Berthereau,  2  par.  t.  lY;  edito  dal  Kohler  io  Mé- 
langes  de  V  Orient  Latin  I.  273). 

1290  —  Fr.  Giov.  Samesio  e  fr.  Pietro  Bardulio. 

102  H  Pontefice  francescano  Nicolò  lY,  prevedendo  ormai  il  totale  esterminio  del  regno 
latino  in  Siria  per  le  continue  intestine  discordie  dei  militi  cristiani,  tenta  un  ultimo  sforzo 
raccogliendo  milizie  e  sussidi  :  e  invia  intanto  in  Acri  il  Minorità  fr.  Pietro  Bardtdio  per 
metter  la  pace  tra  i  già  discordi  Teutonici,  Templari  e  Spedalieri. — Invia  in  pari  tempo 
al  re  Filippo  il  Bollo  di  Francia  1'  altro  Minorità  fr.  Giov.  Samesio  per  indurlo  a  soc- 
correre la  Terra  Santa.  —  Contemporaneamente  scrive  il  Papa  a  Nicolò  patriarca  geroso- 
limitano, residente  in  Acri,  «  ut  in  terris  suae  legationis  Inqtiisitoree  pravitatis  baereticae, 
de  Consilio  provincialium  Praedicatorum  et  Minorum  earumdem  partinm,  vel  eorum  vices 
gerentium,  deputaret  (1)  ». 

1290  —  Missioiii  In  Afrioa-Marocoo.  —  Fr.  Rodericus  episcopus  Maro- 
chìtanus  Africae  legatns.  I  documenti  in  Waddingo  1290  n.  20-21,  e  in  Sbaralea 
t.  IV  p.  123-24,  134,  326. 


(1)  Waddi&g  an.  1290  n.  1-2.  —  Sbaralea  BuUar.  t.  lY  p.  183,  ove  il  Papa  dà  facoltà 
al  Bardulio  di  condar  seco  quattro  o  sei  altri  confiratelli.  Sul  Samesio  vedi  ibi  l' indice  sotto 
la  voce  Ioan.  de  Samesio.  —  Civesza  Storia  deÙe  Mi»»,  t.  II  e.  12. 


SECOLO  xra.  341 


1290-93  —  Pr.  Angelo  Olareno  da  OingoU,  il  B.  Tomaso  da  Tolentino  e 
compagni  inviati  missionari  in  Armenia  eoe. 

Abbiamo  visto  al  n.  88  che  il  celebre  fr.  Giov.  da  Montecorvino  partiva  la  prima    103 
volta  per  l' Oriente,  verso  il  1279,  accompagnato  da  molti  confratèlli.  E  lo  abbiamo  visto 
ritornare  in  Italia  nel  1289,  e  nello  stesso  anno,  ripartire  per  l'Armenia,  Persia,  India 
e  Cina  in  qualità  di  nunzio  papale  con  ispedali  lettere  per  tntti  qnei  principi.  Anche  in 
qaesta  seconda  missione  fb  egli  accompagnato  da  alquanti  suoi  confratelli. 

Col  Montecorvino,  o  poco  dopo  la  sna  partenza,  il  Ministro  generale  fr.  Raimondo 
Ganfredi  (a  richiesta  di  re  Aitone  II)  inviava  nel  1290  in  Armenia  un'altra  schiera  di 
Missionari  composta  di  religiosi  zelanti  che  il  Ganfredi  testò  aveva  liberati  dalla  dora 
carcere  ove  li  avcvan  rinchiusi  i  loro  confratelli  delle  Marche  per  sola  colpa  del  loro  ec- 
cessivo zelo  per  la  povertà  francescana.  Questa  schiera  di  Minoriti  inviata  per  l' Armenia 
si  componeva  1»  del  celebre  fr.  Angelo  da  Cingoli,  comunemente  detto  il  Clareno,  2"  del 
b.  Tomaso  da  Tolentino,  Z'  di  un  altro  fr.  Angelo  da  Tolentino,  4»  di  fr.  Marco  di  Mon- 
telnpone,  5"  di  fr-  Pietro  di  Macerata,  6'  di  un  altro  fr.  Pietro  d' ignota  patria,  e  1"  di 
fi*.  Liberato  di  Macerata;  e  forse  di  alcuni  altri  ancora,  de' quali  però  non  abbiamo  di- 
stinta memoria.  ' 

La  vita  agitata  di  questi  religiosi  nelle  Marche  (1274-90),  le  persecuzioni  poi  subite 
anche  in  Armenia  (1290-93)  dai  frati  di  Siria,  e  poi  in  Grecia  (1295-13Ò5),  ecc.,  più  che 
non  dal  compendio  del  Waddingo  (1)  risulterà  chiara  dal  racconto  dello  stesso  Clareno 
che  ce  lo  lasciò  nella  ormai  &mo8a  sua  cronaca  De  septem  Tribulaiionibus  Ordinis  da 
lui  compilata  non  più  tardi  del  1323,  e,  in  termini  più  compendiosi,  nella  sua  Liitera 
excusatoria  scritta  verso  il  1318  e  diretta  a  papa  Giovanni  XXII  (2). 

Al  testo  critico  edito  dal  P.  Ehrle  (3)  noi  non  avremo  che  aggiungere  alcune  poche 
note  di  schiarimento  e  qualche  piccola  variante  del  cod.  italiano  di  Slena  (4),  cod.  non  co- 
nosciuto dal  dotto  scrittore. 

Habuit  qnidem  et  aliud  principium  tribulatio  ista  quinta  in  provincia  Marchie.  Tem- 
pore enim  quo  generale  concilium  a  bone  memorie  sancto  papa  Gregorio  X  Lugduni  celc- 
bratum  est  [1374],  quidam  rumor  insonuit  in  partibus  Ytalie,  quod  summas  pontifex  decro- 
verat  in  concilio,  fratribus  Minoribus  et  Predicatoribus  ac  ceteris  mendicantibus  proprium 
dare.  Quod  audientes  fratres  equo  animo  prò  magna  parte  tollerabant.  Aliqoi  vero,  sed  pauci, 
moleste  tulerunt  valde  quod  dicebatur;  et  sui  cordis  conceptum  celare  non  valentes,  ymo 
nolentes  (si  cantingebat  quod  de  tali  materia  in  communi  sermo  moveretur),  sui  pectoris 
archana  reserantes  fratribus,  qui  propter  obedientiam  snmmi  pontificis  et  concilii  decreta 
servanda  possessiones  ac  reditus  se  recepturos  dicebant,  contrarium  se  factnros  responde- 
bant;  istis  prò  parte  sna,  et  illis  prò  sua,  auctoritates  et  rationes  per  modum  dispntationis 
allegantibus.  Ex  tali  igitur  modo  conferendi  innotuit  animorum  di^sio  et  firmum  utriusque 
partis  deliberate  electionis  propositum. 

Ex  hoc,  absoluto  concilio,  pars  illa  maior  fratrum,  qne  possessiones  et  reditus  recipere, 
melius  et  securius  esse  probabat,  et  assertionem  pancorum  dicebat  esse  erroneuro,  in  primo 
eorum  capitnlo  post  concilium  celebrato  [e.  1274-S],  postulavit  de  prefatis  fratribus  tanquara 
de  scismaticis  vel  erroneam  oppinionem  tenentibus,  inqnisitionem  fieri,  et  si  non  resipisce- 


(1)  Annalee  t.  V  an.  1289  n.  24,  p.  211;  an.  1290  n.  10,  p.  235;  an.  1294  n.  9,  p.  324^ 
ibid.  t.  VI  an.  1301  e  seg.  —  Vedi  il  Civezza  Storia  delle  Miss,  frane,  t.  Il  e.  14. 

(2)  Vedi  sopra  al  n.  14  le  notizie  su  queste  due  fonti  storiche. 

(3)  In  Arckiv  /.  Liti,  und  Kirch.  (Berlin  1886)  t  II  p.  301  e  seg. 

(4)  Da  noi  già  descritto  sopra  a  p.  58-55. 


342  BIBLIOTECA 


103  rent  punitionem  tanquam  de  hereticis  rigide  fieri.  Facta  igitur  de  prefatis  fratribns  inqui- 
sitione,  exceptis  tribns  fratribns  oranes,  sicut  voloerunt  fratres,  recognovernnt  cnlpam  snam, 
et,  cum  papa  fratribus  proprinm  non  dedisset,  otiosnm  et  snperfluum  iudicaverunt  prò  talis 
questionis  suppositione  cum  suis  superioribns  litigare.  lUi  vero  tres  fratres,  videlicet  Tray- 
mundus  (1)  et  Tliomas  de  Tolentino  et  Petrus  de  Macerata  sae  assertionis  partem  aucto- 
ritatibas  et  rationibus,  et  ex  eo  qnod  ecclesia  et  snmmus  pontifex  tanquam  rem  non  solum 
inconvenientem,  sed  ut  dampnosam  et  in  apostasiam  dcducentem,  et  nec  sub  potentia  ca- 
dentem,  ac  per  hoc  nec  possibileni,  nunquam  esset  facturus,  audacter  defendebant.  Et  sub- 
cumbebant  fratres  quantumcumqne  sapientes  cum  eis  disputando,  et  vim  positionis  eorura 
aut  non  poterant,  vel  nesciebant  dissolvere;  ex  quo  amplins  turbati,  ut  scismaticos  abscissis 
habitibus,  segregatos  a  fratribus,  in  quibusdam  heremitoriis  recluserunt. 

Revoluto  anno  [e.  1276'\,  iterum  ipsos  ad  suum  capitulum  vocavernnt:  et  cum  tribus 
dìebus  verborum  concertatio  durasset,  nec  valerent  fratres  eorum  rationes  veraciter  con- 
futare, quidam  sapiens  frater  nomine  Beniamin,  qui  prudentia,  sanctitate  et  antiquitate 
ceteros  excedebat,  vocavit  ad  se  fratrem  Petrum  de  Macerata  et  scerete  dixit  ei  :  «  Fili, 
non  est  bonum  hanc  resistentiam  verborum  cum  fratribus  istis  facere.  Dicas,  cum  te  vo- 
caverint,  quod  huius  questionis  solutionem  meo  iudicio  et  conscientie  derelinquis,  et  qnod 
tu  credis  de  ea  et  tenere  vis  illud  quod  ego  teneo  et  sentio,  quia  mea  conscientia  non 
discordat  a  vestra  ».  Et  tali  modo  post  tres  annos  \c.  1274-77]  eorum  penitentie,  questio  illa 
determinata  latuit.  Sed  conscientie  discordantes,  et  studia  diversa,  et  desideria  compugnantia, 
in  hiis  et  illis  remanserunt.  lUi  enim  ordinis  statura  et  robur  et  permanentiam  in  hedifica- 
tione  locorum  in  mediis  civitatibus  et  castris,  in  atrationo  populorum,  in  procnratioile  se- 
pulturarum  et  receptione  testamentorum  et  quorumcumque  legatorum,  in  multiplicatrone 
librorum  et  scolarium  et  scolarum  et  studio  scientiarum  et  impetratione  privilegiorum  et 
ceteris  similibus;  illi  vero  sentiebant  oppositum  de  predictis  omnibus,  et  ex  toto  corde  et 
mente  et  viribus  omnibus,  conscientie  Fundatoris  et  puntati  doctrine  eius  inherebant  (2).  Et 
in  tantum  infra  non  multa  annorum  curicula  multiplicati  sunt,  quod  fratres  alii  timere 
ceperunt,  ne  ad  eorum  conscientiam  et  vitam  sectandam  raaior  pars  fratrum  couverteretur, 
et  exinde  eorum  studiis  et  voluntatibus  resistere  presumerent,  et  multiplicatos  reducere  ad 
suum  propositum  sequendum  £a,ciliter  non  valerent. 

Super  huius  modi  humani  seu  pharysaici  timoris  impulsu  a  spiritu  agitante  et  cri- 
brante status  ecclesie  (3),  quando  permittitur,  et  horainum  corda,  ipsis  Deo  permittente 
immissi,  secrete  conveniunt  quinque  ministri  ;  et  habito  sìmul  tractatn  ex  communi  delibe- 
ratone concordant,  quod  nullnm  erat  ef&cax  remedium,  nisi  processus  de  facto  contra  prin- 
cipales  huiusmodi  fratres  facere,  et  punire  eos  ad  terrorem  omnium  absque  omni  inquisi- 
tionis  examine,  tanquam  scismaticos  et  heretice  pravitatis  labe  corruptos  et  ordinis  destruc- 
tores.  Quid  plura,  quod  impie  tractavenint,  in  sequenti  eorum  provinciali  capitulo  scelcstius 
prosecnntur,  et  conculcato  omni  humani  ac  divini  iuris  ordine  dififiniunt,  determinant  et 
sententiant,  quod  fratres  Tramundus  et  Thomas  de  ToUentino,  qui  nunc  in  Tana  Indie 
cum  sociis  palmam  martyrii  adeptus  feliciter  transivit  ad  Christum  (4),  et  Peirus  de  Ma- 
cerata et  quidam  alii,  nulla  eorum  culpa  detccta  seu  particulariter  assignata  in  sententie 
eorura  litteris,  velud  heretici  et  ordinis  destructores  carceri  manciparentur  perpetuo,  privati 
confessione,  sacramentis  ecclesiae,  librorura  oranium  usu  et  eciam  breviari!,  et  in  fine  eccle- 


(1)  Cosi  costantemeute  il  cod.  Laurenziano;  il  cod.  S.  Isid.  ha  Tran^mundtw,  il  Riccar- 
.diano  Tramondo,  ma  il  cod.  Senese  scrive  sempre  Raimondo. 

(2)  Cod.  Sen.  fol.  88  v.:  *^  s' acostavano  alla  coscientia  delloro  dUecto  padre  sancto  Fran- 
cesco et  alla  purità  della  sua  doctrina  » . 

(3)  Cosi  oscuro  il  testo  dei  codd.  Laur.  e  S.  Isid.  Il  nostro  cod.  Sen.  fol.  88  v.  è  più 
chiaro  :  «  Sopra  queste  colali  cose  per  impulso  di  timore  humano,  et  per  farisaico,  et  per  su- 
getione  et  comotione  del  maligno  spirito  il  quale,  qtiando  è  premesso  [corr.  permesso]  da  Dio, 
vaglia  ovvero  crivella  gli  stati  della  Chiesa,  et  tempesta  gli  cuorj  delli  huominj:  vennono  cinque 
maèstri  (sic)  ad  pigliare  consiglio  ...». 

(4)  Il  b.  Tomaso  da  Tolentino  mori  martire  in  Tana  (vicina  a  Bombay)  il  9  apr.  1321; 
il  Clareno  dunque  compilava  questo  suo  racconto  nello  stesso  anno,  o  al  più  tardi  un  anno 
dopo. 


SECOLO  xnL  343 


I 


siastica  sepultura  ;  statnentes  et  per  obedientiam  iniungentes  illis  fratribus,  qui  eisdem  de 
extrema  necessitate  naturalis  sustentationis  servirent,  ut  cnm  ipsis  nullatenus  loquereiitur, 
sed  mane  et  sero  carcerem  et  compedes  cum  diligentia  viderent,  ne  forte  suo  conatu   vel 

alterius  cuiusquam  fratria  auxilio  fugerc  valerent 

Interea  afflictorum  pauperum  patre  benigne  et  misericorditer  disponente,  desccndente 
generali  ministro  (1),  eligitur  [an.  1289]  frater  Raymundus  Gaufridiàe  provincia  Provincie 
in  generaìem,  vir  manswctus  et  pins  et  omnium  bonorum  amator.  Qui  pluribus  provinciis  or- 
dlnis  visitatis,  ad  visitandnm  Marchio  provinciam  studioso  pervenit,  ubi  ut  moris  est,  eorum 
provinciali  capitulo  congregato,  post  multa  que  correxerat,  examinare  et  inquirere  cepit,  cuius 
erroris  vel  secte  superstitione  vel  pravitate  corrupti  fuissent  fratres  illi  talis  sententie  se- 
veritate  dampnati.  Legebat  enim  sententiam,  sed  criminis  cuiusquam  vel  heresis  maculam 
seu  culpam  specificari  in  sententia  non  inveniebat.  Tandem  a  ministro  et  diffinitoribus  ca- 
pitnli  ac  cnstodibus  audivit,  quod  prefati  fratres  nullius  alterius  criminis  rei  fuissent  in- 
venti, nisi  quia  multum  excedebant  in  zelo  et  observantia  paupertatis.  Quibus  ipse  re- 
spondit.'  «  Utinam  oranes  nos  ac  totus  ordo  talis  criminis  noxa  teneretur».  Tnnc  statim 
mandavit  omnes  de  carceribus  trahi,  et  ad  se  vocatos  benigne  suscepit  et  affabiliter  locutus, 
ad  veram  patientiam  et  perseverantiam  in  sancte  voluntatis  proposito  eiortatus  est,  et 
oranem  consolationem,  quam  ab  eo  postulavernnt,  ipsis  liberaliter  prò  suarum  animarum 
salute  concessit.  Et  quando  vir  Deo  devotns  baro  Ayeton  (2)  Armeniorum  rex,  per  suos 
nuntios  et  litteras  speciales  postulaverat  a  prefato  generali  ministro,  sibi  dirigi  seu  mitti 
fratres  sancte  conversationis  et  vite,  quorum  sermonibus  et  exemplo  tam  ipse  quam  ceteri 
principales  regni  sui  et  clerus  ac  populus  posset  informari;  fratres,  quos  de  carceribus 
traxerat,  videlicet  Angelum  et  Thomam  de  Tollentino  nunc  martirem,  et  fratrem  Marcum 
de  Monte  Luponis,  et  fratres  Petrum  de  Macerata  et  Pctrum  alterum  (3)  misit  ad  eum,  votis 


(1)  E  non  decedente;  il  Generale  Matteo  d' Acquasparta  eletto  il  25  maggio  del  1287, 
fu  creato  Cardinale  il  15  mag.  1288  5  mori  ai  29  ott.  1302.  Il  29  mag.  1289  gli  succedette 
nel  generalato  il  Gaufredi.  —  Cfr.  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  406  nota  4»,  e  p.  419  n.  2*. 

(2)  Aitone  II,  di  cui  vedi  il  preced.  num.  99. 

(3)  Qui  il  Clareno,  autore  della  presente  Chron.  de  septem  Tributai.,  credè  bene  di  non 
esprimere  chiaramente  il  suo  nome;  e  il  fir.  Angelo  nominato  pel  primo,  potrebbe  essere  o 
lui  0  il  suo  confratello  omonimo  fr.  Angelo  da  Tolentino  ricordato  pure  nella  sua  Littera  ex- 
cusatoria.  Come  si  vede,  il  Clareno  nell'uno  e  nell'altro  suo  scritto  sconvolge  l'ordine  de' nomi 
de'  suoi  compagni,  e  ove  nella  Lettera  tace  il  nome  de'  due  Pietri,  ricorda  invece  fr.  Liberato. 
Ci  piace  riportare  anche  un  brano  della  mentovata  lettera,  la  quale  servirà  a  schiarirci  e 
confrontare  il  racconto  che  alcuni  anni  dopo  ampliò  nella  cronaca: 

«Frater  Raymundus  generalis  Minister  ...  fratres  Thomam  et  Angelum  de  Tolentino, 
fratrem  Marchum  et  fratrem  Liberatum  et  me  [fr.  Angelum  de  Clarino]  ad  regem  Armenie 
misit  cum  sua  obedientia  et  licentia  speciali,  quam  neque  hereticis  neque  apostatis  conces- 
s'sset.  Qui  rex  de  nostra  conversatione  et  vita  edificatus,  quantas  prefato  ministro  generali 
gratias  retulerit,  prò  eo  quod  tales  ad  eum  fratres  direxerat,  et  quantis  nos  laudibus  extu- 
lerìt  apud  eum  in  suis  litteris,  quas  miserat  ad  eum  per  suos  nuntios  speciales,  omnibus 
in  capitulo  generali  Parisius  congregatis  claruit.  Et  predicte  littere  ipsi  generali  fuerunt 
materia  [gaudii]  et  toto  ordini  ad  gloriam  et  ^avorem. 

«  Cum  igitur  rex  prefatus  et  principes  et  religiosi  de  nostra  conversatione  gauderent  et 
edificarcntur  in  tantum,  quod  ipse  rex  deliberaverat  in  Dei  obsequio,  regno  relieto,  vivere 
et  mori  nobiscum,  tanta  fratres  Ssrrìe  contra  nos  turbatione  et  ira  commoti  sunt,  ut  Mi- 
nister,  cum  consensu,  et  potius  impulsu  fratrum,  qui  nomen  et  vitam  nostram  audire  non 
poterant,  litteras  difiamatorias  ex  parte  sua  et  omnium  fratrum  regi  et  omnibus  baronibus 
misenint,  quod  a  nobis  tanquam  ab  apostatis  et  ab  Ordine  separatis  et  olim  ab  Ordine  prò 
scismaticis  et  hereticis  carceratis,  sibi  et  suo  regno  vigilanter  et  caute  cavere  studerent. 
Tunc  rex,  habito  super  fratrum  litteris  eum  sapientibus  suis  Consilio,  vocari  nos  fecit,  et 
audita  nostra  super  litteris  fratrum  satisfactione  placatus  dilexit  nos  plus  postea  quam 
antea  dilexerat.  Sed  fiiror  fratrum  semper  magis  accendebatur.  Unde  nos  ista  sentientes,  vale 


344  BIBLIOTECA 


ipsins  regis  de  predictis  fratribus  se  piene  satisfacere  indubitanter  existimans.  Nec  deceptus 
in  parte  illa  extitit  generalis  minister,  sed  regi  plus  quam  crediderat,  satisfecit  et  baro- 
nibns  eins  et  religiosis  et  clero.  Nam  non  homines  communes,  sed  vere  Christi  et  aposto- 
lorum  discipulos  se  vidisse  in  ipsis  et  recepisse  fatebantnr.  Qaantas  vero,  post  tempora,  rex 
ipse  per  snos  nnncios  et  litteras  speciales  gratiarum  actiones  generali  ministro  prò  tantomm 
et  taliom  fratrum  ad  enm  missione  retalit,  et  qnantis  laudnm  preconiis  ipsos  extulerit, 
omnibus  in  generali  capitulo  Parisius  congregatis  [25  maj.  1292]  patenter  claruit,  ubi  pre- 
dicte  littore  presentate  sunt  et  lecte  ad  confutandam  murmurationem  suscitandam  ex  causa 
missionis  fratrum  adversus  ministrum  in  capitulo  a  qnibusdam  emulis  verità tis.  Erant 
enim  duo  magni  barones  et  alii  solempnes  viri  missi  ad  regem  Francie  et  Anglie,  gallicam 
lingwam  perfecte  scientes,  qui  maiora  bona  de  illis  fratribus  referebant,  quam  littore  con- 
tinerent  (1).  Ex  quibus  ora  murmurautium  obstructa,  siluerunt,  et  minister  gaudio  repletus 
exultavit,  divine  providentie  dispositionem  admiratus,  quomodo  scilicet  in  tali  punto  nuncii 
et  littere  concurrissent,  ex  quibus,  non  solum  excusatus  est  coram  omnibus,  sed  etiam  sancte 
et  optime  fecisse  comprobatus,  rege  namque  et  baronibus  et  clero  cum  religiosis  de  mo- 
ribns,  predicationibns  et  conversatione  fratrum  predictorum  mirabiliter  exultantibus. 

Etiam  ad  fratres  Sìrie  sanctitatis  eorum  ac  bone  conversationis  eorum  fama  pervenit. 
Qui  prò  gaudio,  quod  habere  debuissent,  tanta  furoris  et  ire  turbatione  commoti  sunt,  et  pre- 
cipue fratres  conventus  Acoue,  ubi  guardianus  erat  quidam  frater  Paulus  (2),  qui  fuerat  so- 
cius  ministri  Marchio,  quando  sententia  illa  impiissima  data  faerat,  ut  minister  provincialis 
impulsus  a  fratribus  litteras  diffamatorias  ex  parte  sua  et  fratrum  omnium  Terre  Sancte 
regi  et  baronibus  scriberet,  quod  ab  illis  fratribus,  quos  susceperant  et  sanctos  predicabant 
pariter  et  credebant,  cum  summa  vigilantia  et  cautela  caverent  tamquam  ab  hominibus 


fiicimus  regi  et  in  Italiam  venimus,  et  transeuntes  infirmi  per  nostram  provinciam  [Marchiaci 
a  £r.  Munaldo  provincie  Vicario  nullo  modo  potnimus  impetrare,  in  aliquo  loco  recipi,  quousque 
possemns  nos  generali  ministro  presentare  . . .  Es  hac  igitur  tali  fratrum  pertinaci  displicentia 
et  sui  generalis  inobedientia,  ipsi  fratri  Ramundo  generali  ministro  placuit,  quod  ad  summum 
pontificem  bone  memorie  Celestinum  possemus  accedere,  et  ab  ipso  prò  nostrarum  animarum 
salute  et  sociorum  remedium  postulare.  Unde  de  sua  obedientia  ad  dominum  Celestinum  ivimus, 
et  exposuimns  eidem  domino  in  Aquila  esistenti  [1294]  nostras  conditiones . . .  Cum  enim 
audissent  fratres,  quod  dominus  Celestinus  nos  a  sua  obedientia  et  a  suo  Ordine  absolverat, 
statlm  manu  armata  venerunt  nos  capere,  Dei  timore  et  summi  pontificia  reverentia  et  man- 
dato contempto.  Quare  ipso  [Pontifice]  renuntiante  [13  dee.  1294],  visum  fuit  fratri  Liberato, 
quod  prò  nostra  salute  et  fratrum  pace  ad  loca  remota  iremus,  ubi  absque  omnium  hominum 
tumultu  et  scandalo  Domino  libere  serviremus.  Igitur  transfretato  mari  [e.  1295]  in  quadam 
insala  domino  famulantes,  post  duos  annos  [e.  1297]  ad  aures  fratrum  de  nobis  fama  per- 
venit. Qui  statìm  cum  episcopis  et  baronibus  illius  regionis  more  suo  nos  turbare  conati 
sunt . . .  Yidentes  vero  quod  episcopi  et  principes  voluerunt  nos  missas  coram  omni  populo  can- 
tare... et  populo  fidem  catholicam,  quam  tenebamus  confiteri  et  coram  omnibus  predicare, 
penitus  sustinere  non  potuemnt,  sed  turbati,  et  plus  solito  con  tra  nos  amare  furentes,  adie- 
runt  dominum  papam  Bonifatium,  primo  dicentes,  quomodo  quidam  Ordinis  apostate  ad 
Achaye  provinciam  venerunt,  qui  a  domino  Celestino  se  talem  modum  vivendi,  modum  [et]  li- 
centiam  ostendebant . . .  Quorum  fallaciis  tantus  homo  deceptus,  litteras  . . .  tribus  prelatis 
illius  Provincie  commisit . . .  Unde  post  receptas  a  dominis  executoribus  litteras,  uno  anno 
contra  voluntatem  domìnorum  terre,  qui  dicebant  se  a  dominis  episcopis  habere,  quod  nos 
expellerent,  expectavimus  et  presentavimus  nos  semel  et  secundo  domino  Atheniensi  et  domino 
etiam  Patracensi  frequentius  . . .  Coacti  igitur  recessimus  ;  et  cum  nulla  nobis  pateret  via,  qua 
possemus  mare  transire...,  intravimus  terram  Sevastatorem  que  magis  propinqua  illi  insule, 
in  qua  Domino  serviebamus,  erat...>.  Per  Sevastatorem,  intende  nelle  terre  del /Sevcwtofcra- 
tore  Costantino  Angelo  che  dominava  ad  partes  Achaìae  et  Tessaliae.  —  Cfr.  Ehrle  in  Archiv 
cit.  t.  I  p.  524  s.  e  t.  II  p.  313. 

(1)  Vedi  sopra  a  pag.  331. 

(2)  Vedi  più  sopra  l'art,  al  n.  98. 


SECOLO  xin.  345 


perversis  et  ab  ordine  segregatis  et  prò  scismatìcis  et  hereticis  quondam  dampnatis  et  103 
carceri  perpetuo  mancipatis.  Tane  rex  habito  Consilio  cnm  sapientibas  snis  super  litteris 
sibi  missis,  vocari  fecit  ad  se  fratres,  et  voluit  primo  videre  obedientias  eorum  et  litteras 
generalis,  quibus  visis  dedit  eis  litteras  diflfamatorias  sibi  a  ministro  et  fratribus  Sirie 
raissas.  Quas  cum  legissent,  simpliciter  ordinem  rei  geste  narraverunt  ci.  Qui  satisfactione 
eorum  audita,  ampliori  dilectione  •  unitus  est  eis.  Furor  enim  fratrnm  commuiiium  erat 
implacabilis  contra  eos,  quamvis  minister,  visis  et  auditis  fratribus  duobus(l),  qui  ad  eum 
prò  litteris,  quas  miserat,  accesserunt,  culpam  snam  recognoverit,  et  verbo  et  opere  se  ipsis 
promiserit  et  exibuerit  favorabilem  in  fnturura.  Verum  fratres  alii  conceptum  furorem 
semper  augebant.  Nam  cum  frater  Petrus  de  Macerata  ivisset  in  Oipnrm,  et  a  ministro 
in  conventu  Nicosie  benigne  et  caritative  fnisset  receptus,  et  mandaverit  ei  minister  in 
quadam  die  solempni  fratribus  et  regi  et  ceteris,  qui  aderant,  predicare;  cum  idem  ad 
Baffensem  locum  ivisset,  guardianus  et  quidam  fratres  cum  ec,  contempto  ministri  sensu 
et  mandato,  detinuerunt  eum  tanquam  excommunicatnm,  licet  in  mensam  eum  rociperent, 
in  ecclesia  ipsum  intrare  presertim  ad  misse  ofificium  non  sinebant.  —  Sencientes  igitur, 
quod  fratres  Sirie  de  mora  eorum  cum  rege  semper  araaricabantur  magis,  vale  facientes 
regi  et  satisfacientes  prò  eo,  quod  recessum  eorum  nimis  moleste  portabat,  divisi  sunt  ab 
invicem  ;  alii  ad  generalem  rainistrum,  alii  ad  suas  provincias  redierunt  [e.  1394].  Fratres 
vero  Petrus  de  Macerata  et  socius  eius,  transeuntes  per  Marchiam  Anchonitanam  debiles  cor- 
porc  et  infirmi,  nullo  modo  impetrare  potuerunt  a  fratre  Monaldo,  vicario  ministri  Marchio, 
in  aliquo  loco  illius  Provincie  remanere,  donec  se  generali  ministro  presentare  valerent. 

Interea  fratre  Petro  de  Morone  ad  pontificatum  assumpto  (2),  placuit  generali  ministro 
et  omnibus  principalioribus  fratribus,  in  quibus  Christus  et  eius  spiritns  inhabitare  firmiter 
credebatur,  et  presertim  fratri  Corrado  de  Offida,  Petro  de  Monticulo,  Jacobo  Tuderto  (3), 
Thome  de  Trivio,  Corrado  de  Spoleto  et  reliquis,  qui  ad  puram  regule  observantiam  aspi- 
rabant,  quod  ad  summum  pontifìcem  frater  Petrus  de  Macerata  et  socius  eius  accederent, 
eo  quod  familiarem  eum  ante  papatnm  habuissent,  et  ipse  de  eorum  bona  voluntate  piene 
confideret  ;  et  postularent  ab  eo  prò  se  ipsis  et  aliìs  fratribus  volentibus  et  amantibus  re- 
gulam  observare,  obedientiam  et  licentiam  observandi  promissa,  absque  molestiis  et  impe- 
dimcntis  aliorum  qui  ab  illa  regula  fideli  et  pura  observatione,  qnam  sanctus  Franciscus 
in  suo  testamento  et  in  aliis  suis  scriptis  mandaverat,  spontanee  declinabant.  Ipse  enim 
dominus  Ceìestinus  multorum  sanctornm  et  antiquorum  fratrum  notitiam  habuerat  et  omnis 
paupertatis,  humilitatis  et  perfectionis  ewangelice  erat  sincerus  et  ferventissimus  amator 
et  observator,  et  omnem  verum  Christi  servum  et  perfectionis  amatorem  sincere  diligebat 
et  venerabatur  affectu.  Qui  audiens  ab  eis  eorum  conditiones,  propositum,  afiQictiones,  af- 
fectum  et  votum,  acceptavit  in  eis  ea,  que  ferventer  amabat  et  in  semetipso  piene  servabat. 
Et  laudavit  propositum  et  suscepit  votum  et  mandavit  eisdem,  fratri  Liberato  (4)  et  socio, 


(1)  Cioè  fr.  Pietro  da  Macerata  e  il  suo  socio  fr.  Liberato,  che  verrà  nominato  poche 
linee  più  sotto  come  il  principale  attore  presso  papa  Celestino. 

(2)  Celestino  V,  eletto  il  5  luglio  1294,  consacrato  in  Aquila  il  29  agosto,  ivi  si  fermò 
fin  quasi  il  20  di  ottobre;  e  rinunzia  a  Napoli  il  13  dee.  dello  stesso  anno  1294.  Gli  suc- 
cede Bonif.  Vili  ai  14  dee  1294-1303  ott.  Il  f.  —  Cfr.  Pagi  Brev.  hist.  t.  II  p.  279-83,  ed.  2>. 

(3)  Questi  è  verosimilmente  il  celebre  poeta  fr.  lacopone  da  Todi,  come  sospetta  anche 
r  Ehrle.  —  Il  cod.  di  Siena  li  chiama  :  e  h.  Currado  da  Offida,  fr.  Pietro  da  Montecchio, 
fr.  Jachomo  da  Todi,  fr.  Tommaso  da  Trievi,  et  fr.  Currado  da  Spuleto  »  fol.  92  r. 

(4)  Il  beato  o  santo  Liberato  di  Lauro  (di  cui  celebriamo  la  festa  il  30  ott.,  vedi  Breviar. 
Seraph.)  non  è  da  confondersi  con  questo  fr.  Liberato  comunemente  detto  da  Macerata, 
missionario  in  Oriente  e  seguace  del  Clareno,  come  li  confusero  il  Gonzaga  (par.  2  conv.  25 
Marchiae),  il  Papini  (cfr.  Anal.  frane,  t.  III  p.  413  n.  4),  peggio  poi  l'Arturo  (Martyrol. 
die  26  aug.),  il  P.  Sigismondo  (^Biografia  Serafica  p.  101)  e  tanti  altri  che  si  copiarono  a 
vicenda.  Il  vero  beato  fr.  Liberato,  di  cui  celebriamo  l'ufficio,  non  fu  in  Oriente,  e  fiori 
nella  prima  metà  del  sec.  XIII;  l'altro  fu  compagno  del  Clareno  in  Oriente  e  mori  nella 
prima  decade  del  sec.  XIV.  —  Cfr.  Acta  SS.  t.  V  aug.  p.  840-45,  ove  i  Bollandisti  pongono 
la  festa  del  B.  Liberato  de  Lauro  ai  26  ag.  laddove  noi  nel  Breviario  ai  30  ott.  —  Del 


346  BIBLIOTECA 


103  quod  iaxta  voluntatem  sancii  Francisci  regalam  et  testamentum  fideliter  et  sincere  servare 
stnderent,  et  niterentur  snperaddere  etiam,  si  valerent.  Et  dixit  eis,  quod  ipse  talem  pau- 
pertatem  seni  per  amaverat  et  servare  cnm  snis  fratribus  firmiter  proposuerat,  sed  ex  man- 
dato pape  et  concilii  fuerat  coactns,  si  volebat  fratres  multiplicare,  recipere  proprinin.  Et 
absolvit  fratrem  Liheratum  ab  omni  fratrnm  obedientia  et  socium  eios,  et  dedit  fratri  Li- 
berato plenam  auctoritatem  absolvendi  semel  alios  fratres  a  pena  et  a  culpa,  et  precepit 
ei,  quod  haberet  curam  de  omnibus  volentibus  talem  vitam  facere  et  servare  ;  et  fratribus 
mandavit,  quod  fratri  Liberato  obedirent  sicut  persone  sue  ;  et  quod  propter  pacem  et  ho- 
norem fratrum  Minorum  et  ordinis  non  vocent  se  fratres  Minores,  sed  fratres  snos  et  pau- 
peres  heremitas,  et  recommendavit  eos  domino  NeapoUoni  (1)  sancte  romane  ecclesie  car- 
dinali, prò  eo  quod  esset  piarum  cansarum,  ut  ipse  eis  dixit,  spontaneus  et  liberalis 
promotor. 

Post  hec  andientes  fratres,  quod  summus  pontifej  prefatos  fratres  a  sua  obedientia 
et  ordine  absolvisset,  statim  explorato  loco,  ubi  prefati  fratres  morabantur,  stipendio  con- 
ducunt  catervam  hominum  mundanorura  et  scienter  summi  pontificis  reverentia  et  mandato 
contempto,  procul  pulso  divini  timoris,  amoris  et  honoris  respectu,  manu  armata,  adhuc  papa 
existente  in  Aquila,  eos  capere  temptaverunt.  Quare  domino  Celestino  renuntiante  papatui 
[13  dee.  1294],  visum  fuit  eis  conveniens  et  utile  ire,  et  furori  fratrum  cedere,  et  prò  sua 
malori  pace  et  salute  ad  loca  remota  et  deserta  secedere,  ubi  absque  hominum  tumultu  et 
scandalo  et  libere  domino  servire  valerent.  —  Capitur  interea  dominus  Celestinus  in  quadam 
terra,  que  dicitur  Hestia,  a  Standard©  (2)  et  domino  patriarcha  (3)  et  aliis  pluribus  ad  montem 
sancti  Angeli  ducitur;  ad  quem  fratres  Minores  instanter  postulant  habere  ingressum.  Qui 
cum  introducti  fuissent  ad  eum,  omnis  modestie  et  raanswetudinis  obliti,  tot  maledicta,  tot 
improperia,  tot  blasphemias  in  eum  proferre  ceperunt,  quod  turbatus  dominus  patriarcha, 
qui  presens  erat,  statim  mandavit  eis  inde  recedere,  et  foras  absque  mora  expelli.  Quibus 
expulsis,  interrogavit  eum  dominus  patriarcha:  «Quid  fratribus  Minoribus  fecisti,  quod  tanto 
in  te  furiunt  odio».  Cui  ipse  respondit,  responsioni  eius  astante  fratre  Nicolao,  nunc  Sa- 
lone (4)  archiepiscopo,  qui  responsionem  in  curia  frequenter  coram  cardinalibus  et  aliis  viris 
magnis  me  audiente  recitavit:  «Ego  numquam  fratribus  iniuriam  vel  eorum  ordini  feci, 
sed  taraquam  filiis  honorem  et  gratiam;  set  prò  eo  quod  me  diligere  deberent,  dotrahunt 
mihi  et  gratis  odiunt  et  iniuste  maledicunt.  Fuerant  enim  in  ordine  quidam  sancti  fratres, 
quorum  con  versa  tionem  et  vitam,  ante  multa  tempora,  certa  experientia  noveram,  quibus 
posse  perfecte  servare  regulam  suam  secundura  intentionem  et  precepta  patris  eorum  sub 
nostra  obediencia  et  sine  fratrum  Minorum  nomine  concessimus,  sicut  ego  vellem  fratribus 
meis  fieri,  quando  simile  desiderium  haberent  et  ad  perfectionem  simìlem  consurgere  vera- 
citer  aspirarent» 


resto,  a  noi  non  tocca  di  sciorre  le  molte  contraddizioni  scritte  in  proposito  su  questi  due 
Minoriti;  notiamo  soltanto,  esser  certa  l'esistenza  e  la  santità  e  il  culto  del  cosi  detto  B. 
Liberato  de  Lauro;  ma  si  chiamava  poi  egli  veramente  Liberato?  Il  curioso  si  è  che,  un  B. 
Liberato  de  Lauro  non  è  punto  conosciuto  dalle  memorie  del  sec.  XIII,  né  dal  Pisano,  né 
dai  Cataloghi  dei  santi  religiosi  editi  dall' Eubel  e  dal  Lemmens!  e  per  la  prima  volta  una 
mano  posteriore  fu  che  aggiunse  il  nome  di  Liberato  sul  margine  d' un  cod.  del  Chron.  24 
Generaìium  (Cfr.  AnaL  frane,  loe.  cit.)  ove  si  parla  di  un  beato  anonimo. 

(1)  Il  cod.  di  Siena  fol.  93  r.  €  Misser  Napoleone  cardinale  »  ;  card,  della  famiglia  Orsini, 
creato  1288  e  morto  1342  n'arzo  23. 

(2)  II  cod.  di  Siena  fol.  93  r.  «  terrs*  che  si  chiama  Vestia,  da  stendardo,  dal  pa- 
triarca et  da  molti  altri».  Guglielmo  Standardo  era  il  governatore  della  Capitanata  sotto 
re  Carlo  II.  —  Cfr.  Ehrle  op.  cit.  IL  310.  —  Veatia  vulgo  Vieste  o  ViesH  nel  distretto  di 
Foggia. 

(3)  Certamente  Landulfo  o  Kadulfo,  patriarca  titolare  di  Gerusalemme,  creato  da  Cele» 
stino  stesso.  —  Cfr.  Eubel  Hierarchia  I.  286. 

(4)  Non  Salona  di  Dalmazia,  ma  Salona  l'antica  Amphissa  in  Grecia,  suffraganea  di 
Atene,  come  osserva  il  cit.  Ehrle.  Il  cod.  di  Siena  fol.  93  r.  ha  :  in  presentia  di  frate  Nic- 
chola  arcivescovo  dinonsolona  (l);  il  Riccard.:  di  Nonsolena. 


SECOLO  xin.  347 


Denique  succedente  fratre  lohanne  de  Morrò  (1)  in  officio  fratris  Beymundi  Gau- 
fridi, . . .  accusatus  est  ei  fr.  Chunradus  de  Offida  in  multis  et  gravibns, ...  in  primis,  quod 
exitnm  de  ordine  ad  meìius  regalam  observandam  landabat  et  consolebat . . .  Hic  [fr.  Con- 
radus]  procuravit  cuoi  fratre  Jacobo  de  Monte  et  Thoma  de  Tollentino  habere  licen- 
ciam  a  fratre  Johanne  cum  duodecim  sociis  snis,  quos  sibi  eligere  vellent  et  ydoneos  iudi- 
carent,  ire  ad  infideles,  ita  dumtaxat,  quod  frater  Jacobus  de  Monte,  qui  erat  vir  mira- 
bilis  puritatis  et  sanctitatis,  esset  vicarius  ipsius  fratris  Johannis  generalis  ministri  in 
partibus  Orientis.  Audiverant  eiiim  prefati  fratres  tribulationes  varias  et  perplexas,  qnas 
sustinebant  fratres  illi,  qui  ad  partes  Achaye  et  Tesalie  transiverant  tempore  abrenuncia- 
tionis  domini  Celestini.  Intendebant  enim  eos  secum  ad  partes  infidelium  ducere  et  simut 
cnm  illis  in  omni  puritate  iuxta  gratiam,  quam  eis  prestaret  altissimus,  regulam  observare, 
et  tali  modo  a  perplexitatibus  talium  vexationum  ipsos  eruere  et  societatis  eorum  speciali 
solatio  et  auxilio  roborari  inter  illas,  ad  quas  ibant,  infidelium  nationes. 

Tribulatio  vero  et  perplexitas,  quam  patiebantur  frater  Liberatus  et  socii  eius,  et  a 
qua  frater  Jacobus  et  Thomas  et  socii  laborabant  ex  vera  caritate  eos  eripere,  ista  erat  : 
—  nam  frater  Chunradus,  nescio  quo  detentus  oraculo,  rt^mansit  cum  suo  socio  (2)  et  non 
transfretavit  cum  eis.  —  Cum  enira  in  quadam  parva  insula  (3).,  satis  divino  cultui  apta,  frater 
Liberatus  cum  sociis  bien)iio  (4)  stetisset  et  quiete  spirituali  non  modica  in  Domino  frueréntur, 
fama  sanctitatis  eorum,  Christi  vero  servorum  maxima  impugnatrix,  ad  multos  pervenit. 
Audientes  autem  fratres  Minores,  qui  in  illis  rcgionibus  morabantur,  modum  conversationis 
et  famam  a  mercatoribus  et  nautis  et  ab  illis,  qui  ad  insulam  solatii  seu  devotionis  causa 
aliquando  veniebant,  quasi  sanctitatis  nomen  sibi  furto  vel  rapina  sublatum  perdidissent, 
dolere  ceperunt,  nec  curant  rei  voritatem  explorare,  sed  ad  refrigerium  parvulorum,  quos 
necat  invidia,  de  suo  corde  mendacia  fingnnt  et  apod  episcopos  et  barones  illins  regionis 
diffamatoriis  accusationibus,  affirmando  eos  de  socta  Manicheorum  esse,  corrodnnt.  «  Ideo, 
inquiont,  carnes  non  comedunt  nec  vinnm  bibunt,  et  longe  ab  hominibus  habitant,  quia 
missas  audire  renuunt,  nec  credunt  sacramentum  altaris,  nec  papam  esse  papam,  nec  eccle- 
siam  esse  ecclesiam».  Et  talia  similia  multa,  sicut  omnium  malorum  peior  et  funestior 
eos  docebat  invidia.  Audientes  autem  episcopi  et  principes  fratrum  sermones  et  diffama- 
tiones,  quamvis  eorum  vorbis  non  crederent,  formidare  ceperumt,  et  certificari  de  eis  volentes, 
caute  viros  intelligentes  ad  insulam  semel  et  secundo  miserunt,  qui  et  moram  contraherent 
et  omnia,  que  ab  eis  fiebant,  cum  summa  diligentia  explorarent.  Qui  vidontes,  quomodo 
missas  devote  et  reverenter  cantantes,  raemoriam  prò  summo  pontifice  et  prò  ecclesia  in 
suis  missis  cotidie  faciebant,  et  quomodo  horas  canonicas  solicite  et  actonte  dicebant,  co- 
gnoverunt  ex  invidia  procedere  et  suspicionibus  falsis  ea,  que  de  ipsis  fratribus  predica- 
bant.  Et  redeuntes  ad  suos  dominos  reflFerebant,  que  viderant,  laudum  commendationibus 
eorum  mores  et  conversationem  efficaciter  extollentes.  Quocirca  voluerunt  principes  et  epi- 
scopi, quod  missas  publice  coram  clero  et  populo  cantarent  ad  purgationem  eis  imposite 
infamie,  et  quod  fidem  catholicam  populo  predicarent.  Et  mandaverunt  eis  episcopi,  qui 
secum  eos  prandere  faciebant,  quod  vinum  biberent  et  carnes  et  de  omnibus,  que  eis  ap- 
ponebantur,  comederent.  Et  cum  eorum  obodientiam  reverenter  implcssent,  tunc  ratiohem, 
qaare  hoc  eis  preceperant,  retulerunt.  Turbati  fratres  ex  hiis,  que  facta  fuerant,  unde  gau- 
dium  et  letitiam,  inde  tristitiam,  amaritudinem  et  furorem  implacabilem  assumpserunt,  et 
indagata  veritate  conditionis  eorum,  determinant  summi  pontificis  adire  presentiam  et  tantis 
et  talibus  apud  enm  eos  diffamare  querelis  et  inculpare  criminibus,  ut  vel  spontaneo s  aut 
invitus  cogator,  tanqoam  contra  hereticos,  adveràus  eos  proferre  sententiam.  —  Habebant 
tunc  fratres  dominum  Johannem  de  Morrò  sancte  romane  ecclesie  cardinalem,  qoi  eorum 


(1)  Griovannì  Mincio  da  Morovalle,  generale  dell'  Ordine  negli  an.  1296-1304;  creato  car- 
dinale 15  dee.  1302,  mori  in  Avignone  1312.  Da  Card,  continuò  a  reggere  l' Ordine  sino  al- 
l' elezione  del  suo  successore.  —  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  432,  453. 

(2)  Fr.  Taddeo,  che  verrà  nominato  più  sotto. 

(3)  Quest'  isola  doveva  certamente  esser  nel  golfo  di  Corinto  ;  e  come  egregiamente  con- 
gettura r  Ehrle,  è  forse  l' isoletta  Trixonia  la-  quale  si  trova  presso  la  spiaggia  della  baronia 
di  Sola  o  Salona  (=  Amphissa),  allora  soggetta  «  domino  Thomae  de  Sola  » . 

(4)  Questo  biennio  deve  porsi  entro  il  1301-3. 


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mtnister  generalis  extiterat,  spontanenm  proinotorem  omnium,  qne  petebant.  Qno  avente 
sammi  pontifìcis  presentiam  adeant  et  coram  eo  primo  proponant,  ^comodo  quidam  ordinis 
nostri  apostate  ad  Achaye  provinciam  venerunt,  qui  propter  singularem  modum  vivendi, 
quem  tenent,  vitam  austeram,  quam  dncunt,  et  licentiam  domini  Celestini  hoc  £aciendi, 
qnam  iam  ostenderunt  et  habere  se  dicunt,  tanta  principes  et  omnem  clerum  ad  se  devo- 
tione  traxerunt,  quod  nullam  de  ipsis  iustiiiam  lacere  vel  rationem  habere  valemus.  Qnibns 
papa  prefatus  dominus  Bonifacius  respondit  (1),  sicut  qui  tunc  aderant  viri  digni  fide,  retu- 
lerunt  :  *  Sinite  eos  servire  Deo,  quia  ipsi  faciunt  melius,  qnam  vos  faciatis  » .  Tunc  ipsi  ad 
refugium  precogitati  et  asweti  mendacìi  recurrentes,  et  tanto  viro  falsitates  coram  ponere 
non  timentes,  dixernnt:  «Domine  sancte  pater,  heretici  et  scismatici  sunt  hii,  quos  vestra 
sanctitas  nobis  prefert,  et  in  tota  terra  illa  predicant  et  disseminant,  quod  vos  non  estis 
papa,  et  quod  auctoritas  non  est  in  ecclesia,  et  plura  similia,  que  mentera  eius  perturbare 
valerent.  Quorum  fallaciis  deceptus,  eorum  perverse  petitioni  assensum  prebnit,  iubens  fieri 
litteras  secundum  continentiam  postulationìs  eorum,  in  quibus  litteris  exsecutores  punitionis 
eorum  fecit  prelatos  tres,  videlicet  dominum  Petrum  patriarcham  Constantinopolitanum  (2) 
et  duos  arcbiepiscopos  Ateniensem  et  Fatracensem.  Patriarcha  moram  tunc  contrahente  Ve- 
netiis,  duobns  archiepiscopis,  quorum  cnilibet  de  per  se  plenam  exsecutionis  potestatem 
predictos  fratres  puniendi  papales  littere  committebant,  a  fratribns  presentantur.  Tébanus 
autem,  qui  erat  vir  eruditus,  visis  litteris  et  emissis  fratribns  dixit:  «Non  puto,  quod  tam 
iniuste  littere  mandaverint  diebus  nostris  de  curia  romana  ».  Et  captata  opportunitate  cum 
domino  Thoma  de  Sola,  cuius  illa  insula  erat,  in  qua  fratres  illi  morabantur,  locutus  est, 
et  eadem  replicans  verba  cum  ipso  de  illius  littere  iniustitia,  rogavit  eum,  quod  illos  de 
insula  expelleret  et  quod  tenorem  litterarum  pape  fratrì  Xi&erato  et  sociis  notificare  nullo 
modo  di£ferret.  Quod  ut  andierunt,  se  eidem  domino  Tetano  semel  et  secundo  stnduerunt 
presentare;  sed  ipse  couscìentia  ductus,  avertebat  ab  eis  faciem,  et  per  snos  familiares  se- 
crete  interdicebat  eis,  ut  ante  conspectum  suum  numqnam  comparere  presnmerent.  Et  iterum 
cum  domino  Sole  loquens  mandavit  ei  sub  pena  excommunicationis,  quod  eos  de  terra  sua, 
quomodo  citius  posset,  eiiceret.  Patraeensis  vero  archiepiscopus,  qui  erat  domini  pape  con- 
sanguineus,  conscius  de  modo  impetrationis  litterarum,  nullo  modo  eas  recipere  volmt,  sed 
propter  illarum  litterarum  impetrationem  magnam  displicentiam  de  fratribus,  qui  eas  tali 
modo  procuraverant,  concepii  Quid  plura,  coguntur  recedere  de  terra  dominii  latinorum 
tempore  famis,  quo  divites  opprimebantur  penuria,  et  nichil  habentes  peregrinantur,  et  {ad 
Grecos]  (3),  qui  eos  ut  hereticos  devitabant,  accedunt.  Ubi  contracta  mora  iam  duomm  ferme 
annomm  in  laboribus  multis,  in  multa  penuria  et  erumpna,  dominus  patriarcha  a  Vene- 
tiis  rediit  Nigropontem.  Quem  mox  fratres  adeuntes,  ut  breviter  me  expediam,  excomma- 
nicari  semel  et  secundo,  quos  expulerant,  faciunt.  Legnntur  excommunicationis  illius  littere 
ex  mandato  domini  patriarche,  ubique  publice  excommunicantur  cum  sonitn  campanarum, 
et  ipà  tratres  ut  procuratores  bine  inde  ipsam  patriarche  sententìam  publicando  discnrmnt. 
Sed  divino  iudicio  quanto  amplius  sue  voluntatis  contra  absentes  impetum  ostendebant, 
tanto  maiorem  displicentiam  dominorum  et  omnium,  qui  discretionem  habebant  aliquam, 
incurrebant.  Ex  qua  re  coacti  snnt,  post  prefatos  eorum  conatus  impios  et  processus,  ro- 
gare fratres,  de  quibus  iam  superius  mentio  facta  est,  fratrem  scilicet  Jacobum  de  Monte 
et  socios,  qui  iam  Tebas  et  Nigropontum  pervenerant,  prò  pace  laborare  fratrum  illius 
Provincie  et  accedere  ad  illos,  quos  post  eiectiouem  excommunicari  fecerant  a  domino  pa- 
triarcha —  qui  dominus  post  illius  excommunicationis  sentenciam,  iudicio  satis  pavendo, 


(1)  Dato  il  cardinalato  del  Morovalle  dal  15  dee.  1302,  e  la  morte  di  Boni&cio  Vili 
alli  11  ott.  1303,  dobbiamo  porre  questo  fatto  con  quel  che  segue  accaduto  entro  la  metà 
del  1303. 

(2)  Pietro  tenne  il  titolo  patriarcale  dal  1286,  sino  alla  morte  ehe  vuoisi  avvenuta  il 
23  dee.  1301,  poco  dopo  il  suo  ritorno  dall'Italia  in  Grecia.  Gli  snoeedette  il  7  feb.  1302 
un  tale  Leonardo.  —  Arciv.  Ateniese  era  forse  fr.  Stephanus  Mangiatems  Ord.  Praed.  re- 
gistrato dall' Eu bel  e.  il  1300.  —  Chi  fosse  poi  il  vese.  di  Tebe  e  ehi  l' arciv.  di  Patrasso, 
se  Giov.  da  S.  Vito  de'  Colonna,  o  un  tal  Bainerio  ricordato  dall'  Ehrle,  o  altri,  non  é  facile 
asserirlo. 

(3)  Cosi  r  Ehrle  che  supplisce  eoi  eod.  Riccardiano,  identico  in  questo  eoi  nostro  Senese. 


SECOLO  xm.  349 


non  mnltis  interpositis  diebna  fiierat  de  hac  vita  snbtractus  —  et  tractare  cnm  eis,  quorum  103 
se  habere  notitiam  fatebantnr,  et  modum  aliqnem  invenire  unitatis  et  concordie,  per  quem 
consopirentur  scandala  clero  et  secularibus  ex  eorum  persecutione  exhibita,  ut  hedificarentur 
ex  eorum  prudentia  et  caritate,  qua  mediante,  et  bona  pie  procurata  et  scandala  tam  le- 
viter  sedata  fuissent.  Venerunt  ad  partes  fratrum  fratres  Jacobus  et  socii  (1)  ad  eos,  quos 
videre  iam  diu  desideraverunt,  et  tanquam  si  angelus  de  celo  venisset,  sanctus  ille  iam 
senex  cum  sua  societate  suscipitur.  Gaudent  in  mensa  et  hospitio  paupertatis,  et  socios 
eiusdem  propositi  se  invenisse  letabantur,  et  nuntios  ad  dominum  Johannem  de  Murro,  qui 
vice  generalis  tunc  [1303-4]  ordinem  de  summi  pontificis  auctoritate  regebat,  cum  litteris  sui 
yicarii,  videlicet  fratris  Jacohi,  et  cum  litteris  ministri  et  fratrum  Provincie  Romanie  de- 
precatoriis  et  predictorum  fratrum  <;eleriter  mittunt.  Quibus  omnes  unanimiter  supplicabant 
sue  paternitati,  quatenus  dignaretur  concedere,  quod  frater  Jacobus  posset  secnm  fratrem 
Liberatum  et  socios  sub  sua  obedientia  ad  partes  infidelium  de  sua  auctoritate  et  bene- 
placito ducere,  cum  de  tali  concessione  pax  magna  fratribus  illius  provincie  oriretur  et  he- 
dificatio  non  modica  in  populo  et  in  clero  et  ordinis  utilitas  sequeretur.  Ad  quod  facien- 
dum  nec  litteris  sibi  missis,  nec  fratris  Chuntadi  (2)  et  fratris  Thadei  socii  sui,  quem  ipse 
dominus  Johannes  super  omnes  fere  mundi  homines  diligebat,  potuit  precum  instantia  in- 
clinari  ;  sed  misit  litteras  suo  vicario  contrarium  continentes.  Frater  vero  Thadeus  sugge- 
rebat  suis  litteris,  quod  tantum  bonum  propter  domini  cardinalis  deliberationem  nullo  modo 
dimitteretur.  Ommisso  igitur  fratris  Thadei  Consilio,  visura  est  fratri  Liberato  et  sociis, 
domini  pape  adire  presen tiara,  et  obedientiam  ecclesie  et  summi  pontificis  omnibus  facto 
et  verbis  ostendere,  et  corporum  et  animarnm  bene&ctis  Deo  curara  committere  et  sub 
specie  discretionis  fugara  a  facie  persequentium  nequaquam  deinceps  prò  remedio  assumere, 
sed  ultro  persequentibus  viriliter  se  oiferre... 


(1)  Yeiinero  nel  principio  del  1303,  cioè  nel  primo  anno  del  cardinalato  dei  generale 
b.  Giovanni.  —  Per  la  cronologia  e  storia  di  questa  missione  di  fr.  Giacomo  da  Monte  e 
dei  sooi  undici  compagni,  preme  anche  riportare  quel  tanto  che  lo  stesso  Clareno  narra 
nella  sua  ricordata  Epiatola  eaxusatoria:  —  «  Venerunt  de  partibus  romanis  fratres  Minores, 
ad  infideles  cum  suis  privilegiis  papalibus  missi;  Vicarius  videlicet  Orientis  cum  XI  sociis 
suis,  et  de  volnntate  provincialis  Ministri  et  omnium  fratrum  illius  provincie  [cioè  Romaniae, 
Graeciae]  rogati  transierunt  per  nos,  et  steterunt  nobiscum  sex  mensibus.  Ipse  vero  frater 
Jacobus  de  Monte,  Vicarius  in  partibus  Orientis,  prò  nobis  pie  cogitans,  cum  audisset  a  fra- 
tribus omnia,  que  contra  nos  fuerant  perpetrata,  condoiuit  fratribus...,  et  certificavit  fratres 
de  nostra  fide  et  moribns,  et  veniens  ad  nos,  ad  cautelam  absolvit  nos  auctoritate  papalium 
prìvìl^orum,  que  habebat,  hoc  posse  &cere  de  omnibus  extra  romane  ecclesie  iurìsdictionem 
in  terrìs  infidelium  commorantibns,  licet  nuUius  excommunicationis  nos  crederet  vinculo  in- 
nodatos.  Ipsis  vero  a  nobis  recedentibus,  ststim  misimus  duos  fratres  ad  dominum  papam 
Bonifatium  cum  litteris  nostris  ex  parte  omnium,  nos  sue  voluntati  et  obedientie  offerentes  : 
et  alios  duos,  quos  fratres  capi  et  detineri  fecerunt,  ne  se  prefato  domino  possent  presentare. 
—  Tunc  fr.  Liberatua  secretum  assumpsit  iter  et  venit  usque  Perusium  ad  dominum  b.  m. 
Benedictum,  sed  festine  post  sunm  adventum...  prefatus  pontifex  migravit  [7  jid.  1304]  ad 
Dominum.  Qnare  impeditus,  coram  eo  facta  sua  et  sociorum  exponere  non  valuit.  Ellecto  vero 
domino  papa  Clemente  [13  jun.  1305],  assumpto  secum  fratre  Paulo  prò  socio,  viam  ad 
Curiam  arripuit,  et  in  itinere  infirmalus  est:  et  duohus  annis  infirmus  languit,  in  tertio  vero 
et  ipse  ad  Deum  vocatus  obiit  [1307],  —  Ego  vero  uno  anno  piene  laboravi,  antequam  possem 
fratrum  reditum  procurare.  Omnibus  vero  fratribus  iam  premissis,  ultimus  omnium  redìi 
[e.  «ept.  1305],  et  inveni  quod  fr.  lAberatua  a  fratre  Thoma  de  Adversa  inquisitore  hereti- 
eorum  fnerat  vocatus  cum  omnibus  sociis,  quos  in  illis  partibus  habebat;  presentavit  se  ei, 
et  examioatus  ab  eo  de  fide  catholica  et  pluribus  diebus  detentns,  inventus  est  ab  eo  fide- 
Kssimus  cum  omnibus  suis  sociis  christianus...  » .  Epiat.  excuaat.  fr.  Angeli  Careni  ed.  Ehrle 
in  Archiv  dt.  t.  I  p.  529-31, 

(2)  Qualche  anno  dopo,  fr.  Conrado  da  Offida  moriva  a  Bastia  presso  Assisi  il  12  dee. 
1806.  —  Cfr.  Anal.  frane,  t.  Ili  p.  253  n.  a. 


350  BIBLIOTECA 


103  E  qui  tronchiamo  il  racconto  del  Clareno,  che  lo  protrae  narrandoci  (non  senza  qualche 
risentimento  ed  esagerazione)  le  susseguenti  persecuzioni  che  lui  e  i  suoi  ehbero  a  subire 
in  Italia  e  altrove,  con  immenso  detrimento  dell'  Ordine.  E  rimandiamo  il  lettore  ai  capp. 
VII  e  Vili  del  tomo  I  della  Storia  del  P.  Panfilo  da  Magliano.  —  Ci  dispiace  di  non 
aver  trovato  altre  notizie  sulla  ricordata  missione  in  Oriento  di  fr.  Giacomo  da  Monte  e 
de' suoi  undici  compagni,  tra  i  quali  si  novera  il  b.  Tomaso  da  Tolentino;  tutte  notizie 
che  dobbiamo  al  solo  Clareno  (f  15  jun.  1335); 

1291  —  Caduta  di  Acri  o  Tolemaide.  —  Quattordici  FF.  Minori  Martiri 
con  tutte  le  Clarisse,  massacrati  dai  Saraceni  per  la  loro  costanza  nella 
Fede  ecc. 

104  S.  Giovanni  di  Acri,  o  Tolemaide,  ultimo  baluardo  del  misero  regno  dei  Crociati, 
cadeva  il  di  18  maggio  1291  in  potere  delle  feroci  soldatesche  del  Soldano  Melek-el-Asceraf 
che  r  allagarono  di  sangue  cristiano  (1).  —  Tutti  i  nostri  cronisti,  seguendo  il  Waddingo  (2), 
riportano  più  o  meno  fedelmente  il  martirio  che  in  questa  circostanza  subirono  i  FF.  Minori 
e  le  settanta  quattro  suore  Clarisse  (3)  che  colà  vi  avevano  il  principale  convento  della 
loro  rispettiva  regolare  Provincia. 

n  Waddingo,  citando  un  Chron.  antiq.  Ordinis,  dice  che  in  quell'  eccidio  «  succensa 
illorum  aede,  perierunt  plerique  Minores  . . .  Quidam  vero  evaserunt  ex  Fratribus  cum  aliis 
secreta  fuga  dilapsi;  at  ex  virginibus  Clarissis,  nulla».  E  dice  il  vero;  erra  però  quando 
tra  questi  martiri  novera  anche  fr.  Giacomo  Custode  della  Siria  e  fr.  Geremia  suo  com- 
pagno, i  quali  invece  morirono  martiri  nel  1266  alla  caduta  di  Saffed  (4)  come  egli  stesso 
notò  sotto  il  citato  anno  al  n.  8  (t.  IV  p.  262-63).  —  Altri  dissero  che  dei  sessanta  Mi- 
noriti ben  53  vi  lasciarono  la  vita,  e  gli  otto  altri  ripararono  in  Cipro  col  re  Enrico;  e 
settanta  quattro  dissero  esser  state  le  Clarisse  uccise.  Di  questo  numero  di  religiosi  e  re- 
ligiose noi  non  trovammo  ricordo  in  autori  antichi,  e  staremo  quindi  al  racconto  de'  se- 
guenti tre  cronisti  quasi  coevi.  —  Tra  questi  il  più  recente  (e.  1369)  è  il  Chron.  24  Gen. 
che  cosi  si  esprìme: 


(1)  Melek-el-Mansur-Kalann,  Soldano  d'Egitto,  entrò  nella  Terra  Santa  con  un'armata 
di  20™  cavalli  e  IGO"  pedoni,  soggiogando  Tripoli  e  Laodicea  (1289);  nei  primi  di 
maggio  1291  le  sue  truppe,  condotte  dal  suo  figlio  Melek-el-Asceraf  (che  succedette  a  lui 
morto  il  10  nov.  1290),  assediarono  e  presero  Acri  il  18  di  maggio.  Aeri  era  allora  gover- 
nata da  ben  diciasette  giurisdizioni  o  capi  differenti,  sempre  fra  loro  discordi,  senza  unità 
di  governo  e  senza  mezzi  di  difesa.  Alla  caduta  di  Acri,  caddero  successivamente  Tiro, 
Beirut,  Sidone  (Sajette),  Tortosa  ed  altre,  per  Io  più  abbandonate  dai  militi  e  citta- 
dini latini  che  si  rifugiarono  in  Cipro.  —  Cfr.  Du  Cange-Rey  FamiUes  d'outre  mer  p.  46 
e  passim. 

(2)  Wadd.  Annales  ad  an.  1291  n.  1.  —  Quarestaio  Elueidatio  T.  S.  lib.  7,  peregr.  8, 
e.  6.  —  Civezza  Storia  delle  Missioni  t.  II  e.  12.  —  Calahorra  Chron.  de  Syria  lib,  3  ce.  26 
e  27,  ed  altri.  —  Prima  di  questi,  cosi  si  espresse  il  vecchio  compilatore  del  Firmam.  trium 
Ordinum,  ed.  Venet.  1513  fol.  32  r:  e  Anno  dom.  MCCXCII  (sic)  XIIII  kal.  junii,  civitas 
Achon  fuit  capta  per  saracenos,  occìsis  et  captis  in  ea  plus  qnam  triginta  millibus  christi»- 
nonim,  in  qua  omnes  fratres  conventus  Minorum  et  sorores  monasterii  S.  Giare  crudeliter 
occisi  fìierunt  > . 

(3)  Cfr.  Wadding  in  SyUabo  martyr.  p.  230  ed.  2«. 

(4)  Peggio  poi  erra  l'Hueber  {Menologium  17  Maii  n.  1)  che  per  accordare  questa  con- 
fusione, confonde  Acri  e  Saffed  come  fossero  una  e  medesima  città! 


SECOLO  xm.  351 


Anno  MCCXCI.  XIIII  kalendas  luniì  civitas  Accon  fait  capta  per  Saracenos,  occisis  104 
vel  captis  ibidem  plus  quam  XXX  millibus  Christianorum  ntriusque  sexus,  a  captione  ci- 
vitatis  Tripolitanae  anno  secundo.  Cum  antem  in  Accon  tane  esset  solemne  nionasterium 
sororum  sanctae  Clarae  et  Abbatissa  captionem  civitatis  audisset  et  intrasse  Saracenos, 
castitatis  zelo  virilis  efifecta,  omnes  sorores  suas  ad  capitnlnm  celeriter  advocavit,  et  praevia 
informatione  salubri,  ne  ab  infidelibns  deluderentur,  oranes  ad  martyrium  animavit.  Et  ait: 
«  Filiae  meae  et  sorores,  contemnamus  vitam  istara  miseram,  ut  immaculato  corde  et  cor- 
pore  fories  in  fide  sponso  nostro  Domino  lesu  Christo  nos  valeamus  ofiferre  et  pretio  propri! 
sanguinis  vitam  interminabilem  comparemus.  Quod  me  igitur  facere  videritis,  hoc  omnes 
faciatis  » .  Tunc  virilis  mulier,  arrepto  gladiolo,  nasum  proprium  mutilavit,  (  t  fluente  san- 
guine totam  faciem  cruentavit.  Animantur  sorores  omnes  ad  simile  fidei  et  castitatis  amore, 
et  facies  suas  diversimode  vulnerantes  et  cruore  virgineo  tingentes,  aspectum  horribilem 
intuentibus  praebuerunt.  Quid  plura?  Intrant  Saraceni  monasterium  evaginatis  gladiis 
christianum  sanguinem  sitientes.  Occurrunt  eis  sacrae  virgines  intrepide  non  vultus  deco- 
rem,  sed  horrorem  canibus  illis  femelicis  oflferentes.  Qui  videntes  eas  primo  stupent,  deinde 
horrentes  omnes  gladiis  crudeliter  occiderunt.  —  Fratres  etiam  conventus  eiusdem-  civitatis 
fuerunt  modo  simili  trucidati. 

Anteriore  al  Chron.  24  Gen.  è  il  racconto  di  fr.  Giovanni  di  Winterthnr,  che  conti- 
nuava il  suo  Chronicon  fino  al  1348;  esso  scrive  quel  che  udiva  raccontare  nel  suo  tempo: 

Anno  Dni.  1291  [corr.  12891  Saraceni  Tripolim  destruxerunt.  Item  sub  Nicolao  IV 
Saraceni  coeperunt  [1291]  Acheron  (=  Accon  =  Acri)  ;  qualiter  antem  coeperunt,  prout 
fama  frequenti  id  adhuc  recenti  mihi  innotuit,  quanto  succinctius  et  realius  poterò,  deli- 
neabo . . .  {Dopo  due  lunghe  colonne  segue)  :  Cum  vero  barbari  urbera  ceperunt,  paucis 
pepercerunt,  nam  fere  omnes  deprehensos  in  ore  gladii  peremerunt,  multos  etiam  in  capti- 
vitatem  redegerunt,  qui  adhuc  hodierna  dio  cum  suis  posteris  eorum  servitiis  sunt  astricti, 
in  magna  tamen  reverentia  retinentur.  Numerus  autem  Christicolarum  in  civitate  deprehen- 
sorum  et  occisorum  famatur  extitisse  70  railia;  paganorum  vero  multo  plures  propter 
pestilentiam  inter  eos  exortam  propter  causam  praedictam  perierunt.  Praeterea  in  capti- 
vitate  civitatis,  quod  est  miserabile  dictu,  pagani  mulieres  fideles  formosas  sibi  placcntes 
temeraverunt  ;  et  cum  ad  monasterium  S.  Clarae  venissent  et  Moniales  ibidem  Domino  ser- 
vientes  violare»  vellent,  abbatissa  cum  magna  precura  instantia  ab  ipsis  vix  impetravit,  ut 
dimissa  eis  castitatis  sanctimonia  post  hymnum  et  canticum  Domino  persolutum  ab  eis 
capita  earum  reciperent.  Cum  ergo  antiphonam  Salve  regina  devote  percantassent,  flexis 
poplitibus,  porrectis  cervicibus  Martyrum  palmam  capitis  obtruncatione  mernernnt.  Vastata 
est  itaque  civitas,  et  heu  penitus  desolata.  —  Chron.  Vitodur.  in  Eccard  Corpus  hist. 
meda  aevi  t.  I  col.  1761-63. 

Strano  ci  sembra  che  il  Winterthur,  come  anche  il  Glassberger  (1),  e  qualche  altro 
ancora,  parlino  soltanto  del  martirio  delle  Clarisse  e  tacciano  affatto  la  morte  de'  FP. 
Minori!  E  perfino  il  cit.  Chron.  24  Gen.  si  sbriga  con  un  rigo  appena  sulla  morte  di 
questi.  —  Ora  però  ci  gode  1'  animo  di  saper  qualche  cosa  di  più  su  questi  nostri  con- 
fratelli, veri  martiri  della  S.  Fede,  e  in  grazia  di  un  cod.  del  s.  Convento  di  Assisi  scritto 
da  un  Minorità  contemporaneo  al  fatto  (2).  Dalla  pag.  132  v.  di  esso  cod.,  assai  consunta 
e  corrosa  e  di  carattere  difficilissimo,  abbiamo  con  istento  potuto  copiare  (il  24  gen.  1899), 
quanto  segue: 

«...  Quatuordecim  fratres  Minores  de  Ordine  S.  Francisci  :  Guardiano  cnm  aliis  fra- 
tribus  recedentibus  de  civitate  [Acon]  ante  excidium,  et  in  Ciprum  navigantibus  cum  multis 
aliis  clericis,  religìosis  et  laicis,  timentes  ne  fragìlitate  sua  vincerentur  in  martìriis  roci- 
piendis  a  saracenis;  et  sicut  ad  negandum  fidem,  sacrificia  Christi,  timore  poenamm  et 


(1)  Cfr.  Anal.  frane,  t.  II  p.  106. 

(2)  Cod.  membr.  n.  341  di  137  foli,  col  titolo  di  Liber  memorialis  diversarum  ystoriarum 
compilato  da  un  Minorità  e.  il  1335,  sotto  il  qual  anno  ne  parleremo. 


352  BIBLIOTECA 


104  tormentis,  inclinarent  non  nihil,  elegerunt  potins  ad  aliam  fagere  civìtatem,  sicut  Salvator 
dixit  debilibus  adhuc  discipulis,  et  in  terra  pacis  regem  pacificnm  Christum  venerar!  et 
colere.  Ipsi  vero  praedicti  XIIII  fratres,  constantes  in  fide,  prò  Christi  nomine  et  confes- 
sione verae  fidei,  dura  immobiles  permanerent,  intra  suam  ecclesiam  et  locnm,  a  saracenis 
martirizati  fuernnt,  et  a  Christo  in  gloriam  adsumti  et  adinncti  sanctis  martiribas. ..». 

Sulla  posizione  di  questo  convento  Minoritico  in  Acri,  bagnato  dal  sangue  di  questi 
quattordici  martiri,  veggasi  la  pianta  di  essa  città  in  Sanuto,  riportata  anche  dal  nostro 
fr.  Lavinio  (1). 

Il  Domenicano  fr.  Kicoldo  di  Monte  Croce,  che  al  tempo  della  caduta  di  Tripoli  (1289) 
e  di  Acri  (1291)  trovavasi  missionario  in  Bagdad,  ci  lasciò  cinque  lettere  in  forma  di  sup- 
pliche e  di  lamenti,  nelle  quali  piange  inconsolabile  la  rovina  del  regno  cristiano  di  Siria  (2). 
In  esse  troviamo  una  particolarità  che  non  riscontrammo  in  altri  cronisti:  il  martirio  cioè 
di  alcuni  frati  Minori,  i  quali,  nell'  ultimo  momento,  rifugiatisi  nel  convento  de'  Dome- 
nicani situato  sul  mare,  morirono  uniti  con  loro  per  la  fede  di  Cristo. 

Nei  suoi  famigliari  lamenti  a  Dio,  che  aveva  inviati  invano  tanti  apostoli  per  estir- 
pare la  legge  brutale  di  Maometto,  ricorda  anche  l' apostolato  di  S.  Francesco,  e  dice  : 

Occurrit  etiam  animo  pauper  ille  perfectus  et  verae  paupertatis  amator  Franciscus, 
vir  catholicus  et  totus  apostolicus,  qui  ferventi  animo  invasit  bestiam  Machometum  versus 
partes  orientales,  dum  petilt  etiam  a  successore  Machometi  Soldano  Babiloniae  poni  cum 
Saracenis  vel  solus  in  igne  ardenti,  ut  evacuaret,  nec  tamen  bestiam  evacuavit...  Taceo 
de  nostris  principibus  saecularibus  . . .  (p.  268). 

Ego  soUicitus  quaero  ab  illis,  qui  redèunt  de  captione  Accon,  et  nuUum  invenio  qui 
dicat  mihi  aliquem  fratrum  Praedicatorum  remansisse  ad  vitam.  Sed  etiam  soUicitior  cir- 
cumspiciens  Inter  captivos,  si  forte  aliquos  ex  meis  fratribus  Praedicatoribus  invenerim,  et 
nullum  invenio.  Invenio  tamen  tunicas  et  paramentà,  libros  etiam  et  breviaria  inter  Sa- 
racenos  . . .  Tunc  a  redeuntibus  de  excidio  mihi  oblata  est  tunica  lancea  vel  gladio  perforata, 
quae  etiam  modico  cruore  rosea  est.  Et  tunc  eiulans  et  plorans  dixi  :  <  tunica  fratrum 
meorum  est,  tunica  ordinis  mei  est!»  Redemi  eam  modico  pretio.  0  beate  Dominice,  fratres 
meos  quaero  ego!  Veni  in  terram  siccam  et  ardoribns  solis  exustam,  veni  ad  praedicandam 
fidem,  et  ecce  libros  multos  et  scripta  fidei  invenio,  et  fratres  non  invenio  !..  0  beate  Fran- 
cisce,  cui  ab  infantia  mea  et  usque  nunc  fui  devotus,  o  verus  paupertatis  amator,  ad  te 
clamito  et  fiebiliter  ingemisco  :  tu  zelo  fidei  et  devotionis  accensus  odisti  (3)  Soldanum  Ba- 
biloniae, a  quo  petiisti  poni  cum  Saracenis  in  igne  vel  etiam  solus,  ut  perfidiam  Macho- 
meti destrueres.  Tunc  quidem  voluisti,  sed  non  potuisti!  Et  nunc  quando  factus  es  ita 
potens  in  curia  coeli,  silere  poteris,  quando  tantum  crescunt  geniitus  omnium  animarum? 
Nam  fratres  tui  occiduntur  qui  nolunt  negare  fidem,  et  alii  multi  saeculares  coguntur 
verberibus  et  suppliciis  multis  negare  fidem.  Sitis  simul  tu  et  beatus  Dominicus  ante  sum- 
mum  ludicem  prò  vestro  cetu  pauperum  ;  sitis  simul  et  tenete  nos,  et  stemus  simul  ! . . . 
0  Virgines  sanctae,  Deo  devotissimae,  quae  de  saecnlo  et  diabolo  simul,  in  sexu  fragili 
triumphastis,  et  corpora  vostra  templum  Deo  sanctae  virginitatis  et  puritatis  consecrastis, 
ad  vos  ejulans  clamito  prò  tyrannide  Machometi  celeriter  destruenda  I . . .  Nonne  videtis 
virgines  et  sanctimoniales,  quae  fuerunt  olim  sodales  vestrae,  quomodo  circumducuntnr  per 
mundum?..  (p.  278-79). 

Nella  quarta  epistola  ad  vener.  patriarcham  lerosolimitanum  [fratrem  Nicolaum  Ord. 
Praed.]  et  ad  fratres  Praedicafores  qui  fuerunt  oceisi  in  Accon,  scrive: 

Quantus  mihi  fderit  dolor  et  tristitia  cordis  in  captione  Accon  quilibet  vestrum  ex 
semetipso  de  facili  cognoscere  potest;  experti  estis  simìlia.  Nam  usque  ad  profnndas  partes 
Orientis,  usque  ad  Baldacum,  tunc  eram,  cnm  non  solam  nova  sed  etiam  spolia  christia- 


(V)  In  Chude-Indicateur  de  la  T.  8.  ed.  4»,  t.  Ili  p.  286. 

(2)  Pubblicate  dal  R.  RSbricht  in  Archives  de  V  Orient  LaUn  t.  II  B.  p.  258%. 

(3)  Crediamo  piuttosto  doversi  legare  odiati. 


SECOLO  xm.  353 


norum  venernnt.  Et  cum  libri  et  paramenta  venderentur,  parvoli  et  mulieres  circumduce-  104 
rentur  publico  per  civitatem  ad  ignominiam  christianorom,  et  etiam,  ut  carius  venderentur, 
sanctimoniales  et  virgines  Deo  dicatae  mitterentur  eaxenia  regibus  et  barcnibus  Sarace- 
norum,  ego  dolens  et  tristis  quaerebam  sollicite,  si  aìiquos  ex  fratribus  meis  viderem,  ut 
si  possem  aliquein  ex  eis  redimere  vel  eis  aliqua  ministrare;  et  mirabar  quamplurimum, 
quia  inveniebam  paramenta,  tunicas,  libros  et  breviaria  et  non  invenicbam  fratres  ...  Et 
postea  obtulernnt  mihi  foccarii  Saracenorum,  qui  reyertebantur  de  captione  Accon,  tunicam 
valde  pulcram  gladio  vel  lancea  perforatam,  quae  etiam  modico  sanguine  rosea  erat;  nescio 
cuius  vestrum  fuit  haec  tunica,  et  redemi  eam.  Et  postea  dixerunt  mihi  quod  nullus  frater 
praedicator  ad  vitam  remanserat.  Intellexi  enim,  quod  vos  occidcrunt  Saraceni,  ne  essetis 
aliis  capti  vis  ad  Mei  firmamentum.  Gaudete  igitur  fratres  in  Domino,  iterum  dico  gaudete! 
Gaudete  quia  prò  fide  occisi  estis!  Et  eo  quidem  poteratis  fugere,  poteratis  de  civitate 
exire,  quia  iuxta  mare  erat  noster  conventus  (1);  sed  voluistis  in  civitate  remanere,  ut 
essetis  aliis  ad  fidei  firmamentum . . .  Vere  namque  vos  reputo  sanctos  et  martyres  Dei  ; 
fuistis  enim  omnes  missi  a  nostris  maioribus  in  Accon  cum  merito  obedientiae,  occisi  estis 
prò  bono  obedientiae:  remansistis  quidem,  ut  essetis  aliis  ad  fidei  firmamentum.  Omnibus 
etiam  constat  scientibus  consnetudinem  Saracenorum,  quod  Saraceni  valde  libenter  peper- 
cissent  vobis  mortem  et  dedissent  donarla,  si  voluissetis  negare  fidem  Christi  et  effici  Sa- 
raceni... Gaude  igitur,  pater  pauperum,  frater  Nicolae,  patriarcha  Jerosolimitane!  Gau- 
dete fratres,  qui  cum  eo  ivistis!  Gaude  et  tu  magne  pater  sancte  Dominice!  Gaudeat  et 
ordo  fratrum  Praedicatorum,  qui  tale  enxenium  mittit  ad  caelum,  unum  talem  Patriarcham 
cum  triginta  fratribus  simui  et  semel  ! . . .  Felix  illa  processio  a  qua  nec  fratres  Minores 
fuerunt  exclusi!  Audivi  enim,  quod  circa  horam  mortis  aliqui,  nescio  qui,  ex  charis- 
simis  nostris  fratribus  Minoribus,  in  domo  nostra  se  recluserunt  vobiscum,  et  etiam 
vobiscum  pariter  sunt  occisi.  Gaudete  fratres  in  Doniiiio  semper!  Ego  tamen  tristis  et 
merens  incedo,  quia  inter  tristes  et  miseros,  remansi  miser  ! . . .  Heu  mihi,  quia  natus  sum 
videre  contritionem  populi  mei  ! . . .  Ubi  est  Tripolis,  ubi  est  Accon,  ubi  sunt  ecclesiae  chri- 
stianorum,  quae  ibi  erant;  ubi  reliqniae  sanctorum,  ubi  religiosi  et  religiosae  quae  Do- 
minum  laudabant,  quasi  astra  matutina!  Ubi  est  multitudo  populi  christiani,  qui  ibi  erant! 
Certe  religiosi  et  bellicosi  occisi  sunt,  pueri  reservati,  ut  efficiantur  Saraceni,  et  feminae 
matronae,  sanctimoniales  et  virgines  datae  sunt  Saracenis  concubinae  et  sclavae,  ut  ex  eis 
Saracenorum  populus  augeatur.  Vos  autem  de  vobis  dicite  mihi  fratres,  qua  bora  fuistis 
occisi,  et  quid  dixistis,  quando  venerunt  super  vos  inimici  fidei  christianae?  Audivi  enim, 
quod  feria  sexta,  hora  tertia,  occisi  fuistis.  Audivi  enim  quod  de  mane  celebrastis  et  com- 
raunicastis  omnes,  et  convenit  ad  vos  magna  multitudo  virorum  et  mulierum  et  parvulo- 
rum.  Audivi  a  religiosa  domina  et  fide  digna,  quae  capta  fuit  a  Saracenis,  et  praescns  erat 
quando  fuistis  occisi,  quod  quando  intraverunt  ad  vos  Saraceni,  vos  altis  vocibus  canebatis  : 

Veni  creator  Spiritus...  Dum  igitur  sic  cantaretis,  occiderunt  vos;  et  postea  non  sunt 
audita  nova  de  vobis.  Dicite  mihi  fratres,  de  quo  cantastis  missas?  puto,  quod  de  Do- 
mina nostra,  vel  de  Cruce.  Salve  sancta  Parens,  salve  mater  Ecclesia,  quae  tot  et  tales 
filios  peperisti  cum  tanto  gemitu  et  tanto  dolore!  Tristitia  vestra  versa  est  in  gaudìum. 

(p.  289-92). 

1291  —  Convento  di  Beirut.  —  Gli  schematismi  e  le  memorie  recenti  della 
Terra  Santa  pongono  sotto  quest'  anno  anche  la  perdita  d'  un,  antico  primo  convento 
e  chiesa  di  Beirut  che  fan  risalire  per  fondazione  alla  prima  metà  del  secolo  XIII  (2). 

1291  —  Convento  di  Scdda  o  Sidone,  —  Caduta  Acri,  cadde  in  potere  do'  Sa- 
raceni anche  Sidone  (3),  ove  dai  primordi  della  provincia  Minoritica  v'  era  un  convento 


(1)  Vedi  la  pianta  della  città  di  Acri  del  Scmuto  e  del  Liber  de  passagiis  edita  dal  Rey 
ne\Y  Éttide  sur  la  topographie  de  la  vUle  d'Acre  (in  Mém.  de  la  Société  dee  antiq.  XXXIX, 
pi.  VI)  e  in  Jomard  Monum.  de  la  Géogr.  pi.  5;  indicatici  dal  cit.  Rohricht  ioc.  cit.  p.  289. 
—  Nelle  dette  piante  è  indicato  anche  il  convento  de'FP.  Minori. 

(2)  Per  la  storia  più  recente  de'  vari  conventi  di  Beirut  vedi  la  nostra  citata  Serie  oro- 
nologica  p.  216-17. 

(3)  Du  Cange-Rey  Fanùllea  cit.  p.  438. 

BibUot.  —  Tom.  l.  88 


354  BIBLIOTECA 


104  e  chiesa  (1).  Nnlla  sappiamo  della  sorte  toccata  ai  frati  che  vi  erano,  ma  è  facile 

congetturarlo,  o  uccisi  o  menati  prigioni  (2). 

1291  —  CJonvento  di  Tiro.  —  Contemporaneamente  alla  caduta  di  Acri,  cadeva 
anche  Tiro  in  potere  dei  Saraceni  (19  mag.),  abbandonata  dai  cristiaiii  che  si  rifu- 
giarono in  Cipro  e  in  Europa  (3).  Qui  pure  ignoriamo  la  sorte  toccata  all'  antico  con- 
vento e  ai  Minoriti  che  lo  abitavano  (Vedi  più  sopra  sotto  V  anno  1255,  a  p.  234). 

1291  —  Due  Minoriti  ohe  percorrono  le  coste  d'Arrica.  —  Crediamo  utile 
prender  qui  nota  di  due  frati  Minori  che,  coi  capitani  genovesi  Tedesio  Doria  e  Ugolino 
Vivaldi,  dallo  stretto  di  Gibilterra  intrapresero  (1291)  il  viaggio  lungo  la  costa 
d' Africa  e  passarono  il  Capo  di  Buona  Speranza,  inoltrandosi  fino  alle  coste  dell'  Abis- 
sinia  e  Nubia,  ove  una  delle  navi  naufragò,  e  della  seconda  non  si  ebbero  altre  nuove  (4). 

1291  —  Pr.  Guglielmo  da  Ohieri  (o  da  Oherso?):  —  De  Statu,  vita,  et 
conversatione  Beligiosonuu  illarum  partium  (Persiae  et  Tartariae)  tam 
Ordinis  Minonun,  quam  aliorvun  Ordinum  quonuncumque. 

106  Frate  Guglielmo  avrebbe  scritta  questa  relazione,  come  risulta  da  una  lettera  di  Ni- 

colò IV  Ad  partes  Tartaric<is,  data  al  suo  nunzio  fr.  Cruglklmo  e  al  suo  compagno  fr. 
Matteo  da  Chieti  (non  da  Rieti)  il  di  23  ag.  del  1291,  nel  momento  che  si  preparavano 
alla  missione  e  legazione  pontificia  presso  Argun  Kan,  e  i  principi  della  Tartaria  Per- 
siana (5).  —  Ma  è  da  notarsi  che  Argun  Kan  morì  il  7  marzo  1291  (6),  e  la  notizia  della 
sua  morte  non  era  ancor  giunta  in  Italia  ;  qnindi  i  due  Minoriti  dovettero  trattare  la  loro 
missione  col  suo  successore  Cassati  Kan,  egualmente  benevolo  e  amico  de' cristiani. 

La  missione  di  questi  due  nunzi  ebbe  un  duplice  fine:  quello  della  propagazione  del 
Vangelo  nella  Tartaria,  e  1'  altro  per  far  divergere  le  forze  dei  Tartari  contro  il  comun 
nemico  che  poco  fa  aveva  occupato  Acri  e  tutta  la  Siria  cristiana,  e  minacciava  l' Armenia 
e  la  Persia.  Molte  sono  le  lettere  che  riguardano  questa  missione,  (7)  e  da  esse  veniamo 
a  sapere  che  i  due  Minoriti  dovevano  passare  per  Costantinopoli,  percorrere  l' Asia  minore, 
l'Armenia,  la  Persia,  la  Caldea  ed  altre  regioni  ancora:  e  di  tutte  queste  regioni,  vuole  inoltre 
il  Pontefice  una  particolareggiata  relazione  scritta  :  «  volumus ...  de  statu  Religiosorum  in 
einsdem  morantium  partibus  certitudinem  plenam  habere;  discretioni  vestrae  per  apostolica 
scripta  mandamus,  quatenus  cum  in  partibus  fueritis  supradìctis,  de  statu.  vitae,  et  con- 


(1)  Da  un  docnm.  del  sec.  XIII  in  Strehlke  TabuUie  Ordinis  theutonici  (Berlin.  1869,  p.  82) 
ap.  Rohricht  Syria  Sacra  in  Zeitsehrift  dea  deutscken  Palaeat.  Vereins  t.  X  p.  317. 

(2)  Per  la  storia  recente  di  questo  convento  vedi  la  nostra  Serie  cronologica  p.  216. 

(3)  Du  Cange-Rey  Familles  cit.  p.  501.  —  Per  la  storia  recente  del  convento  di  Tiro 
vedi  la  cit.  Serie  cronologica  p.  215. 

(4)  Vedi  lacobi  Aurìae  Anal.  in  Monum.  Germ.  hiat.  t.  XVIII,  ap.  Civezza  Storia  delle 
Missioni  t.  VI  e.  3  p.  79-81;  cfr.  ibid.  p.  114-17.  —  Domenichelli  Vita  e  viaggi  del  B.  Odo- 
rico  da  Pordenone  p.  26-28. 

(5)  Sbaralea  Supplem.  ad  Scriptores  p.  319.  —  Cfr.  eiusd.  BuUar.  t.  IV  p.  284. 

(6)  Archives  de  l' Orient  Latin  t.  II  B.  p.  262  n.  28. 

(7)  In  BuUario  cit.  t  IV  p.  276-85.  —  Cfr.  Wadd.  an.  1291  n.  4.  —  Civezza  Storia 
cit.  t.  II  e.  13  p.  516-27,  e  gli  autori  ivi  eitati.  —  De  Gubernatis  Orbis  Seraph.  de  Missionibus 
t.  I  p.  370-71.  —  La  missione  dei  frati  Guglielmo  e  Matteo  ebbe  per  risultato  l'alleanza 
del  re  tartaro  Cassan  coi  re  di  Cipro  e  di  Armenia,  i  quali,  come  vedremo  al  1299-1300 
(n.  109)  sconfissero  i  Saraceni  e  si  resero  padroni  di  Gerusalemme  e  della  Terra  Santa,  ma 
per  poco  tempo.  —  Cfr.  Michaud  Storia  delle  Crociate  lib.  XVI. 


SECOLO  xm.  355 


versatione  Eeligiosorum  ipsorum  tara  vestri,  quam  aliorum  Ordinum  qoornmcumque,  non    105 
per  indagationem  sollemnem  (1),  sed  alias  diligenter,   caute  et  soUicite  indagare  cnretis 
plenius  veritatem  ;  et  quod  inveneritis  in  hac  parte,  Nobis  per  vestras  litteras,  seriem  con- 
tinentes  praesentinm,  fideliter  intimetis,  illnd  nihilominns  Nobis,  cam  vos  ad  nostrani  con- 
tigerit  redire  praesentiam,  oretenns  relatnri  ». 

Il  Waddingo,  lo  Sbaralea,  e  tutti  gli  storici  italiani,  scrivono  che  fr.  Guglielmo  è 
oriundo  da  Chieri  di  Piemonte,  basati  senza  dubbio  sulle  lettere  papali  che  lo  dicono  de 
Cì^erio  0  de  Chyerio  ;  l&MoYe  gli  storici  Dalmati,  come  il  P.  Fabianich  (2),  il  Glinbich  (3) 
ed  altri,  ce  lo  dicono  oriundo  di  Cherso  e  religioso  del  convento  di  Cassione  dell'isola 
di  Fe^r^ia.  Ci  dice  inoltre  il  Gliubich,  che  mandato  a  Roma  per  compiere  il  corso  filo- 
sofico e  teologico,  fr.  Guglielmo  fu  indi  destinato  a  tenere  pubbliche  lezioni  nelle  prime 
cattedre  dell'Ordine:  poi,  spedito  da  Nicolò  IV  in  Oriente,  lo  dice,  non  solo  rimpatriato 
con  soddisfazione  di  tutti,  ma  che  indi  dopo  tre  anni  ritornò  di  nuovo  in  Oriente,  ove  si 
occupò  in  cose  statistiche  di  quelle  regioni,  e  che  di  questo  suo  lavoro  oggi  nulla  ci  ri- 
mane. —  So  il  Gliubich  e  il  Fabianich,  od  altri,  non  scrissero  che  sulla  base  delle  sole 
lettere  pontificie,  errarono  o  confusero  certamente  un  personaggio  con  un  altro.  Se  poi, 
come  vogliamo  credere,  specialmente  pel  Fabianich,  ebbero  gli  scrittori  Dalmati  altre  me- 
morie più  chiare  che  non  le  sole  lettere  papali,  allora  frate  Guglielmo  dovremo  dirlo  cer- 
tamente Dalmata. 

1291-92  —  Nicolò  rv  e  la  Terra  Santa.  —  All'  infausta  notizia  della  ca- 
duta di  Acri,  ne  pianse  acerbamente  Nicolò  IV.  Di  bel  nuovo  egli  proclama  la  crociata 
contro  i  Saraceni  incaricandovi  a  predicarla  i  Minoriti  e  i  Domenicani.  Scrive  a  tal 
uopo  a  tutti  i  Principi  cattolici,  all'Imperatore  di  Costantinopoli,  ai  re  d'Armenia, 
di  Georgia,  e  al  Kan  de'  Tartari  della  Persia,  che,  come  dicemmo,  i  Minoriti  Gruglielmo 
da  Chieri  e  Matteo  da  Chieti,  Legati  del  Papa,  indussero,  piìi  tardi,  alla  conquista 
di  Gerusalemme  e  della  Siria. 

Intanto,  Nicolò  IV,  il  primo  Pontefice  francescano,  in  mezzo  a  questi  magnanimi 
sforzi  rendeva  l'  anima  a  Dio  il  Venerdì  Santo,  ai  4  d' aprile  del  1292  (4). 

1292  —  Armenia  sottoposta  alla  Prov.  di  T.  S.  —  Ne'  Memoralia  facta 
in  capitulo  generali  Parisius  celebrato  an.  dom.  MCC.  nonagesimo  secundo,  si  ha  : 

«  Item  dififinit  generalis  minister  cum  capitulo  universo,  quod  regnum  minoris 
Armeniae  et  Fratres  ibidem  commorantes,  subsint  ministro  et  provinciae  Terrae  Sanctae, 
ita  tamen,  quod  locus  de  Salbaste  (=  Sebaste)  quem  frater  Marchus  dudum  aedi- 
ficare inceperat,  remanere  debeat  Fratribus  commorantibus  inter  Tartaros,  sive  in  Per- 
side,  quibus  dictus  locus  est  amplius  opportunus  (5)  ».  —  Sul  convento  di  Sebaste  con- 
struito  da  fr.  Marco,  vedi  sopra  al  n.  87. 

1292 -Sept.  10  —  Nioosia  di  Cipro.  —  Atto  notarile  della  vendita  d' una 
casa  fatta  all'Arcivescovo  di  Nicosia  e  di  un'altra  venduta  ai  frati  Minori  della 
stessa  città. 

In  nomine  Domini,  Amen.  Anno,  eiusdem  millesimo  ducentesìmo  nonagesimo  se- 
cundo, indict.  V.  die  10  mensis  Septembris.  Noverint  universi ...  quod ...  dominus 


(1)  Cioè  non  per  indagazione  o  visita  solenne,  ofEciale  e  pubblica;  e  ciò  per  non  dar 
ombra  ai  popoli  e  sovrani  non  cristiani  che  se  ne  potevano  adombrare. 

(2)  Memorie  storico  letterarie  dì  alcuni  conventi  di  Dalmazia,  Venez.  1845,  p.  70-71. 

(3)  Dizionario  biografico  degli  uomini  illustri  della  Dalmazia,  Vienna  1856,  p.  175. 

(4)  Vedi  Wadding  an.  1291-2.  —  Raynaldi  an.  cit.  —  Civezza  Storia  cit.  t.  II  e.  14. 
—  Panfilo  Storia  t.  II  p.  24-25,  e  tutti  gli  storici  della  Chiesa  e  delle  Crociate. 

(5)  Ehrle  S.  J.:  Die  dllesten  Redactionen  der   Geiieralcottstitutìonen  des   Franziskaneror- 
dens  in  Arckiv  f.  Lit.  und  Kircheng.  t.  VI  p.  (>4. 


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105  Gerardns  de  Antiochia,  canonicus  Nicosiensis  . , .  vendidit . . .  rev.  patri  domino  fratri 
lohanni  de  Ord.  Minorum  (1),  Dei  gratia,  Nicosiensi  Archiepiscopo,  ementi  et  reci- 
pienti, prò  parte  et  nomine  et  ad  opus  ecclesie  sne  predicte,  quandam  domum  snam, 
positam  in  Nicosia,  cnm  omnibus  juribus  et  pcrtinentiis  snis, ...  prò  bisancns  albis 
de  Cipro  duobus  millibus  et  octingentis,  quos  bisancios  duo  millia  et  octingentos  idem 
dominus  Gerardns  venditor  recepit  et  habuit  ab  eodem  domino  Archiepiscopo  et  judice 
Christophoro,  yconorao  vel  actore  Ordinis  fratrum  Minorum  in  Nicosia,  solvente  prò 
parte  et  nomine  dicti  domini  Archiepiscopi  et  ecclesie  sue  prò  dictis  fratribus  Mino- 
ribus  et  ecclesia  eorum,  de  precio  bisanciornm  alborum  de  Cipro  quatuor  millium, 
quod  dictus  dominus  Archiepiscopus  habuit  et  recepit  a  Conventn  fratrum  Minorum 
de  Nicosia,  de  venditione  cujusdam  domus  sue,  quam  vendidit  fratribus  Minoribus 
supra  dictis,  secundum  quod  apparet  per  quoddam  publicum  instrumentum  confectum 
manu  mei  notarii  infrascripti.  De  quibus  bisanciis  duobus  millibus  et  octingentis  sibi 
solutis  a  predictis  personis,  nomine  venditionis  ejusdem,  prò  parte  predicti  Archie- 
piscopi et  ecclesie  memorate,  de  pretio  predictorum  bisanciornm  quatuor  millium  re- 
dacto,  ex  venditione  diete  domus  quam  dictus  Archiepiscopus  et  Capitulum  ejus  ven- 
diderunt  dictis  fratribus  Minoribus,  ut  superius  dictum  est,  dictus  dominus  Gerardns 
se  bene  solutum,  contentum  et  pacatum  se  vocavit.  Renuncians  etc. .. 

Et  ad  majorem  cautelam  dictorum  fratrum,  predicta  venditio  et  omnia  et  singula 
supradicta  celebrata  fuerunt  secundum  assisias  et  consuetudines  regni  Cipri,  coram 
vicecomite  et  juratis  civitatis  Nicosiensis,  ad  hoc  speciallter  tanquam  curia  convocatis. 
.    In  cujus  rei  testimonium  etc. . .  Actum  Nicosie  etc.  ut  supra  (2). 

c.  1294  —  Di  un  Convento  de'FF.  Minori  in  Gerusalemme,  presso  la 
stazione  del  Cirìneo  =  Usi  e  cerimonie  de'  Latini  nei  Santuarii  ecc. 

106  Sotto  l'anno  1230  al  h.  41  (p.  158-60)  abbiamo  date  le  prove  della  fissa  dimora 
de'FF.  Minori  in  Gerusalemme  e  nella  Terra  Santa  propriamente  detta.  A  convalidare  il 
già  detto,  riportiamo  anche  la  testimonianza  del  pellegrino  Domenicano  fr.  Ricoldo  da 
Monte  di  Croce,  che  percorse  la  Terra  Santa  circa  il  1294  e  che  ci  ricorda  l' esistenza  di 
un  fu  convento  francescano  presso  la  stazione  detta  del  Cìrineo. 

Di  fr.  Eicoldo  abbiamo  più  testi  in  varie  Hngue  (3)  ;  ma  i  più  accreditati  sono  il  testo 
latino  più  abbondante  (4),  e  il  testo  italiano  più  compendioso  edito  da  un  suo  confratello 
fr.  Vincenzo  Fineschi  (5),  il  quale  a  proposito  della  notabile  diversità  dei  due  testi,  osserva: 
«  Sarei  di  parere  che  due  in  effetto  fossero  gli  Itinerarii  di  fr.  Eiccoldo,  l' uno  scritto  più 
estesamente  in  latino,  e  l' altro  nella  nostra  volgar  lingua  più  ristrettamente,  e  forse  per 
le  istanze  dei  suoi  confratelli  Fiorentini  (p.  18)». 

n  testo  ital.  è  stato  riprodotto  dal  cod.  Ms.  della  Laurenziana  di  Firenze,  Plut.  89 
num.  104  sup.  4,  anticamente  della  libreria  Gaddiana. 

Nel  S.  Cenacolo  :  «  Quivi  si  è  l' altare,  nel  quale  noi  celebramo,  e  predicamo  molto 
turbati,  e  piangendo,  e  temendo  fortemente  di  esser  morti  dai  Saraceni  (p.  42)  » . 

In  Betlemme  :  «  E  ivi  si  è  l' altare  in  quel  luogo,  nel  quale  partorì  la  nostra  Donna, 
e  ivi  celebramo,  e  predicamo;  e  poi  che  fu  detta  la  messa  ci  comunicamo,  e  tutto  il  pò- 

(1)  Fr.  Giov.  d'Ancona,  di  cui  vedi  sopra  al  n.  97. 

(2)  Venezia  Ms.  Cartolare  di  S.  Sofia  n.  52,  ap.  Mas  Latrie  Hist.  de  Chypre  III.  675. 

(3)  Cfr.  Rohricht  Biblioth.  geogr.  Palaest.  p.  61. 

(4)  Edito  dal  Laurent  in  Qtiatuor  peregr.  Lipsiae  1864  p.  100-41;  e  ibid.  1873  p.  105-41. 

(5)  Itinerario  ai  paesi  orientali  di  fr.  Siecoldo  da  Monte  di  Croce  Domenicano,  scritto 
nel  XIII  secolo,  dato  ora  in  luce  da  fra  Viiicemo  Fineschi,  sacerdote  dello  stesso  Ordine. 
Firenze  1793.  Opuscolo  di  pag.  18-75  in  8°.  (Esemplare  nella  Marciana,  tra  i  Miscellanei 
n.  1721). 


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polo  (p.  52)...  Allato  della  Chiesa  trovammo  nn  Palazzo,  nel  quale  S.  Girolamo  tramutò  il    106 
libro  sno,  e  la  sedia  nella  quale  egli  sedeva,  e  il  luogo  dove  dormiva  S.  Pagala  (p.  54)», 

Percorrendo  la  via  Crucis,  e  arrivato  alla  stazione  del  Cirineo,  dice:  «E  ivi  appresso 
si  è  un  luogo  di  Religiosi,  ohe  fu  dei  Frati  Minori  (p.  62)  ».  N«lla  basilica  del  S.  Se- 
polcro di  G.  C,  vi  passò  un  dì  e  una  notte  intera:  vi  celebrò  la  messa  e  ordinò  la  pro- 
cessione (p.  67). 

Dal  testo  latino  riportiamo  soltanto  quel  brano  che  lungo  la  via  Crucis,  ci  conduce 
alla  stazione  del  Cirineo  : 

«  Inde  intravimus  in  sepulchrum  pulcherrimum  Virginis,  quod  Sarraceni  cum  multis 
luminaribus  et  magna  reverentia  custodiunt.  Et  ibi  cantantes  et  celebrantes  et  populum 
communicantes  et  predicantes  quievimus. 

«  Inde  exeuntes  invenimus  iuxta  dictum  locuro  campum,  ubi  fuit  lapidatus  beatus 
Stephanus,  et  ascendentes  per  viam,  per  quam  ciocerunt  eum  extra  civitatem  cum  lapi- 
dibus,  intravimus  in  Jherusalem  per  portam  sabbatorum,  et  invenimus  ecclesiam  sancte 
Anne,  matris  Domine.  Ibi  ostenderunt  locum,  ubi  afBrmaverunt  vere,  quod  fuit  nata  beata 
Virgo.  Et  ibi  iuxta  sepulta  est  beata  Anna,  mater  eius. 

«  Ibi  prope  invenimus  probaticam  piscinam. 

«  Ascendentes  autem  invenimus  domum  Eerodis  et  prope  domnm  JPilati,  ubi  vìdimus 
litostraton  et  locum,  ubi  fuit  iudicatus  Dominus,  et  locum,  ubi  stetit  in  platea  populus 
ante  palacium,  cum  exivit  ad  eos  Pilatus. 

€  Ascendentes  autem  per  viam  indirecte,  ubi  ascendit  Christus,  baiulans  sìbi  crucem, 
invenimus  locum,  uhi  dixit:  Filie  Jherusalem,  nolite  fiere  super  mei 

«  Ibi  ostendnnt  locum  tramorticioni^  Domine  nostre,  cum  sequeretur  fìlium  portantem 
crucem.  Et  ibi  iuxta  viam  ostendnnt  domum  in  memorialem  locum.  Ibi  ostenduut  locum, 
ubi  substitit  Christus  cum  cruce  et  fessus  quievit  panlnlum.  Inde  per  transversum  est  via, 
que  venit  ad  civitatem  ubi  occurrerunt  Symoni  cirenensi  venienti  do  villa,  ut  tolleret 
crucem  Jhesu.  Ibi  iuxta  est  loous,  qui  fuit  Fratrum  Minorum. 

«  Ascendentes  autem  per  viam  indirecte,  ubi  ascendit  Christus,  invenimus  locum,  ubi 
dicunt,  quod  Helena  probavit  et  discrevit  crucem  Domini  a  crucibus  latronum  signo  re- 
surrectionis  mortni  ». 

C.  1295  8.  —  QflIvanilS  de  Levante  lanuensis,  ex  3».  Ord.  Min.  :  —  Liber 
sanoti  passctgil  Ohristioolaruni  contra  Saracenos,  prò  recuperatione 
Terrae  Sanctae,  Galvani  de  Levanto  lanuensis. 

Cod.  raemb.  di  millim.  195  X  130,  del  sec.  XIV,  oggi  nella  Nazionale  di  Parigi,  tra  i    io7 
recenti  acquisti  latini  n.  669.  Il  Kohler,  nelle  Mélanges  pour  servir  a  l'hisfoire  de  l'Orient 
Latin  et  des  Croisades  (1),  illustrò  questo  raro  codice  dandoci  alcuni  brani  di  esso. 

Galvano  fu  medico  di  Bonifacio  Vili,  cui  più  tardi  dedicò  uno  dei  suoi  trattati.  In 
esso  ei  si  dice  :  «  Sanctissimo  . . .  Pontifici . . .  Galvanus  de  Levanto  lanuensis,  olim  medicus 
corporum  solo  nomine,  nunc  autem  vermis  Urrae  lesu,  osculum  ante  pedes  » .  Questa  e 
qualche  altra  espressione,  indussero  il  loecher  (AUg.  Gelehrten  Lexikon  II.  2400)  a  cre- 
derlo entrato  nella  carriera  ecclesiastica,  il  che  non  persuade  al  dotto  Kohler.  Il  certo 
è  che  le  opere  postume  di  Galvano  spirano  un'aura  religiosa  e  mistica,  e  quasi  tutto 
sono  dedicate  a  personaggi  Minoriti,  forse  suoi  maestri  in  religione,  seppur  non  possiamo 


(1)  Fascic.  I.  (Paris,  Leroux  1900)  pag.  212-240. 


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107  asserire  che  egli  appartenne  all'  Ordine.  Nel  «  Liber  doctrinae  agni  immaculati  Ih.  Christi 
...ad  reverendnm  magisirum  suum,  fratrem  Benedictum  de  Alba,  Ord.  FF.  Minornm  », 
fa  questa  sablime  preghiera  a  Cristo  :  «  Ergo  bone  lesti  Christe,  agnus  immaculatus,  te 
obsecro  reverenter,  doce  me  qnod  tencar  de  doctrina  tne  humilitatis  profonde,  nt  jam  totns 
in  disciplina  discipulus,  coheres  mera  gratia  valeam  esse  tnns  »  (Ms.  lat.  n.  3181  Nazion. 
Parigi,  fol.  28  r).  —  Un'  altra  operetta  «  Liber  de  amando  Deum  »  è  dedicata  «  ad  fratrem 
Milonem  Ordints  B.  Francisci».  —  Un  terzo  libro,  «  Teriaca  mortis  spiritualis  gradiens 
super  tyriacam  medicorum  »,  dedicò  «  ad  fratrem  Philipponuni  de  Pjnarolio,  Ordinis 
Fratrtim  Minornm.  —  Un  quarto,  «  Tractatus  alphàbeti  christifere  Marie ...  ad  fratrem 
Andream  Panzannum  Ordinis  fratrum  Minorum  ».  —  Un  quinto,  finalmente,  1'  *Ars  navi- 
gativa  spiritualis»,  dedicò  al  Ministro  Provinciale  di  Terra  Santa  residente  in  Cipro:  «ad 
fratrem  Nicholaum  de  Sali,  Ordinis  fratrum  Minornm,  reverendum  Ministrum  in  provìncia 
Terre  Sancte  ultra  maris».  In  questo  Trattato  il  Galvano  così  parla  al  de  Sali:  €  Nolite 
ergo,  reverende  minister,  mare  mediterraneum  incertum  periculis  navigando  transfretans 
sepius  a  Cypro  in  Italiam,  solicitudine  pia,  hanc  Artem  propter  me  spernere,  si  vos  non 
spernat  qui  prò  nobis  dignatus  est  spemi  ». 

In  ultimo  ricordiamo  anche  il  Trattato  «  Neophyta  doctrina  de  Inferno,  Purgatorio 
et  Paradiso...  ad  Principes  Albanie»,  trattato  che  il  Galvano  scrisse  a  preghiere  di  un 
certo  Minorità  fra  Domenico  Albanese,  nipote  e  consanguineo  dei  principi  albanesi  di  re- 
cente entrati  nel  seno  della  Chiesa  cattolica.  Fr.  Domenico  era  dall'  Albania  venuto  a  Ge- 
nova, e  probabilmente  egli  stesso  portò  ai  suoi  compatriota  principi  il  trattato  di  Gal- 
vano: «  lUustribus  heroidibns  Albaniae,  dominis  Bardo  Matarango,  Mauro  duci,  Allexio 
corniti,  Demetrio  Olfano,  Demetrio  Scurra,  corniti  lohanni,  filio  Zacharie  Scurre,  lohanni 
Sbramuno,  Canestio  Blevestio,  militi,  Mìchaelì  Cacchoraga  et  omnibus  aliis  baronibus  de 
natione  Albanie  neophitis,  per  renovationem  fidei  orthodoxe  et  reconciliationem  ex  propo- 
sito bono  ad  S.  Somanam  Ecclesiam,  Galvanus  de  Levanto  lanuensis,  olim  medicus  cor- 
porum  solo  nomine,  nunc  autem  vermis  inatilis  Ihesn  Christi,  gratiam  filii  Dei  vivi,  et 
benedictionem  sue  sancte  Eomane  Ecclesie  ».  Galvano  in  questo  trattato  dice  che  fa  in- 
dotto a  scriverlo  dal  ricordato  Minorità  fr.  Domenico  che  gli  ripeteva  :  «  Disce,  o  medice 
Christiane,  disce  a  medico  qui  de  celo  descendit  nt  sanaret  egrotos,  ne  differas  ».  (Tutti 
questi  trattati  scritti  verso  il  1300  sono  nel  cod.  3181  della  Naz.  di  Parigi).  —  È  questa 
un'altra  pagina  sconosciuta  della  storia  dell'apostolato  francescano  in  Albania. 

Checché  ne  sìa  della  condizione  o  civile  o  religiosa  di  Galvano,  il  fin  qui  detto  basta 
a  persuaderci  dell'  intimità  e  famigliarità  sua  coli'  Ordine  Minoritico,  e  nessuno  vorrà  biasi- 
marci se  lo  diremo  almeno  ascritto  al  terz'  Ordine  francescano,  ad  esempio  de'  suoi  grandi  con- 
temporanei. —  n  Kohlor,  nel  Post-soriptum  della  citata  opera,  riporta  la  seguente  memoria 
ricavata  da  un  libro  degli  Anniversarii  del  Convento  dei  francescani  di  Castelletto,  dì  Ge- 
nova, oggi  nella  Biblioteca  reale  di  Torino:  «  Annìversarinm  magistri  Galvani  phisichi, 
devotissimi  amici  et  conventus  nostri  » .  Notizia  posta  sotto  il  9  gen.  senza  data  di  anno, 
ma  il  codice  è  dei  primi  del  secolo  XIV.  Il  ricordato  libro  degli  anniversarii  è  pubblicato 
negli  Atti  della  Soc.  Ligure  di  Storia  patria  t.  X.  (1874)  p.  388-453. 

Ora  poche  cose  sul  Liber  sancii  passagii.  —  A  dir  il  vero,  ha  esso  poca  o  nulla 
importanza  per  noi.  Scritto  qualche  anno  prima  del  1295  (certo  non  più  tardi)  come  lo 
dimostra  il  citato  Kohler,  Galvano  lo  diresse  al  re  di  Francia  Filippo  il  Bello,  su  cui  fon- 
davasi  allora  ogni  speranza  per  la  ricuperazione  della  Terra  Santa.  Egli  divide  il  suo  libro  in 
due  partì;  la  prima  parte  è  piuttosto  un  trattato  morale  e  militare  poi  principi:  in  primo 
agii  de  regimine  principum,  atropologice  educto  de  ludo  scachorum,  in  58  capitoli.  La 


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seconda  parte  tratta  de  persuasione  neophyta  christicoUs  ad  passagium  sanctum,  in  16    107 
capitoli,  ma  dei  quali  soli  6  pervennero  a  noi,  essendo  il  cod.  n.  669  mutilo  in  fine,  per  cui 
dobbiamo  lamentare  la  perdita  della  parte  più  importante  del  libro,  non  che  un  Mappa 
della  Terra  Santa  che  vi  dovea  essere  in  calco  al  libro  come  risulta  dall'ultimo  capitolo  16: 
Qualiter  hec  mappa  regni  lerosolimitani  adiungiiur  huic  operi. 

L'antico  inventario  della  biblioteca  papale  di  Avignone,  compilato  mi  1295,  ricorda 
così  un  esemplare  di  questo  libro  col  Mappa  di  Galvano:  «eltem,  quidam  liber  cura  tabulis 
rubeis,  in  quo  tractatur  de  ludo  scaccorum,  et  est  ibidem  designata  tota  terra  promis- 
sionis  in  quodam  panno  ».  E  un  altro  catalogo  del  1311,  della  stessa  biblioteca,  descrivo 

10  stesso  codice:  «...et  est  cum  eo  qucdam  mappa  regni  lerosolimitani  designata  sive 
pietà  in  panno  de  bucarano  suto  cum  dicto  libro ...»  (Ehrle  Hist.  hihl.  Avenion.  I.  p.  9. 
ap.  cit.  Kohler). 

Fu  mai  il  Galvano  in  Terra  Santa?  Noi  non  ne  dubitiamo  punto.  Il  liber  sancti pas- 
sagli, la  pianta  geografica  di  tutta  la  Terra  Santa  che  vi  annesse,  le  sue  relazioni  col 
Ministro  provinciale  dei  frati  Minori  di  T.  S.  residente  in  Cipro,  e  se  si  vuole  quella 
espressione  da  lui  ripetuta  :  «  Galvanus  . . .  olim  medicus  corporum  solo  nomine,  nunc  autem 
vermis  terrai  lesu  »,  ci  assicurano  a  sufficienza  di  aver  egli  percorsa  la  Terra  Santa  prima 
di  perorarne  la  causa.  Così  anche  il  nostro  Galvano  fu  uno  di  quelli  che  precedettero  con 
simili  progetti  il  celebre  Sanuto  l'autore  dei  Secreta  fidelium  crucis (1). 

1295-mar.  10  —  Minoriti  nella  Corte  di  Cipro.  —  Bonifacio  Vili  scrive 
al  Ministro  provinciale  di  Terra  Santa  (residente  in  Nicosia)  notificandogli  che  ha 
concesso  al  re  Enrico  II  di  Cipro,  «  facultatem  assumendi  duos  ex  Fratribus  tui  Or- 
dinis,  quos  idem  rex  maluerit:  eosque  ad  sua  obsequia  retinendi,  quorum  in  iis  quae 
Dei  sunt,  solatio  p 'rfruatur  (2)».  —  Re  Enrico,  come  vedremo,  prima  di  morire  vestì 
l'abito  francescano,  e  fu  sepolto  nella  chiesa  del  convento  provincializio  di  Nicosia. 

C.  1296  S.  —  Fr.  Nicolaus  de  Sali,  Mlnister  Provinoiae  Terrae  Sanotae. 

Di  questo  Provinciale  di  Terra  Santa  non  si  ha  memoria  negli  Annali  o  storie  del-  108 
l'Ordine.  L'unico  che  ce  lo  ricorda  è  il  suo  contemporaneo  Galvano  da  Levanto  modico 
di  Bonifacio  Vili  e  devotissimo  dei  frati  Minori.  Ad  alcuni  di  questi  egli  dedicò  varie 
sue  opere,  e  fra  queste  una  dedicò  al  nostro  Provinciale  fr.  Nicolò  de  Sali.  «  Ars  navi- 
gativa  spiritualis.  Galvani  lanuensis  de  Levanto  ...ad  fratrem  Nicholaum  de  Sali,  or- 
dinis  fratrum  Minorum,  reverendum  Ministrum  in  provintia  Terre  Sancte  ultra  maris». 

11  Galvano  rivolgendosi  a  fr.  Nicolò  così  gli  parla  :  «  Nolite  ergo,  reverende  Minister,  mare 
mediterraneum  incertum  periculis  navigando  transfretans  sepius  a  Cypro  in  Italiam,  soli- 
citudine  pia,  hanc  artem  [navigativam]  propter  me  spernere,  si  vos  non  spernat  qui  prò 
nobìs  dignatus  est  sperni  » .  Il  nostro  Nicolò  dunque,  solicitudine  pia,  spesso  dovette  da 
Cipro  ove  risiedeva,  portarsi  in  Italia  ;  sia  per  affari  riguardanti  i  Religiosi  di  quelle  parti, 
sia  anche  per  affari  del  Regno  di  Cipro  o  delle  Crociate,  incombenze  queste  spesso  affidate 
da  quei  Monarchi  ai  Francescani  del  regno  e  specialmente  ai  loro  Provinciali  che  re- 
golarmente   prendevano   part^e  o  come   testi,  o  come   consiglieri  o  giudici   nei   più  gravi 


(1)  Di  Galvano  parlano  Agost.  Oldoini  Athenaeum  Ligvstìcum  (1680)  p.  217.  —  Per- 
cetto  Biograf.  medica  Ligure  (1844)  p.  10.  —  Fabricias  BM.  tned.  et  inf.  latin.  IV.  272. 
—  Marini  Degli  archiatri  pontifici  I.  60-64.  —  Ginstiniani  Scrittori  TAguri  part.  prima  261, 
citati  dal  Kohler. 

(2)  Sbaralea  BuOar.  t.  IV  p.  335.  —  Raynald  Annoi,  eccl.  an.  1295  n.  48. 


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108  affari  dello  stato.  Non  pochi  esempii  ce  ne  dà  Io  storico  di  Cipro,  il  conte  di  Mas 
Latrie  (1). 

L'operetta  dedicata  dal  Galvano  al  nostro  fr.  Nicolò  de  Sali  è  nel  codice  latino  n.  3181 
della  Nazionale  di  Parigi,  probabilmente  autografo  e  originale  del  Galvano,  scritto  circa 
l'anno  1300,  e  testé  illustrato  dal  eh.  Kohler  (2). 

1299  S.  —  Cassan  Kan  imp.  tartaro  della  Pereda  e  i  suoi  alleati  il  re  di 
Cipro  e  di  Armenia,  riconquistano  la  Terra  Santa.  =  Due  FF.  Minori 
loro  ambasciatori  sx>editi  in  Europa. 

109  Per  questa  pagina  di  storia,  sufficientemente  nota,  non  abbiamo  che  rimandare  lo 
studioso  al  racconto  che  ne  fa  lo  storico  delle  Crociate  (Michaud  lib.  XVI)  ed  altri  (3). 
A  noi  non  resta  che  notare,  come  1'  alleanza  di  questi  monarchi  si  debba  ai  nunzi  Minoriti 
fr.  Guglielmo  e  fr.  Matteo  inviati  per  ciò  da  Nicolò  IV,  come  abbiamo  già  notato  sotto 
il  1291,  al  n.  106.  Alla  parte  che  ebbero  i  Minoriti  in  questa  crociata,  dobbiamo  aggiun- 
gere le  particolarità  che  troviamo  nei  seguenti  due  cronisti  del  tempo,  ignorate  dai  nostri 
e  trascurate  da  altri  scrittori.  —  Sui  trionfi  de'  tre  alleati,  esagerati  dalle  prime  notizie 
giunte  in  Europa,  vedasi  il  nostro  articolo  sopra  a  pag.  335-36. 

A)  —  Continuationes  Anglicae  FF.  Minorum: 

«  Anno  Domini  1299  Terra  Sancta  est  conquisita,  quanta  unquam  de  iure  christianis 
debebatur,  per  reges  Tartarorum  (4),  Armenie  (5)  et  Cjpri  (6).  Rex  autem  Armenie  fuit 
tunc  frater  Minor,  habitum  Ordinis  portans  contra  Soldanum  in  preliis.  Quem  captum 
idem  rex  carcerali  custodie  mancipavit  (!).  Kex  vero  Cypri  est  constitutus  rex  lerusalem 
per  magnum  Casanum  principem  Tartarorum,  qui  totam  illam  terram  libere  concessit 
populo  christiano.  Ipse  vero  sibi  retinuit  Babiloniam  et  Egyptum  (!).  Qui  etiam,  cnm  aliis 
regibus,  misit  duos  Fratres  Minores  ad  dominum  papam  ad  petendum  populum  prò  terrà 
occupanda.  Quos  et  papa  misit  ad  reges  Francie  et  Anglie.  Diati  autem  fratres  erant  de 
Siria.  Qui  anno  Domini  1300  in  crastino  sancte  Trinitatis  (7)  venerunt  Cantebrigiam 
versus  regem  Anglie  una  cum  aliis,  dieta  nunciantes.  Quo  etiam  tempore,  ut  retulerunt, 
supradictus  rex  Armenie  iam  portaverat  illorum  habitum  per  14  menses  (8).  Set  proh 
dolor!  peccatis  christianorum  exigentibus,  quorum  nonnuUos  Lais  desidia,  aìios  vero  Au- 
gusti lascivia,  quosdam  etiam  mutuis  preliis  ac  cedibus  intentos  serpentis  astucia  domi  re- 
tinuit, ne  Terram  Sanctam  iam  conquisitam  ad  inhabitandum  peterent,  ipsa  rursus  a  Sar- 
racenis  recuperata  est  et  occupata,  anno  videlicet  Domini  1301  (9)  » . 


(1)  Histoire  de  Chypre  tom.  II  157,  178,  199;  tom.  III  281,  662-67,  671,  673  n.  1  ecc. 
Idem  nella  Revue  de  Quest.  historiques  tomo  43,  p.  525-41.  —  Cfir.  La  nostra  Serie  cronolo- 
gica dei  Superiori  di  T.  S.  num.  10,  11,  12,  13,  17,  19,  21,  24. 

(2)  Nelle  Mélanges  pour  servir  à  l' histoire  de  VOrient  Latin  et  dea  Croisades.  Fascic.  I 
p.  221-23  (Paris,  E.  Leroux  1900).  —  Cfr.  più  sopra  sotto  l' anno  e.  1295  (n.  107)  l' articolo 
su  Galvano,  ove  ricordiamo  il  suo  trattato  Pro  recuperatìone  Terre  Sancte. 

(3)  E  specialmente  il  Rohricht  in  Archives  de  V  Orient  Latin  t.  I  p.  643  s.  —  Cfr.  Ci- 
yezza  Storia  delle  Miss.  t.  II  e.  13.  —  Panfilo  Storia  comp.  t.  II  p.  378.  —  Calahorra  Chron. 
de  Syria  lib.  3  e.  1. 

(4)  Il  principe  Cassan,  più  sotto  mentovato. 

(5)  Aitone  II,  già  vestito  dell'abito  Minoritico. 

(6)  Enrico  II,  egli  pure  vesti  l'abito  Minoritico  poco  prima  della  morte. 

(7)  Cioè  il  6  di  giagno  1300. 

(8)  Da  questo  passo  risulterebbe  che  À  itone  si  era  reso  Minorità  verso  il  mar.  o  apr.  del  1299. 

(9)  Continuationes  Anglicae  Fratrum  Minorum  pubblicate  nei  Mon.  Germ.  hist.  Script. 
t.  XXIV  p.  258. 


SECOLO  xra.  361 


B)  —  Annales  Frisacenses:  100 

«  Anno  Domini  1300,  Rex  Tartarorum  [Kazan]  'àevicit  Soldanum,  multa  strage  com- 
missa,  et  Terra  Sancta  tradita  est  in  potestatem  Christianorum.  Item  rex  Tartarorum  at- 
tinens  parentela  sanguinis  regi  Armenie  christiano,  habuit  talem  revelationom  a  Deo,  vi- 
delicet  quod  Christus  in  figura  vnlnerum  apparuit  ei  dicens:  «Vide  sic  me  plagatum  prò 
hnmano  genere;  vindica  ergo  me  de  iniraicis  meis  Sarracenis».  Et  secundum  hunc  modum, 
tertio  sibi  apparens,  preccpit  ei,  ut  se  vendicaret  de  iniraicis  suis.  Qui  fecit  fieri  signum 
crucis  in  suo  vexillo.  Item  alia  causa  movit  eum  ad  vindictam.  Pater  enim  suus  moriens 
precepit  ei,  ut  contra  Sarracenos  prepararet  se  ad  pugnam.  Item  audìvit,  quod  prophetatura 
erat  a  prophetis  Machometi,  quod  in  isto  centesimo  deberet  cessare  fides  sua.  Snpradictis 
igitur  causis  motus  Tartarus  preparavit  se  ad  bellum,  occidit  raultos  de  Sarracenis,  vicit 
Soldanum,  qui  vix  anfogit  ad  loca  Babilonie.  Deyicit  Tartarus  idem  Damascum  et  omnia 
oppida  Terre  Sancte,  et  civitates  obtentas  christianis  tradidit,  et  inde  processit  versus 
Egyptum  et  Babiloniam,  et  totam  Egiptum  obtinuit  (!),  et  habitatores  quos  reperit  occidit. 
Item  rex  Cipri  fere  cum  omnibus  suis  subditis  et  religiosis  bellicià  ad  Terram  Sanctam 
tunc  processerunt,  et  fratres  nostri  [Prciedicatores]  et  alii  Religiosi  super  Sepulchro  Do- 
mini tunc  celebraverunt.  Item  Hospitalariis  et  Templariis  reddita  sunt  omnia  castra  sua 
et  possessiones,  transeuntes  mare.  Et  dominus  Papa  Bonifacins  VIII  fecit  multum  so- 
lempnem  processionera  ad  regratiandum  Deo  de  beneficiis  et  magnaliis  prestitis  Terre 
Sancte  (1) ». 

Sec.  Xm  —  Pr.  Ioannes  Garan  Guallensis  sènior:  —  De  origine,  pro- 
erressu,  et  fine  Mahumetis,  et  quadruplici  reprobatione  prophetiae  eius. 

L'  opera,  dice  lo  Sbaralea,  «  prodiit  Argentinae  an.  1550  apud  lacobum  lucundum,  HO 
et  Coloniae  àn.  1551  in  8*  apud  Martinum  Gymnicum  (2)  ».  Presso  i  citati  Sbaralea  e 
Waddlngo,  il  lettore  troverà  un'  abbondante  bibliografia  e  varie  notizie  su  questo  dotto 
Minorità,  vissuto  ai  tempi  di  S.  Bonaventura  e  di  Bernardo  da  Bessa,  e  soprannoiiiinato 
per  la  sua  dottrina  Arbor  vitae.  Noi  lo  registriamo  in  questa  Biblioteca  orientale,  perchè 
forse  è  il  primo  tra  i  Minoriti  del  sec.  XIII  che  abbia  confutato  l'alcorano  e  le  favolo 
maomettane,  e  verosimilmente  dovette  esser  stato  anche  in  Oriente  compagno  di  tanti  suoi 
confratelli  che  seguirono  costantemente  le  truppe  inglesi. 

Sec.  xm.  —  B.  Raimondo  Lullo  di  Majorica  deli' a.»  Ord.  Min.,  Apostolo 
dell'  Oriente  e  Martire  (1235-1315  jun.  29  f).  —  Cenni  biocronologici  e 
bibliografici. 

Più  che  compilare  una  nuova  biografia  di  questo  celebre  nomo  ormai  troppo  noto,  e    111 
forse  troppo  lodato,  ma  anche  troppo  bistrattato  da  certi  accademici  che  superficialmente 
lo  studiarono,  noi  ci  limiteremo  a  pochi  cenni  cronologici  della  sua  vita,  in  questo  punto 
molto  complicata  e  incerta  ;  e,  in  preferenza,  lo  studieremo  nelle  principali  opere  che  egli 
scrisse  molte  per  la  rigenerazione  dell'Oriente,  fine  santo  che  lo  preoccupò  per  tutta  la 


(1)  Annaljj  Frisacenses  in  Monum.  Germ.  histofica,  Script,  t.  XXIV  p.  67.  —  Uh  altro 
cronista  contemporaneo  cosi  compendia  l'avvenimento:  «Anno  1300,  circa  ociavam  Epiphanie 
[lan.  13]  rex  Grecie  (!),  rex  Armenie,  et  rex  Cypri  cum  adiutorio  regis  Tartarorum  expu- 
gnavernnt  Sepulchmm  Domini,  quod  fuit  in  potéstate  Soldani  regis  58  annis,  et  restitutum 
est  christianis».  Hermannus  Altahensis- in  Monum.  Germ.  histor.  Script,  t.  XXIV  p.  56. 

(2)  Supplem.  ad  Script,  p.  427-31.  —  Cfr.  VTadding  SyUab.  Script,  p.  143-44  e  gli  An- 
nales ivi  citati.  —  Hurter  Nomenclator  t.  IV  (ed.  1899)  col.  418,  ove  cita  il  Teret  II.  271-79. 
—  P.  Jeiler  Ord.  Min.  in  Kirchenlex.  VI.  1689. 


362  BIBLIOTECA 


111  sua  lunga  vita.  Altri  già  ce  lo  illustrarono  bellamente  e  come  teologo  non  mediocre,  e  come 
mistico  infiammato,  filosofo  sottile,  apologista  abile,  e  specialmente  come  poeta  e  roman- 
ziere classico,  riconosciuto  perciò  da  tutti  come  il  padre  del  romanzo  e  della  poesia  ca- 
talana. Dal  grande  tedesco  Leibnitz,  dal  Brucker  e  da  altri,  egli  fu  salutato  come  primus 
philosophiae  reformafor,  e  dal  conte  Jorger  perfino  preferito  al  celebre  Descartes;  elogi 
questi  che  non  garbarono  punto  ad  alcuni  storici  e  accademici  francesi,  i  quali  perciò  forse 
invelenirono  contro  la  memoria  del  Lullo  chiamandolo  avventuriere  e  mentecatto...! 

Come  ognun  sa,  la  prima  e  più  antica  fonte  biografica  del  Lullo  è  la  Vita  che  il 
boUandista  Sollerio  pubblicò  e  illustrò  (1)  intitolandola  Vita  ab  anonimo  coaevo  scripta, 
ipso  h.  Raymundo  adhuc  superstite,  ex  veteri  ms.  Majoricensi;  la  quale  ci  pervenne  in 
soli  quattro  capitoli,  e  va  soltanto  sino  all'epoca  del  concilio  di  Vienna  (1311)  senza  dirci 
verbo  né  del  susseguente  apostolato  del  Lullo,  né  della  sua  morte.  La  stessa  Vita  (ma  in  al- 
cuni punti  senza  le  lacune  (2)  del  cod.  Majoricano),  e  da  un  altro  cod.,  fu  riprodotta  da  Ivone 
Salzinger  nel  tomo  I  delle  Opera  omnia  Baymundi  Lulli  (3).  Quella  usata  dal  Waddingo, 
che  egli  cita  Vita  Ms.  Baymundi,  e,  quando  ricorda  l' autore,  dice  :  «  scrihitque  auctor 
coaevus,  et  totius  vitae  cotiscius  in  ejus  Vita  apud  me  Ms.  (4)  » ,  crediamo  sia  nel  testo 
identica  a  quella  edita  dai  Sollerio  e  Salzinger,  ma  la  Waddinghiana  più  ampia  e  integra,  e 
non  monca  come  ce  la  dettero  i  due  ricordati  editori:  poiché  il  Waddingo,  e  riporta  gli 
stessi  fatti,  e  chiama  il  biografo  non  solo  coevo,  ma  teste  totius  vitae  Baymundi.  Biassn- 
mendo  poi  il  Waddingo  le  varie  fonti  di  cui  egli  si  è  servito  nel  compilare  la  vita  del  Lullo, 
così  le  enumera  :  «  veritatem  indagavi  a  gestis  eius  per  coaevum  ipso  vivente  scriptis, 
a  compendio  vitae  suae,  per  se  ipsum  Jacobo  Majoricensi  tradito,  a  monumento  Archivi 
regii  Balearium,  et  ab  actis  prò  ejus  apotheosi  collectis  (5)  » . 

Dopo  i  dotti  lavori  del  gesuita  Sollerio  e  del  nostro  Waddingo,  per  la  parte  special- 
mente biografica  del  Lullo,  poco  o  nulla  avremo  da  attingere  da'  più  recenti  scrittori  ; 
ma,  per  la  parte  della  bibliografia  Lulliana,  non  v'ò  crediamo  fin  qui  altro  lavoro  che 
superi  quello  compilato  dal  celebre  Littré,  il  quale,  colto  dalla  morte  (2  giug.  1881),  non 
potè  finirlo;  ma  che  poi,  riveduto  e  completato,  fu  dato  alla  luce  dai  socii  accademici  del- 
l' Istituto  di  Francia  (6).  Di  questo  lavoro  (che  contro  l' uso  de'  socii  accademici,  non  porta 
le  iniziali  dell'autore),  al  Littré  dobbiamo  soltanto  la  parte  6/6?*o(7ra^ca  (pp.  67-368)  del 
volume,  eccettuato  il  breve  elenco  degli  scritti  apocrifi,  e  la  biografia  del  Lullo  (pp.  1-67), 
parte  che,  a  rigore,  non  sapremmo  a  chi  de' quattro  accademici  attribuire,  se  ad  Ern.  Bonan, 
a  B.  Hauréau,  a  6.  Paris  o  a  L.  Delisle,  i  quali  firmarono  la  prefazione  del  volume.  Ma 
da' cenni  necrologici  sul  Littré,  premessi  al  volume,  e  compilati  dall' Hauréau,  e  dalla  pre- 
fazione ove  r  Hauréau  si  firma  editore,  noi  non  dubitiamo  esser  egli  il  revisore,  l' editore  e  il 


(1)  In  Acta  SS.  t.  V  jun.  die  30,  pp.  633-736  (ediz.  Antuerpiae  1709). 

(2)  Come  al  e.  2  n.  16,  in  Acta  SS.  ed.  cit.  p.  664. 

(3)  Salzinger  B.  Bdymundi  Ltdli  Doctoris  illuminati  et  martyris  Opera  omnia,  Mogtmtiae 
1721-42  ;  raccolta  incompleta  che  contiene  sole  48  opere  (delle  260  certe)  del  Lullo  in  8  vo- 
lumi iu  folio,  cosi  numerati:  I-VI  e  IX-X;  del  VII»  e  Vili»  non  si  ha  traccia  alcuna,  e  si 
congettura  o  che  dopo  pubblicati  fiirono  soppressi,  o  mai  pubblicati  ciò  che  più  ci  persuade. 

(4)  Annal  an,  1287  n.  2,  t,  V  p.  157. 

{S>)  Annoi,  an.  1315  n.  7,  t.  VI  p.  232.  —  Il  eh.  P.  Bìhl  0.  P.  M.  nel  suo  dotto  lavoro 
recente  sul  Lullo  (in  Études  frane,  t.  XV  p.  342)  espone  alcuni  tenui  dubbi  sulla  coevità  e 
antichità  della  Vita  edita  dal  Sollerio  e  dallo  Salzinger,  e  erede  scorgervi  qualche  anacronismo 
e  qualche  inesattezza  che  a  noi  sembrano  più  apparenti  che  reali^ 

(6)  Neil' flwtoirc  littéraire  de  la  France  (Parigi  1885)  t.  XXIX  pp.  1-386; 


SECOLO  XIII.  363 


continuatore  del  lavoro  lasciato  incompleto  dal  def.  Littré  (1).  L' Haaréaa  inoltre  avrà  avuti  111 
dal  Littré  anche  gli  appunti  della  parte  biografica,  da  esso  poi  rimaneggiata  al  suo  gusto, 
senza  badar  tanto  alle  stonanti  contraddizioni  che  da  un  capo  all'altro  v'è  tra  il  criterio 
che  diresse  \&  biografia  e  il  criterio  più  savio  del  Littré  autore  della  parte  bibliografica. 
Il  Littré,  il  quale,  a  dir  vero,  studiò,  percorse  e  analizzò  con  molta  diligenza  quasi  tutte  le 
opere  del  Lullo:  e  che  ovunque  ti  nota  e  ti  fa  risaltare  fin  anco  con  troppa  visibile  ri- 
cercatezza tutti  i  Iati  più  deboli  della  logica  Lnlliana,  obliandone  il  bello  o  il  buono  o 
appena  accennandolo  ;  pure,  dobbiamo  confessare,  che  dappertutto  fa  risaltare  anche  il  me- 
rito delle  opere  del  Lullo,  e  in  ispecie  la  carità  e  la  moderazione  sua  nelle  discussioni  cogli 
avversari,  e  cosi  in  tutti  i  suoi  scritti  ;  fa  risaltare  il  suo  zelo  instancabile  per  la  causa  non 
solo  della  fede  e  della  scienza,  ma  e  della  civiltà  e  della  felicità  de' popoli  tutti;  in  una 
parola,  al  genio  punto  spregevole  del  Lullo,  egli  vi  riconosce  anche  un  ain'mo  sommamente 
retto  e  generoso,  sempre  inspirato  all'amor  di  Dio  o  dell'umanità  intera:  rettitudine 
d'animo,  diciamo,  fin  qui  mai  negata  al  Lullo  da  nessuno  de' suoi  più  disprezzanti  critici. 
Cosi  il  Littré  in  tutta  la  bibliografia,  e,  sebbene  si  dimostri  alquanto  severo,  non  lascia  però 
di  esser  sempre  coerente  ne' giudizi  e  onesto  verso  il  Lullo.  Ma  non  così  il  suo  editore  e  com- 
pilatore della  parte  biografica.  Questi,  toccando  gli  elogi  e  meriti  letterari  che  non  può  misco- 
noscere al  Lullo,  li  attenua  però  con  una  valanga  di  veri  improperi  contro  il  grande  apo- 
stolo della  civiltà  e  della  scienza.  Accennando  ai  giudizi  dati  prò  e  contro  il  Lullo,  in  vari 
tempi,  r  e(i/<ore  evidentemente  si  risente  per  gli  elogi  tributati  alla  filosofia  Lulliana  in 
ispecie  dai  filosofi  tedeschi.  Dopo  aver  costui  messi  in  dispregio  i  modesti  elogi  che  della  filo- 
sofia del  Lullo  fece  il  grande  Leibnitz,  mostrasi  sorpreso  che  il  Brucker  abbia  assegnato  al  Lullo 
il  primo  posto  nella  sua  grande  storia  della  filosofia  del  Einascimento,  chiamandolo  primus 
philosophiae  reformator;  e  vie  più  scandalizzato  dell'  ardimento  del  conte  Jorger,  che  osò  pro- 
ferire il  Lullo  al  francese  Descartes  (ardimento  imperdonabile!),  egli  si  conforta  nel  trovare 
un'attenuante  a  tanti  *elogi  insensati*  nel  duro  giudizio  che  del  Lullo  fece  il  Bacone  che  lo 
qualificò  ciarlatano  scioperato!  Nò  contento  di  questo  giudizio  del  Bacone,  l'anonimo  compi- 
latore della  parte  biografica  (che  il  lettore  ormai  conosce  esser  costui  l'  Haure.au  stesso)  volle 
aggravarne  la  dose,  citando  a  fianco  del  Bacone  il  giudizio  proprio  come  quello  di  un  altro  per- 
sonaggio, soggiungendo  così  :  «  M .  Hauréau  dit  avec  encore  plus  de  justesse ...  ».  (E  sentiamo 
quel  che  l' Hauréau  fa  dire  all' Hauréau  con  più  precisione  che  non  il  Bacone!):  «  Cfecoureur 
d'aventures,  ce  fSematique,  cet  halluciné  ne  pcut  pas  ètre  compie  parmi  les  philoso- 
phes  scolastigues ...  On  a  conserve  plusieurs  de  ses  écriis  où,  non  content  de  maudire 
les  gens  qui  ne  pensaient  pas  comme  lui,  il  appelait  sur  leurs  tétes  les  foudres  de 
VÉglise  et  le  glaive  de  l'autor  ite  séculière.  Qu'on  le  comprenne  bien,  ces  gens  qu'il 
vouait  en  sa  fureiir  aux  flammes  vengercsses,  c'etaient  de  modestes  thomistes,  qu'il  de- 
non^ait  comme  sectateurs  d'Averroès^  La  modestie,  la  riserve,  la  prudence,  l'indignaient  ; 
elles  étaient  pour  lui  les  indices  de  quelque  complicité  scerete».  Così  qui,  naW Histoire 
littéraire  (t.  XXIX  p.  63)  sotto  la  veste  anonima,  il  Sigr.  Barthéleray  Hauréau  socio  del- 
l' Istituto  francese,  si  compiacque  di  riportare  quello  stesso  giudizio  che  egli  sol  Lullo  for- 
mulava dieci  anni  prima  nella  sua  Histoire  de  la  Philosophie  scolastique  (Paris  1872, 
t.  II  p.  296)!  Compatiamo  tutto  questo  nell' Hauréau  filosofo  del  1872,  quando  probabil- 
mente non  avrà  letto  il  Lullo  che  nelle  recensioni  degli  antilullisti  :  e  perdoniamo  questo 
sfogo  dell'amor  proprio  d'un  francese  offeso  dall' aver  i  filosofi  tedeschi  preferito  il  Lullo 


(1)  Per  non  aver  badato  a  tanto,  il  recente  biografo  del  Lullo  Marius  André  {Le  b.  Raym. 
Lrtlle  ed.  2*  p.  51)  ed  altri  ancora,  attribuiscono  semplicemente  all' Hauréau  il  lavoro  del  Littré! 


364  BIBLIOTECA 


IH  al  Descartes;  ma  non  possiamo  comprendere  come  molti  anni  dopo,  Ini  storico  e  membro 
del  celebre  Istituto,  e  dopo  la  minata  e  coscienziosa  recensione  di  tutte  le  opere  Lnlliane 
fatta  dal  sno  confratello  Littré,  abbia  ripetuto  qnel  giudizio  con  tanta  leggerezza  e  serietà, 
senza  darne  almeno  una  prova  che  lo  giustifichi  alquanto  presso  gli  onesti  e  imparziali! 
Noi  non  avremmo  fatto  caso  alcuno  di  questo  falso  e  indecente  giudizio  che  l'Hauréau 
espresse  nella  sua  Hisi.  de  la  philosophie,  conoscendone  e  lo  spirito  e  le  idee  che  lo  gui- 
davano allora,  e  com'egli  stravolga  e  mutili  le  dottrine  filosofiche  altrui  nel  senzo  razio- 
nalistico (1);  ma  veder  riprodotto  lo  stesso  giudizio  dal  sacro  tribunale  della  storica  ve- 
rità, e  in  una  raccolta  insigne  d'uno  de' più  celebri  Istituti  storici,  noi,  sinceramente,  ci 
sentimmo  avviliti  e  per  la  dignità  della  storia  vilipesa  e  per  la  serietà  dell'  Istituto  stesso  ! 
Sentenziare  con  tanta  leggerezza,  venga  pure  la  sentenza  dal  più  alto  degl'Istituti  e  sia 
pur  quello  degl'  Immortali,  non  può  che  menomarne  vie  più  il  prestigio  ormai  abbastanza 
depresso.  —  «  Désormais  (soggiunge  l'Hauréau)  c'esi  vers  les  oeuvres  en  langue  limousine 
de  B.  Lulle  que  se  toumera  Vatiention  des  criiiques,  puisque  seiiles(!!)  ces  oeuvres 
peuvent  prétendre  au  titre  d'une  complète  aulhenticité.  Là  aussi  est  la  gioire  véritable 
de  Baimond.  En  philosophie,  il  n'y  aura  pas  pour  lui  de  résurrection  ;  mais,  dans 
Vhistoire  de  la  poesie  romane,  sa  place  deviendra  chaque  jour  plu$  insigne,  et  ìa  valeur 
de  son  talent  sera  de  plus  en  plus  appreciée  (2)  » .  —  Sicché,  per  l' Hauréau,  la  massima 
parte  delle  opere  LuUiane  scrìtte  o  tradotte  in  latino,  certe,  e  da  nessuno  fin  qui  messe  in 
dubbio  come  le  alchimìstiche,  non  ponno  vantare  l' autenticità  che  godono  quelle  in  volgare  ! 
Per  lui  il  Lullo  è  soltanto  benemerito  per  la  letteratura  patria,  ma  come  filosofo  egli  non 
risorgerà  più  ;  laddove  tutti  gli  storici  imparziali  danno  e  daranno  al  Lullo  un  posto  distinto 
tra  i  grandi  filosofi  del  medio  evo,  e  a  lui  il  principale  merito  di  aver  precipitato  l'Averroe 
dal  trono  che  si  aveva  inalzato  in  Francia  :  di  aver  coi  tutti  i  suoi  numerosi  e  vigorosi  (3) 
scritti  confutato  gli  errori  arabi,  con  più  compotenza  di  molti  altri  che  lo  precedettero  : 
oltre  il  merito  insigne  di  aver  promosso,  come  già  il  nostro  Rogero  Bacone,  lo  studio  delle 
lingue  orientali  nelle  Università  cristiane.  Ma  per  ora  basti  aver  constatato  con  quanta 
leggerezza  l'Hauréau  bistratti  la  storia  e  la  filosofìa  del  medio  evo,  cosa  per  la  quale  il 
celebre  Denifle  ebbe  già  a  classificarlo  come  critico  e  storico  troppo  superficiale. 

Se  non  che,  curandoci  punto  de' criteri  erronei  e  ingiusti  dell' Hauréau,  ci  conforta  di 
constatare  che  ormai  tutti  i  dotti  convengono  unanimi  a  render  giustizia  alle  virtù  e  ai 
meriti  insigni  del  Lullo,  bistrattato  soltanto  da  quelli  che  lo  studiarono  superficialmente 
e  con  pregiudizi  dì  setta.  Non  la  finiremmo,  ed  è  fuori  del  nostro  proposito,  se  dovessimo 
qui  dar  solo  i  tìtoli  dell'enorme  letteratura,  specialmente  recente,  scritta  per  lo  più  in 
favore  del  celebre  filosofo;  perciò  rimandiamo  lo  studioso  alle  abbondanti  indicazioni  che 
ne  diede  il  nostro  dotto  confratello  P.  Michele  Bihl  nel  suo  erudito  lavoro  Le  B.  Bay- 
mond  Lulle  :  études  hihliographiques  (4). 

Servendoci  del  lavoro  sul  Lullo  pubblicato  dall'  Istituto  francese  nella  citata  Histoire 
littéraire,  distingueremo  bene  quello  che  sì  deve  al  Littré  o  all'  Hauréau  citandoli  nomina- 
tamente; e  ciò  per  non  confonderli  come  fecero  altri  che  attribuirono  or  all'ano  or  all'altro 
tutto  quel  pregiato  lavoro. 


(1)  Cfr.  De  Wnlf  Histoire  de  la  philosophie  medievale  (ed.  2«)  t.  I  p.  132. 

(2)  Hist.  Uttér.  cìt.  p.  63. 

(3)  Porget  Les  phUosophes  arabes  et  la  philosophie  scolasOque  ìù  Compie  rendue  du  3* 
Congrès  scientifique  intemational,  tenu  à  Bruxelles  an.  1894  (Bruxelles.  1895)  p.  262. 

(4)  In  Études  franeiscaines  (1906)  t.  XY  p.  328-45. 


SECOLO  xin.  365 


1,  —  Cenni  hiografici-cronologicL  —  D'  accordo  tutti  i  biografi  del  Lullo  ce  lo  dicono  IH 
nato  a  Palma  di  Majorica  verso  il  1235  da  nobili  genitori  Catalani  sudditi  del  re  d' Ara- 
gona Giacomo  I,  che  nel  1229  toglieva  ai  Sarac-eni  le  isole  Baleari.  Sposatosi  ad  una  no- 
bile dama,  visse  egli  una  vita  tutto  mondana,  sino  ali'  età  sua  di  anni  30  completi,  come 
egli  stesso  racconta  nel  lib.  2  de  Contemplatione  (ed.  Custurer,  p.  200);  e  da  qui  ab- 
biamo l'anno  approssimativo  della  sua  conversione  che  deve  porsi  circa  il  1266.  —  Nel- 
l'anno nono  dalla  sua  conversione,  quindi  nel  1274,  lo  vediamo  abbandonare  affatto  il 
mondo,  dopo  aver  appreso  sufficientemente  il  latino,  e  forse  meglio  l' arabo,  idioma  che  ap- 
prese da  un  suo  servo  arabo  e  che  era  la  lingua  ancor  comune  in  tutta  Majorica.  Raimondo 
si  era  deciso  di  abbandonare  il  mondo  dopo  aver  udita  una  predica  che  un  certo  vescovo 
tenne  nel  dì  della  festa  di  S.  Francesco  nella  chiesa  de' Prati  Minori  in  Majorica,  e  da 
quel  di  egli  si  propose  d' imitare  Francesco  e  seguire  unicamente  Cristo.  Da  quest'  anno 
dobbiamo  dirlo  ascritto  al  terz'  Ordine  francescano  ;  e  come  tale  coli'  abito  e  colla  corda  ci 
è  figurato  sulla  sua  tomba,  checché  ne  dica  l' Hauréau  od  altri  che  pretendono  un'  esplicita 
memoria  della  sua  aggregazione  all'Ordine  Mìnoritieo.  Nella  metà  del  1275,  abbiamo  che 
già  il  Lullo  aveva  terminate  molte  delle  sue  opere,  tra  le  quali  1'  Ars  major,  V  Ars  ge- 
neralis  e  V  Ars  demonstrativa  ;  e  che  il  re  di  Majorica  fattolo  venire  a  Montpellier,  fece 
esaminare  le  sue  opere  da  un  frate  Minore  che  vi  scorse  molta  filosofia  e  sana  dottrina 
cattolica.  L'antico  biografo  soggiunge:  «Sub  eodem  tempore  (e.  fin.  1275)  impetravit 
Raymundus  a  praedicto  rege  MajoriCarum  unum  monasterium  construi  in  suo  regno,  et 
dotari  sufficientibus  possessionibus,  ac  in  eodem  tredecim  Fratres  Minores  institui,  qui 
ibidem  discerent  linguam  arabicam  prò  converteudis  infidelibus,  ut  superius  dictum  est 
et  expressum  ;  quibus,  nec  non  ot  aliìs  succedentibus  aliis,  in  eodem  Monasterio,  perpetuo 
praedictis  possessionibus  ad  eorum  necessaria  ministrarentur  singulis  annis  quingenti 
fioroni  (1)».  E  poco  tempo  dopo,  una  lettera  di  papa  Giovanni  XXI,  data  da  Viterbo  il 
17  ott  1276  e  diretta  al  re  Giacomo  I  figlio  del  re  d'Aragona,  confermava  la  fondazione 
del  collegio  «  ove  tredici  religiosi  dell'  Ordine  de'  Minori  possano  apprendere  la  lingua  araba, 
situato  neir  isola  di  Majorica,  in  una  località  detta  Baya  nella  parrocchia  8.  Bartholo- 
maei,  vallis  de  Massa  (2)*.  Tale  fu  l'origine  di  questo  coU^io  o  seminario  della  S.  Tri- 
nità di  Miramar,  ove  Raimondo  ebbe  sotto  la  sua  direzione  13  frati  Minori  ai  quali  inse- 
gnava la  lingua  araba  e  la  sua  Arte.  Così  Raimondo  si  trova  da  questo  tempo  unito  alla 
famiglia  francescana,  nella  quale  però  non  sembra  siasi  aggregato  con  la  professione  dei 
voti  (3).  —  Qui  r  Hauréau  suppone  che  qualcuno  avesse  asserito  che  il  Lullo  abbracciò  il 
prim' Ordine  Minoritico,  quando  invece  appartenne  al  terz' Ordine  della  penitenza. 

L' Hauréau  (p.  12)  calcola  a  dieci  anni  (1276-86)'  la  dimora  del  Lullo  in  Majo- 
rica e  nel  collegio  di  Miramar;  e,  in  quesì»  periodo  di  tempo,  congettura  aver  il  Lullo 
scritte  le  sue  opere  in  arabo,  e  nominatamente  i  due  trattati  Alchindi  e  Teliph  com- 
pilati in  difesa  della  fede  cristiana.  Trattati  questi,  che  noi  non  conosciamo  altrimenti  che 
da  questi  semplici  nomi  datici  dall'  Hauréau  (4). 


(1)  Vita  B.  Raym.  e.  2,  in  Salzinger  t.  I  p.  4.  —  Acta  SS.  cit.  p.  663,  e.  2  n.  13. 

(2)  La  vera  data  di  questa  lettera  17  ott.  1276  ci  è  data  dallo  Stapper  Papst  lohan.  XXI 
citato  dal  P.  Bihl  in  Éludes  francisc.  cit.  p.  340;  nel  Waddingo,  Annoi,  t.  V  p.  436  in  Re- 
gesto, porta  la  data  del  16  nov.  (16  kal.  dee.). 

(3)  Hauréau  in  op.  cit.  p.  12. 

(4)  L'  Hauréau  dice:  <  il  écrivit  en  arabe,  en  particulier  les  traités  Alchindi  et  Teliph, 
pour  la  démouBtration  du  christianisme  » .  Non  abbiamo  incontrato  altrove  con  tali  titoli 


366  BIBLIOTECA 


111  Nulla  sappiamo  della  vita  del  Lullo  durante  questo  decennio  (1276-86)  che  ere-, 

desi  passato  da  lai  nel  collegio  di  Miraniar;  e  precisamente  dal  1286  soltanto,  prin- 
cipia la  sua  vita  tutto  apostolica,  e  i  suoi  incessanti  viaggi  intrapresi  per  una  causa  tutta 
santa,  qual'  era  quella  della  conversione  di  tutto  1'  Oriente  alla  fede  di  Gesù  Cristo.  — 
Sembra  che  il  primo  collegio  di  Miramar  desse  ottimi  risultati;  e  perciò  il  Lullo  intra- 
prese il  primo  suo  viaggio  per  l' Italia  onde  ottenere  da  Onorio  IV  la  fondazione  di  simili 
collegi  in  vari  luoghi  della  Cristianità.  Ma  giunto  a  Roma,  trovò  che  papa  Onorio  IV  era 
morto  il  3  apr.  1287  (1),  e  quindi  prese  la  via  per  Parigi  onde  trovare  lì  protettori  della 
sua  causa.  A  Parigi  il  Lullo  si  fermò  sin  quasi  tutto  il  1289,  nel  quale  anno  fé' ritorno 
a  Montpellier. 

A  Montpellier,  nell'ottobre  del  1290,  troviamo  il  Lullo  abboccarsi  col  Ministro  gene- 
rale de'  Minori  fr.  Rimondo  Gaufredi  che  lo  accolse  come  amicus  Ordinis  et  devotus  ab 
antiquo.  Dal  Gaufredi  ottenne  una  lettera  commendatizia  diretta  ai  Ministri  provinciali 
d' Italia,  lettera  pubblicata  per  intero  dal  Pasqnal  (2)  e  compendiata  dal  Waddingo  (3). 
In  essa  il  Gaufredi  raccomanda  ai  Provinciali  d' Italia  di  ricevere  il  Lullo  in  tutti  i  con- 
venti, e  di  procurargli  i  mezzi  perchè  egli  possa  insegnare  la  sua  Arte  ai  religiosi.  —  E 
nello  stesso  anno  e  a  Montpellier,  crede  il  cit.  Pasqual  che  il  Lullo  scrivesse  l'  operetta 
che  è  senza  data  e  col  titolo  di  (^aestiones  (triginta  duae)  guas  quaesivit  quidam  frater 
Minor  (4).  Ignoriamo  il  senso  di  queste  32  questioni  ;  e  il  Littré,  contro  il  suo  solito, 
questa  volta  senza  darcene  cenno  alcuno,  ci  rimanda  ai  codici! 

Da  Montpellier  vediamo  il  Lullo  per  la  seconda  volta  riscendere  in  Italia  e  arrivare 
a  Genova  nel  1291,  ove  come  dice  l'antico  biografo,  «  moram  faciens  non  multara,  librum 
Ariis  Inventivae  transtulit  in  Aràbicum.  Quo  facto,  direxit  ad  Romanam  Curiam  gressus 
suos,  cupiens  ibidem  ut  alias,  impetrare  monasteria  fieri  per  mundnm,  prò  diversis  linguis, 
ut  supra  dicitur,  addiscendis.  Sed  ibi  tunc,  propter  impediraenta  Curiae,  jparum  circa  suum 
intenium  profìciens,  deliberato  Consilio  progressus  venit  ad  Januam,  ut  inde  transfretaret 
in  terram  Saracenorura,  ad  experiendum  utrum  ipse  saltem  solus  in  aliquo  posset  proficere 
apud  ipsos,  conferendo  cum  sapientibus  eorum,  sic  manifestando  eisdem,  secundum  Ariem 
sibi  datam  a  Deo,  filli  Dei  incarnationem,  nec  non  divinarum  Personarum  in  summa  uni- 
tate  essentìae  beatissimam  Trinitatem:  quam  ìpsi  Saraceni  non  credunt,  imo  caeci,  nos 


opera  alcuna  del  Lullo:  e  crediamo  sian  piuttosto  due  delle  opere  ove  il  Lullo  confati  i  due 
filosofi,  l'arabo  Alkindi  (f  873),  e  l' arabo-spagnolo  Ibin  Thophaìl  (f  1185)  e  non  Teliph. 

(1)  Onorio  IV,  che  aveva  già  ordinata  la  fondazione  di  un  collegio  di  lingue  orientali 
a  Parigi,  non  ignorava  certo  con  quanto  zelo  il  Lullo  dirigeva  quello  di  Miramar,  e  lo  avrebbe 
assecondato  senza  dubbio  nel  suo  nobile  apostolato.  —  Cfr.  Wadd.  an.  1287  n.  1. 

(2)  In   Vindiciae  Lvllianae  t.  I  p*  329.  —  Cfr.  Littré  Hist.  littér.  cit.  p.  329. 

(3;  Il  Waddingo  ebbe  copia  di  questa  lettera,  e  ne  dA,  il  sunto  cosi  :  e  Rayrnundas 
Lullus  obtinuit  hoc  anno  (1290)  litteras  commendatitias  a  Raymundo  Gaufridì  Generali  Mi- 
nistro datas  apud  Montempcsulanum  VII  kal.  Novembris  (26  oct.),  ut  benigne  reciperetur  a 
Fratribus,  quibus  ait,  aliquando  faisse  optimum  benefactorem,  hortaturqne  Mìnistros  Ro- 
manum,  Apulnm,  et  Siculum,  ut  permittant  Fratribus,  qui  voluerint,  eius  Artem  audire, 
cominodo  et  idoneo  eis  loco  ad  hoc  constituto.  Litterarum  penes  me  extat  exemplar  » .  Annal. 
an.  cit.  n,  18. 

(4)  Ms.  inedito,  conservato  nel  cod.  di  Parigi,  lat.  n.  15450  (f.  410  s.)  e  nei  codd.  di 
Monaco  n.  10563  (16  fol.),  n.  10582  (ff.  97-130),  e  n.  10652  (ff.  208-41)  il  quale  ultimo  ha  per 
titolo  Quaestiones  B.  Lullo  per  quencìam  Minoritam  proposUae  et  ab  ipso  solutae  secundum 
Artem  generalem  et  inventivam. 


SECOLO  xm.  367 


christìanos  tres  Deos  assernnt  colere  (1)».  —  Abbiamo  dunque  dal  riportato  brano  la  111 
certezza  d'  un  secondo  viaggio  del  Lullo  a  Eoma,  presso  il  pontefice  francescano  Nicolò  IV 
(el.  22  feb.  1288-4  apr.  1292  f),  viaggio  ammesso  anche  dal  Waddingo (2),  e  poi  dai  recenti 
scrittori  Delécluze  (3),  Depping  (4),  Kunstmann  (5)  e  Delaville  (6)  che  gli  assegnano  il  1288, 
citati  tutti. dal  Magnoca vallo  (7);  quest'ultimo  però  preferisce  il  giudizio  dell' Heyd (8)  che 
dice  questo  viaggio  assai  dubbio,  tanto  più  che  nel  1288  Acri  ed  altre  città  della  Siria  erano 
ancora  in  potere  dei  cristiani.  Questa  semplice  ragione,  come  ognun  vede,  non  può  persua- 
dere alcuno;  quindi  non  v' è  che  il  solo  anno  1288  che  dobbiamo  assolutamente  cangiare 
nel  1291,  epoca  non  dubbia  dell'arrivo  del  Lullo  in  Genova  e  a  Eoma,  e  quando  già  Acri 
e  le  altre  città  latine  della  Siria  erano  tutte  cadute  in  potere  de' Saraceni.  A  quest'epoca 
dunque  dobbiamo  porre  quello  che  il  Depping,  seguito  dagli  altri,  asserisce,  che  cioè  il  Lullo 
presentò  a  Nicolò  IV  insieme  alla  sua  Ars  magna,  un  disegno  o  piano  per  la  conquista 
della  Siria,  nel  quale  piano  insiste  chiedendo  il  divieto  ai  cristiani  di  commerciare  coli'  Egitto 
che,  in  tal  modo  e  nel  tempo  di  sei  anni,  cadrebbe  in  rovina.  Non  possiamo  credere  che  il 
Depping  abbia  escogitate  di  sana  pianta  queste  particolarità,  e  quindi  deve  averle  lette 
in  qualche  libro  o  memoriale  del  Lullo,  fra  i  tanti  ancor  inesplorati  codd.  LuUiani. 

A  Genova,  il  Lullo  fu  colto  da  una  grave  infermità  che  1'  obbligò  di  differire  il  suo 
viaggio  per  Tunisi.  Nella  festa  di  Pentecoste  egli  si  fé'  condurre  nella  chiosa  de'  Domenicani, 
e  lì  gli  venne  il  pensiero  di  abbracciare  uno  de'  due  Ordini  religiosi,  o  quello  de'  Predicatori 
0  l'altro  dei  FP.  Minori:  l'animo  del  Lullo  si  sentì  tutto  inclinato  verso  quest'ultimo, 
perchè  i  frati  Minori,  più  che  non  i  Domenicani,  avevan  accolto  con  amore  la  sua  Arie,  e 
sperava  per  mezzo  di  essi  farla  fruttificare  a  gloria  di  Dio.  Si  presentò  quindi  al  guar- 
diano de' Minori  di  Genova,  e  gli  chiese  di  esser  ammesso  all'Ordine;  ma  questi  gli  rispose 
che  ne  lo  avrebbe  accontentato  più  tardi  e  prima  della  sua  morte  (9)! 

Primo  viaggio  in  Tunisi  1291.  —  Ristabilitosi  in  salute,  il  Lullo  verso  la  fine  del 
1291  partì  per  Tunisi.  Quel  che  ivi  abbia  operato,  lo  si  ha  nella  Vita  citata  (10).  Espulso 
dai  Saraceni,  Io  troviamo  il  15  seti.  1292,  sulla  nave  nel  porto  di  Tunisi,  principiare  il  suo 
libro  intitolato  Tabula  generalis,  che  poi  terminò  il  13  gen.  1293  (11)  dopo  il  suo  approdo 
a  Napoli.  Quivi  si  fermò,  insegnando  la  sua  Arte,  fino  all'  elezione  di  papa  Celestino  V 
(5  jul.  1294),  ove  anche  scrisse  vari  altri  libri  tra  i  quali  notiamo  la  Petitio  ad  Coele- 
siinum  per  la  conversione  degl'  infedeli,  e  che  riporteremo  per  esteso.  Il  Lullo  non  potè  nulla 


(1)  Vita  cit.  e.  2  n.  15. 

(2)  Armai,  sub  an.  1287  n.  2. 

(3)  JRaym.  Lulle  in  Revue  dea  deux  mondes  XXIV.  520  (an.  1840). 

(4)  Hist.  du  commerce  entre  le  Levant  et  l'Europe  t.  I  p.  151  (Paris  1830). 

(5)  Studien  iiber  M.  Sanxido  p.  721  in  op.  infra  cit. 

(6)  La  France  en  Orient  au  XIV'  siècle  t.  I  p.  27. 

(7)  Marin  Sanudo  il  vecchio  p.  44  n.  3. 

(8)  Histoire  du  commerce  du  Levant  t.  I  p.  269-70. 

(9)  Hauréau  Hiat.  littér.  p.  15  s.  —  Questo  lungo  brano  della  Vita  manca  nel  testo  Bol- 
landiano,  e  lo  si  ha  invece  nel  testo  del  Salzinger.  —  Cfr.  Wadding  an.  1287  n.  2. 

(10)  Capp.  2  e  3,  Acta  SS.  cit.  p.  664-65. 

(Ili  DsilV  explicit  della  Tabula  generalis  abbiamo  chiaro  il  computo  che  il  Lullo  nsava 
nelle  date:  Incepta  fuit  haec  scientia  in  porta  Tunicii,  in  medio  meiuis  septembris  anno  in- 
camationis  Domìni  MCCXCII,  et  fuit  finita  in  eodem  anno  praedicto  in  octavis  Epiphaniae, 
in  civitate  Neapoli.  Il  Lullo  dunque  computava  1'  anno  dalla  Pasqua.  Cfr.  Hist.  littér.  cit. 
p.  21  in  nota,  e  p.  345. 


368  BIBLIOTECA 


111  ottenere  da  Celestino  V,  il  quale  rinunziò  al  papato  ai  13  dee.  1294,  e  il  giorno  dopo  gli 
succedette  Bonifacio  Vili.  Seguì  quindi  il  Lullo  la  corte  papale  a  Roma  (1295),  e  ivi  pre- 
sentò a  Bonifacio  una  simile  petizione  per  la  fondazione  di  collegi  orientali  e  per  la  con- 
versione degl'infedeli;  petizione  che  ripetè  invano  il  23  di  giugno  del  1296,  poco  prima 
di  lasciar  Roma,  ove  si  fermò  per  circa  due  anni.  —  Qui  l'Hauréau  (p.  23)  fa  dire  al 
Waddingo  (o  cita  l'an.  1295,  n.  12)  che  il  Lullo  da  Roma  fece  una  gita  ad  Assisi  ove  il 
generale  fr.  Raimondo  Gaufredi  doveva  presiedere  al  Capitolo  generale,  nella  speranza  che 
un  Ordine  così  potente  e  così  zelante  per  la  fede,  avrebbe  presa  a  cuore  più  che  non  il 
Papa  l'affare  della  conversione  degl'infedeli.  Ma  e  questa  volta  pure  (conchiude  egli)  ri- 
masero deluse  le  speranze  del  Lullo.  —  Ma  nulla  di  tutto  questo  ha  il  Waddingo,  né  lì, 
né  altrove!  Sappiamo  però  dal  Lullo  stesso,  che  egli  nel  45'  anno  della  sua  conversione 
e  del  suo  apostolato,  contava  già  otìe  visite  ai  sommi  Pontefici,  tre  interventi  in  tre  Ca- 
pitoli generali  de' frati  Minori,  senza  calcolare  i  viaggi  che  intraprese  presso  quasi  tutti 
i  principi  e  magnati  della  Cristianità  (1).  —  Durante  il  suo  soggiorno  a  Roma,  nel  1295, 
il  Lullo  scrisse  uno  dei  suoi  più  celebrati  poemi  in  volgare  El  JDesconort,  cioè  la  desola- 
zione, d' onde  ricaviamo  che  il  collegio  da  esso  fondato  a  Miramar  era  degenerato  (2). 

Da  Roma  il  Lullo  partì  per  Genova  verso  gli  ultimi  del  1296  ;  poi  si  recò  a  Montpellier 
presso  il  re  di  Majorica,  col  quale  ebbe  un  abboccamento  ;  indi  s' incamminò  per  Parigi  (1298)  ove 
scrisse  varie  opere.  Da  li  io  vediamo  ritornare  (1299)  in  Majorica  per  darsi  alla  conversione 
di  quei  Saraceni,  e  ve  lo  troviamo  a  scrivere  altre  opere  ancora  sino  al  principio  del  1300. 

Secondo  viaggio  per  l'Oriente  1300-1302.  —  E  ora  siamo  al  secondo  viaggio  intra- 
preso dal  Lullo  verso  V  Oriente.  —  Dai  dati  che  abbis?mo,  questo  viaggio  ebbe  luogo  nei 
primi  mesi  del  1300,  dopo  la  celebre  battaglia  di  Emesa  (22-23  dee.  1299)  vinta  sui  Sa- 
raceni dal  tartaro  Cassan  Kan  e  da  Aitone  II  ré  di  Armenia.  —  L' antico  biografo,  ricorda 
soltanto  l'approdo  del  Lullo  in  Cipro;  ma,  come  vedremo,  egli  si  recò  anche  in  Cilicia, 
e  in  altre  parti  dell'Oriente;  il  biografo  scrive: 

«  Factum  est  ergo,  dum  Raymundns  talibus  insudaret  laboribus,  ut  nova  discurrerent, 
videlicet,  quod  Imperator  Tartarorum  Cassanus  Regnum  Syriae  fuisset  aggressus,  illudqne 
totum  suo  dominio  ambiret;  quod  cum  audisset  etiam  Raymundus,  inventa  navi  parata, 
transfretavit  usque  Oyprum,  ibique  reperit,  nova  illa  penitus  esse  falsa  (3).  Videns  ergo 
Raymundus,  se  frustratum  esse  ab  intentione,  qua  venerai,  coepit  viam  aliam  perscrutar!, 
qua  posset  tempus  a  Deo  sibi  praestitum  non  in  otio  sed  magis  in  opere  Deo  accepto 
proximoque  proficuo  consumere . . .  Accessit  itaque  Raymundns  ad  Rogem  Cypri,  affectu 
multo  supplicans  ei,  quatenus  quosdam  infideles  atque  schismaticos,  videlicet,  Jacohinos, 
Nestorinos,  Momminas  (4)  coarct&ret  ad  suam  praedicationem  nec  non  dispntationem  ve- 


(1)  Acta  SS.  cit.  p.  (577  n.  15;  cfr.  ib.  p.  732  n.  8. 

(2)  Cfr.  Hauréau  Eist.  littér.  cit.  p.  23  e  29. 

(3)  Cassan  veramente  sconfisse  nella  battaglia  di  Emesa  (1299  dee.)  i  Saraceni,  e  s' ìmpa» 
dreni  di  Aleppo,  di  Damasco  e  di  Gerusalemme,  nella  quale,  se  crediamo  allo  storico  Aitone, 
ritornarono  i  Crociati  alleati  di  Cassan;  Cassan  però  presto  dovette  ritornare  in  Persia,  e 
cosi  le  sne  efimere  conquiste  ricaddero  poco  dopo  in  potere  de' Saraceni.  —  Cfr.  Michaud 
Storia  delle  Crociate  lib.  XVI.  —  Vedi  più  sopra  a  p.  835. 

(4)  «  Momminas  non  novi  (nota  il  bollandista  SoUerio),  puto  legendum  Maronitaa,  ortho- 
doxos  quidem,  sed  Europaeis  tunc  suspectos  » .  E  veramente  in  quei  tempi  Cipro  ospitava 
molte  migliaia  di  Maroniti,  ma  non  abbiamo  memoria  che  fossero  sospetti  alla  Chiesa  cat- 
tolica alla  quale  anzi  constan temente  Airono  sempre  obbedienti.  I  Momminea.  verosimilmente, 
dovevan  appartenere  a  qualche  setta  maomettana  {Àl-muminin  =  i  credenti). 


SECOLO  xin.  369 


nire:  cum  hoc  etiam  supplicavit,  qnod  facto  eo,  quod  ibi  posset,  ad  aedificatìonem  prae-  111 
dictornm  Eex  Cypri  vellet  enm  raittere  ad  Soldanum,  qni  saraceims  est,  atqne  ad  regem 
Aegypti  et  Syriae,  nt  eos  sancta  fide  catholica  informaret,  Rex  autem  de  iis  omnibus 
non  caravit.  Tunc  Eaymnndns  confidens  in  ilio,  qui  dat  verbnm  evangelizantibas  virtnte 
multa,  praedicationibus  et  disputationibus  apud  illos  coepit  cum  solo  Dei  aaxilio  viriliter 
operati;  sed  tandem  praedicationibus  et  doctrinis  insistens,  corporali  infirmitate  non  modica 
grayatus  est.  Duo  autem  illi  serviebant,  clericus  scilicet  et  famulus,  qui  non  ponentes 
Deum  ante  conspectum  suum,  cogitaverunt  viri  Dei  bona  scelerosis  manibus  extorquere; 
et  dum  se  cognosceret  per  illos  toxicatum,  Eaymundus  eos  a  suo  servitio  mansueto  corde 
fugavit.  Perveniens  Famagustam  est  receptus  hilariter  per  Magistrum  Templi,  qui  erat 
in  civitate  de  Limisson,  stans  in  domo  ejus,  quousque  recnperasset  pristinam  sanitatem. 
Post  haec  autem  Eaymundus  transfretans  Gonuam,  quam  plures  edidit  ibi  libros(l)». 

Il  citato  biografo,  come  vede  il  lettore,  parla  soltanto  dell'arrivo  del  Lullo  in  Cipro, 
e  del  desiderio  suo  di  recarsi  in  Siria  e  in  Egitto,  senza  esprimersi  chiaramente  se  il  Lullo 
siasi  recato  o  no  anche  nei  dominii  del  Soldano.  Ma  il  silenzio  del  più  antico  biografo,  e 
qui  e  in  molti  punti  altrove,  è  completato  dallo  stesso  Lullo  che  ci  lasciò  memoria  di  altri 
suoi  viaggi,  punto  mentovati  dal  detto  biografo.  —  Sino  al  decembre  del  1301  troviamo  il 
Lullo  ancora  in  Famagosta  di  Cipro  (2)  occupato  a  scrivere.  Ma  nel  gennaio  del  1302, 
lo  troviamo  arrivato  nella  celebre  città  e  porto  commerciale  di  Alleas  (=  Ayas,  Layas, 
■el-Ayas,  Lajazzo,  l'antica  Aegae)  situata  sulla  spiaggia  sinistra  del  golfo  di  Alessan- 
dretta,  nell'Armenia  minore,  o  piuttosto  nella  Cilicia(3).  Quivi  il  Lullo  compilò  una  specie 
di  catechismo  sulle  verità  della  fede",  intitolato  Lil>er  de  iis  quae  homo  de  Beo  debet  cre- 
dere, finito  di  scrivere  in  urbe  Alleas  civitate  Armeniae,  mense  januario  1301  (nuovo 
stile  gen.  1302).  Di  questo  libro  inedito,  oggi  non  si  conosce  che  un  testo  in  volgare  con- 
servato nel  cod.  n.  105  '6  di  Monaco  (4),  —  Il  Lullo  dunque  fu  pure  in  Armenia,  come 
egli  stesso  lo  ripete  alt  ove  (nel  libro  Be  fme  dist.  2  par.  3),  ove  dice  di  essersi  recato 
veì'sus  Cyprum  in  Arv.ieniam;  sed  quia  istae  terrae  omnibus  non  sunt  sanae,  ut  scio, 
quia  fui...{h)',  e  lo  vedremo  anche  a  Rodi  e  nell'Egitto,  quantunque  questi  tre  viaggi  e 
paesi  (Armenia,  Eodi  ed  Egitto)  non  siano  punto  mentovati  dall'antico  biografo  e  siano  senza 
ragione  negati  dai  più  recenti.  Giovanni  Segui  canonico  Majoricense,  riportato  dal  Wad- 
dingo,'dice  che  il  Lullo  «  bis  utramque  Armeniam,  totas  Aegypti,  Sirice  et  Palaestinae 
regiones,  semel  Oypri,  Boemiae  et  Angliae  regna  peragrasse,  ter  in  Maiiritaniam  et  Pa- 


(1)  B.  Ray.  LuUi  Opera  omnia:  Vita  t.  I  cap.  5  p.  8-9.  —  Acta  SS.  cit.  e.  3  n.  25-26. 

(2)  Qui  egli  scrisse  due  opere:  1°  il  Li6er  de  natura  (ed.  Palma  1470)  che  ha  l'explicit: 
Finivìt  Baymundus  istum  librum  in  Cypro,  in  civitate  Famaguatae,  mense  decembris,  anno 
1301.  —  2°  la  Rhetorica  nova  (tre  volle  ina;  essa  a  Strastburgo  1598,  1617  e  1651,  e  una 
volta  a  Parigi  1634)  con  l'explicit:  Istum  tractatum  compilavit  magister  Baymundus  Caia- 
lanus,  secundum  vulgarem  stylum,  in  insula  Cypri,  in  monasterio  S.  Joannis  Chrysostomi, 
anno  Domini  1801,  in  mense  septemòris;  sed  ejusdem  Dni.  anno  1308,  fuit  in  latinum  trana- 
latus  in  Janna,  gloriosa  Italiae  civitate  (Cfr.  Littré  p.  251).  Il  monastero  del  Crisostomo 
TI  p.ovTi  Tou  XpuooaTÓnou,  abltato  da  monaci  greci  ospiti  del  Lullo,  sorge  tutt'  oggi  sui  monti 
della  provincia  di  Cirinia,  presso  Buffavento,  non  lungi  dall'  antico  monastero  latino  di  Bel- 
lapaise,  sul  versante  Nord  dell'  isola. 

(3)  Vedi  sopra  a  p.  229  nota  4. 

(4)  Cfr.  Acta  SS.  cit.  p.  646  n.  68.  —  Hist.  UtUr.  p.  35  e  312.  —  Salzinger  t.  I  in 
catal.  n.  66. 

(5)  Acta,  SS.  Ice.  cit 

Bibìiot.  —  Tom.  L  84 


370  BIBLIOTECA 


111  risios  abiisse,  sexìes  Bomam,  omnia  Hispaniae  regna,  non  semel  lustrasse,  aliqnoties  Nea- 
polim,  et  Siciliam,  saepissime  Gennam  et  Majoricam  appnlisse  (1)».  E  sebbene  il  Wad- 
dingo  con  altri  ponga  in  dubbio  il  viaggio  del  Lullo  in  Egitto,  e  l'Hauréau  quello  di  Ar- 
menia, a  noi  invece  sembra  doverli  ammettere  senza  tante  vaghe  difficoltà.  Il  Lullo  ci 
dice  che  fu  in  Armenia,  e  per  Armenia  non  poteva  intendere  soltanto  la  città  di  Lajazeo 
porto  della  Cilicìa.  Dell'Egitto  poi  e  della  Siria  egli  ne  parlerà  come  teste  oculare,  e  ci 
presenterà  i  suoi  progetti  di  crociata  come  chi  in  persona  conobbe  e  i  luoghi  e  i  popoli 
de'  quali  ci  parla.  Nella  sua  grandiosa  opera  Liber  contemplationis  Dei,  che  il  Lullo  scri- 
veva neir  età  sua  di  anni  40  (quindi  circa  il  1275),  egli  chiede  a  Dio  la  grazia  di  finirla 
presto,  perchè  «  il  servo  tuo  arde  d' un  vivo  desiderio  di  morire  per  la  tua  gloria,  e  di 
recarsi  a  versare  le  sue  lagrime  e  il  suo  sangue  in  Terra  Santa,  ove  Tu  hai  versato  il 
tuo  sangue  e  le  tue  lagrime  misericordiose.  Fino  a  tanto  che  questo  libro  non  sarà  ter* 
minato,  io  non  potrò  recarmi  nella  terra  de' Saraceni  per  lodare  il  tuo  nome  glorioso  (2)». 
E  il  Lullo  non  poteva  mancare  a  così  fervide  promesse  del  suo  cuore.  —  E  di  più,  sic- 
come fino  al  Xunstmann  nulla  si  sapeva  dell'approdo  del  Lullo  a  Rodi,  noi  perciò  non 
avremo  difficoltà  di  dirlo  arrivato  anche  fino  a  CTostantinopoli,  città  di  cui  egli  ripetuta* 
mente  ci  parla  come  uno  dei  luoghi  strategici  nei  suoi  progetti  di  crociata. 

n  Sollerio  dall'Armenia  ci  fo  ritornare  il  Lullo  in  Cipro,  ove  Io  vuole  formato  fin 
tutto  il  1302,  e  da  li  partito  per  Genova  dove  lo  troviamo  nel  1303  scrivere  altre  opere  (3). 
Nell'ottobre  dello  stesso  anno  lo  vediamo  già  giunto  a  Montpellier  ove  scrisse  la  Dispw- 
tatio  fidei  et  intelìectus,  (Littré  p.  162):  e  probabilmente  di  nuovo  ritornato  a  Genova 
nel  feb.  1304  (vecchio  stile  febr.  1303),  indi  a  Montpellier  (1304),  indi  a  Parigi,  e  di  nuovo 
a  Montpellier  (1305),  e  finalmente  nel  nov.  1305  a. Lione  all'incoronazione  di  papa  Cle- 
mente V,  cui  fece  presentare  dal  re  d'Aragona  il  Liber  de  Fine  (4). 

Secondo  viaggio  in  Africa  1306.  —  Da  Lione  ritornato  in  Majorica,  il  Lullo  «  trans- 
fretavit  ad  quamdam  terrara  Saracenorum,  quae  vocatur  Bucria  »  ove  tanto  operò,  disputò, 
quanto  si  ha  nella  vita  antica  al  cap.  4.  Egli  partì  per  l'Africa  nel  1306;  e  da  11  espulso, 
lo  vediamo  approdare  a  Pisa  nel  gen.  del  1307,  ove  lo  troviamo  ancora  nel  1308,  e  indi  a 
G^enova  (1308),  e  indi  a  Montpellier,  e  da  li  in  Avignone  presso  il  Papa  (nella  metà  del  1309) 
sempre  affacendarsi  per  l'effettuazioni  dei  suoi  nobili  fini;  e  poi  a  Parigi  entro  il  1309-11. 

Apostolato  in  Francia  1309-12.  —  Per  la  quarta  volta  troviamo  il  Lullo  a  Parigi 
nel  1310,  intento  ad  accapararsi  la  protezione  dell'  Università  e  principalmente  quella  del 
più  potente  tra  ì  monarchi,  Filippo  lY  il  Bello.  Troviamo  in  &tti  che  Filippo  accolse 
amorevolmente  il  Lullo,  e  che  con  sue  lettere  patontali  (de'  2  ag.  1310)  lo  raccomandava 
come  «  virum  bonum,  iustum,  et  catholicum  reputamus,  et  ad  confirmationem  et  éxalta- 
tionem  fidei  catholicae  fideliier  insistentem.  Quapropter  nobis  placet,  quod  ipse  ab  omnibus 
orthodoxae  fidei  cultoribus,  et  praecipue  subditis  nostris  tractetur  benigniter,  ipsique  &vor 
benevolus  impendatur,  quem  gratum  habebimus  et  acceptum  (5)  ».  —  Nel  gen.  del  1311, 
il  Lullo  terminò  a  Parigi  il  Liber  de  naiali  pueri  Jesu,  dedicandolo  e  presentandolo  in 
persona  al  re  Filippo  per  indurlo  alla  conquista  della  Terra  Santa;  libro  eguale  nell'in- 
tento a  quello  De  recuperatione  Terrae  Sanctae  presentato  un  anno  prima  a  Clemente  V. 


(1)  Wadding  Annoi,  an.  1315  n.  8. 

(2)  Vedi  l'analisi  in  Littré  p.  230,  e  il  testo  in  Salzinger  t  IX  p.  301. 

(3)  Acta  SS.  cit  p.  646  n.  69. 

(4)  Cfr.  Acta  SS.  cit.  p.  647  n.  71. 

(5)  Denifle-Chatelain  Chartular.  Univerntatis  Parinen.  t.  Il  n.  684. 


SECOLO  xin.  371 


La  prossima  celebrazione  del  Concilio  generale  di  Vienna  (16  ott.  1311  —  6  mag.  1312)    111 
non  poteva  lasciare  indifferente  il  nostro  Lnllo,  non  ostante  che  fin  a  quel  tempo  sia  ri- 
masto deluso  nelle  sne  speranze.  Ecco  come  si  esprime  in  proposito  l'antico  biografo: 

«  Scieiis  Kaymundus  foro  a  ss.  Patre  Dno.  Clemente  Papa  V  generale  Concilinm  ce- 
lebrandnm  apnd  ciritatem  Yiennensem  anno  Dni  1311,  in  Ealendis  Octobris,  proposnit  ire 
ad  dictnm  Concilinm,  ut  tria  ibidem  impetraret  ad  reparationem  fidei  orthodoxae.  Primum 
qnidem,  ut  locns  constrneretor  safficiens,  in  qno  viri  devoti  et  intéllectn  vìgentes  pone- 
rentnr,  stndentes  in  diversis  lingnaram  generibns;  qni  omni  charitate  scirent  doctrinam 
evangelicam  praedicare.  Secundum  vero,  nt  de  cnnctis  Beligiosis  Militibas  christianis  fieret 
unns  Ordo,  qni  pltra  mare  contra  Saracenos,  nsqne  ad  recnperationem  Terrae  Sanctae, 
bella  continua  retineront.  Teriium  autem,  ut  contra  opiniones  Averrois,  qui  in  multis  per- 
versor  extitit,  dominus  Papa  celeriter  ordinaret  remedium,  qnod  per  viros  intelligentes  et 
catholicos,  non  intendentes  ad  sui  gloriam  sed  Christi  honorem,  obsisteret  praedictis  opi- 
nionibus  et  eas  tenentibus,  qnae  obviàre  videntur  Yeritati  et  Sapientiae  increatae,  Filio 
Dei  Patris.  Et  de  hoc  compilavit  Baymnndus  qaemdam  libellnm,  qui  intitulatur  Liber 
Nafalis ...Fecit  enim  iste  famulus  Dei,  snmmae  Veritatis  et  profundissimae  Trinitatis 
verus  expressor,  inter  quotidianos  labores  suos,  centum  viginti  et  tres  (1)  libros  et 
plures . . .  Librornm  autem  suorum  utilitatem  volens  omnibus  esse  commnnem,  multos  in 
lingua  edidit  Arabica,  cum  idioma  illnd  novisset  (2).  Divulgati  quidem  sunt  libri  sui 
per  universum,  sed  in  tribus  locis  fecit  eos  praecipue  congregari;  videlicet  in  monasterio 
Carthusianorum  Parisiìs,  et  apud  qnemdam  nobilem  civitatis  Jannae,  et  etiam  apud  quemdam 
nobilem  civitatis  Majoricarum  »  (Vita  e.  4  nn.  35-37).  —  Il  Lullo  dunque,  lasciata  Pa- 
rigi nell'ottobre  del  1311,  s'incamminò  alla  volta  di  Vienna,  ove  presentò  al  Concilio 
un'altra  petizione  ad  acquirendam  Terram  Sanctam,  in  forma  di  dieci  ordini  o  decreti 
ehe  egli  sottomise  all' approvazione  della  Chiesa  pel  felice  successo  de' suoi  progetti,  e  che 
Inoi  riporteremo  più  sotto.  Questa  volta  il  Lullo  non  operò  invano,  e  vide  in  parte  coro- 
nati i  suoi  conati.  Vide  egli,  e  pubblicamente  ne  gioì,  decretata  la  fondazione  di  cinque 
collegi  per  le  lingue  orientali,  e  in  parte  effettuata  anche  l' unione  de'  Cavalieri,  in  quanto 
che  i  beni  de'  Templari  estinti  furono  assegnati  agli  Ospedalieri  (3).  —  A  proposito  dei 
collegi  riportiamo  il  seguente  decreto  emanato  da  Clemente  V  e  dal  Concilio: 

«  Hoc  sacro  approbante  Concilio,  scholas  in  snbscriptarum  linguarum  generibns,  ubi- 
cunque  Bomanam  curiam  residere  contigerit,  necnon  in  Parisiensi,  Oxoniensi,  Bononiensi 
et  Salamantino  studiis,  providimus  erigendas,  statuentes  ut  in  quolibet  locorum  ipsorum 
teneantar  viri  catholici  suf&cientem  habentes  hebraicae,  graecae,  aràbicae  et  chaldaieae 
linguarum  notitiam,  duo  videlicet  uniuscuinsque  linguae  periti,  qui  scholas  regant  inibì, 
et  libros  de  linguis  ipsis  in  latinum  fideliter  transferentes,  alios  linguas  ipsas  sollicite  do- 
ceant,  earumque  peritiam  studiosa  in  illos  instructione  transfhndant  ;  ut  instructi  et  edocti 
sufficienter  in  linguis  huiusmodi  fructum  speratum  possint  Deo  auctore  prodncere,  fidem 
propagaturi  salubriter  in  ipsos  populos  infìdeles...(4)». 


(1)  Una  variante,  riportata  dall'  Haaréau  op.  cit.  p.  46,  dice  invece  molti  libri. 

(2)  Anche  Carlo  Bovillo  (1511)  in  Vita  Raym.  e.  11  narra  che  quando  il  Lullo  nel  1291 
fu  a  Genova  e  artem  stiam  inventivam  ibidem  m  arabicum  transtulit  »  prima  d' imbarcarsi 
per  Tunisi. 

(3)  Vedi  Wadding  an.  1312  n.  8,  t.  VI  p.  199.  —  Il  Concilio  proclamò  anche  una 
crociata,  assonandole  le  decime  per  un  sessennio.  Cfr.  Hiat.  littér,  de  la  France  t.  XXVI 
p.  524. 

(4)  P.  Denìfle-Chatelain  Chartul.  Univ.  Paris,  t  H  n.  695.  Cfr.  Acta  SS  t.  V  Itm.  p.  673. 


372  BIBLIOTECA 


111  Detti  collegi  di  lingne  orientali  continuarono  infatti  a  snsistere;  che,  Tari  anni  dopo 

(nel  1326),  troviamo  che  papa  Giov.  XXII  domandava  informazioni  a  Ugone  vescovo  di  Pa- 
rigi suir  andamento  del  collegio  Parigino  ove  s' insegnavano  l' ebraico,  il  greco,  l' arabo  e  il 
caldeo  (1).  —  Così  dunque,  il  Concilio,  lo  riconosce  anche  l'Hanréan  (p.  47),  seguì  passo 
passo  le  idee  del  Lullo  in  ispecie  per  quel  che  concerne  la  fondazione  di  cattedre  per  le 
lingue  orientali.  —  E  qui,  a  un  tratto,  l'antico  biografo  ammutolisce! 

Terzo  viaggio  in  Africa  1314,  e  sua  morte  1315.  —  Raimondo  lasciò  Vienna  con 
r  animo  soddisfatto  e  pieno  di  belle  speranze,  come  egli  stesso  ci  manifesta  nel  libro  De  par- 
ticipatione  Christianorum  et  Sarraeenorum,  scritto  al  suo  ritorno  in  Majorica  nel  luglio  del 
1312.  —  Nel  feb^  del  1313  lo  troviamo  ancora  a  Majorica  (2)  occupato  in  iscrivere  (Littré 
p.  327).  E  poi,  senza  saperlo  d' onde  partito,  e  se  per  mare  o  per  terra,  lo  troviamo  nel- 
r agosto  comporre  opere  a  Messina  (Littré  p.  369),  e  ivi  pure  nell'ottobre  dello  stesso 
anno  1313,  e  ivi  ancora  nel  ma^io  dell'anno  seguente  1314  (Ada  SS.  p.  649  n.  80-81); 
senza  poter  dire  di  certo  se  per  tutto  questo  tempo  il  Lullo  siasi  fermato  soltanto  in  Mes- 
sina, 0  se  abbia  intrapreso  altri  viaggi,  come  congeturano  altri.  —  I  biografi  recenti  non 
sanno  decidere  se  il  Lullo  partì  questa  volta  da  Messina  per  l'Africa,  come  vorrebbe 
l'Hauréau  (p.  47-8),  oppure  da  Majorica  ove  lo  vorrebbero  altri  ritornato  per  l'ultima  volta 
(Act.  SS.  p.  649  n.  81,  p.  673  n.  16).  L'André,  ce  lo  dice  partito  per  Messina  nel  maggio 
del  1313,  e  dopo  un'anno  di  soggiorno,  da  Messina  ce  lo  fa  ritornare  a  Palma;  e  da  lì,  il 
14  agosto  1314  giorno  di  martedì  lo  dice  imbarcato  per  Bugiar  e  cita  una  nota  4' un  con- 
temporaneo (3).  Pochi  giorni  dopo,  il  Lullo  giunto  che  fu  in  Bugia,  si  portò  a  Tunisi,  ove 
per  qualche  mese  predicò  di  nascosto  a'  Saraceni,  celato  sotto  il  costume  del  paese.  Ma  ri- 
cercato, si  rifugiò  in  Bugia  ;  quivi  però  scoperto,  venne  trascinato  ai  tribunali,  percosso  a 
morte,  e  lapidato  dal  popolo  che  lo  lasciò  per  morto.  Raccolto  semivivo  da  mercanti  Ge- 
novesi, fu  imbarcato  e  diretto  per  Majorica,  ove  poco  prima  di  approdare  rese  l'anima 
a  Dio  il  29  giugno  1315.  Con  pompa  da  santo  fu  sepolto  nella  sacrestia  del  convento  di 
S.  Francesco  de'  Minori  nella  città  sua  nativa  di  Palma  (4). 

2.  —  Bibliografia  Lulliana.  —  Delle  313  opere  esaminate  dal  Littré,  sappiamo 
edite  48  negli  otto  volumi  in  folio  dal  Salzinger,  e  81  altre  in  vari  libri  pubblicati  entro 
i  secoli  XV-XVII;  restano  quindi  inedite  altre  131  opere  certe  del  Lullo,  senza  far  caso 
delle  53  e  più  opere  alchimiche  che  falsamente  vanno  sotto  il  suo  nome.  H  Littré  non 
pretende  di  averci  dato  l'elenco  di  tutte  le  opere  del  Lullo;  che  lui  si  limitò  soltanto  a 
indicarci  i  codici  posseduti  dalla  Nazionale  di  Parigi,  di  Monaco  di  Baviera  (che  ne  pos- 
siede numerosi)  e  qualcuno  di  Venezia  e  di  qualche  altra  città.  Restano  quindi  da  esami- 
narsi tanti  altri  codd.  in  quasi  tutte  le  biblioteche  della  restante  Europa. 

Noi  qui  ci  limitiamo  all'  analisi  di  quelle  opere  soltanto  che  il  Lullo  scrisse  in  modo 
particolare  per  illuminare  gl'infedeli  e  gli  eretici  dell'Oriente,  e  dalle  quali  potremo  ri- 
cavare qualche  particolarità  interessante  i  dommi,  le  credenze  e  gli  usi  orientali,  in  ispecie 
maomettani.  Noteremo  anche  quelle  che  sappiamo  aver  il  Lullo  compilate  in  arabo.  E  il 
lettore  vedrà  con  quanta  ragione  ed  esatezza  il  SoUerio  scrisse  queste  parole  :  —  «  Nullam 
prope  sectam  intactam  reliquit,  qnam  non  acerrime  aggressus  fuerit:  paganos,  gentiles, 


(1)  Denifle  1.  e.  n.  857. 

(2)  Ove  il  26  aprile  1313  datò  il  suo  testamento  recentemente  pubblicato.  —  C£r.  M. 
André  Le  B.  Raym.  Utile,  2«  ed.  p.  206. 

(3)  André  op.  cit.  p.  208. 

(4)  André  op.  cit.  p.  210-11. 


SECOLO  xm.  373 


I 


tartaros,  judaeos,  saracenos,  schismaticos,  graecos,  nestorianos,  jacobitas,  Avèrroem  eiusque    IH 
sequaces:  haereticos  deniqne  et  haereses  omnes  ita   verbis  et   scriptis   insectatus   est,  ut 
praecipuis  fidoi  athletis,  non  immerito  comparari  possit  (1)  » . 

1)  —  Ars  Veritatis  Inventiva,  arabico  versa  ab  ipso  Rasnnundo  lanuae, 
circa  an.  1291.  —  Tanto  ricavasi  dalla  sua  vita  antica  :  da  Parigi  «  Ad  Montem  rediit 
Pessulannm  (1289),  ubi  de  novo  legit  et  fecit  etiam  librum,  vocans  eumdem  Artem  veritaiis 
inventivam  . . .  Quibus  omnibus  in  Monte  Pessulano  rite  expletis,  iter  arripiens  venit  Januam 
(1291);  ubi  moram  faciens  non  multam,  praedictum  librum  Artis  mvew^/yae  transtulit  in 
Arabicum  (2)  ».  —  Il  testo  latino  1'  abbiamo  in  un'  ediz.  di  Valenza  1515,  e  nel  tomo  V 
dell' ediz.  del  Salzinger:  e  un'analisi  sommaria  in  Littré  p.  176-83. 

2)  —  Liber  de  quinque  Sapientibus  seu  Disputatio  quinque  hominum  Sa- 
pientum:  absoluta  Neapoli  1294.  —  Edita,  insieme  all'  altra  Disputatio  Lulli  et  Ho- 
merii  Saraceni,  Valentiae  1510,  e  nel  tomo  II  dell'  ediz.  di  Salzinger.  —  In  èssa,  disputano 
sulla  religione  cinque  sapienti:  un  latino,  un  greco,  un  nestoriano,  un  giacohita,  ed  un 
maomettano  che  sopragginnge  1'  ultimo  alla  conferenza.  La  presenza  di  costui,  genera  nella 
mente  del  latino  ossia  del  Lullo,  scrii  pensieri  e  timori,  come  questi  :  I  Saraceni  son  pa- 
droni di  paesi  cristiani  e  della  Terra  Santa  ove  Gesù  fu  crocifisso  pei  peccati  del  mondo; 
e  una  simile  triste  sorte  sovrasta  ad  altre  regioni,  e  il  pericolo  ognor  si  accresce;  e  v' è 
da  temere  che  i  Saraceni  convertano  alla  loro  setta  i  popoli  Tartari.  Questa  conversione 
è  facile;  e  se  si  effettuerà  non  v'è  dubbio  della  sorte  che  toccherà  ai  popoli  cristiani. 
V  è  anche  da  temere  che  i  Saraceni  soggioghino  ancJie  i  Greci  ;  nel  qual  caso  sarà 
facile  la  disfatta  de'  Latini.  —  E  qui,  se  non  vogliamo  dir  Raimondo  un  vero  profeta 
inspirato,  chiunque  conosca  la  storia  ce  lo  dirà  una  mente  preveggente  e  un  fine  politico. 
Senza  dilungarci  più  che  tanto,  il  Lullo  in  quest'  opera  confuta  bellamente,  e  al  suo 
solito  con  garbo,  le  principali  eresie  di  tutti  e  quattro  gli  eterodossi.  —  A  quest'  opera 
del  Lullo  va  congiunta  nei  Mss.  e  nelle  edizioni  la  seguente  Petitio  a  Celestino  V. 

3)  —  Petitio  Raymundi  (prò  conversione  Infldelium)  ad  Coelestinum  V  et 
€Mi  Oardinales  directa  —  Neapoli  an.  1294.  —  Questa  Petitio,  che  il  Littré  (op.  cit. 
p.  107)  giudica  come  notevole,  perchè  forse  è  la  prima  ove  il  Lullo  espone  pubblicamente 
il  suo  progetto  della  conversione  degli  eretici  e  infedeli  colla  fondazione  di  collegi  per  lo 
studio  delle  lingue  orientali,  merita  che  noi  la  riportiamo  nell'originale  e  per  esteso: 

Petitio  Rayrnu/ndi  (prò  conversione  infidélium)  ad  Coelestinum  V.  —  Cum  Deus 
principaliter  creaverit  hominem,  ut  homo  ipsum  recolat,  intelligat,  amet,  honoret,  et  ipsi 
serviat,  et  cum  sint  tot  infideles  euntes  ad  ignem  perdurabilem,  qui  illum  non  recolunt, 
nec  cognoscunt,  nec  amant,  et  hoc  quamprimum  hic  mundus  fuit  creatus  usque  ad  hoc 
tempus,  in  quo  sumus:  et  etiam  cum  sint  tot,  quod  credo,  quod  prò  uno  Christiano  sint 
centum  vel  plures  qui  non  sunt  Christiani,  multum  esset  conveniens,  quod  vos  supreme 
sancte  Epiacope  Coelestine  Quinte,  qui  per  Sanctum  Spiri  tum  estis  electi  in  papam,  et 
Domini  honorati  et  discreti  Oardinales  aperiretis  thesaurum  S.  Ecclesiae  ad  procurandam, 
quomodo  illi,  qui  sunt  in  errore  et  Deum  non  cognoscunt  nec  amant,  venirent  ad  lumen 
veritatis,  et  sequerentur  finem,  propter  quem  sunt  creati. 

Hunc  thesaurum  sanctae  Ecclesiae  consideramus  duobus  modis,  scilìcet  thesaurum  spi- 
ritualem  et  thesaurum  corporalem.  Thesaurus  spirituaiis  fest,  quod  sancti  homines  religiosi 
et  seculares,  qui  ad  honorandum  nostrum  Dominum  Deum  desiderarent  sustinere  mortem, 
et  qui  sacra  doctrina  sunt  illuminati,  addiscerent  diversa  linguagia,  qui  irent  praedicare 
Evangelia  per  totnm  mnndum;  et  quod  vos  sancte  Pater,  et  vos  Domini  Cardinales  assi- 


(1)  Acta  SS.  cit.  p.  732  n.  4. 

(2)  Vita  cit.  e.  2  n.  14:  Acta  SS.  cit.  p.  663. 


374  BIBLIOTECA 


111  gnaretis  nnnm  Dominum  Cardinalem,  qni  tractaret  hoc  negotinm,  et  qnod  tales  faceret 
qnaeri  per  omnes  terras  Christianoram,  qni  baie  sanctae  praedicationi  essent  convenientes 
et  yellent  esse,  et  qnod  illis  monstrarentur  omnia  lingnagia  mnndi,  et  qnod  de  illis  fierent 
stndia  in  terris  Christianornm  et  Tartarorum,  et  qnod  ille  Dominns  Cardinalis,  qni  hoc 
officinm  haboret,  faceret  missionem  stndiomm  et  stndentium,  et  hoc  continno,  usqno  dnm 
totns  mnndns  esset  Christianornm  (1). 

Tbesanrns  corporalis  est,  qnod  vos  sancte  Pater  Papa,  et  vos  Domini  Cardinales  as- 
signaretis  somper  decimam  Ecclesiae,  6t  qnod  fìeret  Decretnm  ad  conqnirendnm  terras  in- 
fidelinm,  et  Sauctam  Terram  nltramarinam,  et  hoc  per  vim  armornm;  et  de  hac  decima 
daretnr  missio  Domino  Cardinali,  qni  tractaret  stndia,  et  residnnm  daretnr  alteri  Domino 
Cardinali,  qni  faceret  missiones  gnerris,  et  hoc  continno,  nsqne  dnm  totns  mnndns  esset 
Christianornm. 

Conreniret  etiam,  qnod  Ecclesia  recnperaret  Schismaticos,  et  illos  sibi  nniret,  qnos 
potest  recuperare  cnm  dispntatione  monstrando  veritatem,  et  qnod  illi  sint  in  errore,  et 
latini  in  veritate;  qnia  cnm  illis  melins  possent  destrui  Saraceni,  et  haberi  participatio  et 
amicitia  cnm  Tartaris. 

Etiam  esset  conveniens,  qnod  Ecclesia  faceret  snnm  posse  ad  conqnirendnm  Tartaros 
per  dispntationem  ;  qnae  conqnisitio  esset  facilis,  qnia  non  habent  legem,  et  qnia  permit- 
tant  in  illorum  terra  praedicari  fidem  Christi,  et  etiam  qnicnnque  vult,  potest  esse  Chri- 
stianns  absqne  timore  dominii:  et  ista  ordinatio  est  mnltnni  necessaria,  qnia  si  Tartari 
facinnt  legem  sicnt  fecit  Mahomet,  vel  Saraceni  vel  Judaei  poternnt  illos  convertero  ad 
illornm  legem  et  tota  Christianitas  erit  in  magno  pericnlo. 

Si  vos  sancte  Pater  et  Domini  Cardinales  mitteretis  ad  Reges  Saracenorum,  nt  vobis 
mitterent  sapientes,  qnibns  monstraretis  hoc  qnod  nos  de  Deo  credimns,  et  illis  faceretis 
placitnm,  et  illi  intelligerent  nostras  rationes,  forte  consentirent  illis,  vel  dnbitarent  in  saa 
fide  ;  qnia  non  pntant,  qnod  nos  credamns  hoc  qnod  credimns  de  Trinitate  et  Incarnatione, 
et  qnando  redirent  in  snas  terras,  dicerent  hoc  qnod  intellexissent  de  nobis;  et  posset  esse, 
qnod  illi,  qni  hoc  andirent  ab  illis,  consentirent  nostris  rationibns,  ant  dnbitarent  in  sna 
crednlitate:  et  hic  modns  sic  procedendi  cnm  illis  posset  esse  mnltnm  ntilis.  Hic  idem 
modns  posset  tèneri  cnm  Schismaticis,  et  esset  conveniens,  qnod  illis  dicerentnr  tam  fortes 
rationes  et  tam  necessariae,  cnm  qnibns  vincerentnr  omnes  illornm  objectiones  et  positiones, 
et  qnod  illi  non  possent  solvere  nostras  objectiones  nec  destrnere  nostras  positiones:  et 
istis  rationibns  ita  necessariis  est  mnltnm  bene  munita  sancta  Ecclesia.  Ego  Raymundus 
Lullus  indignns,  aestimo  me  mnltas  tales  [rationes]  habere  secnndnm  aliqnem  novnm 
modnra,  qnem  Deus  mihi  dedit  ad  vincendum  omnes  illos,  qni  contra  Fidem  Catholicam 
aliqnid  volnnt  probare  vel  improbare. 

Considerate  sancte  Pater  et  vos  Domini  Cardinales,  qnod  estis  in  magna  via  ad  tra- 
etandnm  prò  honore  Dei,  qni  vos  tantum  honoravit,  et  vos  fecit  Vicarios  mnndi,  et  qnod 
per  snpradictnm  tractatnm  potest  evenire  magnum  bonnm;  et  si  negotinm  est  longum, 
illnd  est  bonnm  et  amabile  ;  et  si  propter  prolixitatem  et  difficultatem  abjicitur,  spernitnr 
boMum,  qnod  inde  potest  seqni:  et  considerate,  qnomodo  homines  hnjns  mnndi  propter  bona 
temporalia  snstinent  magnas  defatigationes  et  labores,  in  qnibus  snnt  multi  in  pericnlo, 
sicnt  Eeges,  qui  snstinent  magna  bella,  et  Anxexini  (2),  qni  scienter  se  tradnnt  morti,  nt 
saos  parentes  possint  eripere  de  servitnte,  in  qua  snnt:  et  etiam  placeat  vobis  conside- 
rare, qnod  Christiani  perdent  snas  terras  et  audaciam,  quam  solebant  habere  contra  Sa- 
racenos  ;  et  considerate,  qnod  pnblica  ntilitas  parum  ametnr,  et  qnod  omnes  clament  contra 
Clericos  ;  quare  esset  magna  excusatio  Clericis  in  tractando  snpradicta,  quia  darent  bonnm 
exemplnm  de  se  ipsis,  et  de  snis  operibns. 

Si  dicitnr,  qnod  omnia  ista  fient,  qnando  Deo  placnerit,  considerate,  ntrnm  Deus  velit 
fìnem,  quare  creavit  hominem,  et  ntrnm  lesns  Christus  dederit  exemplnm,  et  Apostoli  et 


(1)  Ecco  qui  espresso  in  chiari  termini  un  progetto,  che  crediamo  tutto  nuovo  e  del 
Lullo,  della  fondazione  oioé  d'  un  ministero  ecclesiastico  che  noi  oggi  vediamo  nella  S.  Coìufr. 
de  propaganda  Fide.  E  più  sotto  propone  anche  un  Cardinale  a  Ministro  dì  guerra. 

(2)  Allude  alla  nota  setta  de' feroci  As»as»in  della  Siria,  da  noi  ricordati  più  sopra  a 
p.  300,  sotto  l'an.  1278. 


SECOLO  xin.  375 


I 


Martyres,  ad  asseqnendnm  illam  finem  qnare  sant:  et  qnis  dicet,  qaod  Dens  non  semper    IH 
velit  amari  per  suum  polam?  [corr.  populum]. 

Maltas  alias  rationes  possein  dicere,  sed  timeo  niminm  loqni,  et  si  nimiam  loqnor, 
supplico  et  peto  veniam,  ut  mihi  remittatur;  et  ponendo  ista,  quae  peto,  in  ordine,  peto 
veniam  a  vobis  sanate  Pater  et  a  vobls  Dominis  Cardinalibus,  ut  vobis  placeat  me  indi- 
gnum  primum  mittere  ad  Saracenos  ad  honorandum  inter  illos  nostrum  Dominum  Deum. 

Data  est  haec  petitio  in  civitate  Neapolitana  sancto  Patri  Coelestino  Quinto,  et  ho- 
noratis  Dominis  Cardinalibus  Anno  MCCXCIV  (1). 

4)  —  Petitio  Ra3nnundi  prò  conversione  infldelitun  et  prò  recuperatione 
Terrae  Sanctae  [ad  Bonifacium  Vm,  Romae  1205-6].  —  Inedita,  e  principia:  Ad- 
vertat  sanctitas  Veslra,  sanctissime  pater,  ed  è  nei  Mss.  n.  15450  (a  fol.  543),  n.  16116, 
n.  17827  (a  fol.  97)  della  Nazion.  di  Parigi;  e  nei  Mss.  n.  10565,  e  n.  10576  (a  fol. 
111-14)  di  quella  di  Monaco  in  Baviera. 

Dopo  la  rinunzia  di  papa  Celestino,  il  Lullo,  trovandosi  a  Boma,  si  affrettò  di  rino- 
vare  le  sue  suppliche  a  papa  Bonifacio  Vili,  cui  è  diretta  questa  Petitio  che  nel  senso 
è  quasi  simile  a  quella  precedente  data  a  Celestino  V.  —  GÌ'  infedeli,  egli  scrive  al  Papa, 
sono  più  numerosi  nel  mondo  che  non  i  cristiani  :  questi  dunque  devono  persuadersi  che  loro 
precipuo  interesse  è  di  convertir  quelli  a  Gesù  Cristo.  Per  prepararsi  a  questa  conversione 
insiste  :  «  quod  in  diversis  locis  ad  hoc  aptis  per  terras  christianorum,  oc  in  quibusdam  locis 
etiam  Tartarorum,  fiant  studia  idiomatum  diversorum,  in  quibus  viri  sacra  doctrina  com- 
petenter  imbuti,  tara  religiosi  quam  saecnlares,  qui  cultum  divinum  per  orbem  terrarum 
desiderant  ampliati,  valeant  ipsorum  ìnfidelium  idiomata  diversa  addiscere,  et  ad  eorum 
partes  prò  praedicando  Dei  evangelio  utiliter  se  transferre  ».  —  Consiglia  inoltre  una 
Crociata,  e  la  riunione  della  Chiesa  Greca  alla  Latina.  E  poiché  nelle  terre  de'  Tartari  vi 
si  gode  piena  libertà  di  culto,  insiste  che  colà  si  mandino  de'  Missionarìi,  ove  tanti  pro- 
seliti fanno  i  giudei  e  i  saraceni.  Simili  petizioni  rinovò  il  Lullo  al  Papa  nella  vigilia  di 
S.  Giov.  Batt.  (23  giugno  1296);  ma  senza  riuscir  a  nulla  (2). 

5)  —  Raymundi  Lulli  epistolae  tres  [an.  1298-99]  :  —  1*  Ad  Begem  Fran- 
corum.  —  II*  Ad  quemdam  amicum  suum.  —  IIP  Ad  Universitatem  Parisiensem,  quibus 
hortatur  ad  fundanda  Collegia  ubi  linguae  orientales  arabica,  tartarica  et  graeca  do- 
ceantur. 

Dette  lettere  sono  pubblicate  dai  Martène-Durand  (3)  ;  e  la  terza  diretta  all'  Università 
di  Parigi  è  pur  riprodotta  dal  P.  Denifle  (4),  il  quale  nota  coU'Hauróau  (p.  31,  33)  che 
Raimondo  scrisse  dette  lettere  entro  gli  anni  1298-99,  quando  per  la  seconda  volta  fer- 
mossi  a  Parigi,  laddove  il  Martène  le  crede  scritte  nel  1300,  data  non  probabile. 

Nella  terza  che  è  la  più  lunga,  e  diretta  ai  presidi  e  rettori  dell'  Università,  il  Lullo 
inculca  lo  studio  delle  lingue  araba,  tartara  e  greca  e  ut  nos  linguas  adversariorum  Dei 
et  nostrorum  dodi,  praedicando  et  docendo  illos,  possimus  in  gladio  veritatis  eorum  vin- 
cere falsitates,  et  reddere  populum  Beo  acceptàbilem,  et  inimicos  convertere  in  amicos  » . 

6)  —  Liber  de  Gentili  et  trfbus  Sapientibus  [scriptus  primo  arabioe,  dein 
hebraioe,  latine  et  vemacule].  —  Ci  pervenne  nei  codd.  il  solo  testo  latino,  edito  nel 
t.  II  delle  Opera  omnia;  il  testo  araòo  fiitto  dallo  stesso  Lullo,  come  pure  la  versione 
ebraica  che  egli  ne  fece  fare,  sparirono. 


(1)  Opera  omnia  B.  Bay.  TjuIU  tom.  II,  in  fine  libri  De  quinque  aapiefUHnu  pag.  50-51. 

(2)  Hist.  littér.  cit.  p.  22  e  341.  —  Acta  SS.  p.  646  n.  65-66. 

(3)  Theaaur.  novm  anecdot.  t.  1  col.  1315-19. 

(4)  Chartular.  Univ.  Pari»,  t.  II  par.  I  p.  83-84. 


376  BIBLIOTECA 


111  Da  nn'  antica  versione  francese,  Ms.  della  Nazionale  di   Parigi,  i  signori  Michel   e 

Keinaud  ne  estrassero  la  quarta  parte,  pubblicandola  nel  1831  in  nn  volume  in  8°  col  titolo 
Livre  de  la  loi  au  Sarrasins.  In  calce  del  trattato  vi  si  legge  :  «  Finez  est  le  livre  Du 
gentil  et  de  trois  sages.  Benediz  soit  Bex  par  Vaide  duquel  il  est  commenciez  et  finez, 
et  par  l'onor  duqtiel  noveilement  il  est  translaté  d'aràbiche  en  latin  et  en  romens  et  en 
ebrieu  » .  Da  questa  nota  risalta  (come  osserva  il  Littré)  che  1'  opera  fa  prima  composta 
da  Raimondo  stesso  in  arabo,  lingua  da  lui  ben  conosciuta,  e  nella  quale  sappiamo  aver 
egli  compilato  varie  altre  opere  di  controversia.  Il  ricordato  Keinaud  fa  osservare  che  le 
argomentazioni  teologiche  che  il  Lullo  pone  in  bocca  al  Saraceno,  sono  di  un  uomo  che 
conosceva  a  fondo  la  teologia  mussulmana  e  il  metodo  di  argomentare  usato  dai  seguaci 
e  dottori  del  Corano.  Ne  daremo  un  saggio. 

n  tema  è  la  conversione  de'  pagani  o  increduli,  ma  in  ispecie  degli  Ebrei  e  de'  Sara- 
ceni ;  e  la  forma  della  discussione  è  qui  pure  il  dialogo.  Fra  i  tre  savi  delle  rispettive  sette 
entra  primo  il  latino  o  il  nostro  Raimondo,  che  così  esordisce  :  «  Avend'  io  per  molto  tempo 
conversato  con  gì'  infedeli,  e  conoscendo  le  loro  dottrine  false  ed  erronee;  io,  uomo  povero, 
peccatore  colpevole,  vilipeso  dai  mondani,  e  che  mi  considero  perfino  indegno  di  porre  il 
mio  nome  sul  titolo  di  questo  libro  o  di  qualsiasi  altro,  io  mi  sforzo  di  trovare  un  nuovo 
metodo  e  nuove  ragioni  per  ritrarre  dal  cammino  dell'  errore  gli  erranti,  liberarli  dai  mali 
infiniti,  e  procurare  loro  una  felicità  senza  fine». 

Esposta  bellamente  1'  esistenza  di  Dio,  la  risurrezione  del  corpo  e  l' immortalità  del- 
l' anima,  il  nostro  missionario  filosofo  converte  facilmente  il  pagano  o  V  incredulo,  che  finisce 
con  lodare  e  benedire  Iddio.  —  Entra  quindi  in  discussione  coli'  ebreo,  il  quale  gli  espone 
in  otto  articoli  la  fede  de' suoi  padri:  articoli  che  in  sostanza  sono  nella  Bibbia,  e  che 
non  discordano  coi  dorami  cristiani,  salvo  che  sulla  venuta  del  Messia,  e  sul  dogma  della 
risurrezione;  sul  quale  ultimo  domma,  ai  tempi  del  Lullo,  correvano  tre  diverse  credenze 
fra  gli  ebrei.  Importa  riferirle:  1»  Alcuni  non  credevano  punto  alla  risurrezione  del  corpo; 
fi  tenevano  che  la  sola  anima  sopravvivesse  o  in  paradiso  o  nell'  inferno.  2»  Altri  ammet- 
tevano la  risurrezione  alla  fine  del  mondo;  e  dopo  questa  risurrezione  regnerebbe  nel 
mondo  la  pace  e  la  sola  religione  giudaica  :  gli  uomini  continuerebbero  a  maritarsi,  a  man- 
giare, a  bere  ecc.,  ma  senza  peccar  mai:  ma  dopo  un  dato  tempo,  lungo,  tutti  rimorreb- 
bero, e  allora  le  anime  loro  acquisterebbero  la  gloria  del  paradiso.  3*  Secondo  altri, 
dopo  la  risurrezione  i  buoni  possederebbero  la  gloria  eterna,  e  i  malvagi  subirebbero  una 
pena,  ma  questa  temporanea,  salvo  alcuni  pochi  tra  questi,  indegni  affatto  di  ottener  mai 
perdono.  —  Ma,  checché  ne  sia  della  risurrezione,  che  al  savio  ebreo  disserente  poco  o 
nulla  importa,  importa  a  lui  invece  la  venuta  d' un  Messia  qualanque  ;  e,  al  Saraceno  che  ne 
lo  rimbrottò  scandalizzato,  l' ebreo  risponde  cosi  :  «  Noi  ebrei,  cotanto  desideriamo  di  ricupe- 
rare la  nostra  libertà  e  di  veder  arrivare  finalmente  il  Messia,  che  quasi  disprezziamo 
la  vita  futura;  e  ciò  soprattutto,  perchè  noi  siamo  sforzati  di  vivere  tra  nazioni  che  ci 
tengono  come  schiavi  e  alle  quali  annualmente  dobbiamo  sborsare  yravi  tributi  ».  Poi 
1'  ebreo  nota  un  altre  ostacolo  che  impedisce  agli  ebrei  di  occuparsi  troppo  della  vita  fu- 
tura: quest'ostacolo  è  il  Talmud;  scienza  che  richiede  lungo  e  minuto  studio,  e  che 
istrada  i  suoi  discepoli  sul  cammino  della  vita  presente  per  ottenere  abbondanti  beni  di 
questo  mondo. 

Dopo  r  ebreo,  entra  il  cristiano  che  espone  e  prova  per  ordine  il  suo  credo.  —  E  dopo 
questi,  r  ex-incrednlo  o  il  pagano  domanda  la  parola  pel  Saraceno  o  maomettano,  cui  gen- 
tilmente è  conceduta.  Il  zelante  maomettano  espone  la  sua  fede  in  dodici  articoli:  l'V'è 
OH  solo  Dio;  3*  creatore;  3°  Maometto  è  suo  profeta;  4"  l'Alcorano  è  la  leg^e  datagli 


SECOLO  xin.  377 


da  Dio;  5»  1'  angelo  di  Dio  domanderà  all'  uomo  morto  e  sepolto  nella  tomba,  se  Maometto  111 
è  il  profeta  di  Dio  ;  6'  tutto  è  mortale  fuorché  Dio  ;  7°  la  risurrezione  ;  8»  Maometto  sarà 
esaudito  nel  dì  del  giudizio;  9"  e  renderà  lui  pure  conto  a  Dio  nel  di  del  giudizio;  IO"  i 
meriti  e  le  colpe  saranno  pesate;  11»  si  passa  per  una  via;  12»  per  la  quale  si  giunge  o  al 
paradiso  o  all'  inferno.  —  Tutti  questi  articoli  sono  esposti  dal  Lullo  per  bocca  del  mao- 
mettano con  quella  precisione  che  egli  ricavò,  senza  dubbio,  e  dai  libri  arabi  e  dalla  bocca 
del  popolo  e  dei  dottori  maomettani.  I  suoi  biografi  e  gli  orientalisti  notano  la  fedeltà  delle 
tradizioni  maomettane  tramandateci  dal  Lullo  cui  erano  certamente  assai  famigliari.  D' al- 
tronde, il  Lullo  che  prendeva  a  confutare  con  la  semplice  ragione  il  maomettismo  in  iscritto, 
in  pubblico  e  in  privato,  non  era  nomo  da  raccogliere  e  confutar  favole  rigettate  dai  se- 
guaci di  Maometto. 

Or'  ecco  un  saggio  della  teologia  saracena.  —  A  proposito  del  5»  articolo,  nel  quale 
si  dice  che  1'  angelo  di  Dio  domanderà  all'  nomo  morto  e  sepolto  nella  tomba,  se  crede  o 
no  al  profeta  Maometto;  alcuni  dei  maomettani  spiegano,  che  Iddio  in  quel  momento  ri- 
manderà r  anima  nel  corpo  ;  altri  invece  dicono  che  1'  anima  v'  è  già  presente,  non  nel 
corpo,  ma  tra  il  corpo  e  il  sudario  ;  e  cosi  potrà  vedere,  udire  e  rispondere  all'  angelo  in- 
terrogante. —  Prima  del  finale  giudizio  ogni  vivente  morrà:  e  dopo  40  giorni  pioverà  dal 
cielo  un'  acqua  bianca,  e  cosi  cresceranno  e  cresceranno  come  le  erbe,  gli  nomini,  le  bestie, 
i  volatili  ad  ogni  genere  di  creatura  che  per  natura  ha  vita.  Un  angelo-serafino  darà  fiato 
alla  tromba,  e  allora  subito  i  popoli  risorgeranno  e  scuoteranno  la  terra  dalle  loro  chiome. 
Cadrà  fuoco  dal  cielo  ;  l' ardore  del  sole  sarà  eccessivo  ;  e  i  popoli  pel  gran  caldo  giace- 
ranno sulla  terra,  essa  pure  scottante.  Suderanno  gli  uomini  dal  capo  ai  piedi,  e  per 
l'affanno  avran  la  lingua  fuori  della  bocca;  e  questo  giorno  sembrerà  loro  lungo  mill'anni. 
E  in  questo  di,  di  della  risurrezione.  Dio  riunirà  tutte  le  genti  in  un  solluogo;  ed  elleno 
soffriranno  enormemente  per  la  spossatezza  cagionata  dal  calore  e  dal  sudore  eccessivo  che 
r  inonderà  ;  poiché  alcuni  saran  allagati  nel  sudore  sino  alle  calcagna,  altri  sino  alle  gi- 
nocchia, altri  sino  al  collo,  altri  sino  agli  occhi,  ed  altri  saran  tanto  inondati  dal  sudore 
com'  una  giarra  piena  colma  d' acqua  :  e  ciò,  in  proporzione  de'  peccati  di  ognuno.  In  questo 
stato  di  pena  e  di  sudore,  gli  uomini  s'  accorderanno  tutti  per  ricorrere  al  padre  Adamo 
ond'  egli  preghi  Iddio  di  liberarli  da  cotanta  angoscia,  ed  ottenga  che  ai  giusti  doni  il  pa- 
radiso e  ai  malvagi  l' inferno.  Adamo  però,  non  osa  porsi  intercessore,  conscio  della  sua 
antica  disobbedienza  a  Dio,  e  li  rimanda  a  Noè.  Ma  Koè  si  dichiara  indegno  di  presen- 
tarsi a  Dio,  perchè  nel  dì  del  diluvio  avea  egli  abbandonato  il  suo  popolo  alla  furia  delle 
acque.  Da  Noè  ricorrono  ad  Abramo  ;  ma  il  santo  patriarca  si  ricusa,  sovvenendosi  di  aver 
mentito  due  volte  :  la  prima,  quando  disse  a  suo  padre  di  non  aver  egli  frantumati  gì'  idoli, 
ma  che  gì'  idoli  si  scavezzarono  da  sé  stessi;  e  la  seconda,  quando  cedette  la  propria  moglie, 
dicendola  sua  sorella.  Abramo  dà  quindi  loro  il  consiglio  di  rivolgersi  a  Mosè.  Ma  Mosè 
pure,  non  meno  degli  altri,  si  dichiara  indegno  d' intercedere,  perchè  ei  uccise  un  uomo,  e 
aveva  dato  1'  ordine  di  uccidere  gli  adoratori  del  vitello  d'  oro.  Egli  quindi  li  indirizza  a 
Gesù  ;  ma  Gresù  si  scuserà  dicendo,  perchè  fu  senza  permissione  di  Dio  che  le  nazioni  lo  ado- 
rarono e  credettero  in  lui  come  in  un  Dio  supremo,  e  li  rimanderà...  a  Maometto.  Mao- 
metto, in  cotesto  modo  interpellato,  risponderà  che  ben  volentieri  pregherà  per  loro:  e 
tosto  inginocchiatosi  dinanzi  al  trono  di  Dio,  egli  intercederà.  Nel  mentre  egli  in  questa 
posizione  starà  pregando,  una  voce  divina  s' udirà  pel  cielo,  echegggiante  :  «  Mcwmetto  ! 
non  è  questo  il  giorno  per  far  orazioni  e  suppliche  ;  ma  chiedi,  e  ti  sarà  concesso  :  le 
tue  petieioni  saranno  esaudite  * .  Allora  Maometto  domanderà  a  Dio  che  i  popoli  rendan 
conto  delle  loro  opere;  e  così  sarà. 


378  BIBLIOTECA 


111  Similmente,  le  bestie  e  gli  uccelli  o  volatili  dovran  risorgere  per  esser  giudicati.  —  Ma 

e  perchè  (domanda  qui  il  pagano),  se  gli  animali  son  destinati  a  perire  del  tutto  !  Perchè 
(risponde  il  Saraceno)  i  peccatori  desidereranno  di  esser  annientati  come  le  bestie,  e  s' adi- 
reranno e  soffriranno  per  dover  sopravvivere.  Del  resto,  questo  giudizio  che  subiranno  gli 
uomini  e  le  bestie,  giudizio  che  al  pagano  sembra  interminabile,  non  richiederà  più  tempo 
di  quello  che  si  richiede  per  cuocer  un  uovo,  risponde  il  teologo  maomettano. 

^el  paradiso,  come  lo  descrive  il  maomettano,  si  potrà  conversare  coi  parenti  e  amici 
su  ogni  genere  di  argomento  :  sulle  opere  fatte  nel  secolo,  sulla  gloria  e  beni  posseduti  ecc. 
Dire  ed  ascoltare  simili  cose,  sarà  una  dolce  consolazione  per  ognuno.  Nel  paradiso  vi 
saran  de'  fiumi  di  acqua,  di  vino,  di  latte,  di  butirro  e  d' olio  ;  alberi  carichi  di  frutta, 
belle  indumenta,  giovani  e  belle  donne  che  si  conserveranno  eternamente  belle  e  vergini 
(Domìcellas  pulcherrimas  virgines)  le  quali  serviranno  ai  piaceri  dei  beati... 

Dopo  averci  descritto  questo  sensuale  paradiso,  il  maomettano  soggiunge:  «Vi  sono 
però  tra  noi  alcuni  che  si  &nno  una  diversa  idea  della  felicità  del  paradiso  :  eglino  la  in- 
tendono questa  felicità  moralmente  e  spiritualmente,  dicendo  che  Maometto  parlò  in  modo 
figurato  alle  nazioni  prive  d' intelligenza  e  di  pudicizia  ;  e  per  attrarle  così  all'  amor  di  Dio, 
dipinse  in  tal  fatta  il  paradiso  :  e  dicono  che  l' uomo  nel  paradiso  non  mangerà,  né  avrà 
de'  piaceri  carnali.  Questi  tali  che  hanno  una  simile  dottrina,  sono  de'  filosofi  indigeni  e 
dell'  alto  clero,  i  quali  non  osservano  a  tutto  punto  la  nostra  legge  ;  e  quindi  noi  li  te> 
niamo  come  eretici:  essi  caddero  in  simili  eresie  studiando  la  logica  e  le  scienze  della 
natura  (audiendo  logicam  et  naturas);  ed  è  perciò  che  si  è  decretato  fra  noi  di  non  tener 
più  lezioni  pubbliche  sulla  logica  e  sulla  natura».  (Littré  p.  90-100). 

7)  —  Liber  de  Spìritu  Scmcto  [centra  Graeoos].  —  (Edito  in  Opera  omnia  t.  II). 
—  Qui  pure,  come  al  solito  in  simili  libri,  Eaimondo  preferisce  la  forma  di  dialogo.  Un  greco 
e  un  latino  discutono  sulla  processione  dello  Spirito  Santo,  assistiti  da  una  nobile  matrona 
di  nome  Intelligenza,  la  quale  espone  loro  dieci  fiori  o  questioni  che  decidono  in  favore  del 
domma  cattolico.  —  Nel  mentre  quelli  discutono,  sopraggiunge  un  Saraceno,  il  quale,  spinto 
dal  desiderio  di  ricevere  il  s.  battesimo,  si  era  recato  a  Costantinopoli.  Ma  là,  avendo 
udito  disputare  un  greco  e  un  latino  sopra  articoli  della  loro  fede,  fu  colto  da  dubbi,  e 
lasciata  C.poli  prese  la  volta  per  Boma,  nella  speranza  di  trovar  colà  la  verità;  e  in 
questo  viaggio  si  fu  che  egli  s' incontra  di  nuovo  con  un  altro  greco  e  latino  che  dispu- 
tano sugli  stessi  argomenti.  La  discussione  continua  lui  presente,  anzi  ne  prende  parte. 

Di  notevole  per  la  storia  del  clero  greco  di  quei  tempi,  troviamo  (al  cap.  7"  sul  merito) 
questo  raziocinio  che  esce  dalla  bocca  del  greco:  H  clero  greco  (ei  dice)  non  è  ne  tanto 
onorato  ne  tanto  potente  come  il  clero  latino;  per  conseguenza,  quando  imo  de' greci 
entra  nel  chiericato,  egli  ha  maggior  merito  avanti  a  Dio  che  non  il  latino.  Or,  chi 
ha  maggior  merito,  più  si  accosta  alla  verità  ;  dunque  i  greci  sono  nella  verità  e  i  latini 
neir  errore.  Qui  il  Lullo  fe  entrare  il  Saraceno  che  risponde  in  sostanza  al  greco  così  : 
Se  quel  che  tu  dici  è  vero,  allora  gli  ebrei,  che  subiscono  la  schiavitù  tra  i  Cristiani  e 
Saraceni,  avrebbero  in  proporzione  maggior  merito  e  sarebbero  nella  verità:  e  sì  pari- 
menti dovretnmo  dir  lo  stesso  de'  Hossaimiti  e  degli  eretici  che  subiscono  i  tormenti  per 
una  falsa  credenza.  —  Su  questo  tono  si  svolge  e  finisce  il  dialogo  de'  due  sapienti,  che, 
congedatisi  dal  Saraceno,  lo  lasciano  a  meditare  chi  dei  due  abbia  la  verità  (Littré 
p.  100-3). 

8)  —  Liber  Tartari  et  COoristiani  seu  Liber  super  psalmum  Quioumque.  — 
(Edito  in  t.  IV  della  Opera  omnia).  —  Varii  Mss.:  1  a  Parigi,  4  a  Monaco,  3  a  Venezia, 
e  uno  a  S.  Isidoro  di  Itoma.  Libro  non  conosciuto  dal  Sollerio  (Ada  SS.  p.  709)  che  lo 


SECOLO  xm.  379 


suppose  un  libro  de  tartaro  o  dell'  inferno.  Lo  Sbaralea  (Suppl.  p.  629),  che  gli  dà  il  titolo 
Tractattis  de  conversione  et  baptismo  cuiusdam  Tartari,  lo  dice  esistere  in  S.  Isidoro  «cmw 
libro  super  sywòolum  Quicumque  » ,  quando  i  due  titoli  non  indicano  che  un  libro  solo. 

Questo  pure  è  in  forma  di  dialogo.  —  Un  Tartaro,  considerata  la  vanità  delle  cose 
di  questo  mondo,  va  in  cerca  delle  eterne  e  di  una  religione  vera.  Recatosi  da  un  ebreo, 
questi  non  riesce  a  convertirlo;  anzi  il  Tartaro  lo  confonde.  Va  poi  da  un  dottore  Saraceno, 
che  neppur  lo  soddisfa  con  le  sue  favole.  Il  Saraceno  cercò  di  convertirlo  anche  con  questa 
ragione  (che  oggi  pure  udiamo  dalla  bocca  de'  maomettani)  :  «  Senti,  o  Tartaro,  la  nostra 
legge  è  scritta  nel  più  bel  linguaggio;  non  v'è  nel  mondo  intero  una  simile  beltà  di 
dicitura;  il  che  è  prova  die  la  nostra  legge  vien  da  Dio:  imperocché,  tutti  gli  uomini 
uniti  insieme,  non  riuscirebbero  ne  a  trovare  né  a  dettare  opera  più  bella  di  questa  » . 
Il  Tartaro  lo  saluta,  e  va  a  trovare  un  povero  eremita,  nomo  santo,  ma  non  dotto.  H  pio 
eremita  espone  con  semplicità  al  Tartaro  gli  articoli  della  fede  cristiana;  e  questi  ne  resta 
stupito,  ammirato,  tanto  gli  parvero  belli!  Ma  il  Tartaro  vuole  delle  spiegazioni  e  delle 
ragioni;  e  l'eremita,  che  per  filosofia  aveva  la  fede,  si  contenta  di  rispondergli:  </o  t' as- 
sicuro, che  la  cosa  è  così;  ma  delle  ragioni  non  te  le  so  dare  ».  Il  buon  Tartaro  ne  è 
scoraggito,  e  si  dispone  a  ritornare  al  suo  paese.  Ma  l' indomani  entra  in  chiesa,  e  trova 
r  eremita  celebrante  la  s.  Messa.  Nel  momento  dell'  elevazione,  il  Tartaro,  con  ingenuità 
puerile  gli  domanda,  che  cosa  stia  facendo.  L' eremita,  all'  inatesa  domanda,  non  risponde 
verbo.  Ma  finita  la  Messa,  il  sant'  uomo  gli  dice  :  «  È  riostro  costume  di  non  parlare,  né 
di  far  attenzione  agli  discorsi  degli  altri,  quando  celebriamo  il  saerifigio  del  corpo  di 
Cristo  :  ed  era  il  corpo  di  Cristo,  quello  che  tu  hai  veduto  nelle  mie  mani.  —  La  tua 
legge  mi  aveva  molto  sorpreso  (risponde  il  Tartaro)  ;  ma  oggi  mi  sorprende  all'  eccesso, 
poiché  tu  mi  dici  che  quel  pane  che  hai  mangiato,  com'  io  f  ho  veduto,  è  un  Dio  e 
uomo!  Evidentemente,  che  la  tua  fede  vai  nulla!  —  Disingannati  (gli  grida  l' eremita)  la 
mia  fede  è  vera!  né  r'è  altra  fede  vera  fuor  della  cattolica;  ma  io  non  te  ne  so  dare 
le  ragioni.  Va  a  trovare  Blanquerano,  che  egli  ti  darà  le  ragioni  che  tu  domandi  * . 

Blanquerano,  che  faceva  penitenza  de' suoi  peccati  là  in  un  deserto  vicino,  stava  re- 
citando il  salmo  0  simbolo  Quicumque  vult  salvus  esse,  quando  il  Tartaro  venne  a  tro- 
varlo. Blanquerano  (alias  Raimondo),  udite  le  domande  del  Tartaro,  esclama:  *  Ahimè! 
perché  non  v'ha  molti  uomini  dotti  e  coraggiosi  che  amin  Dio  cotanto,  da  recarsi  a 
predicarlo  per  l'universo  tutto,  e  annunziare  alle  genti  la  verità  »!  Intanto  Blanquerano 
dà  a  leggere  al  Tartaro  il  simbolo  Quicumque.  E  letto  che  l'ebbe,  il  Tartaro  dice  al 
sant'uomo  così:  «  Tutto  ciò  ch'io  trovo  qui  son  cose  suppositizie,  e  paionmi  impossibili  ; 
che  se  tu  quindi  mi  proverai  esser  vera  questa  tua  fede,  io  mi  farò  cristiano  ».  Blan- 
querano si  mette  all'opera  santa;  e  col  sistema  logico,  esposto  nella  sua  Arte  generale, 
spiega  e  prova  al  Tartaro  le  bellezze  e  sublimità  della  sua  fede,  e  lo  converte. 

Dopo  questa  conquista,  vera  o  imaginaria  che  sia,  il  nostro  Raimondo  fa  fare  nn 
viaggio  al  Tartaro  convertito  sino  a  Roma,  perchè  colà  riceva  il  battesimo  dalle  mani  del 
Papa  e  gli  dica  a  voce  quel  che  sente  l'animo  suo  vinto  dall'amore  d'un   Dio  umanato. 

Il  Tartaro  arriva  a  Roma,  e  il  Papa  lo  accetta  amorevolmente,  e  lo  battezza.  Inter- 
rogato che  nome  volesse  imporsi,  risponde  :  «  Io  vo'  chiamarmi  Largo  (Largus)  » .  Ter- 
minata la  cerimonia,  il  Papa  gli  domanda  il  motivo  di  un  tal  nome.  Largo  risponde: 
e  Santo  Padre,  V  avarizia  accresce  ognor  più  le  sue  forze  nel  mondo,  ed  io  mi  son  pro- 
posto di  affrontarla  con  tutte  le  mie  forze.  Di  più  :  Dio  fu  sì  largo  di  sé  con  V  uomo,  che, 
fattosi  uomo  egli  stesso,  morì  per  noi.  E  a  colui  die  si  sforza  di  amarlo  teneramente, 
caìcando  la  retta  via,  Dio  gli  si  dona  interamente.  Per  conseguenza,  mi  son  deciso  di 


380  BIBLIOTECA 


111    chiamarmi  con  questo  nome;  e  mi  san  proposto  di   votarmi   alla   morte,  per  amor  di 
Colui  che  per  me  fece  altrettanto  » . 

Dopo  alcnni  giorni,  Largo  indirizzò  al  Papa  una  petizione  o  supplica,  nella  qoale  gli 
esponeva:  che  gl'infedeli  si  fanno  nna  falsa  idea  della  religione  cristiana;  ma  che  se  loro 
si  rettificassero  le  idee,  e  se  venissero  a  sapere  quel  che  veramente  noi  crediamo,  molti 
abbandonerebbero  i  loro  errori  e  riconoscerebbero  Gesù  Cristo.  Lo  supplica  quindi  di  far 
tradurre  in  diverse  lingue  e  difondere  da  per  tutto  il  libro  che  gli  rimetto,  e  che  ha  per 
titolo  :  Quicumque  vult  salvus  esse.  E  aggiunge  :  «  Di  più,  io  son  pronto  di  recarmi  pressò 
i  Tartari,  e  Vi  prego  di  destinare  Vostre  lettere  per  il  loro  re;  io  sarò  il  Vostro  fe- 
dele messaggero,  e  V  avvocato  della  verità  della  fede  » .  La  petizione  è  accettata  ;  e  quando 
si  sta  per  emanare  le  lettere  pel  re  Tartaro,  Largo  insiste  che  il  nome  di  Gesù  Cristo 
sia  scritto  in  capo  della  lettera.  I  Saraceni  (diceva  egli)  premettono  in  cima  di  tutti  i 
loro  scritti  il  nome  di  Maometto,  che  fu  il  peggiore  degli  uomini  ;  e  con  quanta  più  ra- 
gione non  dobbiamo  noi  cristiani,  premettere  il  nome  del  nostro  Signore  che  fu,  è,  e  sarà 
eternamente  il  migliore  di  tutti  gli  uomini  ?  —  Largo  finalmente  s' incammina  per  l' Oriente 
per  predicare  ai  suoi  fratelli  la  fede  cattolica.  —  Quand'  egli  parti,  uno  degli  assistenti 
del  Papa  esprime  il  suo  vivo  desiderio  che  il  Santo  Padre  inviasse  molti  di  simili  apostoli 
per  tutta  quanta  la  terra,  che  ne  risulterebbe  un  gran  bene  alla  Chiesa  di  Dio  e  la  con- 
versione degl'infedeli.  Un  altro,  che  non  condivideva  le  idee  del  primo,  espresse  invece  il 
desiderio  che  il  Papa  eleggesse  nn  principe  potente  cui  si  dessero  facoltà  e  mezzi  per  com- 
battere constantemente  e  senza  tregua  le  nazioni  infedeli,  fino  al  loro  totale  sterminio, 
e  fino  a  che  nessuno  vi  resti  che  si  opponga  al  trionfo  della  fede  cattolica.  —  Quale  di 
questi  due  progetti  o  consigli  era  il  migliore?  L'ano  e  l'altro  sono  o  no  necessari?  Bai- 
mondo  proposta  così  la  questione,  ne  lascia  la  soluzione  al  Papa,  dal  quale  l' attenderà  il 
popolo  cristiano  per  onore  di  Colui  che  è  il  Dio  uno  e  trino  (Littró  p.  144-48). 

9)  —  Liber  de  Trinitate  et  Inoamatìone  in  arabico  et  latino  (inedito).  —  È 
notevole  l' incipit  di  questo  libro  :  Istum  librum  transttUit  in  vulgari  Raymundus  de  libro 
quem  composuit  in  arabico.  Raimondo  scrisse  questo  libro,  come  alcuni  altri,  prima  in 
arabo,  che  poi  egli  stesso  tradusse  o  fé'  tradurre  in  latino  in  civitate  Majoricae,  in  mense 
septembri,  anno  1302.  A  noi  non  pervenne  il  testo  arabo,  e  si  ha  il  testo  latino  inedito 
in  un  cod.  di  Monaco  n.  10596  ff.  47  (Littré  p.  321). 

10)  —  Disputatio  fldelis  et  infldelis  —  (Edito  in  t.  IV  Opera  omnia).  —  Il  libro 
è  indirizzato  ai  Maestri  dell'Università  di  Parigi,  e  in  esso  Raimondo  si  prende  il  titolo 
di  Procuratore  degV  Infedeli.  Chiede  egli  a  quei  savii,  che  orano  come  la  luce  al  mondo, 
di  assecondarlo  nel  progetto  della  conversione  degl'infedeli,  e  di  procurare  l'invio  nelle 
terre  d'Oriente  di  nomini  dotti,  caritatevoli  e  capaci  di  difendere  la  fede  e  d'illuminare  i 
filosofi  loro.  —  Espone  quindi  un  lungo  trattato  tra  un  cattolico  ed  un  infedele,  cui  spiega 
in  otto  articoli  o  questioni  tutta  la  fede  cristiana,  e  scioglie  le  obiezioni  che  gli  fa  l'av- 
versario. —  L' opera  è  stata  scritta  dal  Lullo  dopo  uno  de'  suoi  viaggi  in  Oriente  (quindi 
dopo  il  1291,  primo  suo  viaggio  in  Tunisi),  poiché  ivi  dice  ai  professori  dell'.  Università  : 
€  Vi  piaccia  sentire  le  false  argomentazioni  che  gl'infedéli  sogliono  obiettarci  contro; 
io,  che  per  lungo  tempo  questionai  con  loro,  ne  riporterò  alcune  per  utilità  in  questo 
mio  libro  » .  Il  Littré  (p.  148-52)  lo  analizza  alquanto,  ma  si  trattiene  più  del  necessario 
a  farci  vedere  la  debole  logica  che  usava  nel  medio  evo  la  filosofia  cristiana  per  provare 
agi'  incredali  l' esistenza  d' un  Dio. 

11)  —  Disputatio  adei  et  intelleotue  [contra  Saracenos].  —  (Edita  in  t.  IV  Opera 
omnia).  —  Operetta  te  minata  da  Raimondo  a  Montpellier  nell'  ottobre  del  1303.  —  In- 


SECOLO  xm.  381 


sisie,  come  in  tatto  le  sue  simili  opere,  sulla  conversione  specialmente  dei  Saraceni,  che  111 
vuole  convinti  se  non  convertiti  per  la  forza  della  ragione.  Racconta,  e  il  fatto  è  vero, 
che  un  certo  principe  Saraceno,  abile  filosofo,  disputava  un  giorno  con  un  cristiano;  e 
questi  gli  provò  assai  bene  la  falsità  della  fede  maomettana.  Allora  il  principe  lo  invitò 
a  provargli  le  verità  della  fede  cristiana,  perchè  voleva  farsi  cristiano  con  tutto  il  suo 
popolo.  Ma  il  cristiano  gli  rispose,  che  la  sublimità  della  sua  fede  non  poteva  provarsi 
con  ragioni  umane.  Alla  quale  risposta,  il  principe  gli  disse:  Tu  m'hai  fatto  male  assai! 
Io  ero  saraceno,  e  d'ora  non  son  più  né  saraceno,  né  cristiano!  Ciò  detto,  cacciò  oltrag- 
giosamente il  cristiano  dai  suoi  stati. 

In  questo  libro  il  Lullo  lamenta  la  perdita  di  tanti  popoli  che  giaciono  nelle  tenebre 
dell'errore  maomettano;  ricorda  i  Greci,  Giacchiti,  Nestoriani,  Valachi  e  Russi,  ma  stra- 
ziati dallo  scisma  o  dall'  eresia  ;  piange  sulla  Terra  Santa  in  potere  degl'  infedeli,  e  lamenta 
che  ancora  non  si  sono  fondati  i  Collegi  per  lo  studio  delle  lingue  straniere  ;  e  poi  con- 
chiude, che  scriverà  un  libro  in  proposito,  quale  presenterà  al  Papa,  ai  Cardinali,  ai  maestri 
in  teologia,  alle  Università  di  Montpellier,  Tolosa,  Parigi,  Napoli,  e  ad  altre,  perchè  i  suoi 
progetti  vengano  discussi  e  patrocinati  (Littré  p.  158-62). 

12)  —  Liber  ad  probanduzn  aliquos  articulos  Fidei  per  syllogisticas  rationes 
[centra  Infideles  et  Saracenos].  —  Inedito.  —  Principia:  Quoniam  infideles  ad  fidem  cogi 
non  possunt  per  S.  Scripturae  et  sanctorum  auctoritates . . .  Termina  :  Est  autem  iste 
liber  perfectus  in  civitate  Januensi,  in  mense  fébruarii,  an.  incarn.  Dom.  1303  (nuovo 
stile  1304).  —  Mss.  Naz.  di  Parigi  n.  6443  C  (f.  48),  n.  15385;  Monaco  n.  10497  (ff. 
151-57),  n.  10594  (ff.  281-301).  —  Il  Littré  (p.  326)  lo  dice  breve  trattato,  tutto  com- 
posto di  sillogismi,  e  perciò  di  lettura  noiosa. 

13)  —  Liber  de  convenientia  Fidei  et  intelleotus  in  obieoto  [prò  conversione 
Infldelium]  in  Montepessulano  1304.  —  (Edito  in  t.  IV  Opera  omnia).  —  In  altri 
termini,  ma  Con  fecondità  inesauribile,  il  Lullo  riprende  la  sua  tesi  preferita,  la  necessità 
cioè  di  provare  1'  accordo  che  v'  è  tra  la  fede  e  la  ragione  umana  ;  e  questo  libro  pure  fu 
da  esso  compilato  allo  scopo  della  conversione  d^^gl'  infedeli. 

Qui  pure  ripete  il  racconto,  accennato  più  sopra  nel  preced.  libro  Disputatio  fidei, 
di  quel  cristiano  cioè,  il  quale  non  potendo  provare  la  credibilità  della  fede  cristiana,  fu 
dal  principe  maomettano  cacciato  dai  suoi  stati;  qui  però  aggiunge,  che  il  cristiano  era 
un  religioso,  e  che  il  principe  era  quello  di  Tunisi  chiamato  Miramons  :  e  che  egli  vide 
e  conversò  col  detto  religioso  e  con  i  suoi  confratelli.  —  In  questo  libro  egli  si  preoccupa 
assai,  de'  tre  imperatori  Tartari  :  del  Gran  Kan  della  Cina  (1),  di  Carbenda  imperatore  della 
Persia  (2),  e  di  Cotay  sovrano  del  Nord  (3).  Carbenda  già  si  era  fatto  maomettano;  e  se  gli 


(1)  Timur  detto  Ching-Tsong  (1294-1307  f)  succeduto  a  Kublay  Kan  morto  nel  1294. 

(2)  Carbenda,  da  Abulfeda  detto  Khorbanda,  e  dai  Persiani  Gayathoddin  Khodabandeh, 
è  il  Kan  Oldjaitu,  fratello  e  successore  di  Casaan  Kan  (f  1304).  Egli,  dai  suo  padre  Abaka 
Kan  fu  fatto  battezzare,  e  perseverò  cristiano  fino  alla  morte  dì  sua  madre  Umk  cristiana. 
Dichiaratosi  poi  maomettano,  perseguitò  duramente  i  cristiani.  Molti  posero  in  dubbio  il  suo 
battesimo,  né  vollero  prestar  fede  allo  storico  Aitone  armeno  (e.  45)  e  ai  cronisti  del  medio 
evo;  oggi  però  ne  abbiamo  una  prova  di  più  in  certe  monete  di  Abaka,  di  Caasan  e  di 
Oldjaitu,  coniate  colla  croce  e  coi  tre  nomi  della  SS.  Trinità.  —  Cfr.  Journal  Atiatique 
mai-juin  1896,  e  altri  autoix  ap.  Tournebìze  Hist.  polii,  et  reUg.  de  V  Armenie  in  Remte  de 
V  Orient  Chrétìen  an.  1905  p.  370,  e  p.  374  in  nota.  Vedi  sopra  al  n.  99  p.  336  s. 

(3)  Cotay,  è  certamente  l'imperatore  Toctai  dì  Marco  Polo  (cfr.  Lazari  /  viaggi  di 
M.  P<^  e.  43  e  p.  420)  nome  che  nei  vari  codd.  è  scritto  Toiai  e  Tocchai;  ma  più  corno- 


382  BIBLIOTECA 


altri  dae  lo  imiteranno,  che  nd  sarà  della  Cristianità?  Alla  presenza  di  questi  pericoli, 
Baimondo  si  dichiara  avanti  a  Dio  e  agli  nomini  di  a?er  fatto  tatto  il  sao  possibile  per 
iscongiararli  ;  e  che  al  di  del  giudizio  mostrerà  a  dito  qne'  cai  aveva  egli  invano  pregato, 
scongiarato,  e  provato  i  mezzi  come  si  poteva  propagare  il  regno  di  Dio  salla  terra.  — 
A  chi  allude  qui  il  Lullo,  se  non  ai  monarchi  cattolici,  ai  dottori  delle  Università  e  a 
Bonifacio  Vili  i  quali  o  non  gli  dettero  retta  o  lo  lusingarono  con  sole  belle  promesse? 
—  L'  opuscolo  fu  compilato  più  probabilmente  a  Montpellier  nel  1304,  sebbene  altri  rasa. 
portino  la  data  di  marzo  1308.  (Littré  p.  168-70). 

14)  —  làber  de  Fine,  hoc  est  De  ezpugnatione  Terrae  Sanotae.  —  Incipit: 
Com  mundus  in  malo  statu  diu  permanserit.  —  Dividitur  in  tres  Distìnctiones.  — 
Eaeplicit:  et  sic  de  S.  Spiritu  habeant  timorem,  sicut  dixi.  —  Finivit  Baymnndus 
Librum  de  Fine  in  Monte  Pessulano  ad  landem  et  honorem  S.  Spiritns  mense  aprilis 
Anno  MCGCV.  Cosi  dal  Catal.  librorum  LuUi,  datoci  dal  Salzinger  in  Opera  omnia  1. 1 
p.  13  n.  103. 

n  Littré  (p.  337),  che  gli  consacra  appena  poche  linee,  lo  dice  inedito,  e  di  non  co- 
noscere alcun  esemplare  ms.  nella  Nazionale  dì  Parigi,  e  cita  soltanto  il  cod.  di  Monaco 
n.  10543,  che  secondo  il  catalogo  di  quella  biblioteca,  occuperebbe  i  foli.  127-49  del  detto 
cod.  scritto  nel  sec.  XV.  Inedito  lo  dicono  anche  il  Kunstmann  e  il  Magnoca vallo  (1);  ma 
lo  Sbaralea  (2)  che  Io  ricorda  trovarsi  anche  in  un  e  ms.  in  4  Hispali*,  ce  lo  dice  però 
impresso  «  Majoricae  anno  1665  apud  Michaelem  Mogam  *  :  edizione  questa,  che  non 
abbiamo  potato  riscontrare  nei  più  comuni  bibliografi.  Erra  però  lo  Sbaralea  dicendoci  che 
il  libro  fu  inviato  al  re  di  Francia,  quando  invece  il  Lullo  ci  dice  averlo  egli  presentato 
a  Giacomo  II  d' Aragona,  il  quale  poi  lo  presentò  a  Clemente  Y  testé  eletto  e  ambo  con- 
venuti a  Montpellier  nell'  ott.  1305. 

Il  Pasqual  ne  diede  un  breve  cenno  (3),  e  prima  di  lui  il  Waddingo  ne  mdicò  il  vero 
concetto  del  libro  «  in  quo,  laborum  suorum  declarata  intentione,  ostendit  (Lullus)  guibus 
modis,  mediis  et  viis  Hierosolymitanum  iter  et  bellum  confici  posset  (4)  » .  Ma,  tra  i  re- 
centi scrittori,  il  primo  e  il  solo  crediamo  sia  il  citato  Kunstmann,  quegli  che  pubblicò  un 
sunto  con  alcuni  brani  di  questo  assai  importante  libro,  usando  il  ricordato  cod.  di  Monaco 


Demente  è  conosciuto  dagli  storici  col  nome  di  Tokhtagu  o  Togtagu  Kan  il  quale  regnò  sino 
al  1313  sulla  Tartaria  settentrionale  (Kapeiak  =  Kipjak),  detta  anche  Tartaria  occidentale. 
I  suoi  domini  si  estendevano  dai  confini  dèlia  Russia  lungo  il  Nord  del  Mar  Nero,  del  Caspio, 
ecc.  fino  alla  Mongolia  o  Tartaria  orientale.  Tokhtagu  mori  e  fa  sepolto  a  Sarai  capitale 
de'  Kan  del  Eapciat,  fondata  nel  1266  da  Baràka  Kan  sulle  rive  dell'  Actuba  affluente  del 
Volga,  —  Sarai  fii  distrutta  da  Tamerlano  [nel  1394]  e  le  sue  rovine  servirono  nel  sec.  XVII 
a  fortificare  la  vicina  Astrakan  sul  Caspio  (Cfr.  Desboroug  Cooley  Hiaioire  gén.  dea  Voyage», 
ed.  firanc.  di  Parigi  1840, 1. 1  p.  312).  —  A  Tokhtagu  succedette  il  suo  figlio,  il  famoso  Uabeh 
Kan  (e.  1813-42  f)  qu^li  che  ebbe  tante  relazioni  coi  Papi  e  Missionari,  e  che  fii  il  primo 
ad  abbracciare  e  introdurre  il  maometismo  nei  suoi  stati.  Cfir.  Storia  univeraale  aci'itta  da 
una  compagnia  di  letterati  Ingleai.  —  Parte  moderna.  —  Voi.  V  lib.  5,  e.  1  ;  voL  VI  lib.  10 
sez.  1  passim  (ediz.  ital.  di  Amsterdam  1773-74  s.). 

(1)  Kunstmann  Studien  iiber  Maria  Sanudo  (in  Abhandl.  der  hiat.  Claaae  der  Wiaaenack. 
VII,  III  p.  721-24)  ap.  Arturo  Magnocavallo  Marin  Sanudo  U  Vecchio  e  il  auo  progetto  di 
Crociata,  Bergamo  1901,  p.  45. 

(2)  Supplem.  ad  Script,  p.  629. 

(3)  Vindiciae  LuUianae  t.  I  p.  248. 

(4)  Annal.  sab  an.  1315  n.  3,  t.  VI  p.  230. 


SECOLO  xra.  383 


n.  10543,  per  illustrare  l'opera  e  il  progetto  del  celebre  Marin  Sanuto  il  vecchio  (1).  Il    111 
sunto  del  Konstmann  servi  poi  egregiamente  al  dotto  Delaville  Le  Konlx  (2),  al  ricordato 
prof.  Magnocavallo,  e  a  quanti  altri  si  occuparono  recentemente  dei  progetti  di  crociate 
presentati  dai  nostri  fr.  Fidenzio  di  Padova  e  Baimondo  Lullo,  e  dal  Marin  Sanato  e 
da  Pierre  du  Bois. 

H  titolo  che  gli  abbiamo  dato,  colla  specifica  De  eoipugnatione  Terrae  Sanctae,  è 
quello  datogli  dallo  stesso  Lullo  che  cosi  lo  ricorda  nel  suo  libro  De  dìsputatione  Bay- 
mundi  et  Homerii  Saraceni:  «  In  Monte  Pessnlano  Kegi  Aragoniae  [Giacomo  II]  praesen- 
tavi  librum  a  me  compositnm  De  Fine,  hoc  est  de  Ea^ugnatione  Terrae  Sanctae;  quem 
ipse  rex  continuo,  me  praesente,  ad  Bomanum  Pontificem  mittens,  regna  sua  et  seipsum 
illi  ad  debellandos  Saracenos  obtulit  (3)  ». 

Non  avendo  potuto  consultare  il  Eunstmann,  ci  serviamo  del  sunto  che  ne  dà  il 
citato  Magnocavallo.  —  Nel  trattato  De  fme,  il  Lullo  offre  ì  mezzi  per  rovinare  definiti- 
vamente la  potenza  musulmana.  Consiglia  1°)  di  affidare  il  comando  della  crociata  ad  uno 
de'  principi  cristiani,  scelto  per  consenso  comune  :  il  quale  nomini  subito  un  ammiraglio  a 
capo  di  una  considerevole  flotta,  indispensabile  per  £are  osservare  il  divieto  pontificio  di 
commerciare  col  nemico,  e  per  danneggiargli  il  commercio.  2*)  Il  principe  dovrebbe  prima 
invadere  l' Andalusia  per  terra  e  per  mare,  indi  dirigere  V  armata  verso  l' Africa  (4),  e 
più  precisamente  a  Tunisi.  3*)  Da  11  sarà  facile  la  conquista  dell'  Egitto  e  della  Terra 
Santa.  4°)  Sconsiglia  la  conquista  dell'  isola  e  que  Baycet  (5)  appellatur  que  est  prope 
Alexandriam  situata  »,  poiché  deviando,  la  via  verrebbe  ad  esser  «nimis  longa».  5")  Do- 
manda un'  assoluta  proibizione  ai  cristiani  di  commerciare  colla  Siria  e  coli'  Egitto,  e  pene 
gravissime  per  chi  non  la  osservasse.  G**)  L'ammiraglio  che  deve  sorvegliare  il  mare:  «habeat 
unam  navem  valde  magnam,  et  galleas  quattuor,  et  capiat  nnam  insulam  que  vocatur  Rodiis, 
in  qua  est  bonus  portus  sicut  vidi  (6)  et  aliam  etiam  que  dicitur  esse  Mauta(7)».  Due  anni 
dopo  (1307)  Rodi  era  occupata  dai  Cavalieri  !  Più  tardi  (1309),  vedremo  il  Lullo  nel  suo 
Liber  de  acquisitione  T.  S.  ripetere  le  idee  esposte  in  questo  De  fine,  ma  colla  giunta  della 
cooperazione  di  un  altro  esercito,  che  movendo  da  Costantinopoli  conquisti  la  Siria  e  l' Egitto. 

15)  —  Disputatio  Raymtindi  Lulli  et  Homerii  Saraceni,  primo  habita  Inter 
eoB  in  \irbe  Bugriae  sermone  arabico  [an.  1306J  postea  translata  in  latinum  ab 
eodem  Lidio,  Pisis  in  monasterio  S.  Dominici  anno  1308  (8).  —  Edito  con  altri 
opuscoli  del  Lullo  prima  Valentiae  per  Ioan.  Gofredum  1510,  e  poi  nel  t.  IV  delle  Opera 


(1)  Vedi  la  nota  precedente.  Dal  Delaville  Le  Roulx  ricaviamo  esistere  anche  un'  ediz. 
a  parte  dello  studio  del  Kunstmann,  cosi  citato  :  Studien  iiber  Marino  Sanudo  den  Aelteren, 
Miinchen  1855;  da  noi  non  potuta  vedere  ancora! 

(2)  La  France  en  Orient  au  XIV  aiécle,  Paris  1885-86,  due  voi.  in  8». 

(3)  Brano  in  Acta  SS.  cit.  p.  677  n.  16. 

(4)  Il  capitano  dell'  esercito,  conquistata  l' Andalusia,  e  ad  maiorem  Barbariam  poterit 
ultra  ire...usque  Tunicium,  sicut  dixi,...  et  tunc  posset  cum  Saracenis  facere  guerram  pla- 
nam,  et  sic  bellator  rex  posset  ad  sanctam  terram  Jerusalem  devenire,  et  totum  regnum 
EgTpti  adquirere  ». 

(5)  Rosetta,  vicina  ad  Alessandria,  situata  sul  Delta  del  Nilo  che  perciò  fa  detta  isola. 

(6)  Fa  dunque  il  Lullo  anche  a  Rodi,  particolarità  non  notata  dai  suoi  biografi. 

(7)  Magnocavallo  op.  ciL  p.  44-46.  —  Il  Magnocavallo  non  ci  dice  quale  isola  sia  questa 
Manta,  che  noi  crediamo  sia  Malta  importantissima  per  la  sua  posizione  strategica. 

(8)  Titolo  dagli  Acta  SS.  cit.  p.  703  n.  228,  e  dal  Wadd.  Scriptores  p.  205,  ed.  2».  — 
Il  Littré  (p.  158)  lo  dice  scritto  in  Pisa  nel  monastero  di  S.  Domnino,  e  uelV  aprile  del  1308. 


384  BIBLIOTECA 


111  omnia  del  Salzinger.  —  La  disputa  ebbe  realmente  luogo  tra  un  certo  dottore  maomettano 
di  nome  Homer  e  il  Lullo  allora  in  carcere  (1306)  a  Bugia  dell'  Africa  (1).  Ivi  egli  stesso 
racconta  come  fu  maltrattato  e  chiuso  in  carcere  per  aver  in  pubblica  piazza  predicata  la 
fede  cristiana,  com'ebbe  la  disputa  con  Homer,  la  confutazione  che  stese  in  lingua  araba 
delle  ragioni  di  questo,  il  suo  esìlio,  il  naufragio  e  l' arrivo  al  porto  di  Pisa  (gen.  1307).  Quivi 
stese  in  latino  tutta  la  discussione  che  ebbe  col  saraceno,  e  la  inviò  al  Papa  e  ai  cardinali 
perchè  vedessero  le  ragioni  che  sogliono  portare  i  maomettani  in  conferma  della  loro  fede. 
Questo  in  sostanza  è  il  fine  del  libro,  ov'  egli  passo  passo  confuta  le  stolidezze  maomettane. 
Di  notevole  abbiamo  in  esso:  —  1)  Un  serio  lamento  di  Lullo  por  la  defezione  di 
molti  cristiani,  i  quali,  ingannati  dall'astuzia  e  dalla  mollezza  della  legge  maomettana, 
rinegano  la  fede  e  si  fanno  saraceni  ;  «  così,  per  un  saraceno  che  si  fa  cristiano,  vi  sono 
dieci  cristiani  che  si  fanno  saraceni.  E  noi  ne  abbiamo  (dice)  l'esperienza  nel  regno  d'Egitto, 
ove  dicesi  che  la  terza  parte  delle  milizie  del  Soldano  eran  prima  cristiani.  Vi  sono  tre 
imperatori  dei  Tartari.  B  principale  si  chiama  il  Gran  Kan,  e  questi  possiede  la  terra 
del  prete  Gianni  (2);  e  al  di  là,  verso  le  regioni  più  orientali,  non  si  conosce  altro  padrone 
fuorché  lui.  L'altro  imperatore  è  verso  le  regioni  settentrionali,  e  chiamasi  Cotay  ;  i  sa- 
raceni si  son  fiitti  suoi  segretari  e  occupano  gli  offici  dello  stato,  e  cosi  propagano  la  loro 
fede.  Il  terzo  imperatore  è  quello  della  Persia  che  stende  i  suoi  dominii  sino  all'India: 
egli  si  chiama  Carbenda  (3)  ;  lui  e  tutti  1  suoi  soldati  si  son  fatti  saraceni,  e  ciò  al  tempo 
di  Cassati  suo  fratello.  Perciò  non  sarebbe  prudente  che  il  re  di  Francia,  o  altri  che  sia, 
sbarchi  in  Siria,  perchè  vicina  alla  Persia  ;  poiché  Carbenda  e  il  Soldano  marcerebbero  presto 
contro  i  cristiani.  Dicesi,  che  non  sono  trascorsi  più  di  settantanni  da  che  i  Tartari  vennero 
dai  monti  ;  eppure  questi  tre  imperatori  posseggono  dei  terrii.^i  più  estesi  del  doppio  che 
non  i  monarchi  cristiani  e  saraceni.  Dicesi  inoltre,  che  i  Nestoriani-e  i  Giacobiti,  che  odiano 
i  latini,  cominciano  a  predicare  e  a  convertire  i  Tartari  ».  —  2)  Per  iscongiurare  un  cosi 
grave  pericolo  che  sovrasta  a  tutta  quanta  la  Cristianità,  il  Lullo  inculca  nuova- 
mente il  suo  triplice  progetto:  1*  La  fondazione  perpetua  di  quattro  o  cinque  conventi, 
ove  de' religiosi  e  secolari,  dotti  e  votati  di  morire  per  Iddio,  possano  ammaestrarsi  nelle 
lingue  degV  infedeli,  e  indi  recarsi  per  tutto  il  mondo  a  predicarvi  il  Vangelo.  2'  Di  tutti 
gli  Ordini  religiosi  militari,  cioè  dei  cavalieri  Templari,  Ospedalieri,  Teutonici,  di  Calatrava 
e  del  S.  Sepolcro,  si  faccia  un  Ordine  solo  dandogli  un  nome  particolare  :  il  quale  Ordine 
dovrebbe  stanziare  continuamente  sui  confini  degV  infedeli  :  occupare  Granada,  scendere  indi 


(1)  Il  Lnllo  in  Bugìa  di  Africa  <  stetit  per  dimidium  anni  carceratus  ibidem  >.  (Vita 
e.  4  n.  32).  Esiliato  dal  principe  Africano  [circa  gen.  1307],  arriva  lo  stesso  anno  a  Pisa, 
ove  terminò  la  sua  Arte  generale.  Ivi  <  Communitatem  civitatis  Pisanae  volens  etiam  ad 
Christi  servitinm  incitare,  proposuit  eorum  Consilio,  bonam  fore,  ut  in  eodem  constituerentor 
ordine  Milites  cbristiani,  ad  hoc  scilicet  ordinati,  ut  propter  recuperandam  Terram  Sanctam, 
continuum  praelium  ezhiberent  perfidis  Saracenis.  Cuius  grato  eloquio,  gratoque  monito  con- 
descendentes,  litteras  summo  Pontifici  et  Cardinalibus  super  huiusmodi  salutari  negotio  con- 
scripserunt.  His  vero  litteris  impetratis  in  civitate  Pisana  [1307],  lanuam  iter  arripuit: 
consìmiles  litteras  impetravi t.  Ubi  [1308]  ad  eum  devotae  matronae  atqne  viduae  plurimae 
concurrentes,  aliique  civitatis  einsdem  nobiles,  promiserunt  ei  trigriuta  millia  florenorum 
in  auxìlium  Terrae  Sanctae».  {Vita  e.  4  n.  32,  34). 

(2)  Cioè  l'India;  e  da  questo  passo  vediamo  che  il  nostro  Lullo  aveva  una  precisa 
conoscenza  dove  regnava  il  cosi  detto  presbyter  Joannes,  personaggio  cotanto  confuso  da 
molti  dei  suoi  contemporanei. 

(3)  Vedi  le  tre  note  a  p.  381. 


SEC50L0  xin.  385 


in  Barheria,  e  impossessarsi  finalmente  della  Terra  Santa,  senza  invader  tosto  la  Siria.    Ili 
3»  Il  Papa  e  i  cardinali  assegnino  per  la  Crociata,  fino  alla  conquista  della  Terra  Santa, 
tutte  quelle  decime  che  la  Chiosa  ha  cedute  ai  re  cristiani  per  tutelarne  l'onore,  ma  che 
dai  re  sono  sperperate  in  cose  mondane:  e  ciò  è  un  gran  male.  E  Baimondo  conchiude: 

«  Et  his  tribus  ordinamentis  fortassis  mundus  posset  redirc  in  bonum  statum,  ut  lar- 
gius  locuti  sumus  in  libro,  quem  supra  diximus  de  Fine,  et  quem  praesentayjmus  regi 
Aragoniae  [lacobo  II];  et  ipse  statim  illum  misit  ad  dominum  Papam  [Clem.  V],  qui 
nunc  ipsum  habet,  quando  in  Monte  Pessuìano,  me  praesente,  obtulit  totum  suum  regnum, 
suam  personam,  suam  militiam  et  thesaurum,  ad  pugnandum  contra  Sarracenos,  omni  tem- 
pore, quo  placeret  domino  Papae  et  dominis  Cardinalibus.  Ego  sum  de  hoc  certissimus, 
quia  tunc  temporis  praesens  eram(l)». 

16)  —  liiber  de  acquisitione  Terrae  Sanctae.  —  Ms.  inedito.  ■ —  Incipit:  Ad 
acquirendam  Terram  Sanctam  tria  maxime  requiruntur:  sapientia,  potestas  et  caritas.  (È 
diviso  in  tres  Distinctiones.  In  questo  son  citati:  alius  Uber  de  acquisitione  Terrae 
Sanctae,  qui  fuit praeseniatus  Domino  Papae  Clementi  V,  che  è  quello  del  1305  de  Fine; 
il  Liber  Gentilis,  e  la  Disputatio  Raymundi  Christiani  et  Homar  Saraceni).  ExpUcit: 
Et  si  in  aliquo  erravi,  peto  veniam  ;  nam  confiteor,  me  non  scienter  erravisse  :  etìam  prae- 
sentatus  Clementi  V.  Finitus  est  in  Monte  Pessuìano  in  mense  Martio  anno  MCCCIX.  In- 
carna tionis  nostri  Domini  Jesu  Christi.  —  Cosi  il  Catalogus  librorum  B.  Raym.  Lutti 
premesso  all'Opera  omnia  (Mognntiao  1721)  tom.  I  p.  6  n.  1.  — Altri  Mss.  noti  sono: 
quello  di  Monaco  n.  10565,  sec.  XVII,  che  occupa  otto  foli,  del  codice.  Due  codd.  del  sec. 
XIV  nella  Nazion.  di  Parigi,  lat.  n.  15450  (al  fol.  544)  e  n.  17827  (al  fol.  342),  citati  dal 
Littró  (p.  343).  —  Un  altro  cod.  è  ricordato  cosi  dal  nostro  P.  Ant,  a  S.  Joanne  {Bibl. 
univ.  frane.  HI.  51):  «  Liber  de  acquisitione  Terrae  Sanctae,  ex  indicibus  Proaze  et  Mi- 
noritarum;  incipit:  Ad  acquirendum.  Vidi  in  bibliotheca  Hispalensis  Ecclesiae». 

Ecco  in  sostanza  il  contenuto  di  questo  importante  libro,  così  compendiatoci  dal  Littrè, 
e  che  meriterebbe  di  esser  pubblicato  :  —  I  cristiani,  per  le  molte  navi  che  hanno,  sono  più 
potenti  in  mare  che  non  i  Saraceni;  la  guerra  dunque  che  si  vuole  iniziare,  dev'esser 
soprattutto  marittima.  Quando  saremo  padroni  del  mare,  allora  si  sbarchino  sulle  coste 
del  nemico  semplici  battaglioni  volanti,  i  quali  si  limitino  al  saccheggio  e  alla  devastazione 
de' luoghi  e  delle  città.  H  grosso  della  spedizione  parta  da  Costantinopoli,  collo  scopo  di 
scender  in  Siria  e  devastarla.  Devastata  la  Siria,  l'Egitto  non  tarderà  di  sottomettersi. 
A  questo  piano,  che  egli  espone  nella  prima  parte  del  libro,  aggiunge  che  sarà  bene,  in 
pari  tempo,  di  fare  un  attacco  in  Occidente  occupando  Granada  e  Ceuta.  —  Nella  seconda 
parte  del  libro,  tratta  della  conversione  de'  saraceni,  giudei,  eretici,  greci  scismatici  e  tar- 
tari: cosa  al  suo  zelo  &cilissima,  purché  si  usino  i  mezzi  da  lui  suggeriti  le  mille  volte. 
E  principalmente,  la  fondazione  di  almeno  tre  collegi,  a  Boma,  a  Parigi  e  a  Toledo,  ove 
i  missionari  prima  imparino  le  lingue  orientali.  —  Nella  terza  parte  il  Lullo  cerca  di 
confutare  le  ragioni  che  uomini  senza  fede  e  senza  zelo  propagano  ingannando  i  principi, 
ai  quali  fisin  credere  che  la  conversione  degl'infedeli  o£fra  serie  difficoltà. 

(1)  Cfip.  Acta  SS.  cit.  p.  647  n.  70,  et  p.  702  n.  203.  --  Littré  op.  cit.  p.  152-58,  ove 
ci  dà  un  santo  della  dommattca  e  logica  del  saraceno  Homar.  Quest'  ultimo  passo  latino  del 
Lullo,  punto  oscuro,  è  stravolto  nel  senso  dal  Littré  (p.  155),  che  perciò  non  seppe  spiegarsi 
chi  sia  costui  che  ha  offerto  e  il  regno  e  la  vita  al  Papa  per  combattere  i  Saraceni.  —  Nel- 
r  altra  operetta  lAber  clerieorum  scritta  dal  Lullo  a  Pisa,  magg.  1308,  nel  convento  di  S.  Do- 
menico (Littré  p.  255:  San-Donnino!),  e  inviata  all'Università  di  Parigi,  egli  ripete  e  •in- 
culca gli  stesai  tre  progetti.  Impresso  a  Parigi  nel  1499. 

Smiot.  -  Tom.  I.  26 


386  BIBLIOTECA 


111  17)  —  Supplioatio  s.  Theolosriae  professorìbus  ac  bacoalaureia  studiiPari- 

siensis.  Parisius  an.  1310.  —  (Edito  in  t.  IV  Opera  omnia).  —  In  questo  libro,  scritto 
a  Parigi  nel  1310,  e  presentato  ai  dottori  di  quella  Università,  il  Lullo  dice  :  «  Io  conosco 
la  lingua  araba,  so  disputare  con  gl'infedeli,  e  mi  propongo  di  ritornare  da  loro  per  ri- 
trarli  dall'errore  e  condurli  sulla  via  della  verità.  Perciò,  mettetemi  in  iscritto  quelle  ra- 
gioni che  vi  sembreranno  le  più  convincenti  per  la  fede  cattolica.  Oppure  approvate  e  ret- 
tificate queste  ch'io  vi  presento  in  questo  libro,  perchè  io  possa  con  maggior  sicurtà  in- 
traprenderne la  discussione  ».  Espone  quindi  in  40  sillogismi  i  dommì  della  Trinità  e 
Incarnazione,  dommi  non  mai  potuti  comprendere  da  una  mente  maomettana.  —  Non 
sappiamo  che  cosa  gli  abbiano  risposto  gì' interpellati. 

18)  —  Liber  Natalia,  seu  De  natali  pueri  parvtili  Christi  Jesu  (=  Tractatus 
de  reouperanda  Terra  Sanota).  —  Edito  con  aliri  tre  libri  (De  laudibus  B.  Virginis, 
Clericus  Baymundi  e  Thantasticus  Raymundi)  a  Parigi  1499,  in  folio,  per  Guiot  Le  Mar- 
chand  (per  Goidonem  Mercatorem)  ediz.  oggi  rarissima.  —  H  Littré  (p.  237-40,  Qfr.  ib. 
p.  41-42)  scorgendovi  una  notabile  differenza  nella  citata  edizione  del  Guiot,  svolge  il  suo 
studio  sul  prezioso  e  unico  cod.  posseduto  dalla  Nazionale  di  Parigi  che  è  il  lat  n.  3323, 
e,  secondo  luì,  l'originale  e  forse  l'autografo  che  il  Lullo  stesso  dedicò  e  presentò  a 
Filippo  il  Bello.  E  dalla  breve  descrizione  che  di  esso  cod.  ci  fa  il  Littré,  non  v'è  ra- 
gione crediamo  di  dubitarne.  —  H  cod.  è  memb.  in  4°  di  ff.  25,  scritti  in  caratteri  spa- 
gnoli. Nel  fol.  2,  che  è  veramente  il  primo,  vi  si  legge:  Deus,  cum  tua  grada  ìncipit 
liber  natalis  pueri  parvuli  Christi  Jesu.  Segue  una  miniatura  finissima:  il  re  Filippo  sul 
suo  trono  riceve  dalle  mani  dell'autore  l'omaggio  del  volume.  L'autore,  ornato  d'una 
bella  barba  bianca,  è  coperto  da  un  mantello  nero  decorato  sulla  spalla  sinistra  con  una 
croce  rossa.  Alla  miniatura  segue  la  Epistola  ad  magnificum  regem  Franciae.  Glorio- 
sissimo et  sincerissima  cantate  venerando  domino  Philippo  illustrissimo,  magnifico  Dei 
graiia  Francorwm  regi.  —  Puer  nobis  datus  parvulus,  quem  invenire  cupimus...  E 
finisce  con  questa  curiosa  chiusa  :  lAber  ^te  fuit  in  nocte  Natalis  conc^tus,  et  fuit  facius 
et  finiius  Parisius  ad  honorem  Dei,  mense  januarii,  anno-  W  CCC  decimo  [=  nuovo 
stile:  gen.  1311]  incarnatioms  D.  N.  J.  C.  —  Haec  est  visio  quam  ego  Baymundus 
Barba  floridus  vidi  Parisius,  non  est  diu,  quam  scribere  volui  ad  utilitatem  christiani 
populi  et  ad  honorem  nati  pueri  J.  C.  qui  regnai  cum  Patre  et  Sancto  Spiritu  wnus 
Deus.  —  Non  v'  è  dubbio  (soggiunge  il  Littré)  che  il  ms.  della  Nazionale  di  Parigi  sia 
l'esemplare  stesso  che  il  Lullo  offri  al  re.  La  bellezza  della  miniatura,  la  cura  che  il  minia- 
tore vi  mise  nel  disegnare  con  perfezione  la  gran  barba  bianca  dell'  autore,  la  finezza  della 
pergamena,  la  regolarità  del  carattere,  e  tutto  il  ms.  in  complesso  ce  lo  conferma  (1). 

Sotto  la  figura  di  una  visione,  il  Lullo  tesse  un  dialogo  fra  le  più  elette  virtù,  personifi- 
cate in  sei  nobili  dame,  le  quali  alternativamente  cantano  i  meriti  di  Gesù  Cristo  ecc.  Quindi 


(1)  Nel  catal<^o  della  Bibl.  di  Monaco  che  possiede  un  enorme  numero  di  mss.  del  Lullo, 
non  troviamo  registrato  questo  de  Natali.  Il  Salzioger  ci  descrive  un  altro  cod.  cosi  :  e  Liber 
de  Natali  parvuli  Pueri  Jesu.  —  Incipit:  Da,  Domine,  in  te  credentibus  affectum.  Continet 
trigìnta  ceto  capita.  EsepUcit:  Cui  cum  Patre  et  Sp.  Sancto  est  aequalis  honor  et  gloria  in 
saecuia  saecuiorum.  —  Fecit  Raymundus  hunc  librum  Parisiis,  et  complevit  illum  in  nocte 
Natalis  Domini  anno  ab  Incarnatione  Parvuli  nati  MCCCX  > .  —  Catal.  Ubrorum  B.  Bay. 
IaiIU  ne\Y  Opera  omnia,  Moguntiae  172;',  tom.  I  p.  16  n.  143.  — -  C£r.  Wadding  Scriptores 
Ord.  Min.  (ed.  1806  p.  203).  —  Sbaralea  Supplem.  p.  628.  —  Acta  SS.  oit.  p.  700  n.  131. 
—  Il  RShricht  {Bibl.  geogr.  Palaest.  p.  75)  confuse  il  cod.  Parigino  3323,  eon  due  altri 
della  stessa  biblioteca  che  contengono  l' altro  libro  De  acquiaUione  T.  S.,  già  sopra  descritto. 


SECOLO  xm.  387 


alle  stesse  dame  pone  in  bocca  la  difesa  de'  snoi  tre  noti  progetti,  facendole  parlare  al  111 
re  in  nome  della  Vergine  e  di  Gesii  bambino  :  1")  La  estirpazione  de'  libri  e  della  dottrina 
di  Averroe  dalla  Università  di  Parigi,  «  taliter,  quod  nullus  de  cetero  auderet  allegare, 
l^ere  vel  audire,  quia  mnltos  errores  turpissimos  continent  centra  fidem,  et,  quod  est  de- 
terins  et  periculosius,  dictos  errores  frequenter  generant  in  pluribus  et  diversis,  et  est 
turpe  et  dedecus  dicere  christianis  quod  fides  est  magis  improbabilis  quam  probabilis  vel 
apparens,  quod  dicunt  et  asserunt  Averroym  haereticum  imitantes  ».  2")  Espone  il  ripetuto 
progetto  della  fondazione  dei  collegi  per  le  lingue  orientali  ;  e  3")  la  fusione  de'  varii  Ordini 
militari  in  uno  per  la  conquista  della  Terra  Santa  (1). 

L'Hauróau  (p.  42),  notando  il  vero  successo  ottenuto  da  Raimondo  in  Parigi,  si  limita 
in  fine  a  constatare  semplicemente  le  «  frappantes  ressemblances  »  che  egli  vi  scorge  tra 
queste  idee  espresse  dal  Lullo  nel  libro  De  natali  e  quelle  identiche  esposte  dal  francese 
Pietro  Du  Bois  nel  suo  De  recuperatione  Terrae  Sanctae  presentato  allo  stesso  re  Filippo 
nel  1306.  E  poiché  il  Lullo  non  poteva  non  conoscere  questo  legista  e  avvocato  del  re,  che 
scriveva»  quattro  anni  prima  di  lui,  e'  insinua  che  il  Lullo  segui  le  idee  del  Du  Bois,  il  quale 
pare  consigliava  la  guerra,  la  fondazione  di  collegi  orientali  e  la  fusione  degli  Ordini  mili- 
tari. L'Hauréau  quindi  ci  rimanda  allo  studio  e  confronto  che  ne  fece  il  Renan  nel  t.  XXVI 
dell'  Histoire  lUtér.  de  la  France.  Ma  senza  ricorrere  al  Renan,  l' Hauréau  poteva  citare  sé 
stesso  (pp.  11,  13-23,  107)  e  ricordarsi  che  l'idea  de' collegi  e  la  fusione  degli  Ordini  militari 
era  un'  idea  se  non  del  tutto  nuova,  certo  propugnata  e  propagata  dallo  spagnolo  Lullo,  per 
lo  meno  trent'  anni  prima  che  il  francese  Du  Bois  se  la  facesse  sua,  o  gliela  attribuissero 
altri.  Tutti  i  progetti  di  Crociata:  del  Minorità  fr.  Fidenzio  di  Padova  (e.  1280),  di  Carlo  II 
di  Sicilia  (e.  1291),  del  gran  maestro  de' Templari  Giacomo  de  Molay  (e.  1306),  del  monaco 
Aitone  (1307)  e  di  Marin  Sanuto  (1309),  son  tutti  posteriori  ai  tre  progetti  del  Lullo  che 
datano  per  lo  meno  dal  1275,  epoca  della  fondazione  del  collegio  arabo  di  Miramar.  Anche 
la  proposta  dell'  unione  degli  Ordini  militari,  sebbene  vagheggiata  già  da  Luigi  IX  e  discussa 
poi  dal  Concilio  di  Lione  nel  1274,  essa  non  ebbe  allora  tanta  influenza  né  tanti  patroci- 
natori, quanti  n'ebbe  dopo  il  Lullo  che  incessantemente  la  inculcò  in  quasi  tutte  le  sue 
opere  riguardanti  l'Oriente.  Nulla  quindi  troviamo  di  sostanzialmente  nuovo  nei  suddetti 
progetti,  che  non  sia  già  stato  varii  anni  prima  discusso  e  inculcato  dal  Lullo.  In  quanto 
poi  al  Du  Bois,  non  comprendiamo  come  il  suo  libro  sia  stato  con  tanta  preferenza  stu- 
diato, non  contenendo  esso  che  una  meschina  ripetizione  delle  idee  Lulliane  ;  e  per  giunta, 
manca  in  lui  quel  carattere  militare-strategico  che  troviamo  esposto  in  tutti  gli  altri  pro- 
getti. L'avvocato  e  legista  del  re  Filippo,  in  questo  solo  si  distingue  dagli  altri,  nell'in- 
tento cioè  di  lusingare  l'amor  proprio  del  suo  monarca,  cui  propone:  1°)  un  nuovo  ordina- 
mento della  Chiesa,  esagerando  con  compiacenza  la  corruzione  del  clero;  2°)  che  i  beni 
ecclesiastici  siano  amministrati  dai  principi  :  giusto  all'  opposto  di  quel  che  suggeriva  il  Lullo 
contro  i  principi  i  quali  sperperavano  il  denaro  che  la  Chiesa  aveva  concesso  loro  per  le 
crociate  (2)  ;  e  3°),  più  da  cortigiano  che  da  politico,  consiglia  al  suo  re  Filippo  di  fondare 


(1)  Contro  la  proposta  della  fusione  de'  vari  Ordini  militari  in  uno,  sorse  con  uno  scritto 
il  gran  Maestro  de'  Templari  Giacomo  di  Molaj  che  non  poteva  non  iscorgervi  le  mire  mal- 
vagie di  Filippo  il  Bello  che  agognava  alle  grandi  ricchezze  del  Tempio  (Cfr.  Histoire  littér. 
cit.  t.  XXVII  p.  381-91).  Sappiamo  poi  come  il  Bello  riusci  nell'  intento  facendo  condannare 
al  rogo  r  infelice  de  Molay  con  altri  suoi  commilitoni.  C&.  Hergenrdther  Storia  univ.  della 
Chiesa  t.  V  p.  18-21. 

(2)  Vedi  sopra  nella  Disputatio  RaymunéU  il  3*  progetto  a  p.  385. 


388  BIBLIOTECA 


111  un  principato  nell'Oriente  in  favore  di  suo  figlio  Filippo  il  Lungo  (1)!  Del  resto,  il  Lullo 
non  si  limitò  di  comporre  soltanto  aridi  progetti  politici;  né  il  suo  merito  sta  principal- 
mente in  questo,  ma  nell'  attività,  costanza,  e  zelo  instancabile  con  cui  li  propagò  e  li  difese 
sino  all'  ultimo,  coronati  alcuni  da  buoni  successi.  Ma  combiniamo  coU'Hauréau  soltanto  quando 
scrive:  «i  Mais  une  vraie  foi,  une  grande  ardeur  cantre  Vincrédulité  inspirent  son  zèle 
(di  Raimondo),  tandis  que  pour  Du  Bois  la  croisade  n'est  qu'un  prétexte:  la  grandeur 
du  roi  de  France  est  son  but  unique  (p.  42)  »  ;  proprio  com'  oggi,  le  but  unique  di  tanti 
storici  è  quello  d' un  cieco  amor  patrio  o  nazionale  a  scapito  della  verità,  e  della  giustizia. 

19)  —  Disputatio  clerici  et  Baymundi  phantastici:  an.  1311.  —  (Edito  con 
altri  libri  da  Guiot  le  Marchant,  Parigi  1499  in  4").  —  Questo  libro  composto  da  Eai- 
jnondo  mentre  si  recava  al  Concilio  di  Vienna,  contiene  un  dialogo  tra  lui  e  un  chierico 
sui  suoi  tre  principali  progetti  :  sulla  fondazione  dei  collegi  orientali,  suU'  unione  de'  Cava- 
lieri e  suir  estirpazione  dell'  Averroismo  dalle  scuole.  Ivi  leggiamo  questa  importante  no- 
tizia autobiografica: 

«  Homo  fui  in  matrimonio  copulatus,  prolem  habui,  competenter  dives,  lascivas  et 
mundanus  ;  omnia  ut  Dei  honorem,  et  bonum  publicum  possem  procurare,  et  sanctam  fidem 
exaltare,  libenter  dimisi,  Arabicum  didici,  pluries  ad  praedicandum  Sarac«nis  exivi,  propter 
fidem  captus  fui,  incarceratus,  verberatus;  quadraginta  quinque  annis  [cioè  dal  1266]  ut 
Ecclesiae  rectores  ad  bonum  publicum,  et  christianos  Principes  movere  possem,  laboravi: 
nunc  senex  sum,  nunc  pauper  sum,  in  eodem  proposito  sum,  in  eodem  usque  ad  mortem 
mansurus,  si  Dominus  ipse  dabit  (2)». 

20)  —  Petitio  Baymundi  in  Ck>ncilio  irenerali  ad  acqoirendam  Terram 
Sanctam  et  morì  prò  fide  Ohristi.  —  Inedita.  —  Il  titolo  lo  abbiamo  dato  dal  cod. 
n.  10565  della  biblioteca  di  Monaco,  che  ne  possiede  un  altro  nel  n.  10580,  col  titolo  Petitio 
in  Coneilio  generali  ad  àcquirendam  Terram  Sanctam  (3).  Altri  due  codd.  nella  Nazion. 
di  Parigi  lat.  n.  15450  (a  fol.  543)  e  n.  17827  (a  fol.  354).  —  Questa  Petitio,  non  più 
lunga  di  sei  o  otto  pagine,  contiene  le  Ordinationes  quas  Baymundus  intendit  praesen- 
tare  in  Concilio  generali  ;  e  sebbene  non  portino  la  data,  furono  scritte  e  presentate  dal 
Lullo  nel  1311  al  Concilio  di  Vienna  in  Francia.  Esse  sono  in  forma  di  tanti  decreti  o 
schemi  di  decreti,  perchè  il  Concilio  li  esamini,  modifichi  e  pubblichi  come  crederà  più 
espediente.  Dal  sunto  che  ne  dà  il  Littré  (p.  340)  ne  vediamo  l'importanza,  e  quali  e 
quanti  erano  i  progetti  di  questo  infaticabile  apostolo.  —  1")  Il  Papa  imponga  la  fonda- 
zione di  tre  collegi  di  lingue  orientali  a  Roma,  Parigi  e  Toledo.  2")  La  riunione  di  tutti 
gli  Ordini  militari  in  uno  :  cui  venga  ordinato  di  occupare  Costantinopoli  e  Ceuta.  3")  Or- 
dinare delle  tasse  per  una  crociata;  e  se  i  principi  ostacolassero  questo  diritto  di  riscuo- 
tere simili  tasse,  siano  scomunicati.  4')  Il  Papa  si  £ac«ia  dare  per  la  crociata  una  parte 
delle  prebende  e  i  beni  di  tutti  i  vescovi  defunti.  5*)  Riformare  il  lusso  in  tutta  la  Chiesa. 
6")  Proibire  l' insegnamento  di  ogni  filosofia  contraria  alla  teologia  cristiana.  7")  Proibire 
agli  usurai  di  poter  fare  qualsiasi  testamento.  8*)  Sostituirò  la  forma  sillogistica  alla  de- 
clamazione oratoria  de'  predicatori,  e  predicare  cosi  ai  giudei  e  Saraceni,  i  quali  vogliono 
piuttosto  intendere  che  credere.  9")  e  10")  Obbligare  i  professori  di  diritto  e  di  medicina 
di  insegnare  queste  due  scienze  secondo  il  metodo  raccomandato  dal  Lullo  nei  due  suoi  libri 
Ars  Juris  e  Ars  Medicinae. 


(1)  Cfr.  Magnocavallo  cit.  e.  2.  —  Delaville  La  France  en  Orient  p.  49  b. 

(2)  Wadding  Annalea  sub  an.  12^3  n.  3,  tom.  V  p.  317. 

(3)  Cfir.  CataZ.  Codd.  latin,  bibl.  regiae  Monaceneia  t.  II  par.  I. 


SECOLO  xm.  B89 


21)  —  De  participatione  Christianorum  et  Sarracenonim  :  Majoricis  mense  111 
jalii  an.  1312.  —  Inedito.  —  Mss.  Nazion.  di  Parigi  n.  17829  (a  fol.  464)  e  a  Monaco 
n.  10495,  e  n.  10594.  —  Il  libro  principia  Baymundiis  veniens  de  Concilio  generali .. . 
In  esso  il  Lullo  applaude  a  due  decisioni  del  Concilio  :  una  concernente  l' insegnamento 
delle  lingue  orientali,  e  1'  altra  che  ingiunge  ai  cavalieri  di  S.  Giovanni  di  proseguire  la 
guerra  contro  i  Saraceni,  guerra  trascurata  per  tanto  tempo  dai  Templari.  Fa  quindi  un 
invito  a  Federico  re  di  Sicilia  perchè  concerti  col  potente  re  di  Tunisi  una  solenne  con- 
ferenza, nella  quale  dottori  d'  ambe  le  parti  possano  discutere  la  propria  fede,  e  ove  (dice) 
la  cattolica  per  certo  dovrà  trionfare  (Littré  p.  343). 

Ai  fin  qui  compendiati  libri  del  Lullo  potremmo  aggiungere  l' analisi  anche  di  molti 
altri  trattati,  tutti  per  lo  più  di  argomento  dialettico  dommatico  contro  gl'infedeli,  sara- 
ceni, giudei  ed  eretici,  ecc.,  ma  ricordiamo  soltanto  i  seguenti  : 

1"  Il  suo  femoso  romanzo  Blanquerna,  edito,  che  vuoisi  compilato  dal  Lullo  a  Mont- 
pellier nel  1283  e  tradotto  dallo  stesso  in  latino  e  arabo.  —  2*  Il  libro  o  poema  in  vol- 
gare Eh  cent  Noms  de  Deu:  dei  cento  nomi  di  Dio,  contro  il  Corano,  scritto  e  presen- 
tato al  Papa  a  Boma  nel  1285,  edito.  —  3"  Il  Liber  de  articulis  fidei  sacrosanctae  et 
salutiferae  legis  chrisUanae,  scritto  il  23  giugno  1296  a  Eoma  e  presentato  a  Papa  Bo- 
nifacio Vili,  edito.  —  4"  H  Liber  de  Consilio  scritto  a  Montpellier  marz.  1303,  inedito. 
—  h"  Il  Liber  de  demonstratione  per  aequiparantiam  scritto  a  Montpellier  nel  marzo 
del  1304,  edito.  —  6*  Il  Liber  de  quaestione  valde  alta  et  profunda,  scritto  a  Parigi 
nell'ag.  del  1311,  e  inedito.  —  7"  H  Liber  per  quem  poterit  cognosci  quae  lex  sii  magis 
bona,  scritto  Majorìcae  in  febr.  an.  incarn.  1312  (n.  stile:  1313),  contro  i  maomettani  e 
giudei;  inedito.  Oltre  una  quantità  di  simili  libri  contro  Averroe  e  gli  Averroisti. 

Prendiamo  nota  anche  dei  seguenti  tre  libri  Lulliani  della  biblioteca  di  Monaco,  i  cui 
titoli  non  riscontrammo  nel  lavoro  del  Littré  :  —  a)  De  fide  catholica  contra  Sarracenos, 
in  cod.  n.  10497.  —  b)  Quaestio  quae  claruit  palam  Sarracenis  in  Bugia,  nei  codd.  n. 
10564,  e  n.  10575.  —  e)  De  lege  Sarracenorum  et  Mahometi,  in  cod.  n.  10564. 


Dando  termine  al  presente  articolo,  veniamo  a  notizia  d'un' altra  operettr.  del  Lullo, 
sconosciuta  al  Littré  e  ai  Lullisti,  e  pochi  anni  cr  sono  scoperta  proprio  dal  mentovato 
Hauréau  (1),  il  quale,  pur  dicendosi  felice  della  scoperta,  coglie  opportuna  o  l'occasione  e  il 
piacere  di  plaisanter  aggravando  i  suoi  storti  giudizi  contro  il  Lullo  ;  e  ciò  ogni  qualvolta 
la  sorte  lo  ponga  a  fronte  di  qualsiasi  codice  Lulliano!  Per  T  Hauréau,  il  Lullo  è  pur 
sempre  uno  sviato,  un  demente,  e,  se  non  del  tutto,  è  certamente  un  po' matto,  anche 
quand'  ei  ragiona  da  savio  (2)  ! 


(1)  E  dallo  stesso  illustrato  nelle  sue  pregiate  Notices  et  extraits  de  qtielqiies  Mss.  latins 
de  la  Biblioth.  Nationcde,  Paris  (1890-93,  in  6  tomi  in  8»)  in  t.  IV  p.  290-94. 

(2)  Citando  (in  Notices  cit.  II.  16)  VArs  inventiva  veritatis  del  Lnllo:  «  Combien  (esclama) 
il  serait  précieux  s'il  tenait  ce  que  promet  le  titre!  Mais  il  n'y  a  que  dee  égarés  comme 
Raymond  Lull  pour  crier  si  haut  qu'ils  vont  enseigner  l'art  de  trouver  la  vérité  ».  —  E 
poche  pagine  dopo  {ib.  II.  242):  «  Il  est  Constant  que  Raymond  n'avait  pas  l'esprit  très  satn, 
il  est  néanmoins  prouvé  qn'ìl  ne  s'est  jamais  occupé  d'alchimie.  Il  a  mème  assez  dnrement 
qaalifié  cèt  art  ténébreux  et  frivole.  C'est  pourqnoi  sans  doute  les  alchimistes  ont  mis  à  son 
compte  an  moins  quatre-vingt-un  libelles  de  leur  fabrique.  S'ils  Vont  faM  vraiment  pour  se 
venger  de  lui  {e  qni  spicca  la  mentalità  feconda  d' un  savio  critico  !],  c'est  une  vengeance  doni 
le  guceès  a  longtemps  dure*.  —  Poi  ancora  {ib.  in  t.  IV  290-94),  e  precisameote  là  ove  ci 
dà  la  scoperta  deli'  importante  cod.  Lulliano,  incalza  chiamandolo  «  ce  Catalan  bizarre  ef 


390  BIBLIOTECA 


111  La  naora  opera  Lalliana  inedita  ha  per  titolo  Consolatio  Venetorum  et  totius 

gentis  desolatae,  o  ci  è  conservata  nel  cod.  lat.  n.  15145  (a  foli.  206  s)  della  Nazio- 
nale di  Parigi.  —  Il  motivo  che  indusse  il  Lullo  a  scriver  quest'opera,  fu  la  tragica  sorte 
toccata  ai  Veneziani  comandati  dall'ammiraglio  Andrea  Dandolo  nella  celebre  battaglia 
navale  (8  sett.  1298)  combattuta  presso  Curzola  in  Dalmazia  e  vinta  dagli  emuli  Geno- 
vesi guidati  da  Lamba  Doria  ;  ove,  come  si  sa,  combatteva  sulle  navi  venete  anche  il  ce- 
lebre viaggiatore  Marco  Polo  testé  ritornato  dall'Oriente,  cui  la  brutta  sorte  dovè  al- 
lora condurre  prigioniero  nelle  carceri  di  Genova  e  ivi  dettare  a  Eusticiano  di  Pisa  il  suo 
Milione.  Raimondo  che  amava  l'uno  e  l'altro  popolo  delle  due  celebri  Repubbliche,  ove 
contava  molti  amici  ed  ammiratori,  volle  tentare  di  riappatumarli  pel  bene  della  Cristia- 
nità, e  in  pari  tempo  consolare  tanto  i  Veneti  oppressi  da  cotanta  calamità,  com' anche 
qualunque  altro  infelice  colpito  da  qualsiasi  avversa  fortuna,  che  egli  chiama  non  sorte, 
ma  giustizia  e  provvida  misericordia  del  Cielo.  —  Il  Lullo  esordisce  cosi: 

«  In  quodam  prato  juxta  Parisius  (1),  Raymundus  quemdam  Venetum  invenit,  qui 
Petrus  nomine  vocabatur,  qui  fiondo  et  suspirando  quasdam  litteras  legebat  quas  sibi  qui- 
dam frater  suus,  Januae  incarceratus,  transmittebat  ;  in  quibns  litteris  continebatur  qno- 
modo  Januenses  devicerant  Venetos,  et  quomodo  multos  occiderant  et  multos  in  carcere 
detinuerant;  propter  quae  Petrus  in  magna  fuit  desolatione,  quoniam  magnum  dolorem 
habnit  et  tristiam  de  vituperio  et  damno  quae  Veneti  passi  sunt  ;  qui  Fortunam  maledixit, 
quae  ita  fuerat  amica  Januensium  et  inimica  Venetorum. 

«  Cum  Baymundus  desolationem  antedicti  Veneti  andivisset  qui  Fortunam  maledixit, 
consolare  ipsum  voluit  in  virtutibus,  quoniam  virtutes  sunt  instrumenta  cum  quibus  ho- 
mines  irati  et  desolati  possant  consolari,  volens  etiam  ipsum  reprehendere  quia  Fortunam 
maledixit ...  *. 

In  risposta  a  Pietro  che  aveva  imprecato  alla  fortuna,  segue  il  Lullo  a  parlare  a 
tutti  i  cristiani  sfortunati  o  perseguitati,  cercando  di  convincerli  che  non  v'è,  né  vi  può 
essere  una  sorte  cieca,  o  caso,  o  fortuna  avversa,  ma  si  un  Essere  giusto  e  sapientissimo 
che  regge  e  governa  il  tutto.  Male  alcuni  attribuiscono  alle  costellazioni  del  cielo  una 
qualsivoglia  influenza  sui  nostri  destini.  H  bene  o  il  male  che  ci  avviene,  sia  reale  o  no, 
hanno  per  causa  non  altri  che  l' uso  bene  o  male  regolato  del  nostro  libero  arbitrio.  Vuoisi, 


peu  lettre  » ,  ma  «  infatigable  voyageur  ^ .  Quindi,  riassunto  brevemente  il  cod.  Lulliano,  con 
la  solita  plaiaanterie  francese  e  con  gaiezza  frivola  poco  degna  d' uno  storico  serio,  conchiude 
cosi:  cVoilà  bìen  Raymond  Lull,  avec  ses  opinions  particulières,  sa  vanite  naive  et  son 
style  barbare  qu'aucun  faussaire  n'a  jamais  su  bien  imiter.  Mais  ici,  da  moins,  qu'on  le 
remarqne,  son  discours  est  cclui  d'un  sage,  mème  quand  il  s'esprìme  de  manière  à  fairc 
80up9onner  qu'il  est  un  peu  fou.  Or  trop  souvent,  dans  ses  écrits  de  toute  sorte,  théologi- 
ques  ou  philosophiqucs,  la  forme  et  le  fond  se  ressemblent.  Ce  qui  ne  l'a  pas  empéché  d'avoir 
de  nombreux  et  passionnés  partisans.  Ne  les  a-t-il  pas  eus,  dirait  un  pessimiste,  à  cause  de 
cela»?  —  Certi  salì,  certe  facezie  ricreano  assai  sul  palcoscenico  e  in  operette  da  commedia, 
ma  non  sulle  pagine  sacre  alla  Storia;  certe  altre  facezie  poi,  punto  argute,  hanno  per  lo 
meno  il  merito  di  mostrarci  il  valore  di  certe  menti.  —  Per  l'  onore  dell'  Istituto  cui  appar- 
tenne l'Hauréau,  notiamo  che  il  suo  confratello  Paul  Meyer  (nel  Necrolog.  all'Hauréau 
f  29  apr.  1896,  in  Hist.  littér.  t.  XXXII  p.  XIII)  ebbe  a  condannarlo  come  troppo  severo  in 
molti  suoi  giudizi  ingiusti  jusqii'à  l'injustice,  come  quando  I'  Hauréau  troppo  leggermente 
bistrattato  la  memoria  dell'  altro  celebre  Minorità  fr.  Rogero  Bacone.  £  si,  che  gli  uomini 
di  genio  grande  non  andavano  a  genio  dell' Hauréau. 

(1)  Dal  suo  Arbor  philosophiae  amori»  sappiamo  che  il  Lullo  si  trovava  già  dall'  ottobre 
del  1298  a  Parigi. 


SECOLO  xm.  391 


in  ogni  caso,  scorgere  l'intervento  d'una  potenza  superiore  in  tatti  gli  avvenimenti  di  ili 
questo  mondo?  Ebbene,  sì;  ma  questa  potenza  non  è  né  l'Ariete,  né  Marte,  né  Saturno; 
ma  Dio  giusto  e  misericordioso.  —  Dimostrata  tutta  questa  verità,  il  Lullo  rivolgesi  a 
consolare  il  suo  interlocutore.  I  Veneti  (gli  dice),  si  certamente,  furono  vinti  e  crudel- 
mente trattati  dai  vincitori  Genovesi;  ma  non  è  molto  che  i  Veneti  e  i  Pisani  tolsero 
a' Genovesi  la  città  di  Acri  infliggendo  loro  i  più  umilianti  oltraggi:  demolirono  la  loro 
torre,  e  le  pietre  trasportarono  in  trionfo  a  Pisa  e  a  Venezia.  Non  vedremo  qui  forse  la 
giustizia  di  Dio  che  oggi,  per  opera  de' Genovesi,  si  vendica  degli  orgogliosi  devastatori 
d'una  città?  Del  resto,  non  è  da  uom  savio  andar  in  collera  per  le  avversità  che  ci  ac- 
cadono :  bisogna  pur  subirle,  ma  e  con  calma,  con  coraggio,  e  con  la  speranza  che  presto 
abbino  a  finire,  persuadendoci  in  pari  tempo,  poter  noi  stossi  contribuire  assai  a  megliorare 
la  mala  condizione  che  ci  affligge.  —  Ora,  nel  caso  presente,  che  dovrebbero  mai  fare  i 
Veneziani,  se  per  loro  interesse  volessero  prestar  ascolto  ai  consigli  che  loro  inviasse  uno 
straniero  ?  Debbon  essi  (risponde  il  Lullo)  rilegar  tosto  ogni  pensiero  di  rivincita,  ed  ab- 
boccarsi coi  Genovesi  per  conchiuder  con  esso  loro  la  pace  ecc.  —  In  breve.  Pietro,  l' inter- 
locutore e  amico  del  Lullo,  si  dichiara  vinto  e  persuaso  dalle  ragioni  dell'  amico,  cui  assente 
di  prestarsi  pel  bene  della  patria  e  di  adoprarsi  a  ridarle  la  pace  coi  Genovesi.  Il  Lullo  quindi 
persuade  Pietro  di  recarsi  per  questo  nobile  fine  a  Genova,  dandogli  i  seguenti  suggerimenti  : 

«  Multum  placuit  Baymundo  quando  vidit  quod  per  illa  qnae  praedixerat  per  modum  con- 
solationis  Petrus  erèit  consolatns,  gratia  Dei  mediante  a  quo  omnis  consolatio  et  omne  bonnm 
procedit.  Et  dixit  Petro  haec  verba:  «Petre,  in  Janna  est  quidam  nobilis  homo,  qui  est  valde 
bonus  et  discretus,  qui  est  multum  amicus  meus,  et  vocatur  dominus  Percevallus  Spindola; 
est  etiam  de  nobilioribus  hominibus  et  de  nobiliori  genere  qui  sit  Januae,  et  est  amator  boni, 
et  sibi  malum  displicet,  qi  i  minime  fuit  in  captione  Venetorum,  imo  credo  quia  magnani  de 
illis  habet  pietatem.  Unde  tu  ibis  cum  hoc  libro  ad  enm  et  ipsnm  rogabìs  propter  Deum 
suam  bonitatem,  et  propter  meum  amorem,  quod  dil'gat  bonum  Venetorum  et  odiat  malum 
eorum,  cum  ita  sit  quod  bonnm  amari  debeat  et  malum  odiri,  et  quod  ipse  te  juvet  ad  conso- 
landum  Venetos  cum  hoc  libro  et  cum  aliis  libris  quos  habet  de  me,  qui  boni  sunt  ad  conso- 
landum.  Item  dìces  ei  quod  ipse  se  intromittat  quantum  potest  ad  tractandnm  et  faciendnm 
pacem  inter  Januenses  et  Venetos,  qnoniam  circa  aliud  non  posset  melius  laborare  quod  melius 
foret  ad  honorem  Januae.  Et  ipse  est  potcns  in  civitate  Januensi  et  est  homo  discretus  ; 
propter  quod  poterit  et  sciet  paccm  tractare  et  ipsam  ad  fincm  ducere  cum  Dei  adjutorìo». 

<  Petrus  a  Baymundo  lìbrum  accepit,  et  dixit  quod  ipse  iret  Jannam  cum  libro  ad  prae- 
fatum  Percevallum  Spindolam.  Qui  promisit  Baymundo  quod  totum  posse  snum  et  vitam 
suam  poneret  ad  faciendum  pacem  inter  Januenses  et  Venetos,  quoniam  non  posset  scire 
aliud  negotium  circa  quod  melius  posset  laborare,  et  snum  terapus  et  snos  denarios  expen- 
dere.  Et  gratanter  commeatum  accepit  a  Baymundo  et  Deum  laudavit  et  benedixit  qui 
ipsnm  de  carcero  irae  ejecit,  et  qui  sibi  ita  bonum  propositum  rctulit  et  ad  tractandnm 
pacem  generalem  Venetorum  et  Januensium  et  ad  consolandnm  et  rìsrtandum  Venetos  » . 

Si  sa  che  un  anno  dopo  (nel  1299),  Venezia  fa  costretta  a  firmare  la  pace  con  Ge- 
nova e  a  riscattare  i  prigionieri.  E  cosi  il  nostro  Lullo  ebbe  certo  gran  parte  anche  in 
questo  felice  risultato.  —  H  cod.  Parigino  termina  con  questa  chiusa: 

e  Factus  est  iste  tractatns,  qui  est  ad  consolationem  Venetorum,  anno  incarnationis 
dominicae  1298, ...  mensis  decembris,  Parisins,  ad  gloriam  et  honorem  Domini  Dei  nostri; 
et  iste  tractatus  non  tantom  est  bonus  ad  consolandum  Venetos,  imo  bonus  ad  consolandnm 
quemlibet  hominem  qui  desolatus  est  propter  suam  damnum  aut  amicoram  saorum.  Explicit 
Consolatio  Venetorum  ». 


392  BIBLIOTECA 


111  Questi  è  il  Lullo  qoale  ci  è  presentato  dalla  storica  verità,  e  non  da  certi  accade- 
mici por  troppo  ingiastamente  e  ingennamente  parziali.  La  storia  e  lo  storico,  che  han  per 
colto  la  pnra  verità  e  non  quello  della  propria  bandiera,  vedranno  sempre  nel  LuIIq  un 
uomo  ingegnosissimo,  nn  sommo  ingegno  (1),  il  qoale  nella  sua  vita,  nei  saoi  stadi,  nei 
saoi  scritti,  fa  sempre  guidato  da  on  fine  nobilissimo  e  santo. 

Sec.  Xn-Xin.  —  Rituale  et  Ordiuarium  Oanonloorum  S.  Sepulchri  Jero- 
solymitani. 

112  Prezioso  e  forse  unico  cod.  di  questo  genere;  conta  fogli  272,  alcuni  scritti  nel  sec.  XII, 
e  la  massima  parte  nei  primi  del  sec.  XUI;  e  si  conserva  gelosamente  sotto  tre  chiavi 
nel  tesoro  della  chiesa  di  Barletta  nelle  Puglie.  Testé  1'  egregio  palestinografo  C.  Kohler  ci 
diede  una  minuta  descrizione  e  lunghi  brani  di  questo  cod.  nella  Bemie  de  l'Or.  Lat.  (2), 
sotto  il  titolo  di  Un  Rituel  et  un  Brévimre  du  Saint-Sépulcre  de  Jerusalem  (XII'-XIIl^ 
siècle).  Nulla  possiamo  a^iungere  a  quanto  il  dotto  orientalista  dice  suU'  importanza  ca- 
pitale di  questo  monumento  fin  qui  quasi  sconosciuto,  e  con  lui  facciamo  voti  afilnchè  in- 
tegramente questo  bel  tesoro  sia  reso  di  pubblica  ragione.  Notiamo  soltanto,  che  un  identico 
0  per  lo  meno  simile  codice  esisteva  presso  i  francescani  di  Gerusalemme  lungo  i  secoli  XV 
e  XVI,  e  che  servì  loro  di  norma  per  conservare  la  tradizione  di  molte  funzioni  e  cerimonie, 
alcune  tutt'  oggi  ancora  in  uso,  ma  specialmente  ai  tempi  del  P.  Boni&cio  da  £agusa 
(sec.  XVI),  il  quale  senza  dubbio  sa  questo  Rituale  compilò  il  suo  libro  De  perenni  cultu 
Terrae  Sanctae.  H  Suriano  ricorda  due  volte  questo  rituale  che  egli  chiama  «  Ordinario 
de  lo  officio  divino  della  predicta  chiesa  (del  monte  Calvario)  » ,  libro  che  egli  ha  letto  (3)  : 
«  Come  ho  lectó  ne  1'  Ordinario  de  lo  officio  divino,  che  se  faceva  in  questa  chiesa  el 
Sabato  Sancto,  circa  V  bora  de  terza  omni  anno,  visibilmente  descendeva  el  foco  dal  cielo, 
sopra  el  S.  Sepolchro,  et  accendeva  tute  le  lampade,  similiter  lo  cerio  paschale  (4)  ».  Il 
P.  Antonio  de  Aranda,  che  si  trovava  in  Gerusalemme  nel  1530,  ricorda  esso  pure  questo 
Ordinario  :  «  Llamavase  està  yglesia  S.  Maria  de  Monte  Syon  en  tempo  de  Christianos  : 
segun  està  escripto  en  un  libro  que  era  Ordinario  de  las  cerimonias  y  officio  divino, 
por  donde  se  regia  en  aquel  tiempo  la  yglesia  latina,  que  en  estas  partes  estava.  El  qual 
libro  tenemos  aqui  en  este  santo  Sepulchro.  E  digo  esto,  porque  del  comò  de  autor  cierto 
diremos  adelante  algunas  cosas  (5)  ». 

Sec.  XTTT  S.  —  Cipro-Francescana.  —  Memorie  spetteuitl  la  storia  de'  Fran- 
oesoani  di  Terra  Santa  in  Cipro,  dal  sec.  Xm  in  poi. 

113  Già  nella  nostra  Serie  cronologica  de'  Superiori  di  T.  8.  (p.  231-35)  abbiamo  suf- 
ficientemente esposta  la  storia  de  vari  conventi  francescani  di  Cipro  che  datano  la  loro 
fondazione  dai  primordi  della  Provincia  di  Terra  Santa.  Ora  aggiungiamo  qui,  ne  pereant, 

(1)  Hei^enròther  Storia  univ.  della  Chiesa  (4*  eJiiz.  Firenze   1905)  t.  IV  p.  410  e  493. 

(2)  Tom.  Viri  (1901)  pp.  383-500. 

(3)  Trattato  di  Terra  Santa  ed.  Milano  1900  pag.  28. 

(4)  TraU.  cit.  pag.  30.  —  Cfr.  Revue  de  V  Or.  Lat.  Vili.  pag.  420-22,  ove  si  descrJTe 
appunto  quel  che  ci  dice  il  Sariano  sul  preteso  fboco  santo.  —  È  bene  ricordare  come  Gre- 
gorio IX  con  bolla  dei  9  marzo  1238,  interdisse  qaella  cerimonia  che  &7eva  nulla  di  pro- 
digioso (Raynaldi,  Annate»  an.  1238  n.  33.  e  Bev.  cit.  p.  420). 

(5)  Aranda  Verdadera  informaekm  etc.  ed!^.  Alcalà  1563,  in  8*  piee.,  a  foglio  60. 


SECOLO  Xffl.  393 


alcani  dati  storici  raccolti  da  yarie  fonti  snila  storia  de'  FF.  Minori  in  Cipro  dal  XIII  113 
secolo  in  poi,  spigolando  le  memorie  più  antiche  o  in  particolare  la  fonte  storica  che  ci 
lasciò  il  Domenicano  Stefano,  discendente  dei  Lusignano,  nella  rara  e  pregiata  sua  Choro- 
grafia  e  storia  di  Cipro.  Non  potendo  avere  il  testo  francese  (che  si  vuole  più  perfetto 
e  impresso  nel  1580)  ci  serviamo  del  testo  italiano  edito  alcuni  anni  prima  (1573) 
dallo  stesso  autore.  Stefano  scriveva  dal  1567  al  1570  come  risulta  alle  carte  56  v. 
e  91  della  sua  Chorografia.  Alle  e.  91-123  egli  v'inserì  una  doppia  relazione  sulla  ro- 
vina di  Cipro  scritta  dal  suo  confratello  cipriotto  P.  Angelo  Calepio  che  gliela  inviava 
nel  1572. 

An.  1244.  —  È  data  facoltà  alle  monache  Cisterciesi  <  apud  Nicosiam,  Inter  domum 
fratrum  Praedicatorum  et  domum  fratrum  Minorum,  monialium  Cisterciensis  Ordinis  consti- 
tuere  abbatiam  ».  —  Mas  Latrie  Hist.  de  Chypre  III.  644-45. 

1250  e.  —  Frate  Lorenzo  de'  Minori,  penitenziere  e  legato  del  Papa,  pacifica  i  greci 
di  Cipro.  —  Mas  Latrie  Hist.  cit.  I.  357.  —  Vedi  il  nostro  art.  su  fr,  Lorenzo  sotto 
r  an.  1246  al  n.  67. 

1254.  —  Feb.  25.  —  Scrive  Inn.  IV:  Priori  fratrum  Praedicatorum  et  Ministro 
fratrum  Minorum  in  Suria  (Syria),  et  mandat  ut,  absente  Sedis  apostolicae  Legato,  ìpsi 
cognoscant  et  decernant  super  electione  Archiepiscopi  Graecorum  Cypri.  —  Sbaral. 
Bull.  I.  706. 

1254.  —  Questione  per  un  terreno  dei  Prati  Minori  in  Cipro.  —  Mas  Latrie  Hist. 
III.  651.  —  Vedi  sopra  il  n.  63  a  p.  231. 

1265.  —  Frate  Velasco  d' ignota  patria,  religioso  di  molta  virtù,  che  dai  Pontefici 
▼enne  usato  più  volte  qual  Legato  ed  ambasciadore  presso  quasi  tutte  le  corti  di  Europa, 
in  quest'  anno  è  promosso  alla  sede  vescovile  di  Famagosta  in  Cipro.  Più  tardi  (1267)  da 
Clemente  IV  venne  trasferito  al  vescovato  di  Idanha  in  Portogallo.  —  Wadding  an.  1267 
n.  8.  —  Du  Cange-Rey  Familles  d'outremer  p.  861.  —  Cfr.  sopra  a  p.  259. 

1282.  —  In  un  documento  di  quest'  anno  si  fa  menzione  di  fr.  Matteo  *  Vicaire 
dou  Menistre  de  freres  Menores  en  la  Terre  Sainte,  son  compaignon  fr.  Jacque  d'An- 
tioche gardien  de  sudits  freres  a  Triple  ecc.  »  ;  i  quali  col  Minorità  fr.  Ugo,  vescovo  di 
Gibelet  in  Siria,  intervennero  al  processo  intentato  ai  Templari  che  cercavano  di  togliere 
Tripoli  al  principe  di  Antiochia.  —  Mas  Latrie  Hist.  cit.  HI.  662-67.  —  Questo  fr.  Matteo 
verosimilmente  è  qu^li  che  più  tardi  (1286)  vediamo  vescovo  di  Famagosta,  sino  al  1291, 
cui  morto  succede  (5  sett.)  Bernardo  0.  S.  B.  —  Eubel  Hierarch.  I.  254. 

1283.  —  Ai  3  nov.  morte  di  Boemondo  figlio  di  Ugo  III;  è  sepolto  nella  chiesa 
de'  fì-ancescani  di  Nicosia.  —  Amadi  Storia  di  Cipro  fol.  124,  cod.  Marciano  CI.  VI  n.  157. 
Mas  Latrie  op.  dt.  I.  473. 

1286.  —  Fr.  Matteo  Ord.  Min.  vescovo  di  Famagosta  con  frate  Martino  priore  del 
Tempio,  accompagna  re  Enrico  II  in  Acri  (giugno)  che  lo  invia  suo  messo  al  Poilechien 
governatore  di  Acri  e  luogotenente  di  re  Carlo  di  Napoli  per  intimargli  la  resa  del  ca- 
stello reale  e  del  governo  della  città.  —  Mas  Latrie  Hist.  di.  1.  478. 

Nello  stesso  anno,  27  di  giugno^  <  fr.  Geiebertus  Custos  Minorum  et  quamplnres 
fratres  eorumdem  Ordinum...  in  Accon  »  furono  presenti  all'accordo  stabilito  tra  Enrico  II 
re  di  Cipro  e  di  Gerusalemme  e  i  militi  del  re  di  Francia.  Presente  anche  il  suddetto 
fr.  Matteo  che  vi  appose  il  suo  sigillo  :  e  Big.  fr.  Matìhei  de  Ord.  Min.  Dei  grafia  Fa- 
magustani  episcopi  ».  —  Mas  Latrie  Hist.  cit.  HI.  671,  673  n.  1. 

1288-95.  —  Fr.  Giovanni  d'Ancona  0.  Min.  Arcivescovo  latìno  dell'isola  di  Cipro. 
—  Vedi  suoi  cenni  biografici  sotto  l'anno  1288  al  n.  07  p.  325. 


394  BIBLIOTECA 


113  1289-98.  —  Fr.  Roberto  Ord.  Min.  vescovo  di  Pafos  in  Cipro.  —  Eubel  Hierar. 

Cathol.  I.  407. 

1291.  —  Il  guardiano  di  Acri  con  alcuni  de'  suoi  frati,  durante  l' assedio  della  città, 
si  rifugia  in  Cipro.  —  Vedi  sopra  p.  350-2. 

1291.  —  Marzo  9.  Nicolò  IV  concede  indulgenze  alla  chiesa  delle  Clarisse  di  Nicosia; 
e  il  30  giugno  altre  indulgenze  ai  frati  Minori  della  stessa  città.  —  Sbaral.  BuU. 

1292.  —  Una  casa  venduta  ai  FF.  Minori  in  Nicosia.  —  Vedi  sopra  a  p.  355. 
1293-4  e.  —  Pr.  Pietro  da  Macerata,  e  fr.  Liberato  in  Cipro.  —  Vedi  sopra  a  p.  345. 
1295.  —  Enrico  II  re  di  Cipro  chiede  ed  ottiene  da  Boni&cio  Vili  di  aver  seco  in 

corte  due  frati  Minori.  —  Baynald  Annales  an.  1295  n.  48. 

1295  e.  —  Fr.  Nicolò  de  Sali,  Ministro  Provinciale  di  Terra  Santa,  residente  in  Cipro. 
—  Vedi  sopra  n.  108  p.  359. 

1300  s.  —  n  B.  Raimondo  Lullo  in  Cipro.  —  Vedi  sopra  a  p.  368-69. 

1300.  —  Lugl.  27.  Nicolò  di  Bajnaldo,  genovese,  lascia  nel  testamento  :  «  Si  me 
mori  contigerit,  lego  corpus  meum  sepelliri  ad  ecclesiam  fratrum  Minorum  Famagustae 
8.  Francisci  ;  cui  ecclesiae  lego  prò  sepnltura,  et  missa,  candelis  et  exequiis  funerìs  mei 
bissancios  albos  quindeciro.  Item  prò  missis  canendis  per  annum  medium,  bissantios  quin- 
quaginta».  —  Archives  de  VOrient  Latin  t.  Il  B.  p.  99;  simile  testamento  a  prò  della 
stessa  chiesa  cfr.  ih.  p.  101. 


Ora  veniamo  alle  memorie  di  fr.  Ste&no,  cui  passo  passo  schiariremo  con  parentesi 
e  note.  Il  titolo  dell'opera  è:  Chorografia  et  breve  Historia  universale  dell'Isola  de 
Cipro,  principiando  al  tempo  di  Noè  per  in  sino  al  1572,  per  il  B.  P.  Lettore  Fr. 
Steffano  Lusignano  di  Cipro  dell'  Ordine  de  Predicatori.  —  In  Boìognsi,  per  Alessandro 
Benacci  1573,  con  licenza  de' Superiori.  —  In  8'  di  fogli  123. 

§  1.  —  Crociata  del  1217.  —  «  L'anno  1217  dopo  il  Concilio  [Lateranese,  sotto 
Innoceneo  III],  li  Principi  Christiani  mandarono  le  lor  genti,  et  tutti  insieme  si  ritro- 
varono in  Acon  over  Ptolomaida...  Era  anchora  l'Arcivescovo  primo  Latino  dì  Cipro,  et 
altri  molti  Vescovi  et  di  Cipro,  et  di  Europa, . .  et  insieme  con  tutto  l' esercito  se  inviomo 
verso  Damiata  di  Egitto  ...In  questo  esercito  erano  molti  Beligiosi  detti  nuovi  Ordini 
Domenicani,  et  Franceschini  »  (Lusignano  (^.  cit.  fol.  51  r). 

§  2.  —  In  Nioosla  capitale  dell'isola  v'era  un  monastero  di  Clarisse:  «La  monaca 
di  Nores  in  Santa  Chiara,  visse  anni  120»,  e  fu  una  delle  persone  che  il  Lusignano 
conobbe  fra  quelle  che  vissero  oltre  i  100  anni  (fol.  5  v.).  (1). 

§  3.  —  LiznasBOl.  —  «  Neapoleos  in  greco,  che  in  latino  vuol  dire  Città  Nova;  et 
questa  fu  fatta  città  dipoi  che  il  Be  de  Inghilterra  Biccardo  destrusse  la  città  di  Amathus: 
et  r  hanno  edificata  i  primi  Be  Lusignani  :  et  fu  adimandata  Nemesia,  perchè  prima  era 
un  bosco;  dipoi  fu  adimandata  Limissò,  come  al  presente ...  Furono  fiibricate  molte  chiese 
et  di  Latini  et  di  Greci:  oltre  la  cathedrale  Latina,  erano  la  chiesa  dei  Cavalieri  del 
Tempio,  un'altra  dei  Cavalieri  dell' Hospitale  di  S.  Giovanni,  il  campo  Santo,  quattro  Mo- 
nasteri de  Mendicanti,  di  S.  Domenico,  di  S.  Francesco,  di  S.  Agostino,  et  de  Carmini  ;  et  li 


(1)  In  questo  monastero  la  regina  Eleonora  d'Aragona  moglie  di  Pietro  il  grande,  lai 
assente,  faceva  chiudere  nel  1368  donna  Giovanna  l'Aleman  incinta  dal  re  Pietro.  Qoesti 
ritornato  dall'  Italia  ne  la  Uberò  (M acheras  Ckroniqtte  de  Chypre  p.  129-31  e.  136).  Ivi  stesso, 
a  Santa  Chiara  si  rifugiò  Maria  di  Gibelet  vedova  di  Guido  de  Vemy  per  eludere  la  bru- 
talità di  re  Pietro  che  la  voleva  per  forza  maritare  ad  un  sarto  (tb.  p.  148). 


SECOLO  xm.  395 


Monaci  Greci  et  Latini.  Ma  qnesta  città  al  tempo  del  Be  Giano  [nel  1424  e  nel  1426]  (1),  113 
fu  destratta  totalmente,  et  tutte  le  chiese  Greche  et  Latine,  dal  Soldano  del  Cairo,  orer  dal 
suo  esercito ...  Fu  edificata  dopo  la  destrutione  dei  Sarraceni  così  miserabilmente,  come  al 
presente  si  vede,  et  reassettarono  la  chiesa  cathedrale;  et  le  altre  per  la  negligentia  di 
chi  toccava,  lasciorno  andare  in  perditione.  Però  si  vede  il  luogo,  ove  erano  le  predette 
chiese,  et  Monasteri;  et  delli  terreni  li  Mendicanti  di  Nicosia  tirano  li  afi&tti  loro  (fol.  8v.)». 

§  4.  —  Famagrosta.  —  «  Arsinoe.  Questa  è  la  città  di  Famagosta  al  presente . . . 
La  città  è  bella,  con  una  bella  piazza  :  ornata  poi  di  chiese  Latine  e  Greche,  et  dei  Mo- 
nasteri dei  quattro  [Ordini  Religiosi]  Mendicanti,  ben  poveri  et  miserissimi  »  (f.  11  v.) 
e  ciò  al  suo  tempo;  cioè  qualche  anno  prima  che  se  ne  impossessasse  il  Turco. 

§  5.  —  Nicosia.  —  Lefcosia  in  greco,  da  Levco  figliuolo  del  primo  Re  Tolomeo 
d' Egitto,  che  la  ristorò.  Ha  chiese  e  conventi  di  tutti  i  riti.  Tra  questi  sono  «  li  quattro 
Ordini  Mendicanti  »  sopra  mentovati,  fra  i  quali  i  Francescani.  «  Le  chiese  che  erano  in 
questa  città  arrivavano  a  250,  e  forse  300.  Questa  città  era  grande,  circondava  3  leghe, 
che  sono  miglia  nove.  Vero  è  che  non  era  tutta  piena;  imperocché  haveva  delli  giardini 
assai,  et  grandi  ;  ma  già  nel  1567  la  Signoria  di  Venezia,  volendola  fortificare  l' ha  ridotta 
in  una  lega,  cioè  in  3  miglia,  et  lassò  3  porte  come  prima  aveva;  et  gittò  per  terra  le 
due  parti  della  città  intorno,  intorno,  lasciandovi  la  terza  di  mezzo:  onde  furono  gittate 
per  terra  moltissime  case,  et  chiese  d' ogni  sorta  80,  et  ridussero  la  città  in  questa  forma  che 
voi  vedrete  qui  all'  incontro  » .  (Nel  foglio  seguente  pone  la  pianta  della  città  poligona,  come 
la  è  oggi) ...  «  Nella  stessa  città  gittorno  anchora  un  altro  Monasterio  Latino,  che  prima 
habitavano  li  Monaci  di  S.  Bernardo,  et  dipoi  li  Zoccolanti  [==  Minori  Osservanti]  ;  et  perciò 
non  accade  eh'  io  stia  a  dipingerlo  come  era  bello,  salvo  che  si  consideri  di  che  Religione 
era  prima;  et  anchora  distrassero  un  altro  delle  Monache  di  S.  Thodoro  dell' istesso  Or- 
dine [dell'Ordine  di  San  Bernardo]  et  duoi  dei  Greci...  Gittorno  anchora  molte  altre  chiese 
Latine,  et  belle;  et  il  Monastero  di  S.  Anna,  che  era  prima  habitato  dalle  Monache  di 
S.  Benedetto:  che  poi  fa  abbandonato.  In  somma  fanno  in  tutto  80  chiese  d'ogni  setta  e 
Religione:  et  l'hanno  ridotta  [la  città]  cosi  rotonda,  come  la  vedete  qui  sotto  con  ondici 
baluardi  »  [Segtte  un  disegno  a  forma  di  stella  con  undici  raggi  per  baluardi]  (fol.  15). 

§  6.  —  To-plroi  [=  Tò  TCupÓYi]  (2).  —  H  clero  Latino  aveva  non  pochi  casali  o  paesi 
di  loro  dominio,  detti  Casali  ecclesiastici,  perchè  assegnati  pel  mantenimento  loro  e  delle 
loro  chiese.  I  Mendicanti  ne  avevano  anche  essi,  e  i  Francescani  il  casale  Topiroi: 

«  San  Domenico  ha  San  Nicolò  di  Gerrades,  San  Francesco  Topiroi,  li  Carmini  Co- 
gitana,  et  altri  dai  (casali)  l' Hospitale  di  S.  Agostino  (fol.  19  r.)  » . 

§  7,  —  S.  Oiovaimi  di  Monforte.  —  <  Nel  tempo  che  li  Christiani  Latini  presero 
la  croce  in  favore  di  Hierusalem,  veduto  che  non  potevano  far  altro,  perchè  cosi  piaceva 
alla  Maestà  Divina,  trecento  di  quelli  fra  Alemanni  et  Francesi,  ma  tatti  Baroni  e  Signori, 
et  homini  illustri,  vennero  in  Cipro,  et  qaivi  si  sparsero  per  li  Casali  a  fare  vita  santa: 
et  così  fecero  tatti.  Onde  li  Greci  li  tengono  tatti  in  grandissima  devotione  contra  li  loro 
costami,  per  ciò  che  ^lino  non  vogliono  riverire  li  santi  moderni,  massime  Latini.   Uno 

(1)  Stefano  erra  dicendo  distrutta  Limassol  circa  V  anno  1400.  La  prima  volta  (26  sett. 
1424),  e  poi  una  seconda  volta  (lugl.  1426)  i  Saraceni  d'Egitto  guidati  da  Takriver  Mo- 
hammed  devastarono  la  città  di  Limassol,  vinsero  e  presero  prigioniero  il  re  Giano,  deva> 
stando  in  parte  anche  la  capitale  Nicosia.  Cfìr.  Chroniqm  de  Chypre  par  Léonce  Machera* 
Paris  1882,  p.  366  e  378  seg. 

(2)  Il  paesetto  to  Piroji  è  nel  distretto  di  Citrea,  anticamente  detto  Pvrok.  Gfr.  Mai 
Latrìe  L'Ile  de  Chypre  (Paris  1879)  p.  191  n.  14. 


396  BIBLIOTECA 


113  di  quelli  Santi  Baroni  fa  il  beato  Giovanni  di  Manforte  (1),  il  quale  era  Conte  e  Ma- 
roscial  di  Cipro;  e  il  suo  corpo  è  tutto  intiero,  il  quale  fa  miracoli;  et  è  in  Nicosia,  nella 
Chiesa  dei  frati  dei  Zoccoli  [==  francescani  Osserranti],  Filippo  di  Monforte  era  suo  fra- 
tello, il  quale  era  Conte  di  Eoccas,  et  Ammiraglio  di  Cipro  (fol.  27  v.)  » . 

§  8.  —  Olerò  e  Monaci  latini  in  Cipro.  —  Propriamente  entrarono  in  Cipro  nel 
1212  (fol.  31).  Ma  «li  Latini  Monaci  e  le  Monache  sono  venuti  da  Hierusalem,  come  dicemmo, 
in  compagnia  di  altri;  et  erano  di  S.  Bernardo,  di  S.  Benedetto,  et  de  Certosini.  L'anno 
1226  in  circa  erano  venuti  in  Cipro  li  Frati  di  S.  Domenico ...  In  quel  tempo  moderno 
andarono  ancora  li  Francescani  (2),  et  li  Augustiniani  :  li  Carmeliti  erano  già  per  avanti 
in  quei  principii  delli  Ee . . .  Li  Predicatori  chiamarono  la  sua  Provincia  di  Terra  Santa, 
nel  sopra  detto  tempo  del  1227,  et  cosi  li  altri:  et  quantunque  era  presa  Hierusalem 
[dai  Maomettani],  in  quelle  città  che  rimasero  questi  quattro  [Ordini]  Mendicanti  have- 


(1)  Di  S.  Giov.  di  Monfort  appena  sì  fii  menzione  dai  BoUandisti  (t.  V  mai.  p.  270.  ed  1). 
Il  greco  Macheras,  cronista  della  prima  metà  del  sec.  XV,  lo  ricorda  fra  i  santi  stranieri 
sepolti  neir  isola  :  «  In  primo  luogo  S.  Giovanni  di  Monfort  sepolto  a  Beaulieu  (Belloloco)  di 
Nicosia,  signore  francese,  il  quale  fa  grandi  prodigi  agli  infermi  e  febbricitanti  »  {Chron.  de 
Chypre  p.  20).  —  S.  Giovanni  di  Monfort  maresciallo  di  Cipro,  Signore  di  Tiro  (figlio  delia  se- 
conda moglie  di  Filippo  di  Monfort)  sposò  Margherita  sorella  di  Ugo  III  re  di  Cipro.  Senza 
lasciar  discendenti  mori  nel  1283  in  gran  concetto  di  santità,  e  venne  sepolto  nella  chiesa 
de  Notre-Dame-des-Champs  de  Nicossie,  che  poi  pei  molti  miracoli  del  santo  fa  denominata 
S.  Giovarmi  di  Monfort  (Rey-Du  Gange  FamiUes  d'outremer  p.  310,  ove  lo  dice  morto  verso 
il  1300  citando  Stefano  di  Lusignano  ;  ma  a  p.  501  lo  dice  morto  nel  1283.  Cfr.  ib.  p.  476). 
—  Greffin  Affagart  che  visitò  Nicosia  nel  1534  ricorda  due  conventi  francescani,  uno  dentro 
la  città  e  1'  altro  *  hors  la  ville,  nommé  S.  Jehan  de  Montfort,  auquel  repose  le  corps  d'un  ve- 
nerarle pélerin,  en  son  vivant  conte  de  Monfort,  par  le  quél  N.  Seigneur  faict  beaucoups  de  mi- 
racles  en  ce  lieu  » .  (Greffin  Belai,  de  T.  S.  p.  243).  —  Per  la  storia  di  questo  convento  france- 
scano sconosciuto  dagli  scrittori  dell'  Ordine,  notiamo  anche  le  seguenti  memorie.  Cristoforo 
Zom  pellegrino  in  Terra  Santa,  scriveva  da  Cipro  (il  3  sett.  1556)  al  conte  Ugo  de' Monfort 
le  sventure  del  suo  pellegrinaggio,  e  come  anche  i  religiosi  della  Custodia  di  Gerusalemme 
i  quali  abitano  il  convento  di  S.  Giovanni  di  Monfort  in  Cipro  furono  fatti  schiari.  la 
un'altra  lettera  diretta  da  Nicosia  (3  dee.  1556)  allo  stesso  conte  Ugo,  Cristoforo  gli  ri- 
corda il  convento  di  S.  Giovanni  di  Monfort,  che  anticamente  si  chiamava  di  S.  Maria  del 
Castello,  e  che  ora  si  denomina  di  S.  Giovanni  il  quale  vi  attira  molti  devoti;  sog-gìunge 
che  il  convento  appartiene  come  succursale  ai  francescani  di  Gerusalemme,  ma  che  è  assai 
povero,  e  che  ^li  Cristoforo  fu  iri  accolto  infermo  da  quei  frati  e  assai  ben  trattato  :  spera 
che  il  conte,  uno  de' discendenti  del  santo  di  Monfort,  verrà  in  aiuto  di  quelli  poveri  reli- 
giosi. Una  lettera  degli  11  sett.  1556  del  guardiano  di  questo  convento  diretta  al  conte 
Ugo  lo  prega  di  soccorerli  in  considerazione  del  suo  santo  antenato.  Il  conte  risponde  da 
Ratisbona  ai  22  feb.  1557,  e  promette  tra  l' altro  una  limosina  a  prò  del  convento.  (Cfr. 
Rohricht  Deutsche  PUgerreisen  ed.  1900  p.  230-32). 

(2)  Secondo  lo  storico  di  Cipro  (Mas  latrie  Hist.  de  Chypre  tip.  189)  ì  Francescani 
e  i  Domenicani  si  stabilirono  in  Cipro  sotto  la  r^genza  della  regina  Alice  de  Champagne 
vedova  di  Ugo  I  (morto  nel  1218);  la  quale  rimaritatasi  a  Boemondo  Y  principe  di  An- 
tiochia nel  1223,  si  ritirò  in  Siria  affidando  la  r^genza  del  regno  a  Giovanni  e  Filippo 
d' Ibelino,  i  quali  poi  coronarono  re  Enrico  I,  fanciullo  ancora  di  7  anni,  nel  12%  (Cfr.  Bej-Du 
Gange  FamSles  d'outremer  p.  57-60).  Quindi  con  fondamento  ci  attenìam{>  alla  tradizione 
francescana  che  &  risalire  all'arrivo  di  S.  Francesco  in  Oriente  (1219)  l'ingresso  de' Minori 
in  Cipro,  ove  necessariamente  dovette  approdare  anche  il  Santo,  sia  venendo  sìa  ritc^nando 
dall' Orioite. 


SECOLO  xm.  397 


vano  Monasterii  assai,  congìanti  in  mia  provincia  con  quelli  di  Cipro.  Li  Domenicani  have-  113 
vano  nelle  città  e  terre  di  Hierusalem  18,  et  in  Cipro  4;  in  Nicosia,  Pamagosta,  et  Li- 
masse, detti  San  Domenico,  et  al  Casale  Vania  [havevano]  Santo  Epifanio.  Li  altri  3 
Mendicanti,  non  so  quanti  in  Hierusalem  n'  havevano  :  ma  in  Cipro  San  Francesco  n'  ha- 
veva  4:  in  Nicosia,  Pamagosta,  Limissò  et  Paffo  (1).  Li  Carmini  havevano  tre  monasteri 
et  uno  loghetto:  in  Nicosia,  Pamagosta,  et  Limissò,  et  fori  di  Limissò,  una  lega,  verso 
il  Casal  Apolemidia,  eravi  anche  un  loghotto  (fol.  31-33)». 

§  9.  —  n  Convento  o  Abbadia  S.  Bernardo.  —  «  Al  tempo  del  Ee  Ugo  III, 
detto  il  grande  [1268-84],  erano  venuti  li  Premostratensi,  presso  Cerines,  detto  il  Monasterio 
r  Abbadia  bianca  di  Délapasis  (2).  Tutti  questi  Keligiosi  sopranominati,  per  le  guerre  dei 
Mamalucchi,  al  tempo  del  Eo  Giano  [1426],  quali  minarono  tutte  le  chiese  et  violarono 
tutti  li  Monasterii,  si  partirono  dall'Isola.  Et  medesimamente,  al  tempo  del  re  Bastardo (3) 
li  monaci  di  San  Bernardo  si  partirono,  et  l' Abbadia  fu  fatta  Commenda,  et  nel  monasterio 
posero  li  Zoccolanti  (■=  francescani  Osservanti),  datogli  da  vivere;  et  de  gli  altri  anchora». 

—  «  A'  giorni  nostri  non  erano  [in  Cipro]  Monache  Latine  se  non  a  S.  Theodoro  monache 
di  S.  Bernardo;  quali  poco  innanzi  furono  totalmente  destrutte:  et  fu  restaurato  quello  di 
nostra  Donna  di  Sur  dell'Ordine  di  S.  Benedetto.  Eimasero  anchora  due  de' Prancescani 
[cioè  delle]  Monache  in  Nicosia  :  Santa  Chiara,  et  poco  di  fuori  della  città  la  Cava  di  S. 
Francesco.  Altre  Monache  Latine  nell'  isola  non  rimasero  :  dei  Monaci  nessuno  ;  né  anche 
li  Crosacchieri.  Li  Premostratesi  si  ritornorono  nel  proprio  loro  :  Li  Mendicanti  restorno  in 
Nicosia,  et  in  Pamagosta  solo:  son  poveri  tutti,  massime  a  Pamagosta:  et  non  vi  mara- 
vigliate, perchè  essi  Saraceni  in  que'  tempi  abbruciarono  libri  et  privilegii  :  ma  in  Nicosia, 
perchè  era  lì  tutta  la  nobiltà,  furono  alquanto  ristaurati  (fol.  33  r.)». 

Si  noti  che  l' Abbadia  di  S.  Bernardo,  ceduta  ai  francescani  di  Nicosia,  venne  distrutta 
dal  governo  Veneto  nel  1567  nel  ridurre  e  fortificare  la  capitale,  come  si  ha  più  sopra 
sotto  il  ^  5  di  Nicosia. 

§  10.  —  n  Monastero  la  Cava.  —  Oltre  quello  detto  immediatamente  più  sopra 
(§  9)  ove  il  Lusignajio  ricorda  questo  Monastero  delle  Clarisse,  altrove  ha  pure  quanto  segue  : 

«  Il  Ee  Giacomo  [1382-98  f ,  padre  del  Ee  Giano]  fabbricò  un  altro  (palazzo)  ap- 
presso a  Nicosia  a  Cava,  che  fu  minato  affatto,  et  non  vi  rimase  se  non  il  Monasterio 
delle  Monache  di  San  Francesco  (fol.  59  v.)  (4)  » . 

(1)  Alcuni  cenni  sulla  storia  di  questi  conventi  veggansi  nella  nostra  (Serie  cronologica 
p.  231-35,  che  a  suo  tempo  completeremo  con  più  abbondanti  e  più  esatte  notizie. 

(2)  Oggi  ancora  esistono  le  grandiosi  rovine  di  questo  monastero  da  noi  visitato;  il  vil- 
laggio porta  r  antico  nome  Bellapaisi  (belle  pays,  o  belle  abbaye). 

(3)  Giacomo  II,  figlio  bastardo  del  re  Giovanni  II  che  lo  ebbe  dalla  greca  druda  Maria  di 
Patrasso.  Giacomo  col  favore  de' Veneti  e  degli  Egiziani  occupò  il  trono  verso  il  1460;  nel  1471 
si  sposò  a  Caterina  Cornato,  e  mori  li  6  luglio  1473,  nell'  età  di  30  anni,  lasciando  incinta  la 
Cornara  del  figlio  Giacomo  III  che  le  mori  poco  dopo  (f  1474).  —  Cfr.  Rey-Du  Gange  Fa- 
miUea  p.  94-100. 

(4)  Stefano  erra  forse  dicendo  che  fu  re  Giacomo  I  quegli  che  edificò  il  palazzo  reale 
alla  Cava,  egli  lo  avrà  invece  riparato;  che  un  palazzo  già  esisteva  sotto  Enrico  II  detto  il 
Buono,  il  quale  ivi  mori  il  31  marzo  1324,  come  pure  ivi  mori  anche  Ugo  IV  10  ott.  1359. 

—  Gli  storici  (Macheras  p.  29-39;  Rey-Du  Gange  Familles  cit.  p.  71-72)  indicano  però  la 
località  dove  morirono  questi  re  non  col  nome  di  Cava,  ma  col  nome  di  palazzo  o  ca- 
stello Strovilon,  paese  situato  a  sud-ovest  e  a  poca  distanza  da  Nicosia.  Ora  il  palazzo 
e  monastero  della  Cava  che  secondo  il  Mas  Latrie  (Hist.  de  Chypre  t.  Ili  p.  77  n.  6) 
doveva  esistere  e  au  sud-ouvest  de  la  ville  (Nicosia)  du  coté  de  la  porte  de  Paphos  » ,  o 


398  BIBLIOTECA 


113  §  11.  —  S.  Francesco  di  Nicosia(l).  —  «Essendo  venuto  Giovanni  figliolo  del  Be 

di  Portogallo  (in  Cipro),  il  Ke  lo  fece  Principe  di  Antiochia,  e  gli  donò  la  figliuola  (Car- 
lotta) per  moglie ...  Il  Principe  [pe'  gravi  dispiaceri  avuti  dal  Ciambellano  prepotente] 
morì,  e  molti  dicono  che  fu  attosicato  dalla  Regina  Elena  sua  suocera  [donna  di  greca 
fede,  figlia  del  Paleologo  Despota  della  Morea]  ;  et  fu  sepolto  in  S.  Francesco  di  Nicosia  » 
(fol.  60-61).  «  La  Regina  Carlotta  mori  in  Italia,  et  fu  portata  in  Assisi,  et  sepolta  nella 
chiesa  de'  Frati  Minori  Conventuali  *  (fol.  74)  (2). 


e  à  une  lieue  au  sud  de  Nicosie  >  (idem  Vile  de  Chypre  p.  349),  combina  precisamente 
colla  località  di  Strovtlos,  nome  greco  che  pur  corrisponderebbe  al  termine  italiano  dì 
Cava,  come  osservammo  altrove  (Serie  cronologica  p.  235  n.  7).  Filippo  de  Maseriis  cancel- 
liere di  Cipro  (in  Vita  S.  Petri  Thomae  e.  Vili)  e  il  Loredano  (lib.  VI  p.  339;  trad.  frane. 
I.  374-75)  citati  dal  Du  Gange,  rifiFeriscono  che  re  Ugo  IV,  abdicando  [nel  1358]  in  favore 
di  suo  figlio  Pietro,  si  ritirò  e  mori  neìY  Abbazia  che  egli  aveva  fondata  tiel  Castel-Strovilon. 
E  questo  monastero,  secondo  ogni  probabilità,  dev'  esser  quello  stesso  detto  della  Cava,  abitato 
dalle  Clarisse  anche  al  tempo  di  Stefano  Lusignano,  cioè  fin  quasi  alla  conquista  turca  (1570). 
—  Il  Macheras  ricorda  una  località  la  Cava  nella  spiaggia  dì  Cerìnes  (p.  283,  350),  ed  un'  altra 
Cava  cosi  detta  una  porta  ed  una  fortezza  dì  Famagosta  (p.  343-44  cfr.  202,  216)  che  non 
han  che  fare  colla  Cava  presso  Nicosia.  —  Nel  1413,  Nicolò  da  Este,  ritornando  colla  no- 
bile sua  comitiva  dal  pellegrinaggio  di  Gerusalemme,  sostava  alquanto  in  Cipro,  accolto 
onorevolmente  dal  buon  re  Giano,  che  lo  invitò  alla  Cava.  «  Questa  Cava  si  è  un  palazzo 
con  un  giardino,  di  cui  piìi  bella  cosa  non  si  può  vedere,  copioso  di  bellissime  fontane;  e 
fra  le  altre  una  ve  n'  è  che  esce  fuori  di  un  albero  di  naraucio,  e  getta  tanto  alto,  quanto 
sono  li  rami  del  detto  albero  :  et  in  questo  giardino  fa  molti  frutti  d' ogni  maniera  bellissimi. 
£  andarono  più  avanti,  et  intrarono  nel  cortile  della  detta  casa;  e  li  sì  spogliò  il  re  in 
giuppone  con  alcuni  gentiluomini,  e  gittorno  el  palo  di  ferro,  dove  el  re  vìnse  per  fòrza  dì 
braccio  » .  (  Viaggio  a  Gerusalemme  di  Nicolò  da  Este  p.  133,  ed.  Torino  1861).  —  In  questo 
celebre  monastero  delle  nostre  Ciarìssc  il  B.  Pietro  Tomaso  Carmelitano  e  Legato  Pontificio 
in  Cipro,  pochi  giorni  prima  della  sua  santa  morte,  <  postridie  Natalis  Domini  (1365)  nudis 
pedibus  coenosa  processit  platea  ad  celebrem  Ecclesiam  S.  Mariae  de  Cana  [corr.  Cava'\ 
sacrum  facturus  Pontificium  ».  (Vita  et  res  gestae  B.  Petri  Thomae  auctore  Lìxca  Waddingo, 
pag.  53,  Lugdunì  1637).  —  Nella  citata  opera  del  Waddingo  abbiamo  che  alla  morte  del 
detto  Santo  (1366  octavo  Idus  lan.)  «  orationem  habuit  fiinebrem  Fr.  Ioannes  Larmeson 
(altri  Carmeson)  Sacr,  Theol.  Celebris  Doctor  Ordinis  Miuorum  »  (pag.  64),  colà  attuale  Pro- 
vinciale di  Terra  Santa  in  Cipro  (C£r.  Serie  cronologica  num.  24).  Dice  inoltre  il  Wad- 
dingo: «  i'V.  Ioannes  Faventinus  Minorità,  Praefectus,  sive  Guardianus  Paphensis,  qui  Sancii 
viri  (Petri  Thomae)  gesta  vitamque  descripsit,  angina,  aut  faucium  ìnflammatione  ferme 
praefocatus  accurrit,  appositaque  sanctì  viri  destra  partì  languenti,  repente  convaluit  » 
{ibid.  pag.  65). 

(1)  Cfr.  Note  sur  une  nouveile  découverte  de  monuments  gothiques  à  Nicosie  de  Chypre; 
ove  sì  tratta  della  recente  scoperta  delie  rovine  dell'  antica  chiesa  di  S.  Francesco  nella  ca- 
pitale di  Cipro.  La  relazione  è  fatta  dal  sig.  C  Enlart  e  inserita  nel  bollettino  dell'  Acad. 
des  Inscript.  et  B.  Ijcttres.  Comptes  rendus  des  séances  de  l'an.  1901  (22  feb.)  p.  160-63.  — 
Nicolò  de  Marthono  che  visitò  Nicosia  nel  1394  parla  di  questo  convento  dicendolo  assai 
grande  con  dtie  chiostri  e  giardino.  —  Nic.  de  Marth.  Liber  peregr.  ad  loca  sancta  in  Sevue 
de  V  Or.  Lat.  t.  Ili  p.  635. 

(2)  Carlotta,  figlia  della  regina  Elena  e  vedova  di  Giovanni  di  Portogallo,  fu  procla- 
mata regina  dopo  la  morte  del  suo  padre  Giano  (f  26  lugl.  1458).  Sposatasi  a  Luigi  di 
Savoia,  dovette  cedere  il  regno  all'usurpatore  Giacomo  il  bastardo  (e.  1460)  e  ritirarsi  in 
Italia  ove  mori  nel  1487.  Il  Du  Cange  (Familles  p.  98)  la  dice  morta  a  Roma  e  sepolta  a 
S.  Pietro. 


SECOLO  xra.  399 


«  Il  re  Henrico  (1285-1324)  fii  mandato,  ma  non  ebbe  mai  figliuoli:  et  ha  vendo  re-    113 
gnato  anni  33,  morì,  et  fu  sepolto  in  S,  Francesco  in  Nicosia  »  (fol.  56  r.)  (1). 

§  12.  —  Pafo  e  Limassol  distrutte  nel  1424.  —  «  Il  Soldano  del  Cairo,  homo 
valoroso,  ricordatosi  lì  danni  che  per  il  passato  aveva  fatto  il  Re  Pietro  di  Cipro  in  Ales- 
sandria (1365)  et  altri  luoghi;  gli  parse  hormai  tempo  di  fare  la  sua  vendetta;  et  mandò 
in  Cipro  un  esercito  alla  sproveduta...  Li  Mamalucchi  destrussero  tutta  la  città  de  Limissò 
insino  ali!  fondamenti  :  quale  era  bella  :  dipoi  mandorno  parte  di  queir  esercito,  et  presero 
Puffo,  et  la  destf  ussero ...  (fol.  59v-60)». 

In  qnest'  epoca  triste  per  l' Isola,  dobbiamo  porre  la  destruzione  de'  conventi  che  la 
nostra  Provincia  di  Terra  Santa  aveva  in  queste  due  città  (Cfr.  più  sopra  il  §  3  e  §  8) 
di  Pafo  e  Limassol. 

§  13.  —  Varia.  —  «Li  Veneziani  hanno  regnato  (in  Cipro)  dal  1489  insino  al  1570, 
&nno  in  tutto  anni  82 . . .  Nel  1492  fu  un  terremoto  grande,  che  ruinò  il  Domo  Latino 
di  Nicosia  »  (fol.  84). 

«  Quest'  anno  del  1570,  alli  25  di  giugno  comparse  in  Cipro  il  crudelissimo  Tiranno 
[il  Turco];  et  sbarcò  a  Salines  [in  Larnaca]  100  mila  &nti,  et  si  disse  50  mila  guasta- 
tori, e  10  mila  cavalli»  (foL  90). 

In  Nicosia  «  Tutti  li  reverendi  Canonici  ei  de  altre  digiiìtate  ritrovati- in  quella  città, 
et  quasi  tutti  li  Preti,  et  Frati  sono  ammazzati,  et  pochi  fatti  schiavi.  H  Bever.  Guardian 
de  Hierusalem  di  Zoocholanti,  schiavo  [condotto]  a  Scio,  fu  liberato  (2).  Il  Bever.  Comis- 
sario  de  S.  Francesco,  Maestro  Andrea  Tacito,  si  dice  esser  morto»  (fol.  112). 

In  Famagosia,  fu  concesso  dai  Turchi  ai  Greci  del  paese  di  restarvi,  ma  «  con  questo 
però  che  non  si  trovi  nìesun  Christiano  della  chiesa  Latina,  a' quali  non  volse  concedere 
né  chiesa,  né  casa,  né  cosa  alcuna  »  (fol.  122). 

Sec.  XTTT.  —  Anonymì  Minorìtae(?):  —  A)  De  Scuraceois  et  de  ritu  ipso- 
rum  etc.  —  B)  Brevis  desoriptio  Orbis.  —  Ex  Cod.  memb.  lat.  n.  MLXVI.  al. 
E.  V.  8.  bibl.  Univ.  Taurin. 

Abbiamo  descritto  questo  cod.  Torinese  (sec.  XIV,  e  forse  del  sec.  XIII)  nell' articolo  114 
consacrato  al  nostro  fr.  Giov.  da  Piancarpino  sotto  gli  an.  1245-48  a  p.  200-2.  Nello  stesso 
cod.  sono  questi  due  trattati  non  privi  d' importanza,  data  la  loro  rispettabile  antichità.  Il  Pa- 
sini e  compagni,  che  ci  descrissero  tutto  il  cod.  nel  catal.  Codices  Mss.  bibliotJiecae  Taurin. 
(1749,  t.  II  p.  359),  non  badarono  alla  breve  descrizione  del  mondo,  che  segue  immediata- 
mente e  senz'  alcun  titolo  il  trattato  sui  Saraceni  ;  né  sappiamo  se  altri  geografi  ne  abbiano 
preso  nota.  A  noi  l'uno  e  l'altro  trattatello  sembrano  non  privi  d'interesse,  e  perciò  li 
pubblichiamo  dalla  copia  che  ne  facemmo  l'anno  1899.  —  Il  primo  de  Saracenis  è  pro- 


(1)  Enrico  li  detto  il  Buono,  incoronato  il  24  giug.  1285,  tenne  il  regno,  fra  molte 
tristi  vicende,  sino  alla  morte  avvenutagli  il  giovedì  31  marzo  1324  nel  villaggio  e  villa 
reale  di  StrovUos,  d'onde  il  venerdì  9  aprile  il  suo  corpo  trasportato  in  Nicosia,  venne  se- 
polto, non  come  erroneamente  asserisce  il  greco  Macheras  nella  chiesa  di  S.  Domenico,  ma 
nella  chiesa  de'  FF.  Minori  dedicata  a  S.  Francesco,  e  presso  l' altare.  —  Il  Du  Gange- Rey 
FamUles  d'outre-mer  p.  66-70,  il  Mas-Latrie  Hiat.  de  Chypre  t.  II  e  III,  e  Leonzio  Macheras 
Chronique  de  Chypre,  Paris  1882,  p.  29-39,  hanno  le  più  belle  pagine  sulla  vita  di  questo  pio 
monarca  e  l^islatore  dell'isola. 

(2)  È  questi  il  P.  Gianfrancesco  d'Arzignano  Vicentino  Custode  di  T.  S.  dal  1568,  il 
quale  nel  1570  trovavasi  in  Cipro.  Cfr.  nostra  Serie  cronologica  p.  58  n.  99. 


400  BIBLIOTECA 


114  babilmente  non  un  compendio  dipendente  da  qualche  relazione  maggiore,  ma  un'operetta 
originate  diretta  dall'  autore  a  persona  che  preventivamente  ne  lo  pregò,  come  risulterebbe 
dai  nn.  9  e  12.  Non  stenteremo  a  crederla  operetta  di  qualche  missionario  Minorità  o  Do- 
menicano. —  TI  secondo,  cui  abbiamo  prefisso  il  titolo  di  Brevis  descriptio  Orbis,  è  un 
curioso  e  non  meno  importante  trattato  di  geografia  medioevale,  compilazione  probabil- 
mente di  qualche  cattedratico,  se  male  non  abbiamo  letto  quelle  parole  «  loquere  ut  in 
genesi  »  che  troviamo  nel  secondo  capoverso  del  num.  I. 

A)  —  De  Saxacenis  et  de  Ritu  ipsoruzn  in  oratione  et  ieiunio,  et  alila  mo- 
rìbtis  ipsonim  (fol.  16  a.  1.  —  16  b.  2). 

1.  —  Saraceni  antequam  orent,  ut  perfectam  mundiciam  habeant,  verenda  sua,  manus, 
brachia,  faciem,  os,  nares,  aures,  occulos,  capillos,  decentissime,  et  ad  ultimum  pedes  lavant. 
Hoc  facto  publica  voce  preconiantur,  unum  confitentes  Deum,  qui  nullum  vel  similem  habet 
vel  equalem,  einsque  Mahomet  prophetam. 

2.  —  De  Ieiunio.  —  In  anno  quoque  integrum  mensem  ieiunant.  leiunantes  autem, 
nocturno  tempore  comedunt,  tempore  diurno  abstinent,  ita  ut  ab  ea  diei  bora  qua  nigrum 
ab  albo  distinguere  possunt  per  visum  filnm,  usque  ad  occasum  nemo  comedere,  bibere, 
ant  nxoris  commixtione  se  presnmat  fcdare.  Post  solis  autem  occasum  donec  ad  sequentis 
diei  crepuscnlum,  semper  libet  eis  cibo  et  potu,  propriis  uxoribns  uti.  Si  tamen  aut  infir- 
mitate  fuerit  pregravatns,  aut  quamdiu  erit  in  via,  aut  languoris  aut  itineris  duraverit 
tempus,  conceditur  eis  quibuscumque  voluerint  et  vesci  et  simul  uti,  sed  tamen  ut  quod 
egritudinis  vel  vie  necessitate  minus  implebit  (1)  postea  emendat  quando  licuerit. 

3.  —  De  domo  in  qua  adorant.  —  Semel  autem  per  singulos  annos  causa  solius 
recognitionis  precipiuntur  omnes  ire  ad  Dei  domum  que  est  in  becha  (2)  videndum,  et  ibi 
adorare,  eamque  inconsutilibus  tegumentis  indnti  circuire,  et  lapides,  prout  lex  precipit,  per 
media  scilicet  femora  retro  lacere,  prò  lapidando  diabolo.  Hanc  autem  domum  dicunt  Adam, 
cum  de  paradiso  exulasset  a  domino,  extruxisse,  et  omnibus  fìliis  eius,  donec  Abraham  ad- 
venit,  locum  orationis  fuisse.  Abraham  autem  fidelis  Dei  servus  eam  roboravit  et  instauravit 
et  in  ea  domino  vota  vovit,  et  sacrificia  obtulit,  filioque  suo  Tsmaeli  nomine  post  mortem 
reliquit,  eiqne  et  omnibus  filìis  eius  per  multa  annorum  curricula,  donec  Mahometus  natns 
est,  orandi  domus  pennansit;  quo  nato  Deus  eamdem  sibi  cunctisque  suis  generationibus  he- 
reditariam  ut  ipsi  perbibent  promisit;  adversarios  preterea  Dei  et  eorura  Prophete  predar!, 
captivare,  interficere,  et  omnibus  modis  persequi;  atque  dein  dictum  censura  persolverint. 

4.  —  De  esu  carnium.  —  Absoluta  -est  etiam  eis  omnis  caro,  preter  porci  camem 
et  sanguinem,  nec  non  morticinum,  ad  vescendum.  Bespuunt  etiam  quicquid  in  alicuius  rei 
(sic)  non  fuerit  Dei  nomine  consecratnm. 

5.  —  De  numero  ua^orum.  —  Licet  preter  id  eis  eodem  tempore  quatuor  legittimas 
habere  nxores,  et  qualibet  repudiata  alìam  semper  accipere,  ita  tamen  ut  quaternarium 
numerum  numquam  transeant. 

6.  —  De  repudio  earum.  —  In  repudio  hoc  quoque  observatur,  ut  usque  tertio  ei 
quamlibet  repudiare,  et  eamdem  rursns  recipere  liceat. 

7.  —  QtMd  entpticias  uxores  haòent  quot  volunt.  —  Empticias  vero  atque  captivas 
quotcumque  voluerit  habere  licitum  erit.  Sed  et  eamdem  vendendi  denuoque  emendi  libe- 
ram  potestatem  habebit.  Sic  tamen,  ut  postquam  semel  gravidam  fecerit,  neqnaquam  se 
alterius  serviiutis  iugo  astringere  poterìt. 

8.  —  Quod  licet  eis  consanguineas  ducere.  —  Conceditur  insuper  eis  de  propria  co- 
gnatione  habere  uxores,  ut  sanguinis  proles  accrescat,  et  fortius  Inter  eos  amicitie  vincnlum 
vigeat. 

9.  —  De  iudiciis  eorum.  —  De  possessìbnibus  repetendis  indicia  talia  sunt  apud  eos, 
qualia  esse  apud  hebreos,  ipse  optime  nosti  :  ut  petitor  testibns  comprobet,  et  negator  iu- 
ramento  semet  expurget.  Testes  autem  nullos  nisi  valde  ydoneas,  probatasque  personas 
dare  possunt. 


(1)  Implevit. 

(2)  Mecha. 


SECOLO  xni.  401 


10.  —  Quod  in  quibusdam  servant  legem  Mot/si.  —  In  quibnsdam  etiam  aliis  mo-    114 
sayce  legis  inorem  custodinnt:  ut,  qai  hominis  sanguinem  fuderit,  eadem  pena   plectatur. 

Et  quisquts  in  adulterio  deprehensns  foerit,  cnm  adultera  pariter  lapidetur. 

11.  —  Quomodo  apud  eos  peccata  punlantur.  —  Qui  autem  cura  qualibet  alia  fuerit 
fornicatus  LXXXta.  flagellis  subiaccbit.  Furibus  autem  talis  indicta  est  pena  ut  prima  et 
secunda  vice  LXXX  flagella  sustineat,  tertia  (vice)  manum,  quarta  pedem  amittat;  et  qui- 
cumque  cuilibet  membrum  abstulerit,  digno  pretio  redimet.  Hec  universa  precepta  adeo 
sunt  proposita,  ut  si  nimis  larga  qnodlibet  faciendi  esset  licentia,  fieret  tocius  gentis  mina. 

12.  —  Qtcod  a  vino  debent  àbstinere.  —  A  vino  semper  abstiuere  iubentur,  quia 
fomes  et  seminàrium  est  omnis  peccati.  Hec  sunt  precipua  legis  mandata,  quia  longum 
est  morari  in  singnlìs. 

13.  —  De  paradiso  guem  expectant.  —  Promittit  itaque  Deus  et  Machometo  suo 
fideli  prophete,  et  credentibos,  legisque  eius  mandata  complentibus  paradisum,  idest,  hortum 
deliciarura  [quemj  per  totum  fluentibus  aquis  irrigavit.  In  quo  sedes  habebunt  perpetuas,  pro- 
teget  eos  arborum  umbra,  nec  frigore  affligentur,  nec  a  calore  ;  omnium  fructnum,  omnium 
ciborum  vescentur  generibus  ;  quicquid  appetitus  cuique  suggerit,  coram  se  confestim  inve- 
niet.  Sericis  induentur  vestibus  omnicoloribus,  accubabunt  in  deliciis,  et  angeli  pincerna- 
rum  ministerio  inter  eos  cum  vasis  aureis  deambulabunt,  in  aureis  lac,  in  argenteis  vinum 
offerentes,  et  dicentes  :  «  Comedite  et  bibite  in  omni  letitia,  et  quod  promisit,  ecce  com- 
pletum  est  » .  lunguntur  virginibus,  quas  nec  humanus,  nec  diabolicus  violavit  contactus, 
iacincti  coraliique  splendore  forma  prestantioribus.  Hec  bona  dabuntur  credentìbus. 

14.  —  Quod  credunt  esse  infernum.  —  Non  credentibus  vero  Deo  et  Machometho 
prophete  eius,  erit  infernalis  pena  sine  fine.  Quantiscumque  autem  peccatis  quisque  obli- 
gatns  fuerit,  et  in  die  raortis  sue  Deo  et  Machometho  crediderit,  in  die  iudicii,  Machometo 
interveniente,  salvus  erit. 

15.  —  De  Machometo  et  eius  educatore.  —  Machometus  utroque  parente  orbatus, 
sub  avunculi  sui  Mamethì  patrocinio  puericie  annos  agebat.  Ydolorum  tunc  temporis  cultus 
cum  universa  gente  arabum  inseviens,  quemadmodum  in  Alcoranio  suo  testatur  dicens, 
Deum  sibi  dixisse  :  «  Orfanus  faisti,  et  te  suscepi  in  errore,  et  te  diii  pauperem  et  locu- 
pletavi » .  Post  aliquantulu  ai  vero  annorum  spatium,  mercenarius  apud  nobilissimam  quam- 
dam  dominam  Cadigiam,  ì  i  brevi  ita  domine  sue  anìmum  obtinuit,  ut  iure  coniugii  rebus 
omnibus  et  rerum  pariter  lonatrìce  potiretur.  Cuius  operibus  (1)  de  pauperrimo  ditissimus 
effectus,  in  tantam  prorup.t  mentis  superbiam,  quod  regnum  arabum  sibi  sperandum  pol- 
liceretur  nisi  timeret  suos  contribnlos,  qui  eum  prò  rege  non  tenent,  cum  sibi  et  equales 
fuissent  et  maiores. 

16.  —  De  simulatione  eius.  —  Viam  tamen  excogitans  qua  rei  efifici  potuisset,  voluit 
se  prophetam  confingere,  ea  videlicet  facetia  eloquentie  quam  apud  diversas  nationes,  dnm 
negociationi  desudaret  ingenii  susceperat  lenitate  ;  et  hoc  etiam  quod  arabum  tunc  temporis 
maior  pars  milites  erant  atqne  agricole,  et  ipsi  fere  omnes  ydolatre,  preter  quosdam  qui 
legi  Moysi,  secundum  Samaritanos  tenebant  heretice,  et  alios  christìanos  qui  Nestoriani 
erant  et  Jacobite. 

17.  —  De  Jacobitis  et  unde  venerunt.  —  Jacobite  autem  sunt  heretici  a  quodam 
Jacobo  dicti,  circumcisionem  predicantes,  Christumque  non  Deum,  sed  hominem  tantum  iustum 
de  Spiritu  Sancto  conceptum,  ac  de  Virgiue  natum,  non  crucifixum  tamen,  neque  mortunm 
credentes. 

18.  —  Fuit  etiam  eo  tempore  in  r^oue  Antiochie  archidiaconns  quidam  amicus  Ma- 
chomethi,  et  hic  Jacobita,  unde  ad  concilium  vocatus  est  et  dampnatus.  Cuius  dampna- 
tionis  pudore  contristatus,  de  regione  aufugìt  et  ad  Machometum  devenit.  Huios  igitur  in- 
nixus  Consilio  Machometus  quod  cogitabat,  et  per  se  tamen  implere  non  poterà t,  ad  effec- 
tum  perdnxit.  Fuerunt  quoque  indei  ex  illis  arabie  quos  diximus  hereticis:  Abdias,  Achatbala, 
Abath-dieri.  Et  hii  quidem  Machometo  se  adhibnerunt,  et  ad  conplendum  stnlticiam  eius 
auxìlinm  prebuerunt,  et  hii  tres  legem  Machometi,  quisque  secundum  suam  heresim  con- 
temperaveruut,  et  talia  ei  ex  parte  Dei  dare  monstraverunt,  que  et  heretici  indei  et  here- 
tici christìani,  qui  erant  in  Arabia,  veracem  crediderunt;  qui  omnes  sponte  credere  nolne- 
rint,  vi  tamen  et  gladii  timore  crediderunt. 


(1)  OpOms, 
BibUoi.  —  Tom.  L 


402  BIBLIOTECA 


114  B)  —  [Brevis  descriptio  Orbis  ex  eod.  cod.  fol.  17  a.  —  18  b.]. 

I.  —  Mandns  dicitnr  quia  undiqne  motus,  quia  semper  movetur,  cuius  figura  assimi- 
latur  ovo,  quod  testa  ambitur,  testa  albugine,  albumen  vitello,  vitellum  gutta  pinguis  in- 
clusum  tenet.  Sic  mundns  undique  celo  circumdatur,  celo  porus  ether  ut  albumen,  ethere 
turbidus  aer  ut  vitellum,  aer  terra  ut  pinguis  gutta. 

Item:  VI  diebus  operatus  est  Deus,  et  in  VII'  quievit;  loquere  ut  in  genesi  (sic?). 
Sunt  autem  IIII  elementa:  ignis,  aer,  aqua,  et  terra,  ex  quibus  Constant  omnia;  qui  in 
modum  circuii  se  continent  et  revolvuntur.  Dum  ignis  in  aerem,  aer  in  aquam,  aqua  in 
terram  convertitur  et  e  contra,  hec  IIII  elementa  propriis  qualitatibus  se  invicem  tenent, 
et  discordem  suam  naturam  concordi  federe  vicissim  commiscent.  Nam  terra  arida  et  frigida 
frigide  aque  convertitur;  aqua  frigida  et  humida  huraido  aeri  convertitur;  aer  humidus  et  ca- 
lidus  calido  igni  convertitur;  ignis  calidus  aride  t«rre  convertitur.  Deputantur  ergo  terre  gra- 
dientia,  atque  natantia,  aeri  volatilia,  et  igni  radiantia.  Est  ergo  terra  sperica  vel  rotnnda, 
unde  orbis  est  dieta,  cuius  circuitus  CLXXX  millibus  stadiorum  misuratur,  quod  duodecies 
mille  miniarla  et  lij  computatur.  Huius  centrum  in  medio,  scilicet  Iherusaìem,  sicut  punctus 
est  centrum  in  medio  circuii  equaliter  locatus,  qne  nullis  fulcris,  sed  sola  divina  potentia 
sustontatur,  unde  dicitur  r  Non  timetis  me,  dicit  Bominus,  qui  suspendi  terram  in  niehilo  ? 

Hec  quinque  zonis,  idest  circulis  distinguitur,  quorum  duo  sunt  inhabitabiles  algore, 
tertius  ardore,  a  quo  sol  numquam  recedit,  et  ad  illos  duos  numquam  accedit.  Mcdii  duo 
habitabiles  sunt,  bine  ardore,  inde  algore  temperati.  Ex  hiis  circulis  V,  primus  est  septen- 
trionus,  secundus  solstitialis,  tertius  equinoctialis,  quartus  vernalis,  quintus  australis. 
Sed  solus  solstitialis  a  nobis  habitatur.  Unde  zona  que  a  nobis  habitatur,  in  tres  partes 
dividitur,  quarum  una  est  Asia,  secunda  Europa,  ab  occidente  usque  ad  septentrionem, 
[tertia]  Affrica  a  meridie  usque  ad  occidentem. 

II.  —  Asia,  a  regina  eiusdem  nominis  est  dieta.  Cuius  Asie  prima  regio  est  paradisus, 
locus  amenus,  invadibilis  hominibus,  quia  igneo  muro  usque  ad  celum  est  cinctns,  et  est 
in  Oriente.  In  hoc  est  lignum  vite.  In  hoc  fons  oritur,  qui  in  IIII  flumina  dividitur. 
Primus  est  Fhyson,  qui  et  Ganges  dicitur  ;  hic  in  India  exit  de  quodam  monte,  et  in  mare 
intrat.  Secundus  est  Gyon,  qui  et  Nilus  dicitur,  qui  Ethyopiam  circuit,  in  Egyptum  de- 
scendit,  fecundans  totam  terram  Egypti,  et  mare,  iuxta  AUoMindriam  per  VII  hostia  in- 
greditur.  Tertius  et  quartus  scilicet,  Tygris  et  Euphrates,  in  Armenia  exeunt  et  in  mare 
intrant.  Post  paradisum  sunt  loca  multa  deserta,  propter  diversa  serpentum  et  ferarum 
animalia.  Postea  est  India,  que  duas  habet  estates  in  anno  et  duas  hyemes,  et  omni  tem- 
pore viret.  Ibi  etiam  sunt  montes  aurei,  sed  propter  gri/fes  et  dracones  adire  non  possunt. 
Ibi  est  Caspius  mons,  Inter  quem  et  mare  AUexander  magnus  conclusit  Gog  et  Magog, 
gentes  ferocissimas,  humanis  carnibus,  et  crudis  bestiis  utentes.  Hec  India  habet  XLIIII 
regiones  diversos  homines  continentes.  Ibi  sunt  in  quibusdam  montibus,  duorum  cubitorum 
homines  contra  gruas  pugnantes.  Hii  tertio  anno  pariunt,  et  VIII'  senescunt;  apud  istos 
crescit  piper  colore  albo,  sed  denigratur  igne  et  fumo  qui  fìt  ibi  cum  colligitur  ut  fugiant 
serpentes  qui  ibi  sunt.  —  Itera  in  alio  loco  sunt  homines  qui  macrobii  dicuntur  XII  cu- 
bitorum, qui  bellant  contra  griffes,  qui  habent  corda  (1)  leonum,  alas  et  ungula  aquilarum. 

Item  sunt  ibi  homines  qui  non  possunt  mori  sed  cum  multnm  senuerint,  a  filiis  mac- 
tantur,  sed  illud  bonum  [credunt],  mac(tare)  parentes  et  mactatos  comedunt,  et  qui  hoc 
ibi  non  faceret  impius  iudicaretur.  Item  sunt  ibi  alii  qui  pisces  crudos  comedunt,  et  salsum 
mare  bibunt. 

Item  sunt  ibi  malieres  que  parinnt  canes  pneros,  et  cum  senescunt  nigrescunt,  et 
diu  vivunt. 

Item  sunt  ibi  quidam  monoculi,  qui  uno  tantum  fui  ti  pede  auram  carsu  vincnnt,  et 
in  terram  positi  (fol.  17h,l:)  umbram  sibi  pianta  pedis  erecta  faciunt. 

Item  sunt  ibi  quidam  absque  capite  habentes  in  humeris  occulos,  et  prò  naso  et  ore 
duo  foramina  habent  in  pectore,  setas  habeut  ut  bestie. 

Item  sunt  quidam  iuxta  fontem  Ganges,  qui  solo  odore  vivunt  cuinsdam  pomi,  et  quo- 
cumque  vadunt,  poma  illa  secum  portant,  morìuntur  enim  si  parvnm  odorem  trahunt. 

Item  sunt  ibi  serpentes  tam  vasti  ut  cerros  devorent. 


(1)  Piuttosto  corpora.  —  Confronti  il  lettore  la  presente  descrizione  dell'Asia,  con  la 
relazione  del  Minorità  Piancarpino  riportata  sopra,  sotto  l'an.  1245-48  al  n.  56. 


SECOLO  xm.  403 


Item  est  ibi  bestia  que  faciem  habet  hominis,  corpus  leonis,  caudara  scorpionis,  vocem    114 
serpentis,  velocior  cursu  qnam  avis  volata.  Item  sunt  ibi  boves  tricornes,  pedes  eqni  habentes. 

Item  est  ibi  monoceros  caius  corpus  eqni,  caper  cui  pedes  elephantis,  cauda  suis. 
Habent  unum  cornum  in  fronte  accutissimum.  Diros  habent  mugitus,  et  omne  qnod  obstat 
cornu  transverberant.  Captus  potest  perimi,  sed  non  domarL 

Item  Gange  fluvio  sunt  anguille  tricennarum  pedum  longe.  Item  ibi  est  quidam  vermis 
instar  cancri  bina  habens  brachia,  VI  cubitoram  longa,  quibus  elephantes  corripiuntur,  et 
nndis  merguntur. 

Item  Indicum  mare  gignit  testndines  ita  magnas,  ut  de  earum  testis  capacia  hosptcia 
sibi  faciant  homines. 

Item  habent  magnetem  lapidem  qui  ferrum  rapit  et  adamantem,  qui  non  nisi  hyrcino 
sanguino  frangitur. 

Item  ab  Indo  flumine  usque  ad  Tygrim  est  Parf^ta  XXXIII  bs.  regionibus  distincta. 

Item  a  Tigri  usque  ad  Euphratem  est  Mesopoiamia.  Ibi  est  civitas  Ninive  itinere  trium 
diernm,  a  Nino  rege  constructa.  Ibi  est  Babilonia  a  civitate  Babilone  nominata,  quam 
Menibrot  gygas  fundavit.  Cuius  muri  latitndo  L  cubitorum,  altitudo  CC,  ambitus  cJTitatis 
GCCCLXXX  stadiorum,  C  portis  ereis  firmata,  per  cuius  medium  fluit  Euphrates. 

Item  ibi  fuit  turris  Babel.  Ibi  est  Chaldea  in  qua  primum  inventa  fiiit  astronomia. 
Ibi  est  Arabia;  in  hac  thns  coUigitur.  Ibi  est  mons  Synay,  qui  etiam  Oreb  dicitur,  in 
quo  lex  data  est  Moysi.  Ab  Euphrate  usque  ad  mare  mediterraneum  est  Syria,  a  Syro  rege 
sic  dieta,  in  qua  est  Damasciis,  a  Damasco  Abrahe  servo  dieta  et  constructa.  Ibi  est  An- 
tiochia, ab  Antiocho  rege  dieta,  olim  Béblata  vocata.  Est  in  ea  Fenicia  regio  a  finìce  aye 
dieta,  que  tantum  in  ea  invenitur. 

Ibi  est  Tyrus  et  Sydon,  Mons  Libantts  ad  cuius  radices  oritur  Jordanis  fluTins. 

Ibi  est  Palestina,  que  nune  Ascalon  vocatur.  Ibi  est  ludea,  a  luda  filìo  lacob  dieta. 

Ibi  est  Jerusalem,  quam  Sem  filius  Neo  Salem  vocavit. 

Ibi  est  Galilea,  in  qua  est  Nazareth. 

Ibi  est  Pentapolis  regio  a  V  civitatibus  dieta,  in  qua  foit  olim  Sodoma,  et  Gomorra 
etc.  In  hac  est  Mare  mortuum. 

Hee  predicte  r^iones,  ab  oriente  incipientes,  recta  linea  ad  mediterraneum  mare  ex- 
tenduntur,  quibus  usque  austrum  Egyptus  coniungitur,  in  qua  sunt  XXIUI  gentes.  Hec 
Nilo  irrigatur.  Centum  millibus  villarum  oruatur.  Numquam  nube  obscuratur.  Nulla  pluvia 
irrigatur,  sed  Nilo  fecundatur.  Hanc  sequitur  Albania,  cui  coniungitur  Armenia,  in  qua 
est  mons  Ararat,  in  quo  archa  Noe  a  diluvio  remansit,  cuius  usque  hodie  ligna  videntur. 
Huie  connectitur  Capadochia,  in  qua  eque  a  vento  coneipiunt,  sed  fetus  illi  triennio  vivunt. 
Hanc  sequitur  Asia  minor.  In  qua  est  Ephesus,  ubi  quiescit  Ioannes  Evangelista.  Ibi  est 
Bitinia,  Nichomedia,  Gallacia,  Frigia,  Licia,  Pisidia,  Pamphilia. 

m.  —  Europa,  ab  Europe  rege  est  dieta,  que  ab  occidente  usque  ad  septentrionem 
extenditur.  In  qua  hee  sunt  provincie  :  Alania,  Dacia,  Gothia,  Germania,  a  germinando 
populos  dieta,  in  qua  est  Svevia,  a  monte  Svevo  dieta,  etiam  Alamania  dieta  a  lacu  Ale- 
manno. In  hac  Banubius  oritur,  et  LX  precipnis  lluviis  augetur  et  in  VII  hostia  ut  Nilus 
pontìcum  mare  ingreditur.  In  hac  est  etiam  Bagvaria  (1),  Franconia,  Turingia,  Saxonia. 
Postea  est  Dania  et  Norgvea. 

Deinde,  versus  orientem,  Panonia,  Hungaria,  et  Tracia.  Postea  hee  Consfantinopolim 
habet,  a  Constantino  constrnetam. 

A  mediterraneo  mari  est  Grecia,  a  Greco  rege  dieta.  In  qua  est  mons  Olympus,  qui 
excedit  nubes.  In  hac  pst  abesten  (2)  lapis  qui  semel  aceensus  extingui  non  potest. 

Ab  Aquilone  est  Histria,  cui  coniungitur  Ytalia,  in  qua  est  urbs  Boma,  Romulo  con- 
stroeta,  formam  habens  leonis,  quia  sicut  leo  ceteris  bestiis  preest  et  dominatur,  sic  ìpsa 
ceteris  civitatibus.  Brundttsium  habet  formam  cervi,  Cartago  bovis.  Troia  equi.  Et  in  Ytalia 
Tuschia,  a  Thurc  et  sacrificiis  dieta,  Campania,  Apulia,  est  et.  Umbria  dieta  qnod  imbribus 
tempore  diluviì  guperfhit.  Et  Longobardia,  a  longis  barbis  dieta,  Venecia,  a  Veneto  rege 
prins  dieta,  Gaìlia  a  candore  populi  dieta,  quia  cala  (3)  grece  lac  dicitur.   Hee  a  monte 


(1)  Bavaria. 

(2)  Dal  greco  aa^EaTov. 

(3)  Dal  greco  f»^»* 


404 


BIBLIOTECA 


114  Jovis  surgit,  et  versus  aquilonem  britanicnm  occeanum  incidit.  Hec  Francia  a  Franche 
rege  dieta  est.  Inde  est  Yspania  ab  Yspano  rege  dieta,  qne  prins  Yhernia  ab  Ybero  flu- 
mine  dieebatur.  —  Postea  est  Briiania,  Anglia,  Ybernia,  Tìieatos.  Coius  terra  quovis  por- 
tata serpentes  perimit. 

Inde  snnt  insule  qnedam,  qnarnm  arbores  nnmqnam  dcponont  [folia];  et  in  qnibas 
sex  mensibns  estivis  est  eontinnns  dies,  et  spi  hybernis  continna  nox.  Ultra  has  versus 
aquilonem  est  mare  congelatum,  et  frigus  perpetuum. 

IV.  —  Affrica,  ab  Affer  uno  ex  posteria  Abrahe  dieta.  Hec  in  oriente  Indi  flumìnia 
surgit,  et  per  meridiem  vergens  per  occidentem  tendit, 

Huins  prima  provincia  est  Libia.  Inde  est  Numidia,  in  qua  regnavit  lugurta.  In  qua 
est  civitas  Ypone,  ubi  beatus  Augustinus  fnit  episcopus, 

Illic  est  Ethyopia  ab  Ethyope  dieta,  unde  fuit  regina  Saba.  Ulic  est  etiam  fons  tam 
frigidus  diebus  ut  non  bibatur,  tam  fervidus  noctibus  ut  non  tangatur.  Ubi  habitant  Tro- 
godile  qui  sunt  adeo  veloces  ut  feras  cursu  capiant. 

Sardinia  est  insala  a  Sardine  rege  dieta,  Hérculis  filio,  in  qua  nec  serpens,  nec  lupus 
gignitur.  In  ea  est  soUfuga  animai  ut  aranea  morsu  homines  perimens.  In  ea  est  barba 
similis  apiasiro,  que  comedentes  intus  contrahit,  et  quasi  ridentes  interimit.  In  bac  sant 
fontes  calidi,  infirmis  medelam,  fnribus  cecitatem  ferentes. 

Infernus  ideo  dicitur  quia  inferius  sub  terra;  est  autem  locus  igne  et  sulphure  hor- 
ridus,  inferius  dilatatus,  et  superius  angustatus.  Èie  laeus  vel  terra  mortis  dicitur,  quia 
anime  illuc  descendentes  veraciter  moriuntur.  Dicitur  stagnum,  quia  ut  lapis  in  stagno, 
sic  in  ipso  anime  merguntnr.  Dicitur  terra  tenebrosa,  quia  fumo  et  fetoris  nebnla  obscu- 
rator.  Dicitur  terra  oblivionis,  quia  illorum  Deus  obliviscitur,  qui  ibi  sunt,  sic  (ut)  ipsi 
obliti  fucrunt  Deum.  Dicitur  tartarus  a  tremore  et  horrore,  quia  ibi  &st  lietns  et  strider 
dentium.  Dicitur  Gehenna,  et  terra  ignis;  Gehenna  enim  terra  dicitur.  Dicitur  etiam  Stix 
qued  grece  sonat  tristiciam.  Flegeton  est  flumen  infernalis,  fetore  et  ardere  borri bilis. 

V.  —  Nota:  Philosophi  dicunt  a  terra  usque  ad  lunam  cxxv  stadiorum,  qued  sunt 
xv.Dc.ixv  miliaria.  —  A  luna  asque  ad  mercurium  vTidccc.xx  miliaria.  Inde  ad  Venerera 
totidem.  —  Inde  ad  solem  xxiii.  ccxjc.  xxxvu  miliaria.  —  A  sole  ad  Martem  xv\dc.xivi 
miliaria.  —  Inde  ad  lovem  vldccc.xii  miliaria.  —  Inde  ad  Satnmum  totidem.  —  Inde 
ad  firmamentum  xxm.  ecce,  xxxvi  miliaria. 

Sunt  itaque  a  terra  usque  ad  celum  a  et  tK  et  ooc.L.rxxYi  miliaria. 


Hebrei  auctore  Moyse  sic  menses  nominant,  ab  Aprili  in  quo  Pascha  celebrant: 


Aprilis 

= 

Nisan. 

lunius 

= 

Suivan. 

August. 

= 

Ab. 

October 

— 

Tesori. 

Decemb. 

— 

Casleu. 

Pebruar. 

= 

Sabath. 

jyptii  vero  auctore  Habraa 

Septemb. 

= 

Thoth. 

Octuber 

— 

Faosi. 

Novemb. 

= 

Athir. 

Decemb. 

= 

Chocat. 

lanuar. 

= 

Thybi. 

Februar. 

= 

Machir. 

reci  vero 

Feroneo  auctore. 

Decemb. 

= 

Apuleyos. 

lanuar. 

= 

Eydimos. 

Februar. 

— 

Pericios. 

Martìus 

=: 

l>istros. 

Aprilis 

— 

Xanticos. 

Maius 

= 

Artemesios. 

Maius 

= 

Jiar. 

lulius 

= 

Thamun. 

Septem. 

= 

Elul. 

Novera. 

= 

Marhasuam. 

lanuar. 

= 

Thebeth. 

Martias 

= 

Adar. 

Etmbri  computant,  sicque  eoi 

Martius 

= 

Femenoth. 

Aprilis 

= 

Farmuthi. 

Maius 

~~ 

Pachom. 

lunìus 

^"^ 

Paum. 

lulius 

= 

Epysai. 

August. 

— 

Mesori. 

is  inchoant,  quos  sic  vocant 

lunius 

= 

Deseos. 

lulius 

— 

Ponemos. 

August. 

= 

Loos. 

Septemb. 

^= 

Gorpicos. 

October 

= 

Niperbetheos. 

Novemb. 

~— 

Bios. 

SECOLO  xm.  405 


Sec.  xm.  —  De  Via  eundi  de  lope  in  lorusalem,  et  de   Sancto   Sepulchro,     116 
et  alìis  locìs. 

Questo  itinerario  trovammo  nel  codice  miscellaneo,  cartaceo  in  4',  della  biblioteca  Ca- 
pitolare di  Verona,  segnato  cod.  CCCXVII,  a  foli.  19  v.- 26  v.  Nella  prima  pagina  del 
codice  si  legge  la  presente  nota  autografa  :  Questo  presente  libretto  è  di  me  Felice  Feli- 
ciano  da  Verona  scripto  del  anno  1458  del  mese  di  marzo  ;  nota  che  fé'  credere  al  Tobler 
l'itinerario  esser  opera  del  Peliciano,  e  del  1458,  e  di  poca  importanza.  Alla  lettura  del 
breve  itinerario,  noi  ci  persuademmo  al  contrario  dell'  illustre  palostinografo  (1),  e  senza 
esitare  lo  diciamo  composto  verso  i  primi  del  secolo  XIII,  e  come  tale  di  ben  maggior 
importanza  che  non  sembrò  al  citato  Tobler.  Questo  itinerario,  o  meglio  guida  del  pelle- 
grino in  Terra  Santa,  merita  di  vedere  la  luce  nel  presente  nostro  lavoro  ;  e  ringraziamo 
vivamente  l'egregio  vice  Bibliotecario  della  capitolare  D.  Antonio  Spagnolo  che  gentilmente 
volle  egli  stesso  trarcene  copia  fedele.  I  Palestinografi  lo  confrontino  con  altri  simili  codd. 
notati  dal  Kohricht  e  con  un  testo  edito  dal  Neuman  (2). 

De  Via  eundi  de  lope  in  lerusalem  et  de  Sancto  Sepulchro  et  aliis  locis. 

Si  quis  de  lope  in  lerusalem  ire  voluerit  ortum  solis  semper  teneat. 

Extra  portam  civitatis  sancte,  fuit  lapidatus  Stephanus.  In  civitate  est  sanctum  Se- 
pulchrum.  In  choro  est  medium  mundi.  Ubi  Nicodemus  et  Joseph  ab  Arimathia  posuerunt 
corpus  Icsu.  Ad  oxitum  cliori  ad  sinistram  parteui  est  mons  Calvarie,  ubi  fuit  Dominus 
crucifixus:  ibique  fecit  Ahraam  sacrificium  Deo. 

Subtus  est  Golgotha,  ubi  sanguis  Christi  saxum  perforavit  et  cecidit  super  caput  Adam. 

Ketro  locum  Calvarie  est  columna,  in  qua  Dominus  fuit  ligatus  et  flagollatus. 

luxta  V"  (sic?)  per  descensus  XL»  graduum  est  locus,  ubi  sca.  crux  fuit  inventa  ab 
Helena. 

Ad  introitnm  sci.  Sepulchri  per  descensus  XL»  graduum  est  ecclesia  grecorum  ubi 
est  sca.  crux  que  fuit  inventa  (3),  et  yraago  beato  Virginis  que  locuta  fuit  beate  Marie 
Egyptiace. 

Foras  dicti  Sepulchri  contra  aquilonem,  est  ecclesia  sci.  Kyriaci,  et  ibi  corpus. 

Ante  .'ntroitum  sci.  Sepulchri  contra  meridiem  est  domus  sci.  Ioannis  (4). 

Et  iuxta  est  raonasterium  sanctarum  monialium  de  Tyro  (5),  et  ibi  circa  est  ecclesia, 
ubi  beata  Virgo  Maria,  et  cetere  Marie  dilacerabant  capillos  suos  in  passione  Christi. 

Ab  ilio  loco  erga  montem,  quantum  potcst  arcus  bis  jacere,  est  Templum  Domini  in 
quo  est  magnus  lapis  et  supra  lapidem  erat  arca  Domiin',  in  qua  erat  virga  Aaron  et  ta- 
bula testamenti,  et  sex  candelabra  aurea  et  urna  in  qua  erat  manna.  Ad  sinistrum  lapidi s 
apparet  vestigium  lacob,  ibi  fuit  oblatus  rex  regum  de  Virgine  natus  manibus  iusti  Sy- 
meonis.  Ad  dexteram  apparuit  angelus  Domini  Zacharie;  sub  lapide  est  quedam  spelonca,  ibi 
fuit  confessio  sacerdotum,  el  ibi  est  sancta  sanctorum,  et  ibi  dimisit  Deus  peccata  mulieri 
deprehense  in  adulterio. 

Porta  que  respicit  contra  orientem  dicitur  speciosa,  et  alia  que  respicit  ad  aquilonem 
dicitur  porta  paradisi,  et  est  fons  paradisi  de  quo  dicit  propheta  :  Vidi  aquam  cgndicntcm 
de  tempio. 


(1)  Bibliograph.  geogr.  Palaeatinae  p.  49. 

(2)  Cfr.  Ròhricht  Bibliot/i.  geogr.  Palaest.  n.  97,  p.  40-41. 

(3)  Cfr.  Theodoricì  libellus  de  locis  sancOs  ed.  Tobler  cap.  9. 

(4)  Cioè  dei  cavalieri  di  S.  Giovanni  Battista. 

(5)  Dì  queste  monache  parla  il  citato  Theodoricus  cap.  13.  Notiamo  che  l' autore  del 
nostro  itinerario  usa  il  presente  per  indicarci  1'  attuale  presenza  di  Suore  nell'  indicato  mo- 
nastero. 


406  BIBLIOTECA 


116  Per  oxitum  illutn  circa  murum  est  prohaiica  piscina,  ubi  angelus    Domini   descendit 

secundum  tempus  et  movebatur  aqua.  Coram  ianna  illa  templi  que  respicit  contra  meri- 
diem  est  templum  Salomonis.  Et  in  angulo  civitatis  super  murum  est  talneum  Christi  et 
pila,  ibique  fuit  sepulchrnm  sei.  Simeonis  insti  (1).  Inter  templum  et  portas  aureas  fue- 
runt  arbores  de  quibus  accipiebant  ramos  palmarum  et  iactabant  in  via  quando  Deus 
transibat  in  ramis  palmarum. 

Et  ex  inde  capitur  via  qne  ducit  ad  sanctam  Annam,  ubi  est  s?epulchrnm  eius.  Et  ibi 
est  alia  piscina.  Iterum  ad  templam  porta  illa  que  respicit  ad  orientem  dicitur  lerusalem. 
Et  iuxta  portam  paradisi  et  lerusalem  ubi  Saraceni  adorant  (2).  Fuerat  olim  ara  in  qua 
Ahraam  fecit  sacrificium  de  filio  suo,  ibique  interfectus  fuit  Zacharias,  filius  Barachie. 

Extra  portam  que  dicitur  lerusalem  fuit  quedam  capella  de  qua  fuit  precipitatus  lacob 
frater  Domini.  Et  per  descensus  super  gradus  apparent  vestigia  asine  Domini.  Et  inferias 
sunt  porte  auree. 

luxta  turrim  David  est  quedam  capella  grecorum  ubi  sunt  reliquie  sci.  lohannis  Chry- 
sostomì  et  beati  Demitrii  martyris.  Exinde  capitur  via  ad  montem  Syon. 

In  monte  Syon  est  ecclesia  devastata,  ubi  migravit  beata  Virgo  Maria  a  seculo  et 
exinde  fuit  ducta  in  losaphat  per  manus  angelorum.  Coram  illa  ecclesia  magna  est  capella 
quedam  ubi  Dominus  fuit  legatus  et  flagellatus  et  ad  mortem  iudicatus.  Et  hec  fuit  domus 
Caypìie  pretorium.  Super  ecclesiam  magnam  est  capella  sti.  Spirifus  ubi  ascendit  super 
Apostolos  in  die  pentecostem,  et  ibi  supra  est  quodam  altare  in  quo  cenavit  Dominus  cum 
discipulis  suis.  Et  inferius  est  locus  ubi  lavit  pedes  Dominus  discipulis  suis,  Petro  ultimo. 

Sub  monte  Syon  est  capella  que  olim  vocabatur  Galilea,  ubi  Deus  apparuit  Symoni 
et  mulieribus  post  resurrectionem. 

Sub  monte  Syon  ex  alio  latere  natatoria  Siloe,  ubi  illnmìnavit  Dominus  cecum  natum. 
Et  ibi  dicitur  fuisse  sepultus  Ysaias  propheta. 

Et  sapra  Siloe  est  Acheldemack  locus  et  sepultura  peregrinornm.  Ager  ille  sanguinìs 
qui  emptus  XXX*  argenteis  quem  appreciaverunt  a  filiis  Israel. 

Sub  portis  aureis  in  valle  losaphat  est  torrens  Cedron,  et  ibi  coUegit  David  propheta  V 
lapides  de  quibus  interfecit  Goliam  gigantem.  Ibi  iuxta  est  losaphat  locus  et  sepulchrum 
beate  virginis  Marie.  Et  exinde  assumpsit  eam  Dominus  noster  Yesus  Christos. 

Et  ibique  iuxta  est  Gethsemani  locus  ubi  captus  fuit  Deus  a  ludeis  et  apparent  di- 
giti eius  in  muro. 

Et  exinde  quantum  est  iactus  lapidis,  est  locus  ubi  orabat  patrem  et  factas  est  sudor 
eius  sìcut  gutte  sanguinis.  Ibi  prope  in  valle  est  locus  in  quo  fuit  positus  rex  losaphat 
et  inde  dicitur  vallis  losaphat. 

Ibi  prope  est  mons  Oliveii  ubi  ascendit  Dominus  in  calura,  et  adhuc  apparet  vestigium 
pedis  eius  sinistri  ;  ibi  iuxta  est  capella  grecorum  ubi  est  corpus  beate  Pelagie  virginis.  Et 
postea  iuxta  «st  capella  ubi  Dominus  fecit  Pater  noster. 

A.  monte  Oli  veti  usque  Bethphage  distat  miliarium  dimidium-,  locus  est  unde  misit 
Dominus  Petrum  et  lohanuem  ut  ducerent  sibi  asinam. 

A  monte  Oliveti  usque  Bethaniam  distat  unum  miliarium,  ubi  (Christus)  snscitavit 
Lazarum  et  dimìsit  peccata  Marie  Maydalene. 

Ab  ilio  loco  distat  VI  lines  (3)  usque  ad  Quarentanam  obi  iciunavit  Dommus  XL* 
diebns,  et  ubi  temptatus  est  Dominus  a  diabolo. 

Sabtus  est  locus  Ahrae  et  ibi  prope  est  lerico. 

Inde  usque  ad  lordanem  distant  duo  liues  ubi  Dominus  fuit  baptizatus  a  lohanne  et 
audita  est  vox  Patris. 

Inde  usque  ad  montem  Synai  distant  Vili  diete,  ubi  Deus  dedit  legem  Moysi.  Et  corpus 
beate  Katerine  virginis  ibi  est. 

De  lerusalem  distat  I  leuga  ad  scm.  Helyam  contra  meridieui.  Et  ibi  prope  est  flo- 
ridus  (4).  Et  ibi  circa,  prope  viam,  est  sepulchrum  Rachelis  uxoris  lacob.  Exinde  ab  uno 


(1)  Cfr.  il  citato  Theodoricus  cap.  18. 

(2)  Da  questa  espressione  potremmo  ricavare  che  1'  autore  scriveva   molti   anni   prima 
del  definitivo  ritorno  de'  Saraceni  in  Gerusalemme  (e.  1240). 

(3)  Nel  cod.  liues,  liuces  e  leayes  promiscuamente. 

(4)  Floridus  campus. 


SECOLO  XIII.  407 


miliario  est  Beihlcem  ubi  Deus  fuit  iiatus.  Contra  nativitatem  est  Presepe  Domini,  ubi  Magi    115 
ab  oriente  vencruiit  adorare  Domìnum.  Ad  exitum  chori  a  dextris  est  puteus  ubi  stella  cecidit. 
Ad  siiiistrum  sub  claustro  sunt  Innocentes  et  sepulchrum  sancti  Hieronymi  presbiteri. 

A  Bethleem  usque  ad  locum  Pastorum  distat  I  miliarium,  ubi  angelus  Domini  ap- 
paruit  pastoribus  in  nativitate  eius,  nocte  illa  Gloria  in  excelsis  Beo  cantantes. 

A  Bethleem  usque  in  Ebron  ad  scm.  Abraam  distant  V'  liues,  ubi  finxit  Deus  Adam, 
ot  ibi  est  corpus  eius.  Et  corpora  sanctorum  patriarcarum  scilicet  Abraam  Isaac  et  lacob 
ibique  sunt.  Ostendit  se  Deus  Abrae  in  trinitate  ad  radicem  Mambre. 

De  lerusalem  ad  castellum  Emaus  sunt  V  liues  ubi  ostendit  se  Deus  discipulis  suis 
ut  peregrinus. 

De  lerusalem  usque  ad  scm.  Crucem  distat  I  iniliarinm  contra  occidentem,  ibique 
crevit  arbor  unde  fuit  facta  sancta  crux. 

De  lerusalem  ad  Samariam  que  vocatur  NeapoUs  distant  X  liucos,  ibi  est  puteus 
lacoh,  ibique  locutus  est  Deus  cum  muliere  samaritana.  Et  exinde  usque  Sebastiana,  duo 
railiaria  ubi  fuit  decolatus  beatus  Johannes  baptista.  Inde  usque  ad  montani  Thabor  contra 
aquilonem  distant  X  leuges,  ubi  transfiguratus  est  Deus  coram  discipulis  suis.  Ibi  prope 
est  mons  Hermon  ubi  suscita?it  Deus  filium  mulieris  viduae.  Contra  orientem  est  mare 
Galilee  ubi  saciavit  Dominus  V*  millia  hominum. 

A  monte  Thabor  usque  Nazareth  distant  tres  Jeuges  ubi  obumbravìt  Deus  corpus 
beate  Marie  Virginis.  Ibique  salutavit  eam  angelus. 

A  Nazareth  usque  Cana Galilee  distant  tres  leuges  ubi  fuit  natns  beatus  lacób  filius  Zebedei. 

Terra  lerosolimitana  in  centro  mundi  est  posita,  ex  maiori  parte  montuosa,  ubere 
gleba  fertilis.  Cui  ab  oriente  adiacet  Arabia,  ab  occidente  mare  magnum,  a  septentrione 
Siria  et  mare  Cyprum.  Hec  ab  antiquis  retro  temporibus  commnnis  fuit  patria  nationum  que 
ad  loca  sancta  tollenda  illuc  de  quibuslibet  partibus  convenerunt  sicut  in  actibus  aposto- 
lofum  legitur  et  in  missione  Spiritus  Sancti.  Amen. 

Be  diversitate  gentis  que  habitant  in  lerusalem:  Parti,  Medi  etc.  (1). 

Nunc  autem  iste  gentes  versantur  in  ea,  et  habent  oratoria  et  domicilia. 

Christianoruìn  vero  varie  sunt  gentes  in  varias  scolas  divise.  Quarum  prime  sunt 
Franchi  qui  Latini  verius  appellantnr,  homines  bellicosi,  armis  exerciti,  nudi  capite  et 
soli  intei"  gentes  illàs  omnes  barbam  radunt  et  dicuntur  omnes  Latini,  quia  latina  littera 
utuntur  et  Romane  Ecclesie  sunt  subditi.  Isti  pure  catholici  sunt. 

Alii  sunt  Greci  ab  Ecclesia  Romana  divisi,  homi.nes  astuti,  armis  parum  exerciti, 
pillos  longos  portantes,  errantes  in  fide  et  iuris  articulis,  precipue  in  co  qnod  dicunt  Spi- 
ritnm  Sanctum  non  a  Patre  et  Filio,  sed  a  Patre  solo  procedere,  et  solummodo  fermen- 
tatum  sacrificant,  et  multis  aliis  errant,  propriam  habent  litteram. 

Alii  sunt  Suryani  armis  inufiles,  ex  maiori  parte  barbam  non  habent.  Inter  Lati- 
norum et  Grecorum  cultura  medii,  ubique  tributarli,  fortes  in  fide  et  sacramentis  per  omnia 
concordantes,  litteram  habent  saracenicam  in  temporalibus,  et  spiritualibus  grccam. 

Alii  sunt  Arinenici  armis  aliquibus  exerciti,  et  grecis  in  multis  discordantes,  ieiunantcs 
in  omni  tempore  nativitatem  Christi,  suam  XL»",  in  die  apparitioiiis  nativitatis(2)  Christi  celo- 
brantes,  et  multa  alia  contra  ecclesiastica  instituta  facientos.  Hii  propriam  habent  litteram  ; 
Inter  Armenos  et  Grecos  odium  implacabile.  Armeni  nuper  Romane  ecclesie  obedire  promise- 
rant  dum  rex  eorum  a  Maguntino  Archiepiscopo  romano  sedis  legato  coronam  accepit(3). 


(1)  Da  questo  articolo  De  diversitate  gentis  si  scorge  che  il  compilatore  di  questo  iti- 
nerario sì  è  servito  della  Historia  Hierosolymitana  del  De  Vitry  (•}•  1240)  come  tutti  i  com- 
pilatori di  simili  itinerari  durante  i  secoli  XIII-XV,  eccettuati  quelli  che  scrissero  de  visu. 

(2)  Intendi:  in  die  Epiphaniae  nativitatem  Christi  celebrantea. 

(3)  Re  Leone  II  di  Armenia,  detto  il  grande,  fu  coronato  da  Conrado  arcivescovo  di 
Magonza,  indi  consacrato  dal  patriarca  Gregorio  nel  1198;  si  uni  col  suo  clero  e  popolo 
alla  Chiesa  Romana  sotto  Innocenzo  III»  dal  quale  nel  1199  ebbe  il  titolo  e  la  dignità  regale. 
Cfr.  Hurter  Storia  d' Inn.  111%.  I  p.  319.  Du  Cange-Rey  X/««/amittc«  d'oM^re-«ier  p.  120-21. 
Abbiamo  dunque  l'epoca  in  cui  fu  compilato  questo  itinerario;  il  compilatore  ricordando 
questa  unione  come  nuper  avvenuta,  necessariamente  scriveva  nei  primi  anni  del  secolo  XIII. 


408  -  BIBLIOTECA 


115  Alii  snnt  Georgiani,  scm.  Georgium 'Solepipni  pompa  colentes,  armis  plurimum  exer- 
citi,  barbam  et  comam  iu-  immensura  nutrientes,  gestantes  unius  digiti  pilos  ;  istornm  tam 
laici  qnam  clerici  coronas  habent  ad  instar  clericornm,  sed  clerici  habent  rotundas,  laici 
qaadratas,  fermentatnin  sacrificant  et  in  omnibus  grecos  imitantes,  propriam  habent  litteram. 

Alii  snnt  lacobini  siye  lacobite,  a  qnodam  lacobo  vana  heresi  damnati,  pessime  cre- 
dentes,  chaldeam  habent  litteram. 

Alii  sani  Nestoriani  in  fide  heretici,  dicentes  beatam  Mariam  tantam  hominis  matrem 
fuisse;  et  in  mnltis  aliis  errantes,  litteram  habent  chaldeam. 

Latini  et  in  varias  gentes  dividuntur,  scilicet  Alemannos,  Eispanos,  Gallos,  Italicos, 
et  omnes  gentes  qoas  parit  Europa. 

De  qaibns  italicis  snnt  in  terra  israelitana  tres  populi  ipsi  terre  plarimum  efficaces, 
scilicet  Pisani,  lanuenses  et  Veneti,  navali  exercitio  perdocti,  in  aquis  invicti,  et  in  omni 
bello  exerciti,  mercimoniornm  ingeniis  sagaccs,  a  cnnctis  tribatis  et  redditibns  liberi,  exempti 
ab  omni  iarisdictione,  sibimetipsis  iara  dicentes,  inter  se  tamen  invidi,  et  discordes,  qnod 
securitatem  maiorem  exhibent  Saracenis.  Finis. 

Sec.  Xm.  —  Itinerarium  Sanctorum  Locortun. 

116  Codice  membranaceo,  segnato  0.  35,  della  biblioteca  Ambrosiana  di  Milano.  Questo 
itinerario  segue  quasi  verbalmente  quello  della  biblioteca  di  Verona  De  Via  eundi  de  loppe, 
inserito  nel  precedente  articolo  di  questa  nostra  Biblioteca.  L'ambrosiano,  scritto  scorret- 
tamente su  membrana,  è  stato  compilato,  crediamo,  dopo  la  metà  del  secolo  XIII. 

(fai.  116r.)  Si  quis  voluerit  ire  ab  Acon  ad  montem  Carmelum  snnt  leugue  Vili 
ubi  fuit  beatus  Elias  propheta.  De  Carmelo  ad  Cesaream  sunt  leugue  Vili,  ibi  dicitur 
esse  tabula  Domini  et  quatuor  filìe  Sci.  Filippi  et  locus  centurionis  Corneli. 

Et  de  Cesarea  usque  lopem  sunt  leugue  XII,  ubi  est  petronus  sci.  lacobi  Appli. 

De  lope  usque  Terusalem  sunt  leugue  XII;  ibi  fuit  lapidatus  beatus  Stephanus,  extra 
civitatem,  et  ideo  vocata  est  civitas  illa  prima  (sic)  porta  Yerusalem,  porta  sci.  Stephani. 

Intret  et  perquirat  loca  sca.  per  ordinem.  Primo  S^aulcrum  Xpi.  et  in  coro  medium 
mundi,  deinde  ad  exitum  chori  ad  sinistram  est  mons  Calvarie,  ubi  fuit  Dominus  cmcifixus. 
Et  subtus  in  Golgotha  ubi  sangnis  Domini  saxum  perforavit  et  cecidit  super  capud  Adam. 

Coram  Golgotha  iacent  omnes  reges  lerusalem.  Retro  tumbam  magni  altaris  est  co- 
lumna,  ubi  Dominus  fuit  ligatus  et  flagellatns  (1).  luxta  ibi  per  descensum  XL  gradunm 
est  locus,  ubi  beata  Ehlena  invenit  veram  crucem.  Et  adexteram  (sic)  exitus  Chori  est  career 
Domini  et  catena.  In  introitu  sci.  Sepulcri  per  descensum  XL  graduum  est  capella  gre- 
corum,  ubi  est  ymago  beate  Marie  virginis,  que  ymagofnit  locuta  Marie  Egiptiace  et  con- 
vertit  eam.  Ibique  est  etiam  illa  vera  crux  que  nunc  (sic)  ftiit  inventa  XXI  die  intrante 
madio,  et  per  exitum  illum  est  scs.  caratonus  (=:  Cariton?). 

Ad  introitum  sci.  Sepulcri  contra  meridiem  est  domus  hospitalis  sci.  Ioannis  pauperum. 
Ibi  iuxta  est  monasterinm  sci.  lohannis  monialiu'm  de  Tiro.  luxta  illam  ecclesiam  est  ecclesia 
Sco.  Marie  de  Latina  (fol.  116  v:)  ubi  Virgo  Maria  et  alie  Marie  dilaceraverunt  capillos 
suos,  quando  Christus  mortuus  fuit  in  cruce. 

Inxta  portam  Sepulcri  ad  introitum  ad  latus  dextrum  est  quedam  capella  parva,  ubi 
beata  Virgo  Maria  fuit  quando  Christus  stando  in  cruce  dixit:  Mulier  ecce  filius  ttius,  et 
lohani  :  ecce  mafer  ttia. 

A  Sepulcro  usque  ad  Templum  Domini  per  duas  arcatas  in  quo  sunt  XII  porte  sed  IIII. 
sunt  magne.  Intus  in  saxo  est  saxus  sacratns,  super  [qnem]  fuit  oblatus  Xps.  rex  regum  de 
Virgino  natns,  ibique  apparent  passis  (sic)  lacob  et  ibi  vidit  lacob  scalare  tangentem  celum, 
et  in  eam  ibique  fecit  Abraam  sacrifìcium  de  fìlio  suo.  Subtus  est  locus  qui  dicitur  Sancta 
Sanctorum.  Ibi  scripsit  Dominus  digito  suo  in  terram.  Ibique  dimisit  peccata  mulìeri  de- 
prehense  in  adulterio.  Ad  dexteram  apparuit  angelus  Domini  Zacharie  prophete. 

Porta  illa  que  est  iuxta  occidentem  dicitur  porta  speciosa.  Et  illa  que  est  contra 
aqnilonem  porta  AìcMxxt  paradisi,  de  qua  locutus  propheta  dicens:  Vidi  (Miuaim  egredientem 


(1)  La  colonna  detta  degli  improperU  posta  anche  oggi  nel  luogo  indicato. 


SECOLO  xra.  409 


de  tempio  a  latere  dextro.  Per  exitam  illam  circa  claostrum  templi  est  pro&afica  piscina,    116 
ubi  angelus  Domini  doscendebat  secnndom  tempns  in   piscinam.  Et  ibi  est  matcr  Marie 
Virginis  et  sepulcrum  eius. 

Et  alia  porta  templi  centra  orientem  dicitur  Yerusalem.  Et  per  exitnm  illius  porte, 
super  gradus  apparent  passus  asine  Domini.  Subtus  aliquantulum  sunt  porte  auree  per  quas 
Xps.  intravit  lerusalem  (fol.  117 r:)  equitando  asinam. 

Centra  portam  meridiei  templi  est  templnm  Salomonis.  Et  in  angulo  civitatis  ibi 
prope  est  pila  et  balneum  Salvatoris. 

luxta  turrim  David  est  quedam  capella  Grecorum  ubi  sunt  reliquie  beati  lohannis  aurei 
et  sci.  Demetrii  et  beati  Martini. 

Ibi  iuxta  est  quedam  ecclesia  Erminorum  ubi  fnit  beatus  lacohus  apostolus  Zebedei 
dccollatus. 

Et  exinde  capit  viam  montis  Sion. 

In  ecclesia  magna  montis  Sion  migravit  a  seculo  beata  Virgo  Maria.  Et  ibi  ante  est 
quedam  capella  in  qua  fuit  Dominus  iudicatus  et  flagellatus,  et  spinis  coronatus,  et  hec 
fuit  domus  Cayphe  et  pretorium. 

Super  ecclesiam  raagnam  montis  Sion  est  capella  sci.  Spiritus  ubi  ascendit  super 
apostolos  in  die  Pentecosten.  Desuper  vero  est  quoddam  altare  ubi  est  tabula  Domini 
super  quam  cenavit  cum  discipulis  suis.  Et  subtus  est  locus  et  pila  ubi  Dominus 
lavit  pedes  discipulorum.  Et  ubi  intrayit  Dominus  Yhs.  ianuis  clausis  et  dixit  pax 
vobis. 

Sub  monte  Sion  est  quedam  capella  que  vocatur  galilea  ubi  beatus  Petrus  applns. 
in  gallitia  (sic!). 

Sub  monte  Sion  sub  civitate,  est  natatoria  Siloe.  Ibi  vidit  cecus  a  nativitate  quem 
Dominus  illuminavit.  Ibique  fuit  sepultus  Ysaya  propheta. 

Super  Siloe  est  Alchedemach  sepultura  peregrinorum,  ager  sanguinis  usque  in  odiernum 
diem.  Ibi  collegit  David  quinque  lapides  cum  quibus  interfecit  Goliam. 

(fol.  117 v:)  Iuxta  ibi  losaphat  locus,  et  Sepulcrum  beate  Virginis  Marie  et  ibi  assumta 
est  in  celum. 

Iuxta  ibi  est  Tesemani  ubi  Dominus  fdit  captus  a  iudeis,  ibique  apparent  digiti  Do- 
mini in  muro. 

Et  exinde  quantum  iactus  est  lapidis  est  ecclesia  sci.  Salvatoris  in  qua  ipse 
Dominus  oravit  ad  Patrem  et  factus  est  sudor  eius  sicut  gutte  sanguinis  decurrentis  in 
terram. 

In  valle  vero  losaphat  fuit  positus  rex  losaphat. 

Super  montem  illum  est  mons  Oliveti  ubi  ascendit  Dominus  in  celum  et  aduc  apparent 
passus  eius.  Iuxta  ibi  est  quedam  capella  grecorum,  ubi  iacet  corpus  beate  Pelagie  virginis. 
Et  post  aliam  capellam  ubi  fecit  dominus  Pater  noster. 

Ab  ilio  loco  usque  Bethaniameai  miliarium  "l*  Ibi  susci tavit  Dominus  Lazarura  qua- 
triduanum,  et  dimisit  peccata  Marie  Magdalene  in  domo  Sancii  (1)  Simonis  leprosi. 

Et  ab  inde  usque  ad  Quarantenam  sunt  leugue  'VI'  ubi  Dominus  ieiunavit  -XL-  diebus 
et  -XL'  noctibus  et  fuit  tentatus  a  diabolo.  Subter  est  locus  qui  dicitur  ortus  Abrae  et 
ibi  iuxta  est  locus  qui  dicitur  lerico. 

De  lerico  usque  ad  flumen  lordanis  sunt  due  leugue,  ibi  fuit  Christus  baptizatus  a 
lohanne  et  audita  est  vox  Patris. 

A  flumine  lordanis  usque  ad  montem  Sinai  sunt  diete  'Vili'  ibi  Dominus  dedit  legem 
Moysi  et  ibi  iacet  corpus  beate  virginis  Catheline. 

(fol.  118  r:)  De  lerusalem  usque  ad  som.  Eliam  centra  meridiem  est  leugua  •]•  et  ibi 
iuxta  est  campus  floridus,  et  circa  viam  est  sepulcrum  Rachélis  uxoris  laceb.  Ab  ilio  lece 
usque  Betlehem  est  miliarium  -l*  ibi  fuit  Dominus  natus  de  virgine  Maria.  Et  centra  na- 
tivitatem  est  Presepe  Demini,  ubi  magi  venerunt  adorare  eum.  Ab  exitu  cori  adexteram  (sic) 
est  putens  in  quo  cecidit  stella  quam  viderunt  magi.  A  sinistra  sunt  Innocentes.  Et  sub 
claustro  est  sepulcrum  beati  Teronimi. 

Et  exinde  usque  ad  locum  pastorum  est  leugua  •!•  ubi  angelus  Domini  dixit:  Gloria 
in  excelsis  Beo. 


(1)  La  parola  Sancti  venne  raschiata  nel  codice. 


410  BIBLIOTECA 


116  Do  Betlcem  usqiio  ad  scm.  Abraham  sunt  leuguo  -VI"  Ibi  fecit  Dominus  Adam  et 
plavit  [=  ploravit]  centum  annis  filiurn  suum  Abcl.  Ibique  iacent  corpora  sanctorum  Pa- 
triarcharmn  Abraham,  Ysahac  et  lacob. 

De  lerusalem  ad  scm.  Crucem  est  niiliariura  •!•  Ibi  crevit  arbor  unde  crux  facta  fuit. 
De  lerusalem  usque  ad  castrum  Emaum  sont  lengue  "Iir  (1).  Ibi  apparuit  Dominus  disci- 
pulis  post  resurrexionem. 

Do  lerusalem  usque  Samariam  que  vocatur  Neapolis  sunt  leugue  'XII*  Ibi  est  puteus 
lacob,  super  quem  locutus  est  Dominus  mulieri  Samaritane. 

Et  exinde  usque  Sebastem  sunt  leugue  -II-  Ibi  fuit  decollatus  beatus  lohannes  Baptista. 

Ab  (fol.  118  v:)  inde  ad  montem  Tabor  sunt  leugue  -XII*  Ibi  transfiguratus  fuit  Do- 
minus coram  discipulis  suis. 

Deinde  ad  Nazaret  sunt  leugue  -III-  ubi  angelus  Gabriel  annuntiavit  beate  Marie 
quod  esset  conceptura  filium  Dei  de  Spiritu  Sancto. 

De  Nazaret  ad  Zaphoriam  (2)  est  miliarium  "l*  Ibi  fuit  nata  beata  Maria. 

Deinde  ad  Cana  Galilee  sunt  leugue  'III-  Ibi  Dominus  fecit  de  aqua  vinum. 

De  Zaffora  ad  Cafarnaum  sunt  leugue  -III*  Ibi  fuit  natus  scs.  lacobus  Apostolus 
Zebedei. 

Sec.  Xm-XIV.  —  Libri  de  Passagriis  et  de  Terra  Sancta. 

117  Diamo  qui  un  elenco  di  23  codici  relativi  alle  Crociate  e  alla  Terra  Santa,  codici 
esistiti  una  volta  nella  biblioteca  Papale  di  Avignone,  ed  ora  i  più  forse  perduti  o  dispersi 
iion  sappiam  dove.  Chi  non  ignora  l' apostolato  francescano  per  le  Crociate  e  ^er  la  Terra 
Santa  durante  i  secoli  XIII  e  XIV,  facilmente  converrà  nella  nostra  opinione,  che  gran  parte 
di  questi  codici  siano  dovuti  allo  zelo  de' Minoriti  precipui  predicatori  delle  guerre  sante. 

Eìcavammo  questo  elenco  dall'opera  del  dottissimo  P.  Francesco  Ehrle  d.  C.  d.  G.: 
Historia  Bibliothecae  Romanorum  tum  Bonifatianae  tum  Avenionensis,  Tomus  I.  Romao 
typis  Vaticanis  1890.  Opera  sfortunatamente  troppo  rara  nelle  biblioteche  d'Italia!  E  noi 
siamo  grati  per  tanto  alla  gentilezza  del  Emo.  Can.  Umberto  Fraccassini  che  ci  esibì 
r  esemplare  della  biblioteca  del  Seminario  di  Perugia. 

1.  —  Predicationes  Crucis  cantra  Saracenos;  de  bona  nota  in  cartis  edinis,  et  in- 
cipiunt  in  secando  folio:  ior  tertia  videlicet,  et  fìniunt  in  penùltimo:  ad  salutem  et  ni., 
et  sunt  in  tabulis  cohopertis  de  corio  rubeo  cum  duobus  clausoriis  (Ex  recensione  Perusina 
anni  1311  Bibliothecae  Bonifatianae)  (3). 

2.  —  Incipit  liber  de  regimine  Christicolarum  Galvagni  de  Levanto  Gianuensis  (4^) 
ad  faciendam  Passagium  super  Saracenos,  scriptum  de  bona  littera  et  bene  illuminatum 
in  cartis  edinis,  qui  incipit  in  secundo  folio:  propter  veri  gratiam,  et  fìnit  ante  capitula 
in  penultimo:  (avente  sanctitate;  et  est  cum  eo  quedam  mappa  regni  lerosolimitani  desi- 
gnata sive  pietà  In  panno  de  bucarano,  suto  cum  diete  libro  ;  et  totum  est  in  tabulis  coho- 
pertis de  coris  rubeo  et  dilaniato  cum  IIII"  clausoriis,  et  in  qualibct  tabula  sunt  V  bulle 
(Ex  ree.  Bibl.  Bonif.  etc.)  (5). 

3.  —  Dello  stesso  Galvano  medico,  la  Biblioteca  Bonifaciana  possedeva  anche  que- 
st'  altro  libro:  De  predicàtione  Crucis  cantra  Saracenos  (6). 

(1)  Cosi  chiaramente  nel  codice. 

(2)  Zaphoriam,  cosi  e  non  altrimenti  potrebbe  leggersi  questo  termine  ritoccato  e  cor- 
retto dallo  stesso  amanuense.  Più  sotto  è  detta  Zaéfora  o  Zaffora. 

(3)  Ehrle  BM.  Rom.  Ponti/,  cit.  p.  64  n.  253. 

(4)  Di  Galvano  di  Levanto  vedi  il  nostro  articolo  sotto  1'  anno  1295. 

(5)  Ehrle  op.  cit.  p.  90  n.  547. 

(6)  Ehrle  op.  cit.  l.  e. 


SECOLO  xm.  411 


4.  —  Investigatio  Orientis,  cooperta  corio  viridi  claro,  que  ìncipit  in   rubris   rubri-    117 
caram  et  de  rubro:  Libri  primi  tractatus  primus;  item  incipit  in  secundo  corundello 
primi  folii  post  rubricasi  cognoscatur,  et  finit  in  ultimo  corundello  penultimi  folii:  esse. 

(Ex  recensione  librorum  Palatii  Biblioth.  Avenion.  anni  1369)  (1). 

5.  —  Liber  convocationis  ad  Passagium,  de  litera  curiali,  coopertus  corio  viridi, 
qui  incipit  in  secando  folio:  assumerei,  et  finit  in  penultimo  folio:  pooius.  —  Già  codice 
della  ricordata  Bibl.  Papale  di  Avignone.  L'Ehrle  (op.  cit  p.  320)  lo  suppone  contenesse 
«  sermones  et  cantus,  quales  habes  in  cod.  Vatic.  3847  » ,  cioè  fervorini  per  l' invito  alla 
Crociata. 

6.  —  Liber  de  Conditionibus  Terre  Sancte,  coopertus  samlto  rubeo,  qui  incipit  in 
secundo  Mìo:  Incipit,  et  in  penultimo  folio:  cor  (della  cit.  bibl.  Avenion.)  (2). 

7.  —  Liber  parvus  de  Terra  Sancta,  coopertus  veluto  rubeo,  qui  incipit  in  secundo 
folio  :  sulit,  et  finit  in  penultimo  folio  :  consilium  (3). 

8.  —  Parvus  liber  de  Predicanone  CriACis,  coopertus  postibus  sino  pelle,  qui  incipit 
in  secundo  folio:  Ys.,  et  finit  in  penultimo  folio:  ignoranciam. 

9.  —  Item  Processus  papiretts  factus  super  passagio,  qui  incipit  Tres-saint  pere, 
et  finit  in  penultimo  folio:  infideltum. 

10.  —  Item  Liber  de  Predicanone  Crucis,  coopertus  pergamene,  qui  incipit  in  secundo 
folio:  factum,  et  finit  in  penultimo  folio:  iUuc. 

11.  —  Item  parvMs  liber  dictus  Decretorum  (directorium?)  ad  Passagium,  coopertus 
corio  rubeo,  qui  incipit  in  secundo  folio:  tercium,  et  finit  in  penultimo  folio:  apud.  —  Codici 
questi  pure  della  biblioteca  del  Palazzo  Avenionese  (4). 

12.  —  Liber  de   Conditionibus   Terre  Sancte,  in   volumine   signato   per  CLXXX. 

13.  —  Item  etiam:  Liber  de  condicionibus  Terre  Sancte,  in  volumine  signato  per 
CLXXXI. 

14.  —  Item  Liber  de  Terra  Sancta,  in  volumine  signato  per  CLXXXII. 

15.  —  Item  Libéllus,  quod  nullus  sit  ausus  transfretare  in  terras  Saldano  subiectas, 
in  volumine  signato  per  CCXL. 

16.  —  Item  Quidam  libéllus  contra  Saracenos,  de  Scismate  Grecorum,  in  volu- 
mine signato  per  CCLXV. 

17.  —  Item  Liber  de  Passagio  Terre  Sancte  domino  loliannipape  directus,  coopertus 
de  rubeo. 

18.  —  Item  quidam  Liber  convocativus  ad  Passagium  Terre,  et  consilium  domi- 
norum  Gardinalium  super  hoc,  coopertus  de  viridi. 

19.  —  Item  Epistola  Baldrici  archiepiscopi  Dolencie  (!)  de  Passagio  et  conquestu 
civitatis  lerusalem,  in  modico  volumine,  cooperto  de  rubeo. 

20.  —  Item  liber  intitulatus  Flos  ystoriarum  terre  Orientis,  coopertus  de  viridi, 
incipit  in  secundo  folio:  genitus,  et  finit  in  penultimo:  de  ter. 

21.  —  Item  alius  liber  ystorie  De  mirabilibus  terre  Orientis,  in  modica  forma  coo- 
pertus de  pergamene. 

22.  —  Item  liber  De  mirabilibus  urbis  Constantlnopolitane,  in  modica  forma,  coo- 
pertus de  albo,  incipit  in  secundo  folio:  masam,  et  finit  in  penultimo:  manu  et. 


(1)  Ehrle  op.  cit.  p.  317  n.  392. 

(2)  Ehrle  op.  cit.  p.  343  n.  731. 

(3)  Ehrle  op.  cit.  p.  345  n.  750. 

(4)  Ehrle  op.  cit.  p.  406  nn.  1631,  1646,  1651  e  2001. 


412  BIBLIOTECA 


117  23.  —  Itera  liber  factns  prò  Passagio  Terre  Sanctc,  coopertos  de  sirico,  incipit  in 
secando  folio  in  rubro:  7n  nomiti  domini,  et  finit  in  penultimo:  adalapo.  —  Tutti  questi 
ultimi  codici,  dal  n.  8  al  23,  esistevano  parimenti  nella  ricordata  Bibl.  papale  d' Avignone 
secondo  la  recensione  fatta  da  Gregorio  XI  circa  l'anno  1375  (1). 

Sec.  Xm.  —  Ministri  e  Custodi  deUa  Terra  Santa  durante  il  secolo  XIH. 

118  In  calce  di  ogni  secolo  daremo  la  serie  de' Superiori  della  Terra  Santa  accrescendo 
abbondantemente  e  correggendo  in  molti  punti  quella  da  noi  edita  nel  1898  (2). 

1217-20.  —  Fr.  Elia  di  Assisi,  detto  da  Cortona,  primo  Ministro  provinciale  di 
Siria.  Vedi  il  num.  31. 

1220.  —  Pr.  Luca  di  Pugrlia,  succeduto  a  fr.  Elia  che  doveva  ritornare  con  S. 
Francesco  in  Italia.  Vedi  il  num.  35. 

1221.  —  B.  Pr.  Benedetto  di  Arezzo,  terzo  Ministro,  detto  nelle  memorie  «  An- 
tiochiae  et  Romaniae  Minister  »,  ossia  della  Siria,  della  Terra  Santa,  della  Grecia  e 
di  tutto  l'Oriente.  Vedi  il  num.  36. 

1237.  —  Pr.  Vito  da  Cortona,  «  anno  1237  Minister  provinciae  Romaniae,  suc- 
cessor  B.  Benedicti  de  Aretio,  ast  non  ad  multos  annos».  Vedi  sopra  il  num.  48. 

1240  e.  —  Pr.  Giacomo  Pannizzari  di  Parma;  o  Provinciale  o  Custode  in 
Siria,  come  possiamo  ragionevolmente  dedurre  da  quanto  ci  narra  il  Salimbene.  Vedi 
sopra  il  num.  42. 

1247.  —  Pr.  Enrico  da  Pisa,   «Minister  Romaniae*.  Vedi  num.  68. 

1254.  —  Pr.  N.  N.  anonimo.  Ministro  Prov  di  Siria:  Vedi  bolla  Gerentes  25  feb. 
1254,  e  sopra  a  p.  231  num.  63. 

1257.  —  Pr.  N.  N.  anonimo,  «  Minister  Syriae  »,  al  quale  papa  Alessandro  IV 
diresse  il  breve  Ex  relatu,  ove  è  ricordato  il  martirio  di  religiosi  morti  per  la  fede  in 
Terra  Santa.  Vedi  Bullarium  infra,  e  sopra  a  pag.  235. 

1266.  —  B.  Pr.  Giacomo  di  Puy,  «  Custos  Syriae  »  e  protomartire  tra  i  Supe- 
riori della  T.  S.  Vedi  num.  68. 

1269.  —  B.  Pr.  Conrado  de  Hallis.  —  Custode?  —  Egli  in  compagnia  di  altri  sei 
religiosi  subì  il  martirio  in  Siria.  Vedi  num.  72,  e  p.  264-65. 

1270.  —  Pr.  Andrea  di  Bologna,  «Minister  Terrae  Sanctae  ».  Vedi  num.  74. 
1270.  —  Pr.  GKovannino  de  Ollis  di  Parma,    Custode   di   T.   S.   sino   al   1279. 

Vedi  num.  76. 

1278.  —  Pr.  Bartolomeo  da  Siena,  era  Ministro  della  Siria  in  quest'  anno,  quando 
fu  spedito  con  altri  nunzio  al  Paleologo.  Vedi  num.  86. 

1282.  —  Pr.  Matteo,  Vicario  Provinciale  della  T.  S.  Vedi  sopra  a  p.  312. 

1286.  —  Pr.  Geleberto,  Custode  di  T.  S.  Vedi  num.  90. 

1290.  —  Pr.  Giacomo,  Provinciale  di  T.  S.  «  fr.  lacobus  Provinciae  Siriae  Mi- 
nister » .  Vedi  num.  98. 

1295  e.  —  Pr.  Nicolò  de  Sali,  Provinciale  di  T.  S.  residente  in  Nicosia  di  Cipro; 
ricordato  nelle  opere  di  Galvano  di  Levante.  Vedi  num.  108. 


(1)  Ehrie  cit   pp.  .500-557,  numeri  680-90,  741,  766,  1428-30,  1625-26,  1629-31. 

(2)  Serie  cronologica  de' Rmi.  Superiori  di  Terra  Santa...  con  dtie  appendici  di  Firmani 
arabi  inediti,  e  un  sunto  storico  de' Conventi  ecc.  Gerusalemme  tip.  del  Convento  di  S.  Sal- 
vatore, 1898,  in  4»  pp.  XXXII-272. 


SECOLO  xin.  413 


Sec.  Xni.  —  Bllllarium  franciscanum  Terrae  Sanctae  saec.  XIII.  119 

Presentiamo  questo  sommario  cronologico  delle  principali  lettere  apostoliche  che  ri- 
guardano specialmente  l'apostolato  francescano  nella  Terra  Santa,  durante  l'epoca  delle 
Crociate  e  le  grandi  missioni  dell'  Oriente  entro  il  secolo  XIII.  Non  pretendiamo  di  averle 
qui  raccolte  tutte,  che  molte  ci  saranno  sfuggite,  e  molte  le  abbiamo  omesse,  come  ad 
esempio  alcune  che  riguardano  1' apostolato  francescano  nel  Marocco,  e  accennate  appena 
in  gruppi  quelle  riguardanti  le  missioni  presso  i  Tartari.  Da  questo  arido  prospetto,  vedrà 
il  lettore  la  parte  che  si  ebbe  l'Ordine  de' Minori  nell'apostolato  dell'Oriente  durante  il 
secolo  delle  ultime  epopee  crociate. 

La  massima  parte  di  queste  lettere  papali  troverà  lo  studioso  nel  Bullarium  dello 
Sbaralea  e  nel  Begestum  del  Waddingo,  e  alcune  poche  ne' supplementi  del  Da  Latera  e 
del  Melissano,  e  una  modesta  raccolta  nel  Quaresmio  (Elucidatio  Terrae  Sanctae)  e  nel 
Bullarium  peculiare  T.  S.  ex  quatuor  supra  sexaginta  Bullis  Apostolicis,  Romae  typ. 
Cam.  Apost.,  un  voi.  in  4".  Di  alcune  altre,  che  mancano  nelle  dette  raccolte,  indicheremo 
a  suo  luogo  le  fonti. 

Gregorio  IX. 

(Eletto  a  Roma  1227  mar.  19,  cons.  21;  e  f  Boma  22  ag.  1241). 

1228,  luglio  31.  —  Sicut  phialae,  Gregorio  IX  annunzia  ai  Patriarchi,  Vescovi  e  clero 
dell'  Oriente  latino  la  canonizzazione  di  S.  Francesco,  e  ne  ordina  la  celebrazione 
della  festa.  —  Vedi  sopra  n.  39  p.  152  s. 
1230,  fobbr.  1.  —  Si  Ordinis  Fratrum  Minorum,  con  cui  si  ordina  ai  Patriarchi  di 
Gerusalemme,  di  Antiochia,  agli  Arcivescovi,  Vescovi  e  Legati  Apostolici  ecc.  in 
Oriente,  di  favorire  e  permettere  ai  francescani  la  fondazione  di  conventi  ed 
oratori  ecc.,  nonché  di  predicarvi  la  parola  di  Dio  ecc.  —  Cfr.  sopra  il  n.  41. 
a  p.  158. 
1233,  febbr.  15.  —  Coelestis  altitudo,  dirètta  al  Soldano  di  Damasco,  per  mezzo  di  Mis- 
sionari francescani,  nella  quale  lo  si  instrnisce  sulla  fede  cristiana,  e  gli  si  rac- 
comandano i  francescani. 

»  marzo  24.  —  Arhimarum  salutem,  ai  francescani  che  sì  recavano  nelle  terre  de'  Sa- 
raceni, con  certe  facoltà. 

»  aprile  8.  —  Cum  messis  multa  sit,  ad  altri  francescani  nelle  terre  degli  infedeli 
e  Saraceni,  con  privilegi. 

»  aprile  11.  —  Cum  sit  omnis,  al  re  di  Georgia,  nella  quale  gli  raccomanda  fr.  Gia- 
como da  Knssano  e  suoi  compagni.  —  Cfr.  sopra  a  p.  162. 

»  maggio  6.  —  Animarum  salutem,  simile  alla  precedente,  ad  altri  religiosi  che  si 
recavano  nelle  terre  de' Saraceni. 

»  maggio  17.  —  Pro  gelo  fìdei  Christiana^,  privilegi  ai  francescani  che  si  recavano 
tra  i  Saraceni  ed  infedeli. 

»  maggio  17.  —  Cum  messis  multn  sit,  simile  alla  precedente,  diretta  ai  francescani 
nelle  terre  de' Georgiani,  Saraceni  ed  infedeli. 

»  maggio  18.  —  Cum  juxta  testimonium,  al  Patriarca  greco  di  Costantinopoli,  ri- 
guardo l'unione  delle  due  Chiese,  portata  dai  francescani  e  domenicani  snoi 
Legati.  —  Cfr.  sopra  a  p.  163  s. 


414  BIBLIOTECA 


119         »      maggio  26.  —  Coelestis  altiiudo,  ai  Soldani  di  Bagdad  e  di  Marocco,  per  indurli 
alla  fede  a  mezzo  de' francescani. 

1234,  ottobre  17.  —  Pium  et  sandum  proposiium,  ai  francescani  per  predicare  la  Cro- 

ciata a  soccorso  di  Terra  Santa. 
»      novera.  6.  —  2^lu3  Domini,  a  S.  Luigi  IX  re  di  Francia,  lo  invita  a  soccorrere 
la  Terra  Santa. 

1235,  decem.  16.  —  Ut  Israelem  veteris,  al  francescano  fr.  Guglielmo  suo  Legato  e  Pe- 

nitenziere in  Francia  per  Terra  Santa. 
»     decem.  30.  —  Dilecto  filio  fr.  Willelmo,  ai  prelati  di  Francia,  per  lo  stesso  mo- 
tivo. —  Simile  ai  prelati  di  Ungheria.  —  Un'altra  al  vescovo  Mutinense  (1236, 
16  gen.). 

1236,  aprile  7.  —  Cum  interdicti,  colla  quale  si  annunzia  agli  Arcivescovi  di  Nicosia 

e  di  Nazaret,  che  l'Arcivescovo  di  Cesarea  è  assolto  dal  Minorità  fr.  JRainerio, 
suo  Cappellano  e  Penitenziere  in  Oriente. 

1237,  gennaio  29.  —  Cttm  messis,  e  Pro  eeìo  Christicmae.  —  7  Marz.  :  Credentes  quod, 

—  tutte  e  tre  (citate  dal  Melissano  nei  Suppl.  Annalium  an.  1237  n.  1)  date 
ai  Minoriti  che  nell'Oriente  seguivano  gli  eserciti  cristiani,  e  ove  bene  spesso 
usavan  le  armi  contro  gì'  infedeli  :  dette  lettere  toglion  loro  ogni  scrupolo,  mu- 
nendoli anche  di  altre  dispense  e  privile-gi. 

»  marzo  17.  —  Comiderantes  olim  a  Federico  Imperatore  sull'  argomento  delle  pre- 
cedenti, prestandogli  l'appoggio  dei  Minori  e  Predicatori  (Melissano  cit.  n.  2). 

»  maggio  9.  —  Cum  dilectum,  ed  un'  altra  Non  mediocriter  a  frate  Guglielmo  per 
le  elemosine  a  prò  di  Terra  Santa  ecc. 

»  ma^o  13.  —  Bachel  suum  videns,  allo  stesso  fr,  Guglielmo,  lunghissima,  per  la 
Crociata  a  prò  di  Terra  Santa. 

»>  ma^io  27.  —  Cum  sii  homo  pulvis,  al  re  di  Francia  S.  Luigi  IX,  a  prò  di  Terra 
Santa. 

»  ottobre  6.  —  Cum  tibi  nostris,  perchè  fr.  Guglielmo  raccolga  le  elemosine  di  Francia 
a  beneficio  de' Crociati, 

»  novem,  27,  ^ —  Non  indigne  sibì,  a  fr.  €higlielmo,  affinchè  dia  parte  delle  dette 
elemosine  al  Conte  di  Monteforte  prossimo  a  muovere  in  soccorso  di  Terra 
Santa. 

1238,  gennaio  30.  ■^  Pro  zelo  ChristiauM  Fidei  (simile  a  quella  de' 17  magg.  1233) 

ai  francescani  che  si  recavano  tra  i  Saraceni  ed  infedeli,  con  privilegi, 
»      febbr.  6.  —  Cum  dilecttts,  ordine  a  fr.  Guglielmo  di  sussidiare  il  conte  di  Bar  le 
Due  che  moveva  per  Terra  Santa. 

>  febbr.  6.  —  Cum  sicut,  altra  allo  stesso  fr.  Cruglielmo,  per  simili  negozi. 

»      febbr.  23.  —  Intellecto  dudum,  simile  ordine  allo  stesso  fr.  Guglielmo  a  prò  del 

sigr.  G.  d' Argentonio. 
»     marzo  4.  —  Credentes,  indulgenze  ai  francescani  che  predicano  nella  Terra  Santa 

e  tra  gl'infedeli. 
»      aprile  9.  —  Licet  sicut,  a  fr.  Guglielmo,  per  cose  riguardanti  la  Terra  Santa. 

>  aprile  13.  —  Pro  eélo  Christianae  Fidei,  ripetuta,  ai  francescani  che  si  reca- 

vano nelle  terre  de' Saraceni  e  Pagani,  concede  varie  facoltà. 
»     aprile  21 .  —  Praesentium  tibi,  al  vescovo  Cenomanense  (le  Mans)  di  ricevere  certe 
limosine  di  Terra  Santa,  non  ostante  la  proibizione  di  frate  Guglielmo  Peniten- 
ziere Apostolico. 


SECOLO  xin.  415 


»      giugno  7.  —  Auctoritate  vóbis  praesentium,  ai  Templari  e  Cristiani  prigionieri  in    119 
Aleppo,  onde  ricevano  i  sacramenti  da  frate  Manasserio  o  da   qualunque  altro 
Minorità  di  quelle  parti. 

»      giugno  26.  —  Consultationi,  risposta  a  fr.  Guglielmo  sulle  collette  per  Terra  Santa. 

»      settem.  3.  —  Cum  jam  proxìmo,  ordina  di  raccogliere  e  conservare  coli' assenso 
dì  fr.  Guglielmo  le  limosino  e  i  legati  a  beneficio  della  prossima  Crociata. 

*     novem.  5.  —  Cum  Venerabilis,  ordina  a  fr,  Guglielmo  di  soccorrere  colle  limosina 
di  Terra  Santa  il  Vescovo  di  Nivers,  che  crociato  partiva  per  l'Oriente. 

»      novem.  26.  —  Cum  Nobili^  vir,  simile  ordine  allo  stesso  fr.  Guglielmo  a  prò  del 
Signore  di  Beaulieu. 

»  decem.  2.  —  Cum  sicut  accepimus,  allo  stesso,  di  dispensare  alcuni  che  erano  im- 
possibilitati a  partire  crociati  per  T.  S. 

1239,  aprile  7.  -^  Sedes  Apostolica,  diretta  a  tutti  i  Provinciali  francescani,  onde  pub- 

blichino tutte  le  domeniche  la  scomunica  fulminata  contro  Federico  II,  il  quale 
per  soprappiù  era  ostacolo  alla  conquista  di  Terra  Santa, 
»      giugno  11.  —  Cum  hora  undecima,  famosissimo  Breve  diretto  a  tutti  i  france- 
scani che  si  recavano  nelle  terre  de'  Saraceni,  Pagani,  Greci,  Bulgari,  Curaani  ecc., 
con  estesissime  facoltà  e  privilegi* 

1240,  aprile  10.  —  Invida  Fidei,  al  Provinciale  di  Benevento  e  ad  altri,  per  l' impiego 

delle  limosine  e  de' lasciti  a  prò  di  Terra  Santa. 

1241,  marzo  4.  —  Cum  nobilis  -vir,  al  più  volte  mentovato  fr.  Guglielma  di  redimere  il 

Conte  di  Montèforte  caduto  prigioniero  de' Saraceni  in  Terra  Santa. 

»  aprile  30.  —  Litteras  tuas,  al  Vescovo  di  Oleron  in  Aqnitania,  di  aver  cura  delle 
30,  000  monete  raccolte  da  lui  e  da  frate  Guglielmo  (in  questo  Breve  detto  Cu- 
stode di  Navarro). 

»      aprile  30.  —  Altra  simile  ricordata  dallo  Sbaralea  Bull,  t,  I  p.  300  n.  23. 

»      aprile  30.  —  Altra  a  fr.  Guglielmo  ricordata  dallo  stesso  ibid.  p.  300  n.  30. 

Innocenzo  IV. 

(El.  Anagni  1243  giug.  25,  cons.  28;  e  f  Napoli  7  dee.  1254). 

1243,  settem.  17.  —  Per  tuas  litteras,  a  frate  Roberto  de  Collivil,  di  destinare  il  re- 

siduo dell«  collette  di  T.  S.  a  prò  dell'Impero  Costantinopolitano. 

1244,  ottobre  4.  —  Pro  zelo  Christianae  Fidei,  facoltà  ai  francescani  che  si  recavano 

tra  i  Saraceni  ed  infedeli  (più  volte  confermate). 
»      ottobre  4.  —  Animarum  saluti,  simili  facoltà  ad  altri  francescam  che  partivano 
tra  gli  stessi  infedeli. 

1245,  Marzo  10.  —  Cum  dilectwn,  ai  Cavalieri  Gerosolimitani  di  prestarsi  ai  bisogni  del 

suo  Legato  in  Oriente  fr.  Domenico  d'Aragona. 

*  marzo  21.  —  Cum  dilecfum,  altra  ai  Patriarchi,  Arcivescovi  e  clero  ecc.  di  atte- 
nersi alle  sentenze  che  promulgherà  il  suo  delegato  fr.  Domenico  à  Aragona. 
(Questi  due  Brevi  trovansi  noU'App.  dello  Sbaralea,  Bull.  t.  I  pp.  771-772). 

»  marzo  21.  —  Cum  hora  undecima,  Bolla  tra  le  più  solenni,  amplifica  la  prece- 
dente di  Gregorio  IX  (1239,  11  giug.)  con  grandi  privilegi  ai  francescani  di- 
moranti tra  venti  e  più  nazioni  infedeli  e  scismatiche  d'Oriente. 

»  marzo  25.  —  Cum  simus,  ai  Patriarchi,  Arcivescovi,  Vescovi  e  clero  di  ben  tre- 
dici nazioni  cristiane  d'Oriente,  invitandoli  per  mezzo  de' francescani  all'unione 
colla  Chiesa  Romana. 


416  BIBLIOTECA 


Ilo  »  agosto  18.  —  Nimis  iniqiM,  colla  qnale  si  riprendono  seyeramente  i  Prelati  di 
molte  regioni,  nonché  quelli  dell' Imp.  Costantinopolitano,  di  Gernsalemme,  di 
Cipro,  di  Antiochia  ecc.,  che  ardivano  opprimere  e  gravare  i  francescani  di  quelle 
parti  (Cf.  Sbaralea,  Bull.  t.  I  p.  372,  374,  nn.  15,  16). 

1246,  agosto  6.  —  De  Supremis,  al  Patriarca  greco  di  Antiochia  e  suoi  snfifraganei,  onde 

ricevano  ed  adempiano  i  moniti  del  Legato  Apostolico  frate  Lorenzo.  —  Simili  let- 
tere al  Patriarca  CatoUcon  di  Armenia,  e  al  Maronita  del  Libano  (Cfr.  Sbaralea, 
Bull.  t.  I  p.  421-22). 

1247,  aprile  24.  —  Inter  alia,  diretta  a  frate  Lorenzo  Legato  e  Penitenziere  Apostolico  in 

Oriente,  affinchè  non  costringa  il  Patriarca  Gerosolimitano  di  ristitnire  certe  somme. 
»      giugno  4.  —  Satis  existerei,  allo  stesso  fr.  Lorenzo  per  questioni  insorte  tra  lui 

e  il  Patriarca  Gerosolimitano.  Dalla  lettera  risulta  eh'  egli  era  Legato  Apostolico 

per  r  Armenia,  Iconio,  Turchia,  Grecia,  Egitto,  Antiochia,  Gerusalemme  e  Cipro. 
»      giugno  5.  —  Quia  corporali,  allo  stesso  Legato,  onde  difenda  i   greci  aggravati 

od  oppressi  da' Latini. 
^      agosto  3.  —  Censuram,  comanda  a' Patriarchi  e  Prelati  tanto  latini  quaitto  greci 

d'Oriente,  di  osservare  le  censure  inflitte  dal   suo   Legato   fr.  Lorenzo  contro 

que'  che  molestavano  ed  opprimevano  i  greci  (1). 
»      agosto  7.  —  luxta  desiderium,  istruzioni  al  suo  Legato  fr.  Lorenzo,  del  come  com- 
portarsi debba  per  attirare  i  greci  all'unione  colla  Chiesa  Romana. 
»     agosto  7.  —  De  protegendis,  allo  stesso,  di  reprimere  gli  insultatori  de' greci,  e 

ne' più  gravi  casi  dargliene  avviso. 
»      novem.  25.  —  Cum  dilectus,  facoltà  al  Minorità  fr.  Ghigliélmo  Roi,  di  accompagnare 

in  T.  S.  il  Sigr.  Bainaldo  Bagiacense,  in  qualità  di  suo  confessore  e  consigliere, 

e  di  prendersi  per  compagno  un  altro  confratello. 

1248,  febbr.  16.  —  Tui  qualitate,  licenza  al  francescano  Gaufrido  de  Bero  di  entrare 

nell'Ordine  Militare  de' Templari  Grerosolimitani. 
»     aprile  30.  —  Cum  dilectus,  ordina  a  frate  Ugone  da  Turenna  di  assegnare  alcune 

limosino  al  Conte  Tolosano  che  moveva  al  soccorso  di  T.  S. 
1250,  aprile  30.  —  Celsitudinis,  al  re  d' Inghilterra  che  partiva  per  T.  S.  in  compagnia 

di  alcuni  francescani,  i  quali  il  Pontefice  dispensa  dall'  obbligo  dì  non  cavalcare. 
»      luglio  15,  —  Pro  zelo  fidei,  ripetuta  colle  solite  &coltà,  per  que' francescani  che 

in  quest'anno  movevano  per  lo  terre  de' Saraceni  ed  altri  infedeli. 
>     agosto  8.  —  Dilatatum  est,  ai  l^ati  del  Paleologo  condotti  a  Lione  dal  Grenerale 

b.  fr.  Giovanni  da  Parma.  —  Ignota  ai  nostri  storici.  Cfr.  sopra  a  p.  227-28. 
»     settem.  17.  —  Cupientes  tuam,  conferma  l'assono  dato  al  Vescovo  Wigomiense 

crocesignato  dal  suo  Nunzio  d'Inghilterra  frate  Giovanni  AngUeo. 
»     ottobre  18.  —  Cum  sicut  al  Vescovo  di  Chichester,  affinchè  col  suo  Nunzio  fr.  Giov. 

Anglico,  regolino  certe  spese  fatte  per  Terra  Santa. 
*     novem.  29.  —  Cum  ad  praesens,  al  Provinciale  di  Germania  perchè  decida  i  Frìgi 

e  Norv^  a  muoversi  in  soccorso  di  T.  S. 
1263,  febbr.  20.  —  AtMefa  ChrisH,  a  richiesta  di  S.  Luigi  IX,  scrive  al  suo  L^fato  in 

Oriente  di  promuovere  ai  Vescovati,  fra  i  Tartari  e  nella  Soldania  di   Bagdad, 

de' francescani  e  domenicani. 


(1)  Questo  zelante  Minorità  richiamò  dall'  esilio  V  areivescovo  greco  di  Cipro  ingiasta- 
mente  espulso.  C£  Sbaralea  Bull.  tip.  547. 


SECOLO  xm.  417 


1254,  gennaio  29.  —  Ex  parte  VenerabìUs,  riguardante  un  convento  francescano  in  Ni-    119 
cosia  di  Cipro.  —  Ignota  ai  nostri  scrittori.  Cfr.  sopra  n.  63  p.  231. 

*  febbr.  25.  —  Gerentes  Veneràbiles,  al  Ministro  Provinciale  di  Siria  delegato  ad 

esaminare  l'elezione  dell'Arcivescovo  greco  di  Cipro. 
»      marzo  11.  —  Gerentes  de  tuae,  a  frate  Giovanni  de  Dist  Vescovo  Sarabiense,  di 

raccogliere  le  elemosine  e  i  votila  prò  di  Terra  Santa  in  tatto  il  regno  Germanico. 
»     luglio  3.  —  Owm  de  sinceritate,  simile  tenore,  a  fr.  Velasco  suo  Penitenziere  in 

Spagna,  riguardo  le  collette  per  T.  S. 

Alessandro  IV. 

(El.  Napoli  1254  dee.  12,  cons.  20  ;  e  i  Viterbo  25  mag.  1261). 

1256,  marzo  1.  —  Lecta  Nohis,  al  Ministro  de' francescani  di  Tiro  (Sur)  incaricato  con 

altri  ad  esaminare  certe  questioni  insorte  tra  alcuni  personaggi  di  Siria. 
»       luglio  26.  —  Tua  et  charissimi,  al  fratello  del  re  d'Inghilterra,  Gulielmo  Conte 

di  Pembrocz,  il  quale  crociatosi,  ottiene  per  suo  confessore  il  francescano  fr.  Pietro 

de  Bupe. 
»     decem.  13.  —  Quia  in  aliquibus,  al  Guardiano  di  Parigi  riguardo  i  Crociati  e  la 

Terra  Santa  (cit.  dal  Melissano,  Suppl.  Annal.  Min.  n.  2). 

1256,  loglio  11.  —  Cum  ad  promerenda,  colle  quali  si  concedono  delle  indulgenze  (nelle 

solennità  de' SS,  Frane.  Ant.  e  Chiara)  ai  frati  Min.  di  Acri  e  di  Tiro.  —  In  Bullar. 
antico  del  Varisio  in  Arch.  T.  S.  pag.  46  e  48.  —  Cfr.  sopra  a  p.  234. 

1257,  marzo  6.  —  Licet  is,  alle  Suore  Benedettine  di  Antiochia,  riformate  alla  regolare 

disciplina  dai  francescani  della  stessa  città,  concede  indulgenze  per  le  festività 
di  S.  Frana  jco,  S.  Antonio  e  S.  Chiara. 
»  marzo  29.  —  Ex  relatu,  al  Provinciale  di  Siria,  colla  quale  concede  indulgenza 
plenaria  ai  .'rancescani  che  si  recano  'n  quelle  parti  e  vi  dimoreranno  tutta  la 
vita.  In  questo  Breye  ricorda  il  Pontefice  alcuni  martiri  Minoriti  di  T.  S.  —  Cfr. 
sopra  a  p.  235. 

*  luglio  15.  —  Necessitatibus,  al  Provinciale  francescano  di  Bomanìa  (=  e  Siria) 

onde  soccorra  alle  indigenze  del  Patriarca  Latino  di  Costantinopoli. 

1258,  aprile  19.  —  Cum  hora  jam  undecima,  (ripetuta)  con  solenni  privilegi  ai  fran- 

cescani che  si  recavano  in  Missione  presso  ventiquattro  e  pjù  nazioni  pagane  e 
scismatiche  d'Oriente. 

Urbano  IV. 

(El.  Viterbo  1261  ag.  29,  coi-on.  4  seU.;  e  f  Perugia  2  oit.  1264). 

1262,  maggio  11.  r—  Clamai  instanter  ad  nos,  colla  quale  ordina  al  Provin.  della 
Marca  Trìvigiana  la  scelta  di  frati  idonei  per  predicare  e  raccogliere  elemosine 
per  la  Terra  Santa;  concede  100  gior.  d'indulg.  a  chi  interviene  alle  loro  pre- 
diche. (SeWArch.  de' Frari  a  Venezia;  IV  Terra  Santa  n.  1.  —  Cfr.  Potthast 
n.  18310). 
»      ma^io  15.  —  Clamai  instanter,  al  Provinciale   di   Bologna   af&nchè   per  mezzo 

de' suoi  religiosi  predichi  la  Crociata  in  soccorso  di  Terra  Santa. 
»      maggio  21.  —  Cum  praedicationem,  lo  stesso  comando  al  Generale  di  tutto  l' Or- 
dine francescano. 
»      ma^o  23.  —  Orla  est  Nobis,  al  Provinciale  di  Francia  per  &re  predicare  ai  suoi 
frati  la  Crociata  contro  il  Paleologo  che  riconquistò  Costantinopoli. 
BibUot.  —  Tom.  L  27 


418  BIBLIOTECA 


119  »  maggio  29.  —  Volentes  omnes  Crucesignatos,  al  Prov.  della  Marca  Trivigiana 
(Veneto)  che  i  Crociati  non  siano  chiamati  in  gindizio  se  non  nella  propria  dio- 
cesi  ecc.  (Archiv.  dei  Frari  citato  n.  3). 

»     gingno  5   —  Volentes,  ai  predicatori  delle  Crociate  dona  delle  indulgenze  plenarie. 

»  giugno  9.  —  Vohimus  et  praesentium,  al  Prov.  della  Marca  Trivigiana  di  racco- 
gliere tutti  i  legati  e  le  sovvenzioni  de'  Crocesignati  provenienti  da  Terra  Santa 
(Archiv.  de' Frari  cit.  n.  4.  —  Cfr.  Potthast,  n.  18353). 

»  giugno  17.  —  Volentes  labores  vestros,  concede  ai  predicatori  delle  crociate  le  in- 
dulgenze del  concilio  Generale  a  chi  soccorre  Terra  Santa.  (Archiv.  cit.  n.  5). 

»  giugno  20.  —  Cum  Nos,  perchè  siano  dati  alcuni  sussidi  in  denaro  all'ex-imp. 
Balduino  II  di  Costantinopoli. 

»  giugno  30.  —  Cum  libi  super,  raccomanda  al  Prov.  della  Marca  Trivigiana  la 
raccolta  delle  elemosine  per  Terra  Santa.  (Archiv.  dei  Frari  cit.  n.  6). 

»  luglio  1.  —  Cum  praedicationem  Crucis,  concede  facoltà  al  detto  Provinciale,  per 
questa  volta  soltanto,  di  assolvere  dalla  scomunica  contratta  per  aver  posto  le  mani 
addosso  ai  Religiosi,  di  dispensare  sopra  le  irregolarità  ecc.,  con  deporre  però  a 
prò  di  Terra  Santa  ciò  che  spenderebbero  per  andare  a  Boma.  (Archiv.  cit.  n.  7). 

»  luglio  13.  —  Cum  Terra  Sancta,  al  detto  Prov.  della  Marca  Trivigiana  di  pub- 
blicare che  i  Crociati  debbano  tenersi  pronti  per  recarsi  al  soccorso  di  Terra  Santa 
(Archiv.  cit.  n.  8.  —  Cfr.  Potthast  n.  18381). 

»  mense?  —  Tantae  sinceritatis  a  Mich.  Paleologo  imp.  di  C.poli,  in  risposta  ai  suoi 
voti  per  r  unione  delle  due  Chiese. 

1263,  marzo  21.  —  Testimonium,  ordina  al  francescano  fr.  Bertoldo  di   predicare   la 

Crociata  per  la  T.  S. 
»      marzo  29.  —  Cum  negotium,  ai  detti  predicatori  della  Crociata  ordina  l' osservanza 

della  Costituzione  d'Innocenzo  III  a  proposito  de' Crociati. 
»     aprile  9.  —  Inter  primas,  promozione  di  frate  Guglielmo  alla  sede  vescovDe  Ante- 

radense  (Tortosa)  in  Fenicia,  consecrato  dallo  stesso  Pontefice. 
»     aprile  28.  —  Personam,  all'Arcivescovo  di  Tiro  certe  facoltà  e  dispense  a  prò 

de' francescani  e  domenicani  di  quelle  parti. 
»     giugno  13.  —  Cum  Nos  universis,  a  Luigi  IX  per  la  premuta  di  certe  limosino 

raccolte  da'  francescani  ed  altri  per  la  Crociata. 
»     giugno  18.  —  Cum  dikctum,  nomina  di  frate  Giovanni  de  Cancia  alla  Nunziatura 

d'Inghilterra,  coli' incarico  di  curare  anche  i  n^zi  di  Terra  Santa.  (Cfr.  Sbar. 

Bull  II.  p.  472  n.  67-68  501  n.  90). 
»     luglio  28.  —  Imperialis,  al  Paleologo  sull'  unione  delle  Chiese  pei  francescani 

Simone  e  compagni  (Seguono  altre  lettere  in  BuU.  U  p.  486-96  e  p.  499  n.  87, 

e  p.  564  n.  157). 
»     agosto  26.  —  In  eminenti,  privilegi  a  frate  Guglielmo  Vescovo  di  Tortosa  in  Fe- 
nicia. (Cfr.  Sbaral.  H.  499-501  n.  88). 
»     ottobre  31.  —  Veneràbili,  conferma  fr.  Antonio  de'  Minori  al  vicariato  patriarcale 

di  C.poli  lasciatovi  dal  Patriarca  Giustiniani.  (Sbar.  Il  p.  524). 
»     novem.  29.  —  Dudum  inier,  riguardo  fr.  Guglielmo  vescovo  di  Tortosa  in  Siria. 

(Vedi  altre  in  Bull,  t  n  p.  545  n.  131,  p.  648  n.  132,  p.  549  n.  135;  t.  m 

p.  4  n.  6). 

1264,  gennaio  26.  —  Etsi  ad  universas,  or^na  a  tutto  il  clero  e  ai  frati  Minori  di  atti- 

vamente curare  i  sussidi  a  prò  di  Terra  Santa.  (Cfr.  Anal.  frane,  t.  Il  p.  77). 


SECOLO  xm.  419 


Clemente  IV.  "® 

(El.  Perugia  1265  feb.  5,  coron.  15;  e  f   Viterbo  29  nov.  1268). 

1265,  giugno  16.  —  Ex  litteris,  al  maestro  fr.  Alberto  da  Parma  pe' negozi  di  Terra  Santa. 

»  giagno  22.  —  Circa  tutelam  a  fr.  Giovanni  Martini  per  la  guerra  contro  i  Sara- 
ceni di  Marocco. 

»  giugno  24.  —  Cum  triginta,  è  ricordato  fr.  Simone  d'  Auvergne,  Nunzio  in  par- 
tibns  Romaniae  (=  Impero  di  C.poli).  —  Cfr.  sopra  p.  254  n.  67. 

»  luglio  ...  —  Expansis,  ai  Ministri  Provinciali  di  Francia,  comandando  di  predi- 
care la  Crociata  contro  il  Soldano  d'Egitto  che  devastava  la  Terra  Santa. 

»  agosto  25.  —  In  Gonfectione,  il  francescano  frate  Velasco,  celebre  per  molte  Le- 
gazioni avute  da' precedenti  Pontefici  Inn.  Aless.  Urbano,  è  destinato  alla  sede 
Vescovile  di  Faraagosta  in  Cipro.  —  Dopo  due  anni  viene  promosso  alla  sede 
di  Idanha  in  Spagna  (Breve  In  dispensatione  17  sett.  1267). 
1268,  luglio  30.  —  Ad  liberationem,  ai  francescani  di  Portogallo  che  raccolgano  e  am- 
ministrino i  legati  a  prò  di  Terra  Santa. 

»  luglio  30.  —  Ad  liberationem,  altre  quattro  colla  stessa  data  dirette  ai  medesimi, 
sempre  per  T.  S. 

»  luglio  30.  —  Gum  chariss.  in  Ghristo  fèl.  nosier  Eex  Portì*gaUiae,  ai  medesimi 
con  facoltà  di  assolvere  dalle  censure  ecc. 

B.  Gregorio  X. 

(El.  Viterbo  1271  sett.  1,  cons.  e  coron.  Roma  27  mar.  1272,  e  f  Arezzo  10  gen.  1276). 

1272,  marzo  4.  —  Dirae  persecutionis,  a  frate  Oddone  Eigaldi  Arcivescovo  Rotomagenso 

a  proposito  di  Terra  Santa. 
»     ottobre  24.  —  Tractatum  de  reductione  Graecorum,  e  molte  altre  dello  stesso 
anno  e  seguente,  sulla  legazione  a  Costantinopoli  del  Ministro  Generale  fr.  Gi- 
rolamo d'Ascoli  e  compagni.  (Bull.  t.  Ili  p.  185-220). 

1273,  aprile  13.  —  In  litteris,  al  detto  fr.  Oddone,  invitandolo  d' intervenire  al  Concilio 

di  Lione  ove  specialmente  sì  tratterranno  i  negozi  di  Terra  Santa. 

1274,  settem.  29.  —  Bevotioni,  esime  le  Clarisse  dalle  decime  per  la  Terra  Santa.  (De 

Latera  Supplem.  Bull.  p.  204). 

»  novem.  13.  —  Si  mentes  Fidelium,  lunghissima,  diretta  al  Provinciale  di  Siria  o 
ad  altri  ventinove  Provinciali  francescani  comandando  di  predicarvi  la  Crociata 
per  la  liberazione  di  Terra  Santa  (Sbaralea  t.  IH  p.  223-226)  (1). 

»  novem.  13.  —  La  stessa  al  Generale  dell'  Ordine  e  al  Prov.  della  Marca  Trivigiana 
per  la  scelta  di  frati  idonei  alla  predicazione  della  Crociata  (Archiv.  de'Frari 
Venezia,  Terra  Santa  tit.  IV  n.  9.  —  Cfr.  Potthast  n.  20959). 

Giovanni  XXI. 

(El.  Viterbo  1276  sett.  8,  coron.  20  ;  e  f   Viterbo  20  mag.  1277). 

1276,  ottobre  17.  —  Laudanda  tuorum,  al  re  Giacomo  d'Aragona  conferma  la  fondazione 
del  Collegio  arabo  dei  frati  Minori  in  Miramar  di  Majorica.  —  Cfr.  sopra  p.  365. 


(1)  Erroneamente  dal  P.  Palomes  M.  Conv.  {Dei  frati  Minori  e  delle  loro  denominazioni 
ed.  1»  p.  7579,  ed.  2=  p.  110-14)  attribuita  a  Gregorio  IX!  La  bolla  è  data  da  Lioìie  ove 
non  fu  mai  questo  pontefice,  ma  si  Gregorio  X. 


420  BIBLIOTECA 


119  1277,  gennaio  30.  —  Felicis  record,  al  francescano  ir.  Marco  Vesc.  Cassanense  in  Ca- 
labria a  proposito  dello  collette  per  Terra  Santa,  rinnovando  gli  ordini  d« 
Gregorio  X.  (Altre  ancora  a  proposito  delle  decime  in  Bull.  t.  Ili  p.  256-57, 
263-64). 
»  febbr.  22.  —  Petiiio  dilecti,  al  Guardiano  di  Cortona,  ordini  spettanti  i  sussidii 
per  Terra  Santa.  —  Le  altre  lettere  che  lo  Sbaralea  Bull.  Ili  267-74,  attri- 
buisce a  GioY.  XXI,  snir  anione  delle  due  Chiose,  sono  invece  del  suo  predeces- 
sore Innocenzo  V.  —  Vedi  sopra  al  n.  84). 

Nicolò  m. 

(M.  Viterbo  1277  nov.  25,  cons.  e  coron.  Roma  26  dee;  e  -j-  Soriano  22  ag.  1280). 

1278,  aprile  1.  —  Aetemi  Pastoris,  e  molte  altre  dello  stesso  anno,  pei  Missionari  fran- 

cescani destinati  fra  i  Tartari  della  Persia  e  Cina.  (Sbar.  Bull.  t.  III  p.  289-99. 
Altre  ancora  ibid.  p.  347  nn.  67-68). 

»  luglio  23.  —  Querelam  gravem,  in  favore  del  perseguitato  francescano  Vescovo  di 
Tripoli,  fr.  Paolo  de  Comitibus.  —  Nel  quale  documento  si  fa  menzione  di  un  con- 
vento Minoritico  in  Tripoli  (Siria),  che,  a  detta  degli  storici  coevi,  fu  poi  distrutto 
dai  Saraceni  nel  1289.  Cfr.  Sbaralea,  Bull.  t.  IH  p.  327  nota  b.  Cfr.  Kohr.  Be- 
gesta  n.  1424-5. 

»  sett.-ottob.  —  Molte  lettere  per  i  Nunzi  francescani  destinati  al  Paleologo  imp. 
di  Costantinopoli  ecc.  per  l' unione  delle  due  Chiese.  (Sbar.  Bull.  t.  TU  p.  345, 
348-61). 

»  novem.  13.  —  Inter  caetera,  raccomanda  al  B.  Benvenuto  Vescovo  le  cose  di  T.  S. 
costituendolo  collettore  delle  elemosine  nel  Vescovato  d'Eugubio. 

1279,  marzo  11.  —  Cum  nonnulU,  al  Custode  francescano  di  Assisi  perchè  le  raccolte 

e  depositate  elemosine  di  T.  S.  vengano  rimesse  al  suddetto  B.  Benvenuto  col- 
lettore Pontificio. 

»  giugno  1.  —  Ad  audientiam,  reprìme  l'ardire  del  Principe  Antiocheno  Boemondo, 
che  perseguitava  il  summentovato  Vescovo  di  Tripoli  fr.  Paolo  de  Comitibus  suo 
consanguineo. 

»  giugno  7.  —  Ut  in  commissis,  al  detto  vescovo  Tripolitano  raccomandandogli  af- 
fari importantissimi  riguardanti  T,  S.,  ed  altri  princìpi. 

»  giugno  13.  —  Intelleximus,  ai  francescani  di  Danimarca  di  Svezia  a  prò  delle 
collette  per  T.  S. 

»  settem.  20.  —  Cum  inter,  al  femoso  frate  Giovanni  Fecham  arcivescovo  di  Can- 
torbery,  a  proposito  di  certe  questioni  sui  crociati. 

1280,  marzo  26.  —  Olim  te  a.  fr.  Paolo  vesc.  di  Tripoli,  legato  in  Crermania. 

Martino  IV. 

(El.  Viterbo  1281  feb.  22,  cons.  e  coron.  Orvieto  23  mar.;  e  -J-  Perugia  28  mar.  1285). 

1281,  novem.  13.  —  Ex  parte,  al  guardiano  Cameracense  (Camhrai)  del  Belgio  incari- 

cato sulle  limosino  per  T.  S. 

1282,  novem.  11.  —  Terrae  Sanctae,  ordina  di  consegnare  le  decime  per  T.  S.  a  frate 

Monaldo  da  S.  Anatolia  in  Portogallo. 
»      novem.  11.  —  Bla  te  credimus,  al  mentovato  fr.  Monaldo  spedito  al  Portogallo 
per  raccogliere  ed  assegnare  ad  alcuni  le  decime  di  T.  S. 
1285,  febbr.  21.  —  Cum  de  pectmia,  sulle  decime  di  T.  S.  ricevute  da  fr.  Monaldo. 


SECOLO  xra.  421 


Onorio  IV.  119 

(El.  Perugia  1285  apr.  2,  cons.  e  coron.  Roma  20  mag.;  e  f  Roma  3  apr.  1287). 

1286,  maggio  31.  —  Venerabilis,  incarica  i  francescani  di  Francia  di  fare  un'  inchiesta 
sulla  soluzione  delle  decime  di  T.  S. 

Anno?  Pontef.?  —  Affectus  dilectionis  (d'ignoto  Pontefice  ed.  anno)  dirotta  al  Provin- 
ciale di  T.  S.  in  Acri,  colla  quale  elogiando  altamente  Y  umile  e  povera  vita 
de' Francescani  di  T.  S.,  biasima  severamente  l' indegna  condotta  del  Vescovo  che 
li  opprimeva;  onde  li  esime  totalmente  dalla  sua  giurisdizione.  (Suppl.  Bull.  De 
Latera  p.  222). 

Nicolò  IV. 

(El.  Roma  1288  feb.  15,  coron.  22;  e  f  Roma  4  apr.  1292). 

1288,  apr.  2-9.  —  Molte  lettere  pei  Missionari  francescani  che  si  recavano  nella  Persia 

Tartara,  da  Argun  Kan  e  dai  vescovi  Caldei  Jabalaha,  Barsauma,  e  da  Dio- 
nisio vesc.  di  Tauris  ecc.  (in  Sbaral.  Bull.  t.  IV  p.  6-10). 
»     ottobre  20.  —  Sponso  Coelesti,  nomina  alle  sede  Arcivescovile  di  Cipro  il  fran- 
cescano frate  Giovanni  (dallo  Sbaralea  creduto  erroneamente  il  famoso  Balastri  : 
Cf.  Bull.  t.  IV  p.  44). 

1289,  febbr.  1.  —  Cetsitudinem,  al  re  di  Cipro  in  favore  del  detto  Arcivescovo  fran- 

cescano fr.  Giovanni,  cui  gi^  lo  aveva  raccomandato  con  un  altra  Ad  fovendum 
del  20  ott. 

»  luglio  7-13.  —  Altre  lettere  e  Missionari  francescani  diretti  in  Caldea  e  a  Dio- 
nisio vesc.  di  Tauris  (Bull.  t.  IV  p.  83-84). 

»  luglio  14.  —  Altre  lettere  a  Cubilay  Gran  Kan  della  Cina,  al  suo  nipote  Caydon. 
(Bull.  t.  IV  p.  85-86). 

»  luglio  14.  —  Gerentes  in  terris,  al  re  di  Armenia  (Aitone  II)  ringraziandolo  del- 
l' affetto  che  porta  alla  Chiesa  Bomana  e  ai  Missionarii  francescani  nelle  sue  tèrre. 

»  luglio  14.  —  Nuper  ad  Apostolatus,  dello  stesso  tenore  alla  sorella  della  regina 
d'Armenia;  ed  altra  simile  ai  fratelli  del  re. 

»  luglio  14.  —  Laetati  sunms,  al  Connestabile  di  Armenia  Leone,  simili  lettere,  rac- 
comandandogli i  Missionari  francescani;  e  ad  altri  ancora. 

»  luglio  15.  —  Altra  lettera  ad  Argun  Kan  della  Persia,  cui  raccomanda  i  frati 
Minori  ecc.  (Bull.  IV.  89). 

»  settem.  17.  —  Benigno  Ubi,  facoltà  al  Minorità  fr.  Giovanni  Arcivescovo  di  Cipro 
di  scegliersi  un  confessore  del  suo  Ordine,  e  con  1'  altra  Quia  praesenti  di  poter 
protestare. 

»  decem.  11.  —  Assumpti,  a  fr.  Roderico  creato  vescovo  del  Marocco.  (Cfr.  anche 
quelle  dei  9  e  15  feb.  del  1290  in  Bull.  t.  IV  p.  133-34. 

1290,  Gennaio  5.  —  Necessitafes  miser.  Terrae  Sanctae  multiplires,  al  Piovinciale  della 

Toscana,  e  ai  suoi  Religiosi  per  predicare  la  Crociata  contro  i  Saraceni.  —  La 
stessa  anche  al  Provinciale  di  Bologna. 

»  febbr.  21.  —  Ad  extirpandam,  ordina  al  Patriarca  Gerosolimitano  (suo  Legato  in 
Oriente)  che,  col  consiglio  del  Provinciale  di  T.  S.  e  di  altri,  institnisca  nel- 
l'Oriente alcuni  Inquisitori. 

»  agosto  23.  —  Volentes  audum,  al  Provinciale  francescano  delle  Marche  e  ad  altri, 
dà  corti  ordini  riguardo  i  Crociati. 


422  BIBLIOTECA 


Ilo  »  settem.  1.  —  Egressus  de  Fratribus,  ordina  ai  francescani  di  predicare  la  Cro- 
ciata, a  prò  del  pericolante  regno  Latino  di  Siria.  (Sbaraloa  t.  lY  p.  326. 
n.   13). 

»  ottobre  15.  —  Solitae  henignitatis,  ai  Magnati  e  clero  di  Acri,  rimandando  loro 
il  francescano  ambasciadore  che  gli  aveano  spedito  :  promettendo  agli  stessi  tutto 
il  SQO  appoggio  e  ainto. 

»  ottobre  23.  —  Qum  te  ad  partes  Ultramar inas,  al  francescano  fr.  Pietro  Bardulio, 
destinato  dallo  stesso  Pontetice  in  T.  S.,  dà  facoltà  di  condor  seco  quattro  o  sei 
confratelli  del  sno  Ordine. 

»  decem.  5.  —  Gerentes  cordi,  al  re  di  Francia  Filippo  IV,  cai  avea  spedito  il  fran- 
cescano fr.  Giovanni  de  Samesio  (poi  Vescovo  Redonense),  raccomanda  caldamente 
i  soccorsi  per  T.  S.  —  Quattro  giorni  dopo  (9  dee.)  con  lettera  Pridem  allo 
stesso  re,  inculca  nuovamente  l' afiFare  di  T.  S.  —  E  di  nuovo  in  un'  altra  del 
16  dee.  Rogavimus,  è  ricordato  il  Samesio.  —  Cfr.  infra  p.  429  n.  126. 
1201,  marzo  9.  —  Vitae  perennis,  indulgenze  alla  chiesa  delle  francescane  di  Nicosia 
neir  isola  dì  Cipro. 

»  marzo  13.  —  Post  tractatus,  al  re  d' Inghilterra  Eduardo  IV,  presso  cui  agivano 
a  prò  di  T.  S.  il  francescano  Vescovo  frate  Bartolomeo,  e  il  sno  confratello,  frate 
Giovanni  de  Bekingherim  Legato  del  le  presso  il  Pontefice.  (Vedi  anche  la  let- 
tera del  1291,  Marzo  18,  Inter  celerà  allo  stesso  re  Eduardo). 

»  aprile  18.  —  Cum  terra  ipsa  al  Provinciale  d'Inghilterra  a  prò  di  Terra  Santa. 
15  Kal.  Apr.  (Melissano  Ann.  Supplem.  1291). 

»  giugno  30.  —  Vitae  perennis,  indulgenze  estese  anche  ai  francescani  di  Nicosia 
nell'isola  di  Cipro. 

»  agosto  1.  —  Terrae  Sanctae,  al  Provinciale  francescano  delle  Umbrie,  afBnchè  coi 
suoi  religiosi  predichi  la  .Crociata. 

»  agosto  1.  —  Terrae  Sanctae,  la  stessa  al  Provinciale  e  frati  di  Bologna,  e  a  quelli 
delle  Marche  (Sbaralea  t.  IV  p.  327.  n.  52.  —  p.  328.  n.  71). 

»  agosto  1.  —  Terrae  Sanctae  miseràbilem  statum:  varie  lettere  al  Ministro 
Provinciale  della  Dalmazia  colle  quali  lo  esorta  a  predicare  la  Crociata 
fra'  Dalmati,  insinuando  a  quelli  che  avevano  presa  la  croce,  ed  erano  ritor- 
nati in  patria,  il  dovere  di  riprendere  le  armi  e  di  mettersi  sotto  i  proprii 
vesilli;  lo  sollecita  soprattutto  a  prestar  assistenza  a  coloro  che  nel  pas- 
saggio avrebbero  toccata  la  terra  Dalmata,  concedendo  ai  veterani  e  ai  nuovi 
crociati  copiose  indulgenze  sopra  le  solite  a  darsi  dai  Pontefici  in  simili  circo- 
stanze. —  Lettere  originali  nel  Conv.  di  Zara.  —  (P.  Don.  Fabianich  :  Il  conv. 
più  antico  iti  Dalmazia,  Prato  1882  pag.  64;  e  il  testo  intero  nel  t.  I  pag. 
420-25  dell'  altra  sua  opera  Storia  de'  Frati  Minori  in  Dalmazia  ecc.  Zara 
1863,  voi.  due). 

»  agosto  13.  —  Dirae  amaritudinis,  a  prò  della  T.  S.  alle  Potestà  Genovesi,  portata 
dall'  Arcivescovo  francescano  frate  Gentile  personaggio  di  grande  influenza  e  loro 
assai  gradito,  e  che  tanto  si  afFacendò  per  T.  S. 

»  agosto  13.  —  Cum  hora  undecima,  ripetuta  anche  quest'anno  pe' francescani  che 
si  recavano  in  Missione  presso  oltre  ventidue  nazioni  d'Oriente:  muniti  nuova- 
mente di  grandi  facoltà  e  privilegi. 

»  agosto  13-23.  —  Molte  letttere  papali  sulla  missione  in  Oriente  presso  i  Tartari 
date  ai  frati  Gulielmo  e  Matteo.  (In  Sbaral.  Bull,  t  IV  p.  276-85). 


SECOLO  xm.  423 


»  agosto  23.  —  Praecurrentis  famae,  ad  Argum,  imp.  de'  Tartari  di  Persia,  cui  spedisce  119 
i  detti  dae  francescani,  annunziandogli  la  perdita  di  Acri  e  di  Tiro.  Lo  sollecita 
a  battezzarsi,  onde  più  facilmente  Iddio  gli  conceda  il  riacquisto  di  Gerusalemme. 
In  fine  gli  raccomanda  i  francescani  e  i  Cristiani  delle  sue  terre.  —  Molte  altre 
lettere  del  Pontefice  francescano  dirette  più  volte  ai  Tartari  per  mezzo  do'  Minori, 
veggansi  nel  Bull.  t.  IV  a  p.  325-28. 

»  agosto  26.  —  Exhibita,  a  certi  Fiorentini,  di  versare  date  somme  al  Guardiano 
francescano  di  Firenze  a  prò  di  T.  S. 

»     ottobre  1.  —  De  tuae  circumspecUonis,  al  Minorità  fr.  Gentile  arciv.  di  Reggio 
destinato  ai  Genovesi  a  prò  di  T.  S. 
1292,  gennaio  23.  —  Pia  Mater  Ecclesia,  al  re  Filipo  IV  di  Francia,  raccomanda  i  due 
ambasciadori  francescani  del  re  di  Armenia  (Tomaso  da  Tolentino  e  Marco  da 
M.  Lupone),  e  lo  prega  di  soccorrerlo. 

Bonifèicio  Vm. 

(El.  Napoli  1294  dee.  24,  cons.  Roma  23  gen.  1295;  e  f  Roma  11  oU.  1303). 

1296,  febbr.  5.  —  Si  miserationis  Divinae,  lettera  spedita  col  Minorità  frate  Leonardo, 
suo  Legato,  a  Giacomo  re  di  Aragona,  nella  quale  lo  invita  a  recarsi  a  Roma 
per  crearlo  capitano  generale  dell'  armata  contro  i  Saraceni  pel  ricupero  dì  Terra 
Santa.  —  Raynaldi,  Annal.  an.  1296  tom.  IV  pag.  202. 

1299,  gennaio  11.  —  Mandamus,  al  Provinciale  francescano  di  Siria  e  ad  altri,  affinchè 

si  osservi  quello  eh'  Egli  decise,  e  curino  rappaciare  il  Re  e  i  Templari 
di  Cipro. 

»  aprile  28.  —  Ad  regimen,  elezione  di  frate  Alemanno  da  Balnooregio  all'  arcive- 
scovato di  Tiro  ecc. 

»  giugno  20.  —  Crerenles  cordi,  al  Provinciale  francescano  di  Siria  e  ad  altri  re- 
golari, ai  quali  notifica  corti  statuti  raccomandandone  l'esecuzione  a  prò  di 
Terra  Santa. 

1300,  settem.  28.  —  Dilectus  filius,  al  Guardiano  di  Venezia  e  ad  altri  a  proposito  di 

certi  crociati  e  legati  destinati  per  T.  S. 

1301,  agosto  9.  —  En  quod  expectaòamus,  all'  arciv.  francescano  di  Genova,  frate  Por- 

cheito  Spinola,  loda  ed  incoraggia  lo  zelo  delle  donne  genovesi  a  prò  di 
Terra  Santa. 

»  agosto  9.  —  In  Concilio,  allo  stesso,  concedendo  delle  indulgenze  per  que'che  si 
recheranno  in  soccorso  di  Terra  Santa,  nonché  a  quelli  che  prestaron  altri 
aiuti. 

»  agosto  9.  —  Receptis  litteris,  ai  Nobili  di  Genova  che  gli  avoano  spedito  frate 
Filippo  da  Savona  francescano,  coi  quali  si  congratula  per  il  zelo  addimostrato 
a  benefizio  di  T.  S.  a  che  vieppiù  li  incoraggia. 

»      agosto  9.  —  Marino  StoUo,  agli  stessi,  parimenti  a  prò  di  T.  S. 

»  agosto  9.  —  Ex  Vestrarum,  alle  nobili  dame  di  Genova,  hi  magnanimità  e  lo  zelo 
delle  quali  a  prò  della  Crociata  seppe  dal  minorità  frate  Filippo:  loda  od  in- 
coraggia. 

»  agosto  10.  —  Qui  fecit  salutem,  al  Provinciale  francescano  di  Genova,  che  ai  cro- 
ciati Genovesi  aggreghi  alcuni  de'  suoi  francescani  corno  cai)pollani. 

»  agosto  10.  —  Sperantes,  al  suddetto  arciv.  francescano  frate  Spinola  affinchè  faccia 
predicare  la  crociata,  e  i  crociati  faccia  partire. 


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Addenda  al  secolo  xiii 


1219  —  Jacobi   de   Vitriaco:  Epistola  ad  Lotharingios  eoo.  —  Giunta   alla 
nota  1*  della  p.  7. 

120  II  compilatore  anonimo  del  Ms.  oggi  scomparso  Liber  bellorum  Domìni  prò  tempore 

nove  legis,  scritto  verso  la  metà  del  soc.  XIV  (1),  e  di  cui  soltanto  ci  resta  una  parte 
dell'  indice-sommario  (Cod.  Vat.  Eeg.  Christ.  547),  ha  egli  pure  usato  un  Ms.  interpolato 
del  Vitriaco,  là  ove  parlando  di  S.  Francesco  sotto  Daraiata  si  disaprova  che  frati  giovani 
girino  pel  mondo. 

«  Quinquagesimus  tertius  articulus  [agit]  de  quibusdam  gestìs  post  captionem  Da- 
miate et  ante,  habet  quatuor  conclusiones  f  1%  de  divisione  spoliornm  (Damiatae)...  Domi- 
niura  civitatis  additum  regno  lerusalem  ...  2*  de  bollo  precedente  captionem,  in  quo  . . . 
perierunt  mille  de  nostris  ...  3*  de  assaltìbus  nostris  sepe  frustratis  ...  4"  de  oratione  qnam 
expostulat  [episcopu«?  Acconensis  in  sui^  litteris]  prò  exercitu  christiano  et  vinca  Domini 
Sabaoth  reparand!\  et  fide  dilatanda  in  partibus  transmarinis,  et  de  salutarono  mutua,  et 
qiiomodo  sanctus  Franoiscus  Sarracenis  intrepidus  predicavit,  licet  non  profecerit  illis,  ubi 
ot  laudat  Ordinem  in  hoc  quod  tenet  statum  ecclesie  primitive,  reprobane  quod  iuvenes 
ixnperfecti  discurrunt  bini,  qui  plus  deberent  perflci  regularibus  disciplinis  (2)  » . 

Il  54"^  articulua  del  citato  Ms,  conteneva  de  hiis  qt*e  acciderunt  ehristiams  post 
captionem  Damiate:  ove  riproducevasi  la  nota  lettera  del  Vitriaco  che  descrive  la  corru- 
zione dell'  esercito  cristiano  padrone  di  Damiata,  e  come  i  nostri  crociati  «  infra  litìas  et 
fos.sata  manentes,  et  propter  paucitatem  egredi  et  congredi  non  audontes,  a  Soldano  cCd 
unum  dietam  cum  exercitu  nobis  insidiante,  per  flagitiosos  christianos  exploratores  ab  eo 
conductos,  darapna  plurima  sunt  porpessi,  specialìter  per  illos  qui,  insidiis  latitantes,  nos- 
tros  singulariter  incauto  exeuntes  capiebant  redimcndos,  voi  decollabant,  Soldano  capita 
ohlaturi,  qui  certam  pecunie  quantitaiem  promiserat  prò  quolihet  capite  christiano  sibi 
a  saraceno  quolihet  presentato  ...  (3)  » . 


(1)  II  compilatore  ne  sarebbe  secondo  il  Kohler  {Revue  de  VOrient  Latin  t.  X  p.  553) 
il  patriarca  Grerosolimit«.no  (1329-42)  Pietro  de  la  Palud,  di  cui  vedi  Quctif-Échard  Script. 
Ora.  Praed.  t.  I  605,  608. 

(2)  Archives  de  VOrient  Latin  t.  I  p.  301-2. 

(3)  Ibidem  op.  cit.  p.  302.  —  L' originale  testo  di  questa  lettera  del  Vitriaco  puossi  ve- 
dete in  D'Achery  Spicilegiuvi  t.  Vili  p.  373. 


SECOLO  XIII  —  Addenda.  425 


e.  1241-45?  —  Fr.  Benincasa  Tudertino,  Missionario  fra  i  popoli  Tartari 
e  Saraceni. 

Di  questo  sconosciuto  Missionario  fra  ì  Tartari  e  Saraceni,  un  antico  catalogo  di  santi  121 
frati  contiene  questa  breve  notizia  :  «  In  eadem  provincia  [Aragoniae,  iacet]  beatus  fr.  Be- 
nencasa  Tudertinus,  inter  Tartaros  et  Saracenos  adhuc  vivens  miracnlis  coruscavit  (1)». 
È  questi,  senza  dubbio,  quegli  ricordato  nel  Bialogus  del  Ministro  generale  Crescenzio  e 
scritto  circa  il  1245  :  «  Fuit  in  Hispaniae  partibus  frater  quidam,  nomine  Benincasa,  na- 
tione  Tudertinus  (2)  » ,  del  quale  nulla  altro  sappiamo.  Ora,  il  citato  Dìalogus,  mentovando 
le  virtù  de'  soli  frati  già  morti,  dobbiamo  dire  che  il  Benincasa  fu  fra  i  Tartari  prima  del 
1245  ?  Il  primo  indizio  dei  Tartari  in  Europa,  data,  come  dice  bene  il  Salimbene  :  «  tem- 
pore Papae  Gregorii  noni,  primo  insonuerunt  rumores  de  Tartaris»  (vedi  sopra  a  pag.  193); 
quindi,  il  nostro  Benincasa,  se  non  fu  in  Oriente  prima  del  Piancarpino,  possiamo  dirlo 
missionario  fra  i  Tartari  che  invasero  la  Polonia  verso  il  1241  (Cfr.  il  n.  62). 

1247  —  Convento  francescano  in  Tebe  di  Grecia. 

Prima  di  quest'epoca  deve  datare  il  conv.  di  Tebe  che  apparteneva  alla  provincia  122 
detta  di  Romania  (unita  alla  Terra  Santa  fino  al  1263).  —  Ricaviamo  l'esistenza  di  esso 
convento  dal  miracolo  operatovi  pei  meriti  di  -S.  Francesco  sopra  una  donna  cieca  nella 
chiesa  dei  frati  di  Tebe.  «  Apud  Thébas  in  Romania  mulier  caeca,  vigiliam  S.  Francisci 
in  pane  tantum  et  aqua  ieiunans,  ad  ecclesiam  Fratrum  summo  mane  festivitatis  a  viro 
suo  perducta  est  ».  Ivi  riebbe  il  dono  della  vista.  —  Celano  Tractatus  de  miraculis  e.  XIV. 
—  Idem  in  S.  Bonav.  Leg.  maj.  de  mirac.  §  7  n.  2.  —  Il  Celano  compilò  il  suo  trattato 
de  miraculis  per  ordine  del  Ministro  generale  b.  Giovanni  da  Parma  entro  il  1247-57,  o 
da  ciò  quindi  deduciamo  l'epoca  piÌL  remota  che  si  abbia  dell'origine  di  questo  convento. 

1270  —  Fr.  Giovanni  de  Mona,  compagno  di  Luigi  IX  in  Africa.  —  Giunta 
a  p.  275. 

Alle  brevi  notizie  desunte  dal  P.  Sigismondo  ivi  citato,  aggiungiamo  che  questi  è  fr.  123 
Giov.  de  Mons  (de  Montibus)  Minorità  francese,  confessore  d' una  delle  figliuole  di  S.  Luigi 
IX,  d'Isabella  regina  di  Navarra.  Intimo  e  confidente  del  santo  monarca,  fu  più  volte 
anche  suo  confessore.  Nel  1270  lo  seguì  in  Africa  coli' esercito  francese,  e  assistette'-  agli 
ultimi  momenti  il  morente  Luigi  IX.  Pochi  giorni  dopo,  ai  12  di  settembre,  Filippo  lU 
lo  inviava  dall'Africa  in  Francia  in  compagnia  di  Guglielmo  di  Chartres  e  Goffredo  di 
Beaulieu,  per  portare  la  triste  notizia  della  morte  del  santo  re  e  per  domandare  preghiere 
in  suffragio  di  queir  anima  generosa.  Giovanni  de  Mons,  ritornato  in  Francia,  lo  troviamo 
predicare  a  Parigi  nel  1272  e  1273.  Nuli' altro  si  sa  della  sua  vita.  —  Si  conoscono 
quattro  sue  prediche  conservateci  nel  ms.  dcUa  Nazionale  di  Parigi  segnato  16, 481  sotto 
i  nn.  14,  126,  187  e  198  (3). 

(1)  P.  Lemmens  Catalog.  ss.  fratrum  Minorum  43. 

(2)  P.  Lemmens  Dialogus  de  vitis  ss.  FF.  Minorum  p.  116. 

(3)  Cfr.  Histoire  littér.  de  la  France  t.  XXVI  p.  413.  —  Sbaralea  Supplem.  ad  scriptores 
Ord.  Min.  p.  443.  —  Acta  SS.  die  25  aug.  t.  V  p.  516,  n.  1122,  e  p.  588  n.  62  in  Vita 
S.  Ludov.  IX. 


426  BIBLIOTECA  —  Addenda. 


1274-80  —  Pr.  Fidentius  de  Padua  :  —  Liber  recuperationis  Terree  Sano- 
tae  etc.  —  Giunta  al  n.  83. 

124  Sotto  quest'articolo  e  anno,  abbiamo  dati  appena  pochi  cenni  sull'opera  del  nostro 

fr.  Fidenzio.  Ora  siamo  in  grado  di  riportare  qui  per  intero  l' analisi  abbondante  e  il  giu- 
dizio che  ne  dà  il  dotto  Orientalista  J.  Delaville  Le  Rouli  (1)  dolenti  di  non  aver  potuto 
procurarci  prima  d' ora  l' erudito  suo  libro.  Il  lettore  ne  giudicherà  dell'  importanza,  e  la- 
menterà con  noi  che  il  libro  di  fr  Fidenzio  sia  ancora  inedito.  —  Notiamo  qui  una  di- 
vergenza notabile.  H  Delaville  dice  l'opera  di  Fidenzio  presentata  a  Nicolò  IV  (1288-92  f), 
ciò  che  sembra  a  noi  non  risultare  né  dal  codice  né  da  altra  testimonianza  ;  e  perciò  l' ab- 
biamo creduta  diretta  invece  a  Nicolò  III  (1277-80  f). 

«  A  coté  des  vues  de  Charles  II  Idi  Napoli}  se  placent  celles  d'un  frére  Mineur,  Fi- 
dence  de  Padotte.  De  tous  les  avis  dont  s'entoura  Nicolas  IV,  c'est  assurément  lo  plus 
développé  et  le  plus  minutieusement  motivé.  On  sait  le  ròle  que  l'ordre  des  Fréres  Miueurs 
joua  en  Terre  Sainte  au  XIII*  siede  ;  on  connaìt  l'ardeur  qu'il  déploya  dans  sa  propagande 
pour  convertir  les  infidéles;  on  con90Ìt  dès  lors  l'autoritó  que  revétait  l'opinion  d'un  des 
frères  de  cette  observance.  Le  mémoire  dont  nous  nous  proposons  de  résumer  les  principaux 
traits  avait  étó  domande  à  Fidence  de  Padoue  par  Grégoire  X  au  concile  de  Lyon  (1274),  et 
c'est  pour  rópondre  au  désir  du  pape  qu'il  fut  compose.  Des  circonstances  que  nous  igno- 
rons  retardérent  l'achèvement  de  l'ouvrage  jusqu'au  pontificat  de  Nicolas  IV  et  jusqu'aui 
demières  années  de  la  domination  latine  en  Syrie  (2). 

Le  mémoire  du  frére  franciscain  se  divise  en  denx  parties  ;  la  première  est  consacrée 
à  l'histoire  de  la  Terre  Sainte,  la  seconde  aux  moyens  de  la  reconquérir.  Cette  dernìòre 
seule  nous  interesse  ;  il  n'en  était  pas  de  méme  à  l'époqne  où  l'ouvrage  fut  écrit  ;  l'Occi- 
dent  connaissait  si  mal  les  &its  qui  s'étaient  accomplis  en  Orient  depuis  deux  siécles, 
qu'un  récit  digne  de  foi  des  événements,  une  description  des  peuples  qui  habitaient  la 
Syrie,  des  détails  sur  les  mceurs  des  Sarrasins  et  sur  celles  des  Chrétiens  de  Palestine, 
étaient  non  seulement  fort  bien  ac<;ueillis  des  contemporains,  mais  encore  absolument  in- 
dispensables  à  l'intelligence  des  vues  de  l'auteur.  Le  caractère  de  cette  partie  de  l'ceuvre 
de  Fidence  est  plus  moral  qu'historique  ;  les  faits  y  figurent  moins  pour  l' instruction  du 
lecteur  que  pour  son  édification  •„  les  mceurs  des  vainqueurs  et  des  vaincus  sont  décrites 
avec  grand  soin,  et  l'enseignement  moral  qui  en  découle  ne  manque  jamais  d'étre  mis  en 
relief. 

Co  caractère  subsiste  dans  le  commencement  de  la  seconde  partie  ;  parmi  les  consoils 
génóraux  donnés  aux  chrétiens  pour  rentrer  en  possession  de  la  Syrie,  l'exercice  des  vertus 
morales  (charité,  chasteté,  humilité,  piété,  sobriété,  etc.)  occupo  la  première  place.  A  còte 
de  la  pratique  do  ces  vertus,  aussi  nécessaires  au  chef  qu'aux  soldats,  l'auteur  veut  que 
la  discipline,  la  position  à  donner  au  camp,  les  dispositions  de  défense,  les  roconnaissances 
et  un  armcmont  appropriò  à  l'ennemi  que  les  Chrétiens  auront  à  combattre,  soient  l'objet 
des  soins  les  plus  attentifs.  En  présence  d'adversaires  aussi  redoutables  et  aussi  nombreux 
que  les  Sarrasins,  aucune  prócaution  n'est  superflue.  Ceux-ci  pouvent  mettre  en  ligne  qua- 
rante  mille  cavaliers.  L'armóe  chrétienne,  pour  ne  pas  leur  ótre  inférieure,  se  composera 
dono  de  trente  mille  on  au  moins  de  vingt  mille  chovaux,  sans  compter  une  infanterie 
considérable. 

Après  ces  considérations  próliminaires,  l'auteur  ontre  dans  le  détail  dn  pian  de  cam- 
pagne qu'il  propose;  à  coté  do  l'armóe  dont  il  a  reclame  la  forraation,  il  demando  la  con- 
stitution  d'une  flotte,  dont  l'efiTectif  sera  de  cinquante  ou,  au  minimum,  de  trente  galères. 


(1)  La  France  en  Orient  au  XIV^  siècle,  Paris  1885,  p.  19-^. 

(2)  Bibl.  Nat.  Ms.  latin  n.  7247,  f.  85-126.  —  Il  Delaville  soggiunge  :  *  Nous  ne  savons 
rien  de  la  vie  de  Fidence  de  Padoue;  il  faut  supposer  qu'il  accompagnait  les  ambassadeurs 
tartares  et  greca  au  concile  de  Lyon  » . 


SECOLO  XIII  —  Addenda.  427 

et  il  lui  assigne  dans  les  opératìons  militaires  un  ròle  própondérant.  Elle  aura  comme 
ports  d'attaché  les  mouillages  très  sùrs  de  la  còte  d'Asie:  Ghypre,  Acre,  l'ile  de  Tortose 
et  Ehodes.  Gràce  à  sa  présence,  la  marine  peu  développóe  des  Musulmans  deviendra  inu- 
tile ;  la  nier  sera  purgée  des  pirates  qui  l'infestaient  ;  ce  sera  pour  les  Chrétiens  de  Terre 
Sainte  une  doublé  crainte  de  moins,  et  en  méme  temps  les  Sarrasins  de  Syrie  ne  recevront 
plus  les  secours  que  l'Egypte  leur  envoyait  par  mer.  Au  point  de  vue  commercial,  l'uti- 
lité  d'un  déploiement  de  forces  maritimes  est  incontestable  ;  en  arrétant  les  importations 
d'Occident,  on  empéchera  non  seulement  la  perception  par  le  soudan  des  droits  dont  les 
marchandises  étaient  frappées  à  leur  entrée  en  Egypte,  droits  évalués  à  cinquante  mille 
florins  par  an,  mais  encore  l'arrivóe  de  denrées  dont  les  Musulmans  ont  besoin,  parce  que 
leur  pays  ne  les  leur  fournit  pas.  Comme  conséquence  de  la  suppression  du  commerce 
curopéen,  les  droits  d'exportation  ne  seront  plus  per9us,  au  grand  préjudice  du  trósor  du 
soudan  ;  Ics  produits  ógyptiens  n'auropt  plus  de  débouchés  ;  ce  sera  la  ruine  de  l'Egypte. 
Nous  avons  déjà  signalé  l'apparition,  aux  derniéres  années  du  XIH'  siècle,  des  idées  óco- 
nomiques  dans  la  question  des  croisades;  e' est  un  facteur  nouveau,  dont  l'Occident  com- 
mence  à  comprendre  la  force  et  dont  il  préconise  l'emploi.  Fidence,  le  premier,  se  fit  l'in- 
terprete de  ce  sentiment  en  réclamant  le  blocus  commercial  de  l'Egypte. 

Les  avantages  que  la  flotte  pourra  rendre,  au  cours  des  opérations  militaires,  n'échap- 
pent  pas  à  la  clairvoyance  de  l'auteur  du  mómoire.  Les  còtes  ennemies  sont  faciles  à  dó- 
vaster  et  à  ruiner;  en  cas  de  perii,  les  croisés,  trop  vivement  pressés  sur  terre,  trouveront 
un  refage  sur  les  vaisseaux,  et,  considóration  capitale,  la  présence  de  la  flotte  aux  bouches 
du  Nil  empéchera  le  soudan,  dans  la  crainte  d'un  dóbarquement,  de  dégarnir  l'Egypte  et 
immobiliscra  une  partie  de  son  armée.  Le  centre  de  la  puissance  musulmane  était  alors 
sur  le  Nil,  tandis  que  la  Syrie  n'était  défendue  que  par  des  garnisons  relativement  faibles; 
empécher  l'Egypte  de  secourir  la  Syrie  menacée,  était  donc  une  manceuvre  stratégique  des 
plus  heureuses. 

Si  la  flotte  doit  jouer  un  ròle  important,  celui  de  l'armée  n'est  pas  moins  considérable, 
et  la  route  que  cette  dernière  devra  suivre  mérite  la  plus  sórieuse  attention.  Prendra-t- 
elle  la  voie  de  terre  par  Constantinople,  le  Bosphore  et  l'Asie  Mineure?  S'embarquera-t- 
olle  à  Venise  ou  à  Gènes  à  destination  de  la  Syrie,  ou  bien,  mettant  en  pratiquo  un  sy- 
stème  mixte,  traversera-t-elle  l'Adriatique  de  Brindisi  à  Durazzo  sur  des  vaisseaux  de 
tran  sport,  pour  gagner  ensuite  Constantinople  par  terre?  L'auteur  écarte  de  suite  la  pre- 
mière route;  si  elle  facilite  le  transport  des  chevaux,  elle  necessiterà  le  consentement  de 
tous  les  souverains  dont  l'armée  traverserà  les  états,  et  une  discipline  rigoureuse,  difl&cile 
à  obtenir  d'une  grande  masse  d'hommes  habitués  à  tout  piller  sur  leur  passaga.  La  troi- 
sième  voie  offre  les  mémes  inconvénients,  mais  à  un  moindre  degré;  quant  à  la  seconde, 
c'est  assurément  la  meilleure,  et  elle  n'a  contre  elle  que  la  difficulté  de  réunir  assez  d& 
bàtiments  pour  embarquer  une  armée  considérable. 

Le  principe  de  la  route  maritime  une  fois  admis,  il  reste  à  déterminer  le  lieu  de  de- 
barquement;  cette  question  avait  donne  lieu,  parmi  les  contemporains  de  l'auteur,  à  dos 
opìnions  très  différentes  ;  on  comprend  que  sur  un  développement  de  plus  de  cent  quatre- 
vingis  lieues  de  còtes,  depuis  la  petite  Armenie  jusqu'aux  bouches  du  Nil,  on  ait  pu  pro- 
poser  plnsieurs  points  stratégiques.  Fidence  de  Padoue  les  étudie  successivement,  discute 
les  avantages  et  les  inconvénients  de  chacun  d'eux  avant  de  donnei  son  avis  personnel. 
L'Egypte  est  la  clef  de  la  puissance  musulmane  ;  une  victoire  des  chrétiens  sur  le  Nil 
porterait  aux  Sarrasins  un  coup  mortel,  et  la  prise  de  l'ile  de  Rasìd  (1)  a£Eamerait  tout 
le  pays  dont  elle  est  le  grenier.  Mais  faut-il  tenter  un  débarquement  quand  la  présence 
de  la  flotte  snfi&t  à  paralyser  les  efforts  des  Egyptiens,  courir  les  hasards  d'un  ravitail- 
Icment  difficile,  d'un  climat  malsain,  et  attaquer  un  peuple  plus  redoutable  chez  lui  qu'il 
ne  le  serait  en  Syrie,  à  une  aussi  grande  distance  des  seoours  promis  par  l'Armonie  et 
les  Tartares?  Acre  était  encore  au  pouvoir  des  chrétiens  au  moment  où  Fidence  de  Pa- 
doue composa  son  traité,  et  cette  circonstance  pouvait  fEiciliter  un  débarquement  sur  ce 
point.  Mais  cette  considération,  importante  s'il  s'était  agi  d'un  simple  renfort  à  conduire 
en  Terre  Sainte,  tombait  d'elle-méme,  puisque  les  Latins  devaient  lever  un  armée   assez 


(1)  Frate  Fidenzio  accenna  qui  all'  isola  di  Basetta  (Reacid  =  Ressid)  formata  da  un 
ramo  del  Nilo. 


428  BIBLIOTECA  —  Addenda. 

124  forte  ponr  n'avoir  pas  à  craindre  que  l'ennemi  ies  empéchàt  de  prendre  terre.  Tripoli  avait 
de  nombreux  partisans  ;  on  vantait  la  sécarité  de  son  port,  la  richesse  et  la  salobrité  da 
pays,  l'appui  qu'on  pourrait  tronver  anprès  des  popnlations  catholiques  qui  occupaient  Ies 
enyirons  de  la  ville,  et  Ies  avantages  pour  vaincre  le  soudan  d'une  position  resserrée  entre 
la  mer  et  le  Liban,  ne  pefmettant  pas  à  l'ennemi  de  développer  facilement  de  grandes 
forces.  Ces  raisons,  bonnes  en  elles-mémes,  étaient-elles  suffisantes  pour  débarquer  à  Tri- 
poli une  armée  ayant  pour  objectif  non  seulement  la  conquéte  du  littoral,  mais  celle  de 
l'intórieur  du  pays  et  de  Jórusalem  ?  Dans  ce  cas,  Ies  objections  émises  à  l'occasion  de 
l'Egypte  et  d'Acre  ne  se  reproduisaient-elles  pas  pour  Tripoli?  A  l'ile  de  Tortose  Ies 
chrétiens  étaient  assurós  de  trouver  un  bon  port,  très  spacieux,  voisin  de  la  terre  ferme, 
près  d'une  vaste  plaine  propice  au  campement  des  troupes,  dans  un  pays  en  grande  partie 
chrétien;  mais  ces  avantages  étaient  compensés  par  de  sérieuses  difficultós;  il  devenait 
difficile  à  l'armée  de  gagner  l'intérieur;  le  voisinage  de  Margat  et  du  Crac,  anciennes 
forteresses  des  Hospitaliers,  tombées  anx  mains  des  Sarrasins,  était  un^  obstacle  aux  mon- 
veraents  des  croisés.  La  position  des  ports  de  Soudin  (1)  et  des  Pals  (2),  près  de  VAlas  en 
Armenie,  au  contraire,  ne  prósentait  pas  Ies  mémes  inconvónients  ;  il  n'y  avait  à  reprochcr 
au  premier  qu'une  profondeur  de  bassin  insuflfisante  aux  gros  vaisseaux,  au  second,  que 
la  chaleur  du  climat  et  le  manque  d'eau  dans  Ies  villes  du  littoral. 

Fidence  se  détermine  pour  ces  deux  points.  Les  gros  navires  se  dirigeront  vers  le 
port  des  Fals,  les  petits  vers  Soudin.  Cette  dispersion  des  forces  chrétiennes,  déplorable 
en  principe,  n'aura  pas  ici  les  inconvénients  ordinaires.  Les  deux  ports  sont  situés  sur  le 
golfo  d'Alexandrette,  en  face  l'un  de  l'autre,  le  port  des  Pals  sur  la  rive  arménienne, 
Soudin  sur  le  littoral  d'Antioche  ;  deux  routes,  l'une  par  terre,  l'autre  plus  courte  par  le 
golfe  (30  milles),  mettent  en  communication  facile  le  port  des  Pals  avec  la  Montagne 
Noire,  objectif  des  croisés.  Celle-ci,  qui  s'élevait  non  loin  de  Soudin,  était  un  chaìnon  de 
l'Amaùs,  courant  du  nord-est  au  sud-ouest,  elio  n'était  séparée  de  la  mer  que  par  une 
plaine,  et  s'étendait  du  col  de  Beylan  au  Eaz  el  Kanzir.  Elle  était  converte  de  foréts  et 
arrosée  de  sources  abondantes;  de  nombreuses  abbayes  y  étaient  ótablies.  C'est  au  pied 
de  co  massif  boisé  que  l'armée  chrétienne  devait  se  concentrer,  prète  à  entrer  en  Armenie 
ou  à  marcher  sur  Antioche  selon  les  circonstances.  Mais  toutes  les  préférences  de  Fidence 
de  Padoue  sont  ponr  Antioche;  c'est  une  position  saine,  le  climat  est  tempere,  la  ville 
est  belle,  riche,  bien  arrosée,  elle  n'a  pas  à  redouter  la  proximité  des  Sarrasins  qui  ne 
la  défendront  pas;  elle  est  cependant  facile  à  fortifìer,  et  les  croisés  ne  manqueront  pas 
de  s'y  établir  solidement.  Là,  ils  pourront  attendre  sans  crainte  l'arrivóe  des  renforts  des 
Tartares  et  des  Góorgiens,  prendre  l'offensive  quand  Ies  forces  coalisées  seront  réunies, 
marcher  jusqu'à  l'Euphrate,  et,  maitres  du  fleuve,  descendre  au  sud  par  Alep  et  Damas 
jusqu'à  Jémsalem,  tandis  que  les  Musulmans  d'Egypte  seront  tenus  en  respect  par  la 
flotte. 

Tel  est,  dans  ses  grandes  lignes,  le  pian  de  Fidence  de  Padoue;  le  mémoire  se  ter- 
mine par  quelques  conseils  sur  les  moyens  de  conserver  les  Lieux  Saints,  si  la  croisade 
rénssit:  entretenir'ane  àrmée  permanente,  de  force  sufifisante,  en  Palestine,  garder  la  mer 
avec  une  flotte  d'environ  dix  galères,  fortifìer  les  falaises  du  littoral  à  Jaffa,  à  la  Mont- 
joie  (3)  qui  commande  Jérusalem,  et  sur  quelques  autres  points,  donner  aux  Chrétiens  de 
Syrie  un  chef  autorisó  et  respectó,  et  leur  précher  la  pratique  de  la  sagesse  et  de  l'hu- 
milité.  —  Sans  diacuter  les  all^ations  de  l'auteur  et  la  justesse  de  ses  vues,  il  nous  est 
permis  de  porter  un  jugement  sur  l'oauvre  du  frère  mineur  de  Padoue,  et  d'y  reconnaìtre 
l'expérience  d'un  homme  qui  a  longteraps  vécn  dans  le  Levant,  et  qui,  à  la  connaissance 
des  lìeux  et  des  choses,  joint  un  grand  dósìr  d'instruire  l'Occident  de  la  véritable  sitnation 
de  la  Palestine,  et  de  donner  au  souverain  pontife,  avec  la  plus  exacte  impartialitó,  le 
meilleur  conseil  pour  la  croisade  qu'il  medito. 

(1)  Soldimim,  por  tue  S.  Simeonis,  Seleucia.  Cfr.  Rey  in  Archives  de  l'Or.  Latin  II  333. 

(2)  Partus  Palorum,  sul  golfo  di  Alessandretta  a  10  miglia  dal  porto  di  Atos.  —  Cfr. 
Archives  cit.  I  436. 

(3)  Mont  Gardùs  =  Mons  Gaudii  de' Crociati;  montagna  che  domina  Gerusalemme,  e 
d' onde  la  santa  Città  appare  la  prima  volta  allo  sguardo  di  chi  vi  arriva  dalla  via  di 
Giaffa. 


SECOLO  XIII  —  Addenda.  429 


1284  —  Pr.  Antonius  de  Armenia  et  fr.  Aldobrandus  de  Florentia. 

«  Hi  recepernnt  martyrinm  prò  Christo  in  Persia  ».  Così  in  un  veccliio  elenco  di  martiri,  125 
in  Anal.  frane,  t.  I  p.  258.  —  Son  ricordati  dal  Pisano  come  martiri  della  Vicaria  Orientis  : 
«  In  Salmaslra  (1)  Persidis,  glorioso  martirio  martirizatus  est  fr.  Antonius,  qui  de  sua 
morte  prophetavit,  et  multis  miraculis  post  mortem  claruit.  —  In  praefata  Vicaria  est 
passus  fr.  Aldobrandinus  de  Ammonatis  de  Florentia  prò  fide  Christi».  Confor.  Vili* 
cod.  Alvernae  t.  I  fol.  125  v.  1.  —  Son  registrati  dal  Waddingo  (in  Syllab.  martyr.  ed.  2» 
p.  229)  e  come  morti  sotto  l'anno  1284  (in  Annoi,  t.  V  p.  128  n.  2),  ai  quali  però  per 
abbaglio  unisce  i  martiri  fr.  Conrado  e  fr.  Voisello  morti  in  Prussia  e  non  in  Persia  (cfr. 
Anal.  frane.  Ili  416.  Lemmens  Caialogus  p.  38),  mn  poi  lo  stesso  Annalista  ebbe  a 
correggersi  nel  citato  Sillabo  p.  235.  —  Cfr.  anche  il  Civezza  Storia  cit.  t.  II  e.  7  e 
gli  autori  ivi  cit.  che  seguirono  il  Waddingo. 

1290  —  Fr.  Giovanni  Samesio  (de  Samois).  —  Giunta  al  n.  102. 

Altre  notizie  biografiche  troverà  lo  studioso  noìV  Ilist.  litidr.  de  la  Franee  t.  XXV  126 
p.  458-60.  Di  lui  si  ha  un  sunto  di  un  discorso  tenuto  Terso  il  1273  nella  S.  Cappella 
di  Parigi,  alla  presenza  del  re,  sulle  sacre  reliquie  del  Redentore.  «  Il  y  a  dans  son  sermon, 
pour  ce  qui  regarde  l'histoire  des  reliquies  transféróes  des  rives  de  l'Orient  en  la  saìnte- 
Chapelle  de  Paris,  des  renseignements  qui  ne  sont  peut-ètrc  pas  ailleurs  »  (oi).cit.).  — 
Fr.  Giov.  de  Samois  fu  poi  vescovo  di  Lisieux  ecc.  —  Di  lui  vedi  anche  l'indice  degli 
Acta  SS.  aug.  25  t.  V  in  vita  S.  Ludov.  IX. 

1290-93  —  Pr.  Angelo  Clareno:  Sue  opere  scritte.  —  Giunta  al  n.  103,  p.  341  s. 

Il  Clareno  conosceva  il  greco.  All'abbate  Ruberto  da  Mileto  scrivo:  «Mittit  Vobis  per  127 
latorem  prcsentium  fr.  Franciscus  de  Falirone,  qui  fuit  Neapoli,  rcgulam  S.  Basilii.  Et 
quia  ipsam  cnm  multo  labore  et  contra  meam  voluntatem  de  greco  ut  scivi  transtuli  in 
latinum  et  eius  copia  non  habetur,  habeatis  soUicitudinem  cnstodiendi  eam,  ita  quod  non 
perdatur,  sed  iterum  veniat  ad  manus  meas,  quia  sunt  aliqni  servi  Dei  in  his  partibus 
qui  ipsius  copiam  habere  desiderant  (2)  » . 

Tradusse  anche  1)  Granimaticam  grccam  2)  Ioannem  Climacum  3)  Dialoguni  h.  Ma- 
carii  et  4)  librum  (unum)  b.  Ioan.  Chrisostomi  (3). 

La  Bodleiana  di  Oxford  ha  un  cod.  membr.  in  4»  del  secolo  XIV  con  lettore  iniziali  co- 
lorite in  azzurro  e  titoli  rubricati,  che  nelle  prime  121  carte  contiene  La  scala  del  Paradiso 
0  Celestiale  di  S.  Giov.  Climaeo,  tradotta  di  greco  in  latino  da  frate  Agnolo  dell'  Ordine 
de' Minori,  e  dal  latino  in  volgare  da  un  altro  frate  anonimo.  Volgarizzamento  del  mi- 
glior secolo  della  toscana  favella  e  ricco  di  belle  voci  e  vaghe  maniere  dì  dire  di  cui  i 
nostri  Vocabolarii,  dice  il  Mortara,  mancano  del  tutto,  e  che  dovrebbero  pur  esservi  (4). 


(1)  Salmastra  =  Salmasa  =  Salmasti  =  Salmasd  =  Sdmas,  Y  antica  Salmas.<nis,  nel- 
r Armenia  Persiana,  nella  provincia  di  Aderbeigian,  l'antica  Media,  all'Ovest  del  lago 
d'Urmiah.  Da  non  confondersi  con  Samastro  =  Amastris,  sulla  spiaggia  di  FaHagonia. 

(2)  Archiv.  I  554, 

(3)  Archiv,  I  518. 

(4)  Conte  Mortara  Catalogo  de' Codd.  ital.  drfla  Bodleintìn,  pag.  163  cod.  155. 


430  BIBLIOTECA  —  Addenda. 


Saec.  XTTT.  —  B.  Raimondo  Lullo,  Apostolo  deli'  Oriente  ecc.  —  Giunta  al- 
l'articolo  n.  Ili,  p.  361  s. 

128  II  noto  viaggiatore  barone  Adolfo  E.  Nordens-Kiold,  professore  di  geologia  e  minera- 

logia dell'Università  di  Stoccolma  (12  ag.  1901  f)  vuole  che  il  nostro  Eaimondo  Lullo 
sia  autore  anche  di  un  primitivo  Portolano  che  il  Nordenskiold  chiama  normale,  e  sul 
quale  si  sarebbero  poscia  modellate  tutte  le  altre  Carte  e  Mappamondi  sino  al  secolo  XVI. 
—  A  questa  opinione  del  dotto  danese,  contradicono  i  geografi  italiani  Marinelli,  Fiorini 
e  Bertelli  (Cfr.  Rivista  geografica  italiana  Ann.  VII  (1900)  p.  90-92). 

Abbiamo  biasimata  nel  sopra  citato  articolo  sul  Lullo  l' indecente  critica  che  l'Hauréau 
mosse  sulla  vita  e  sulle  opere  di  questo  grande  Apostolo.  E  qui,  in  conferma  di  quanto 
abbiamo  asserito  contro  l'Hauréau,  non  dispiaccia  al  lettore  di  udire  il  giudizio  che  ci  dà 
sul  Lullo  il  dotto  orientalista  Delaville  Le  Eoulx  nella  sua  pregiata  opera  La  France  en 
Orient  au  XIV*  siècle  e.  2  p.  27-32: 

«  Eaymond  LuU  est  un  philosophe . . .  Lull  voulait  soumettre  les  infidèles  et  les  schi- 
smatiques  en  les  convertissant . . .  Personne  n'eùt  une  eiistence  plus  remplie,  plus  feconde 
en  aventures  que  cet  apótre  de  la  vérité ...  Il  se  mentre  dialecticien  si  consommé  qu'il 
charme  ses  adversaires  . . . 

Compendiata  quindi  bellamente  la  sua  vita  i  viaggi  e  la  perseveranza  instancabile 
del  suo  zelo  pel  compimento  de'  suoi  fini,  l' egregio  storico  prosegue  : 

«  Des  efforts,  cependant,  poursuivis  avec  tant  d'opiniàtreté,  ne  devaient  pas  rester 
stériles;  les  vues  de  Lull  s'imposèrent  peu  à  peu  à  l'attention  publique;  en  1312,  le  con- 
cile de  Vienne  les  consacra,  en  ordonnant  qu'à  Kome,  et  dans  les  universités  de  Paris, 
d'Oxford,  de  Bologne  et  de  Salamanque,  on  affecterait  des  maìtres  à  l'enseignement  des 
langues  orientales,  particulièreraent  de  l'hébreu  et  de  l'arabe.  Clément  V,  ami  des  lettres 
et  des  Sciences,  confirma  par  une  bulle  le  décret  du  concile,  et  proclama  qu'un  des  prin- 
cipaux  soncis  des  chrétiens  devait  étre  la  conversion  des  infidèles  et  des  idolàtres  ;  et  qu'à 
l'exemple  du  Christ,  qui  avait  voulu  donner  à  ses  apòtres  la  connaissance  des  langues 
pour  répandre  l'óvangile  par  tonte  la  terre,  l'Église  devait  s'efforcer  d'apprendre  au  plus 
grand  nombre  de  ses  membres  le  langage  des  infidèles  pour  propager  parmi  ces  derniers 
les  dogmes  sacrós. 

«  Raymond  Lull  avait  longtemps  attendu  ce  triomphe  ;  il  l'obtint  au  moment  où,  déjà 
vieux,  il  allait  descendre  dans  la  tombe.  Mais  toujours  prét  à  la  lutte,  il  voulut  profiter 
des  derniers  jours  qui  lui  restaient  à  vivre,  et  les  employa  à  former  partout  des  disci- 
ples,  à  les  animer  de  sa  science  et  de  son  zèle  ;  trois  ans  après,  malgré  son  àge  avance, 
impaticnt  d'appliquer  les  resultata  obtenus,  il  s'embarqua  de  nouveau  pour  l'Afrique,  et 
recommenpa  à  Bougie,  avec  les  Mahométans,  les  conférences  et  les  disputes  qu'il  avait 
jadis  failli  payer  de  sa  vie.  Cette  fois  les  docteurs  se  montrèrent  plus  intolérants  ;  le  peuple, 
ameuté  par  eux,  maltraita  et  chassa  le  missionnaire  que  des  marchands  chrctiens  eurent 
peine  à  dérober  à  la  fureur  des  Arabes.  Mais  l'ópreuve  avait  étè  trop  forte  pour  le  vieil- 
lard;  il  mourut  sur  le  vaisseau  qui  le  ramenait  à  Palma,  roartyr  de  son  zèle  et 
de  sa  foi. 

«  n  seraìt  injnste,  à  còte  de  l'étude  des  langues  orientales,  de  passer  sons  silence  une 
autre  idée  de  Raymond  Lull,  celle  de  réunir  en  un  seul  corps  les  trois  ordres  religieux 
du  Tempie,  de  l'Hòpital  et  des  Teutoniques,  dont  les  divisions  et  l'iuimitié  nuisaient  à  la 
cause  chrétienne  en  Palestine,  au  lieu  de  la  servir.  S'il  ne  fot  pas  le  premier  à  róclamer 


SECOLO  xni  —  Addenda.  431 

cetto  mesnre,  si  d'antres,  après  lui,  la  proposèrent  maintes  fois,  il  eut  l'honnenr  de  l'asso-  128 
cier  en  tonte  occasion  à  ses  projets.  H  eut  anssi  celui  d'avoir  préconisé  des  premiers  la 
conquéte  de  l'Egypte,  et  snrtout  l'interdiction  absolue  de  commerce  entre  ce  pays  et  l'Oc- 
cident.  Dans  un  de  ses  traités  il  demandait  qu'on  attaquàt  par  terre  et  par  mer  l'Anda- 
lousie,  et  qu'après  la  conquéte  de  ce  royaume,  l'armée  chrétienne  Yictorieuse  s'emparàt  de 
Ceuta  en  Afrique,  et  de  là,  s'avanpant  vers  l'est  le  long  de  la  còte,  poussàt  jusqu'à  Tunis  ; 
de  ce  point  elle  pouvait  soumettre  à  son  choix  la  Terre  Sainte  ou  l'Egypte.  L'armée  devait 
obéir  à  un  roi  choisi  par  les  princes  croisés;  l'escadre,  composée  d'un  gros  vaissean  et 
de  quatre  galères  bien  arraées,  à  un  amiral.  Celui-ci  avait  mission  d'enlever  Khodes  et 
Malte,  et  de  couper  ainsi  tout  approvisionnement  aux  Sarrasins.  Excommunication,  confi- 
scation,  chatiments  de  la  dernière  rigueur  seront  infligós  à  quiconque  favorisera  les  Com- 
munications des  infidèles  avec  l'Occident;  l'abstentìon  des  marchands  chrétiens  et  l'isole- 
ment  commercial  de  l'Egypte  ne  tarderont  pas  à  ruiner  absolument  la  puissance  du  soudan. 
Trois  ans  plus  tard,  dans  un  autre  ouvrage,  Lull  insiste  de  nouveau  sur  son  projet;  il 
le  développe  et  le  complète  ;  tandis  que  d'un  coté  un  corps  d'armée,  s'emparant  en  Afrique 
de  Ceuta,  du  Maroc,  de  Tunis,  de  Bougie  et  de  Tlemcen,  atteindra  les  frontières  de  l'Egypte, 
un  autre  corps  conquerra  Constantinople  et  k  Syrie,  et  gagnera  par  l'Arabie  les  bords 
du  Nil,  qui  se  trouveront  de  la  sorte  menacés  de  deux  cótés.  Lull,  cette  fois,  semble 
abandonner  ou  du  moins  reléguer  à  l'arrière-plan  l'idée  de  la  croisière  dont  il  se  próoc- 
cupait  avec  tant  d'insistance  quelques  années  plus  tòt. 

«  Malgré  ces  divergences  d'opinion,  on  ne  saurait  méconnaitre  chez  Eaymond  Lull 
d'autres  préoccupations  que  celles  de  la  diffusion  des  études  orientales  et  de  la  religion 
catholique  par  la  pródication.  Si  ces  dernières  avaient  pam  à  plusieurs  empreintes  d'une 
confiance  et  d'un  enthousiasme  peut-étre  trop  naìfs,  personne  ne  pouvait  contester  l'utilité 
de  l'union  des  ordres  militaires,  qui  devait  former,  pour  ainsi  dire,  en  Orient,  une  croisade 
permanente;  les  idées  commerciales,  les  vues  de  Lull  sur  l'Egypte  étaient  nouvelles  pour 
l'epoque  ;  on  le  vit  bien  à  l'hésitation  avec  laquelle  elles  étaient  formulées,  à  l'absence  de 
sens  pratique,  à  l'ardeur  en  quelque  sorte  chevaleresque  qui  les  avaient  inspirées.  S'il  est 
vrai  que  le  visionnaire  disparaissait,  c'était  pour  rester  chevalier  et  gentilhomme,  non  pour 
devenir  politique  ou  economiste.  Eaymond  Lull  nous  apparaìt  ainsi  avec  un  doublé  cara- 
etère:  apòtre,  il  veut  conquórir  l'Orient  par  la  foi;  mais  chevalier  en  méme  temps  que 
missionnaire,  il  ne  veut  pas  que  celui-ci  s'abaisse  devant  celui-là;  il  met  l'un  et  l'autre 
sur  le  méme  rang;  pour  lui,  l'idéal  d'une  société  fortement  constituée  est  l'accord  do 
prétre  et  de  l'homme  de  guerre. 

Fine  del  Secolo  XIII  e  del  Tomo  I. 


-*e-&Sy-if 


I  -  INDEX  CHRONOLOGICUS 


•CUO' 


Dedica  e  Prefazione. pag.     viis. 

Testimonia  Historica  de  adventn  Divi  Prancìsci  ad  partes  Cypri,  Syriae 
et  Aegypti,  ordine  chronologico  disposita  ab  anno  1220  ad  an.  1508,  notisque 
illustrata 1-80 

A)  —  Testimonia  saecuU  XIII. 

1)  —  lacobi  de  Vitriaco:  Ex  Epistola  data  lanuae  an.  1216.  —  Ex 
Epistola  ad  Lotharingios  [e.  fejbr.  1220].  —  Ex  Historia   Orientali  ete.     .     .         2-10 

2)  —  e.  1227-29:  Bmoul-Bemard:  Chronique  d'Ernoul  et  de  Bernard 

le  Trésorier  etc 10-13 

3)  —  1229-30:  Bernardi  Thesaurarii:  Liber  de  acquisitione  Terrae 
Sanctae  etc 13-14 

4)  —  e.  1229-31:  Éracles:  L'Estoire  de  Eraclea  empereur 14 

5)  —  1229  e  1247:  Pr.  Thomae  de  Celano:  S.  Francisci  Assisiensis 

Vita  prima  et  secunda  etc 14-21 

6)  —  e.  1229-30:  Vita  versificata:    Vita  S.  Francisci  versificata  et 
Gregorio  Nono  dicata  et* 21-29 

7)  —  e.  1232-35:  Fr.  JuUani  de  Spira:   Vita  S.  Francisci    ....  29-30 

8)  —  e.  1250-60:  Anonymi  saec.  XIII:   Vita  S.  Francisci  ab  auctore 
ignoto,  saec.  XIII  composita 30-31 

9)  —  1260-63  :  S.  Bonaventui*ae  :  Legenda^  duae  de  Vita  S.  Francisci 
SerapJiici 31-36 

10)  —  e.  1260-63:  Fr.  niuxninati:  Verbafr.  Illuminati  sodi  b.  Francisci 

ad  partes  Orientis  et  in  conspectu  Soldani  Aegypti  . 36-37 

11)  —  1262:  Fr.  Jordani  a  Jano:  Chronica  Ordinis  Minorvm  .    .    .  37-40 

12)  —  Saec.  XIII-XIV:  Anonyme,  Prisonnier  au  Chatelet:  Chro- 
nique de  France  et  des  Croisades 40-41 

B)  —  Testimonia  saecuU  XIV. 

13)  —  e.  1318:  Legrgrenda  antica:  La  leggenda  Antica,  ntuyoa  fonte  bio- 
grafica di  S.  Francesco  (ed.  Minocchi) 41-51 

14)  —  e.  1323  :  Fr.  Angreli  Olareni  :  Chronica  seu  Historia  septem  Tri- 
bulationum  Ord.  Minorum 51-57 

15)  —  1322:  Maxìxìi  asamià.:  Secreta  fidelium  Crucis 57-60 

16)  —  1322-28:  Actua  B.  Francisci  et  Sociorum  eius  (ed.  Sabatier).     .  60-64 

BiblM.  —  Tom.  I.  28 


434  I  —  Index  Ohronologicus. 

17)  —  e.  1340:  Pr.  Pavdini  Veneti:   Vita  B.  Francisci  ex  Polycro- 

nicon  eiusdem  (ed.  Faloci) pag.  64 

18)  —  1346:  Anonymi:  Chronicon  de  Lanercost 64-65 

19)  —  1374:  Anonymi:  Epitome  beUorum  sacrorum 65 

20)  —  1374:  Ohronica  XXIV  Gen.  Ordinis  Minorum. 65-70 

21)  —  1383  :  Joannes  de  Ypra  :  Chronicon  S.  Berimi 71 

22)  —  1386:  Pr.  Bartholom.  de  Pisis:  Opus  de  ConfórmitcUe  .    .    .  71-76 

0)  —  Testimonia  saec.  XV. 

23)  —  e.  1480:  Pr.  Mariano  da  Pirenze:  Libro  delle  vite  de' Sancii 

FraH  Minori 77-80 

24)  —  1480:  Leg'genda  Martyrum  MarocMi. 80 

26)  —  1508:  Pr.  Nic.  Glassberger.  Chronica  Ord.  Min 80 

D)  —  Testimonia  minora  seu,  legendaria. 

26)  —  Di  una  reliquia  conservata  nel  s.  Convento  di  Assisi,  preteso 

dono  del  Soldano  Melek-el-Kamel  a  S.  Francesco .       81-82 

27)  —  Leggenda  popolare:  S.  Franceseo  d'Assisi  e  il  Wall  di  Ge- 
rnsalemme 82-84 

Regesto  Chronologico  dei  fatti  principali  della  vita  e  del  viaggio  di 
S.  Francesco  in  Oriente,  dell'  assedio  di  Damiata  ecc 86-104 

Biblioteca  Bio-bibliograflca. 

1215-19.  —  Qaalìter  b.  Aegidins  ivit  ad  visitandum  Sepnlchrnm  Domini  [1216] 

et  postea  Tanetnm  profectns  est  [1219] 105 

1217  S.  —  Cenni  biografici  su  frate  Elia  di  Assisi,  detto  da  Cortona,  primo  Mi- 
nistro provinciale  della  Terra  Santa  e  dell'Oriente  (1217-20),  secondo  Vi- 
cario di  S.  Francesco  (1221-27),  e  terzo  Ministro  generale  dell'  Ordine 
(1232-39) 106 

1217-20.  —  Fr-  Ossario  da  Spira,  predicatore  dei  Crociati  in  Terra  Santa:  cenni 

sulla  sna  vita  e  morte  (f  e.  1237) 117 

1219  s.  —  Cenni  critici  sulla  vita  del  b.  fr.  Pietro  Oatani  secondo  discepolo 
(1209)  e  primo  Vicario  di  S.  Francesco  (e.  1212-17);  primo  Generale  del- 
l' Ordine  dopo  la  rinunzia  del  Santo  (1217-21),  e  suo  compagno  in  Oriente 
(1219-20) 119 

1220.  —  Ff'  SteÉEino  da  Nami,  discepolo  di  S.  Francesco,  si  reca  in  Oriente  .        126 
»      —  Fr.  Luca  di  Puglia  Ministro  Provinciale  di  Eomania  (e  di  Terra  Santa) 

e  stabilimento  de'  Minori  in  Costantinopoli 128 

1221 S.  —  B.  Benedioti  Siuigardi  de  Aretio  vita  et  miracula,  ex  ms.  cod.  Fran- 
cisci Redi  Patricij  Aretini 129 

1221.  —  Pr   Andreas  de  civitate  Achon 149 

1222.  —  Antiocliia:  Due  frati  Minori  confessori 160 

1222-33  C.  —  De  b.  Peregrino  de  domo  Falleronis  (f  e.  1233?)  qui  visitavit 

loca  Hierosolymitana » » 

1228*  —  Oircolare  di  Geroldo  Patriarca  di  Gerusalemme,  colla  quale  comunica 
a  tutte  le  diocesi  di  Terra  Santa  la  bolla  papale  che  ordina  la  celebrazione 
della  festa  di  S.  Francesco  ai  4  d'ottobre;  data  da  Acri  il  13  sett.  1228.        162 


I  —  Index  Chronologicus.  435 

12E8-29.  —  Due  PP.  Minori  legati  di  Gregorio  IX  portano  al  Patriarca  di  Ge- 
rusalemme in  Acri  la  scomunica  contro  Federico  II pag.         156 

1230c.  —  IT.  Minori  in  Gerusalemme  :  —  Legale  e  giuridico  stabilimento  de'  FF. 

Minori  in  Gerusalemme  e  nel  patriarcato  Gerosolimitano 158 

1 230-50  C.  —  Fr.  Giacomo  Fanizzari  da  Parma  e  fr.  DiotlsalTi  da  Firenze  Mis- 
sionari in  Oriente  verso  il  1230-50  (?)     160 

1232.  —  Gesta  quinque  Fratrum  Minorum  (Terrae  Sanctae)  cum  Germano  II 
Patriarcha  Graecorum  tunc  Nicaeae  degente 161 

1233.  —  Fr.  Giacomo  da  Russano  e  compagni  nella  Georgia.  —  Nunzi  al  Soldano 

di  Damasco  e  al  Califa  di  Bagdad:  e  varie  missioni  presso  i  Saraceni.     .        162 

1233.  —  Cavalieri  crociati  fattisi  poi  Minoriti 163 

1234.  —  Fr.  Aymo  de  Faversham  :  —  Belatio  disputationis  habitae  cum  Graecis 
in  causa  fidei  anno  1234  primo  apud  Nicaeam  BitJiyniae,  postea  apud 
Nympham  [Lydiaé] » 

1234.  —  Crociata  predicata  da' Francescani. 169 

1235c.  —  Fr.  Henricus  de  Burforde 170 

1235.  —  La  Provincia  di  Barberia    ..........  » 

1235 e.  —  Fr.  Bartolomeo  de' Frati  Minori  e  compagni:  e  di  una  pretesa  discus- 
sione teologica  tra  essi  e  i  Greci  di  Costantinopoli;  esame  critico    ...  » 

1237  C.  —  Fr.  Bernardo  Bàfulo  da  Parma  in  Terra  Santa  1237-1285  f  .    .    .        175 

1237?  —  B.  fr.  Vito  da  Cortona  discepolo  di  S.  Francesco,  Ministro  provinciale 

di  Romania  e  di  Terra  Santa,  nel  1237? 177 

1237  •{-.  —  Giovanni  da  Brienne,  re  di  Gerusalemme,  imperatore  di  Costantino- 
poli, e  in  ultimo  frate  Minore,  morto  a  C.poli  ecc 178 

1238.  —  Minori  in  Terra  Santa 180 

»     —  Minori  in  Aleppo » 

*     —  Fr.  Pietro  de  Philistim 181 

1239.  —  Fr.  Riccardo  da  Intwort,  celebre  predicatore  ....  » 

1240.  —  Fr.  Albertus  Stadensiss  —  1.  Iter  trans  mare  versus  Iherusalem  — 

2.  Itinerarium  Terrae  Sanctae » 

»      —  Di  due  pretesi  PP.  Minori  alla  custodia  del  S.  Sepolcro  di  Gesù  Cristo 

in  Gerusalemme:  un  errata-corrige 185 

1241.  —  Fratris  lordani,  Viceministri  fratrum  Minorum  Boemiae  et  Polemiae: 
Epistolae  de  incursione  Tartaromm  in  regiones  fidelium.    .....        188 

1241 C.  —  Fr.  Guglielmo,  Minorità  francese,  legato  e  predicatore  apostolico  nel- 

r  esercito  cristiano  di  Siria » 

1241.  —  Convento  di  Tripoli .  189 

1242.  —  Il  B.  Gerardo  Mecateo  da  Villamagna » 

1243.  —  Latini  in  Gerusalemme » 

1244.  —  Corasmini » 


436  I  —  Index  Ohro&ologicus. 

1245.  —  Fr.  Domenico  d' Aragona  de' Minori  l^ato  papale  in  Costantinopoli  e 
nell'Oriente pag.  190 

1245-48.  —  Fr.  GioTanni  da  Fianoarpmo.  Note  ed  osservazioni  per  nna  naova 
edizione  critica  della  sna  relazione  sol  Tartari;  segne  il  testo  della  sua 
prima  redlizione  estratta  da  nn  Cod.  Torinese  inedito,  ecc » 

1245  S.  —  Fr.  Benediotns  Folonns  ;  —  De  itinere  fratrum  Minorum  ad  Tariaros, 

quae  frater  Benedicius  Polonus  viva  voce  retulit 213 

1246.  —  Fr.  Lorenzo  [da  Orte]  de' Minori,  legato  apostolico  (1246)  in  Siria,  Cipro, 
Armenia,  Grècia,  Iconio,  ecc.,  poi  rescoTO  (nel  1255)  di  Antivarì    ...  215 

1246.  —  Ambasciata  del  Soldano 216 

»     —  Fr.  Onglielmo  Boi » 

1247.  —  Armenia-Geo^a » 

1247  C.'i'  —  Fr.  &moo  da  Fisa,  Ministro  proTìnciale  di  Grecia  e  di  Terra  Santa .  217 

1247.  —  Di  un  Doonmento  arabo  a  prò  de' Frati  del  Monte  Sion,  nel  1247?  .  218 
1 248-54.  —  Fr.   GilbertoB   Tomaoenais  :   —  Eodoeporieon  primae  profectionis 

Sanati  Ludovici  GaUorum  regis  in  Syriam 219 

1249-51.  —  n  B.  fi-.  Oioyanni  da  Parma,  Ministro  Generale,  e  i  saoi  compagni 

in  Oriente » 

1249.  —  Convento  in  Damiata. 228 

1260.  —  Crociate » 

1862.  —  Missionari » 

1253-55.  —  Fr.  Willelmus  de  Bubnxk:  —  Itinerarium  fratris  WiUeìmi  de  Bu- 

bruk  de  Ord.  Min.  anno  gratiae  m.cc.ì.iii.  ad  partes  Orienkdes  .    .    .  229 

1263.  —  Convento  in  Sidone 230 

»     —  Bagdad  e  Tartaria. » 

1254.  —  Doonmento  riguardante  nn  Convento  francescano  in  Nicosia,  capitale 

del  r^n^o  di  Cipro 281 

1864.  —  Bomania-Grecia » 

»     —  Fr.  Agostino  di  Notynghajn  Yesc.  di  Laodicea    ...  ■» 

1255  C.  —  Fr.  Giacomo  da  Isòo,  Missionario  in  Siria 232 

1865.  —  Convento  di  Tripoli 233 

»     —  Convento  di  Tifo  o  Sor 234 

»     —  Convento  di  Acri » 

1266.  — Custode  in  Acri » 

■»     —  Tregue  tra  Cromati  e  Saraceni » 

1867.  —  Fr.  LiQK)  Dain «...  » 

>     —  Martiri  francescani  in  Siria 235 

»     —  Costantinopoli » 

1868.  —  MìsaìoAì  per  tutto  l'Oriente » 

1868.  —  Venezia  e  la  T.  8 » 

1860.  —  Constit.  Narbonenses. » 


I  —  Index  Ohronologicus.  437 

Ì260-70C.?  —  Pr.  Pellegrino  di  Bologna  Provinciale  in  Grecia,  pag.  236 
1260.  —  Fj*'  Benediotna  de.Alignano:  —  i.  Tractatus  Fidei  cantra  diversos  er- 

rores  —  2.  De  constructione  castri  Saphet * 

1261 S.  —  Pr.  Paolo  de'Oontd  di  Segni,  Vescovo  di  Tripoli  in  Siria  (1261-85): 

Cenni  biografici 253 

1263  S.  —  Pr.  Simone  d' Anvergne,  e  compagni  nunzi  di  Urbano  IV  a  Michele 
Paleologo  imp.  di  C.poli  1263.  —  Cai  seguono  altri  due  nunzi  fr.  Gerardo 

da  Prato  e  fr.  Bainerìo  da  Siena  nel  1264 254 

1268.  —  Nazaret 259 

1266.  —  Cesarea  e  Arsuf » 

»     —  Pamagosta » 

1266.  —  Pr.  lacobus  de  Podio,  Custode  della  Custodia  di  Terra  Santa  in  Siria, 

e  suoi  tre  compagni  martiri  in  Safet  della  Galilea » 

1266-70.  —  Minorità  Erphordiensis  :  —  Chronica  Minor,  auctore  Minorità  J^r- 

phordiense .  261 

1267.  —  Pr.  Guglielmo  Vesc.  di  Tortosa  (Àntarados)  in  Siria  e  il  clero  orientale  .  266 
»      —  Pr.  Bogerius  Baoon  :  —  De  situ  Terrae  Sanctae  etc .  » 

1268.  —  Giaffa,  e  il  Convento  de' Minori 269 

»     —  Caduta  di  Antiochia  —  Martiri 270 

1269.  —  S.  Bonaventura  e  la  Crociata » 

1269.  —  Pr-  Oonrado  de  Hallis  e  sei  compagni  martiri  in  Siria.  —  Altri  undici 
Minoriti  catturati  dai  Saraceni » 

1270.  —  Pr.  Odone  Bigaldi  (Eigaud),  Arcivescovo  Eotomagense  (Souen),  com- 
pagno di  S.  Luigi  IX  nella  seconda  Crociata  in  Oriente:  cenni  biografici.  171 

1270.  —  Fr.  Giovanni  dei  Monti 275 

1270  C.  —  Pr*  Andrea  da  Bologna,  Ministro  provinciale  di  Terra  Santa  e.  il  1270  .  » 

1270.  —  Pr.  Giovannino  de  Ollis  da  Parma,  Custode  di  Terra  Santa  (1270-79), 

e  Missionario  Apostolico  in  Egitto  (1279-82) » 

1270-80.  —  Pr.  Bartholomaeus  Anglicua:  —  Geographia  Orbis  et  descriptio 

Terrae  Sanctae 276 

1271.  —  Pr-  Mauritii  Ord.  Min.:  —  Itinerariìtm  in  Terram  Sanctam   .     .    .  279 

1271.  —  Bibars  in  Siria 280 

1271-72.  —  Pr.  Boberto  di  Tumham  e  fr.  Guglielmo  di  Hidley  colle  truppe  in- 
glesi dì  Eduardo  I  in  Oriente » 

1272.  —  Dònna  Sanoia  d' Aragona  in  Gerusalemme .    .    .    .     .  282 

1272.  —  Il  Soldano  Bibars  concede  Pirmani  ai  PP.  Minoriti  di  Terra  Santa  » 
1272-74.  — '  Pr.  Girolamo  d'Asooli  con  i  frati  Baimondo  di  Berengario,  Bona- 

graEÌa  di  Persìceto  e  Bonaventura  di  Mugello,  nunzi  del  Papa   all'  imp. 

Michele  Paleologo  in  Costantinopoli    . 283 

1272-75.  —  Pr.  Giovanni  Parastron,  Minorità  greco  di  C.poli,  legato  dell  Imp. 

greco  al  Papa,  interprete  al  concilio  di  Lione,  ecc.  (1272-75  f )  .    .    .    .  * 


438  I  —  Index  Chronologicus. 

1273-74.  —  Fr.  Alberto  de'  Gonzaga,  Legato  Apostolico  di  Gregorio  X  a  Mi- 
chele Paleologo  imp.  di  Costantinopoli pag.  290 

1273.  —  Fr.  Giov.  Batt,  Zanni  a  Gerusalemme » 

1274.  —  Crociata » 

1274-80.  —  Fr.  Pidentins  de  Fadna:  —  Liber  recuperaiionis  Terrae  Sanctae  .  291 
1276-77.  —  Fr.  Girolamo  d'  Ascoli,   Ministro  generale  dell'  Ordine  (1274-79), 

fu  egli  rimandato  legato  a  Costantinopoli  per  la  seconda  volta  nel  1276-77? 

Esame  critico 292 

1277c.  —  Fr.  Guilelmus  de  S.  Patusio:  —  Vita  8.  Ludovici  IX  regis  etc.    .  297 

1277.  —  Domenicani  in  T.  S 299 

1278-79.  —  Fr.  Bartolomeo  d'Amelia  Vescovo  di  Grosseto,  e  i  suoi  compagni 

nunzi  di  Nicolò  IH  al  Paleologo .  » 

1278.  —  Minoriti  in  Tartaria 300 

»     —  Gli  Assassin » 

1279  e.  —  Fr.  Marco  da  Montefeltro  fonda  il  Convento  di  Sebaste  (Sivas)  in 

Armenia 301 

1279s.  —  Fr.  Giovanni  da  Monteoorvino  Missionario  in  Armenia,  Persia,  India 

e  Cina  :  e  primo  Arcivescovo  di  Pekino.  —  Sue  lettere  dall'  Oriente,  ecc.  .  » 

1280  ■[■?  —  Fr.  Tbomas  de  Papia:  —  Gesta  Imperatorum  et  Pontificum  .    .  309 

1282.  —  Fr.  Matteo 312 

1284,  —  Minoriti  e  Domenicani  venuti  dall'Oriente » 

1286.  —  Fr.  Geleberto  Custode  de' Frati  Minori  in  Siria » 

1286 f.  —  Alberto  Milioli  8'  Ord.  S.  Frane,  e  le  sue  Cronache:  —  Memoriale 

Potestatum  civitatis  Beginae.  —  G-esta  obsidionis  Damiatae  ecc.    .    .     .  313 

1287.  —  Fr.  Salimbene  de  Adam  (1221-1290?):  la  sua  Chronica  e  le  altre  sue 

opere 317 

1287.  —  Constitutiones  T.  S -    .    .    .  322 

1288.  —  FF.  Minori  in  Persia  e  Armenia 323 

1288.  —  Passio  B.  fr.  Francisci  [de  Spoleto]  in  ci  vi  tate  Damiatae  Aegyptì  .     .  » 
1288?  —  Martyrium  B.  fr.  Philippi  de  Amioio  seu  de  Podio  [=  Le  Pny]  in 

castro  Azoti  Palaestinae  [ast  anno  1265  f] 324 

1288  C.  —  Passio  fr.  Corradi  de  Saxonia  et  fr.  Stephani  Hungari » 

»       —  Passio  fr.  Monaldi  de  Ancona  et  sociorum  Francisci  de  Fetriolo  et 

Antoni!  de  Mediolano  in  Arzenga  Armeniae 325 

1288-95.  —  Ff    Giovanni  d'Ancona  dell' Ord.  de' Minori,  Arcivescovo  di  Nicosia 

nell'isola  di  Cipro:  cenni  biografici » 

1289  f.  —  B.  fr.  Oonrado  d' Ascoli 326 

1289.  —  Pafo.  —  Fr.  Roberto  de'  Minori » 

»     —  Convento  di  Tripoli » 

»     —  Clarisse  martiri  in  Tripoli » 

1289  o.  —  Fr.  Guiscardo  de'Guiscardi  di  Cremona   .    .    .    .    .  327 


I  -  -  Index  Olironologicus.  439 

1289  e.  —  Fr.  lacobits  Minister  Provinciae  Syriae  sen  Terrae  Sanctae,  et  fr. 
Paulus  de  Marchia  Guardianus  couventus  FF.  Minorum  in  Acon  sea  Pto- 
lomaidos , pag.  » 

1289 s.  —  Fr,  Giovanni  (o  Aitone  II),  re  d'Armenia,  frate  Minoro  ecc.   Cenni 

biografici  . 328 

1289.  —  Convento  di  Sis  in  Cilicia 339 

1290.  —  Fr.  Paolino  da  Milano  e  compagni,  predicatori  della  Crociata     ...  » 

»      —  Traditio  Crucis  ad  iter  lerosolymitanum 340 

»      —  Fr.  Giov.  Samesio  e  fr.  Pietro  Bardulio.     . .  » 

1290.  —  Missioni  in  Africa-Marocco » 

1290-93.  —  Fr.  Angelo  Olareno  da  Cingoli,  il  B.  Tomaso  da  Tolentino  e  com- 
pagni inviati  missionari  in  Armonia  eco 341 

1291.  —  Caduta  di  Acri  o  Tolemaide.  —  Quattordici  PF.   Minori  Martiri  con 

tutte  le  Clarisse,  massacrati  dai  Saraceni  per  la  Fedo  eco 350 

1291.  —  Convento  di  Beirut    .     .    .     .    , 353 

»     —  Convento  di  Salda  o  Sidone » 

»     —  Convento  di  Tiro 354 

»     —  Duo  Minoriti  che  percorrono  le  coste  d'Africa    ...  » 

1291.  —  Fr.  Guglielmo  da  Ohieri  (o  da  Chorso?):  —  De  Statu,  vita,  et  con- 

versatione  Héligi  tsorum  illarum  partium  (Persiae  et  Tartariae)  ...  » 

1291-92.  —  Uicolò  IV  e  la  Terra  Santa. 355 

1292.  —  Armenia  sottoposta  alla  Prov.  di  T.  S.     .    .     .    .    .  » 

1292.  —  Nicosia  di  Cipro » 

1294  C.  —  Di  un  Convento  dc'FF.  Minori  in  Gerusalemme,  presso  la  stazione 

del  Cirineo  =  Usi  e  cerimonie  de'  Latini  nei  Santuarii  ecc 356 

1295c.  —  Galvanus  de  Levante  lanuensis,  ex  3".  Ord.  Min.:  —  Liher  sanati  pus- 

sagii  Christicoìarum  cantra  Saracenos,  prò  recupcrationc  Terrae  Sanctm.  357 

1295.  —  Minoriti  nella  Corte  di  Cipro 359 

1295  C.  —  Fr.  Nicolaus  de  Sali,  Minister  Terrae  Sanctae  ........  » 

12998.  —  Oassan  Kan  imp.  tartaro  della  Persia  e  i  suoi  alleati,  il  re  di  Cipro 

e  di  Armenia,  riconquistano  la  Terra  Santa.  =  Due  IT.  Minori  loro  amba- 
sciatori spediti  in  Europa 360 

Sec.  Xin.  —  Fr.  Ioannes  Garan  Gnallensis  senior:  —  De  origine,  progressu,  et 

fine  Màhumetis,  et  quadruplici  reprohatione  prophetiae  eius 361 

»  —  B.  Baimondo  LuUo  di  Majorica  dell' 3'.  Ord.  Min.,  Apostolo  del- 
l'Oriente e  Martire  (1235-1315  jun.  29  f).  —  Cenni  biocronologici  e  bi- 
bliografici    » 

Sec.  XU-Xni.  —  Eituale  et  Ordinarìum  Canonìcorum  S.  Sepulchri  Jorosolymitani.        392 
Sec.  Xnis.  —  Oipro-Prancescana  —  Memorie  spettanti  la  storia  de' Francescani 

di  Terra  Santa  in  Cipro,  dal  sec.  XTÌT  in  poi » 


440  I  —  Index  Ohronologicus. 

Sec.  XIII.  —  Anonimi  Minoritae(?):  —  A)  De  Saracenis  et  de  ritu  ipsorum  eie. 

—  B)  Brevis  descriptio  Orbis ,     .    ,.        399 

»  —  Anonimi  :  De  Via  eundi  de  lope  in  lerusàlem,  et  de  Sancto  Se- 

puhhro,  et  aliis  locis 405 

»  —  Anonimi:  Itinerarium  Sanctorum  Locorum 408 

Sec.  XIII-XIV.  —  Variorum:  Libri  de  Passagiis  et  de  Terra  Sancta.  Mss.    .  410 

Sec.  XIII.  —  Ministri  e  Oùstodi  della  Terra  Santa  durante  il  secolo  XIII    .    .  412 

»  —  Bnllarium  franciscanum  Terrae  Sanctae  saec.  XIII 413 

Addenda  al  secolo  XTTT. 

1219.  —  Jaoobi  de  Vitriaco:  Epistola  ad  Lotharingios  ecc.  —  Giunta  alla  nota  1» 

della  p.  7 424 

1241-45?  —  Fr.  Benincasa  Tudertino,   Missionario  fra  i  popoli  Tartari  e  Sa- 
raceni         425 

1247.  —  Oonvento  francescano  in  Tebe  di  Grecia » 

1270.  —  Pr*  Giovanni  de  Mons,  compagno  di  Luigi  IX  in  Africa.  —  Giunta  a 

p.  275 » 

1274-80.  —  Pr.  Pidentius  de  Padua;  —  Liber  recuperationis  Terrae  Sanctae  etc. 

—  Giunta  al  n.  83 426 

1284.  —  Fr.  Antonius  de  Armenia  et  fr.  Aldobrandus  de  Plorentia    ....  429 

1290.  —  Fr-  Giovanni  Sameào  (de  Samois).  —  Giunta  al  n.  102 » 

1290-93.  —  Fr.  Angelo  Olareno:  Sue  opere  scritte.  —  Giunta  al  n.  103  .     .  » 
Sec.  XIII.  —  B.  Raimondo  Lullo,  Apostolo  doli' Oriento  ecc.  — Giunta  all'arti- 
colo n.  Ili 430 


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Il  -  INDEX  ANALYTICUS 


■■»<•»- 


Nota.  —  /  numeri  ordinari  indicano  la  pagina,  i  neretti  gli  articoli. 


Aaron  ubi  sepultus  183. 

Aas  populi  asiatici  2B7. 

Àbaga  0  Abaka  Kan,  imp.  tart.  della  Persia, 
e  de'  tartari  orientali  193  —  proclive  ai 
cristiani  381  —  relazioni  coi  ff.  Min.  300. 

Abana  fium.  183. 

Abarym  mons  183. 

Abate  della  Montagna  Nera  con  i  suoi  mo- 
naci abbraccia  la  r^ola  di  S.  Fr.  74  — 
V.  Montagna  Nera. 

Abath-dieri  eretico  400. 

Abbadia  Bianca  in  Cipro  397.  —  v.  Bellapaise. 

Abbai  de  Yillari  8. 

Abdiag  eret.  400. 

Abibon  (S.)  182. 

Abìssinia  304. 

Abraam  lucus  M.  Galvani  408  —  sepolto 
con  i  patriarchi  in  Hebron  410  —  Ortus 
Àbraae  409  —  v.  Ara. 

Abulonis  monom.  182. 

Abnllonia  lago  166. 

Aocaron  184. 

Aeoon  (Acon,  Achon)  264,  408  —  v.  Acri. 

Aebaia  prov.  greca  136,  344-47  s. 

Aebatbala  eret.  400. 

Aoheldemaoh  prope  Irslm.  182,  406,  409. 

Ackon  —  V.  Acri. 

Acon  —  V.  ^cri- 
Acri  (S.  Griov.  d'  )  stor.  in  genere  6,  58, 156  s., 
n.  40-1  passim,  260,  261,  281  —  asse- 
diata dai  Saraceni,  soccorsa  da  fr.  Giov. 
d' Ancona  arciv.  di  Cipro  326  —  cade  in 
potere  de' Saraceni,  e  martirio  di  14  ff. 
Min.  e  delle  Clarisse  350-53,  n.  104. 


»  Frati  Minori  in  Acri,  loro  convento 
fondato  prima  del  1221,  studio  generale 
della  Provincia,  ecc.  149,  154,  229-30,  234, 
312,  327  s.,  344,  350  s.,  394,  417,  422  —  fr. 
Egidio  in  Acri  105  —  fr.  Guglielmo  Ila- 
lfl-vquÌ8  lettore  ivi  2.30  —  ff.  Min.  d' Acri 
fatti  flagellare  da  Federico  II  imp.  157. 
—  Convento  de' Domenicani  ecc.  299. 

Aeropolita  logoteta  greco  287. 

Actuba  affluente  del  Volga  382. 

Adam  prìmus  homo,  ubi  plasmatus,  ubi  se- 
pultus 183. 

Adam  (fr.)  le  Rigalde  274, 

Adana  cit.  338. 

Adelon  (dnus.  de)  230. 

Aderbeigian  429. 

Adrianopoli  136. 

Aegae  —  v.  Ayas. 

Aegidìns  Qointas,  govern.  di  C.poli  190. 

Aethiopia  277,  279,  305. 

Africa  383,  4024  —  evangelizzata  dai  ff.  Min. 
340,  354  —  e  più  volte  dal  Lullo  (v.) 
369  s.,  372  s.  —  v.  Marocco. 

Agnello  (fr.)  da  Pisa  181. 

Agostiniani  in  Cipro  394  s. 

Agostino  (S.)  ospedale  in  Cipro  395. 
(fr.)  d'Assisi  33,  34. 
»         (fr.)  di  Notyngham    in  T.    S.  e   ve- 
scovo di  Laodicoa  231. 

Abmad  Ibn  Muhammad  ibn  Kathir  (l'Afra- 
ganus)  268. 

Aimone  (fr.)  di  Faversham  (Ministro  Generale) 
cenni  biogr.  cron.  39, 100, 102, 161, 169  — 
sua  missione  con  i  compagni  in  Nìcea  e 
C.poli  137, 163 s. n.  45  —  probabile  autore 
della  Belatio  disputationis  cumgraecis  165. 


442 


n  —  Index  AnaJj^icus. 


Aitone  I  d' Armenia,  critica  la  politica  religiosa 
di  fr.  Gugl.  Rubruquis  230,  232-33. 
»  II  d'Armenia,  360 s.,  421  —  sue  rela- 
zioni con  i  seguaci  di  fr.  Ang.  Clareno 
3418.  —  con  i  ff.  Min.  della  Siria  327  s. 
con  fr.  Giov.  da  M.  Corvino  302  s.  —  re- 
catosi a  C.poli  e  ospite  de'  flF.  Min.  333-34 
—  alleato  con  Cassan  Kan  conquista  la 
Siria  ecc.  368  s.  —  v.  fr.  Giov.  re  d' Ar- 
menia, 

Akkar  fortezza,  presa  da  Bibars  280. 

Akkaron  181,  182. 

Al-Adilija  accampamento  del  Kamel   presso 
Damiata  89,  90. 

Ala-Eddin-Taibai  distrugge  Nazaret  259. 

Alamania  403. 

Alani  pop.  or.  267,  303  —  evangelizz.  dai  flF. 
Min.  235. 

Alania  403. 

Alatino  Sold.  d'Iconio  e  i  ff.  Min.  163. 

Albania  del  Caucaso  279,  336,  403. 
»         dell'  Europa,  e  suoi  popoli  e  principi 
evangelizzati  dai  ff.  Min.  358  s. 

Alberto  duca  di  Brunsvic  263. 
»         (fr.)   de' Gonzaga,  nunzio   a  C.poli   e 

vese.  d' Ivrea  290,  n,  82. 
»         Milioli  (del  3  Òrd.)  scrittore  e  amico 
di  fr.  Salimbene  313  s.  n.  91,  319-20,  322. 
(fr.)  di  Parma,  prò  T.  S.  419. 

>  (fr.)  di  Pisa,  Min.  Genie  102,  169,  181, 
262. 

>  de  Rezato  o  de  Robcrtis  de  Regio, 
patr.  Antiocheno  21, 159,  170  —  sue  rela- 
zioni coi  ff.  Min.  217, 

»         (fr.)  Stadense,  cronista,  ci  conservò  due 

itinerari  di  T.  S.  181  s.  u.  60. 
»         (fr.)  Teutonicus  O.   Pr,   amico  di  fr. 

Boìiav.  d'Iseo  (v.)  224. 
»         Langr.  Thuringiae  263. 
Alcbindi  fìlos.  arab.  365-66. 
Alcoraniam  400  —  v.  Maometto. 
Aldobrando  (fr.)  da  Firenze,  mart.   in   Persia 

429. 
Alemanni  in  Oriente  408. 
Alemanno  (fr.)  da  Bagnoreggio  arciv.  di  Tiro 

423. 
Aleppo  ivi  stabilitosi  fr.  Monasaerio  (r.)  in  aiuto 
dei  prigionieri  114,  180-81  —  conquistata 
da  Cassan  Kan  335. 
Alessandretta  229. 

Alessandria  d'Egitto  241,  383,  402. 
Alessandro  III  papa  153. 

IV  papa  243,  263,  2733.  —  e  i  ff.  Min. 
di   Tiro    234  —   sue    bolle  pei  ff.  Min. 
di  Terra  Santa. 
.        (fr.)  di  Ales,  lodato  180,  271. 

>  (fr.)  d'Alessandria,  Min.  Genie  325. 


Alessio  Stratigopulo,   gener.  greco,    riprende 

C.poli  ai  Latini  254  s. 
Alfonso  III  d'  Aragona  329. 

»         IX  re  di  Leone  178. 
Alfragano  scritt.  arab.  268. 
Algazelle  ministro  sarac,  del  Sold.  d' Eg.  con- 
vertito dal  b.  Bened.  d'Arezzo  145. 
Alice  di  Champagne  ved.  di  Ugo  I  di  Cipro 

396. 
Alikain  89. 

Alinaoh  princ.  armeno  337-38. 
Alleas  —  V.  Ayas. 
Alleluia  (divozione  detta  l')  226. 
Almacbas  —  v.  Alinach. 
Almerico  conte  di  Tiro  333. 
Al-muminin  (i  credenti  maomettani)  .368. 
Al-TacfuT-Hatem  nome  arabo  de' re  .4tfo»ic  (v) 

d'Armenia  232. 
Altisiodorum  ivi  conv.  dc'ff.  Min.  221, 
Alti-Soldani  terra,  209. 
Alubarde  o  Aluvarde,  legato  dal  Paleologo  al 

Papa  255. 
Amanas  monti  di  Celesiria  270. 
Amaus  monti  di  Celesiria  428. 
Amastris  429. 
Amazonia  279. 

Ambrosius  (fr.)  Ord.  Cist.  curatore  delle  Cla- 
risse 128. 
Amos  profeta  da  Tecua  182. 
Amphissa  —  v.  Salona. 
Anazarbe  città  d' Arm.  presso  la  quale  fu  tru- 
cidato Aitone  II  (v.)  3^7. 
Ancona  132. 

Anconetani  a  C.poli  165. 
Andegaviae  comes  in  Egitto  241. 
Andrea  (fr.)  di  Achon  (Acri)  149-50,  n.  37. 
»         (fr.)  o  Andreuccio   d'Assisi,   vesc.  in 

India  302. 
»         (fr.)  da  Bologna,  Min.  Prov,  di  T.  S. 

223,  275  n.  74. 
»         (fr.)  guard.  di  Bologna  275. 
»         (fr.)  da  Firenze   Miss,   fra  ì   Tartari 

193,  300. 
>        (fr.)  di  Gioacchino,  frate  nel  M.  Sion 

218. 
»         Nikolasson  e  fr.  Maurizio  (v.)  279-80. 
»         (fr.)  Panzanni  358. 
»         (fr.)  da  Perugia  in  Cina  302. 
»         (fr.)  da  Perugia?  in  Armenia  e  Geor- 
gia 216. 
»         (fr.)  maestro   Tacito,   de' Min.   Conv. 
superiore  del  conv,  di  S.  Fr.  in  Nicosia 
di  Cipro  399. 
»         (fr.)  magister,  de  Tuderto  140. 
Andronico  Paleologo  imp.  di  C.poli  294  s.  — 
cognato  di  Aitone  II  re  d' Armenia  333  s. 
n.  99  passim. 


n  —  Index  Analyticus. 


443 


Angelo  (fr.)  Clareno  in  Oriente  330  s.,  341  s. 
n.  103  —  sua  bibliografia  429. 
»         (fr.)  da  Meglio  141. 

>  (fr.)    da   Tolentino   in    Orìen.    331  s., 
341  s.  n.  103. 

»         (fr.)  confessore  dell' imp,  Brienne  (v.) 

138. 
»         (fr.)  Min.  Prov.  della  Serafica  293  s. 
»         (fr.)  d'Orvieto,  nunzio  a  C.poli  299s. 

n.  86. 
»        (fr.)  da  Rieti  comp.  di  S.  Fr.  52. 
»         Conte  greco,   legato   del  Vatacio  al 
Papa  227. 

Angelas  antiph.  141,  146. 

Anglia  179,  404  —  ivi  ff.  Min.  170  —  v.  In- 
ghilterra, Inglesi. 

Anglici  coloni  in  Nìcea  di  Bitinia  165. 

Anglicus  miles,  traditor  in  Saphet  Galilaeae 
260  s. 

Angioini  re  di  Napoli  141-42. 

Anna  (S.)  Mater  B.  V.  unde  orta  184  —  chiesa 
in  Gerusalemme  357  —  monastero  di  Be- 
nedettine in  Nicosia  di  Cipro  395. 

Anselmo  (fr.)  o  Ascellino  0.  Pr.  in  Persia  199. 
»        De  Kaen,  reggente  dell'  imp.  di  C.poli 
138. 

Antarados  266  —  v.  Tortosa. 

Antibarensis  archiep.  195. 

Anticristo  149. 

'AvTiSwpov  258. 

Antiochia  183,  263,  403  —  ivi  un  abate  coi 
suoi  monaci  si  rendono  flF.  Min.  7-8  — 
ff.  Min.  di  varie  Prov.  in  Antioch.  69  — 
Conv.  de'  ff.  Min.  entro  la  città  e  un  al- 
tro sulla  vicina  Montagna  Nera  (v.)  65-67 
n,  20  passim,  75,  150,  154  —  visione  al 
guardiano  della  M.  Nera  69  —  Antioch. 
visitata  dal  b,  Bened.  d' Arezzo  145  — 
convento  visitato  da  fr.  Gugl.  Btibruquis 
e  dal  Min.  Provinciale  230  —  sede  quon- 
dam del  Provinciale  di  T.  S.  67, 133-34. 

—  due  ff.  confessori  ivi  trapassati  150. 

—  suore  Benedettine  riformate  dai  ff. 
Min.  417  —  Antiochia  cade  in  potere  di 
Bibars  I  che  rovina  i  due  conv.  Minoritici 
68,  104,  265,  270. 

»     '    (Principi  di)  253  s.  —  v.  Boemondo. 
»         (Patriarchi  di)  21  —  v.  Patriarchi. 
Antisiodonam  Altisiodorum  (Auxerre)  136. 
Antolino  (fr.)  di  Castiglione  pred.  della  Cro- 
ciata 339. 
Antonio  (S.)  di  Padova  262  —  vita  scrittane 
da  fr.  Salimbene  321  —  bistrattato  dal 
Dr.  Lempp  106.  —  S.  Ant.  e  il  mart.  fr. 
Filippo  (v.)  324. 

>  (fr.)  de  Arìbandis,  vesc.  di  Gaeta,  in- 
viato in  Armenia  (v.)  339. 


»         (fr.)  d' Armenia,  mart.  in  Persia  429. 
»         (fr.)  vicar.  Patriarcale  di  C.poli  103-4, 

141,  255,  418. 
»         (fr.)  da  Milano  e  comp.  mart.  in  Ar- 

zenga  325  n.  96. 
»         (fr.)  da   Parma,   Miss,   fra  i  Tartari 

193,  300. 
»        Kincon,  inviato  francese  a  C.poli  84. 

Antonius  (S.)  Peire,  nome  d'  una  nave  geno- 
vese 280. 

Anxexini  374  —  v.  Assassin. 

Apiastrnm  erba  404. 

Apollonia  —  v.  Arsur. 

Apolia  403. 

Aquae  mortuae,  porto  in  Frane.  265. 

Ara  Abraam  406. 

Arabia  183,  403,  407. 

Arabo  collegio  de'  ff.  Min.  in  Miramar  (v.)  365 s. 
»        (Opere  in)  scritte  dal  Lullo  3718. 

Aragoniae  rex  265. 

Aradia  (Aradin)  insula  prope  Tyrum  279. 

Ararat  mons  403. 

Aretini  nobili,  all'  assedio  di  Damiata  146-47. 

Arezzo  conv.  de'ff.  Min.  ivi  141  —  S.  Fr.  ri- 
ceve all'Ord.  il  b.  Bened.  135. 

Argentina  cit.  in  Germania  276, 

Argon  Ean  imp.  tart.  della  Persia,  302  s.,  323, 
421,  423  —  sue  relaz.  col  Montccorvino 
(v.)  330  —  e  con  altri  ff.  Min.  354  s.  n.  106. 

Arlotto  (fr.)  da  Prato,  Min.  Genie  104,  193. 

Armanas  (Armandus-Herman)  raagister  Tem- 
pli 248. 

Armeni  201,  210,  407  —  evangelizz.  dai  ff. 
Min.  235  —  V.  Armenia,  Aitone  II. 

Armenia  232,  263,  402,  403  —  percorsa  dal 
Rubruquis  229  —  dal  Lullo  369  s.  — 
evangelizzata  dai  ff.  Min.  215,  116  s.,  301 
n.  87  e  88,  325  n.  06,  328  s.  n.  00,  421 
—  soggetta  alla  Provincia  Minorit.  di 
T.  S.  355  —  invasa  dai  Saraceni  ecc.  329  s. 

Armuz  (Oimuz)  308. 

Arnoldo  (fr.)  di  Colonia  comp.  del  Montecor- 
vino  in  Cina  303-4. 

Arnanges  Bjarkey  279, 

Aipas  de  Beneceto  176. 

Arsanas  (Assano)  re  Bulgaro  minaccia  C.poli 
166. 

Arsinoe  —  v.  Famagosta. 

Arsuf  159,  263  —  v.  Armr. 

Arsur  (Apollonia)  in  Palestina  324. 

Artbados  183. 

Arzenga  (Arzingam,  Artzinga)  città  dell'Ar- 
menia 325. 

Asbesten  lapis  403. 

Asoalona  di  Palestina  182,  247,  324,  403  — 
sconfitta  de' Crociati  in  Asc.  240. 

Ascelino  (fr.)  0.  Pr.  213. 


444 


n  —  Index  Analyticus. 


Asdud  —  V.  Azoto. 

Ashmam-Tannah  d'Egitto  90. 

Asia  403  —  Asia  minor  402-4. 

Asphaltis  lago  184. 

Assassin  orda  e  setta  araba  della  Siria  374  — 
alcuni  travestiti  da  ff.  Minori  per  atten- 
tare alla  vita  di  principi  cristiani  300. 

Assiria  145. 

Assur  (v.  Arsuf)  263. 

Astrakan  cit.  sul  Volga  e  mar  Caspio  325, 382. 

Atheniensis  ep.  3448.,  348. 

Athlith  259. 

Atrebatensis  comes  261. 

Aaax  (1')  del  Rubruquis  229  —  v.  Ayas. 

Aogastinùs  —  v.  Agostino. 

Aueae  portae  Irslm.  406. 

Aurei  montes  402. 

Austria  (d')  Duca  Leopoldo  all'  assedio  di  Da- 
miata  71, 89, 91  n.  29  passim.  —  v.  Rodolfo. 

Aoxerre  136. 

àverroe  e  l' Averroismo  combattuto  dal  Raim. 
Lidio  (v)  371  s.,  387-88. 

Ayas  città  maritt.  della  Cilicia(Alleas,Laiazzo, 
Layas)  229,  369,  428. 

Aybex  ministro  tàrtaro  213. 

Ayeton  343  —  v.  Aitone  IL 

Azoto  263  —  ivi  martirio  di  ff.  Min.  -324. 


B 


Babel  403. 

Babilonia  di  Mesopotam.  132, 145, 148,  215,403. 

»        (Fosthat-Mesr)  d' Egitto  185,  215,  241. 

Baca  (Batu  o  Bati)  Ean  de'  tartari  sul  Volga 

209  —  visitato  dal  Rubruquis. 
Bafo  —  V.  Pafo. 
Bagdad  frequentata  da  ff.  Min.  Missionari  e 

nunzi  presso  quel  Soldano  113, 137, 163, 

230. 
Bagnacavallo  (conv.  di)  290. 
Bagvaria  (Baviera)  403. 
Baiothnoi  duce  tartaro,  e  sua  lettera  ad  Inn.  IV, 

213. 
Balastri  —  v.  fr.  Giov.  Parastron. 
Baldaeli  regnum  263  —  v.  Babilonia. 
Baldoino  I  ìmp.  di  C.poli  163. 

>  II  imp.  di  C.poli.  sue  relazioni  col  b. 
Bened.  d'Arezzo,  con  £r.  Elia,  e  per- 
dita dell'impero  ecc.  103,  115,  136-42, 
254-55,  418. 

>  Conte  di  Fiandra  in  T.  S.  318. 
Ballano  d'Ibelino  10. 

»         I,  Sire  di  Sidone,  conobbe  S.  Fr.  sotto 
Damiate  149-50. 
Baliaas  cit.  248. 
Balneam  Christi  406,  409. 
Banias  —  v.  Panca. 


Bantia,  Bantra,  Banthera  in  Ital.  302. 
Baraka  Kan  382. 

Barbarla  maior  383  —  v.  Barberia. 
Barbaro  (fr.)  d' Assisi,  discepolo  e  comp.  di 

S.  Fr.  in  Cipro  e  in  Oriente  ecc.  15,  18 

e  nota  1»,  19,  50-51,  77. 
Barberia  385  —  provincia  dell'  Ordine  fondata 

da  fr.  Elia,  indi  soppressa  102,  170. 
Bardane  —  v.  Giorgio. 
Barensis  comes  in  Orien.  247. 
Barri  Ducis  comes  prò  T.  S.  188. 
Barsaama  vesc.  Caldeo  323,  421. 
Bartolomeo  (£r.)  vesc.  ingl.  prò  T.  S.  422. 
»         (fr.)  Anglico  e  la  sua  opera  Deproprie- 

tatibus,  confuso  coli'  omon.  di  GlanviUe 

276-79  n.  76. 

>  (fr.)   d'  Amelia,   vesc.   di  Grosseto  e 
compp.  nunzi  a  C.poli  175,  299s.  n.  86. 

>  (fr.)  di  Cremona,  comp.  del  Rubruquis 
fra  i  tartari  103,  229. 

>  (fr.)  d' ignota  patria,  con  altri  presso  i 
-Greci  170s.  n.  46. 

»        (fr.)  da  S.  Concordi©  0.  Pr.  305-6. 
»         (fr.)  da  Siena,  Min.  Prov.  di  T.  S.  nun- 
zio con  altri  a  C.poli  175,  299s. 

Bascart  (Basar tos)  popoli  asiat.  210. 

Basilica  di  S.  Fr.  in  Assisi,  inalzata  da  fr. 
Elia  113,  115,  116  —  sua  dedicazione 
100,  103  —  ivi  sepolto  il  Brienne  (v.) 
138-9. 

Bastia  (Insula  Romana)  presso  Assisi  19. 

Batn  Ean  —  v.  Bacu  Kan. 

Beaufort  240. 

Beaolien  (abbazia  Cisterc.  di)  suburbio  di  Ni- 
cosia  in  Cipro  231  —  indi  convento  de'ff. 
Min.  396. 

>  (Signore  di)  in  Francia  415. 
(Goffredo  di)  425. 

Begen  (conv.  Min.  in)  279. 

Behesni  cit.  dell'Armenia  329». 

Bela  re  d'Ungaria  265. 

Belastro  —  v.  Parastron. 

Bellapaise  abbazia  Agostiniana  e  villa  in  Ce- 

rinia  di  Cipro  231,  369  —  indi  convento 

de'ff.  Minori  397. 
Belle-abbaye  —  v.  Bellapaise. 
Belloloco  (Bellus  locus)  —  v.  Beavlieu. 
Bendokdar  —  v.  Bibars  L 
Benedettini  presso  Antiochia  sulla  Montagna 

Nera  si  rendono  ff.  Min.  66,  68  —  detti 

monaci  nigri   195  —  suore  Benedettine 

in  Antiochia  417. 
Benedetto  (fr.)  d'Alba  358. 
»         (fr.)  d'Alignan,  veacov.  di   Marsiglia 

suo  dupplice  viaggio  in  Siria,  costruisce 

la  fortezza  di  Safet  (v.),  cenni  biobibliogr. 

ecc.  236s.  n.  65. 


n  —  Index  Analyticus. 


445 


»         (B.  fr.)  d'Arezzo,  discep.  di.S.  Pr.,  3" 
Prov.  di  T.  S.  e  dell'  Oriente  :  cenni  bio- 
grafici 21,  67,  86s.  n.  29,  99,  129  n.  36, 
154,  177,  178  n.  49,  180  —  visita  Ge- 
rusalemme e  la  T.  S.  145  —  percorre 
gran  parte  dell'Oriente  141   —  con  fr. 
Aimone  e  compp,  a  C.poli  165  —  lodato 
da  Carlo  I  di  Napoli  e  da  Bttlduino  II 
di  C.poli  142,  310  —  suo  culto  compro- 
vato ecc.  143. 
»         (fr.)  di  Polonia,  socio  del  Piancarpino 
(y.)  fra  i  tartari,  sua  relazione  ecc.  191- 
92,  197,  199,  212,  213s.  n.  56. 
»        (Card.)  leg.  apost,  a  C.poli  173,  174. 
Beniamino  (fr.)  342. 

Benincasa  (fr.)  da  Todi,  fra  i  tartari  425. 
Bentivenga  (Card.)  legato  140. 

»        (Card.)  Matteo  140. 
Benvenuto  (B.  fr.)  vesc.  a  prò  di  T.  S.  420. 
Berardo  (S.  fr.)  e  compp.  martiri  di  Marocco 

38,  95. 
Berengaria  di  Castiglia,  3"  moglie  del  Brienne 

178. 
Berittts  (Beirut)  183,  264. 
Bernardina  Bàfulo,  Clarissa  a  Parma  176. 
Bernardo  Àyglerio,  ab.  di  M.  Cassino  289. 
»        (S.)  abbazia,  indi  conv.  de'  S.  Min.  in 

Cipro  397. 
>        (fr.)  Bàftilo  da  Parma  in  T.  S.  175 

n.  47. 
»        (fr.)  da  Quintavalle,  1*  discep.  di  S.  Fr. 

47,  60,  85,  86,  102,  112,  121,  151. 
.        Vesc.  di  Tripoli  339. 
Berrhoeota  grand'  interpr.  dell'  imp.  greco  288. 
Bersabee  182. 

Bertoldo  (fr.)  pred.  della  Crociata  418. 
Beitrandas  (fr.)  de  Secureto  in  Marsiglia  239. 
»        (fr.)  de  Secodorio,  Cust.  in  Marsiglia 
239. 
Beih&iùa  182,  278,  406,  409. 
BeiUeliem  158,  182,  254,  264,  2&1,  (Presepio 

di,  356)  407,  409. 
Bethpliage  264,  278,  406. 
Bethsaida  183,  235. 
Bettino  vicar.  imp.  144. 
Betulia  184. 

Bevaniom  ubi  friit  S.  Fr.  128. 
Beylan  270,  428. 

Bibais  I  (Melek-Zaher-Bibars)  Soldano  d'Egitto 
e  della  Siria,  concede  Firmarli  (v.)  ai  S. 
Minori  della  T.  6.  62,  282s.  n.  79  — 
prende  Antiochia,  e  rovina  de'  due  conv. 
Minoritici  68,  104,  270  —  conquista  Safet 
(v.)  in  Galilea,  ivi  martiri  Minoriti  259s. 
n.  68  —  occupa  Nazaret,  Tabor,  Cesa- 
rea ecc.  259  —  ritorna  a  Damasco  261 
—  altre  sue  conquiste  in  Siria  ecc.  264b., 


280,  324  —  fa  travestire  alcuni  Assassin 
(v.)  da  flF.  Minori  300-1. 
Bidaini  arabi  nomadi  201,  252. 
Bilarga  gener.  tartaro  assassina  Aitone  II  (,y.) 

re  di  Armenia  336-38. 
Bisante   saraceno,   moneta   266  —  usata  in 

Cipro  356. 
Biserminorum  terra  209. 
Bissemor' terra  209. 
Bitinia  163s.  n.  46,  403. 
Blonkastel  in  Siria  280. 
Boemondo  figlio  di  Ugo  III  di  Cipro,  sepolto 
presso  i  ff.  Min.  di  Nicosia  393. 
»         IV,  principe  di  Antiochia  189. 
»         V,  princ.  di  Antiochia  189,  253  s.;  396. 
»        VI,  princ.  di  Antiochia  253  s,  270,  280. 
»         VII,  princ.  di  Antiochia  253  s. 
Bohemia  179,  198,  201. 
Bolla  della  canonizz.  e  festa  dì  S.  Fr.  spedita 

alle  chiese  d' Oriente  152  n.  39. 
Bolle  (elenco   delle)  date   pei  Min.  di  T.  S. 

413-23  n.  119. 
Bologna  collegio  di  lingue  orientali  ivi  371  s. 
Bonafortnna  (fr.)  Minist.  Prov.  in  Francia  239. 
Bonagrtfsia  (fr.)  da  Persiceto,  Min.  Genie  37, 
104,  276,  301  —  sua  legazione  a  C.poli 
283,  288. 
Bonaventura  (S.)  Minist.  Genie  48,  103,  189, 
264,  301  —  neir  unione  delle  due  Chiese 
255,  274,  290,  293s.  —  promuove  le  Cro- 
ciate 270  —  precisa  il  numero  delle  Prov. 
dell' Ord.  102,  104. 
»         (fr.)  da  Iseo  e  comp.  in  Oriente  219  s. 
n.  61,  223  —  nel  Concilio  di  Lione  (1245) 
223,  310  —  sue  opere  mss.,  alchimista? 
223-24. 
»         (fr.)  da   Mugello   e  compp.   nunzi  a 
C.poli  283,  288. 
Bondunicia  (Bodonitza)  in  Grecia  225. 
Bonfiglio  ab.  di  S.  Vittore  239. 
Bonifacio  VIII  papa  e  i  £P.  Min.   zelanti   60, 
344s.,  348s.  —  sue  lettere  per  la  T.  S. 
423  —  Bon.  e  l' Armenia  334  —  Bon.  e 
ìL.LuUo  368,  375s.,  382. 
»         (fr.)  d'Ivrea  nunzio  a  C.poli  2548. 
Bonusbaio  (Bonbarone)  cognome  di  fr.  Elia  107. 
Bonus  Romeus  —  v.  Borromeo. 
Borgogna  (Duca  di)  in  T.  S.  239-40. 
BoiTomeo  (fr.)  48. 

Brandalia  nob.  famiglia  Aretina  146-47. 
Brandeix. (Brindisi)  262  —  v.  Brundusiutn. 
Brienne  (Giov.  di)  re  di  Gerusalemme,  sue  ge- 
sta sotto  Damìata  85s.  n.  29  —  Impera- 
tore di  C.poli,  e  in  ultimo  fr.  Min.:  cenni 
biogr.  78,  99,  131,   13640,  145,   148-50, 
154,  I65s.,  178s.  n.  49. 
>        (Gualtiero  di)  85. 


446 


n  —  Index  Analyticus. 


Brindisi  105. 

Brìtannia  maj.  et  minor  268,  404. 

Britanniae  comes  in  Or.  239-41,  247,  261. 

Britti  castello  107. 

Brogliano  (conv.  di)  42. 

Brandasium  403. 

Brunforte  (nobili  di)  60. 

Brasa  in  Bitinia  166. 

Bt.  Rainoardi  340. 

Bachara  prov.  Àsiat.  303. 

Bugia  cit.  d' Àfrica  evangelizz.  dal  Lullo  370, 
372,  384. 

Baigec  (Buyget,  Ouygat)  duce  tartaro  209. 

Bulgari  contro  C.poli  137,  178s.  —  evangeliz- 
zati dai  flF.  Min.  235. 

Bulgaria  magna  209. 

Bareth  duce  tartaro  209. 

Burgundiae  dux  241,  247. 

Burithabet  (Burutabeth,  Burithobe^  208. 

Byblos  (Gibelet)  326. 

Byleri  (Htseri)  popoli  asiat.  209. 


Cadan  (Cadam,  Cathan,  Cadon)  duce  tart.  209. 
Cadigìa  moglie  di  Maometto  400. 
Cadrò  (castrum  de)  241. 
Cadrum  241. 

Caesarea  Philipp!  183  264. 
»        Palaest.  103,  184,  259,  263,  264,  281, 

324,  408. 
»        Ciliciae  334. 
Cagliana  casale  dei  Carmeliti  in  Cipro  395. 
Cairo  minacciata  dai  Crociati  78. 
Calamas  località  ignota  ai  geografi,  entro  i 

limiti  della  Lidia  167-68. 
Caldea  279. 

Caldei  e  Minoriti  323.. —  v.  Persia. 
Califa  di  Bagdad  manda  sue  truppe  sotto  Da- 

miata  63,  92. 
Calogorum  —  v.  Chalongorum. 
Calvariae  mons  182,  405,  408. 
Cambaleoh  (Cambalich,  Cambaliech)  regni  Ca- 

tay  (Cina)  303,  305  —  episcopus  Cam- 

baliensis  302. 
Campania  (Champagne)  198,  201,  403. 
Campaniae  comes  247. 
Cana  Galilaeae  184,  253,  407,  410. 
Canamella  —  v.  TeU-Hamdun. 
Capadochia  403. 

Capella  B.  V.  prope  Calvariae  iocum  408. 
Gapharnaum  in  finib.  Zàbulon  et  Nephtalim 

183,  252,  410. 
Capitoli  Generali  mentovati  nel  presente  voi.  : 
»  »        an.  1217,  primo  in  ordine  38, 

67, 87-8, 107,  120,  123, 124, 
135. 


»  ■  »        an.  1219,  secondo  in  ord.  37, 

38,  67,  91-2,  109,  123,  124. 
»  »        an.  1221,  terzo  in  ord.,  detto 

delle  Stuoie  40,  97-9,  111, 
117,  123,  124,  135. 
»  »        an.  1223,  quarto  in  ord.  (e 

ultimo  presente  S.  Fr.)  99, 
125. 
»  »        an.  1227,  100,  112. 

»  >        an.  1280,  100,  112,  113,  169, 

226. 
an.  1232,  100,  113. 
»  »        an.  1239,  102,  169,  262. 

»  »        an.  1240,  102,  169. 

»  »        an.  1260,  31,  103,  235. 

»  »        an.  1263,  31,  104. 

»  »        an.  1266,  31. 

»  »        an.  1276,  296. 

»  .        an.  1279,  275-76,  301. 

»  »        an.  1282,  276. 

»        an.  1287,  322. 
»  »        an.  1292,  355. 

»  »        an.  1295,  368. 

»  »        an.  1399,  72,   73.   —   Capp. 

Gen.  quattro  di  numero  convocati  e  cele- 
brati da  S.  Pr.  88  —  Capitoli  non  gene- 
rali del  1212  e  1216,  86-7  —  item  del 
1220  Cap.  particolare,  celebrato  dai  due 
Vicarii  di  S.  Pr.  96  —  preteso  Cap.  Gen. 
del  1220,  2,  98,  135  —  Capp.  annuali 
impropriam.  detti  generali  ecc.  88-89, 
96-98  —  Cap.  Gen.  di  Parigi  220  — 
Capp.  Generali  lungo  il  sec.  XIII,  v. 
n.  29  passim. 
Capitoli  Provinciali  celebrati  nella  Provincia 

di  Terra  Santa  189,  218,  230,  232. 
Capo  di  Buonasperanza  354. 
Caprese  144. 
Caracorum  sede  di  Mangu  Kan,  visitata  dal 

Rubrvquis  229. 
Caibenia  Kan  imp.  della  Persia  381-2  —  v. 

Oldjaitu. 
Cardinale  d' Ostia  protettore  dell'  Ord.   Min. 

chiesto  da  S.  Fr.  40. 
Cardinali  Prefetti  di  varie  Congregazioni  pro- 
gettati dal  Lullo  374. 
Carlo  I  di  Napoli  220,  242,  300  —  sue  mire 
su  C.poli  255  —  per  l'unione  delle  due 
Chiese  294,  299  s.  —  in  Africa  280-81  — 
—  in  Toscana  310  —  suoi  diritti  e  truppe 
in  Siria  265,  393  —  sua  stima  pel  b. 
Bened.  d'Arezzo  142. 
»        LI  di  Napoli  e  le  Crociate  387,  426. 
»        V  di  Francia  278. 
»         figlio  di  Pipino  180. 
Carlotta  di  Cipro,  sepolta  in  S.  Fr.  d'Assisi? 
398. 


n  —  Index  Analyiiieus. 


447 


Carmelitani  in  Cipro  394  s. 

Carmelo  monte  184,  408. 

Carnaym  Arabi  ae  183. 

Cartago  403. 

Casafani  vili,  in  Cipro  231. 

Casalia  (ville)  252. 

Caspio  mare  268  —  monte  402  —  popoli  del 

Casp.  267. 
Cassai!  Kan  imp.  tart.  della  Persia  384  —  al- 
leato de' cristiani  contro  i  Saraceni,  sue 
conquiste  383  s.  n.  99,    354  s.   n.  105, 
360  s.  n.  109,  368  s.  —  sue  relaz,  coi  ff. 
Min.  3548.  —  sua  morte  335. 
Castel  Blanc  in  Siria  280. 
Castello  Kurde  preso  da  Bibars  280. 
Castel-Strovilon  —  v.  StrovUon. 
Castram  Peregrinorum  58,  264. 
Casnloram  monasterium,  in  Calabria  173. 
Catani  —  v.  fr.  Pietro  Caiani. 
Catholioos  d' Armenia,  patriarca  armeno  e  i  ff. 

Minori  215,  216,  332  s. 
Caucaso  (popoli  del)  267  —  visitato  dal  Ru- 

bruquis  229. 
Cava  località  di  Cerines  in  Cipro  398  —  porta 
e  forte  di  Famagosta  398  —  Cava  di  S. 
Fr.  monastero  delle  Clarisse  presso  Ni- 
cosia  397-98. 
Cavalieri  crociati  abbracciano  l'Ord.  Min.  163 

—  V.  Ordini  militari. 
Caydon  nipote  di  Kublay  Kan  421. 
Cayphae  domus  et  praetorium  406,  409. 
Cedar  183. 

Cedron  torrens  182,  278,  406. 
Celestino  III  papa  153. 
»         V  papa  e  i  zelanti  o  Clarenitani  60, 
344s.,  348 s.  —  il    Lullo   e   Celest.   Y 
367-86,  373  s. 
Celle  di  Cortona,  residenza  di  fìr.  Elia  114, 177. 
Cenacolo  (S.)  del  Monte  Sion  356  —  tolto  ai 

ff.  Min.  84. 
Cerini»  prov.  di  Cipro  231,  397. 
Cesario  (fr.)  da  Spira,  discep.  di  S.  Fr.  e  con 
lui  in  Oriente:  cenni  stor.  15,  37-38,  40, 
99-100,  109,  117  s.  n.  32. 
Ceata  431. 
Ceylan  307. 

Cliaday  —  v.  Okkoday  Kan. 
Chairo  —  v.  Cairo. 
Chaldea  403. 
Chalongorum  ignota  località  sul  mare  della 

Propontide  166. 
Chanyl  207. 

Chariton  (S.)  in  Irslm.  408. 
Cliarras  (Cairo)  185. 

Chartophylax  segretario  dell'imp.Vatacio,  vessa 
fr.  Aimone  e  compp.  Nunzi  del  Papa  168. 
Cherso  isola  di  Dalmazia  355. 


Chiara  (S.)  di  Nicosia  in  Cipro,  monast.  di 
Clarisse  394,  397  —  v.  S.  aara. 

Cliieri  cit.  del  Piemonte  355. 

Chiesa  Greca  e  Latina,  unione  curata  dai  ff. 
Minori  113,  137  —  v.  Minori  e  la  Ch. 
greca  —  Aimone  di  Faversham  —  Giov. 
da  Parma  —  Para^tron  ecc. 

Chingis-Kan  206  —  v.  Gingis  Kan. 

Ching-Tsong  —  v.  Timur. 

Chiusi  144. 

Christophorus  index  in  Cypro  356. 

Cilioia  (Armenia)  331  n.  99  passim  —  per- 
corsa dal  Rubruquis  229  —  aggregata 
alla  Prov.  Minoritica  di  T.  S.  328  s. 

Cina  (Gran  Kan)  ricordato  dal  Lullo  381  s., 
384  —  V.  Timur  —  evangelizzata  dai  ff. 
Min,  301  s.  n.  88  —  v.  Giov.  -di  Monte- 
corvino. 

Cipi  0  Scifi,  famiglia  Umbra  19. 

Cipii  ìnsula,  diversa  da  Bastia  19. 

Cipriano  (fir.)  traduttore  d' un  opera  araba  224. 

Cipro  157,  162  —  suo  arcìv.  greco  417  —  dan- 
neggiata dal  terrem.  399  —  vi  riparano 
i  fuggiaschi  di  Acri  351-52  —  visitata 
dal  Lullo  ospite  nel  monast.  gr.  di  S.  Giov. 
Crisostomo  '368-69  —  visitata  da  S.  Fr., 
da  fr.  Barbaro  e  compp.  18-19,  51  —  de- 
vastata dagli  Egiziani  395  s.  —  cade  in 
potere  de' Turchi  399. 
»  Cipro  francescana:  notizie  storiche  sui 
vari  conventi  e  personaggi  Minoriti  215, 
229,  231  n.  63,  325-26,  345,  355-56,  359- 
60,  392  s.  n.  113,  —  v.  Cava  —  Clarisse 

—  Famagosta  —  S.  Giov.  di  Manforte  — 
lÀmassol  —  Nicosia  —  Pafo  —  fr.  Giov. 
di  Milano  —  fr.  Velasco  ecc. 

Cireneo  (Luogo  del)  in  Irslm.  357. 
Cirinia  prov.  di  Cipro  369.  —  v.  Cerinia. 
Cisteroiesi  in  Cipro  231. 
Cìeìoo  166,  227. 

Clara  (S.)  262,  263  —  monastero  128.  —  v. 
Acri  —  Antiochia  —  Cava  —    Chiara 

—  Clarisse  —  THpoli. 

Clarenitani  (frati  zelanti)  302  —  venuti  in  Ar- 
menia 341  s.  n.  103,  —  osteggiati  dai  ff. 
Min.  della  Siria  327  s. 

Clarisse  di  Assisi  114  —  guidate  bello  spirito 
da  fr.  Ambrogio  Cisterciese  128  —  CI. 
in  Lucca  232  —  in  Marsiglia  242  —  in 
Antiochia  270  —  martirizz.  in  Acri  e  Trì- 
poU  233,  326,  350-53  n.  104  —  in  Cipro 
due  monasteri  (La  Cava  e  S.  Chiara  di 
Nicosia)  394,  397-98.  —  v.  S.  Clara. 

Clemente  IV  papa  255,  264  —  e  la  Chiesa  Gr. 

256  s.  sue  bolle  pei  ff.  Min.  di  T.  S.  419. 

»        V  papa  302,  337  —  Clem.  e  l' Armenia 

338  —  Clem.  e  il  Lullo  370,  371  s.,  386. 


448 


n  —  Index  Analyticus. 


Golinas  (fr.)  del  clero  di  Acri  si  rende  Mino- 
rità 7-8. 

Collegi  di  lingue  orientali  progettati  o  fatti 
fondare  dal  Lullo  365  s.,  368,  373-75,  381, 
384  —  nella  Curia  Romana,  Parigi,  Ox- 
ford, Bologna,  e  Salamanca  371  —  v. 
Miramar. 

Colonia  214  —  visitata  dal  Brienne  179. 

Colonie  italiane  in  Oriente  391.  —  v.  Itali. 

Colonna  (Card.  Giov.)  amico  e  protettore  di  S. 
Fr.  87  —  legato  in  Oriente  78. 

Colomna  Flagellationis  405. 

Comani  o  Cumani  207. 

Comes  S,  Pauli  in  Egitto  241. 

Commenda  397. 

Comneno  (Giov.  imp.)  166. 
»         (Emanuel,  imp.)  171,  172. 

Compnto  dell'  anno  medioevale  125  —  secondo 
il  Lullo  367. 

Concilio:  Lateranese  IV  (1215):  86,  180,  243 

—  Lionese  (1245):  102,  195,  223,  310  — 
Lionese  (1274)  e  i  fif.  Min.  per  1'  unione 
delle  due  Chiese  219,  227, 242,  274, 283-90 
n.  80-81,  341  ~  Viennese  (1311-12)  e  il 
Lullo  371  s.,  388. 

Congregazione  (S.)  de  Prop.  Fide,  già  proget- 
tata dal  Lullo  374. 

Conrado  —  v.  Corrado. 

Constans  (Costantino)  fratello  di  re  Àitone  li 
d'Armenia  329 s. 

Constanzia  madre  di  Federico  II,  179 

Conventi  de'  frati  Minori  in  Europa:  —  Assisi 
81  n.  26  —  Marsiglia  340  s. 
»         de' frati  Minori  in  Oriente:  —  v.  Acri 

—  V.  Antiochia  —  v.*  Beirut  353  —  v. 
Cipro  (Beaidieu,  Bellapaise,  Cava,  Fa- 
magosta,  Giov.  di  Monfort,  Limassol,  Ni- 
eosia,  Pa/o)  —  v.  Corinto  —  v.  Costanti- 
nopoli  —  V.  Damiata  —  v.  Gerusalemme 
356-57  n.  106  —  v.  Giaffa  —  v.  Moni. 
Nera  —  v.  Saida  (v.  Sidone)  353  —  v. 
Sebaste  301  n.  87   —  v.  Sis  —  v.  Tebe 

—  v.  Tiro  354  —  v.  Tripoli. 
Goramini  —  v.  Corasmini. 

Corano  —  v.  Maomettana  credenza. 

Cotasmini  in  T.  S.  159,  189-90,  252. 

Coibiclion  (Giov.)  Agostiniano  278. 

Corinto  in  Grecia;  conv.  Minoritico  22. 

Cornalo  (Cater.)  sp.  di  Giac.  III  di  Cipro  397. 

Como  d' avorio,  preteso  dono  del  Soldano  Ka- 
mei  a  S.  Fr.  81  n.  26. 

CoTomandel  prov.  dell'India  306,  308. 

Corona  (S.)  di  Spine,  trasportata  da  C.poli  a 
Parigi  138,  140  —  tre  sante  Spine  do- 
nate al  b.  Benedetto  d'Arezzo  140. 

Corone  porto  della  Morea  226. 

Gorosaùn  183. 


Corradino  (Melek-Moadden-Elssa)  fratello  di 
Kamel  e  Soldano  di  Damasco  82  —  prende 
e  devasta  Gerusalemme  59,  89  —  vessa 
i  pellegrini  101  —  conobbe  S.  Fr.  negli 
accampamenti  di  Damiata  94  —  è  pro- 
babile munisse  S.  Fr.  con  un  suo  rescritto 
96  —  sue  gesta  militari  89-96  —  sua 
morte  17,  100  —  è  confuso  dal  cronista 
fr.  Pipino  col  Soldano  Kamel  11,  13. 

»        figlio  di  Federico  II,  sconfitto  310. 
Corrado  (fr.)  d' Ascoli  Miss,  in  Egitto  e  Libia 
326. 

»        (fr.)  de  Hallis  e  sei  compp.  mart.  in 
Siria  264-65,  270s.  n.  72. 

.        (fr.)  da  Offida  48,  60,  345,  347,  349. 

»         (fr.)  mart.  in  Persia  429. 

>  (fr.)    di  Sassonia,   mart.   in  Greorgia 
324-25. 

»         (°i&g')  (le  Spira  38. 

Corvino  —  v.  Montecorvino. 

Cosbarie  torre  nel  Nilo  89. 

Costantino  (Angelo)  Sevastocratore  della  Tes- 
saglia 344. 
»        II,  Catholicos  d'Armenia  332. 
»         (fr.)  di  Giovanni  procuratore  de'  flF.  Min. 
del  M.  Sion  218. 

Costantinopoli  182,  403  —  presa  dai  Latini 
175,  176,  190  n.  54,  262  —  Patriarchi 
latini:  Matteo  129,  Pantal.  Giustiniani 
103,  Pietro  348  —  ritoma  in  potere 
de' Greci  254s.  —  sinodo  greco  171  — 
visitata  dal  Lullo  370  —  ivi  mercanti 
europei  198. 

>  francescana:  Minoriti  a  C.poli  stabiliti 
fin  dal  1220  in  poi:  97,   109,  128-29  n. 
35  —  Convento  di  studi  222  —  varie 
gesta  de' Min.  a  C.poli  154,  165  s.,   188, 
190  n.  64,  235,    2548.   n.  67,    283-90 
n.  81,  3334,  415-16  —  b.  Bened.  d;  A- 
rezzo  a  C.poli  135  n.  36  —  re  Aitane  II 
ospite    de'ff.   Min.  3333.  —  fr.  Aimone 
e  compp.   nunzi  a  C.poli  165  —  v.  fr 
Antonio   vicar.  patriarc.  —  v.   fr.  Bar^ 
tolom.   da   Grosseto  —  v.  fr.  Bartolom 
da   Siena   —   v.   fr.   Gerardo  Boccaba 
dati  —  V.  fr.  Criov.    da   Parma  —  v 
Minoriti  e    la   Chiesa   greca  —  v.  Ru- 
bruquis  —  v.  fr.   Salimbene  greco  —  v. 
fr.   Tomaso  greco  —  v.  Patriarchi  gr. 
di  C.poli. 

Costituzioni  o  nuove  I^^  nell'Ordine  Mino» 

rltico  39. 
»        leggi  per  la  Prov.  di  T.  S.  e  V  Oriente 

235,  322. 
Cotay  Kan  381s.,  384  —  v.  Toctai. 
Craeo  piazza  forte  in  Siria  266,  428  —  Oraci 

prior  vel  cappellanus  266  —  v.  Krak. 


n  —  Index  Analyticus. 


449 


Crescenzio  (fr.)  da  Jesi,  Min.  Genie  15,  102, 
223,  310  —  Cresc.  e  la  leg.  3  Socior.  41 
n.  13  passim. 

Cristoforo  Zorn,  pellegrino  396. 

Croce  (S.)  chiesa  di  Acri  7-8  —  chiesa  e  mo- 
nastero greco  presso  Gerus.  405, 407,  410. 

Crociate  predicate  dai  flf.  Min.  169,  228,  290 

—  predicate    dai    Minori   e  Domenicani 
103,  242.  —  V.  Domenicani  e  ff.  Minori. 

»        progetti  di  Crociata  del  LuUo  384-88 

—  del  Du  Boia  387  s.  —  di  fr.  Fidemio 
da  Padova  (v.). 

Crociati  accompagnati  dai  ff.  Minori  in  Oriente 

266,  394  —  loro  gesta   sotto   Damiata 

898.  —  occupano  Damiata  presente  S.  Pr. 

95  —  sconfitti  sgombrano  l' Egitto  99  — 

rientrano  in  Gerusalemme  (1229)  159  — 

vinti  dai  Saraceni  247  ecc. 
Cronologia  de'  principali  fatti  dell'  Ord.  Mino- 

ritico  lungo  il  sec.  XIII  :  85  n.  29. 
de'  Superiori  di  T.  S.  412  n.  118. 
»        delle  bolle  date  pei  ff.  Min.  di  T.  S. 

413  n.  Ilo  —  V.  Computo. 
Crosacohieri  monaci  in  Cipro  397. 
Cabilay  Kan  della  Cina  421  —  v.  Kvòlay  o 

Kubilay  Kan. 
Comana  lingua  209. 
Camani  e  ff.  Min.  235. 
Cnmania  212  —  v.  Conania. 
Caphara  (Giorgio)  meti  >p.  di  Corfù  171,  175. 
Carzola  (isola  Dalmata  :  battaglia  navale  tra 

Veneti  e  Genovési  390. 
Custodia  di  Siria,  detta   anche  di  Acri  234, 

312  s. 
Cayne  211  —  v.  Kuyuc  Kan. 
Cyrpodam  (Chirpodàm)  princ.  tartaro  210. 
Cyson  torrens  184. 


Dacia  179,  403. 

Daheri  moschea  del  Cairo  269. 

Dakahlija  località  presso  Damiata  90. 

Dalmati  crociati  in  T.  S.  422. 

Dalmazia  311  —  visitata  da  S.  Fr.  86  s.  e 
passim. 

DamasoQS  caput  Syriae  183,  403  —  il  suo  Sol- 
dano  e  i  Crociati  247  —  conquistata  dai 
tartari  335  —  FP.  Min.  spediti  nunzi  al 
Sold.  di  Damasco  ecc.  113,  137,  163. 

Damiata  presa  e  perduta  dai  Crociati:  visitata 
da  S.  Pr.  ecc.  6,  59,  passim  n.  1-23,  85, 
89  n.  20,  149-50  —  presa  e  perduta  da 
S.  Luigi  IX  263,  29»  —  S.  Luigi  IX  vi 
fonda  un  conv.  pei  ff.  Min.  103,  228  — 
ff.  Min.  ivi  martiri  323  n.  03. 

BibìM.  —  Tom.  I, 


Dandolo  (Andr.)  ammir.  Veneto  390. 

Dania  403. 

Daniele  (S.  Prof.)  suo  sepolcro  in  Susa  visitato 
dal  b.  Bened.  d'Arezzo  132-33. 145,  148. 
»         (Ss.    frati)    e    compp.   mari,  in    Ma- 
rocco 112. 

Dante  Alighieri  310. 

Danubio  403. 

Davide  (S.  Prof.):  torre  89,  409  —  sua  pre- 
tesa tomba  sotto  il  Cenacolo  84. 

DeUiz  335. 

Delapasis  —  v.  Bellapaisi. 

Demetrius  (S.)  in  Irslm.  406,  409. 

Dihbarkan  in  Persia  333. 

Djihan-Tchai  (il  Pyramus)  334. 

Dionisio  vesc.  di  Tauris  e  i  ff.  Min  323,  421. 

Diospolis  182. 

Diotisalvi  (fir.)  da  Firenze  in  Oriente  160-61 
n.  42. 

Dirliem  (dramma  d'argento)  266. 

Doli  (Dehliz  =  Mulk  =  Gaza)  335. 

Domenicani  loro  Provincia  e  conventi  in  T.  S. 
229,  299,  396  s.  —  in  Acri  157,  352-3  - 
presso  i  Tartari  103,  263  —  in  Bagdad 
352-3  -  in  Persia  199  --  in  Cipro  394, 
396  s.  —  in  Antiochia  270  —  in  relaz. 
colla  Chiesa  greca  257,  293,  295-6. 
»  ^  i  ff-  Minori:  associati  nella  predica- 
zione delle  crociate  103,  243,  263-4,  280, 
329,  355  —  Domenicani  e  la  festa  di  S. 
Fr.  153,  155  —  Domen.  e  Minori  sotto 
Damiata  93  —  Missionari  in  Oriente 
228-29,  276  —  presso  i  Tartari  188  — 
ritornati  dall'  Orien.  312  —  in  legazione 
a  Nicea  presso  i  Greci  113  —  uccisi  nella 
caduta  di  Acri  352-53. 

Domenico  (S.)  262  —  s' incontra  con  S.  Fr.  86-88. 
»  (fr.)  Albanese,  Mission.  in  Albania  358». 
>         (fr.)  d' Aragona,  nunzio  papale  in  C.poli 

e  neU'  Orien.  103,  190  n.  64,  215,  415. 
»         (fr.)  Suarez,  vesc.  d'Avila  190. 

Dominainm  monasteria  —  v.  Clarisse. 

Don  (p<^oli  del)  267. 

Doria  (Lamba)  ammir.  Genovese  390  s. 
»         (Tedesio)  genovese  354, 

Dothaym  184. 

Dragoni  animali  402. 

Drudo  (fr.)  Minister  Burgundi  ae  in  Oriente 
219  s.  223  n.  61. 


Ebron  182,  407  —  v.  Hebron. 
Ecbatane  145. 

Eden  —  V.  Paradiso  terrestre. 
Eduardo  princ.  d' Inghilterra,  in  Siria  accom- 
pagnato da  ff.  Minori  280  n.  76.  284,  422. 

89 


450 


II  —  Index  Anal3rticus. 


Effrata  182,  278. 

£gidio  (b.  fr.)  discep.  di  S.  Fr.:  cenni  biogr. 
47,  52,  60,  85  —  visita  la  T.  S.,  Acri, 
Gerusalemme^  indi  Missionario  a  Tunisi 
91,  105  n.  30  —  suo  detto  sulla  morte 
di  fr.  Elia  116  —  sua  morte  103. 

Egitto  402  —  percorso  dal  Lullo  3698.  — 
Missionari  Minoriti  ivi  275-76,  326. 

Elegsge  regina  tartara  323. 

Elena  regina  di  Cipro  398. 

Eleonora  d'Aragona,  moglie  di  Pietro  I  di 
Cipro  394. 

Eletto  (fr.)  mart.  in  Oriente,  vivente  S.  Fr. 
15,  19-20  e  not.  3. 

Elia  (tr.)  d'Assisi  detto  da  Cortona:  cenni 
biografici  19,  20,  22,  34,  86  s.  n.  29,  106  s. 
n.  31,  149,  217,  321-2  —  primo  Ministro 
Prov.  di  T.  S.  vi  si  reca  con  altri  com- 
pagni 38,  40,  87-8,  93,  107 s.  135  —  veste 
fr.  Cesario  in  Siria  109  —  ritorna  con 
S.  Fr.  in  Italia  40,  99,  111  —  fatto  Vie. 
Genie  dell'Ordine  77,  99  —  fatto  Min. 
Genie  113  —  promuove  le  Missioni  estere 
113-14  —  moltiplica  le  Provincie  nell'Or- 
dine 102,  170  —  suoi  scandali  e  tiran- 
nide 39  not.  2,  114,  118-9  ~  è  deposto 
dal  Generalato;  scomunicato  parte  per 
rOrient  ambasc.  di  Feder.  II  102,  115 
—  ingegnere  militare  di  Feder.  II  in  Si- 
cilia 116  —  fu  alchimista;  e  Codd.  di 
alchimia  che  van  col  suo  nome  116-17, 
223-24  —  muore  pentito  e  riconciliato 
103,  115-16. 
>  Canossa,  Messinese  alchimista,  confuso 
con  fr.  Elia  da  Cortona  117. 

Elisabeth  et  Zachariae  oppidum  in  ludaea  182. 

Elisabetta  (S.)  di  Turingia  o  d' Ungheria  157, 
262,  266. 
»         Petramalesca,    madre   del   b.    Bened. 
d'Arezzo  144. 

Emad-ed-Din  emiro  ribelle  al  Kamel  89-90. 

Emaas  quae  dicitur  Nìcopolis  182  —  castel- 
lum  407  —  castrum  410. 

Emesa  (Homs)  battaglia  vinta  dai  Crociati 
e  tartari  sui  saraceni  368  s. 

Emmannele  (imp.  gr.)  162. 
»        (figl.  di  Vatace)  166. 
»         II,  Charitopulo,  Patriar.  C.politano  gr. 
e  sue  relaz.  coi  nunzi  Minoriti  224,  227. 

Smor  184. 

Bndor  mons  184. 

Engaddi  184. 

Enoeli  ed  Elia  nell'  Eden  130, 134, 146,  148-49. 

Enrìeo  imp.  padre  di  Feder.  II  179,  262. 
»         I,  re  di  Cipro  59,  396. 
»        II,  re  di  Cipro,  detto  il  Buono,  morto 
coli'  abito  e  sepolto  in  S.  Fr.  di  Nicosia 


333,  359,  360 s.,  393,  397,  399. 
»         III,  re  d'Inghilterra  158,  272,  280 g. 
«         (fr.)  di  Burforde  in  T.  S.  159,  170. 
»         (fr  )  da  Pisa,  Provinciale  di  Romania 
e  T.  S.  cenni  stor.:  21-22,  139,  159,  217 
n.  68,  317-18. 
»         vesc.  di  Linkoping  sepolto  tra  i  Mi- 
noriti di  Acri  280. 
Ephesus  403. 

Epifanio  (S.)  villaggio  in  Cipro  397. 
Epiro  136. 

Epistola  imp.  tartarorum  ad  Inn.  IV  192-93 s. 
Ertzinga  —  v.  Arzenga. 
Erzerum  325. 

Brzindjan  325  —  v.  Arzenga. 
Ethyopia  402,  404  —  visitata  da  fF.  Min.  235. 
Euphrates  133,  402-3. 
Europa  402-4. 
Ezelinus  de  Tervis  uccide  60  «.  Minori  263. 


Famagosta  ivi  convento  de'ff.  Min.  259,  394, 
395  —  altri  conventi  latini  395  —  visi- 
tata dal  Lullo  369  —  in  potere  de'Turchi 
399. 
Federico  II  imp.:  176,  179-80,  191,  194,  259, 
265,  271-2,  275  —  sue  relazioni  con  fr. 
Elia  157  —  col  Brienne   149  —  col  Sa- 
limbene  319-20  —  sue  gesta  per  la  T.  S. 
101,  149,  150,  154,  156  n.  40,  181,  240, 
262  s. 
»        Re  di  Sicilia  e  il  Lullo  389. 
Felice  Feliciano  amanuense  405. 
Fenicia  403. 

Ferdinando  de  la  Cerda  297. 
Fidensio  (fr.)  di  Padova,  e  il  suo  progetto  di 
Crociata  291  n.  83,  383,  387,  426  n.  124. 
Filippa  Gagliarda  253. 
Filippo  III,  di  Francia  265,  273,  301,  425. 
»         IV,  a  Bello,  di  Francia  329,  358  — 
e  il  progetto  di  Crociata  del  Lullo  370  s., 
386  s. 

V,  il  Lungo,  di  Francia  388. 
(b.  fr.)  de   Amicio   seu   Podio    (Puy) 
mart.  in  Azoto  324  n.  94. 

(fr.)  di  Campello,  architetto  della  ba- 
silica di  S.  Fr.  in  Assisi  113. 

(fr.)   Longo,   curatore   delle   Clarisse, 
maledetto  da  S.  Fr.  40,  128. 

(fr.)  di  Perugia,  Provle  di  Toscana  310. 
(fr.)    di   Perugia   e   compp.   nunzi   a 
C.poli  299  n.  86. 

(fr.)  da  Pinerolo  385. 
(fr.)  di  Savona  lavora  a  prò  di  T.  S. 
423  —  a  prò  dell'Armenia  337. 

Fontana,  arciv.  di  Ravenna  309,  311, 


n  —  Index  Analyticus. 


451 


»         d' Ibelìno  396. 

»         di  Monforte  conte  di  Roccas  nell'  isola 
di  Cipro  396. 

Firmani  o  bolle  regie,  de'  sovrani  dell'  Egitto 
e  Siria,  dati  a  S.  Fr.  61-63,  75  —  ed  ai 
suoi  frati  di  T.  S.  61-63,  218  n.  69. 

Flandriae  comes  in  Or.  241. 

Flegeton  404. 

Floridus  campus  460. 

Fontanelle  conv.  dei  S.  Min.  140. 

Forensis  vel  Forenciae  eomes  in  Or.  247. 

Fosthat  185. 

Franoesoani  —  v.  FF.  Minori. 

Francesco  (S.)  d'Assisi,  fond.  de'ff.  Minori: 
cenni  di  sua  vita,  e  dell'  Ordine  Mlnori- 
tico  262  n.  69  —  Regesto  cronol.  della 
sua  vita  e  viaggio  in  Oriente  85-104  n.  29 

—  a  Bevanio  128  —  in  Arezzo  144  — 
suoi   viaggi   ed    assenze   dall'  Italia  122 

—  suo  vivere  col  b.  Stefano  da  Narni 
127  n.  34  —  in  un  abbazia  conforta 
un  monaco  127-8  —  stimmate,  morte, 
canonizzazione  ecc.  100  —  sua  festa  ce- 
lebrata in  Oriente  fin  dal  1228  ott.  152 
n.  89  —  Testimonia  historica  del  sue 
viaggio  in  Oriente:  Cipro,  Siria,  Egitto 
1-80  —  tenta  il  1»  viaggio  fin  dal  1212 
in  Oriente,  arriva  in  Ancona  16,  86  — 
e  approda  in  Dalmazia  15,  86  —  seda 
una  tempesta  24,  31  —  tenta  nel  1213-14 
il  2°  viaggio  per  recarsi  al  Marocco,  e 
visita  la  Francia  e  Spagna  16,  21,  26,  30, 
33,  75,  86  nn.  6,  9  —  suo  terzo  viaggio 
in  Oriente  con  12  compagni  74:;  ad  par- 
tes  Syrie  pergit  16,  21,  68,  91-92  —  tocca 
Ancona,  Candia,  Cipro  e  Acri  51,  75, 
77,  92-93  ;  ad  partes  Syriae  tranafretavit 
32-3,  75  —  Syriam  deam^ìdana  15:  in 
Siria  e  in  Acri  con  fr.  Elia  78,  95-6, 
110-11  —  in  Antiochia  68,  78,  96  —  nella 
Montagna  Nera  riceve  all'  Ord.  un  intero 
monastero  di  monaci  68,  76,  78,  96  — 
in  Egitto  e  in  Damiata  con  fr.  Illumi- 
nato 17,  26-7,  78,  93-95  —  predice  la  scon- 
fitta de' Crociati  17,  31,  35,  94  —  tra- 
versa il  Nilo  in  barca  22,  27  —  si  pre- 
senta al  Soldano  Kamel,  presente  anche 
il  fratello  Corradino  Soldano  di  Damasco 
11,  93-94  —  vi  si  trattiene  vari  giorni 
ben  trattato  e  rispettato  dal  Soldano, 
disputa  coi  maomettani  9-14,  28-9,  36: 
itque  reditque  frequens  ad  Soldanum  29 

—  assiste  alla  conquista  di  Damiata 
95-96  —  é  munito  d' un  rescritto  sovrano 
per  percorrere  e  stabilirsi  in  Oriente  22, 
29,  51-2,  61-3^  75  —  suo  ritorno  in  Siria 
14,  95-7,  110  —  riceve  vari  personaggi 


all'  Ordine  7,  8,  149  —  suo  viaggio  a  Ge- 
rusalemme 50-2,  56-7,  74,96-7  —  tentato 
da  una  saracena  75-76,  79  —  la  pretesa 
conversione  del  Soldano  76  —  il  preteso 
dono  di  un  corno  d' avorio  datogli  dal 
Soldano  81  n.  26  —  dopo  e.  20  mesi  di 
soggiorno  in  Oriente,  Francesco  con  al- 
cuni de'  suoi  ritorna  in  Italia  75,  97-8, 
111  —  predica  a  Bologna,  e  quando  46-7, 
52,  151  —  S.  Fr.  venerato  da  Solimano 
II  84. 
Francesco  (S.)  chiesa  e  conv.  de'fif.  Min.  in 
Nicosia  di  Cipro  398-9. 

»         (S  )  nave  genovese  280. 

»         (fr.)  da  Falerone  429. 

»         (fr.)  da  Perugia  0.  Pr.  in  Or.  229. 

*         (fr.)  da    Petriolo   e   compp.   mart.  in 
Arzenga  325  n.  96. 

»         (fr.)  da  Piacenza,  Custode  di  T.  S.  152. 

»         (fr.)  da  Spoleto,  martire  in  Damiata  823 
n.  93. 

»         (fr.)  di  Tomaso,  in  M.  Sion  218. 

»         I,  re  di  Francia  84. 
Franchi  (latini)  in  Oriente  407  —  in  Nicea  165. 

—  V.  Angli  -—  Genovesi  —  Itali  —  Veneti, 
ed  altre  nazioni. 

»         (religiosi)  nel  M.  Sion  218. 
Francia  179,  404  —  Minister  Franciae  39  — 
S.  Luigi  IX  e  i  fF.  Min.  di  Francia  220  s. 

—  il  Lulb  in  Francia  365  s.  —  v.  Ma^- 
silia. 

Francigenae  in  Nicea  di  Bitinia  165. 
Franconia  403. 

Frangipani  (Giov.)  inviato  francese  a  C.poli  84. 
Frati  della  B.  V.  in  Francia  242. 

»         della  Penitenza  in  Francia  242. 
Frati  Minori  —  v.  Minori. 
$paxe{ievoópioi  (=  Frati  Minori)  174. 
$pax£{jiivoijpeoi  »  »        175. 

4>paxo[xivoupM>t  »  »        171,  172 

^pajxevoupiot  >  »         168,  169. 

^p£[X£VOUptOl  »  »  162. 

^pipici  »  .        285,  287. 

Frerii  »  »       258. 

Frigi  in  T.  S.  228,  416. 
Frigia  403. 

Fncho  (fr.)  de  Flasanis,  guard.  di   Marsiglia 
registra  i  Crociati  340  n.  101. 


GaJilaea  182,  403  —  Galilea,  cappella  in  Syon 
406,  409  —  G.  gentium  183  —  mare  250, 
252  —  sotto  i  Crociati  240  —  devastata 
e  occupata  da  Bibars  259,  264. 

Gallaeia  403. 

dalli  in  Oriente  408. 


452 


n  —  Index  Anàlyticus. 


Gidlia  403. 

Gamagedes  (Samogedes)  popoli  210. 

Gamaliel  182. 

Ganges  402,  403. 

Garniero  il  Tedesco  150. 

Ganfredus  (fir.)  189. 

Gaufrido  (flr.)  de  Bero  416. 

Gaofridas  Comitissae,  nunzio  di  Aitone  II  al 
Papa  3318. 

Gautier  (fr.)  in  Tripoli  189. 
»         vesc.  di  Parigi  272. 

Gayathoddin  Khodabendeh  381  —  v.  Oldjaitu. 

Gaza  259,  335  —  Crociati  ivi  sconfitti  189, 
240  —  (A  pag.  324  linea  11  e  24,  è  no- 
minata per  ishaglio  Gaza,  invece  di  Azoto). 

Gazar i  e  i  S.  Min.  235. 

Gazarla  304 —  vicarius  fratrum  Gazariae  304. 

Gehenna  404. 

G«lboe  mons  183. 

Gelebertns  (fr.)  Custode  dei  ff.  Min.  in  Acri 
312-13,  393. 

Genesareth  lago  184,  250,  252. 

Gengis  Kan  —  v.  Gingie  Kan. 

Genninum  (Zenin)  184. 

Genova,  Genovesi  in  Oriente  329,  391  —  sotto 
Damiata  94  —  in  C.poli  138  —  loro  vit- 
torie nelle  acque  di  Curzola  390  s.  e  di 
Ayaa  (Aiazzo)  332  —  Genova  e  il  Lullo 
366,  384  —  visitata  dal  Vitry  6  —  ar- 
rivo di  nunzi  tartari  e  saraceni  265  — 
convento  de'  Min.  a  Genova  222. 

Gentile  (fr.)  da  Bettona  inquis.  e  arciv.  di 
Reggio  Cai.  inviato  a  Genova  per  le  cose 
di  T.  S.  2938.,  422,  423. 

Geon  mons  182. 

Georgia  evangelizzata  dai  £F.  Min.  113,  137, 
216,  235  —  ivi  martirizzati  324  n.  95  — 
V.  fr.  Giacomo  da  Btissano. 

Georgiani  201,  235,  408. 

Georgins  (S.)  in  Lidda  182.  —  v.  Giorgio. 

Gerardo  (fr.)  Albuini  in  Cina  302. 

>  di  Antiochia,  canonico  di  Nicosia  356. 

>  (fr.)  Boccabadati  da  Modena  e  compp. 
in  Oriente  176,  219,  220  n.  61  —  pre- 
dica a  S.  Sofia  di  C.poli  225-26. 

»         di  Frachct  246. 

»  (fr.)  da  Modena,  tenta  convertire  fr. 
Elia  115. 

>  (b.  fr.)  Mecateo  da  Villamagna,  in 
Terra  Santa  189. 

•        (fr.)  Odone,  Min.  Genie  325. 
»         (fr.)  da  Prato,  apocrisario  a  C.poli  193, 
254-59  —  Missionario  fra  i  tartari  300. 

>  (fr  )  Rangone  da  Modena  176,  226. 
Geremia  (fr.)  d»  Lecce  mart.  in  Safet  104, 

260-61,  264. 
Gergesa  vicnlus  184. 


Gergis  (v.  Kergis)  208,  210, 

Germani  e  la  T.  S.  228. 

Germania  403. 

Germano  II,  Patr.  C.politano,  e  le  sue  relazioni 
coi  ff.  Min.  per  l' unione  137,  161  n.  43, 
168,  169,  175,  287. 

Geroldo  di  Lausanne,  Patr.  lat.  di  Gerusalemme 
100,  155-60  —  comunica  alle  chiese  d'O- 
riente la  canonizzaz.  e  festa  di  S.  Fr.  152 
n.  30  —  muore  a  Gerusalemme,  è  se- 
polto nella  basilica  del  S.  Sepolcro  240 
—  V.  Patriarchi  lat.  di  Gerusalemme. 

Gernsalemme  (v.  lerusalem)  158,  259  —  sman- 
tellata dal  Soldano  Corradino  —  v.  Cor- 
tadino  —  visitata  dai  pellegrini  281  — 
ridata  ai  Crociati  240  —  in  potere  de'  Sa- 
raceni 181,  189-90  —  occupata  momen- 
taneamente da  Cassan  Kan  e  da  Aitone 
II,  335-36. 
»  e  i  frati  Minori:  visitata  dal  b.  Egidio 
105  —  da  S.  Francesco  —  v.  S.  Fran.  — 
dal  b.  fr.  Pellegrino  di  Fallerone  150  n. 
38  —  dal  b.  Bened.  d' Arezzo  145,  148  — 
stabilimento  de'if.  Min.  nella  S.  Città  e 
nel  suo  patriarcato  158  n.  41  —  di  un 
convento  de'ff.  Min.  in  Gerusal.  presso 
la  stazione  del  Cirineo  356  n.  106. 

Gethsemani  locus,  hortus  et  villula  182,  278, 
406,  409. 

Giacobiti  in  Or.:  216,  384,  400,  408  —  in  Ci- 
pro 368  8.  —  evangelizzati  dai  flf.  Min. 
215,  235. 

Giacomo  (fr.)  nunzio  al  Despota  Comneno  300. 
Cristiano  di  Gerusalemme  reclama  dai 
£F.  Min.  un  terreno  218. 

I,  d'Aragona  fonda  il  coU^io  arabo 
a  Miramar  pei  ff.  Min.  365  s. 

II,  d'Aragona  e  il  Lullo  383,  385. 

I,  re  di  Cipro  397. 

II,  re  di  Cipro  (il  Bastardo)  393-98. 
Re  di  Napoli  329. 
(fr.)  d'Antiochia,  guard.  di  Tripoli  189 

312,  326,  393. 

(fr.)  da  Iseo  in  Siria  230,  232  s  n.  64. 

(fr.)  da  Massa  47-8,  60. 

De  Molay,  gran  Maestro  del  Tempio 
387  s. 

(fr.)  da  Monte  con  11  compagni  in 
Oriente  347,  348-50. 

(fr.)  di  Narciso,  superiore  de'  frati  del 
M.  Sion  (?)  218. 

(fr.)  da  Osimo  47. 

(fr.)  Panizzari  da  Parma  in  Oriente 
160-61  n.  42. 

(fr.)  da  Puy  (de  Podio)  Custode  della 
T.  S.  e  mart.  in  Safet  104,  ^9  n,  68. 
264,  360. 


n —  Index  AnaJyticus. 


453 


»         (fr.)  da  Russano  a  C.poli  165  —  con 
altri  compp.  in  Georgia  113, 137, 162  n.  44. 
»         (fr.)  da  Sarzuela  Min.  Genie  84. 
»         (fr.)  Provinciale  di  Terra  Santa  3273. 

n.  08. 
»         V.  lacohus  e  lacobo. 
Giaffa  154,  324  —  fortificata  da  S.  Luigi  IX, 
che  VI  costruisce  chiesa  e  conv.  pei  flP. 
Min.  103,  234,  298  —  cade  in  potere  di 
Bibars  che  la  rovina  col  convento  de'  S. 
Min.  104,  269. 
Gianfranoesoo  (fr.)  d'Arzignano  Vicentino,  Cust. 
di  T.  S.  prigioniero  de'  Turchi  riscattato 
399. 
Giano  re  di  Cipro  395. 
Giappone  visitato  dal  Montecorvino?  308. 
Gibelet  312,  326. 

Gilbeitaft  (&.)  Tornacensis  (Tournai)  e  il  suo 
Hodoeporicon  S.  Ludovici  regia  219  n.  60. 
Gingia  Kan,  192s.,  206 s.,  211  s.,  214. 
Gìon  (Nilo)  6,  402. 
Giordano  (fìr.)   da  Giano,  cronista  ecc.   117, 

188  n.  52 
Giorgio  (S.)  de  lubino,  monastero  in  Celesi- 
ria  66-7. 
»        Bardane,  metrop.  di  Gorfu  e  i  ff.  Mi- 
nori 175. 
»         Altro  metrop.  di  Corfiji  171  s.  n.  46. 
»        Re  Indiano,  convertito  dal  Montecor- 
vino 304. 
Giovanna  Aleman  in  Cipro  394. 
Giovanni  XXI  papa  e  i  Tartari   193  —  con 
la  Chiesa  gr.  294  s.  —  sue  lettere  pei  flf. 
Min.  di  T.  S.  419  s. 
»        XXII  papa,  52,  153,  341  —  fa  esami- 
nare ai  ff.  Min.  r  opera  del  Sanuto  58  — 
favorisce  i  collegi  arabi  372. 
»        Re  di  Gerusal.  e  imp.  di  C.poli  —  v. 
Brenne. 

*  II,  re  di  Cipro  397. 

>  (fr.)  da  S.  Agata  fra  i  Tartari  193,  300. 

>  (fr.)  d'Ancona,  arciv.  di  Cipro  284, 
325  n.  07,  356,  393,  421. 

>  (fr.)  Anglico,  lavora  in  Inghilt.  per  la 
T.  S.  228,  416. 

»        d'Antiochia  335. 
»        (fr.)  d'Armenia  328  n.  00  —  v.  Ai- 
tone IL 
»        (fr.)  d'Aversa  Prov.  di  Calabria  257. 
»        Baussa,  arciv.  d'Aries  242. 

•  (fr.)  Barberiae  Minister  (1235)  102. 

>  (fr.)  di  Bekingherim,  ieg.  ingl.  al  Papa 
per  la  T.  S.  422. 

»  (b.  fr.)  Buralli  da  Parma,  Min.  Genie: 
cenni  biograt  48-9,  65, 103,  232, 318, 321, 
416  —  tenta  convertire  fr.  Elia  115  — 
si  reca  in  Francia  e  sue  reiasioni  con 


S.  Luigi  IX  220 s.  —  inviato  nunzio  con 
altri  in  Oriente  per  l'unione  delle  due 
Chiese  219  n.  61  —  partenza,  itinerario 
e  ritorno  in  Italia  coi  legati  greci  del 
Vatacìo  224-8. 

(fr.)  de  Cancia,  nunzio  in  Inghilt.  per 
la  T.  S.  418. 

(fr.)  Capella  40. 

(fr.)  Carmeson  Prov.  di  T.  S.  398. 

(fr.)  de  Clavaxio  ve^c.  Sitiense  nell'  isola 
di  Creta  339. 

(Card.)  Colonna  Ieg.  pap.  a  C.poli 
(1220)  129. 

(fr.)  de  Dist.  vesc.  Sambiense  a  prò 
di  T.  S.  417. 

(fr.)  socio  del  b.  fr.  Egidio  47. 

(fr.)  da  Faenza  guard.  di  Pafo  398. 

di  Francia,  figlio  di  Luigi  IX  265, 273. 

de  Gabra,  ambasc.  del  Sold.  d' Iconio 
al  Papa  e  a  Feder.  II  163. 

(S.)  di  Gerusalemme,  ospedale  latino 
282. 

d' Ibelino,  conte  di  Giaffa  e  i  ff.  Min. 
234  —  principe  di  Beirut  150,  396. 

(fr.)  de'  MarignoUi  di  Firenze,  in  Cina 
303. 

(fr.)  da  Montecorvino,  Mission.  in  Ar- 
menia, Persia,  India,  Cina  ecc..  e  sue 
lettere  dall'Oriente  301  n.  88,  329-30, 
331,  341. 

(S.)  di  Monforte,  conv.  de'ff.  Min.  in 
Cipro  395-96. 

(fr.)  de'  Monti  (de  Mons)  in  Or.  275, 425. 

(fr.)  Mincio  da  Morovalle,  Genie  e  Card. 
104,  347,  349. 

(fr.)  di  Napoli,  Min.  Genie  84. 

(fr.)  Parastron,  Minorità  greco  di  C.poli 
suo  zelo  per  l'unione  delle  Chiese,  sua 
morte  e  culto  presso  i  greci  ecc.  222,  257, 
283-90  n.  81. 

(fr.)  Parenti,  Min.  Genie  100,  112,  181. 

(fr.)  Pecham,  arciv.  di  Cantorb.  a  prò 
di  T.  S.  420. 

(fr.)  da  Penna  60. 

(fr.)  da  Piancarpino  e  la  sua  dupplice 
relazione  sui  tartari  ecc.  117,  170, 190  s. 
n.  66,  213  s,,  402. 

(fr.)  di  Pietro  in  M.  Sion  218. 

di  Portogallo,  principe,  sposo  di  Car- 
lotta di  Cipro  398. 

(fr.)  Samesio  (de  Samois)  lavora  per 
la  T.  S.  340.  422,  429. 

il  Sebastocratore  333. 

(fr.)  arciv.  di  Sitia  339. 

(fr.)  della  Verna  60. 

(fr.)  Battista  Zanni  a  Gerusalemme 
290. 


454 


n  —  Index  Analyticus. 


»         Praepositus  eccl.  SS.  Apostol.  C.poli- 

tunac,  promette  di  farsi  Minorità  129. 
»         V.  Ioannes. 

Giovannino  (fr.)  de  Ollis,  in  Oriente  232,  321  — 
Cust.  di  T.  S.  e  Mission.  in  Egitto  275- 
7G  u.  76. 

Girolamo  (S.)  in  Betlem  —  v.  Hieronymtis. 
»         (Card.)  della  Rovere  73. 
»         (fir.)  d' Ascoli,  Min.  Genie  104  —  nun- 
zio in  compagnia  d'  altri  in  Oriente  per 
l'unione  delle  due  Chiese;  e  del  preteso 
2°  viaggio  in  Oriente  257,  283-90  n.  80-1, 
292  n.  84  —  V.  Nicolò  IV. 
»         (fr.)  di  Catalogna,  vesc.  suffr.  in  Cina, 
indi  in  Gaffa  302. 

Giudei  e  le  loro  credenze  ai  tempi  del  Lullo  376. 

Giunipero  (fr.)  47. 

Giunta  Pisano  dipinge  fr.  Elia  115. 

Giuseppe  I  Patr.  gr.  di  C.poli  285. 

Goffredo  di  Beaulieu  425, 

Gog  et  Magog  402. 

Golgotha  405,  408. 

Gomorra  403. 

Gorello  o  Gregorio  Sinigardi  144. 

Gothia  403. 

Goti  e  i  ff.  Min.  235. 

Gozet  chierico  e  comp.  del  Rubruquis  in  Tar- 
larla 229. 

Granada  384. 

Greci  222,  403,  407  —  loro  cappelle  in  Geru- 
salemme 406,  409  —  detti  Rmnanides 
279  —  il  loro  clero  secondo  il  Lullo 
3783.  —  in  lotta  col  Brienne  e  Balduino 
II,  136,  137,  178s.  —  minacciati  dai  Sa- 
raceni 373  —  loro  relazióni  coi  ff.  Minori 
235:  —  V.  ff.  Minori  e  la  Chiesa  gr.  — 
V.  fr.  Giov.  Parastron  —  v.  fr.  Giov. 
Buralli  da  Parma  —  v.  C.poli. 

Grecia  (in)  Minister  ff.  Min.  Graeciae  67,  215. 

Gregorio  IX  papa:  153,   158,   193,  262 s.,  sue 
relaz.  coi  ff.  Min.  160,  162,  237  s.  —  con 
la  Chiesa  gr.  n.  45  —  concede  a  S.  Fr. 
un  Card.  Protettore  40  —  canonizza  S. 
Fr.  152  —  ordina   al   Celanese  di   scrì- 
verne la  vita  15  —  pone  la  prima  pietra 
per  la  basilica  d' Assisi  112  —  scomunica 
fr.   Elia  e  Feder.  II  114  —  sue  lettere 
pei   ff.    Min.  in   Oriente   413 s.    —    sua 
morte  102. 
»         X,  papa:  251,  321  —  Crociata  426s.  — 
l'unioue  delle  Chiese  257,  284-90  n.  81  — 
sue  lettere  pei  ff.  Min.  di  T.  S.  419. 
»         Catholicos  d'  Armenia  337,  407. 
»         (fr.)  di  Giacomo,  in  M.  Sion  218. 
»         (fr.)  di  Napoli  vicar.  di  S.  Fr.  in  Italia 
91  —  era  nipote  di  papa  Greg.  IX  169  — 
in  praeiatione  in  Universitate  Pariaius  39. 


Grifes  animali  402. 
Grnes  animali  402. 
Gnaltero  conte  di  Brienne  59. 

»         nipote  di  re  Giov.  di  Brienne  179. 
Guaterotto  179. 

Guglielmo  (fr.)  procura  sussìdi  pel  re  Giov.  di 
Brienne  137. 
»         (fr.)  francese,  leg.  e  pred.  apost.  negli 

eserciti  di  Siria  188  n.  63. 
»         (fr.)  Custode  di  Navarra,  log.  e  penit. 

in  Francia  per  la  T.  S.  414-15. 
»         (fr.)  Adami  0.  Pr.  arciv.  di  Sultaniea 

303. 
»         vesc.  di  Agcn,  Patr.  di  Genisal.  243. 
^         (fr.)  da  Chieri  (o  da  ChersoV)   fra  ì 

tartari  354-55  n.  105,  360,  422. 
»         di  Chartres  425. 
»         March,  di  Monferrato  290. 

Conte  d' Olanda  in  Or.  89,  214. 
»         (fr.)  di  Hidley  con  le  truppe  inglesi 

in  Siria  280  n.  78. 
»         (fr.)  da  Melitona  271. 

(fr.)  Roì  in  T.  S.  216,  416. 
»         (fr.)  dì  Rubruquis  o  di  Rubruk  tflan- 
drìcus  lector  »  :  cenni  biogr.  e  suo  viario 
in  Tartaria  103,  229  n.  62,  233  —  cri- 
ticato da  Aitone   I   re  d'Armenia  230, 
232-33  —  V.  Rubruquis. 
»         (fr.)  vesc.  di  Tortosa   in  Fenicia  266 
n.  70,  418  —  diverso  dall'  omon.  Dome- 
nicano 266. 
»         (fr.)  di  Villanova  di  Francia,  Mission. 
in  Ciniì  302. 
Guido  de  Adam,  padre  del  Salimbene  318. 
»         Conte  dì  Giaffa  335. 

d'Ibeliuo  330. 
»         de  Verny  394. 
Guidone  vesc.  e  podestà  d'  Arezzo  144. 
»         (fr.)  Min.  Prov.  Romano  292  s. 
Guìgimencota  cit.  dell'  India  308. 
Gujuk  —  v.  Kuyuk  Kau. 
Guilbertus  —  v.  Gilbertus. 
Guiscardo  (fr.)  de'  Guiscardi  dì  Cremona  327. 
Gyon  (Nilus)  6,  402. 

H 

H4kon  re  di  Norvegia  e  fr.  Maurizio  279-80. 
Halap  (v.  Alejipo),  città  180-81  —  regnum  263. 
Hamous  piazza  in  Armonia  334. 
Hebron    sepulcra    Patriarcharum    183   —    v. 

Ebron. 
Helena  (S.)  in  Jrslm.  408  passim. 
Helias  (S.)  406,  409  —  v.  Bkoch. 
Helisaeus  183. 
Heniicns    (vel    Heinricius)    senescallus    eecl. 

Accoa..  sotto  Damiata  7-8. 


U  —  Index  Aiial3rticus. 


455 


Heremitorium   quoddam    128  —  ff.   Minorum 

in  Gallia  221. 
Hermann  de  Salza,  Gran   Maestro  Teutonico 

248  —  V.  Armanus. 
Hermon  mona  407. 
Herodis  domus  357. 
Restia  (Vestia)  346. 
Hethoum  —  v.  Aitane. 
Hieronymi    (S.)    tumulus   vel    sepulchrum    in 

Bethlem  182,  357,  407,  409. 
»         V.  Girolamo. 
Hildesiensis  episc.  38. 
Hispani  in  Oriente  408. 
Histria  403. 
Holau  —  V.  Hulagu. 
Homer  (Homar)   dottor  saraceno    in    disputa 

col  Lullo  383-84. 
Homs  —  V.  Emesa. 
Hosaìniah  quartiere  nel  Cairo  2G9. 
Hospitalis  (Magister  et  militesì  101,  241,  247, 

2G0s. 
Hossaimiti  setta  maomettana  378. 
Hugo  de  Fonte  crociato  340. 

»        de  Mota  340. 
Hulagu  Ivan  232. 

Hungari,  Hungaria  179,  209,  211,  212,  403. 
Hurin  duce  tartaro  209. 
Hjperpera  moneta  140. 
Hyseros  popoli  orient.  209. 


I-J 


labalaha  Patriar.  Caldeo  e  i  flF.  Min.  323,  421. 
Jacob,  frater  Dni  40G. 
»         Patri  archae  putcus  407  —  vcstigium 
405. 
lacobini  201  —  v.  GiacohiU. 
lacobo  (fr.)  da  Todi  (fr.  lacoponc?)  345. 
I&cobus  (fr.)  de  Camerino,  Miss,  in   Persia  e 
revisore  dell'  opera  del  Sanuto  58. 
»         (fr.)  de  Monte  Politiano  in  Antiochia  70. 
Iberi  e  ff.  Minori   235  —  v.   Georgia,   Geor- 
giani, Iveria. 
Ibn-Àbderrahim  st.  arabo  2G0. 
Ibn-Ferat  st.  arabo  260. 
Iconio  (nel  soldanato  d')  i  ff.  Minori  163,  213 s. 
Idomea  183. 
lenin  184. 

lerico  (lericho)  182,  183,  264,  406,  409. 
leTUsalem:    regnum    263,   264   —  civitas  403 

—  porta  406  —  v.  Gerusalemme. 
lesso  isola  del  Giappone  308. 
lezrahel  civitas  184. 

IHuminatas  (fr.)  Vose.   d'Assisi,   già  segr.  di 
fr.  Elia  34. 
»         (fr.)  Picenus  33. 
»        (fr.)  Reatinus  vel  ab  Arce  (da  liicti). 


discep.  e  comp.  di  S,  Fr.  in  Oriente  e 
alla  presenza  del  Soldano  17,  32-36,  74, 
75,  77,  93  —  una  sua  relaz.  dell'  udienza 
dal  Soldano  36-7  n.  10  —  viveva  ancora 
nel  1266:  32,  33  not.  3. 

Imelda  di  Cassio,  madre  di  fr.  Salimbene  318. 

India  304,  402  —  regnum  263  —  major  et 
minor  207  —  visitata  dal  Montocorvino 
e  la  descrizione  che  n»;  dà  303  s.,  306  s. 
n.  88  — -  evangelizzata  dai  ff.  Minori 
235,  301  s.  n.  88. 

Indicum  mare  403. 

Indostan  306. 

Indulgenze  concesse  ai  ff.  Min.  di  T.  S.  180 

—  ai  ff.  Min.  di  Acri  e  Tiro  234  —  alla 
Porziuncola  di  Assisi  da  Onorio  III  87. 

Indus  flumen  403. 

Infernus  404. 

Inghilterra  (il  re  d')  ha  la  facoltà  di  condurre 

seco  in  Oriente  de'ff.  Min.  228. 
Inglesi  in  T.  S.  181  —  sotto  Damiata  93  — 

accompagnati  nelle  crociate  dai  ff.  Min. 

280  n.  78. 
»         V.  Anglia,  Anglici. 
Innocenti  (SS.)  martiri  407,  409. 
Innocenzo  III,  papa:  253,  262  —  e  la  Chiesa 

greca  173  —  muore  a  Perugia,  presente 

S.  Frane.  87. 

IV,  papa:  153, 159,  16*),  188,  190,  216. 

227-8,  231,  238,  263,  271  s.  —  data  della 

sua  elez.  102,  201  —  a  Lione  in  Francia 

222,  318  —  con  la  Chiesa  gr.  259,  294  s. 

—  coi  Tartari  191-93  —  col  Soldano 
d'Egitto  216  —  coi  ft".  Minori  194  — 
scomunica  fr.  Elia  114  —  sue  lettere  pei 
ff.  Min.  di  T.  S.  415  s. 

Inquisitori,  Minoriti  in  Siria,  liomanin  e  Gre- 
cia 231,  340. 
Insula  Romana  —  v.  lìastia. 
Ioachim  abbas  320,  321. 
Ioannes  (S.  Ev.)  eccl.  182,  405. 

»         (S.  lìapt.)  ubi  decoUatus  407  —  ejus 
oppidum  182  —  hospitalo  in  Irslm.  408. 

»         (S.  Chrys.)  in  Irslm.  406,  409, 

»         de  Cameraco,  socio  del  Vitry  7. 

»         de  Dinanto,  socio  del  Vitry  7. 

»         (fr.)  Garan  Guallensis  e  la  sua  opcni 
(le  Maìuimeto  361. 

»         (iiiag.)  de  Nivella,  amico  del  Vitrj'  6. 

»         Nicholuti  orafo  di  Siena  81. 

»         (fr.)    de   Plano   Carpi  —  v.  Ginv.  da 
Piancarpino. 

»         (fr.)  de  Prisco  in  Oriente  273. 

»         Prcsbyter  {Prete  Gianni)  in  India  207. 

»         V.  Giovanni. 
Ioanninus  (fr.)  in  Antiochia  70. 
Iolanda  reggente  di  C.poli  136. 


456 


n  —  Index  Analyticus. 


loppe  (V.  Giaffa):  182,  247,  264,  405,  408. 
lor  et  Dan  183. 

lordanis  flumen  183,  250,  252,  403,  409. 
lorianus  (fr.)  Yiceminister  Bohemiae  et  Po- 

lemiae,  e  sue  lettere  sui  Tartari  188  n.  52. 
»         V.  Criordano. 
Iosa  cit.  308. 
losaphat  vallis  182,  406  —  sepulchrum  B.  V. 

Mariae  406,  409. 
losepli  ab  Arimathia  405. 
Ippolito  (fr.)  da  Firenze  139. 
Irambardas  de  Caro  (=  Raym.  de  Caro)  ca- 

stellanus  Saphet  248. 
Isabella  d'Aragona  273. 

>  d'Armenia  333. 

»         regina  di  Navarra  273,  425. 

>  figlia  di  Ugo  di  Cipro. 

>  (o  Jolanda)  figlia  di  re  Giov.  di  Brienne 
e  sposa  a  Feder.  II  150,  178,  179. 

Isaiaa  ubi  sepoltus  406. 

Use  isola  308. 

Itali  in  Oriente  408  —  r.  Franchi,  Genova, 

Veneti,  ecc. 
labino  (monast.  de)  in  Celesiria  66. 
Indaea,  ludaei  201,.  403  —  v.  Giudei, 
lolianas  imp.  apostata  184. 
lolien  dominus  de  Saite  (Saida)  230. 
Iveria  (▼.  Iberia  vel  Georgia),  ivi  ff.  Minori 
martiri  324  n.  05. 


K 


Kadi  giudice  maomettano  218. 

Kalaat-el-Hosn  —  v.  Krak. 

Kalifa  263. 

Kalothìtns  leg.  del  Yatacro  al  Papa  227. 

Kamel  —  v.  Melek-el-Kamd. 

Kan  (i)  de' Tartari  —  v.  Minori  e  i  Tartari — 

V.  Piancarpino  —  v.  Tartari. 
>         (il  Grande)  sue  lettere  a  Inn.  IV  192-93. 
Kandjak  emiro  335. 
Kansa-el-Oary  Sold.  d' Egitto  concede  firmani 

ai  S.  Min.  61  —  v.  Firmani  —  v.  Soldani. 
Kapciak  o  Kipjak  (Tartaria  Nord)  382. 
Kara  mons  164. 

Kara-Kitaoium  (Kara  Kitai)  207. 
Karak  240  —  Soldano  di  K.  189. 
KarakoTum  191. 
Kassan  —  ▼.  Cassan  Kan. 
Katan  Chamis  304. 
Katay  303  —  v.  Cina. 
Kateriaa  (S.)  in  M.  Sjnai  406. 
Katholioos  titolo  de'  Patriarchi  Armeni  159  — 

T.  Armenia  —  v.  Gfregorio. 
Kelaan  —  v.  Melek-Mansur-Kelatm. 
Sergia  {Gergis)  208,  210. 
Ketboga  Sold.  d' Egitto  332,  333. 


Khorbanda  —  (v.  Oldjaitu)  381, 

Kitaorum  civitas  Tartar.  205. 

Koday  —  V.  Okkoday  Kan. 

Krak  castello  de' Curdi  266,  280. 

Kublay  0  Kubilay  Kan,  imp.  della  Cina  e  il 

Montecorvino  302  n.  88,  381. 
Kaide  (v.  Krak)  preso  da  Bibars  280. 
Eatloksciah  gener.  tartaro  335. 
Kuyuk  Kan,  imp.  tartaro  193s.,  207 s.,  211, 214. 
Kyeaoinm  {Kitaorum)  tartarorum  civitas  205. 
Eyovia  in  Russia  214. 
Kyriaci  (S.)  eccl.  405. 


Lajauo  {Laizo,  Layas,  Lajacium)  —  v.  Ayaa. 
Landolfo  o  Radulfo,  Patr.  Gerosolim.  346. 
Laodioea  (Latachia):  vesc.  Minorità  231. 
Latachia  —  v.  Laodioea. 
Latini,  coloni   in    Nicea   165  —  in  Oriente 
407-8  —  in  Gerusalemme  sotto  il  dominio 
saraceno  185  n.  51,  189,  282. 
Lanrentias  (S.)  182.  —  v.  Lorenzo. 
Lanms  (S.)  406. 
Lef^ende  (Le)  di  S.  Fr.  e  il  decreto  del  Cap. 

Gen.  (1266)  di  Parigi  31. 
Lelgi  popoli  asfat.  267. 
Leodinm  (Liegi)  198,  201. 
Leonardo  (fr.)  d'Assisi,  discep.  e  comp.  di  S. 
Fr.  in  Oriente  15,  17,  18,  77. 
»         (fr.)  nunzio  a  Giac.  d' Aragona  per  la 
Crociata  423. 
Leone  (fr.)  discep.  e  comp.  di  S.  Fr.  60  — 
muore  104. 
>         (fr.)  arciv.  di  Milano  nel  concilio  di 

Lione  (1245)  223. 
»         Castellano  di  Safet,  traditore  260  s. 
»         II,  re  d' Armenia  e  la  Chiesa  Catt.  407. 
»         III,  re  d'Armenia  329,  330  n.  00. 
»        lY,  re  d'Armenia  329  n.  00. 
»         V.  Livone. 
Lesekara    villa  e  residenza   del   Yatacio  in 

Asia  Minore  165-67. 
Aéa5(^efa  —  (v.  xjesckara)  166-67. 
Libaans  mons  183,  403. 
Liberato  (b.  fr.)  da  Lauro  345-46. 
»         (fr.)  da  Macerata  in  Oriente  (confuso 
col    precedente)    331  s.,    341  s..    n.    103 
passim. 
Libia  404  —  Missìon.  ivi  326. 
Licia  403. 
Lidda  182. 
Lidia  167. 

Ligyes  (Ijclgif)  popoli  asiat.  267. 
Limassol  (Limissium,  Ldmisaon,  Limiaso)  cit. 
di  Cipro:  337,  369,  399  —  vi  approda 
s.  Luigi  IX  103  —  il  Lullo  369. 


n  —  Index  AnaJytious. 


457 


>         Convento  de'ff.  Minori  394-95  —  de- 
vastato dagli  Egiziani  395,  399. 

Lingua  araba,  studiata  da'ff.  Minori  365  — 
V.  Miramar. 
»         Collegi  di  lingue  orientali  in   Europa 
371  s.  —  promossi  dal  Lullo  —  v.  Baivi. 
Lullo. 

Lithostr&ton  in  Gerusalemme  357; 

Livone  re  d' Armenia  178  —  v.  Leone. 

Lodovico  (S.)  vesc.  di  Tolosa  153,  238  —  v. 
LvÀgi. 

Logoteta  dell'  imp.  gr.  Mich.  Paleologo  294. 

Longobaidia  403. 

Lopadiam  cit.  della  Bitìnia  166. 

AojiàSiov  —  V.  Ijopadium. 

Lorenzo  (fr.)  leg.  e  penit.  apost.  in  Oriente, 
Cipro  ecc.  393,  4163. 
»         (fr.)  da  Orte  leg.  apost.  in  Siria,  Ar- 
menia, Cipro,  Grecia,  ecc.  indi  vesc  di 
Antivari  215  n.  57. 
»         (fr.)  di  Portogallo  215,  216. 

Loth  ubi  sepultus  183 

Lnbatli  —  v.  Lopadium. 

Luca  (fr.)  di  Puglia,  2<>  Prov.  di  T.  S.  97, 
99,  109,  128  n.  36.  135. 

Luoeta  badessa  Clarissa  di  Tripoli,  mart.  326. 

Lucia  sorella  di  fr.  Paolo  Bomano,  moglie  di 
Boemondo  V  d'Antiochia  189,  253. 

Lucido  (fr.)  47. 

Ludovicus  Comes  Thuringiae  262. 
»         V.  Luigi. 

Luigi  (S.)  IX,  re  di  Francia:  cenni  226,  260-61, 
264,  265,  425  —  sue  gesta  in  Oriente 
297-99  n.  86  —  nella  prima  Crociata, 
accompagnato  da  molti  flF.  Min.  103,  219, 
220-22,  241,  263  —  fonda  pei  ff.  Min.  i 
conventi  di  Giaffa  e  Damiata  103  —  sue 
relaz.  col  Piancarpino  194  —  riscatta  la 
S.  Corona  di  spine  138  —  seconda  Cro- 
ciata in  Tunisi  e  sua  morte  265,  272-74. 
280s. 
»        di  Savoia  398. 

Lullo  —  V.  Raimondo  Lullo. 

Lupaidium  —  v.  Lopadium. 

Lupo  (fr.)  Dain,  vesc.  del  Marocco,  pellegrino 
a  Gerusalemme  234-35. 

Luza  cit.  184. 

Lyas-Hyait  popoli  asiat.  210. 

Lyycaoium  civitas  tartarorum  205. 

M 

Maabar  (Minibar)  306-8. 
Habai  308-9. 
Macestus  flum.  166. 
Macherus  castell.  184. 
Machometns  —  v.  Maometto. 


Macrobìi  homines  XII  cubitorum  402. 

Madras  308. 

Magdalon,  Magdalum  184,  253. 

Mageddo  campus  184. 

Magnus  Hàkonarson  279. 

Magri-as-Sofar  accampamento  del  Soldano  Adel 
presso  Damiata  89. 

Majorica  ivi  un  collegio  arabo  pei  ff.  Min. 
365  s. 

Malabar  303. 

Maletta  —  v.  Gerardo  Boccabadati. 

Malgucius  miles,  e  nunzio  greco  300. 

Maliapur  306. 

Malta  isola,  indicata  dal  Lullo  come  stazione 
strategica  contro  i  saraceni  383,  431. 

Mamaluchi  saraceni  132,  145. 

Mambre  407. 

Manasserio  (fr.)  Mìssion.  in  Aleppo  presso  i 
prigionieri  181,  415. 

Mangu  Kan  232  —  visitato  dal  Subruquis  229 

Manna  orientale  276. 

Mansurah  costruita  dal  Kamel  95  —  occu- 
pata da  S.  Luigi  IX  103,  241. 

Maomettani  loro  rispetto  per  S.  Fr.  e  suoi 
frati  9-10  —  loro  dogmi  esposti  dal  Lullo 
376-78. 

Maometto  legisl.  arabo:  sua  vita  ecc.  58,  187, 
201,  261,  291,  311,  374,  400  n.  114. 

Mappe  geografiche:  delineate  dai  ff.  Min.:  da 
fr.  Rog.  Bacone  268  —  da  Galvano  di 
Levante  359  —  da  fr.  Fidenzio  di  Pa- 
dova 292  —  dal  Lullo  430. 

Marascb  in  Armenia  329  s. 

Marchia  Anconitana  151,  345. 

Marco  (fr.)  di  Montefeltro,  fonda  il  convento 
di  Sebaste  in  Armen.  301  n.  87,  355. 
»         (fr.)  dì  Montelupone  in  Oriente  330  s., 
341  s.  n.  103  passim  —  inviato  al  re  di 
Francia  423. 

>  (fr.)  di  Motino  o  Montino  47. 

>  (fr.)  Vesc.  Cassanense  in  Calabria  a 
prò  di  T.  S.  420. 

»        Polo  Veneto,  nelle  carceri  di  Genova 
390. 
Mardin  cit.  335. 
Mare  C.polis  (Propontide)  167,  168. 

»         Cypri  407. 

»        Galilaeae  407. 

>  Indicum  403. 

»        Magnum  252,  407. 
»        Mortuum  183,  184,  403. 
»        Oceanum  258. 
»         Persicum  145, 
»         Kubrum  183. 
Margarita  ved.  di  g.  Loigi  IX  297  s. 
»         Regina  di  Navarra  e  i  ff.  Min.  275. 

>  Langravia  di  Turingia  265. 

29  • 


458 


n  —  Index  Analjrticus. 


Sorella  di  re  Aitone  II  333. 
»        d'Armenia  329. 
»         de'Lusignano  336-37. 
»         domina  Sidonis  230. 
»         moglie  di  Ballano  I  150. 
»         sorella  di  Ugo  III  di  Cipro  396. 
Margat  (forte  di)  428. 

Maria   (SS.   Virgo):   ubi   nata   410   —  eius 
fons  in  Aegypto  276  —  ejus  sepulchrum 
182. 
»         (Chiese)  S.  Mar.  Latina  in  Icrusalem 
408  —  S.  Maria  del  Castello,  conv.  Mino- 
ri tico  in  Cipro  396  —  S.  Maria  degli  An- 
geli —  V.  Porziuncola. 
»        (S.)  Magdalenae  406. 
»         (S.)  Aegyptiaca  405,  408. 
»         d'Armenia  330. 
»         sorella  di  Aitone  II  333. 
»         figlia  di  re  Giovanni  di   Brienne  II 

180. 
»        di  Gibelet  394. 
»         ved.  di  Leone  V  d'Armenia  339. 
»         di    Monferrato,    moglie    del    Brienne 

178. 
»         di  Patrasso  397. 
Marisconensis  comes  in  Orien.  247 
Marocco  (in  Africa):   30,  33   —  ivi  cristiani 
138  —  ff.  Min.  martiri  112,  262  —  Vi- 
caria dell'  Ord.  Min.  20  —  Minori  inviati 
a  quel  Soldano   113  —  S.  Fr.  tenta  di 
recarvisi    21    —    v.    fr.    Daniele  —   fr. 
Lupo. 
Maroniti  (del  Libano)  :  189,  201  —  evangeliz- 
zati dai  fiF.  Minori  215. 
Marsiglia  —  v.  MassUia. 
Martino  (S.)  in  Irslm  409. 
»         IV,  papa,  e  sue  lettere  pei  S.  Min.  di 

T.  S.  420. 
»        V,  papa,  316. 
»         priore  del  Tempio  393. 
Martiri  Minoriti  anonimi   in  Siria  235  —  v. 

ff.  Minori  ecc. 
Masseo  (fr.)  da  Marignano,  teste  dell' Indulg. 

della  Porziuncola  60,  143. 
Massiiia  236s.  241  —  conv.   de'  frati  Minori 

237,  239. 
Massimo  Alufardo  leg.  del  Paleologo  al  Papa 

255  —  V.  Alubardt. 
Matteo  (S.  apost.)  ubi  sedebat  ad  teloni  nm  253. 
»         (fr.)  d' Acquasparta,  Min.  Genie  e  Card. 

104,  322,  325,  343. 
»         (fr.)  d'Arezzo  fra  ì  Tartari  193,  300. 
T        (fr.)   da   Chieti  (e  non  da  Rieti)  in 
Oriente   presso  i   Tartari   ed   altre  na- 
zioni 354  n.  105,  360. 
»         (fr.)  di  Cipro,  revisore  dell'opera  del 
Sanuto  58. 


»         (fr.)  Vicario  di  Terra  Santa  In  Cipro 

312,  393. 
»         (fr.)  vesc.  di  Famagosta  in  Cipro  393. 
»         (fr.)  di   Narni,   vicario   di  S.   Fr.  in 

Italia  39,  91. 
»         Patriarca  lat.  di  C.poli  129. 
»         (fr.)  già  rettore  della  chiesa  di  H.  Croce 

in  Acri  e  disccp.  di  S.  Fr.  7-8. 
»         de  Roquite  340. 
Mauritania   (Africa),   visitata   tre   volte   dal 

Lullo  369  s. 
Maurizio  (fr.)  e  il  suo   itinerario   in   Oriente 

279  n.  77. 
Maurus  presb.  Cotronae  258. 
Manta  —  v.  Malta. 
Mecha  (la  Mecca):  58,  71,  400. 
Mechie  206. 
Mechut  206. 

Mecrit  (Metrit,  Mechoit,  Meorit)  206. 
Medam  planitics  183. 
Media  429. 
Medium  mundi  405. 
Mehalle  isola  del  Nilo  90.. 
Melchassa  soldanus  (v.  Bibars  I)  265. 
Melek-el-Adel:  padre  di  Melek-el-Kamel  89. 
»         -elAsceraf,  soldano    di    Damasco    ri- 
ceve  nunzi   Minoriti   inviati    dal    Papa 
63,  163. 
»         -el-Asceraf,  sold.  d'Egitto,  prende  Acri 
e  il  resto  della  Siria  latina  328,  331-32, 
350  n.  104. 
>         -él-Kamel  (l'amico  di  S.  Frane),  ac- 
campato in  difesa  di  Damiata  e  sue  gesta 
11,  83,  89  s.  n.  29  passim   163  —  acco- 
glienza e  bontà  usata  a  S.  Frane.  36-37, 
61-63,  81  n.  26  —  concede  un  rescritto 
al  Santo  e  ai  suoi  frati  61-63  (v.  Firmani) 
—  di  un  preteso  suo  dono  a   S.  Fr.  81 
n.  26  —  muore  non  battezzato  101-2  — 
sua   buona   indole   185  —  sue  relazioni 
con  Federico  II  157,  158  —  v.  Kamd. 
»         -el-Mansur-Kalaiin,  invade    la    Siria, 
prende  Tripoli  ecc.  326,  329,  350  —  con- 
cede firmani  ai  ff.  Minori  282. 
»         -el-Moaddem,  soldano  di  Damasco,  fra- 
tello di  Kamel  110  —  v.  Corradino. 
»         -Na^er-Dand,  soldano  di  Karak  e  di 
Damasco,  riprende  Gerusalemme  ai  Cro- 
ciati 158,  181,  240. 
»         -Nasei'-Mohammed-,  concede  fiì'mani  ai 
ff.  Minori  282  —  sconfitto  da  Cassan  e 
dal  re  Aitone  II  332,  335  s. 
»         -Saleh-Ayub,    invia    un    frate  Minore 
al  Papa    163  —  riprende  Gerusalemme 
189-90. 
»         -Saher-Bibars  I,  concede  firmani  ai  ff. 
Minori  282  n.  79.  —  v.  Bibars  I. 


n  —  Index  Analyticus. 


459 


Z  00 

V   00 


^  s 

Cd  .2 


»         -Naser-Hassan: 
»         -Ababeìcr-Mansur: 
»  -Cueiulc-Asceraf: 

»         -Ahmad-Naser: 
»         -Ismail-Essaleh: 
»         -Sciaahan-Kamel: 
»  -Harjgi: 

»         -Essaleh: 
»         -  Ascerà/- Sciaaban: 

>  -Saher-  Barkuk  : 
»         -Nascr-Faraf/i: 
»         -Muajcd-Sceikh: 
»         -El- Musa  far: 
»         -Salwr-Tantar  : 
»         -Saleh: 
»         -Asceraf-Barsabai: 
»         -Saher-Gìakmak: 
»         -Ascpì'af-FÀnal: 
»         -KaletbaiMahmudi:  ' 

Meliancota  cit.  del  Malabar  308. 

Meliapur  308. 

Melitoniota  arciv,  greco  287. 

Menabar  308. 

Menentillo  (fr.)  da  Spoleto  0.  Pr.  305-6. 

Menkad  di  Giuseppe,   ìutcrpr.  de'fF.   del   M. 

Sion  218. 
Mensa  Christi  183,  184  —  Domini  253. 
Henzaleh  lago  d'Egitto  89,  93. 
Merkit  {Merkat,  Merchii)  206. 
Merlino  poeta  179. 

Meschida  (Moschea)  saracen.  in  Suphet  250. 
Mesi  dell'anno:  ebraici,  egiziaci  e  greci  404. 
Mesopotamia  145,  403  —  percorsa  dal  b.  Bencd. 

d'Arezzo  132,  133. 
Mesr  (Fosthat)  185. 
Messin  (Messina)  181. 
Metochita  arciv.  greco  287. 
Michele  (S.)  priorato  in  Acri  7-8. 
.         (fr.)  in  Aix  2,S9. 

»         figlio  di  Andronico  iinp.  sposa  una  so- 
rella di  Aitone  II  333. 
»         Paleologo  imp.  greco  e  l' unione  delle 

due  Chiese  193  —  v.  Paleologo. 
»         Genovese,  mere,  a  C.poli  198. 
Milano  visitata  dal  Vitry  5  —  chiesa  e  cony. 

dc'ff.  Min.  140. 
Milioli  —  V.  Alberto. 
Milon  (fr.)  358. 
Minabar  o  Minibar  306,  308. 
Ministri  Provinciali  e  Provincie  dc'ff.  Minori: 
primi   Ministri   Provinciali   eletti  (1217) 
87-88. 

>  Angliac  169,  422. 

»         Antiochiae  67,  78,  108,  133,  134,  145, 
148,  149. 

Barberiae  (in  Africa)  102,  170. 
»         Bcneventi  415. 


.  Bononiac  193,  222,  224,  275,  276,  417, 
421-2. 

»         Burgundiae  223. 

>         Calabriae  257,  264. 

»         Dalmatiac  422. 

Franciae  220,  239,  417,  419. 

»         Gcrmaniae  228,  416. 

Graeciae  67,  108,  138,  218,  236. 

^         lanuensis  223,  224,  236,  423. 

»         Hiberniae  181. 

»         llispaniae  192. 

Marchiae  135,  136,  193,  344,  421,  422. 

»         Marchiae  Trivisanae  224,  417-9. 

»         Provinciae  224,  276. 

Romanae  232,  255,  292,  292-3. 
Romaniae  108,  129,  136,  139,  149,  165, 
177  s.  218,  226,  235,  276,  349,  417. 

»         Saxoniae  192. 

»         Seraphicae  293,  302. 

»  Syriae  (detta  anche  Promissionis,  Ter- 
rae  Sanctne,  Uliramarìnae)  108, 154, 158, 
229-30,  231-2,  234-5,  238,  275,  276,  300, 
3278.,  344,  358-60,  393,  398,417-9,421,423. 

.  Tusciae  136,  142,  146,  148,  193,  232, 
255,  300,  309-12,  421. 

»         Umbriae  422. 

t         Vedi:  Provincia,  Provinciali. 
Minori  (Frati  di  S.  Fr.):  inizi  dell'Ordine  dei 
frati  Min.  38. 

»  elogiati  dal  Vitry  5-10  —  benevisl  ai 
Saraceni  35  —  frati  60  uccisi  da  Ezelino 
263  —  altri  fatti  scorticare  e  flagellare 
da  Federico  II  157  not.  5  —  due  ff.  Min. 
alla  Corte  di  Napoli  142  —  un  fr.  Min. 
convocava  il  popolo  al  suon  di  tromba  82. 

»  a  prò  delle  Crociate:  predicano  le  cro- 
ciate 84,  339  n.  100,  340  n.  101,  412- 
23  —  nel  Belgio,  Danimarca,  Francia, 
Portogallo  e  Svezia  lavorano  a  prò  di 
T.  S.  419-21. 

»  in  Oriente:  sparsi  per  ogni  dove  7-8, 
215  n.  67,  413-23  —  stimati  e  beneficati 
dai  Saraceni  35  —  in  Africa  (v.)  273, 
354  —  in  Acri  (v.)  156  s.,  350  n.  104  — 
V.  Aleppo  —  in  Antiochia  (v.)  n.  20  — 
in  Armenia  (v.)  2158.,  216,  322,  329  n. 
99,  338  —  in  Cipro  (v.)  215,  025-26, 
355,  359  —  in  C.poli  (v.)  128-29,  190  n. 
64, 103  —  per  r  unione  della  Chiesa  Greca 
(v.)  129,  161  n.  43,  170  n.  46,  219  n.61, 
222,  254  n.  67,  283-90  nn.  80-81,  290 
n.  82,  292  n.  84,  299  n.  86,  in  Grecia 
215  s.  —  v.  Giorgio  Bardane  —  in  Nicea 
(v.)  137  —  v.  AiràOìie  ecc.  —  Minori  in 
Egitto  (v.)  legati  al  Soldano  195,  ivi  Mis- 
sionari 275,  ambasciatori  del  Soldano  al 
Papa  216  (v.  Damiata)  —  in  Georgia  (v.) 


460 


n  —  Index  AnaJyticus. 


216  —  in  Gerusalernme  (v.)  158  n.  41, 
185  n.  51  —  in  Iconio  (v.)  215  —  nel 
Libano  (v.)  presso  i  Maroniti  (y.)  215  ^- 
in  Marocco  (v.)  —  in  Pernia  (v.)  323, 
329  n.  99  —  in  Siria  180-81,  343  s',  417; 
colle  truppe  de' Crociati  188-89,  266,  280 

—  Min.  martiri  in  Siria  264-65,  271,  360 
n.  104;  morti  in  Siria  266,  fatti  schiavi 
ivi  265  —  in  Tartaria  (v.)  188,  193  not. 
4»,  262  nota  1*,  300,  356  s.  —  in  Tunisi 
275-76  —  V.  Tripoli. 

Minori  e  Domenicani,  quando  stabiliti 
in  C^MTO  (v.)  394,  396  —  predicano  le  cro- 
ciate 194  —  perseguitati  da  Feder.  II 
157  —  Missionari  in  Oriente  196  —  v. 
Crociate. 

Miramai  e  il  collegio  arabo  ivi  fondato  dal 
Lullo  pei  S.  Min.  365-66,  387,  419. 

Miramollno  (vel  Miramomelino:  arabo:  Emir- 
el-mumetiin)  principe  del  Marocco  16,  21, 
30,  33,  86. 

Miiamons  principe  di  Tunisi,  disputa  sulla 
fede  con  monaci  latini  381  §  12-13. 

Hisia  (Mysia)  166,  167. 

Missionari  e  Missioni  Minoritiche  presso  23 
popoli  esteri  235  —  le  prime  missioni 
inviate  pel  mondo  38  —  promosse  da 
fr.  EUa  (v.)  per  tutto  1'  Oriate  101  — 
V.  Minori. 

Moabitarom  spelonca  183. 

Hodin  mons  182. 

Mohamei-ben-Nater  il  Mù-amoUno  (v.)  di  Ma- 
rocco 86. 

Holgecti  140. 

Mommini  setta  maomettana  368. 

Monaldo  (fr.)  d'Ancona  e  compp.  martiri  in 
Àrzénga  325  n.  96. 
»         (fr.)  da  S.  Anatolia  inviato  in  Porto- 
gallo a  prò  di  T.  S.  420. 
»        (fr.)  vicario  della  Prov.  delle  Marche 
344s. 

Monfort  (Montfort),  presa  da  Bibars  259,  280 

—  Conti  di  M.  395-968.,  415. 

Moogal  Mongol,  Mongoli  206  —  v.  Ta.rtari. 
Monoceros  animale  403. 
Monocali  homines  402. 
MoBS  Belli-fortis  264. 

Fortis  264. 

Gaudii  (Gardiz)  428. 

Hefiron  278. 

Israel  278. 

lo  vis  404. 

Mambre  183. 

Moria  278. 

Niger  66  —  v.  Montagna  Nera. 

Oliveti  182,  264,  278,  406. 

Or  183. 


>  Regalis  (Eoyal,  Sobal)  183. 
»         Scopulus  (ó  SxókeXo?)  66. 

^        Sebaste  (S.  Ioan.  Bapt.)  278. 

>  Semnon  278. 

»        Syon  278  —  conv.  de'fif.  Min.  218. 
»         Synay  278. 
»         Tabor  253,  279. 
Montagna  Ammirabile  (@au(j.aaTÒv  opo;)  presso 
Antiochia  66,  67. 
»         Nera  (tò  Maupov  opo?),  presso  Antio- 
chia, convento  abitato  dai  ff.  Minori  65 
n.  20,  76,  78  not.  2«,  104,  232,  270,  428. 
Monteaperto  (battaglia  di)  310. 
Monteoassino  (i'  ab.  di)  nunzio  a  C.poli  col  Min. 

£r.  Parastron  (v.)  289. 
Monteoorvino  —  v.  fr.  Giov.  da  M. 
MontoTchi  paese  144. 
Mont«8  aurei  402. 
Montisfortis  comes  in  Or.  188,  247  —  v.  Mon9 

Fortis  e  Monfort. 
Montpellier  365  passim. 
Moriani  tartari  188. 
Mordnanornm  tartaror.  terra  209. 
Moserabes  201. 

Mostanser  (El)  Billah,  Califa  di  Bagdad,  ri- 
ceve nunzi  ff.  Min.  63,  163. 
Mosteliti  e  i  ff.  Min.  235. 
Moydonanomm  terra  209. 
Moyses  ubi  sepùltus  183. 


N 


Naim  184,  269. 

Nanne  di  Arezzo  scrittore  della  legenda  del 

b.  Bened.  d'Arezzo  129s.  147. 
Nantelmo  (fr.)  Provinciale  di  Bologna  222. 
Napoleone  (Card.)  346. 
Napoli  (Angioini  di)  141-42. 
Nargia  140. 

Naijot  de  Toucy,  barone  di  C.poli  136. 
Naser,  Califa  di  Bagdad  manda  truppe  a  Da- 

miata  92. 
Nastagio  (fr.)  scrittore  del  sec.  XV  186. 
Navariae  (rex)  247-48,  266. 
Naxivan  in  Armen.  visitata  dal  Bubruquis  229. 
Naym  —  v.  Naim. 
Najaretb  158,  184,  263,  264,  281,  403,  407, 

410  —  presa  e  devastata  da  Bibars  2»9. 
Neapolis  (Naplusa)  184,  407,  410. 

>        vedi  Limassol  in  Cipro. 
Neotarins  abbas  Casulorum  171. 
Negroponte  136,  348. 
Neooastron  prov.  dell'Asia  Min.  167. 
Neo-Salem  (Irslm.)  403. 
Nestoriani  in  Oriente  201,  216,  267,  384,  400, 

408  —  in  Cipro  368  —  evangelizzati  dai 

ff.  Min.  216,  235  —  v.  labalaha. 


n  -—  Index  Analyticus. 


461 


Nicea  (in  Bitinia):  sede  del  Part.  gr.  di  C.poli: 

vi  si  recano  nunzi  S.  Min.  113, 137,  161 

n.  45. 
Niceforizza    legato    del    Paleologo    al    Papa 

255. 
Nioeforo  Comneno  Duca  300. 
Nicbolaitae  eret.  267. 
Nichodemus  (S.)  182,  405. 
Nicolo  III,  papa    140,  254,  276,  316  —  e  i 

Tartari  193  —  e  la  Chiesa  greca  293  s, 

299  n.  86  —  sue  lettere  pei  ff.  Min.  dì 

T.  S.  420. 
»        IV,  papa  (v.  fr.  Girol.  d' Ascoli):  2d0y 

325  —  e  il  Lullo  367  —  e  i  Tartari  323, 

360  —  e  l'Armenia  3293.  —  per  la  T.  S. 

e  Crociate  355,  426  —  sue  lettere  pei  flf. 

Min.  di  T.  S.  421  s. 
»         (fr.)  di  Bancia  in  Cina  302. 

>  Di  Castro,  Patr.  lat.  di  C.poli  140. 

»         Di   Durazzo   (fr.   Min.?)  vesc.  di  Co- 
trone  255  s.,  257-59. 

>  (S.)  di  Gerrades,  casale  de'  Domenicani 
in  Cipro  395. 

>  Di  Methone  173. 

»        (fr.)  di  Montefeltro  275. 

»         D'Otranto  173. 

»        (fr.)  0.  Pr.  Patr.  lat.  di  Gerusal.  340, 

352-53. 
»        (fr.)  arciv.  di  Pekino  303. 
»        (fr.)  di  Pistoia  O.  Pr.  comp.  del  Mon- 

tecorvino  303,  306  n.  88. 
»        Quirino  Veneto  in  C.poli  140. 

>  Di  Raynaldo  sepolto  nella  chiesa  dei 
ff.  Min.  di  Famagosta  394. 

»        (fr.)  vesc.  di  Salona  in  Grecia  346. 
»        (fr.)  de  Sali,  Min.  Prov.  dì  T.  S.  327, 

358 s.,  359-60  n.  108. 
»        (fr.)  uomo  santo,  discepolo  di  S.  Fr. 
e  curiale  del  Papa  6. 

Nicomedia  403. 

Nicopolis  (=  Emaus)  182. 

Nicotia  (cap.  dì  Cipro):  —  arcìv.  dì  Nicosìa 
325-26  —  convento  de'fll  Min.  154,  229, 
231  (residenza  del  Provinciale  di  T.  S. 
345)  355,  356,  393,  394,  395  (ivi  sepolti 
vari  reali  di  Cipro  398-99)  422  —  mona- 
stero delle  Clarisse  394  —  v.  S.  Giov. 
di  Manforte  —  conv.  de' Domenicani  ed 
altri  religiosi  299  —  Nicosia  in  potere 
de' Turchi  399  —  v.  Cipro. 

Nif  r  ant.  Nympha  o  Nymphaeum  (v.). 

Nilo  fiume,  detto  Gion  6,  402,  403  —  traver- 
sato  da  S.  Fr.  in  barca  22,  27. 

Nimfea  —  v.  Nympìia. 

Ninive  cit.  e  regno  263,  403. 

Niveraensis  cornea  247. 

Norgvea  (Norvegia)  403. 


Norvegi  e  la  T.  8.  228,  416  —  guidati  in  T*  S. 

da  fr.  Maurizio  (v.)  279-80  n.  77. 
Notre-Dame-des  Cliamps  :  Chiesa  de'  ff.  Min.  in 

Nieosia  di  Cipro  396,  detta  pure  S.  Criov. 

di  Monfort  o  S.  Maria  del  Castello  (v.). 
Nabia  71  —  rex   Nub.   58  —  evangelizzata 

dai  ff.  Min.  235. 
Namidia  404. 

Nunzi  tartari  e  saraceni  a  Luigi  IX  265. 
Nympha  {Nymphaea,  Nymphaeum  in  Lidia) 

residenza   de'Paleologi   nell'Asia   Min.: 

ove  convennero  i   nunzi  fr.  Aimone  (v.) 

e  compp.  163,  164-67. 
Nu{i.<paiov  =  NujAflpaTov  166-67  —  V,  Nympha. 


Oceypodes  popoli  asiat.  210. 

Oddo  o  Odone  (Card,  leg.)  220. 
»         (fr.)  Eigaldi  (Rigaud)  arciv.  di  Rouen, 
si  reca  in  Oriente  con  S.  Luigi  IX  ecc., 
cenni  biogr.  220-21,  223,  264-66,  271  n. 
73,  419. 

Odoardo  re  d'Inghilt.  in  Siria  265. 

Okkoday  Kan  imp.  Tart.  193  s.,  207,  210. 

Oldjaita  Kan  (Rharbendeh)  imp.  tart.  della 
Persia,  apostata  e  persecutore  de' Cri- 
stiani 336  n.  09  passim,  381  s.,  384  — ' 
V.  Carbenda. 

Omar  (Tempio  di)  89,  159. 

Omul  {Omyl,  Ornai)  207. 

Onorio  III  papa:  5,  68,  86,  136,  153,  262  — 
eletto  a  Perugia  presente  S.  Fr.  cui  mu- 
nisce dì  lettere  prima  di  partire  per 
l'Oriente  87,  92,  120. 
>  IV,  papa,  fonda  collegi  per  le  lingue 
Orientali  366  —  sue  lettere  pei  ff.  Min. 
di  T.  S.  421. 

Or  mons  183. 

Orda  vel  Ordu,  duce  tartaro  in  Polonia  209. 

Ordine  (de'ff.  Min.)  cenni  storici,  suU' ori- 
gine ecc.  39-40,  85  n.  20  passim,  262  n. 
60  —  Ordini  Militari  e  il  progetto  del 
LuUo  371,  3843.,  387. 

Ordo  Pauperum  Dominarum  {Clarisae)  262 
n.  60. 

Oreb  403. 

Oriente  :  prima  missione  de'  ff.  Min.  in  Oriente 
(1217)  38  —  festa  di  S.  Fr.  celebrata  in 
Oriente  fin  dal  1228,  n.  30. 

Ormesse  (Ormuz)  308. 

Ormetia  (Ormeria?  Urmia?)  iuxta  mon  tea 
Caspios  325. 

Oaoino  fratello  di  re  Aitone  II  d'Armenia 
332  n.  00  passim,  338. 

Ospitalieri  militi  189,  371  —  in  aiuto  dell'  Ar- 
menia 334. 


462 


n  —  Index  Analsrticus. 


Ospizio  de'  Fieschi,  Patr.  d' Antiochia  e  i  flf.  Mi- 
nori 231. 
Othon  —  V.  Aitone. 
Otrant  (Otranto)  262. 
Ottone  I  imp.  146. 

»         marchio  Brandinburg  263. 
Ouygat  duce  tartaro  209. 
Oxford  (in)  collegio  per  lingue  orientali  371  s. 


Paflagonia  428. 

Pafo  (cit.  di  Cipro):  conv.  de'flF.  Min.  deva- 
stato dagli  Egizi  345,  398,  399  —  porta 
di  Nicosia  397  —  rese,  di  Pafo  fr.  Ro- 
berto 326,  394. 

Pagella  di  Crociato  340  n.  101. 

Palaestina  369,  403. 

Paleologo  (Mich.  imp.)  e  1'  unione  delle  Chiese 
per  opera  de' E  Min.  193,  254  s.,  284-90 
n.  81,  292  n.  84,  299  n.  86,  416$. 
»         Despota  della  Morea  398. 

Palma  di  Majorica:  conv.  de'ff.  Min.  ove  se- 
polto il  Lullo  365  s.,  372. 

Palorum  portus,  nel  golfo  d' Alessandrctta  428. 

Pamphilia  403. 

Panaretas  protovestiario  dell'  imp.  gr.  287. 

Panea  (v.  Banias  —  Caesarea  Phìl.)  248. 

Panonia  403. 

Panormo  166. 

Pantaleo  Criustiniani,  Patr.  lat.  di  C.poli  103-4, 
14041,  254-55. 

Paola  (S.)  romana  in  Betlem  357. 

Paolo  (fr.)  delle  Marche,  guard.  di  Acri  327  s., 
344  s. 
»        (fr.)  o  Paolino  da  Milano  pred.  della 

Crociata  339  n.  lOO. 
»         (fr.)  Romano  de'  Conti  di  Segni,  vesc. 
di  Tripoli:  cenni  stor.  189,  253  n.  66,  420. 
»        I,  Conte  di  Segni  253. 
.         (fr.)  de'  Trinci  42. 
»        (fr")  Veneto,  vesc.  dì  Pozzuoli,  revisore 

dell'  opera  del  Sanuto  58. 
»         (fr.)  de' Clarenitani  349. 

Paradisi  porta  in  Irslm.  405,  406,  408. 

Paradiso  terrestre  130,  148,  149,  279,  402  — 
visitato  dal  b.  Bened.  d'  Arezzo  146  — 
V.  Enoch. 
•        maomettano    401    —   descrittoci    dal 
LuUo  377-78. 

Parassitae  popoli  asiat.  210. 

Parastron  —  v.  fr.  Giov.  Parastron. 

Parigi  (in)  collegio  orientale  371  s.  —  convento 
de'  ff.  Min.  220. 

Parthia,  Parthns:  23  pass.,  403. 

Partzerpert  forte  Armeno  334. 

Pasqua  (era  di)  secondo  il  Lullo  367. 


Pasquale  (fr.)  in  Tripoli  189. 
Pastorum  (SS.)  locus  407,  409. 
Pateclo  Gerardo  321. 
Pater  noster,  locus  409  —  cappella  406. 
Patracensis  cpisc.  344  s.  348  s. 
Patriarchae  (SS.)  ubi  sepulti  183  —  v.  Ehron. 
Patriarchi  dell'  Oriente  Lat.  e  Greco  e  i  frati 
Min.  415-16, 
»         Alessandrino  ffreco  165. 
»         Antiocheno  latino:  66,  J37,  155,    159, 
170,  217,  231  (v.  Alberto,  Opizo,  Pietro, 
Simeone)  —  greco:  165,  171,  215,  416. 
»         C.politano  lat.  140  (v.  fr.  Antonio,  Ni- 
colò, Pantaleo)  —  greco:  164,  222,  224  (v. 
Emanuele,  Germano  II  Metodio). 
»         Gerosolimitano  lat.  6,  129,  137, 155-60, 
190,  340,   346,  352-3:   (v.   Gcì-oldo,   Gu- 
glielmo, Landulfo,  Roberto,  Rodolfo,  Ni- 
colò 0.  Pr.)  —  greco:  215. 

>  Maronita  e  i  fF.  Min.  215. 
Pekino  e  i  ff.  Min.  301  h.  88,  303. 
Pelagia  (S.)  in  M.  Oliveti  406,  409. 
Pelagio  (Card.)  leg.  in  Or.  all'  assedio  di  Da- 

mìata:  6,  17,  58,  71  —   si   oppone   alla 

pace  col  Soldano  92. 
Pellegrini  e  pellegrinaggi  in  Terra  Santa  inin- 
terrotti sotto  il  dominio  de' Saraceni  101, 

282. 
Pellegrino  (fr.)  da  Bologna,  Prov.   in  Grecia 

e  Cronista  dell'Ordine  223,  236. 
»         (b.  fr.)  de'  Falleroni  in  Terra  Santa  99, 

150-51  n.  38. 
.        (fr.)  di  Castello  in  Cina  302. 
Pentapolis  403. 
Persia  e  ff.  Min.  301  n,  88,  330  s.  —  Pcrsac  =- 

Saraceni  27   passim  —  mare    Pcrsicum 

145. 
Petramala  144,  146-7. 
Pharphar  flum.  183. 
Philippus  de  Tociato,  bajulus  imp.  C.politani 

190. 

>  Cancell.  Parisiensis  217. 
»         Vedi  Filippo. 

Phoenicia  183. 
Physon  402. 

Piancarpino  (fr.)  in  Francia  318  —  citato  da 
fr.  Rog.  Bacone  268  —  v.  fr.  Giov.  da 
Piancarpino. 
Piccolomini  (fr.  Pari.)  da  Siena  300. 
Pictaviae  comes  in  Or.  241. 
Pietro  (S.  Ap.)  ubi  solvìt  telonium  253. 
»         (S.)  martire  153. 
»         (Card.)  vesc.  d'Albano  in  Or.  log.  6. 
»         II,  ab.  Cisterc.  vesc.  d' Ivrea,  e  Patr. 

Antiocheno  66. 
»         I,  re  di  Cipro  394  —  devasta  Alessan- 
dria d'Egitto  399. 


n  —  Index  Analyticus. 


463 


>         (fr.)  d' incerta  patria,  in  Oriente  330  s., 
341  s,  n.  103. 
^fr.)  0.  Pr.  164. 
»         D' Avalon,  connest.  di  Tabaria  230. 
»         (fr.)  Bardulio,  e  compp.  in  Siria  340,  422, 
»         dì  Bontlaur  vesc.  di  Marsiglia  237. 
»         (fr.)  Calabriae  Minister  264. 
»         (fr.)  Catani,  discepolo  e  primo  Vicario 
0  primo  Generale  dell'Ordine  di S.  Frane, 
suo  comp.  in  Oriente:  cenni  biograf.  cri- 
tici: 39-40,  77,   85  n.   29,   92,   97,   109, 
110-11  n.  33,  119-24. 
»         Di  Courtenay  imp.  lat.  di  Costantino- 
poli 135-136. 
»         (fr.)  di  Crest,  nunzio  a  C.poli  254s. 
»         (fr.)  di  Firenze,  vesc.  sufiFr.  in  Cina  302. 

(fr.)  di  S.  Ilario  0.  Pr.  231. 
»         Di  Luco-Longo,  mere,  in  Tauris  304. 
»         (fr.)  di  Macerata  in  Oriente  331  s.,  341  s. 

n.  103. 
»         (fr.)  da  Monticulo  345. 
»         (fr.)  de  Moras,  nunzio  a  C.poli  254  s. 
»         (fr.)  Giov.  Olivi  49. 
»         Paschami,  mere,  a  C.poli  198. 
»         (fr.)  de  Philistim,  lavora  per  la  Terra 

Santa  181. 
»         (fr.)  de  Rupe,  in  T.  S.  417. 
»         (fr.)  da  Tarantasia  0.  Pr.  293. 
»         (B.  fr.)  Tomaso,  Carmelit.  in  Cipro  398. 
»         Veneto,  amico  consolato  dal  Lullo  391. 
Pieve  paese  144. 
Pila  Christi  406,  409. 
Filati  domus  357. 
Pio  VII  Papa  150. 
Pisani  in  Oriente  391  —  a  C.poli  165  —  il 

Lullo  a  Pisa  384. 
Pisidia  403. 

Poìlechien  govern.  di  Acri  393. 
Polonia  198,  201,  209,  211,  212,  214. 
Poncius  (fr.)  Rigaudì  lector  in  conv.  de  Aqui3 

239. 
Ponto  Bussino  166-67. 
Porohetto  (fr.)  arciv.  di  Genova  e  1'  Armenia 

337,  423. 
Portae  aureae  in  Irslm.  408-9. 
Porzinncola  (S.  Maria  degli  Angeli)  presso  As- 
sisi, culla  dell' Ord.   Minoritico,  e  primi 
Capitoli  generali   ivi  celebrati  38  ~  v. 
Gap.  gener. 
Praesepe  Dni.  I.  Ch.  407. 
Premostratesi  in  Cipro  397. 
Presbyter    Ioann.  de  India  304  —   v.  Prete 

Gianni. 
Prete  Gianni  dell'India  304,  384. 
Probatica  piscina  in  Irslm.  406,  409. 
Propontide  (Marmarà)  166. 
Protettore  dell' Ord.  Min.  40. 


Provincia  e  Provinciali  Ministri:  loro  prima 
istituzione  (1217)  87-88  —  divisioni  e 
numero  di  Provincie  nell'Ordine  100,  102. 
»  Provincialato  d'Oriente  che  abbrac- 
ciava la  Siria  e  tutto  l' imp.  d' Oriente 
108,  158,  218,  poi  suddiviso  in  due  Pro- 
vincie di  Romania  e  di  Siria  o  Terra 
Santa  (v.  Ministri  Provinciali). 
»         Provinciali  e  Custodi  di  T.  S.   lungo 

il  sec.  XIII  412  n.  118. 
»         Provincialis  Minister  Nicosiensis  231. 
—  fratrum  Tirensium  et  Acconcnsimn  234. 
»         Vedi  Ministri  Prov. 
Provinoìae  comes  in  Or.  241. 
Prusoiae  (Prussiae)  pagani  263. 
PuUani  201. 

Pyramus  (Djihan-Tchai)  334. 
Pythonissa  in  Or.  40. 


Qansu  —  v.  Kansu. 

Qelaun  —  v.  Kelaun. 

Quaiantenae  desertum  182,  406,  409. 

Quitaorum  (Kitaorum)  civit.  tartaror.  205. 


Rachelis  sepulchrum  182,  406,  409. 
Raimondo  Barone  Armeno  331. 

»         Bagiacense  in  T.  S.  216. 

»  (fr.)  di  Berengario  e  compp.  nunzi  a 
C.poli  283,  288. 

»         De  Caro,  castellanus  Saphet  248. 

»  (fr.)  Gaufredi,  lector  Massiliae  239  — 
Min.  Genie  104,  327,  342  —  invia  Mis- 
sion.  in  Armenia  343  s.  —  favorisce  il 
Lullo  366. 

»  (B.)  Lullo  di  Majorica,  cenni  bio-crono- 
logici, e  bibliografici  361-92  n.  111,430-31. 

»         Di  Nimes,  vesc.  di  Marsiglia  244. 
Rainerio  (fr.)  o  Reinerio,  di  Borgo  S.  Sepol- 
cro, comp.  del  b.  Bened.  d'Arezzo  130. 

»  (fr.)  di  Pavia,  vesc.  di  Maina  in  Gre- 
cia, 8,  231. 

»  (fr.)  di  Mariano  d'Arezzo,  teste  del- 
l'Indulg.  della  Porziuncola  143. 

»  (fr.)  ex  priore  di  S,  Michele  di  Acri, 
si  rende  fr.  Minore  7-8. 

»  (fr.)  da  Montepulciano  (M.  Politiano) 
nel  conv.  della  Montagna  Nera  di  An- 
tiochia 70,  232. 

»         (fr.)  maestro  di  fisica  242. 

»  (fr.)  de' Piccolomini  di  Siena,  nunzio 
a  C.poli  193,  254-59. 

»         Sinigardi  144. 

•        Zeno,  Doge  Ven.  224. 


464 


n  —  Index  Analyticus. 


Ramatha  182. 

Rangone  —  v.  fr.  Gerardo  Rangone. 

Raoul  —  V.  Rodolfo. 

Raphael  Natalia,  cap.  di  nave  veneta  226. 

Ras-el-Hansii  270,  428. 

Rasid  {Rosetta)  sul  Nilo,  383,  427. 

Raveana  (in)  ohiesa  di  S.  Mercuriale  data  ai  £F. 

Min.  161. 
Rayoat  —  v.  Rasid. 
Reblata  182,  403. 
Regola  di  S.  Frano,  prima  e  seconda:  40,  86. 

n.  29  passim,  88,  99,  124. 
Reinerio  —  v.  Rainerto. 
Reinhesburaen  262. 

Reliquie  varie  della  T.  S.  nel  S.  Conv.  d' As- 
sisi 81  n.  26. 
Rliindacas  flum.  166. 
Rioardo  Duca  di  Sora  253. 

»         (fr.)  da  Intwort  ingl.  in  T.  S.  181. 

»         (fr.)  de  Muccia  151. 
Ricardone  casale  presso  Acri  157. 
Rita  o  Margarita  d'Armenia  333. 
Roberto  comes  Attrebatensis  in  Or.  241. 
fratello  di  S.  Luigi  IX  220  s. 

»         Arciv.  dì  Cantorbery  281. 

>  (fr.)  de  CoUevil  collettore  per  T.  S. 
189,  415. 

>  Di  Courtenay  imp.  lat.  di  C.poli  1^,  136. 
»        Patr.  lat.  di  Gerusalemme  190. 

>  (fr.)  vesc.  di  Pafo  in  Cipro  326,  394. 
»         (fr.)  di  Turnham  con  le  truppe  ingl. 

in  T.  8.  280  n.  78. 

Robertis  (de)  de  Begio  217  —  ▼.  Alberto  de 
Rezato. 

Roooa  Antica,  o  Sinibalda  presso  Rieti  33. 

Rodeiice  (fr.)  veso.  di  Marocco  340,  421. 

Rodi  visitata  dal  Lullo  e  indicata  come  sta- 
zione strategica  contro  i  saraceni  369, 
370,  383,  431. 

Rodolfo  d'Austria  254  —  ▼.  Austria. 
»        Raoul,  Patr.  lat.  di  Qerusal.  6. 

>  (fr.)  di  Reims  e  compp.  nunzi  a  Ni- 
cea  113,  164  s. 

Rogero  (fr.)  Bacone,  e  le  sue  opere  sulla  T.  S. 
266  n.  71,  390. 

Romania  (Grecia)  300,  310. 

Romaniae  Minister  Provinoialis  22,  67, 129  — 
▼.  Provinciale,  Ministro. 

Romanides  graeci  279. 

Remela  cit.  forte  dell'  Armenia  331,  332  s. 

Romsdal  279. 

Rosette  cit.  sul  Nilo  383,  437. 

Rubmqais,  o  Rubruk  (fr.)  Guglielmo  di  Rujs- 
broeck,  cenni  del  suo  itiner.  fra  i  Tar- 
tari ecc.  229  n.  6S  —  citato  e  cono- 
scinto  personalmente  da  fr.  Rog.  Bacone. 
—  V.  Guglielmo. 


Rufiao  (fr.)  60. 

Ruggero  di  S.  Severo,  govern.  di  Acri  300. 
Rupertus  arcbiep.  Magdeburg  264. 
Russi  e  Russia  209,  212,  214,  381. 
Rustioiano  di  Pisa  390. 

Ruteni  in  curia  imp.  Tartar.  207  —  evange- 
lizzati dai  ff.  Min.  235. 
Ruysbxoeok  —  v.  Rubruquis  fr.  Gugl. 


Sabadius  nunzio  di  Argun  Kan  al  Papa  323. 
Sabbatino  (fr.)  d'Assisi,    discep.   e   comp.   di 

S.  Fr.  in  Oriente  77,  103. 
Sabulnm  Accon  247. 
Safet  castello  forte  in  Galilea  241,  242,  250 

—  espugnata  dal  Soldano  Corradino  96 

—  fatta  ricostruire  da  fr.  Bened.  d' Au- 
gnano 240  s.  246-53  —  riconquistata  da 
Bibars  104,  264  —  ivi  vari  martiri  ff. 
Minori  104,  259  n.  68,  264. 

Saffedino  Sold.  d'Egitto  185  n.  61. 

Sofitha  fortezza  presa  da  Bibars  280. 

Sagetta  —  v.  Sidone. 

Saida  —  V.  Sidone. 

Saite  (Saida)  230. 

Salamanca,  (in)  collegio  arabo  371  s. 

Salamastra  cit.  di  Persia  429. 

Salbaste  —  v.  Sebaste. 

Salimbene  (fr.)  degli  Adami  di  Parma,  cronista: 

cenni  biogr.  101, 149, 191  s.,  217, 317  n.  92. 

»         (fr.)  di  C.poli,  Minorità  greco,  nunzio 

dell'  Imp.  gr.  al  Papa  ecc.  ;  cenni  biograf. 

219  s.,  222  n.  61. 

Salines  (Larnaca)  di  Cipro  399. 

Salmasa  429. 

Salmasd  429. 

Salmassus  429. 

Salmasti  429. 

Salmastro  cit.  della  Persia  300  —  ivi  mart 
ff.  Min.  429. 

Salomonis  Templum  in  Irslm.  406,  409. 

Salona  (Amphissa)  in  Grecia  346,  347. 

Salve  Regina,  antif.  260,  351. 

Samaria  407,  410. 

Samastro  429. 

Samogedi  popoli  asìat.  210. 

Sancia  d' Aragona  muore  in  Gerusalemme  282. 

Santuarii  della  T.  S.  venerati  e  uffiziati  dai 
latini  356-57  n.  106. 

Sapket  —  V.  Safet. 

Sara  304  —  v.  Sarai 

Saraeenati  moneta  araba,  suo  valore  187. 

Saraceni  (arabi  maomettani):  loro  stima  per  S. 
Fr.  e  i  suoi  frati  35  —  alcuni  battezz.  dal 
b.  Bened.  d'Arezzo  145  —  loro  usi,  co- 
stumi e  leggi  399  n.  114  —  v.  Maomettani. 


n  —  Index  Analyticus. 


465 


Sarai  (v.Zarcto)capit.  del  Kapciak  304, 325, 382. 
Sardania  o  Sardanaia  (S.  Maria  di)   presso 

Damasco  247. 
Sardi  (arcir.  gr.  di)  327. 
Sardinia  404. 
Sarepta  Sjdoniae  183. 
Sargis  ministro  tartaro  213. 
Saroponte  (comes  de)  58. 
Sassonia  403  —  Custode  e.  Provinciale  de'  ff. 

Min.  di  Sass.  192. 
Saolns  (S.  Paul.  Àp.)  ubi  Ch.  ei  apparoit  183. 
Sayoia  (Luigi  di)  398. 
Soifl  19  —  V.  dipi. 
SoitMa  (Tartarìa)  200. 
Seitia  dell'India  309. 
SelaTonia  (in)  approda  S.  Francesco  15  —  r. 

Dalmazia. 
SeytliopoUt  184. 
Sebaste  (Sivas)  :  iri  un  eonv.  dei  ff.  Min.  301 

n.  87,  855. 
»         mons:  278. 

>  (Samariae)  184,  410. 
Sebastia  407. 

Sebasiokratore  (Giovanni)  princ.  gr.  333. 

>  (Costant.  Angelo)  princ.  gr.  dell'  Àchaia 
e  'Tessaglia  344. 

Segor  183. 

Selim  I  imp.  turco  62. 

Selmas  429. 

Sembat  o  Sempad,  fratello  di  re  Aitone  IL 

d'Armen.  329  n.  99  passim. 
Sephoris  184. 

Sepolero  (SS.  di  N.  S  )  in  Irslm.  159, 182,  264, 
408  -^  custodito  anche  da  due  latini  al- 
l'epoca  de' Saraceni  185  n  51  —  prezzo 
d' ingresso  83. 
»        (B.  V.  Mariae)  357  —  v.  losaphat. 
.        (SS.  4  Patriar.)  in  Ebron  407,  410  — 
V.  Hebron, 
Serri  della  B.  V.  in  Francia  241. 
Siban  (o  Syban)  duce  tartaro  209. 
Sidone  {Saida  o  Sagetta)  149,  230,  259  —  ri- 
parata da  S.  Luigi  IX  103,  298  —  conv. 
de'ff.  Min.  230  —  v.  Sydon. 
Sigbinardi  —  v.  Sinigardi. 
Signacolnm  —  ▼.  Firmani. 
Siloe  —  V.  Syloe. 

Simeone  (S.):  porto  sul  golfo  d' Alessandretta 
183,  428. 
>        (S.)  Cireneo,  in  Irslm.  357. 
»        (S.)  sepulcrum  406. 
1     »        (S.)  StiUta  66. 
\     »         Patr.  gr.  d'Antiochia  171. 
Simone  (fìr.)  d' Auvergne  e  compp.  nunzi  al 
Paleologo  254  n.  en,  418-19. 
»         (fr.)  da  S.  Quintino  0.  Pr.  in   Persia 
190,  200. 

BtbUot.  —  Tom.  I. 


Sinagoga  ludaeor.  in  Saphet  250. 

Sinibalda  rocca  33. 

Sinigardi  nob.  fam.  del  b.  Bened.  d'Arezzo 

14346. 
Siri  e  i  ff.  Minori  235. 
Siria  visitata  dal  Lullo  369  s. 
Sis  cap.  dell' Armeno-Cilicia:  332  n.99  passim, 

338  —  ivi  un  convento  dei  ff.  Min.  337, 339. 
Sissium  —  y.  Sis  —  v.  Limasaol. 
Sitia  in  Creta  339. 

Sivas  (Sebaste)  :  un  conv.  de'ff.  Min.  301  n.  87. 
Skopti  279. 
Sobal  mons  183. 
Società  de'ff.  pellegrinanti  per  G.  C.  quando 

istituita  228-29. 
Socii  di  S.  Fr.  48. 
Sodoma  403. 
Sofia  (S.)  cattedrale  di  C.poli  136, 166,  222  — 

catt.  di  Sis  in  Cilicia  332  s. 
Sola  —  V.  Salona. 
Soldaia  (Sudak)  229. 
Soldani  d'Egitto:  189,  264  —  loro  relazioni 

coi  ff.  Minori  185,  195,  216  —  concedono 

Firmani  (v.)  ai  ff.  Min.  di  T.  S.  282  n. 

79  —  V.  Corradino  —  Kamd  —  Ketboga 

—  Melck  —  S.  Francesco. 
Soldano  d'Iconio,  morto  battezzato  61. 
Soldinnm  —  v.  Soudin. 
Solifoga  animai  404. 
Solimano  II  il  Grande  e  sua  stima  per.  S.  Fr. 

84  n.  28. 
Solin  portus  (Sudi)  183. 
Soadin  (Soldinum)  428. 
Sovrani  d'Europa  crocesignati  264. 
Spagnoli  in  Or.  sotto  Damiata  17,  93,  100. 
Speciosa  porta  Irslm.  408. 
Spelanoa  in  Tempio  Dni.  in  Irslm.  405. 
Spinola  Nicolò,  ammir.  Genov.  332. 
»         o    Spindola    Percevallus,    amico    del 

Lullo  391. 
»         (fr.)  Porchette,  arciv.  di  Genova  a  prò 

di  T.  S.  337,  423. 
Spira  (da)  —  v.  Cesario  —  Conrado. 
Standardo  (Guglielmo)  34G. 
Stefania  d'Armenia,  2"  moglie  del  Briennc  178. 
Stefano  (S.  prot.)  ubi  lapidatus  182,  357,  405. 
»         (fr.)  Boemo,  in  Comania  fra  i  tartari 

213,  215. 
»         IV,  Catholicos  d'Armenia  382. 
»         (fr.)  Inglese,  lettore  a  Koma  232. 
»         (fr.)  Mangiaterra  0.   Pr.   arcivescovo 

d'Atene  348. 
»         (b.  fr.)   da  Narni  detto  il  Semplice, 

discep.  di  S.  Frane,  si  reca  in  Siria  per 

richiamare  il  Santo  in  Italia  39,  9G-97, 
110-11,  126  n.  34,  310,  312. 
»         (fr.)  Ungaro,  mart.  in  Georgia  324-25. 

30 


466 


n  —  Index  Analyticus. 


Stix  404. 

Strovilon  (la  Cava?)  villa  reale  in  Cipro  397, 

398,  399. 
Sabebam  o  Subebea,  forte  in  Siria  247-48. 
Sudak  [Soldaia)  229. 
Sudi  portus  183. 
Saltanieh  303. 
Su-Mongal  206. 
Sur  —  V.  Tiro. 
Sariani   in   Otiente  201,   407  —  protetti  da 

Venezia  235. 
Sasa  145. 
Svevia  403. 
Syohem  182,  184. 

Sydon  183,  264,  403  —  v.  Sidone. 
Syloe  fons  182,  406,  409. 
Sy-Mongal  206. 

Synai  mons  182,  183,  264,  403,  406,  409. 
Syon  eccl.  406. 

Syra-Orda  presso  Earakorum  191. 
Syria  403  —  fratres  Minores  Syriae  343  s. 


Tabaiia  230,  253. 

Tabor  (o  Thahor)  mons  184,  259,  264,  279, 
407,  410. 

Tabala  Dui.  in  Syon  409. 

Taddeo  (fr.)  347,  349. 

Takriver  Mohammed,  gener.  egiz.  devasta 
Cipro  393. 

Tamerlano  distrugge  Sarai  382. 

Tampnis  fortezza  in  Egitto  59. 

Tana  cit.  in  India  331,  342. 

lanis  forte  in  Egitto  95. 

Tarlsti  di  Petramala,  nob.  famiglia  144, 146. 

Tartari  (o  Tattari)  192,  250,  263,  265,  267, 
268  —  quando  comparvero  in  Europa 
188,  193,  209  —  tre  imperatori  in  Asia 
381  s.,  384  —  minacciano  i  Saraceni  312 
—  conquistano  la  Siria  360  s.  —  lettera 
del  gran  Kan  al  Papa  212-14  —  Tartari 
convertiti  al  Cristianesimo  232, 378-80  — 
coniano  monete  con  emblemi  cristiani 
312  —  si  convertono  al  Maomettismo 
373  s.,  381-82,  384  ~  loro  usi,  costumi 
e  politica  secondo  il  Piancarpino  (v  ) 
202  s.  —  evangelizzati  dai  S.  Minori  190 
n.  56,  235  —  v.  Montecorvino  —  Pian- 
carpino —  Rtiòruquia  —  versione  tartara 
del  N.  Testam.  e  del  Salterio  fatta  dal 
Montecorvino  304  —  v.  Persia  —  ff.  Mi- 
nori. 

Taztaria  sett.  occid.  e  orien.  381-82  —  Mis- 
sioni de'  S.  Min.  in  Tartar.  323  —  t.  Tar- 
tari. 

Taniis  cit.  di  Persia  323  —  y.  Thaurit. 


Tebaldo  V,  conte  di  Sciampagna  e  re  di  Na- 

varra  in  T.  S.  239-40,  273. 
Tebe  in  Grecia:  un  conv.  Minor.  348,  425. 
Tecua  182. 

Tell-Hamdun  (Canamella)  332,  334. 
Templi  Magister  247  s.,  248  s.  —  milites  157, 

260s.,  371  s.,  in  Egitto  241,  in  Armenia 

334,  in  Aleppo  prigionieri  180-81. 
Templam  Dni.  in  Irslm.  405,  408. 
Tenebre  cosi  detti  regimenti  tartari  209,  210. 
Teodorico   arciv.   di   Ravenna   e  ff.   Min.   in 

Oriente  161. 
Teodoro  (S.)  monast.  di  Benedettine  in  Cipro 

395,  397. 
»         (Angelo)  Comneno  136. 
>         (Lascaris)  Duca  259. 
Teodosio  imp.  183. 

Teofllatto  leg.  gr.  di  Yatacio  al  Papa  227. 
Terra  Santa  prov.  Minoritica  unita  a  quella 

di  Romania  (v.)  fino  al  1263:  22  —  v. 

Provincie. 
Terremoto  in  Cipro  399. 
Terziarie  o  pie  donne  seguaci  della  vita  di 

S.  Fr.  (e.  1216):  5. 
Tessalia  344,  347  s. 
Tessaloniea  136. 
Tentonia  189,  201. 
Teatoniens  Ordo  262. 
Thabor  —  v.  Tabor. 
Thaneos  in  Egitto  6. 
Thauris  {Tauri8,  Tahris)  in  Persia  :  303,  304, 

323. 
Thaarisiom  —  v.  TÌMurit. 
Theatos  404. 

Theodora  —  v.  Theophano. 
Tlieophanes  ep.  Nicenus  287. 
Theophano  sorella  di  Aitone  II  333. 
Thopha'il  filos.  arabo  spagnolo  365-66. 
ThoTOB  III,  re  d'Armenia  329  n.  99  passim. 
Thosnoh  Kan  —  v.  Toasuk. 
Tiberias  184. 
Tigri  flum.  133. 
Timar  {Ching-Tsong)  imp.  della  Cina  381  s., 

384. 
Tiro  [Tyrua)  cit.  183,  259,  264,  270,  403  — 

lapis  ubi  sedit  Ch.  J.  183  —  Conv.  de'ff. 

Min.  234,  417,  418  —  monasterium  mo- 

nialium  Tyri  in  Irslm.  405,  408. 
Tlemeen  431. 
Toethai  —  V.  Toctai. 
Toctai  Kan,  imp.  tart.  del  Nord  381-82,  384 

(il  Tokhtagu  o  Togtagu  Kan). 
Todi  :  conv.  de'  ff.  Min.  e  reliquia  della  S.  Co- 
rona di  Spine  140. 
Tolosano  (conte)  416. 
Tomaso  (S.)  o  S.  Tome,  regione  del  Malabar 

in  India  303  n.  88,  306. 


•Il 
1 


n  —  Index  Analyticus. 


4^7 


»         (fr.)  de  Adversa  0.  Pr.  inquisit.  349. 
»         (fr.)  Agni  0.  Pr.  leg.  ap.  e  vesc.  di 
Betlem  243. 

*  de  Anfusis,  nunzio  di  Argun  Kan  323. 
»         (S.)  d'Aquino  0.  Pr.  153. 

»         (S.)  di  Cantuaria  153. 

»         (fr.)  da  Celano  in  Germania  117. 

»         (fr.)  vesc.  in  Cina  302. 

»        (fr.)  greco,  lettore  a  C.polì  219  n,  61, 

222,  223. 
»        (fr.)  di  Pavia,  cronista  e  Prov.  di  To- 
scana 141,  142,  146,  309-12  n.  80. 
>        (dnus)  de  Sola  347-48. 
»         (fr.)  da  Tolentino,  Miss,  in  Armenia, 
Cina  ecc.,  e  mart.  in  Tana  d' India  305, 
3278.,  331  s.,  341  s.  n.  103  pass.,  350,  423. 
»        (fr.)  da  Trievi  345. 
To-Piioi  casale  in  Cipro  de'ff.  Min.  395. 
Toppole  paese  144. 
ToTtosa  335. 
Tossak  Kan  207. 
Totai  —  V.  ToctaÀ  Kan. 
Tracia  403. 

Trunnndns  (fr.  Raìmundus)  342. 
Tregue  tra  Crociati  e  Saraceni  in  Siria  234. 
Tiifoli  di  Siria  280  —  convento  de'fif.  Min. 
189,  230,  232-3,  312,  420  —  monast.  di 
Clarisse  233  —  conv.  de'  Domenicani  299 
—  caduta  e  rovina  dei  conventi  e  martiri 
254,  326 

*  (rese,  di)  e  i  ff.  Min.  231,  253  n.  66. 
Trizonia  isola  gr.  347. 

Troj»  403. 

TsGliagatai  (Turkestan)  303. 
Tuotane  regina  tartara  323. 
Tunisi  383  —  visitata  ed  evangelizzata  dal 
b.  Egidio  105,  dal  Lullo  367  s.,  372,  e  da 
altri  ff.  Min.  114,  275-76. 

»         (Crociata  di)  194. 

»         (Vicaria  di)  20. 

»         V.  Miramons. 
TnreU  e  i  ff.  Min.  235  —  turchi   occupano 

Cipro  399. 
Turchia  215,  403  —  v.  Iconio. 
Tnrchomanni  201,  252. 
Turcopoli  milites  251. 
Turingia  403. 
Turkestan  303. 
Tyberias  253  —  mare  250. 
Tygris  402-3. 
Tyndaride  cit.  167. 
Tyrus  —  v.  Tiro. 


u 


Ubertino  vicar.  imp.  144. 
Uberto  Pallavicino  318. 


Ugo  I,  re  di  Cipro  59,  396. 
»         III,  re  di  Cipro  329. 
»         IV,  re  di  Cipro  397-98. 
»         da  Fagiano  arciv.  di  Cipro  326. 
.         (fr.)  vesc.  di  Gibelet  in  Siria  312,  326, 

393. 
»         Conte  di  Monfort  396. 
»         (fr.)  0.  Pr.  164  s. 
Ugolino  (Card.)  e  S.  Fr.  87,  88,   112  —  e  le 
Clarisse  128  —  fr.  Elia  1068.  —  creato 
papa  100  —  V.  Greg.  IX. 
»         (fr.)  da  Monte  S.  Maria  60. 
»         (fr.)  di  Montebello  301. 
Ugone  (fr.)  francese  222. 
>         (fr.)  di  Marsiglia  340. 
»         (fr.)  di  Turenna  416. 
Ugaetus  nunzio  di  Argun  Kan  323. 
Ulrico  (fr  )  di  Seyfriesdorf,  in  Cina  302. 
Ulubat  (Ulabat)  —  v.  Lopadìum. 
Umberto  (can.)  Fraccassini  410. 
Umbria  403. 
Umiliana  (b.)  139,  177. 
Ungheria  maggiore  235  —  privilegi  de'  re  223 

—  Ungheri  e  ff.  Min.  235. 
Unicornium  276. 
Unione  delle  due  Chiese  —  v.  ff.  Min.  e  la 

Chiesa  gr.  —  v.  Lullo  375. 
Urbano  IV  papa:  255,  258,  266  —  e  la  Chiesa 
gr.  193,  254  s.  —  sue  lettere  pei  ff.  Min, 
di  T.  S.  417  s. 
Urmìah  (lago  d')  429. 
Uruk  cristiana  sultana  tartara  381. 
Uxino  337  —  v.  Oscino. 


Valachi  381. 

Vatace  o  Vatacio  (Giov.  III  Ducas)  imp.  gr. 
166,  222,  259  —  tenta  1'  unione  delle  due 
Chiese  163  n.  45,  219  n.  61  —  riceve 
fr.  Elia  ambasc.  di  Feder.  II,  115  — 
chiede  nunzio  il  b.  fr.  Giov.  di  Parma 
(v.)  222. 

Vania  casale  di  Cipro  397. 

Velasoo  (fr.)  penit.  apost.  in  Spagna  417  s., 
419  —  vescovo  di  Famagosta  in  Cipro 
259,  393. 

Venceslao  re  di  Boemia  138. 

Veneti  (e  Vene2:ia)  403  —  in  Oriento  391  — 
in  Ayas  229  —  in  C.poli  138,  1G5,  334  — 
in  Cipro  .3903.  309  n.  113  pa.ssiin  —  pro- 
teggono i  cristiani  della  Siria  'iof)  — 
vinti  dai  Genovesi  nello  acque  di  Curzola 
390  s. 

Venezia  (conv.  S.  Giobbe):  un'imagine  di   re 
Aitone  II  in  veste  di  ff.  Min.  33<S, 
»         (Conv.  della  Vigna)  224, 


468 


n  —  Index  Analjrticus. 


Viestia  (Vieste  o  Vesti)  presso  Foggia  346. 
Yiaggiaiori    S.  Minori  lodati  dall'Humboldt 

269. 
Vicarii  di  S.  Fr.  lasciati  in   Italia  alla  sua 

partenza  per  l'Oriente  39,  91,  110. 
Vicarias    fratrum    Gazariae   304  —  Vicaria 

Orientis  429  —  Vicaria  Tunisi  o  Maroc- 

chiì  20. 
Viennensis  comes  in  Or.  247. 
Vinea  balsami  in  Egitto  276. 

>         V.   Venezia:  conv.  della  Vigna. 
Violoricho  (o  Viorolicho  o  Vorilicius)  cosi  chia- 
mato il  Sold.  Kamel  da  fir.  Mariano  cro> 

nista  77-79. 
Visconti  di  Milano  290. 
Vitale  (fr.)  Prov.  di  Bologna  275. 
Vito  (fr.)  da  Cortona,  quarto  Min.  Provinciale 

di  T,  S.  e  dell'  Oriente  :  cenni  biogr.  86, 

139,  177  n.  48. 
Vivaldi  (Ugolino)  354. 
Voisello  (fr.)  mart.  in  Prussia  429. 
Vratislavia  214. 

w 

W.  (fr.)  de  Plazentia,  in  Aix  239. 
"Walterus  (fr.)  de  Hoyo  in  Or.  273. 
Wilbertus  —  v.  Gilbertus. 
Wilhelmus  (fr.)  confessor  in  Tuderto  264. 
Willelmus  —  V.  Guglielmo. 


Xene  (Maria)  sorella  di   re  Aitone  II  d'Ar- 
meria 333. 


lahalaha. 


Tabalalia  —  v. 

Tberia  404. 

Tbernia  404. 

Yeka  o  Yera-Mongol  206. 

Tpone  404. 

Tspania  404 

Italia  403. 


Zacchariae  (S.)  oppidura  182  —  locus  in  Tem- 
pio Dni.  405,  408. 
»         ubi  interfectus  406. 

Zafferà  (Zaphoria,  Sephoris)  410. 

Zarew  sul  Volga  325. 

Zaritzin  325. 

Zaytonensis  episc.  in  Cina  302. 

Zelanti  frati   Minori:   39  not.  2*  —  segnaci 
del  Clareno  46  —  v.  Clarenitani. 

Zeno  (Doge  Veneto)  224. 

Zioi  e  i  E  Min.  235. 

Zoccolanti    soprannome  de'  ff.  Minori    Osser- 
vanti 395. 


<><><(><><0'<><><(><><><X><>><><><><>><^^ 


NI  -  INDEX  AUCTORUM  ET  CODICUM 


•o>»£e«<<: 


Abnlfeda  stor.  arabo  89. 

Academ.  dee  Inscr.  et  B.  Lettres  398. 

Achery  (d'):  Spicilegium  242  —  v.  Balnzii- 

Martène. 
Acta  SS.  (Bollandi  et  Soc.)  1-3,  29,  80,  85, 

nn.  20,  36   passim,  285  —  Emendata 

131,  141  —  V.  Pinius,  SoUerius,  Stilting, 

Suyskens. 
Actus  B.  Francisci  et  Seciorum  (ed.  SabatJer): 

41  n.  13  passim,  87,  151  —  cenni  critici 

60  n.  16  passim. 
Adami  Bremensis:  Hist.  eccl.  in  M.G.H.  181. 
Affò  (P.  Iren.)  0.  P.  M.  53  —  Vita  di  fr.  EUa 

1"  e  2*  ediz.  44,  106 s.  n.  31  passim. — 

Vita  del  B.  Giov.  da  Parma  226  (emend. 

224)  —  Storia  della  città  di  Parma  176, 

322  —  Memor.  degli  scrittori  Parmigiani 

322  eoe. 
Agostino  (P.)  da  Stroncone  0.  F.  M.:  Umbria 

Serafica  in  Misceli,  francese.  127. 
Aitone  (il  monaco  Armeno)  :  Hist.  Orient.  232, 

381,  387. 
Albanès  et  Chevalier  :  Gallia  christ.  novissima 

236  s. 
Albericus  Trium  Poptium  85. 
Albertus   Milioli  (3*  Ord   ff.  Min.):  Liber  de 

Temporibus  etc.  —  Gesta  obsidionis  Da- 

miatae  in  M.G.H.  313s.  n.  91  passim. 
Albertus   (fr.)  Stadensis  0.  F.  M.:  Annal.  a 

condito  orbe  18  s.  n.  60  pass.  —  v.  Sta- 
densis. 
Alishan  (P.)  Leone,  Mechitar.:  Armeno-  Veneto 

328  s.,  338. 
Amadi  :  Storia  di  Cipro  Ms.  ap.  Mas  Latrie  393. 
Amat  da  S.  Filippo:  Stttdi  Bibliografici  ecc. 

215,  305. 


Amoni  (Can.)  Leop.  editore  della  Vita  S.  Fr. 
del  Celanese  n.  5  pass.,  120  e  passim. 

Analecta  BoUandiana  15  n.  7,  37,  49,  60  n. 
16,  pass.,  314  —  V.  Van  Ortroy. 

Analecta  franciscana  X.  I,  II,  III:  3,  18,  19, 
29,  32,  33,  38-40,  60,  65,  n.  29  et  pas- 
sim —  Emendata  337  not.  4*. 

André  Marius  :  Le  B.  Raym.  Indie  363  s.,  372. 

Angelo  (fr.)  Clareno  0.  F.  M.  :  Chron.  de  septem 
Tribtdation.  ól  n.  14,  118-19,  225,  341  s. 
n.  103,  —  emendato  225  —  Probabiim. 
è  autore  della  Leggenda  antica  edita  dal 
Minocchi  41  n.  13  passim  —  Epistola 
excusatoria  343,  349  n.  103  —  r.  Cla- 
reno. 

Angelus  (fr.)  a  S.  Fr.  0.  F.  M.  :  Certamen  Se- 
raph.  Prov.  Angliae  (ebbe  tre  ediz.)  181, 
281  —  emendato  277. 

Anguissola  —  v.  Lucio. 

Annales  Brixien.  Cremon.  Bergom.  in  M.  G.  H. 
98. 
»         Frisacenses  ibid.  361. 
.         S.  Pantal.  Cóloniae  ib.  196,  214. 

Annales  de  Terre  Sainte  (ed.  R.  Rohricht  in 
Archives  de  l' Orient  Latin)  239,  240. 

Annibalis  (P.)  a  Latera  O.  F.  M.  :  Supplem. 
BuU.  302. 

Anonyme  Prisonnier:  Ckroniqtte  40  n.  12. 

Anonymus  (fr.)  saec.  XIII:  Vita  S.  Frane. 
30  n.  8. 

Antica  cron.  Perugina  cit.  dal  Bonazzi  85. 

Aranda  (P.)  Antonio:  Verdadera  informacion 
ecc.  392. 

Archiv  fwr  Liti,  und  Kircheng.  43  n.  13  pas- 
sim —  V.  Ebrle. 

Archives  de  V  Orient  Latin  231,  259,  260  s., 
301,  325  s.,  428  et  pass.  — v.  Mas  Latrie  — 
Bòhrieht. 


470 


m  —  Index  Auctorum  et  Oodìcom. 


Archivio  Stor.  Italiano  294,  300,  301. 
Archivio  del  S.  Conv.  d'Assisi  227. 

de'PP.  Min.  Conv.  di  C.poU  129. 

>  de'  £f.  Min.  del  Monte  Sion  in  Grerusa- 
lemme  162,  218. 

>  Angioino  di  Napoli  294  s.,  299  8.  n.  86. 
»         de'PP.  di  Qnaracchi  200. 

»         di  S.  Isidoro  di  Roma  52. 

»        de'Frari  di  Venezia  417  s. 
Arisio:  Cremona  sacra,  emend.  327. 
Arnaldus  (fr.)  de  Serano  O.  F.  M.  cronista, 

creduto  autore  del  Chron.  24  Gen.  65. 
Art  de  vérif.  les  dates  61,  136. 
Arturus  (P.)  a  Monasterio  0.  F.  M.  :  Martyrol. 

francisc.  219,  291  —  emend.  323,  345. 
Atti,  della  Soc.  Ligure  di  Storia  Patria  358. 
Aazoguidi  (P.)  0.  P.  M.  Conv.  cit.  103. 


B 


Backer  (De):  Fr.  Guillaume  de  Stibrouck  etc. 
230. 

Balei:  Scriptores  Brytanniae  268. 

Baluzii- Mansi  :  Miscellanea  sacra  ed.  2'  194, 
195,  225,  238. 

Baluzii-Martène:  Spicilegium  (del  d'Achery) 
ed.  2«  —  emend.  242. 

Balzani  :  Le  Cronache  italiane  nel  Medio  Evo 
314,  322. 

Bandini:  Catal.  Codd.  Bibl.  Laurentianae  173. 

Baronius  (Card.):  Annales  eccl.  171,  172 s. 

BarthoU  (fr.)  Francisci:  Traci,  de  indulg. 
Portiunc.  (ed.  Sabatier)  120. 

Bartholom.  (fr.)  Anglicns  (non  a  Glanville) 
0.  F.  M.:  Liber  de  proprietatibus  rerum 
etc.  Edizz.  e  Mss.  276-79  n.  76. 
>         (fr.)  Anglicus  a  Glanville  277. 
»         (fr.)  a  Pisis  —  V.  Pisauus. 

Basnage  —  v.  Canisius. 

Bassi  (P.)  Alessandro  0.  F.  M.:  Cron<ica 
de' Francescani  del  Piemonte  etc.  Mss.  290. 

Beau  (Le):  Stor.  del  Basso  impero  227. 

Belin  (A.):  Hist.  de  la  laUnitè  de  C.ple.  84, 
136  s.,  255  —  seconda  ediz.  del  P.  Ar- 
sene de  Chatel  Min.  Capp.  criticata  137 
nota  l*. 

Bellovacensis  (Vino.):  Memoriale  temporum 
169  —  V.  Vinc.  di  Beauvais. 

Benati  (Aless.)  editore   delle   Conformitates 
(1590)  del  Pisano  73-74. 
»        (Vittorio)  pseudo-editore  delle  stesse 
Conform.  (1620)  del  Pisano  73-74. 

Benedictus  XIV  :  De  servorum  Dei  beati/.  153. 

Benedictns  (fr.)  de  Alignano  0.  F.  M.  :  iÓe  eon- 
struetione  castri  Saphet  etc.  236-53  n.  65. 

Benedictus  (fr.;  Polonus:  De  itinere  ad  Tar- 
taro» etc,  relax,  ignota  al  Waddingo, 


Sbaralea  e  ad  altri  191,  192,  197,  199, 
212,  213  n.  56. 

Benoffi  (P.)  0.  M.  Conv.:  Compend.  di  Storia 
Minoritica  72  —  De  Inquisiioribus  Ms. 
di  Padova  300. 

Benvoglienti,  scrittore  144. 

Berger:  Regist.  d' Innoc.  IV,  228. 

Bemardus  (fr.)  de  Bessa  0.  F.  M.:  Liber  de 
laudibus  S.  Fr.  (in  AncUeeL  frane,  t.  Ili) 
29,  72,  120,  138,  180,  290  —  11  suo  libro 
è  monco  o  mutilo  130  nota  4'. 

Bemardus  Guido  (in  Muratori)  86. 

Bemardus  Thesaurarius:  Historia  etc  11  n.  3 
passim. 

Bessa  —  v.  fr.  Bemardus. 

Bessàrione  (II):  pubblicazione  periodica  di 
studi  Orientali  diretta  da  Mons.  Niccolò 
Marini:  129,  256,  259,  283. 

BiMioth.  de  V  Ècole  des  Chartes  297. 

Biblioth.  agiograph.  latina  (de'  Bollandisti)325. 

Biblioth.  Bonifaciana  et  Avenionensis  410s. 

Bicilotti  (P.)  Min.  Conv.  autore  di  un  pane- 
girico sul  b.  Bened.  d'Arezzo  131. 

Bibl  (P.)  Michele  0.  F.  M.:  Le  B.  Raym. 
LuUe:  éttides  bibliographiqties  362,  364, 
366. 

Boehmer  (H.):  Analekten  zur  Geschichte  des 
Fr.  von  Assisi  4,  5,  7,  8,  37,  52,  85  n.  29 
pass.  —  pel  primo  corregge  il  grave  er- 
rore cronologico  del  Sigonio  e  degli  altri 
sulla  venuta  di  S.  Frane,  in  Bologna  98. 

Boehmer  (I.  Frid.):  Fontes  rerum  German.  179. 

Bollandus  —  v.  Acta  SS. 

Bonaventura  (S.)  Card.:  Opera  omnia  (ed. 
Quaracchi)  31,  235  —  Legenda  major  et 
minor.  S.  Fr.  17,  22,  30  n.  19  pass.,  36, 
53,  54  —  perchè  detta  leggenda  tutotxx 
50  —  citato  dal  Mariano  79  —  lodato 
da  Dante  34. 

Bonelli  (P.)  Min.  Conv.  87. 

Bongars,  editore  delle  Gesta  Dei  per  Franco» 
e  del  Sanuto  Secreta  fidel.  Cruci»:  3,  6  7, 
57,  85  n.  29  passim. 

Bonghi  (Rog.)  rie.  37. 

Boni  (P.)  Min.  Conv.  73. 

Bonifacius  (P.)  Stephani  de  Ragusio  O.  F.  M  : 
De  perenni  cultu  T.  S.  392. 

Bonnin:  Regestum  Visitationum  archiepiscopi 
Rothomag.  271  n.  73  pass. 

Bovillo  (Carlo):   Vita  Raym.  LuUi  371  s. 

Brevi»  descriptio  Orbi»  ex  cod.  ms.  399,  402-4. 

Brewer:  Fr.  Rog.  Bacon  Opera  quaedam  269. 

Bridges  :  «  The  Opus  Maju»  •  of.  Rog.  Bacon 
2678. 

Bmnet:  Manuel  de  Bibl.  278.  . 

BvUarium  M».  S.  Monti»  Syon  in  Irdm  160, 
234  —  T.  fr.  Cristoforo  da  Vareae. 


m  —  Index  Auctorum  et  Oodicum. 


471 


BuUarium  peculiare  Terrae  Sanctae  413  — 

saecuU  XIII  413-23  n.  110. 
BuUettino  critico  di  cose  francescane  diretto 

dal  prof.  Suttina  236. 
Bzovius  (P.)  0.  Pr.:  Annales:  emend.  270. 


Calahorra  (P.  Giov.  da)  0.  F.  M.:  Chronica 
de  Syria  189,  32<j,  350,  360. 

Canisius-Basnage:  Lection.  antiq.  65,  182. 

Cantarelli  (Carlo):  Cron.  difr.  Salimbene  (tra- 
dotta in  ital.)  317. 

Carlino  (fìr.)  de' Grimaldi,  e  sua  relaz.  sui  mar- 
tiri di  Arzenga  325. 

Cartolare  di  S.  Sofia  di  Cipro  Ms.  cit.  dal 
Mas  Latria  356. 

Celano  (fr.  Tom.  da),  primo  biografo  di  S.  Pr. 
Vita  prima  et  secunda  etc.  nn.  7  e  8 
pass.,  53,  85  n.  29  pass.,  122,  123  e 
pass.  —  Vita  prima  versificata  n.  6. 

Ceperano  (il  da)  rie.  50. 

Chabot  (I.  B.):  Histoire  du  Patr.  Mar  la- 
balaha  III  323. 

Charrière:  Negociations  84. 

Chavin  de  Melan:   Vita  di  S.  Fr.  37. 

Chevalier  (Ulysse):  Repértoire;  emend.  277, 
327,  329  —  V.  Albanès. 

Chronicae  ab  initio  Ord.  f.  Min.  usque  ad 
1834,  Ms.  54. 

Chronicon  S.  Bertini  70. 

Chronicon  Francisci  Pipini  179  —  v.  Pipino, 

Chronicon  24  Generalium  20,  65  n.  20,  86 
n.  20  e  pass.  —  emend.  225  —  v.  Anal. 
frane. 

Chronicon  de  Lanercost  64  n.  18,  281  —  au- 
tore Minorità  di  Oxford  326-27. 

Chronicon  Lemovicense  260. 

Chronicon  pseudo-Odorici  305  337. 

Chronicon  de  septem  Tribulat.  Ordinis  Min.: 
nn.  13-14  pass.,  cenni  54 s.  —  v.  fr.  An- 
gelo Clareno  —  v.  Cronaca. 

Chronique  d'Emotd  etc.  n.  2. 

Chronique  d' Armenie  (v.  fr.  Jean  Dardel) 
339. 

Chronique  du  Royaume  d'Armenie  336. 

Civezza  (P.  Marcellino)  e  Domenichelli  (P. 
Teof.)  0.  F.M.:  La  leggenda  de'  Tre  Com- 
pagni 21,  22,  32,  50  n.  13  pass.,  85  n.  20 
—  loro  giudizio  sul  Pisano  71  —  Le  Mis- 
sioni francescane,  150:  emend.  185  —  ▼. 
Domenichelli. 

Civezza  (P.  Marcellino)  0.  F.  M.:  Storia  uni- 
versale delle  Missioni  francescane,  cit. 
passim  in  tutta  l'opera  —  Bibliografia 
Sanfrancescana  291-92  —  BrevUoquium 
fr.  Gerardi  de  Prato  255, 


Clareno  (fr.  Ang.)  0.  F.  M.:  sua  esposizione 
della  Regola  di  S.  Fr.  52  —  sua  Epistola 
eoccusatoria  52  —  v.  fr.  Angelo. 
Codagnello:  Chron.  Placent.  3158.,  Gesta  ob- 
sidionis  Damiatae  85  n.  20  pass.  315  16. 
Codici  di  varie  Biblioteche  citati  o  studiati 
nel  presente  volume: 

Assisi  del  S.  Conv.  19,  139,  351. 
Barletta  392. 

Cantabrigiae  CoU.  S.  Ben.  268. 
Cristiania  279. 

Firenze,  Laurenziana:  43  not.  2*,  52, 
53,  n.  14  pass.,  127,  135,  139,  142,  174, 
178,  186,  305  n.  88,  309 s.  —  Nazionale: 
53,  72,  74,  77,  129  n.  36,  177,  178,  185  s. 
—  Conv.  d' Ognissanti:  49,  77,  116.  — 
Rìcardiana:  44,  223-4. 
»         Gerusalemme  Arch.  M.  Syon  152  — 

V.  Archivio. 
.        Heidelberg  186. 
»         Londra  Museo  Brit.  186  309  s. 

>  Majorica  362. 

»         Milano,  Ambrosian.  58, 408 — de' March. 

di  Soragna  44. 

Oxford  20,  175,  429. 
.         Padova,  Bibl.  del  Santo  277-79. 
»         Parigi,  Nazion.  10  s.  n.  2,  13-15,  142, 

164,   234,  238,  244-46,  272,  291  n.  83, 

309  s.,  352,  357  s.,  425,  426  s. 
»         Roma,  A lessandrina  :  246  —  S.  Antonii: 

63,  123,  126-28,  312  —  Barberina:  172  — 

Jhigi:  70  —  S.  Isidori:  43,  52,  57,  342  s.  — 
Vaticana  64,   163,  186,  317  —  Cappon. 

41-42  n.  13  —  Ottob.  36,  232-33  n.  64  — 

Reg.  Chr.  8. 
»         Siena  Conv.  Osserv.  44, 53, 118-19,  341  s. 
,         Todi  41  n,  13,  140. 
»         Torino  Nazion.  190  n.  66,  200  s.,  246, 

399  n.  114. 
.         Venezia  Nazion.  231,  294,  393. 
»         Verna  (arch.  del  Monte)  in  Toscana: 

71,  74-76,  82,  148. 
»         Verona  Capitol.  405  n.  115. 
»         Versailles  22. 

»         Vienna  (Austr.)  Palast.  68,  277. 
Codici  vari  della  lettera  di  S.  Fr.  a  fr.  Pietro 

Caiani  123-24. 

>  di  Alchimia  attribuiti  a  fr.  Elia  di 
Cortona  116-17. 

»  del  b.  Raim.  Lullo  a  Monaco,  Parigi 
e  Venezia  366-92  —  v.  Lullo. 

»         di  fr.  Rog.  Bacone  268  s. 

»  àeW  itiìierario  di  fr.  Giov.  da  Piancar- 
pino  190  s.  n.  56. 

»  della  Cronaca  di  Emoni  e  di  Bernardo 
il  Tesoriere  n.  2. 

*        delle  Conformitates  del  Pisano  73. 


472 


IH  —  Index  Auctomm  et  Oodicum. 


»         di  fr.  Bartolom.  Anglico  277-79. 

»        di  yario  argomento  sulle  Crociate  e 

itinerarii  in  T.  S.  410  n.  U7. 
Coleti  —  V.  Labbé. 
Collectìon  di' étudea  et  de  Docum.  sur  l'hist. 

relig.  et  littér.  du  Moyen-àge,  (diretta  dal 

Sabatier)  106  —  v.  Sabatier. 
Compagni  (i  Tre):  Leone,  Angelo  e  Rufino, 

loro  scritti  15,  32,  45  n.  13  passim.  — 

V.  Leg.  3  sociorum. 
Compie  rendite  du  3®  Congr.  acientif.  intemat. 

à  Bruxelles  364. 
Conformitates   B.  Fr.   emendate  105    —   v, 

Pisanus. 
Continuatìones    Anglicae    FF.   Minorum    in 

M.G.H.  264,  332,  336  360. 
Continuatori  di  Guglielmo  di  Tiro  62, 188-89. 
Constnictione  (De)  castri  Saphet,  con  varianti 

al  testo  Baluziano  emendato  236,  245-53. 
Cordier  :  Les  Voyages  en  Asie  du  B.  fr.  Odo- 

rie  268. 
Couret  (A.)  :  Notìce  histor.  sur  V  Ordre  du  St. 

Sépvlcre  240  —  Les  Légendes  du  St.  Sé- 

pulcre  82. 
Cox:  Calai.  Codd.  Bodleianae  175. 
Cristofani   (prof.   Ant.):  Storia  d^  Assisi  34, 

138  —   Vita  versificata  21  n.  6. 
Cristoforo  (fr.)  da  Varese  0.  F.  M.:  Buttar. 

Terrai  Sanata^  etc.,  Ms.  autogr.  152,  160. 
Cronaca  dei  ff.  Min.  dal  1334  sino  al  1505; 

Ms.  ital.  sconosciuto  54. 
Cronaca  delle  sette  Tribolazioni,  versione  itaL 

Ms.  41  n.  13  passim,  51  n.  14  pass.  -— 

V.  Leggende. 


Dante  Aligh.  Div.  Comm.  34. 
Dardel  —  v.  fr.  lean  Dardel. 
Daunau  (M.)  un  art.  su  fr.  Gugl.  Bubmquìs 

in  Hist.  littér.  de  la  Fr.  230. 
D'Avezae:  Relation  de  Mongols  etc.  196  n. 

55  passim. 
Delaborde  (Fr.  H.):  Vie  de  St.  Louis  etc.  297  s. 
Delaville  Le  Roulx:  La  France  en   Orient 

367  s.,  383,  426  s.,  430-31. 
Delécluze:  JRaym.  Lulle  in  Bevue  des  deux 

Mondes  367. 
Delisle  (Leop.)  in  Journal  des  Savants  297. 
Demetrakopulos  :  'laropia  xou  (j^tajJLaxo?  283. 
Denifle-Chatelain:    Chartul.    Univ.  Parisien. 

271  s.,  370,  371. 
Depping  :  Histoire  du  commerce  entre  le  Levant 

et  l'Europe  367. 
Desboroug  Cooley:  Hist.  génér.  des  Voyages 

382. 
Descriptio  terrae  Agarenorum  1868, 


Diaz  (P.)  0.  F.  M  :  Lucerna  Hierosolymitana 

216. 
Disputatione  fra  U  zelatore  della  povertà  ecc. 

Ms.  54. 
Dobner,  editore  del  Marìgnolli  303. 
Doctrina  et amaestr amenti  della patientia  Ms.54. 
Documenti  di  storia  Patria  179. 
Domenichelli  (P.  Teof.)  0.  F.  M.:  Vita  e  viaggi 

del  b.  Odorico  3038.  —  v.  Civezza. 
Du  Cange-Rey  :  FamUles  d'ouiremer  3,  6, 150, 

159,  189,  329  8.,  3938.  —  emend.  231. 
*        Glossarivm  14. 


Eccard:  Corpus  hist  med.  aem  n.  29  pass., 
90,  92,  95,  102,  351. 

Eccleston  (fr.)  Tbomas  0.  F.  M.  (in  1. 1  Anal. 
frane.)'.  39,  87  —  scriveva  e.  1262:  104. 

Echard  —  v.  Quetif-Echard. 

Éduard  (P.)  d'Alen^on  Min.  Capp.  22  —  Spi- 
cilegium  franeiscanwm,  emend.  120-21. 

Efrem,  cronogr.  greco  166. 

Ehrenfeuchter  in  M.G.H.  309 s. 

Ehrle  (P.)  Franz  S.  L:  varia  franciscana  in 
Arehiv  frir  Littér.  und  Kircheng.  43,  45, 
51  n.  14  pass.,  219,  322,  341  s.  n.  103 
pass.,  355  —  Hist  Bibl.  Aven.  359,  410  s. 

Enrico  (fr.)  da  Pisa  0.  F.  M.,  supposto  autore 
della   Vita  versificata  21. 

Epitoma  beUorum  saerorum  65  s. 

Éracles,  o  Estoire  d'Éraeles  14  n.  4  pass. 

Eronoul  et  Bernard  :  Chronique  etc.  10  n.  2  pass. 

Éìtudes  franeiscaines,  periodico  de'BR.  PP. 
Capp.  229,  364. 

Eubel  (P.  Conr.)  Min.  Conv.:  Provinciale 
Ord.  Min.  130,  131,  260,  325  —  Hierar 
ehia  3,  34,  87  (emend.  216,  231,  254)  — 
Bischéfe,  emend.  257,  284  —  Buttar, 
francise.  continuano  302  et  passim. 


Fabianich  (P.  Don.)  0.  F.  M.:  iZ  conv.  pHi 
antico  di  Dalmazia  e  Storia  de'ff.  Min. 
in  Dalmastia  422  —  Meniorie  storico  let- 
terarie 355. 

Fabricius-Harles:  Bibliofh.  graeea  171  n.  46 
pass.  —  emend.  277  —  Bibl.  med.  et  inf. 
latin.  359. 

Faloci  (Mons.)  PuHgnanì,  fondatore  della  Mi- 
sceli, franeescana  (v.):  64, 81  —  ingiustam. 
severo  contro  il  Pisano  74  —  emend.  e 
criticato  41  s.,  130  n.  36  pass. 

FaruUi:  Annali  d' Arezzo  144. 

Fedele  (P.)  da  Fauna  0.  F.  M.:  Catal.  Ms. 
de'  Codd.  francescani  200. 


m  —  Index  Auctorum  et  Oodicum. 


473 


Felder  (P.)  Hilario  M.  Capp.:  Geachichte  der 
WisaenscTiafU.  Studien  im  Framiskaner- 
orden  277,  327. 

Felix  Lajard  in  Hùt  littér.  de  la  Fr.  219,  227. 

Fidentiua  (fr.)  de  Padua  O.  F.  M.  :  Liber  re- 
cuperationis  Terrae  Sanetae  291  n.  83, 
426-28  n.  124. 

Fieschi  (P.)  Vino.  0.  Pr.:  Itiner.  ai  paesi  Orien- 
tali di  fr.  Eicoldo  356-57. 

Fioretti  (Leggenda  di  S.  Fr.)  41  n.  13  posa.  — 
V.  Actus. 

Firmamentum  trium  Ordinum  b.  Frane.  155, 
325,  350. 

Flaminio  (P.)  a  Latera  0.  F.  M.  52. 

Fleury:  Stor.  eccl.  157,  304. 

Forget:  Les  phUosopìies  arabe»  et  la  philoso- 
phie  scolastique  364. 

Francesco  (b.  fr.)  da  Fabiano,  e  la  sna  Oro- 
naca cit.  dal  Wadd.  123  not.  5*. 

Frantgi  Giorgio  Xpovixòv  edito  da  Frane.  Carlo 
Altero  169. 

Fratini  (P.)  Min.  Cony.  :  Storia  della  basilica 
di  Assisi  81. 


GaUia  Christiana: 

>  Christiana  nova: 

>  Christiana  novissima  2368.,  242. 
Galvanus  de  Levanto:  Liber  sancii  passagH 

357  n.  107,  410s. 
Gaston  Dodo  :  Histoire  des  insOtut.  monarchi- 

que  de  IrsUn.  10,  178s.  n.  40. 
Geremia  (P.)  Min.  Gonv.  editore  e  mutilatore 

delle  ConformUà  del  Pisano:  criticato  73. 
Gesta  Dei  per  Francos  (ed.  Bongars)   85  n. 

20  pass.,  186  s.,  261. 
Gesta   Dei  per  Fratres  Minores  »n  -  Terra 

Sancta  150. 
Gesta  Crucigerorum  Bhenanorvm  (ed.  Bdbricht) 

94. 
Gesta  obsidionis  Damiatae  (qnattro  redazioni 

differenti  ed.  Holder-Egger  in  M.G.H.) 

64,  85  n.  20  pass.,  314-16  —  testi  del 

Muratori  e  del  Rohricht  17. 
Giacinto  (P.)  da  Cantalnpo  0.  F.  M.:  Cenni 

biografici  ecc.  176. 
Giacomo  (fr.)  Oddi  di  Perugia  O.  F.  M.  au- 
tore della  Francescana  Ms.  18. 
Gilbertus  (fr.)  Tomacensis  O.F.M.:  Hodoepo- 

ricon  S.  Ludovici  regis,  Ms.  219  s.  n.  60. 
Giordano  (fr.)  da  Giano  0.  F.  M.:  Chronica 

n.  11  pass.,  29,  87  n.  20  pass.,  188  n. 

62  —  emend.  38  not.  1". 
Giorgio  Acropolita  cron.  gr.  166  s. 
Giorgio  Frantgi  cron.  gr.  168. 
Giornale  stor.  della  letterat.  ital.  817. 


Giovanni  da  Celano  (sic)  54  (per  Giov.  da 
Ceperano). 

Giovanni  Focas,  scritt.  gr.  66. 

Giovanni  (fr.)  da  Piancarpino  0.  F.  M.:  Itiner. 
ad  Tartaros  etc.  190  s.  n.  66,  229. 

Giovanni  de  Tulbio  (da  Tolve):  Gesta  obsi- 
dionis Damiatae  315  s. 

Girolamo  (fr.)  Luti  da  Siena  0.  F.  M.,  ignoto 
cronista  del  sec.  XV  54. 

Giuliano  —  V.  lulianus. 

Giustiniani:  Scrittori  Liguri  359. 

Glassbergér  —  v.  fr.  Nicolò. 

Gliubicb  :  Dizion.  biogr.  della  Dalmazia  355. 

Golubovicb  (P.)  Girolamo  0.  F.  M.:  Serie  cro- 
nologica de' Superiori  di  T.  S.  62,  65,  84, 
399  e  passim.  —  emendata  104,  185  n. 
61  —  Trattato  di  T.  S.  difr.  Frane.  Su- 
riano  78,  247,  392. 

Gonzaga  (P.)  0.  F.  M.:  Seraph.  Belig.  Hist. 
emend.  345. 

Gonzati  (P.)  Bem.  Min.  Conv.:  La  basilica 
di  S.  Antonio  339. 

Greffin  Affagart:  Relation  de  T.  S.  396. 

Grelle  (Don  Le)  cit  51. 

Gronovius  :  Thesaur.  graec. ,  antiquit.  167. 

Guasti  Cesarea  La  Basilica  di  S.  Maria  degli 
Angeli  125. 

Gubematis  (de)  0.  P.  M.:  Orbis  Seraphicus 
162,  225. 

Gubematis  (de)  Angelo:  Storia  dei  viaggia- 
tori ital.  305  —  critic.  303. 

Guglielmo  -da  Tiro,  stor.  delle  crociate,  e  suoi 
continuatori,  nn.  2,  3,  4,  32,  66. 

Guilelmus  (fr.)  a  S.  Patusio  0.  F.  M.:  Vita 
S.  Ludovici  IX  etc.  297  s.  n.  86. 

Guizot,  cit.  11. 


H 


Hain:  Repertorium  BibUogr.  278. 

Haklujt:  The  Principal  navigations  198. 

Harduinus,  cit.  168. 

Haroldus  (P.)  0.  F.  M.:  Cbf»jp.  Annal.  Ord. 
Min.  77.  270. 

Hauréan  (Bartfa.),  continuatore  ed  editore  del 
lavoro  del  Littré  (v.)  sul  b.  Baim.  Lullo 
edito  in  Hist.  littér.  de  la  Fr.  362-92 
n.  Ili  —  Hist.  de  la  PhUos.  scolastique 
363  —  Notices  et  extraits  de  quelques  Mss. 
laUns  389  —  emend.  368  —  bistratta  in- 
degnamente la  memoria  e  la  mente  del 
Lullo  362  s.,  389. 

Heinemann,  edit.  di  Tom.  da  Spalato  98. 

Henrion,  cit.  304. 

Hergenrotber  (Card.):  Stor.  vnh.  della  Chiesa 
283,  387,  392. 

HermannuB  AltabensiB  in  M.G.H.  861. 


474 


ni  —  Index  Auctorum  et  Oodicum. 


Heyd:  Hist.  du  commerce  du  Levant  3678. 

Histoire  Uttéraire  de  la  France  229,  236  s., 
269,  3628.  n.  Ili,  387,  390,  429  e  passim. 

Holder-Egger,  edit.  delle  Gesta  obsid.  Da- 
mtatae  in  M.G.H.  85  s.  n.  29  pass.  — 
suo  giudizio  sulla  presenza  del  Sold.  Cor- 
radino  nell'  assedio  di  Damiata  90-91  — 
editore  delle  cronache  del  MUioli  (v.),  del 
SaUmòene  (v  )  313s.  n.  91,  3178.  n.  92. 

Horoy:  Honor.  Ili  opera  88. 

Huc,  cit.  305. 

Hueber  (P.)  O.  F.  M.  :  Menologium  francisc. 
127  —  corretto  323,  350. 

Huillard-Brébolles:  Chron.  Placentin.  —  Hist 
Diplom.  93,  115,  315. 

Hurter  (P.)  S.  I:  Nomenclator  361. 

Hurter  (Dr.)  Storia  d'Inn.  Ili  87,  407. 

I-J 

lacobilli:    Vite   de' SS.    e   BB.    dell'Umbria 

127,  143. 
lacobus  de  Guisa:  Armai.  Hannoniae  106. 
lacobus  de  Vitry  —  v.  Vitriacus. 
lacobus  —  T.  Giacomo. 
Ibn-Abderrahim,  stor.  arab.  260. 
Ibn-Ferat,  stor.  arab.  260. 
lean  (fr.)  Dardel  0.  F.  M.,  autore  della  C^ro- 

nique  d' Armenie  339. 
lebb:  Opus  Majus  of  Bog.  Bacon  266  n.  71. 
leiler  (P.)  Ign.  0.  F.  M.  in  Kirchenlexikon  361. 
Informatione  (La)  che  volle  Papa  Inn.  Ili 

dall'Oriente,  vari  Mss.  1868. 
Ioannes,  auctor  legendae  S.  Fr.  53. 
Ioan.  (fr.)  a  S.  Ant.  0.  F.  M.  :  Biblioth.  univ. 

franciscana  325,  385  —  emendata  236. 
Ioan.  (fr.)  de  WinterthurO.F.  M.:Gferon»ca351. 
Ioan.  de  Ypra  :C%ron.  S.  Berlini  71. 
lonville,  biografo  di  S.  Luigi  IX,  103. 
lordanus  (fr.)  Vieeminister  Bobemiae:  Epi- 

atolae  de  incursione  Tartaror.  188  n.  52  — 

V.  Gìord.  da  Giano, 
lordanus  —  t.  Giordano. 
Iter  maritimum  versus  IrsUn.  181. 
Iter  trans  mare  181. 
Itinerarium  fr.  Willelmi  de  Rubruìc  229. 
Itinerarium  Sanctorum  Locorum  408-10  n.  116. 
Itinerarium  Terrae  Sanctae  181-84. 
lulianus  (fr.)  de  Spira  O.  F.  M.  biogr.  di  S. 

Fr.  7,  30. 


Kirchenlexikon  (Wetzer  und  Welte)  3,  361. 
Kobler:  Mélanges  de  V  Orient  Latin  340,  3578., 

360  —  e  Tari  lavori  nella  Bevite  de  V  Or. 

iMt.  385. 


Komorovo  (fr.  Ioan.  de)  0,  F.  M.:   Memor. 

Ord.  Minorum  127. 
Kunstmann:  Studien    iiber  M.  Sanudo  305, 

367,  382,  383. 


Labbé-Coletì  :  Concilia  164,  168. 

Langlois:  Reg.  Nic.  IV  326,  330. 

Laurent:  Peregrinationes  quatuor  356. 

Lazari  :  /  viaggi  di  M.  Polo  381. 

Lecoy  de  la  Marche:  La  chaire  frangaise  219. 

Legenda  Antiqua  41  s.  n.  13  pass.  —  citata 
dal  Pisano  74  —  dal  Wadd.  come  fonte 
della  visione  nel  conv.  di  Antiochia  70. 

Legenda  3  Sodorum  (la  tradizionale  ed.  dei 
Bollandisti)  15,  41  n.  13  pass.,  87,  120  — 
V.  Compagni  (i  Tre). 

Legenda  7  Tributationum  n.  18  pass. 

Legendae  Quatuor  citate  dal  Clareno  53. 

Legenda  —  v.  Actus. 

Legenda  —  v.  Fioretti. 

Legenda  —  v.  Speculum  Perfectionis. 

Legenda  S.  Fr.  versificata  (ed.  Cristofani) 
21  n.  6. 

Legenda  Martyrum  Marochii  80. 

Legenda  B.  Bened.  de  Aretio:  tr«  differenti 
compilazioni  del  Nanni,  Pisano  e  del 
Chron.  24  Gen.  127,  129  n.  36  pass.,  149. 

Leggenda  antica  (vers.  ital.  e  compilazione  Cla- 
renitana)  edit.  Minocchi  41  n.  13. 

Leggenda  Capponiana  =  Legg.  antica. 

Leggenda  Umbra  (ed.  Faloci)  41  n.  13  pass. 

Leggenda  Popolare:  S.  Fr.  d' Assisi  e  il  Wali 
di  Gerusalemme  82  n,  27. 

Leggenda  del  Poverello  —  v.  Madd  aloni. 

Lemmens  (P.)  Leonardns  0.  F.  M.:  Doeum. 
antiqua  19,  32,  49,  72  — •  Fragmenta  20, 
260  —   Vitae  Tres  21,  n   8,  141. 

Le  Mounier  (ab.):  Vita  di  S.  Fr.:  emend.  17 
net.  4»,  93. 

Lempp  (Dr.):  Fr.  Mie  etc.  100  106  n.  31 
passim  —  sue  strane  ipotesi  e  sua  iper- 
critica 61,  106,  112,  114. 

Leone  Allatio:  Diatriba  de  GeorgOs,  etc.  170 
n.  46  pass.  —  De  eccl.  Occid.  atque 
Orient.  perp.  consensione  162. 

Leone  (P.)  O.  F.  M.  :  Aureola  Serafica  150, 189. 

Leone  (b.  fr.)  socio  di  S.  Fr.:  suoi  scritti  men- 
tovati 42  8.  n.  13  pass.,  52,  121  —  v.  Com- 
pagni (i  Tre). 

LeQuien  (P.)  O.  Pr.:  OriensChristìanusì7b,S26. 

Liber  duelli  christiani  in  obsid.  Damiatae  85 
n.  29  pass.,  315  s. 

lAber  defaetis  Tartarorum  etc.  Ms.  2028.  n.65. 

Liber  memoriaUs  diversarum  Ystoriarum  Ms, 
d'Assisi  351-52. 


m  —  Index  Auctonim  et  Oodicum. 


475 


Libri  de  Passagiis  et  de  Terra  Sancta  Mss. 
varii  410-12. 

Liévin  (fr)  de  Hamme  0.  F.  M.:  Guide-Indi- 
cateur  de  la  T.  S.  4»  ediz.  62, 241, 324, 352. 

Lignages  d'outre-mer  3298. 

Little  (Dr.):  Chron.  fr.  Pellegrini  de  Bononia 
20,  236. 

Littré  (v.  Haaréau)  ;  euo  studio  bio-bibliogra- 
fico sul  B.  Raim.  Lullo  in  Hist.  Uttér.  de 
la  Fr.  362  s.  n.  IH  pass. 

Lorenzo  Leonij:  Catal.  della  Comunale  di 
Todi  140. 

Liice  e  Amore  (period.  francescano  di  Fi- 
renze) 41. 

Lucio  (P.)  Anguissola  Min.  Conv.,  coedit.  al 
Succhio  delle  Conformità  del  Pisano  73. 

Luigi  (P.)  da  Fabriano  0.  F.  M.  :  Cenni  della 
Prov.  Picena  301. 

Luigi  (Rmo.  P.)  da  Parma  0.  F.  M.:  Vita 
del  B.  Giov.  da  Parma  225,  226. 

Lullo  (B.  Raim.)  3.  Ord.  Min.  :  sue  opere  Pro 
conversione  infidelium  analizzate  nel  pre- 
sente volume: 
»         1.  Ars  Veritatis  arabice  versa  ab 
ipso  Baym>  p.    373 

2.  Liber  de  quinque  sapientibvs.       » 

3.  Petitio  Bay.  ad  Coelest.   V.         » 

4.  Petitio  Bay.  ad  Bonif   Vili.    375 

5.  Epistolae  tres.  » 

6.  Liòer  de  gentili  et   tr-Oms   sa- 
pientiòus  (arabice  etc).  » 

7.  Lib.  de  Sp.  Sto.  cantra  Graecos.  378 

8.  Lib.  Tartari  et  Christiani.  » 

9.  Lib.  de  Trin.  et  Incam.  (ara- 
bico etc.).  380 

10.  Disputatio  fidelis  et  infidelis.      » 

11.  Disput.  fidei  et  intellectus.  * 

12.  Lib.  adproband.  articulos  Fidei.  381 

13.  Lff>.  de  convenientia  Fidei  et 
intellectus.  » 

14.  Lib.  de  Fine  seu  De  eaeptigna- 
tione  T.  S. 

16.  IHsput.  Bay.  et  Homerii  Sa- 
raceni (arabice) 

16.  Lib.  de  acquisitione  T.  S. 

17.  Supplicano  S.  Theologiae  prò- 
fessoribus. 

18.  Lib.  NataUs  sen  tract.  de  re- 
cuper.  T.  S. 

19.  Disput.  clerici  et  Bay.  phan- 
tastici 

20.  Petitio  Bay.  in  ConcU.  gen. 
ad  cusquirendam  T.  S. 

21.  De  participatione  Christiano- 
rum  et  Saracen. 

22.  Consolatio  Venetorum,  ed  al- 
cuni altri.  890 


382 

383 
885 

386 


388 


389 


M 


Macheras  Leonzio,  stor.  gr.  :  Chronique  de 
Chypre  394-97,  399. 

Maddaloni  (Duca  di):  La  leggenda  del  Po- 
verello d' Assisi  84  n.  28. 

Magnocarallo:  Marin  Sanudo  U  vecchio  ecc. 
367  s,  382. 

Makrisi,  stor.  arab.  Histoire  d'Egypte  89, 
95,  n.  29  pass.,  260. 

Malan  (Chevin  de):  Storia  di  S.  Fr.,  cita  er- 
roneam.  un' ediz.  Veneta  del  Pisano  73. 

Mandach:  St.  Ant.  de  Padue  etc.  73. 

Manoscritti  —  v.  Codici. 

Mansi  —  V.  Baluzii. 

Marcellino  (P.)  da  Civezza  —  v.  Civezza. 

Marco  (fr.)  da  Lisbona  0.  F.  M.:  Cronache 
72  —  emend.  324. 

Mariano  (fr.)  da  Firenze  0.  F.  M.  cronista, 
cit.  18,  19,  54  —  suo  Libro  delle  Vite 
de' SS.  ff.  Min.  Ms.  ined.  77  —  è  il  solo 
autore  che  ricordi  l' approdo  di  S.  Fr.  in 
Candia  77  —  emendato  66,  74,  77. 

Marignolli  (fr.)  Giov.  0.  F.  M.:  suo  itiner. 
Orientale  edito  dal  Dobner  303. 

Marin  Sanuto  —  v.  Sanuto. 

Marini  :  Archiatri  pontificii  359. 

Mariti:   Viaggi  187. 

Martène-Durand  :  Thesaur.  nov.  anecdot.  3, 
71,  195,  375  (emend.  186)  —  Ampliss. 
collectio  11,  293  —  v.  Baluzii. 

Martinière  (La):  Grand  DicUonn.  166. 

Masetti  (P.)  O.  Pr.:  Monumenta  Ord.  Praed. 
229, 

Mas  Latrie  (Conte  di):  Hist.  de  Chypre  11, 
17,  n.  2  pass.,  85  n.  20  pass.,  216,  312 
—  L'ile  de  Chypre  395  —  Hist  des  Ar* 
chev.  de  Chypre  (in  Archiv.  de  V  Or.  Lai.') 
325-26  —  Chronique  d'Emoul  85  n.  20. 

Matte!  Sardinia  Sacra  326. 

Matteo  (fr.)  0.  F.  M.  amanuense  del  Cod.  la- 
tino Laurenzi  ano  di  fr.  Angelo  Clareno  53. 

Matteo  Paris:  Chron.  major.  101,  115,  186  — 
autore  sospetto  e  fifilso  138,  168. 

Mauritius  (fr.)  0.  F.  M.:  lUner.  T.  S.  279-80 
n.  77. 

Mazzara  (P.)  0.  F.  M.:  Leggendario  fran- 
cescano (3*  ediz.  Veneta  accresciuta  dal 
P.  Pier  Antonio  da  Venezia)  127,  135. 

Mazzatinti  :  Inventarii  delle  bibl.  d' ItaUa  117. 

Mazzoni  (prof.)  Guido:  Esercitazioni  sulla  let- 
terat.  reUg.  in  Italia  314. 

Melissano  (P.  da),  continuatore  del  Wadd.  215. 

Mémoires  de  V  Aead.  de  Bruxelles  4. 

Memoriale  Potestatum  Begiensivm,  oggi  ag- 
giudicato  ad  Alb.  MilioU  3130.  n.  01, 
cfr.  p.  322. 


476 


m  —  Index  Auctorum  et  Codicum. 


Meyer  Paul,  in  Hist.  litter.  de  la  Fr.  crìtica 

giustamente  l'Hauréau  390. 
Michaud:  Storia  delle  Crociate  (ed.  ital.  del 

Rossi)  4,  85  n.  29  pass.,  230,  324,  368. 
Michel  Reinaud,  edit.  del  Livre  de  la  loi  au 

Sarra^ins  (opera  del  Lullo)  376. 
Migne  Patr.  Gr.  e  Patr.  Lat.  66  n.  46  pas- 
sim, 315, 
Minocchi  (Don)  Salv.  Leggenda  antica  ecc. 

41  n.  13  pass.,  61  —  criticato  438.,  46,  51. 
Minorità  Erphordiensis:  Chronica  Minor.  102, 

261  n.  69  —  emend.  324. 
Miscellanea  francescana  (edit.  Mona.  Faloci) 

18,  21,  22,  85,  121. 
Monumenta  Germaniae  Bistoriea  85  n.  29 

passim,  102,  261  s„  269,  309,  n.  89,  313 

n.  91,  317  n.  92,  324,  354. 
Monumenta  Portugalliae  Histortca  80. 
Mortara:  Catal.   dei  Codd.    ital.   della  Bod- 

leiana  429. 
Moudjir-ed-Dyn,    cronista   arabo:   Qironiqtie 

189  —  V.  Sauvaire. 
Muratori:  Script,  rer.  ital.  11,  13,  17,  82,  85, 

n.  29  pass,  (emend.  314,  322)   —  Anti- 

quitates  italicae  190,  296. 


N 


Nanni  o  Nannes  de  Aretio,  autore  della  Vita 

o  leg.  B.  Benedicti  129  n.  36  —  emend. 

la  data  della  morte  del  beato  147. 
Nastagio  (fr.)  0.  F.  M  :  scrittore  del  sec.  XV 1 86. 
Naturai  hist.  review  (Dublin)  267. 
Neues  Archiv  189. 

Niceforo  Choniat*^,  stor.  bizantino  166,  167, 
Nieeforo  Gregora,  stor.  bizantino  167. 
Nicolò  (fr.)  de  Curbio  0.  P.  M.:  Vita  Inn.  IV 

195,  225. 
Nicolò  da  Este  :   Viaggio  a  Gerusalemme  398. 
Nicolò  (fr.)  Glassberger  0.  F.  M.  :  Chronica  in 

Anal.  frane,  (t.  II)  29,  80,  88  e  n.  29  pass. 
Nicolò  de  Martbono:    Liber  pei'egrinat.   ad 

Loca  Sancta  398. 
Nordenskiold  (il  Barone)  e  il  Lullo  430. 
Nouvelle  Biographie  337,  338. 
Novati  (prof.)  in  Giornale  storico  317  —  in 

Misceli,  frane.  21. 


Oldoini,  Aihenaeum  lÀgusticum  359. 

Oliveri  Scholastici  :   Histor.   Damiatina  85  s. 

n.  29  pass.,  90  s.,  101. 
Opera  dilettevole  . . .  dei  itinerarii  in  Tarlarla 

200. 
Opuscula  S.  P.  Francisci  (ediz.  Qaaracchi) 

86  n.  29  pass.,  111. 


Orient  Latin  (varie  pubblicazioni  della  Società 
francese  dell')  62  —  v.  Archives  e  lievuc 
de  l'Or.  Lat. 

Oriente  Serafico  (periodico  francescano  di  As- 
sisi) 82,  85  n.  29  pass. 

Oudin:  Commentar.  Scriptorum  162  —  emen- 
dato e  criticato  170  n.  46,  277,  236. 


Pachymero,  stor.  gr.  bizantino:  De  Michele 
Palaeol.  66,  166  s.,  255  n.  67,  258  s., 
284  90  n.  81,  299  —  De  Andronico  333. 

Pacquot:  Mémoire  littér.  des  Pays-Bas  230. 

Pagi  (P.)  Min.  Conv.:  Breviar.  historicum 
87,  153. 

Palmieri  (P.)  0.  S.  A.,  orientalista,  in  Bes- 
sarione  129,  283. 

Palomes  (P.)  Min.  Conv.:  Storia  di  S.  Fr., 
dei  FF.  Minori  e  loro  denominazioni  37 

—  emend.  52,  419. 

Panfilo  (P.)  da  Magliano  O.  P.  M.:  SUyria 
comp.  di  S.  Fr.  ecc.  85  n.  29  e  passim 

—  emend.  19,  223. 

Paolino  (fr.)  Veneto  O.  F.  M.  vesc.  di  Poz- 
zuoli, cronista  e  revisore  del  Sanuto  58, 
64  n.  17,  121-22  —  Polychronieon  64 s. 

Papini  (P.)  Min.  Conv.:  1  Storia  di S  Fr.  — 
2  Notizie  sicure  —  3  Etruria  francescana 

—  4  Index  onomastieus  Ms.:  21,  71,  86 
n.  29  pass.,  103,  129,  139,  146,  177,  300, 
310  —  emendato  19  not.  2»,  22  not.  6", 
104,  125,  laó,  139,  215,  346. 

Pasini:  Codices  Mss.  bibliothecae  Taurin.  399 

—  emend.  200. 

Pasqual:   Vindiciae  Lullianae  366,  382. 

Patrem  (P.)  Leone  0.  F.  M.  e  sua  cronologia 
sulla  vita,  di  S.  Fr.  85  n.  29  passim. 

Patrologia  Graeca  (ed.  Migne)  66  e  n.  46  pass. 

Pellegrino  (fìr.)  da  Bologna  0.  F.  M.,  compendio 
d' una  sua  Cron.  smarrita  130  not.  4»,  290. 

Petit  Radei  in  Hist.  littér.  de  la  Fr.  236  s. 

Pierre  Du  Bois:  De  recuperatione  T.  S.  387. 

Pietro  d' Outremann  C.polis  Belgica  citata  dal 
Wadd.  163. 

Pinius  (P.)  Bollandista,  emend.  131,  141. 

Pipino  (fr.)  Fran.  0.  Pr.  cronista,  emend.  11 
e  n.  3  passim. 

Pisano  (fr.)  Bartolom.  0.  F.  M.  autore  del- 
l'Opti» de  Conformitate:  cenni  criticobiogr. 
71  n.  22  —  scriveva  il  2.fì'uttó  e.  il  1379: 
71  not.  2"  —  abbiamo  tre  sole  edizioni 
dell'  opera,  e  la  quarta  del  1620  è  apo- 
crifa 73  —  edizione  critica  de'PP.  di 
Quaracchi  72  —  difeso  dall'ipercritica 
71 8.,  131  —  citato  20,  50,  63,  68,  748., 
81,  148  e  passim. 


m  —  Index  Auctonun  et  Codicum. 


477 


Folychronicon  fr.  Paulini  Veneti  64  s.  —   v. 

Paolino. 
Possinus  (P.)  S.  I.,  editore  e  traduttore  del 

greco  Pacliymero:  emend.  258,  284-90. 
^otiiiaLiX:  Biblioth.  medii  nevi  3,  14,  88,  228, 

309,  327. 


Quaracchi  (i  PP.  Minori  dì)  presso  Firenze: 
editori  degli  Analecta  franciscana  (v.)  e 
di  altre  opere  storiche,  ecc.  30,  31,  32, 
40  —  La  loro  prossima  ediz.  critica  delle 
Conformità  del  Pisano  71,  72,  148. 

Quaresmius  (P.)  Frane.  0.  F.  M.:  Elucidatio 
Terrae  Sanctae  67  —  emend.  323. 

Quétif-Échard  (PP.)  O.  Pr.  Scriptores  Ord. 
Praed.  87,  424  —  editori  della  Relatio 
disputationis  cum  graecis  apud  Nicaeam 
etc.  137  —  emend.  305. 


Radei  —  V.  Petit. 

Ragusa  Cfr.  da)  0.  F.  M.,  compilatore  d' una 

Misceli,  francese.  Ms.  20. 
Rainerio  (b,  fr.)  di  Borgo  S.  Sepolcro  0.  F,  M., 

supposto  autore  d' una  vita  del  b.  Bened. 

d'Arezzo  130. 
Raimondo  (b.)  Lullo  373-92  —  v.  Lullo. 
Ramusio:   Viaggi  e  Navigazioni  200. 
Raynaldi:  Annales  254,  392— emend,  131,  296. 
Razzoli  (P.)  Roberto  0.  F.  M.  scrittore  e  fon- 
datore del  periodico  L/uce  e  Amore  44, 

53,  77,  119. 
Recìieil  dea  Histor.  des  Croisades  10  e  nn.  2, 

4  passim,  85  n.  29  pass. 
Becueil  des  Hist.  de  la  France  70,  260. 
Becueil  de  Voyages  et  de  Mémoires  par  la 

Soc.  de  ^éogr.  229. 
Redi  (Fran.)  patrizio  Aretino  129. 
Reinaud  —  v.  Michel. 
Reineck:  Eistoria  Orientalis  199. 
Relatio  disputationis  cum  graecis  Nicaeae  (an. 

1234)  habitae  etc.  137,  163  n.  45. 
Remusat  (Abel)  in  Mémoir.  de  l'Acad.  des 

Inscript.  192. 
Renan  (Ern.)  in  Hist.  litt.  de  la  Fr.  387. 
Revue  historique  (di  Parigi)  227. 
Revue  d' hist.  eccles.  (Louvain)  51. 
Revue  de  V  Orient  ChréUen  232,  312,  328  s. 
Revue  de  V  Orient  Latin  (tomi  I-X)  155,  159, 

231,  323,  392,  424  e  passim. 
Revue  de  Quest.  Tùstoriques  360. 
Rej  (E.  G.):  Les  Colonies  franques  de  Syrie 

67   —  Ètude  awr  la  topographie  de  la 

ville  d'Acre  353  —  Étude  sur  les  monvm. 


de  V  architect.   milit.   des   Croisés  266  — 
varia  in  Revue  de  V  Or.  Latin  66  e  passim. 
Riant  (conte),  fondatore  della  società   fran- 
cese de  r  Orient  Latin  (v),  editore  degli 
Archives   de  V  Or.  Lat.   (v.)   ecc.  —  sua 
lettera  a  fr.  Lavinio  62  —  Les  Scandi- 
naves  en  Terre  Sainte  279-80  —  Hist.  de 
V  égl.  de  Bethléem  243. 
Riccardo  da  S.  Germ.  :  Chron.  82,  186  s. 
Ricoldus  (fr.)  a  M.  Crucis  0.    Pr.:    Itinera- 
rium T.  S.  352-53,  346-57. 
Rinaldi  (P.)  Min.  Conv.:   Vitae  duae  S.  Fr, 

32,  120. 
Rituale  et  Ordinarium  S.  Sepulcri  Ms.  392  n. 

112. 
Rivista  geogr.  italiana  430. 
Robinson:  Palaestina  182. 
Rodulphius    fP.)    a    Tossignano    Min.    Conv. 
Histor.  Seraph.  135,  145  —  emend.  324, 
327. 
Rogerius  (fr.)  Bacon  0.  F.  M.  :  Geografia  De 

situ  T.  S.  etc.  266-69  n.  71  v.  Bridges. 
Rohrbacher:  Stor.  univ.  della  Chiesa  157,  304. 
Rohricht  (Reinold)  :  Syria  Sacra  (in  Z.  D.  P. 
V.)  231,  233,  312,  354.  —  Biblioth.  geogr. 
Palaestinae  267  (emend.  277,  386)  —  Re- 
gesta regni  lerosolimitani  liìH,  230  —  Étu- 
des  sur  les  dern.  temps  du  Roy.  de  Irslm. 
328  n    90  pass,  (emend.  259-60)  -  Stu- 
dien  91  —  Deutsche  Pilgerreisen  396  — 
Testim.  minora  de  quinto  bello  sacro  80. 
e  passim. 
Rómische  Quartalschrift.  190. 
Rosedale,  editore  del  Celanese  15  n.  6  pass. 
Rossi  (cav.)  traduttore  della  storia  delle  Cro- 
ciate del  Michaud  85  e  passim. 
Rotuli  di  fr.  Leone  45. 
Rubeis  (P.  de)  0.  Pr.  :   Vita   Georgii  Cyprii 

294. 
Rubruquis  (fr.  Guil.   de):    Itiner.   ad  partes 
Orientales  189,  229  n.  62. 


Sabatier  (Paul):  Vie  de  S.  Fr.  —  Tractatus 
fr.  Fr.  Bartholi  —  Speculum  Perfectionis 
—  Actus  B.  Fran.  —  Collection  d' études 
etc.  24,  8,  15,  18-9,  22,  32,  37,  39,  51 
n.  14  pass.  53,  85  n.  29  pass.,  106,  111, 
120  —  rivendica  il  Pisano  72  —  criticato 
o  emend.  46,  61,  97,  98,  122. 

Salimbene  (fr.)  O,  F.  M.  il  suo  Chronicon  (ed 
Parma)  21,  22,  82,  85  n.  29  pass.  — 
emend.  180,  192-93,  223  317  n.  92  — 
ediz.  2.  dell' Holder-Egger  317,  319-23  - 
altre  sue  opere  perdute  319-23  —  sue  rela- 
zioni col  cronista  Alb.  Milioli  313  n.  01. 


478 


UE  —  Index  Auctorum  et  Oodicum. 


Salzìnger  :  B.  Raym.  Lulli  opera  omnia  362  s. 
n.  Ili  pass. 

Santarelli  (Mons.  fin.)  Gianmaria  0.  F.  M.  au- 
tore dell'opera  La  Tradizione  francescana 
e  il  Corpo  e  Cuore  di  S.  Fr.  ecc.  73. 

Sanuto  {^ATÌn):  Secr.  fidél.  Crucis  ed.  Bongars 
57  n.  16,  68,  85  n.  29  passim,  383,  387 

—  V.  Marin. 

Saracenis  (De)  et  de  ritu  ipsorum  Ms.  399-401. 
Saroglia  Gior.  :    Memorie   star,   détta  chiesa 

d'Ivrea  290. 
Sauvaire  (H.):  Chronique  de  Moudjir-ed-Dyn 

181,  189,  326. 
Sbaralea  (P.)  Min.  Conv.  :  Bvllarium  frand- 

scanum  8,  34,  60,  63,  86  n.  29   passim. 

—  Supplem.  ad  scriptores  22  —  emen- 
dato 52,  139,  1708.  n.  46,  188,  236,  277, 
284,  292  n.  84,  327,  379  —  giunte  al  suo 
Buttar.  227-28,  231  n.  63,  234,  236,  326. 

Schematismi  della  Custodia  di  T.  S.  189. 

Schlumberger  in  Archives  de  l'Or.  Lat.  332. 

Sebastiano  Pauli  :  Codice  diplomatico  189, 234, 
264. 

Sevestre:  Dictionn.  de  Patrologie  173. 

Sicardo  da  Cremona  e  la  sua  Cronica  edita 
dall' Holder-Egger  314  n.  91. 

Sigismondo  (P.)  da  Venezia  0.  F.  IkL  Bio- 
grafia Serafica:  emend.  345. 

Sigonio,  scrittore  Bolognese,  suo  errore  cro- 
no!, sulla  venuta  di  S.  Fr.  a  Bologna 
98,  150. 

Simonsfeld  cit.  57. 

Sollerins  (P.)  BoUandista:  Vita  B.  Baym. 
Lutti  in  Acta  SS.  361  n.  Ili  pass.  — 
emend.  378-79. 

Spader  (Mons.)  0.  F.  M.  scrittore  cit.  125. 

Speculum  seu  Firmam^rUum   Ord.  Min.  324 

—  V.  Firmamentum. 

Speculum  PerfecHonis  (ed.  Sabatier)  2,  4,  15, 

18-20,  41  n.  13  pass.,  88  n.  29  pass., 

122-23. 
Speculum  Vitae  B.  Fr.  et  Sócior.  (ed.  1504) 

65,  68,  151. 
Stadensis  (fr.)  Albertus  0.  F.  M.:  Chronica 

85  —  V.  Albertus. 
Steele  Bobert  :  Metaphisicajr.  Bog.  Bacon  ete. 

269. 
Stephani  (fr.)  Bonifacius  a  Ragusio  0.  F.  M.: 

De  perenni  cultu  T.  S.  392. 
Stefano  (fr.)  de'Lusignano  0.  Pr.:  Chorografia 

e  Bistorta  di  Cipro  ecc.  93,  329,  393  s. 
Stefano  (P.)  Schoutens  0.  F.  M.:  Fr.  Ruys- 

hroeck  in  Bull.  Acad.  Flamande  229. 
Stilting  (P.)   Ioan.  S.   I.   BoUandista:    Vita 

S.  Ludov.  IX  in  Acta  SS.  297. 
Storia  universale  —  scritta  da  una  compa- 
gnia di  letterati  inglesi  —  vers.  ital.  382. 


Strehlke:  Tabul.  Ord.  Theut.  230,  354. 

Strom:  Monum.  hist.  Norvegiae  279. 

Studi  storici,  periodico  Torinese  103. 

Suriano  (P.)  Frane.  0.  F.  M.  Trattato  di  T.S.  e 
dell'  Oriente  (ed.  Golubovich)  78,  247,  392. 

Suttina  edit.  del  Bullett.  di  cose  francese.  236. 

Suyskens  (P.)  S.  I.  BoUandista,  autore  della 
Vita  S.  Frane,  in  Acta  SS.  8,  80  — 
emend.  1,  2,  88,  97,  98,  120-22. 


Tabarrini:  Studi  di  critica  storia  194,  314,  322. 
Tabvlae  Codd.  Palatinae  Vindohon.  199. 
Tafel  und  Thomas:  Fontes  rerum  Austriaca- 

rum  235. 
Teobaldi  (P.)  Min.  Conv.  cit.  87. 
Terrinca  (P.  da)  0.  F.  M.:  Theatrum  Etrus. 

MinoriL  127,  310  —  emend.  139,  177. 
Thode,  cit.  dal  Lempp.  113. 
Thomas  —  v.  Tomaso. 
Tiraboschi:  Storia  d.  Ietterai,  ital.  144. 
Tischendorf:  Evangel.  apocrypha  314. 
Tobler  Titus:  Bibliographia  geogr.  Palaesti- 

nae  405  —  Theodorici  liòettus  de  Locis 

Sanctis  405  s. 
Tocco  (prof.)  Felice,  cit.  44,  52. 
Tolosano  Paventino,  cronista  179. 
Tomaso  (fr.)  da  Celano  0.  F.  M.  primo  bio- 
grafo di  S.  Fr.  n.  6  e  passim. 
Tomaso  (fr.)  da  Pavia  O.  F.  M. .  Gesta  Imper. 

et  PonHf  ecc.  127,  135,   142,  146,  148, 

309-12  n.  89. 
Tomaso  arcid.  di  Spalatro,  cronista  Dalmata, 

conobbe  S.  Fr.  98,  150. 
Tournebize  (P.)  S.  I.  :  Histoire  polit.  et  relig. 

de  V  Armenie  232,  312,  328  n.  99  passim. 
Tres  Sodi  —  v.  Leg.  3  sociorum. 


u 


Ubertino  (fr.)  da  Casale  0.  F.  M.:  Arbor 

Vitae  225. 
UghelliCoIeti:  Italia  Sacra  34,  66. 
Ugolino  (fr.)  0.  F.  M.  citato  da  fr.  Mariano 

come  autore  degli  Acttis  b.  Fr.  80. 
Umbria  Serafica  18. 


Valentìnelli:  Mss.  Bibl.  S.  Marci,  emend.  294. 
Van  Ortroy  (P.)  S.  I.  BoUandista,  15,  n.  7,  49, 

60,  61,  72,  314  —  V.  Anal.  Bottandiana. 
Via  eundi  de  lope  in  lerslm.  Ms.  405  n.  tl6. 
"Victor  le  Clerc:  Fr.  Bog.  Bacon  in  Hist.  littér. 

de  la  Fr.  269. 
Villani  Giov.:  Cronaca  276. 


UE  —  Jndex  Auctorum  et  Oodicmn. 


479 


Vincenzo  (fr.)  de  Beanvaìs  0.  Pr.:  Speculum 
Historiale  182,  199  n.  56  pass.,  278. 

Vindicta  Titi  et  Vespasiani  in  lerslm.  314. 

Vita  h.  fr.  Aegidii  in  Chron.  24  Gen.  121. 

Vita  S.  EngelberU  179. 

Vita  et  miracula  h.  Bened.  de  AreOo  Ms.  72, 
129  n.  36. 

Vita  S,  Franciaci  versificata  —  v.  Cristofani. 

VUa  di  S.  Frane,  e  suoi  compagni  (testo  um- 
bro) —  y.  Leggenda  umbra. 

Vita  B.  Francisci  ex  Polychronikon  fr.  Paa- 
lini  Veneti  64. 

Vita  B.  Raym.  LuUi  362  s.  n.  111  passim. 

Vito  (fr.)  da  Cortona  0.  F,  M.  autore  della 
vita  B.  HumUianae  139,  177  n.  48. 

Vitriaco  o  de  VLtry  (lacob.  de):  Historia 
Orientai,  et  Occidentalis  —  Epistolae  etc. 
2-10  n.  1,  66,  78-79,  85  n.  29  pass.,  424. 

w 

Wadding  (fr.)  Luca  0.  F.  M.:  Annales  FF. 
Minorum  SyUabus  Scriptorum  et  Mar- 


tyrvm  Ord.  Min.  17-20,  32-33,  43,  63, 
66-68,  82,  85  n.  20  pass..  152,  168  e  pass, 
in  tutta  l'opera  —  emendato  2,  61,  66, 
97,  98, 101,  104, 105, 122, 136, 276,  283-84, 
324,  328  n.  99,  337,  350,  429  —  Vita 
b.  Patri  Thomae  398. 

Wetzer  und  Welter  Kirchenlexikon  3,  361. 

Winkelm'ann:  Acta  Imperli  inedita  157.  cfr. 
309. 

Wrigt  e  Michel:  Itiner.  fr.  WiUel.  de  Bubruk 
229. 

Wulf  (De)  :  Hisioire  de  la  Pkilosophie  medie- 
vale 364. 


Yule:  Cathay  303  s.,  305 

z 

Zeitsckrifi  des  Deutsch.  Palaest.   Vereins  66, 

312,  354. 
Zeitschrift  Jwr  Eircheng.  (Gotha)  4.  7. 


ERBATA 


CX>RRiaB 


Pag.  18  1: 
22 
37 
52 
86 
» 

165 
193 

227 
324 
385 
430 


4:  dv 

24:  taceiuta 

15:  deendere 

18:  XXXII 

14:  secondo  Ministro 

15  :  terzo  Ministro 

32:  Frati 


taciuta. 

defendere. 

XXII. 

terzo  Ministro. 

quarto  Ministro. 

Fratri. 


22:  fratrcs  lectores  (cosi  nel  Chron.  Salimb.  ed.  Fiaccadori;  ma  l'ediz. 

di  Holder-Egger  p.  210  corregge  bene:  tre»  lectores). 
46:  sentori  scrittori. 

11  e  24:  Gaza  Azoto. 

23:  Ànt.  a  S.  Ioan.  Ioan.  a  S.  Ani 

3:  Nordens-Kiold  Nordenskiold. 


GOLUEOVICH,  Girolamo.  BQX 

Biblioteca  bio-biblio-  "7371 

grafica  della  Terra  Santa  ,F7G6* 

e   dell'Oriente  francescano.  v.  1 


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